(all. 7 - art. 1)
                             ALLEGATO 7
    PARTE A .b r; ZONE VULNERABILI DA NITRATI DI ORIGINE AGRICOLA
                              PARTE A I

         CRITERI PER L'INDIVIDUAZIONE DELLE ZONE VULNERABILI

   Si   considerano  zone  vulnerabili  le  zone  di  territorio  che
scaricano  direttamente  o  indirettamente  composti azotati in acque
gia'  inquinate  o  che  potrebbero esserlo in conseguenza di tali di
scarichi.

   Tali  acque  sono  individuate  in  base  tra l'altro dei seguenti
criteri:

   1.  la  presenza  di  nitrati  o la loro possibile presenza ad una
concentrazione  superiore  a 50 mg/L (espressi come NO-3) nelle acque
dolci  superficiali,  in particolare quelle destinate alla produzione
di acqua potabile, se non si interviene ai sensi dell'articolo 19;

   2.  la  presenza  di  nitrati  o la loro possibile presenza ad una
concentrazione  superiore  a  50 mg/L(espressi come NO-3) nelle acque
dolci sotterranee, se non si interviene ai sensi dell'articolo 19;

   3.  la  presenza  di  eutrofizzazione  oppure  la possibilita' del
verificarsi di tale fenomeno nell'immediato futuro nei laghi naturali
di acque dolci o altre acque dolci, estuari, acque costiere e marine,
se non si interviene ai sensi dell'articolo 19.

   Nell'individuazione  delle  zone  vulnerabili,  le regioni tengono
conto pertanto:

   1.  delle  caratteristiche  fisiche e ambientali delle acque e dei
terreni  che  determinano  il  comportamento  dei nitrati nel sistema
acqua/terreno;

   2.  del  risultato  conseguibile  attraverso  i programmi d'azione
adottati;

   3.  delle  eventuali  ripercussioni  che  si avrebbero nel caso di
mancato intervento ai sensi dell'articolo 19.

CONTROLLI DA ESEGUIRE AI FINI DELLA REVISIONE DELLE ZONE
                             VULNERABILI

Ai  fini  di  quanto  disposto  dal  comma  4  dell'articolo  19,  la
concentrazione  dei nitrati deve essere controllata per il periodo di
                   durata pari almeno ad un anno:

   -  nelle stazioni di campionamento previste per la classificazione
dei  corpi  idrici  sotterranei  e  superficiali  individuate secondo
quanto previsto dall'allegato 1 al decreto;

   - nelle altre stazioni di campionamento previste al Titolo II Capo
II  relativo  al  controllo  delle acque destinate alla produzione di
acque  potabili,  almeno  una volta al mese e piu' frequentemente nei
periodi di piena;

   -  nei  punti  di  prelievo,  controllati ai sensi del DPR 236/88,
delle acque destinate al consumo umano.

   Il  controllo va ripetuto almeno ogni quattro anni. Nelle stazioni
dove  si  e' riscontrata una concentrazione di nitrati inferiore a 25
mg/L  (espressi  come  NO-3)  il  programma  di controllo puo' essere
ripetuto ogni otto anni, purche' non si sia manifestato alcun fattore
nuovo che possa aver incrementato il tenore dei nitrati.

   Ogni quattro anni e' sottoposto a riesame lo stato eutrofico delle
acque  dolci  superficiali,  di  transizione e costiere, adottando di
conseguenza i provvedimenti del caso.

   Nei  programmi  di  controllo  devono essere applicati i metodi di
misura di riferimento previsti al successivo punto.

   METODI DI RIFERIMENTO

   Concimi chimici

   Il  metodo  di  analisi  dei  composti  dell'azoto e' stabilito in
conformita'  al  D.M.  19  luglio  1989  -  Approvazione  dei  metodi
ufficiali di analisi per i fertilizzanti.

   Acque dolci, acque costiere e acque marine

   Il  metodo  di  analisi per la rilevazione della concentrazione di
nitrati   e'  la  spettrofotometria  di  assorbimento  molecolare.  I
laboratori  che utilizzano altri metodi di misura devono accertare la
comparabilita' dei risultati ottenuti.

                             PARTE A II
                        ASPETTI METODOLOGICI

   1.   L'individuazione  delle  zone  vulnerabili  viene  effettuata
tenendo  conto dei carichi (specie animali allevate, intensita' degli
allevamenti  e loro tipologia, tipologia dei reflui che ne derivano e
modalita'  di applicazione al terreno, coltivazioni e fertilizzazioni
in  uso)  nonche'  dei  fattori  ambientali  che possono concorrere a
determinare uno stato di contaminazione.

   Tali fattori dipendono:

   -  dalla  vulnerabilita'  intrinseca delle formazioni acquifere ai
fluidi  inquinanti (caratteristiche litostrutturali, idrogeologiche e
idrodinamiche del sottosuolo e degli acquiferi);

   -   dalla  capacita'  di  attenuazione  del  suolo  nei  confronti
dell'inquinante  (caratteristiche di tessitura, contenuto di sostanza
organica   ed   altri   fattori  relativi  alla  sua  composizione  e
reattivita' chimico-biologica);

   - dalle condizioni climatiche e idrologiche;

   -  dal  tipo  di  ordinamento  colturale e dalle relative pratiche
agronomiche.

