Art. 19 
 
                     Protezione dalle ritorsioni 
 
  1. Gli enti e le persone di cui all'articolo 3  possono  comunicare
all'ANAC le ritorsioni che ritengono di  avere  subito.  In  caso  di
ritorsioni commesse  nel  contesto  lavorativo  di  un  soggetto  del
settore pubblico, l'ANAC informa immediatamente il Dipartimento della
funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei  ministri  e
gli  eventuali  organismi  di  garanzia  o  di  disciplina,   per   i
provvedimenti di loro competenza. In caso di ritorsioni commesse  nel
contesto lavorativo di un soggetto del settore privato l'ANAC informa
l'Ispettorato nazionale del lavoro, per i  provvedimenti  di  propria
competenza. 
  2.  Al  fine  di  acquisire  elementi   istruttori   indispensabili
all'accertamento delle ritorsioni, l'ANAC puo' avvalersi, per  quanto
di rispettiva competenza, della collaborazione dell'Ispettorato della
funzione pubblica e  dell'Ispettorato  nazionale  del  lavoro,  ferma
restando l'esclusiva competenza dell'ANAC in ordine alla  valutazione
degli elementi acquisiti e all'eventuale applicazione delle  sanzioni
amministrative di cui all'articolo  21.  Al  fine  di  regolare  tale
collaborazione,  l'ANAC  conclude   specifici   accordi,   ai   sensi
dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, con l'Ispettorato
della funzione pubblica e con l'Ispettorato nazionale del lavoro. 
  3. Gli atti assunti in violazione dell'articolo 17 sono  nulli.  Le
persone di cui all'articolo 3 che  siano  state  licenziate  a  causa
della segnalazione, della  divulgazione  pubblica  o  della  denuncia
all'autorita'  giudiziaria  o  contabile  hanno  diritto   a   essere
reintegrate nel posto di lavoro,  ai  sensi  dell'articolo  18  della
legge  20  maggio  1970,  n.  300  o  dell'articolo  2  del   decreto
legislativo  4  marzo  2015,  n.  23,  in  ragione  della   specifica
disciplina applicabile al lavoratore. 
  4. L'autorita' giudiziaria adita  adotta  tutte  le  misure,  anche
provvisorie, necessarie  ad  assicurare  la  tutela  alla  situazione
giuridica soggettiva  azionata,  ivi  compresi  il  risarcimento  del
danno, la reintegrazione nel posto di lavoro, l'ordine di  cessazione
della condotta posta in essere in violazione dell'articolo  17  e  la
dichiarazione di nullita'  degli  atti  adottati  in  violazione  del
medesimo articolo. 
 
          Note all'art. 19: 
                
              - Si riporta il testo  dell'articolo  15  della  citata
          legge 7 agosto 1990, n. 241: 
                «Art. 15 (Accordi fra pubbliche  amministrazioni).  -
          1. Anche al di fuori delle ipotesi  previste  dall'articolo
          14, le amministrazioni pubbliche possono sempre  concludere
          tra  loro  accordi  per  disciplinare  lo  svolgimento   in
          collaborazione di attivita' di interesse comune. 
              2.  Per  detti  accordi   si   osservano,   in   quanto
          applicabili, le  disposizioni  previste  dall'articolo  11,
          commi 2 e 3. 
              2-bis. A fare data dal 30 giugno 2014  gli  accordi  di
          cui al comma 1 sono sottoscritti  con  firma  digitale,  ai
          sensi dell'articolo 24  del  decreto  legislativo  7  marzo
          2005, n. 82,  con  firma  elettronica  avanzata,  ai  sensi
          dell'articolo 1,  comma  1,  lettera  q-bis),  del  decreto
          legislativo 7 marzo 2005, n. 82,  ovvero  con  altra  firma
          elettronica qualificata, pena  la  nullita'  degli  stessi.
          Dall'attuazione  della  presente  disposizione  non  devono
          derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello
          Stato.   All'attuazione   della   medesima   si    provvede
          nell'ambito delle risorse umane, strumentali e  finanziarie
          previste dalla legislazione vigente.». 
