Art. 25. 
                 Discriminazione diretta e indiretta 
 
       (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 4, commi 1 e 2) 
 
  1. Costituisce  discriminazione  diretta,  ai  sensi  del  presente
titolo, ((qualsiasi disposizione, criterio,  prassi,  atto,  patto  o
comportamento)), nonche' l'ordine di porre in essere  un  atto  o  un
comportamento, che produca un effetto  pregiudizievole  discriminando
le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e,  comunque,
il  trattamento  meno  favorevole  rispetto  a  quello  di   un'altra
lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga. 
  2. Si ha discriminazione indiretta, ai sensi del  presente  titolo,
quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o
un comportamento apparentemente neutri mettono o  possono  mettere  i
lavoratori di un determinato sesso in una  posizione  di  particolare
svantaggio  rispetto  a  lavoratori  dell'altro  sesso,   salvo   che
riguardino  requisiti  essenziali  allo  svolgimento   dell'attivita'
lavorativa, purche' l'obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per
il suo conseguimento siano appropriati e necessari. 
  ((2-bis. Costituisce discriminazione, ai sensi del presente titolo,
ogni  trattamento  meno  favorevole  in  ragione   dello   stato   di
gravidanza, nonche'  di  maternita'  o  paternita',  anche  adottive,
ovvero in ragione della titolarita'  e  dell'esercizio  dei  relativi
diritti.))