   Gli  approcci  metodologici  di  valutazione  della vulnerabilita'
richiedono  un'idonea  ed  omogenea base di dati e a tal proposito si
osserva che sul territorio nazionale sono presenti:

   - aree per cui sono disponibili notevoli conoscenze di base e gia'
e'  stata  predisposta  una mappatura della vulnerabilita' a scala di
dettaglio   sia   con  le  metodologie  CNR-GNDCI1  che  con  sistemi
parametrici;

   -   aree   nelle  quali,  pur  mancando  studi  e  valutazioni  di
vulnerabilita',  sono  disponibili  dati  sufficienti  per effettuare
un'indagine   di   carattere  orientativo  e  produrre  un  elaborato
cartografico a scala di riconoscimento;

   - aree in cui le informazioni sono molto carenti o frammentarie ed
e' necessario ricorrere ad una preventiva raccolta di dati al fine di
applicare le metodologie di base studiate in ambito CNR-GNDCI.

   Al  fine  di  individuare sull'intero territorio nazionale le zone
vulnerabili  ai nitrati si ritiene opportuno procedere ad un'indagine
preliminare di riconoscimento, che deve essere in seguito revisionata
sulla   base   di  aggiornamenti  successivi  conseguenti  -anche  ad
eventuali ulteriori indagini di Maggiore dettaglio.

(1) Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche

   2. Indagine preliminare di riconoscimento.

   La  scala  cartografica di rappresentazione prescelta e' 1:250.000
su  base  topografica  preferibilmente  informatizzata.  Il risultato
dell'indagine  preliminare  di  riconoscimento,  da effettuarsi dalle
regioni  con il supporto delle ARPA, ove gia' costituite, laddove non
ancora  disponibile,  deve  essere  approntato  entro  un  anno dalla
emanazione della presente disposizione.

   Obiettivo  dell'indagine  di  riconoscimento  e'  l'individuazione
delle  porzioni  di  territorio  dove le situazioni pericolose per le
acque   sotterranee  sono  particolarmente  evidenti.  In  tale  fase
dell'indagine   non   e'   necessario   separare   piu'   classi   di
vulnerabilita'.

   In   prima   approssimazione  i  fattori  critici  da  considerare
nell'individuazione delle zone vulnerabili sono:

   a)  presenza  di un acquifero libero o parzialmente confinato (ove
la  connessione idraulica con la superficie e' possibile) e, nel caso
di  rocce  litoidi fratturate, presenza di un acquifero a profondita'
inferiore a 50 m, da raddoppiarsi' in zona a carsismo evoluto;

   b)  presenza  di  una  litologia  di  superficie  e  dell'insaturo
prevalentemente permeabile (sabbia, ghiaia o litotipi fratturati);

   c)  presenza  di suoli a capacita' di attenuazione tendenzialmente
bassa  (ad  es. suoli prevalentemente sabbiosi, o molto ghiaiosi, con
basso tenore di sostanza organica, poco profondi).

   La  concomitanza  delle  condizioni  sopra  esposte  identifica le
situazioni di maggiore vulnerabilita'.

   Vengono  escluse  dalle  zone  vulnerabili le situazioni in cui la
natura  dei  corpi rocciosi impedisce la formazione di un acquifero o
dove  esiste  una  protezione determinata da un orizzonte scarsamente
permeabile purche' continuo.

   L'indagine  preliminare  di  riconoscimento delle zone vulnerabili
viene effettuata:

   a)  per  le  zone ove e' gia' disponibile una mappatura a scala di
dettaglio o di sintesi, mediante accorpamento delle aree classificate
ad alta, elevata ed estremamente elevata vulnerabilita';

   b)  per  le zone dove non e' disponibile una mappatura ma esistono
sufficienti   informazioni   geo-pedologico-ambientali,  mediante  il
metodo   di  valutazione  di  zonazione  per  aree  omogenee  (metodo
CNR-GNDCI) o il metodo parametrico (SINTACS);

   c)  per  le  zone  dove  non  esistono  sufficienti  informazioni,
mediante  dati  esistenti  e/o rapidamente acquisibili e applicazione
del metodo CNR-GNDCI, anche ricorrendo a criteri di similitudine.

   3. Aggiornamenti successivi.

   L'indagine  preliminare di riconoscimento puo' essere suscettibile
di  sostanziali  approfondimenti  e aggiornamenti sulla base di nuove
indicazioni, tra cui, in primo luogo, i dati provenienti da attivita'
di   monitoraggio   che   consentono   una  caratterizzazione  e  una
delimitazione piu' precisa delle aree vulnerabili.

   Con  il  supporto  delle ARPA, ove costituite, deve essere avviata
una  indagine finalizzata alla stesura di una cartografia di maggiore
dettaglio  (1:50.000-100.000)  per convogliare la maggior parte delle
risorse   tecnico-scientifiche   sullo   studio   delle   zone   piu'
problematiche.

   Obiettivo di questa indagine e' l'individuazione dettagliata della
"vulnerabilita'  specifica"  degli  acquiferi  e in particolare delle
classi  di  grado  piu'  elevato. Si considerano, pertanto, i fattori
inerenti   la   "vulnerabilita'  intrinseca"  degli  acquiferi  e  la
capacita' di attenuazione del suolo, dell'insaturo e dell'acquifero.

   Il prodotto di tale indagine puo' essere soggetto ad aggiornamenti
sulla base di nuove conoscenze e dei risultati della sperimentazione.
E' opportuno gestire i dati raccolti mediante un sistema GIS.