              - Si riporta il testo  dell'articolo  18  della  citata
          legge 20 maggio 1970, n. 300: 
                «Art.  18  (Tutela  del   lavoratore   in   caso   di
          licenziamento illegittimo). - Il giudice, con  la  sentenza
          con la quale dichiara la nullita' del licenziamento perche'
          discriminatorio ai sensi dell'articolo  3  della  legge  11
          maggio 1990, n. 108, ovvero intimato  in  concomitanza  col
          matrimonio ai sensi dell'articolo 35 del codice delle  pari
          opportunita'  tra  uomo  e  donna,  di   cui   al   decreto
          legislativo 11 aprile 2006, n. 198,  o  in  violazione  dei
          divieti di licenziamento di cui all'articolo 54,  commi  1,
          6, 7 e 9, del testo unico delle disposizioni legislative in
          materia di tutela  e  sostegno  della  maternita'  e  della
          paternita', di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n.
          151,   e   successive   modificazioni,    ovvero    perche'
          riconducibile ad altri  casi  di  nullita'  previsti  dalla
          legge o determinato da un motivo illecito  determinante  ai
          sensi dell'articolo  1345  del  codice  civile,  ordina  al
          datore di  lavoro,  imprenditore  o  non  imprenditore,  la
          reintegrazione  del  lavoratore  nel   posto   di   lavoro,
          indipendentemente dal motivo formalmente  addotto  e  quale
          che sia il numero dei dipendenti  occupati  dal  datore  di
          lavoro.  La  presente  disposizione  si  applica  anche  ai
          dirigenti. A  seguito  dell'ordine  di  reintegrazione,  il
          rapporto di lavoro si intende risolto quando il  lavoratore
          non abbia ripreso servizio entro trenta giorni  dall'invito
          del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia  richiesto
          l'indennita' di cui al terzo comma del  presente  articolo.
          Il regime di cui al presente articolo si applica  anche  al
          licenziamento dichiarato  inefficace  perche'  intimato  in
          forma orale. 
              Il giudice, con la sentenza  di  cui  al  primo  comma,
          condanna altresi' il datore di lavoro al  risarcimento  del
          danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia
          stata  accertata  la  nullita',  stabilendo  a   tal   fine
          un'indennita' commisurata all'ultima  retribuzione  globale
          di fatto maturata  dal  giorno  del  licenziamento  sino  a
          quello  dell'effettiva   reintegrazione,   dedotto   quanto
          percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento
          di altre attivita' lavorative. In ogni caso la  misura  del
          risarcimento  non  potra'   essere   inferiore   a   cinque
          mensilita' della retribuzione globale di fatto.  Il  datore
          di lavoro e' condannato inoltre, per il  medesimo  periodo,
          al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. 
              Fermo restando il diritto  al  risarcimento  del  danno
          come previsto al secondo comma, al lavoratore  e'  data  la
          facolta' di chiedere al datore di lavoro,  in  sostituzione
          della reintegrazione nel  posto  di  lavoro,  un'indennita'
          pari a quindici mensilita' dell'ultima retribuzione globale
          di fatto, la cui richiesta  determina  la  risoluzione  del
          rapporto  di  lavoro,  e  che   non   e'   assoggettata   a
          contribuzione previdenziale. La  richiesta  dell'indennita'
          deve  essere   effettuata   entro   trenta   giorni   dalla
          comunicazione del deposito della  sentenza,  o  dall'invito
          del datore di lavoro a riprendere  servizio,  se  anteriore
          alla predetta comunicazione. 
