IL CONSIGLIO DELL'AUTORITA'
                PER LA VIGILANZA SUI LAVORI PUBBLICI
Premesso che:
  Il  Consiglio dell'autorita', nell'ambito dell'indagine conoscitiva
e  del  relativo approfondimento sul fenomeno dei ritardati pagamenti
da  parte delle amministrazioni aggiudicatrici, avviato nel corso del
2001,  ha  ritenuto  di analizzare alcuni aspetti della problematica,
indicendo  apposita  audizione  e sottoponendo le questioni emergenti
all'attenzione dei firmatari dei protocolli d'intesa.
  In  particolare i profili di approfondimento riguardano le seguenti
problematiche:
    1) l'applicabilita'  delle  norme  contenute  nell'art.  1194 del
codice civile secondo cui "il debitore non puo' imputare il pagamento
al  capitale,  piuttosto  che  agli  interessi e alle spese, senza il
consenso  del  creditore" (comma 1) e "il pagamento fatto in conto di
capitale  e  d'interessi  deve  essere imputato prima agli interessi"
(comma 2);
    2)  gli  ambiti  di applicabilita' dell'art. 1224, secondo comma,
del codice civile che disciplina l'ipotesi del maggior danno nel caso
di  ritardi  riconducibili  a comportamenti delle stazioni appaltanti
nell'esecuzione dei pagamenti;
    3) l'applicabilita'   di  tassi  di  interesse  differenziati  in
relazione  alla  durata  dei  ritardi  e  di  quanto  disposto  dalla
direttiva 35/2000/CE al settore dei lavori pubblici;
    4) eventuale  computabilita'  dei  tempi  della  Cassa depositi e
prestiti  ai  fini  del  calcolo  del tempo contrattuale medio per la
decorrenza degli interessi di ritardato pagamento;
    5) verifica    delle    problematiche   connesse   agli   aspetti
organizzativi e gestionali delle stazioni appaltanti.
Ritenuto in diritto:
  Occorre  preliminarmente  analizzare il quadro normativo vigente in
materia.
  L'art. 26, comma 1, della legge quadro, come modificata dalla legge
n.  415/1998,  stabilisce  che "in caso di ritardo nell'emissione dei
certificati di pagamento o dei titoli di spesa relativi agli acconti,
rispetto  alle  condizioni  o  ai  termini  stabiliti  nel capitolato
speciale   che  non  devono  comunque  superare  quelli  fissati  dal
capitolato  generale, spettano all'esecutore dei lavori gli interessi
legali e moratori...".
  Resta  ferma  la  facolta'  dell'esecutore  medesimo,  "trascorsi i
termini  di  cui sopra, ovvero nel caso in cui l'ammontare delle rate
di  acconto  per  le  quali  non  sia stato tempestivamente emesso il
certificato  o  il  titolo  di spesa raggiunga il quarto dell'importo
netto contrattuale di agire ai sensi dell'art. 1460 del codice civile
ovvero, previa costituzione in mora dell'amministrazione e, trascorsi
sessanta  giorni  dalla data della costituzione stessa, di promuovere
il   giudizio  arbitrale  per  la  dichiarazione  di  risoluzione  di
contratto".
  Per quanto invece riguarda il pagamento della rata di saldo, l'art.
28,  comma  9  della  legge quadro prevede che lo stesso "deve essere
effettuato  non  oltre  il  novantesimo  giorno  dalla  emissione del
certificato   di  collaudo  provvisorio  ovvero  del  certificato  di
regolare  esecuzione",  purche'  sia  stata  presentata  la  prevista
polizza fideiussoria.
  L'art. 116 del decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999,
al  comma 1, rinvia all'art. 26 della legge quadro per quanto attiene
il  ritardato  pagamento  delle  rate  di  acconto e, al comma 2, per
quanto riguarda la
rata  di  saldo  dei  lavori, estende alla stessa la disciplina sugli
interessi per il ritardo nel pagamento degli acconti.
  La  stessa norma al comma 3, dispone che nel caso di concessioni di
lavori  pubblici, ove sia previsto il pagamento di un prezzo "in piu'
rate annuali", sara' il disciplinare di concessione a dover prevedere
la decorrenza degli interessi per ritardato pagamento.
    L'art.  116,  comma  4,  infine  stabilisce  che "l'importo degli
interessi  per  ritardato  pagamento viene computato e corrisposto in
occasione  del pagamento in conto e a saldo immediatamente successivo
a  quello eseguito in ritardo, senza necessita' di apposite domande o
riserve".
  Il  nuovo  capitolato  generale  d'appalto,  approvato  con decreto
ministeriale  19  aprile  2000,  n.  145, infine, all'art. 29 fissa i
tempi  per  il pagamento di acconti e saldo ed all'art. 30 dispone in
ordine all'entita' degli interessi in caso di ritardati pagamenti.