   4.  Le  amministrazioni  possono  comunque  intraprendere studi di
maggior  dettaglio quali strumenti di previsione e di prevenzione dei
fenomeni   di   inquinamento.  Questi  studi  sono  finalizzati  alla
valutazione  della  vulnerabilita''  e  dei  rischi  presenti in siti
specifici   (campi,   pozzi,  singole  aziende,  comprensori,  ecc.),
all'interno  delle  piu'  vaste  aree  definite  come  vulnerabili, e
possono  permettere di indicare con maggiore definizione le eventuali
misure da adottare nel tempo e nello spazio.

                             PARTE A III
                     ZONE VULNERABILI DESIGNATE

   In   fase   di   prima   attuazione   sono  designate  vulnerabili
all'inquinamento da nitrati provenienti da fonti agricole le seguenti
zone:

   -   quelle   gia'  individuate  dalla  Regione  Lombardia  con  il
regolamento attuativo della legge regionale 15 dicembre 1993, n. 37;

   -  quelle  gia'  individuate  dalla  Regione Emilia Romagna con la
deliberazione del Consiglio regionale del 11 febbraio 1997 n. 570;

   -  la zona delle conoidi delle province di Modena, Reggio Emilia e
Parma.

   -   l'area  dichiarata  a  rischio  di  crisi  ambientale  di  cui
all'articolo  6  della legge 28 agosto 1989, n. 305 del bacino Burana
Po di Volano della provincia di Ferrara.

   -   l'area  dichiarata  a  rischio  di  crisi  ambientale  di  cui
all'articolo 6 della legge 28 agosto 1989, n.305 dei bacini dei fiumi
Fissero, Canal Bianco e PO di Levante (della regione Veneto)

   Tale   elenco   viene   aggiornato,   su  proposta  delle  Regioni
interessate, sulla base dei rilevamenti e delle indagini svolte.

                             PARTE A IV

   INDICAZIONI E MISURE PER I PROGRAMMI D'AZIONE

   I  programmi  d'azione  sono obbligatori per le zone vulnerabili e
tengono   conto  dei  dati  scientifici  e  tecnici  con  riferimento
principalmente   agli  apporti  azotati  rispettivamente  di  origine
agricola  o  di  altra  origine,  nonche' delle condizioni ambientali
locali.

   1. I programmi d'azione includono misure relative a:

   1)  i  periodi  in  cui  e'  proibita l'applicazione al terreno di
determinati tipi di fertilizzanti;

   2)  la  capacita'  dei depositi per effluenti di allevamento; tale
capacita'  deve superare quella necessaria per l'immagazzinamento nel
periodo  piu'  lungo,  durante il quale e' proibita l'applicazione al
terreno  di effluenti nella zona vulnerabile, salvo i casi in cui sia
dimostrato  all'autorita'  competente  che  qualsiasi quantitativo di
effluente superiore all'effettiva capacita' d'immagazzinamento verra'
gestito senza causare danno all'ambiente;

   3)  la  limitazione  dell'applicazione al terreno di fertilizzanti
conformemente  alla  buona  pratica  agricola  e  in  funzione  delle
caratteristiche della zona vulnerabile interessata; in particolare si
deve tener conto:

   a) delle condizioni, del tipo e della pendenza del suolo;

   b)   delle  condizioni  climatiche,  delle  precipitazioni  e  del
l'irrigazione;

   c)  dell'uso  del  terreno  e  delle  pratiche agricole, inclusi i
sistemi di rotazione e di avvicendamento colturale.

   Le  misure si basano sull'equilibrio tra il prevedibile fabbisogno
di  azoto  delle  colture, e di azoto proveniente dal terreno e dalla
fertilizzazione, corrispondente:

   -  alla quantita' di azoto presente nel terreno nel momento in cui
la  coltura comincia ad assorbirlo in misura significativa (quantita'
rimanente alla fine dell'inverno);

   -   all'apporto   di   composti   di   azoto   provenienti   dalla
mineralizzazione  netta  delle riserve di azoto organico presenti nel
terreno;

   -  all'aggiunta  di  composti di azoto provenienti da effluenti di
allevamento;

   -  all'aggiunta  di composti di azoto provenienti da fertilizzanti
chimici e da altri fertilizzanti.

   I  programmi  di  azione  devono  contenere  almeno le indicazioni
riportate nel Codice di Buona Pratica Agricola, ove applicabili.

   2.  Le  misure  devono  garantire  che,  per  ciascuna  azienda  o
allevamento,  il  quantitativo  di  effluente  zootecnico  sparso sul
terreno  ogni  anno, compreso quello depositato dagli animali stessi,
non superi un apporto pari a 170 kg di azoto per ettaro.

   Tuttavia  per  i  primi  due  anni  del  programma  di  azione  il
quantitativo di effluente utilizzabile puo' essere elevato fino ad un
apporto  corrispondente  a  210  kg  di  azoto per ettaro. I predetti
quantitativi  sono  calcolati sulla base del numero e delle categorie
degli animali.

   3.  Durante  e  dopo  i  primi  quattro  anni  di applicazione del
programma  d'azione le regioni in casi specifici possono fare istanza
al  Ministero  dell'ambiente  per  lo  spargimento di quantitativi di
effluenti di allevamento diversi da quelli sopra indicati, ma tali da
non  compromettere  le finalita' di cui all'articolo 1, da motivare e
giustificare  in  base a criteri obiettivi relativi alla gestione del
suolo e delle colture, quali:

   - stagioni di crescita prolungate;

   - colture con grado elevato di assorbimento di azoto;

   - terreni con capacita' eccezionalmente alta di denitrificazione.