              Il giudice,  nelle  ipotesi  in  cui  accerta  che  non
          ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo  o
          della giusta  causa  addotti  dal  datore  di  lavoro,  per
          insussistenza del fatto contestato ovvero perche' il  fatto
          rientra  tra  le  condotte  punibili   con   una   sanzione
          conservativa sulla  base  delle  previsioni  dei  contratti
          collettivi  ovvero  dei  codici  disciplinari  applicabili,
          annulla il licenziamento e condanna  il  datore  di  lavoro
          alla reintegrazione nel posto di lavoro  di  cui  al  primo
          comma  e  al  pagamento   di   un'indennita'   risarcitoria
          commisurata all'ultima retribuzione globale  di  fatto  dal
          giorno  del  licenziamento  sino  a  quello  dell'effettiva
          reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha  percepito,
          nel periodo di estromissione, per lo svolgimento  di  altre
          attivita'  lavorative,  nonche'   quanto   avrebbe   potuto
          percepire dedicandosi con diligenza  alla  ricerca  di  una
          nuova occupazione. In ogni caso la  misura  dell'indennita'
          risarcitoria non puo' essere superiore a dodici  mensilita'
          della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro e'
          condannato,  altresi',   al   versamento   dei   contributi
          previdenziali e assistenziali dal giorno del  licenziamento
          fino a quello della  effettiva  reintegrazione,  maggiorati
          degli interessi nella misura legale senza  applicazione  di
          sanzioni per  omessa  o  ritardata  contribuzione,  per  un
          importo pari al differenziale contributivo esistente tra la
          contribuzione che sarebbe stata maturata  nel  rapporto  di
          lavoro  risolto  dall'illegittimo  licenziamento  e  quella
          accreditata al lavoratore in conseguenza dello  svolgimento
          di  altre  attivita'  lavorative.  In  quest'ultimo   caso,
          qualora  i  contributi  afferiscano   ad   altra   gestione
          previdenziale, essi sono imputati d'ufficio  alla  gestione
          corrispondente   all'attivita'   lavorativa   svolta    dal
          dipendente licenziato, con addebito dei relativi  costi  al
          datore di lavoro. A seguito dell'ordine di  reintegrazione,
          il  rapporto  di  lavoro  si  intende  risolto  quando   il
          lavoratore non abbia ripreso servizio entro  trenta  giorni
          dall'invito del datore di lavoro,  salvo  il  caso  in  cui
          abbia    richiesto    l'indennita'    sostitutiva     della
          reintegrazione nel posto  di  lavoro  ai  sensi  del  terzo
          comma. 
              Il giudice, nelle altre ipotesi in cui accerta che  non
          ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo  o
          della giusta causa addotti dal datore di  lavoro,  dichiara
          risolto il rapporto di lavoro con effetto  dalla  data  del
          licenziamento e condanna il datore di lavoro  al  pagamento
          di un'indennita' risarcitoria  onnicomprensiva  determinata
          tra un minimo  di  dodici  e  un  massimo  di  ventiquattro
          mensilita' dell'ultima retribuzione globale  di  fatto,  in
          relazione all'anzianita' del lavoratore e tenuto conto  del
          numero   dei   dipendenti   occupati,   delle    dimensioni
          dell'attivita'  economica,  del   comportamento   e   delle
          condizioni delle parti, con onere di specifica  motivazione
          a tale riguardo. 
              Nell'ipotesi in cui  il  licenziamento  sia  dichiarato
          inefficace per violazione del requisito di  motivazione  di
          cui all'articolo 2, comma 2, della legge 15 luglio 1966, n.
          604, e successive modificazioni,  della  procedura  di  cui
          all'articolo 7 della presente legge, o della  procedura  di
          cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966,  n.  604,  e
          successive modificazioni, si applica il regime  di  cui  al
          quinto  comma,  ma  con  attribuzione  al   lavoratore   di
          un'indennita' risarcitoria onnicomprensiva determinata,  in
          relazione  alla  gravita'  della   violazione   formale   o
          procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di
          sei  e  un  massimo  di   dodici   mensilita'   dell'ultima
          retribuzione globale  di  fatto,  con  onere  di  specifica
          motivazione a tale riguardo, a meno che il  giudice,  sulla
          base della domanda del lavoratore, accerti che vi e'  anche
          un difetto di giustificazione del licenziamento,  nel  qual
          caso applica, in luogo  di  quelle  previste  dal  presente
          comma, le tutele di cui ai commi quarto, quinto o settimo. 
