Art. 35. 
          Divieto di licenziamento per causa di matrimonio 
 
           (legge 9 gennaio 1963, n. 7, articoli 1, 2 e 6) 
 
  1.  Le  clausole  di  qualsiasi  genere,  contenute  nei  contratti
individuali e collettivi, o in regolamenti, che prevedano comunque la
risoluzione del rapporto di lavoro delle lavoratrici  in  conseguenza
del matrimonio sono nulle e si hanno per non apposte. 
  2.  Del  pari  nulli  sono  i  licenziamenti  attuati  a  causa  di
matrimonio. 
  3.  Salvo  quanto  previsto  dal  comma  5,  si  presume   che   il
licenziamento della dipendente nel periodo intercorrente  dal  giorno
della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio, in quanto segua la
celebrazione, a un  anno  dopo  la  celebrazione  stessa,  sia  stato
disposto per causa di matrimonio. 
  4. Sono  nulle  le  dimissioni  presentate  dalla  lavoratrice  nel
periodo di cui al comma 3, salvo che siano dalla medesima  confermate
entro un mese alla Direzione ((della citta' metropolitana e dell'ente
di area vasta di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56)) del lavoro. 
  5. Al  datore  di  lavoro  e'  data  facolta'  di  provare  che  il
licenziamento della lavoratrice, avvenuto nel periodo di cui al comma
3, e' stato effettuato non a causa di matrimonio, ma  per  una  delle
seguenti ipotesi: 
    a) colpa grave da parte  della  lavoratrice,  costituente  giusta
causa per la risoluzione del rapporto di lavoro; 
   b) cessazione dell'attivita' dell'azienda cui essa e' addetta; 
    c) ultimazione della prestazione per la quale la  lavoratrice  e'
stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza
del termine. 
  6. Con il provvedimento che dichiara la nullita' dei  licenziamenti
di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 e' disposta la corresponsione,  a  favore
della lavoratrice allontanata dal lavoro, della retribuzione  globale
di fatto sino al giorno della riammissione in servizio. 
  7. La lavoratrice che, invitata a riassumere servizio, dichiari  di
recedere dal contratto, ha diritto al  trattamento  previsto  per  le
dimissioni per giusta causa, ferma restando la  corresponsione  della
retribuzione fino alla data del recesso. 
  8. A tale scopo il recesso deve essere esercitato entro il  termine
di dieci giorni dal ricevimento dell'invito. 
  9. Le disposizioni precedenti si  applicano  sia  alle  lavoratrici
dipendenti da imprese private di  qualsiasi  genere,  escluse  quelle
addette ai servizi familiari e domestici, sia a quelle dipendenti  da
enti pubblici, salve le clausole di miglior favore  previste  per  le
lavoratrici nei contratti collettivi ed individuali di lavoro e nelle
disposizioni legislative e regolamentari.