   Il  Ministero  dell'ambiente, acquisito il parere favorevole della
Commissione europea, che lo rende sulla base delle procedure previste
all'articolo   9   della  direttiva  91/676/CEE,  puo'  concedere  lo
spargimento di tali quantitativi.

                               PARTE B
                    ZONE VULNERABILI DA PRODOTTI
                            FITOSANITARI

                              PARTE B I

                    CRITERI PER L'INDIVIDUAZIONE

   1.  Le  Regioni  e le Province autonome individuano le aree in cui
richiedere  limitazioni  o esclusioni d'impiego, anche temporanee, di
prodotti  fitosanitari  autorizzati,  allo  scopo  di  proteggere  le
risorse  idriche e altri comparti rilevanti per la tutela sanitaria o
ambientale,  ivi inclusi l'entomofauna utile e altri organismi utili,
da  possibili fenomeni di contaminazione. Un'Area e' considerata area
vulnerabile   quando   l'utilizzo   al   suo   interno  dei  prodotti
fitosanitari  autorizzati  pone  in  condizioni di rischio le risorse
idriche e gli altri comparti ambientali rilevanti.

   2.  Il  Ministero della Sanita' ai sensi dell'art. 5, comma 20 del
decreto  legislativo  17 marzo 1995, n. 194, su documentata richiesta
delle  Regioni  e  delle  Province  autonome,  sentita la Commissione
consultiva  di  cui all'articolo 20 dello stesso decreto legislativo,
dispone  limitazioni  o  esclusioni  d'impiego, anche temporanee, dei
prodotti  fitosanitari  autorizzati  nelle aree individuate come zone
vulnerabili da prodotti fitosanitari.

   3.  Le  Regioni  e  le Province autonome provvedono entro un anno,
sulla  base  dei criteri indicati nella parte BII di questo allegato,
alla  prima  individuazione  e  cartografia delle aree vulnerabili ai
prodotti  fitosanitari  ai  fini  della  tutela delle risorse idriche
sotterranee.

   Successivamente  alla  prima  individuazione,  tenendo conto degli
aspetti  metodologici  indicati nella parte BII punto 3, le Regioni e
le   Province   autonome   provvedono   ad   effettuare   la  seconda
individuazione  e la stesura di una cartografia di maggiore dettaglio
delle zone vulnerabili dai prodotti fitosanitari.

   4.  Possono  essere  considerate  zone  vulnerabili  dai  prodotti
fitosanitari  ai  fini  della  tutela  di zone di rilevante interesse
naturalistico  e  della  protezione  di  organismi utili, ivi inclusi
insetti  e  acari  utili, uccelli insettivori, mammiferi e anfibi, le
aree  naturali  protette,  o  porzioni  di esse, indicate nell'Elenco
Ufficiale di cui all'art. 5 della legge 6 dicembre 1991, n. 394.

   5.  Le  Regioni  e le Province autonome predispongono programmi di
controllo  per  garantire  il rispetto delle limitazioni o esclusioni
d'impiego  dei prodotti fitosanitari disposte, su loro richiesta, dal
Ministero della Sanita'. Esse forniscono al Ministero dell'Ambiente e
all'Agenzia  Nazionale  per la Protezione dell'Ambiente (ANPA) i dati
relativi   all'individuazione   e  alla  cartografia  delle  aree  di
protezione dai prodotti fitosanitari.

   6.  L'ANPA  e le Agenzie Regionali per la Protezione dell'Ambiente
forniscono  supporto tecnico-scientifico alle Regioni e alle Province
autonome al fine di:

   a) promuovere uniformita' d'intervento nelle fasi di valutazione e
cartografia delle aree di protezione dai prodotti fitosanitari;

   b)  garantire  la  congruita'  delle  elaborazioni cartografiche e
verificare   la   qualita'  delle  informazioni  ambientali  di  base
(idrogeologiche, pedologiche, ecc.).

   7.   L'ANPA   promuove  attivita'  di  ricerca  nell'ambito  delle
problematiche   relative   al   destino   ambientale   dei   prodotti
fitosanitari  autorizzati.  Tali attivita' hanno il fine di acquisire
informazioni   intese   a   migliorare  e  aggiornare  i  criteri  di
individuazione delle aree vulnerabili per i comparti del suolo, delle
acque   superficiali  e  sotterranee,  nonche'  degli  organismi  non
bersaglio.

   Il   Ministero   dell'Ambiente   provvede,   tenuto   conto  delle
informazioni  acquisite  e  sentita  la  Conferenza  permanente per i
rapporti  tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e
Bolzano,  ad  aggiornare  i  criteri  per l'individuazione delle aree
vulnerabili.
                             PARTE B II
                        ASPETTI METODOLOGICI
   1.  Come  per  le  zone vulnerabili da nitrati, anche nel caso dei
fitofarmaci  si  prevedono  due  fasi  di  individuazione  delle aree
interessate  dal  fenomeno:  una  indagine  di  riconoscimento (prima
individuazione)   e   un'indagine   di  maggiore  dettaglio  (seconda
individuazione).

   2. Indagine preliminare di riconoscimento

   Per  la  prima  individuazione  delle aree vulnerabili da prodotti
fitosanitari  si adotta un tipo di indagine, alla scala di 1:250.000,
simile  a  quella  indicata  in  precedenza nella Parte AII di questo
allegato.