              Il giudice applica la medesima  disciplina  di  cui  al
          quarto comma del  presente  articolo  nell'ipotesi  in  cui
          accerti il difetto  di  giustificazione  del  licenziamento
          intimato, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4,  e  10,
          comma 3, della legge 12  marzo  1999,  n.  68,  per  motivo
          oggettivo consistente nell'inidoneita'  fisica  o  psichica
          del  lavoratore,  ovvero  che  il  licenziamento  e'  stato
          intimato in violazione dell'articolo 2110,  secondo  comma,
          del codice civile.  Puo'  altresi'  applicare  la  predetta
          disciplina  nell'ipotesi  in  cui  accerti   la   manifesta
          insussistenza del fatto posto a base del licenziamento  per
          giustificato motivo oggettivo; nelle altre ipotesi  in  cui
          accerta  che  non  ricorrono  gli  estremi   del   predetto
          giustificato motivo, il giudice applica  la  disciplina  di
          cui al quinto comma. In tale ultimo  caso  il  giudice,  ai
          fini della determinazione dell'indennita' tra il  minimo  e
          il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri  di  cui
          al quinto comma, delle iniziative  assunte  dal  lavoratore
          per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento
          delle parti nell'ambito della procedura di cui all'articolo
          7  della  legge  15  luglio  1966,  n.  604,  e  successive
          modificazioni. Qualora, nel corso del giudizio, sulla  base
          della domanda formulata dal  lavoratore,  il  licenziamento
          risulti   determinato   da   ragioni   discriminatorie    o
          disciplinari,  trovano  applicazione  le  relative   tutele
          previste dal presente articolo. 
              Le disposizioni dei commi  dal  quarto  al  settimo  si
          applicano  al  datore  di  lavoro,   imprenditore   o   non
          imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento,  filiale,
          ufficio o reparto autonomo nel  quale  ha  avuto  luogo  il
          licenziamento occupa alle sue dipendenze piu'  di  quindici
          lavoratori o piu' di cinque se si  tratta  di  imprenditore
          agricolo, nonche' al datore di lavoro, imprenditore  o  non
          imprenditore, che nell'ambito dello  stesso  comune  occupa
          piu' di quindici dipendenti e all'impresa agricola che  nel
          medesimo  ambito  territoriale  occupa   piu'   di   cinque
          dipendenti,   anche   se   ciascuna   unita'    produttiva,
          singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e  in
          ogni  caso  al  datore  di  lavoro,  imprenditore   e   non
          imprenditore, che occupa piu' di sessanta dipendenti. 
              Ai fini del computo del numero dei  dipendenti  di  cui
          all'ottavo comma si tiene conto dei lavoratori assunti  con
          contratto a tempo indeterminato parziale per  la  quota  di
          orario  effettivamente  svolto,  tenendo  conto,   a   tale
          proposito,  che  il  computo  delle  unita'  lavorative  fa
          riferimento  all'orario   previsto   dalla   contrattazione
          collettiva del settore. Non si computano  il  coniuge  e  i
          parenti del datore di lavoro  entro  il  secondo  grado  in
          linea diretta e in linea collaterale. Il computo dei limiti
          occupazionali di cui all'ottavo comma non incide su norme o
          istituti   che   prevedono   agevolazioni   finanziarie   o
          creditizie. 
              Nell'ipotesi  di  revoca  del  licenziamento,   purche'
          effettuata  entro  il  termine  di  quindici  giorni  dalla
          comunicazione al datore  di  lavoro  dell'impugnazione  del
          medesimo, il rapporto di  lavoro  si  intende  ripristinato
          senza soluzione di continuita', con diritto del  lavoratore
          alla retribuzione  maturata  nel  periodo  precedente  alla
          revoca, e non trovano applicazione  i  regimi  sanzionatori
          previsti dal presente articolo. 
              Nell'ipotesi di licenziamento  dei  lavoratori  di  cui
          all'articolo 22, su istanza congiunta del lavoratore e  del
          sindacato cui questi  aderisce  o  conferisca  mandato,  il
          giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, puo'
          disporre  con  ordinanza,  quando  ritenga  irrilevanti   o
          insufficienti gli elementi di prova forniti dal  datore  di
          lavoro, la  reintegrazione  del  lavoratore  nel  posto  di
          lavoro. 
              L'ordinanza di cui  al  comma  precedente  puo'  essere
          impugnata con reclamo immediato  al  giudice  medesimo  che
          l'ha   pronunciata.   Si    applicano    le    disposizioni
          dell'articolo 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma  del
          codice di procedura civile. 