  A  partire  dalla  maturazione  di  ogni  stato  di avanzamento dei
lavori,  infatti,  il  termine  per  l'emissione  dei  certificati di
pagamento  relativi  agli  acconti non puo' superare i quarantacinque
giorni.  Una  volta  emesso  il certificato, il pagamento va disposto
mediante specifico ordine (mandato) entro i trenta giorni successivi.
  Ove  il  certificato  venga  emesso  oltre  i quarantacinque giorni
suddetti,    vanno   riconosciuti   all'appaltatore   gli   interessi
corrispettivi  al  tasso  legale  sulle  somme  dovute. Se il ritardo
supera  i  sessanta  giorni,  dovranno  essere corrisposti dal giorno
successivo gli interessi moratori.
  Qualora  il  pagamento  sia  effettuato oltre i trenta giorni dalla
data  di emissione del certificato, gli interessi legali scattano dal
giorno  successivo  fino  al  sessantesimo  giorno di ritardo, data a
partire  dalla  quale  sono dovuti gli interessi di mora. Presupposto
essenziale    e'    comunque    che   il   ritardo   sia   imputabile
all'amministrazione.
    Per   quanto  concerne  il  pagamento  della  rata  di  saldo  il
capitolato generale ribadisce il temine, previsto dall'art. 28, comma
9 della legge quadro, dei novanta giorni successivi all'emissione del
certificato   di  collaudo  provvisorio  ovvero  del  certificato  di
regolare  esecuzione,  a sua volta da emettersi rispettivamente entro
sei mesi ed entro tre mesi dall'ultimazione dei lavori.
    Sempre  ai  sensi  del Capitolato generale, ove l'appaltatore non
abbia  preventivamente  presentato  la garanzia fidejussoria prevista
dall'art.  28,  comma  9 della legge a copertura della stessa rata di
saldo,  il  termine  di  novanta  giorni  decorre  dalla  data  della
presentazione  della stessa; se si verificano ritardi rispetto a tale
termine,  scattano  gli  interessi  legali e quindi, dal sessantesimo
giorno di ritardo, quelli di mora.
  Inoltre,  il  saggio  degli  interessi  di  mora e' comprensivo del
maggior danno ai sensi dell'art. 1224, comma 2 del codice civile.
    Relativamente  ai  profili  di  cui alle premesse si formulano le
seguenti osservazioni:
    1.  In  ordine alla problematica concernente l'applicabilita' del
disposto  di  cui  all'art.  1194  del  codice  civile  in materia di
"imputazione  del  pagamento"  nei  casi  di pagamento effettuato con
ritardo  dalla pubblica amministrazione, si ritiene che la disciplina
della  tardiva emissione dei certificati di pagamento e dei titoli di
spesa  e'  da  ricondursi  nell'ambito delle previsioni codicistiche,
nella  scia del riconoscimento, gia' effettuato dalla giurisprudenza,
di  una  sostanziale  parita' fra pubblica amministrazione e soggetti
privati   nei   rapporti  contrattuali.  Ne  discende  che,  ove  non
diversamente e pattiziamente statuito, trova applicazione il disposto
di  cui all'art. 1194 del codice civile, che prevede che il pagamento
stesso  non  possa  essere imputato al capitale senza il consenso del
creditore  e che il pagamento fatto in conto di capitale ed interessi
debba essere imputato prima agli interessi.
  L'applicabilita' della norma in questione presuppone chiaramente la
contemporanea  esigibilita'  del  credito sia per il capitale che per
gli  interessi  e  le  spese,  nel  senso  di infruttuoso decorso dei
termini  fissati  per  l'amministrazione  per provvedere ai pagamenti
stessi.
    2.  Per  quanto  concerne  l'ambito  applicativo  dell'art. 1224,
secondo comma del codice civile si osserva quanto segue.
  L'art.  26  della  legge  n.  109/1994  e  successive  modifiche ed
integrazioni  prevede  che  gli  interessi  sono  dovuti  "in caso di
ritardo"  da  parte dell'amministrazione ed il loro importo, ai sensi
del comma 4 dell'art. 116 del decreto del Presidente della Repubblica
n.  554/1999, viene "corrisposto in occasione del pagamento, in conto
e  a  saldo,  immediatamente successivo a quello eseguito in ritardo,
senza  necessita'  di  apposite  domande  o  riserve":  la previsione
dell'automatica  decorrenza  degli  interessi  moratori, sia pure nel
presupposto  di  cui  al  primo  comma  dell'art.  30  del capitolato
generale  "della causa imputabile alla stazione appaltante, una volta
scaduto il termine previsto dal capitolato speciale o, in mancanza di
specifica  previsione,  da  quello  generale,  costituisce una deroga
all'art.  1219  del  codice  civile  in ordine all'onere della previa
costituzione in mora.