   2.1  La  prima  individuazione  delle  aree vulnerabili comprende,
comunque,  le  aree  per  le quali le attivita' di monitoraggio hanno
gia'  evidenziato  situazioni  di  compromissione  dei  corpi  idrici
sotterranei  sulla  base  degli  standard  delle  acque  destinate al
consumo  umano  indicati  dal  D.P.R.  236/88  per  il  parametro  55
(antiparassitari e prodotti assimilabili).

   Sono  escluse,  invece,  le  situazioni  in  cui  la  natura delle
formazioni rocciose impedisce la presenza di una falda, o dove esiste
la protezione determinata da un orizzonte scarsamente permeabile o da
un suolo molto reattivo.

   Vengono  escluse  dalle  aree  vulnerabili le situazioni in cui la
natura  dei  corpi rocciosi impedisce la formazione di un acquifero o
dove  esiste  una  protezione determinata da un orizzonte scarsamente
permeabile, purche' continuo, o da un suolo molto reattivo.

   2.2  Obiettivo  dell'indagine preliminare di riconoscimento non e'
la    rappresentazione    sistematica    delle   caratteristiche   di
vulnerabilita'  degli  acquiferi,  quanto piuttosto la individuazione
delle  porzioni  di  territorio  dove le situazioni pericolose per le
acque sotterranee sono particolarmente evidenti.

   Per  queste  attivita'  si  rinvia  agli aspetti metodologici gia'
indicati nella Parte AII di questo allegato.

   2.3  Ai  fini  della  individuazione  dei  prodotti per i quali le
amministrazioni   potranno   chiedere   l'applicazione  di  eventuali
limitazioni   o   esclusioni  d'impiego  ci  si  potra'  avvalere  di
parametri,   indici,   modelli   e  sistemi  di  classificazione  che
consentano  di  raggruppare  i  prodotti fitosanitari in base al loro
potenziale di percolazione.

   3. Aggiornamenti successivi

   L'indagine  preliminare di riconoscimento puo' essere suscettibile
di  sostanziali  approfondimenti  e aggiornamenti sulla base di nuove
indicazioni, tra cui, in primo luogo, i dati provenienti da attivita'
di   monitoraggio   che   consentono   una  caratterizzazione  e  una
delimitazione piu' precisa delle aree vulnerabili.

   Questa   successiva   fase   di   lavoro,   che   puo'   procedere
parallelamente  alle  indagini e cartografie maggiore dettaglio, puo'
prevedere   inoltre   la  designazione  di  piu'  di  una  classe  di
vulnerabilita'  (al  massimo  3)  riferita ai gradi piu' elevati e la
valutazione  della  vulnerabilita'  in  relazione  alla  capacita' di
attenuazione  del suolo, in modo tale che si possa tenere conto delle
caratteristiche  intrinseche  dei  prodotti  fitosanitari per poterne
stabilire  limitazioni  o esclusioni di impiego sulla base di criteri
quanto piu' possibile obiettivi.

   3.1  La  seconda individuazione e cartografia e' restituita ad una
scala  maggiormente dettagliata (1:50.000 1:100.000): successivamente
o  contestualmente alle fasi descritte in precedenza, compatibilmente
con  la  situazione  conoscitiva  di  partenza  e con le possibilita'
operative  delle  singole  amministrazioni,  deve  essere avviata una
indagine  con  scadenze  a  medio/lungo  termine.  Essa  convoglia la
maggior  parte  delle risorse tecnico-scientifiche sullo studio delle
aree  piu'  problematiche,  gia'  individuate  nel  corso  delle fasi
precedenti.

   Obiettivo   di   questa   indagine   e'   l'individuazione   della
vulnerabilita'  specifica  degli  acquiferi  e  in  particolare delle
classi  di  grado  piu'  elevato. Si considerano, pertanto, i fattori
inerenti  la  vulnerabilita' intrinseca degli acquiferi, la capacita'
di  attenuazione  del  suolo e le caratteristiche chemiodinamiche dei
prodotti fitosanitari.

   Ai   fini  della  individuazione  dei  prodotti  per  i  quali  le
amministrazioni   potranno   chiedere   l'applicazione  di  eventuali
limitazioni o esclusioni d'impiego ci si potra' avvalere di parametri
o  indici  che  consentano  di raggruppare i prodotti fitosanitari in
base  al  loro  potenziale  di  percolazione.  Si  cita,  ad esempio,
l'indice di Gustafson.

   3.2  Le  Regioni  e  le Province Autonome redigono un programma di
massima  con  l'articolazione  delle  fasi  di  lavoro  e  i tempi di
attuazione.  Tale  programma  e' inviato al Ministero dell'Ambiente e
all'ANPA,  i  quali  forniscono  supporto  tecnico e scientifico alle
Regioni e alle Province Autonome.

   Le    maggiori    informazioni    derivanti    dall'indagine    di
medio-dettaglio  consentiranno di disporre di uno strumento di lavoro
utile  per la pianificazione dell'impiego dei prodotti fitosanitari a
livello  locale  e  permetteranno di precisare, rispetto all'indagine
preliminare  di riconoscimento, le aree suscettibili di restrizioni o
esclusioni d'impiego.