              L'ordinanza puo' essere revocata con  la  sentenza  che
          decide la causa. 
              Nell'ipotesi di licenziamento  dei  lavoratori  di  cui
          all'articolo 22, il datore di lavoro che non ottempera alla
          sentenza di cui al primo comma ovvero all'ordinanza di  cui
          all'undicesimo  comma,  non  impugnata  o  confermata   dal
          giudice che l'ha pronunciata, e'  tenuto  anche,  per  ogni
          giorno  di  ritardo,  al  pagamento  a  favore  del   Fondo
          adeguamento pensioni di una somma  pari  all'importo  della
          retribuzione dovuta al lavoratore.». 
              - Si riporta il testo del decreto legislativo  4  marzo
          2015, n. 23 (Disposizioni in materia di contratto di lavoro
          a tempo indeterminato a  tutele  crescenti,  in  attuazione
          della legge 10 dicembre 2014, n. 183): 
                «Art.  2  (Licenziamento  discriminatorio,  nullo   e
          intimato in forma orale). - 1. Il giudice, con la pronuncia
          con la quale dichiara la nullita' del licenziamento perche'
          discriminatorio a norma dell'articolo  15  della  legge  20
          maggio 1970, n. 300,  e  successive  modificazioni,  ovvero
          perche'  riconducibile  agli   altri   casi   di   nullita'
          espressamente previsti dalla legge,  ordina  al  datore  di
          lavoro, imprenditore o non imprenditore, la  reintegrazione
          del lavoratore nel posto di lavoro,  indipendentemente  dal
          motivo  formalmente  addotto.  A  seguito  dell'ordine   di
          reintegrazione, il rapporto di lavoro  si  intende  risolto
          quando il  lavoratore  non  abbia  ripreso  servizio  entro
          trenta giorni dall'invito del datore di  lavoro,  salvo  il
          caso in cui abbia richiesto l'indennita' di cui al comma 3.
          Il regime di cui al presente articolo si applica  anche  al
          licenziamento dichiarato  inefficace  perche'  intimato  in
          forma orale. 
              2. Con la pronuncia di  cui  al  comma  1,  il  giudice
          condanna altresi' il datore di lavoro al  risarcimento  del
          danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia
          stata accertata la nullita' e l'inefficacia,  stabilendo  a
          tal fine un'indennita' commisurata all'ultima  retribuzione
          di riferimento per  il  calcolo  del  trattamento  di  fine
          rapporto,  corrispondente  al  periodo   dal   giorno   del
          licenziamento sino a quello dell'effettiva  reintegrazione,
          dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per
          lo svolgimento di altre attivita' lavorative. In ogni  caso
          la misura del risarcimento non potra'  essere  inferiore  a
          cinque mensilita' dell'ultima retribuzione  di  riferimento
          per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Il  datore
          di lavoro e' condannato, altresi', per il medesimo periodo,
          al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. 
              3. Fermo restando il diritto al risarcimento del  danno
          come previsto al comma 2, al lavoratore e' data la facolta'
          di chiedere al datore  di  lavoro,  in  sostituzione  della
          reintegrazione nel posto di lavoro,  un'indennita'  pari  a
          quindici mensilita' dell'ultima retribuzione di riferimento
          per il calcolo del trattamento di  fine  rapporto,  la  cui
          richiesta determina la risoluzione del rapporto di  lavoro,
          e che non e' assoggettata a contribuzione previdenziale. La
          richiesta  dell'indennita'  deve  essere  effettuata  entro
          trenta  giorni  dalla  comunicazione  del  deposito   della
          pronuncia o dall'invito del datore di lavoro  a  riprendere
          servizio, se anteriore alla predetta comunicazione. 
              4. La disciplina di  cui  al  presente  articolo  trova
          applicazione anche nelle ipotesi in cui il giudice  accerta
          il difetto di giustificazione per motivo consistente  nella
          disabilita' fisica o  psichica  del  lavoratore,  anche  ai
          sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge
          12 marzo 1999, n. 68.».