  La  disciplina  codicistica  sull'inadempimento  delle obbligazioni
trova  previsioni  derogatorie  nelle  norme del capitolato generale,
innanzitutto  nella previsione dei termini per l'emissione dei titoli
di  liquidazione  e  di  spesa,  ai  sensi  dell'art. 29 dello stesso
capitolato,   che  tengono  conto  dei  fisiologici  tempi  necessari
all'organizzazione  e  all'attivita'  procedimentale  della  pubblica
amministrazione.   Inoltre,   la   normativa   citata   prevede   che
l'inosservanza dei termini fissati per causa imputabile alla stazione
appaltante  comporta  il  pagamento  all'appaltatore  degli interessi
corrispettivi  al tasso legale sulle somme dovute, nonche' qualora il
ritardo  superi  i sessanta giorni, il riconoscimento degli interessi
moratori  determinati  annualmente con apposito decreto ministeriale;
detti  ultimi  interessi moratori sono dovuti dal giorno successivo e
sono  comprensivi  del maggior danno ai sensi dell'art. 1224, comma 2
del codice civile.
  Al  riguardo  si  osserva  che, in primo luogo, il solo presupposto
oggettivo  del  ritardo  non  e'  sufficiente a determinare l'obbligo
della corresponsione degli interessi, dovendosi inoltre verificare la
condizione  dell'imputabilita'  alla  stazione appaltante del ritardo
stesso.  Da cio' consegue che sono improduttivi di interessi a carico
della   stazione  appaltante  i  ritardi  imputabili  ad  eventi  non
dipendenti  dal  committente,  quali  l'ipotesi  di  causa  di  forza
maggiore  ovvero  fattispecie  riconducibili  a  fatto  dello  stesso
appaltatore.
  In  secondo  luogo, occorre rilevare che il legislatore, disponendo
che   gli   interessi  di  mora  comprendono  anche  il  risarcimento
dell'eventuale maggior danno ex art. 1224, comma 2 del codice civile,
ha inteso preventivamente determinare in via forfetaria e con criteri
certi l'ammontare del danno da ritardo nei pagamenti.
  Occorre  ora chiedersi se detta quantificazione preventiva estingua
in  toto  la  pretesa risarcitoria dell'appaltatore per danno abnorme
ovvero se gli interessi di mora comprensivi del maggior danno ex art.
1224, comma 2 del codice civile non siano di per se' idonei a coprire
tutte  le possibili variabili sottese alle singole fattispecie, quali
le  dimensioni  e  la situazione economica dell'impresa appaltatrice,
l'entita'  dei  lavori  oggetto  dell'appalto, l'entita' del tasso di
inflazione.
  Al  riguardo  si  ritiene  che,  anche in tali ipotesi, sussista la
piena operativita' dell'art. 1224, comma 2 del codice civile, assunto
che  trova conferma nella recente decisione della Corte di cassazione
(sentenza  9653  del  17  luglio 2001) che ha posto fine al contrasto
della  giurisprudenza  sulla questione se la somma liquidata a titolo
di  interessi per il ritardo del pagamento di somma capitale ai sensi
degli articoli 35 e 36 del decreto del Presidente della Repubblica n.
1063/1962  (oggi  articoli  29  e  30  del  decreto  ministeriale  n.
145/2000)  per  il  ritardo  del  pagamento degli acconti e del saldo
degli   appalti  di  opere  pubbliche  sia  suscettibile  o  meno  di
rivalutazione monetaria.
  Le  sezioni  unite della Corte hanno stabilito infatti che "a tutte
le  obbligazioni  aventi  ad  oggetto  originario il pagamento di una
somma  di  denaro sulla quale spettino interessi di qualsiasi natura,
compresi  quelli di cui agli articoli 35 e 36 del capitolato generale
di   appalto  per  le  opere  pubbliche  approvato  con  decreto  del
Presidente  della Repubblica n. 1063/1962 e' applicabile, in mancanza
di usi contrari, la regola dell'anatocismo dettata dall'art. 1283 del
codice  civile, dovendo escludersi che il debito per interessi, anche
quando  sia  stata  adempiuta l'obbligazione principale, si configuri
come  una  qualsiasi  obbligazione  pecuniaria, dalla quale derivi il
diritto  agli  ulteriori interessi dalla mora nonche' al risarcimento
del maggior danno ex art. 1224, secondo comma del codice civile".
  In  conclusione, quindi, si ritiene che la disciplina in materia di
ritardati  pagamenti contenuta nell'art. 26 della legge n. 109/1994 e
successive  modifiche  ed  integrazioni  e negli articoli 29 e 30 del
decreto  ministeriale  n.  145/2000 copre ogni ipotesi di conseguente
danno,  in  concreto derivatone, e puo' essere validamente opposta ad
ogni ulteriore pretesa risarcitoria.