   Non si esclude, ovviamente, la possibilita' di intraprendere studi
di   maggior   dettaglio  a  carattere  operativo-progettuale,  quali
strumenti  di  previsione  e,  nell'ambito  della  pianificazione, di
prevenzione   dei   fenomeni   di  inquinamento.  Questi  studi  sono
finalizzati al rilevamento della vulnerabilita' e dei rischi presenti
in  siti  specifici (campi pozzi, singole aziende comprensori, ecc.),
all'interno  delle  piu'  vaste  aree  definite  come  vulnerabili, e
possono  permettere  di  indicare  piu'  nel  dettaglio  le eventuali
restrizioni  nel  tempo  e nello spazio nonche' gli indirizzi tecnici
cui  attenersi  nella  scelta  dei prodotti fitosanitari, dei tempi e
delle modalita' di esecuzione dei trattamenti.
                             PARTE B III

     ASPETTI GENERALI PER LA CARTOGRAFIA DELLE AREE OVE LE ACQUE
            SOTTERRANEE SONO POTENZIALMENTE VULNERABILI.
   1.   Le   valutazioni   sulla   vulnerabilita'   degli   acquiferi
all'inquinamento  si puo' avvalere dei Sistemi Informativi Geografici
(GIS)    quali   strumenti   per   l'archiviazione,   l'integrazione,
l'elaborazione   e   la   presentazione   dei   dati  geograficamente
identificati (georeferenziati). Tali sistemi permettono di integrare,
sulla base della loro comune distribuzione nello spazio, grandi masse
di informazioni anche di origine e natura diverse.

   Le   valutazioni   possono   essere  verificate  ed  eventualmente
integrate  alla  luce  di dati diretti sulla qualita' delle acque che
dovessero rendersi disponibili.

   Nel  caso  in  cui  si  verifichino  discordanze con le previsioni
effettuate  sulla  base  di'  valutazioni si procede ad un riesame di
queste  ultime  ed  alla  ricerca  delle motivazioni tecniche di tali
divergenze.

   Il quadro di riferimento tecnico-scientifico e procedurale prevede
di  considerare  la  vulnerabilita'  su  due  livelli: vulnerabilita'
intrinseca degli acquiferi e vulnerabilita' specifica.

   2.  I  Livello:  Vulnerabilita'  intrinseca  degli  acquiferi.- La
valutazione della vulnerabilita' intrinseca degli acquiferi considera
essenzialmente  le  caratteristiche litostrutturali, idrogeologiche e
idrodinamiche  del  sottosuolo  e  degli acquiferi presenti. Essa, e'
riferita  a  inquinanti  generici  e non considera le caratteristiche
chemiodinamiche delle sostanze.

   2.1  Sono  disponibili tre approcci alla valutazione e cartografia
della  vulnerabilita' intrinseca degli acquiferi: metodi qualitativi,
metodi parametrici e numerici.

   La selezione di uno dei tre metodi dipende dalla disponibilita' di
dati, dalla scala di riferimento e dalla finalita' dell'indagine.

   2.2  I  metodi  qualitativi  prevedono  la  zonizzazione  per aree
omogenee,  valutando  la  vulnerabilita'  per  complessi e situazioni
idrogeologiche    generalmente    attraverso    la    tecnica   della
sovrapposizione   cartografica.  La  valutazione  viene  fornita  per
intervalli  preordinati  e  situazioni  tipo. Il metodo elaborato dal
GNDCI-CNR   valuta   la   vulnerabilita'   intrinseca   mediante   la
classificazione   di  alcune  caratteristiche  litostrutturali  delle
formazioni  acquifere  e  delle  condizioni  di  circolazione  idrica
sotterranea.

   2.3.1   metodi   parametrici  sono  basati  sulla  valutazione  di
parametri  fondamentali dell'assetto del sottosuolo e delle relazioni
col  sistema  idrologico superficiale, ricondotta a scale di gradi di
vulnerabilita'.  Essi  prevedono  l'attribuzione a ciascun parametro,
suddiviso  in  intervalli  di  valori,  di  un  punteggio prefigurato
crescente   in   funzione   dell'importanza  da  esso  assunta  nella
valutazione  complessiva.  I  metodi  parametrici sono in genere piu'
complessi poiche' richiedono la conoscenza approfondita di un elevato
numero di parametri idrogeologici e idrodinamici.

   2.4  I  metodi  numerici  sono  basati sulla stima di un indice di
vulnerabilita'  (come  ad  esempio  il tempo di permanenza) basato su
relazioni matematiche di diversa complessita'.

   2.5  In  relazione,  allo  stato e all'evoluzione delle conoscenze
potra'  essere  approfondito  ed  opportunamente considerato anche il
diverso peso che assume il suolo superficiale nella valutazione della
vulnerabilita'  intrinseca;  tale  caratteristica viene definita come
"capacita'  di attenuazione del suolo" e presuppone la disponibilita'
di idonee cartografie geo-pedologiche.

   3. II Livello: Vulnerabilita' specifica

   Con  vulnerabilita'  specifica  s'intende  la  combinazione  della
valutazione  e  cartografia  della  vulnerabilita'  intrinseca  degli
acquiferi  con  quella  della capacita' di attenuazione del suolo per
una  determinata sostanza o gruppo di sostanze. Questa si ottiene dal
confronto  di  alcune caratteristiche chemio-dinamiche della sostanza
(capacita'  di  assorbimento  ai  colloidi  del  suolo, resistenza ai
processi  di degradazione, solubilita' in acqua, polarita', etc.) con
le caratteristiche fisiche, chimiche ed idrauliche del suolo.

