Art. 4 
 
 
                       Enti del Terzo settore 
 
  1. Sono enti del Terzo settore le organizzazioni  di  volontariato,
le associazioni di promozione  sociale,  gli  enti  filantropici,  le
imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative,
le societa' di mutuo soccorso, le associazioni,  riconosciute  o  non
riconosciute, le fondazioni e gli altri  enti  di  carattere  privato
diversi dalle societa' costituiti per il perseguimento,  senza  scopo
di lucro, di finalita' civiche, solidaristiche e di utilita'  sociale
mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o piu'
attivita' di interesse generale in forma di azione  volontaria  o  di
erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualita'  o  di
produzione o scambio di beni o  servizi,  ed  iscritti  nel  registro
unico nazionale del Terzo settore. 
  2. Non sono enti del Terzo settore le amministrazioni pubbliche  di
cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30  marzo  2001,
n. 165, le formazioni e le associazioni politiche,  i  sindacati,  le
associazioni  professionali  e   di   rappresentanza   di   categorie
economiche, le associazioni di datori di  lavoro,  nonche'  gli  enti
sottoposti a direzione e coordinamento  o  controllati  dai  suddetti
enti,  ad  esclusione  dei  soggetti  operanti  nel   settore   della
protezione  civile  alla  cui  disciplina  si   provvede   ai   sensi
dell'articolo 32, comma 4. Sono esclusi dall'ambito  di  applicazione
del presente comma i corpi  volontari  dei  vigili  del  fuoco  delle
Province autonome di Trento e di Bolzano  e  della  Regione  autonoma
della  Valle  d'Aosta.   Sono   altresi'   escluse   dall'ambito   di
applicazione del presente  comma  le  associazioni  o  fondazioni  di
diritto privato ex Ipab  derivanti  dai  processi  di  trasformazione
delle istituzioni pubbliche di assistenza o beneficenza, ai sensi del
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16  febbraio  1990,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 23 febbraio 1990, e del
decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207, in  quanto  la  nomina  da
parte della pubblica amministrazione  degli  amministratori  di  tali
enti si configura come mera  designazione,  intesa  come  espressione
della rappresentanza della cittadinanza, e non  si  configura  quindi
mandato fiduciario con  rappresentanza,  sicche'  e'  sempre  esclusa
qualsiasi forma di controllo da parte di quest'ultima. 
  3. Agli enti religiosi civilmente riconosciuti ((e alle fabbricerie
di cui all'articolo 72 della legge 20 maggio 1985, n. 222,)) le norme
del presente decreto  si  applicano  limitatamente  allo  svolgimento
delle attivita'  di  cui  all'articolo  5,  nonche'  delle  eventuali
attivita' diverse di cui all'articolo 6 a  condizione  che  per  tali
attivita' adottino un  regolamento,  in  forma  di  atto  pubblico  o
scrittura privata autenticata, che, ove non diversamente previsto  ed
in ogni caso nel rispetto della struttura e della finalita'  di  tali
enti, recepisca le norme del presente Codice  e  sia  depositato  nel
Registro unico nazionale del Terzo settore.  Per  lo  svolgimento  di
tali attivita' deve  essere  costituito  un  patrimonio  destinato  e
devono essere tenute separatamente  le  scritture  contabili  di  cui
all'articolo 13. I beni che compongono il patrimonio  destinato  sono
indicati nel regolamento, anche con atto distinto ad  esso  allegato.
Per le obbligazioni contratte in relazione alle attivita' di cui agli
articoli 5 e 6, gli enti religiosi  civilmente  riconosciuti  ((e  le
fabbricerie di cui all'articolo 72 della  legge  n.  222  del  1985))
rispondono nei limiti del patrimonio destinato. Gli  altri  creditori
dell'ente religioso civilmente riconosciuto ((o  della  fabbriceria))
non possono far valere alcun diritto sul  patrimonio  destinato  allo
svolgimento delle attivita' di cui ai citati articoli 5 e 6.