   La  compilazione di cartografie di vulnerabilita' specifica deriva
da  studi  approfonditi  ed  interdisciplinari  e  richiede  l'uso di
modelli di simulazione, quali ad esempio PRZM2 e PESTLA.
 
          Note all'allegato 7.

             -  In  merito all'articolo 6 della legge 28 agosto 1989,
          n.  305  recante  "Programmazione  triennale  per la tutela
          dell'ambiente  (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie
          generale  del 2 settembre 1989, n. 205) si riporta il testo
          dell'articolo  7  della legge 8 luglio 1986, n. 349 recante
          istituzione  del Ministero dell'ambiente e norme in materia
          di  danno ambientale (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale -
          serie  generale  n.  162  del  15  luglio  1986) cosi' come
          sostituito  dall'articolo  6 della legge 28 agosto 1989, n.
          305,  nonche'  dal  D.P.R.  27  marzo  1992, n. 309 recante
          "Regolamento  per  l'organizzazione  del  servizio  per  la
          tutela   delle   acque   la   disciplina  dei  rifiuti,  il
          risanamento  del  suolo  e la prevenzione dell'inquinamento
          fisico  e  del  servizio  per  l'inquinamento  atmosferico,
          acustico  e  per  le  industrie  a  rischio  del  Ministero
          dell'ambiente:

             "Art. 7 (*) - 1. Gli ambiti territoriali e gli eventuali
          tratti   Marittimi  prospicienti  caratterizzati  da  gravi
          alterazioni  degli  equilibri  ecologici  nei corpi idrici,
          nell'atmosfera  o  nel  suolo, e che comportano rischio per
          l'ambiente  e  la  popolazione,  sono  dichiarati  aree  ad
          elevato  rischio  di  crisi ambientale, previo parere delle
          commissioni  parlamentari competenti, con deliberazione del
          Consiglio   dei   Ministri   su   proposta   del   Ministro
          dell'ambiente,  d'intesa  con  le  regioni  interessate. Il
          predetto  parere delle commissioni parlamentari e' espresso
          entro  trenta giorni dall'assegnazione, decorsi inutilmente
          i  quali  il  Governo  procede  alla  deliberazione  di sua
          competenza.  La  dichiarazione  avviene  sulla  base di una
          relazione     preliminare    predisposta    dal    Ministro
          dell'ambiente, tesa ad individuare i fattori di rischio, le
          motivazioni    dell'opportunita'   e   dell'urgenza   della
          dichiarazione.

             2.  La dichiarazione di area ad elevato rischio di crisi
          ambientale  ha  validita'  per un periodo massimo di cinque
          anni.  Il Ministro dell'ambiente riferisce annualmente alle
          competenti   commissioni   parlamentari   sullo   stato  di
          attuazione  degli  interventi,  sugli effetti relativi alla
          situazione  dell'ambiente  nell'area  individuata  e,  allo
          scadere  del  predetto  termine,  trasmette  una  relazione
          generale, contenente, in particolare, una descrizione delle
          attivita'   svolte  dei  progetti  ed  opere  intrapresi  e
          realizzati, nonche' dello stato dell'ambiente.

             3.  Qualora sia necessario rinnovare la dichiarazione di
          area  ad elevato rischio di crisi ambientale, si procede ai
          sensi del comma 1.

             4.   Con  la  deliberazione  di  cui  al  comma  1  sono
          individuati  gli interventi di risanamento, il termine e le
          direttive per la formazione di un piano teso ad individuare
          in  via  prioritaria  le misure urgenti atte a rimuovere le
          situazioni di rischio e per il ripristino ambientale.

             5.  Il  piano,  predisposto,  d'intesa  con  le  regioni
          interessate,  dal  Ministro dell'ambiente, e' approvato con
          decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri, su
          deliberazione del Consiglio dei Ministri.

             6.   Il  piano,  sulla  base  della  ricognizione  degli
          squilibri  ambientali  e delle fonti inquinanti, dispone le
          misure dirette:

             a)  a  ridurre  o  eliminare  i  fenomeni  di squilibrio
          ambientale   e  di  inquinamento  e  alla  realizzazione  e
          all'impiego,  anche  agevolati, di impianti ed apparati per
          eliminare o ridurre l'inquinamento;

             b)  alla  vigilanza  sui  tipi  e  modi  di produzione e
          sull'utilizzazione   dei   dispositivi  di  eliminazione  o
          riduzione dell'inquinamento e dei fenomeni di squilibrio;

             c)  a  garantire la vigilanza e il controllo sullo stato
          dell'ambiente e sull'attuazione degli interventi.

             7. Il piano definisce i metodi, i criteri e le misure di
          coordinamento  della  spesa  ordinaria  dello  Stato, delle
          regioni   e   degli   enti   locali   disponibile   per  la
          realizzazione   degli  interventi  previsti.  Il  programma
          triennale   indica   e   ripartisce   le   risorse  statali
          disponibili per ciscuna area ad elevato rischio.

             8.  L'approvazione del piano ha effetto di dichiarazione
          di  pubblica  utilita',  urgenza  ed indifferibilita' delle
          opere in esso previste.

             9.  Ai  fini  dell'elaborazione  del  piano, il Ministro
          dell'ambiente,  nei casi di accertata inadempienza da parte
          delle  regioni  di obblighi espressamente previsti, sentita
          la  regione  interessata,  assegna  un  congruo termine per
          provvedere,  scaduto  il quale provvede in via sostitutiva,
          su deliberazione del Consiglio dei Ministri.

             10.  Nei  casi  di accertata inadempienza da parte degli
          enti  locali competenti alla realizzazione degli interventi
          previsti  dal  piano, la regione assegna un congruo termine
          per  provvedere,  decorso  inutilmente il quale provvede in
          via sostitutiva.

             11.  Nell'ipotesi di esercizio dei poteri sostitutivi di
          cui   al  presente  articolo,  gli  oneri  derivanti  dalla
          realizzazione  e  gestione  degli  impianti  gravano  sulle
          risorse finanziarie, come definite dal piano".

             -  Il  testo  dell'articolo 9 della direttiva 91/676/CEE
          del  12 dicembre 1991 concernente la protezione delle acque
          dall'inquinamento  provocato  dai  nitrati  provenienti  da
          fonti agricole e' il seguente:

             (*) Articolo cosi' sostituito dall'art. 6 della legge 28
          agosto  1989,  n. 305. Si veda, altresi', l'art. 1, lettera
          g),  del  D.P.R.  27  marzo  1992,  n. 309, regolamento per
          l'organizzazione del servizio per la tutela delle acque, la
          disciplina  dei  rifiuti,  il  risanamento  del  suolo e la
          prevenzione  dell'inquinamento  fisico  e  del servizio per
          l'inquinamento  atmosferico,  acustico e per le industrie a
          rischio del Ministero dell'ambiente.

             "Art. 9. - 1. La Commissione e' assistita da un comitato
          composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto
          dal rappresentante della Commissione.

             2.  Il  rappresentante  della  Commissione  sottopone al
          comitato  un progetto delle misure da adottare. Il comitato
          formula  il suo parere sul progetto entro un termine che il
          presidente  puo'  fissare  in  funzione  dell'urgenza della
          questione   in   esame.   Il   parere  e'  formulato,  alla
          maggioranza    qualificata   prevista   all'articolo   148,
          paragrafo  2 del trattamento per l'adozione delle decisioni
          che   il   Consiglio   deve   prendere  su  proposta  della
          Commissione.  Nelle  votazioni in seno al comitato, ai voti
          dei  rappresentanti  degli  Stati  membri  e' attribuita la
          ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente
          non partecipa al voto.

             3.  a)  La Commissione adotta le misure previste qualora
          siano conformi al parere del comitato.

             b) Se le misure previste non sono conformi al parere del
          comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone
          senza  indugio  al  Consiglio  una  proposta in merito alle
          misure  da  prendere.  Il  Consiglio delibera a maggioranza
          qualificata.

             c)  Se  il  Consiglio non ha deliberato entro tre mesi a
          decorrere  dalla  data  in  cui  gli e' stata sottoposta la
          proposta,  la Commissione adotta le misure proposte, tranne
          nel   caso  in  cui  il  Consiglio  si  sia  pronunciato  a
          maggioranza semplice contro tali misure.

             - Il testo dell'articolo 5, comma 20, del citato decreto
          legislativo 17 marzo 1995, n. 194 e' il seguente:

             "Art.   5   (Autorizzazioni  di  prodotti  fitosanitari:
          rilascio,   rinnovo,   riesame,   ritiro  e  modifiche).  -
          (Omissis).

             20.   Allo   scopo  di  proteggere  le  risorse  idriche
          vulnerabili  o  per  altri  motivi  di  tutela  sanitaria o
          ambientale,  inclusa  la  tutela  dell'entomofauna  utile e
          degli  altri organismi utili, il Ministro della sanita', su
          documentata   richiesta  delle  Regioni  o  delle  Province
          autonome,  sentita  la  Commissione di cui all'articolo 20,
          puo'  disporre  limitazioni  o esclusione di impiego, anche
          temporanee,  nonche'  particolari periodi di trattamento in
          aree  specifiche  del territorio, per prodotti fitosanitari
          autorizzati;  la  Regione  o  la Provincia autonoma possono
          chiedere   che   propri   esperti   siano   sentiti   dalla
          Commissione".

             -  L'articolo  5  della citata legge 6 dicembre 1991, n.
          394, e' il seguente:

             "Art.  5 (Attuazione del Programma; poteri sostitutivi).
          -  1.  Il Ministro dell'ambiente vigila sull'attuazione del
          programma  e  propone  al  Comitato  le variazioni ritenute
          necessarie.   In   caso   di  ritardi  nell'attuazione  del
          programma tali da pregiudicarne gravemente le finalita', il
          Ministro  dell'ambiente,  sentita  la  Consulta, indica gli
          adempimenti  e  le misure necessarie e fissa un termine per
          la  loro  adozione  decorso  il  quale,  previo  parere del
          Comitato,  rimette  la  questione al Consiglio dei Ministri
          che  provvede in via sostitutiva anche attraverso la nomina
          di commissari ad acta.

             2.   Il   Ministro   dell'ambiente   provvede  a  tenere
          aggiornato   l'elenco   ufficiale  delle  aree  protette  e
          rilascia  le relative certificazioni. A tal fine le regioni
          e  gli  altri soggetti pubblici o privati che attuano forme
          di   protezione   naturalistica  di  aree  sono  tenuti  ad
          informare  il  Ministro  dell'ambiente secondo le modalita'
          indicate dal Comitato.

             3.   L'iscrizione   nell'elenco   ufficiale  delle  aree
          protette  e'  condizione per l'assegnazione di contributi a
          carico dello Stato".