  In   alternativa   al   sistema   sopra   delineato  di  preventiva
determinazione  dell'ammontare  del  danno  per  ritardati pagamenti,
l'art.  26,  comma  1  della  legge  quadro,  fa  salva  la  facolta'
dell'appaltatore  di  agire ai sensi dell'art. 1460 del codice civile
che   consente  allo  stesso,  indipendentemente  dalle  ragioni  del
ritardo,   purche'   ascrivibile   all'amministrazione,  di  adottare
l'eccezione  di  inadempimento, interrompendo l'esecuzione dei lavori
con  le  conseguenze  da cio' derivanti in termini di diseconomicita'
dell'intervento.
  3.  In  ordine alla possibilita' di prevedere in contratto tassi di
interesse  differenziati in relazione alla durata dei ritardi ed alla
relativa  incidenza  sull'importo  contrattuale,  si ritiene che cio'
rientri  nell'ambito dell'autonomia negoziale delle parti che possono
sempre  derogare  al  saggio  legale fissando il tasso d'interesse in
misura superiore od inferiore (cd. interessi convenzionali).
  A  tal  fine  occorrerebbe  prevedere  nel  capitolato speciale uno
scadenzario  sulla  base del quale differenziare i tassi di interesse
per i pagamenti in ragione del ritardo accumulatosi.
  Sulla   questione,   tuttavia,  occorre  anche  tener  conto  della
direttiva 35/2000/CEE del 29 giugno 2000, relativa alla "Lotta contro
i  ritardi  di  pagamento nelle transazioni commerciali", che prevede
che  i  termini  di  pagamento  debbano  essere fissati, di norma, in
trenta  giorni, superati i quali la misura degli interessi di mora e'
pari  al  tasso  d'interesse  praticato  dalla Banca centrale europea
nelle operazioni di rifinanziamento, maggiorato di almeno sette punti
percentuali.
  Per quanto attiene la direttiva comunitaria in questione, la stessa
si  caratterizza  per  due  principi  fondamentali: il riconoscimento
della liberta' contrattuale delle parti, da un lato, e l'introduzione
di  regole  comuni  per  le transazioni commerciali fra privati e nei
rapporti  con  la pubblica amministrazione dall'altro. Sono previsti,
tra  l'altro,  termini  di  pagamento  piu'  brevi, l'ammontare degli
interessi  di mora rimesso alla libera contrattazione delle parti, la
previsione  per  il  creditore  di  chiedere, oltre agli interessi di
mora,  ulteriori  risarcimenti  proporzionali  al danno subito per il
recupero crediti.
  La direttiva non e' pero' direttamente applicabile alla materia dei
lavori  pubblici,  dato  che  il  suo ambito e' limitato ai pagamenti
effettuati  a  titolo di corrispettivo per le transazioni commerciali
fra  imprese  e  fra  imprese e pubblica amministrazione, laddove per
transazioni  commerciali  si intendono i contratti che "comportano la
consegna  di merci o la prestazione di servizi contro pagamento di un
prezzo".
  Si  ritiene  che  l'ipotesi  di  una  applicazione  estensiva della
direttiva  agli articoli 29 e 30 del decreto ministeriale n. 145/2000
non  sia  percorribile,  in  quanto se da un lato per interpretazione
estensiva  si intende l'accoglimento di un significato che si estende
fino  ai  limiti  massimi  della  portata  semantica,  secondo  l'uso
linguistico generale, dell'espressione da interpretare, dall'altro si
ricorre    al    procedimento    analogico   nel   caso   di   lacuna
dell'ordinamento.
  Tuttavia,  la  strada  percorsa dalla direttiva appare in linea con
l'attuale  orientamento  dottrinale  e  giurisprudenziale  che sempre
maggiormente  si  risolve  nel riconoscimento di una par condicio fra
amministrazione e privati con applicazione quindi di regole paritarie
e  di  abbandono  di  quella  posizione di supremazia riconosciuta in
passato    all'Autorita'    pubblica   in   nome   della   prevalenza
dell'interesse pubblico rispetto a quello privato.
  Al   riguardo   l'Autorita'   si  riserva  di  effettuare  apposita
segnalazione al Governo ed al Parlamento.
  4. In relazione alla eventuale computabilita' dei tempi della Cassa
depositi  e prestiti ai fini del calcolo del tempo contrattuale medio
per  la  decorrenza  degli interessi di ritardato pagamento, il comma
3.2   dell'art.  13  del  decreto-legge  28  febbraio  1983,  n.  55,
convertito,  con legge 26 aprile 1983, n. 131, prevede che qualora la
fornitura  di  beni  e  servizi  venga effettuata con ricorso a mutuo
della  Cassa  depositi  e prestiti, il calcolo del tempo contrattuale
per  la  decorrenza  degli interessi di ritardato pagamento non tiene
conto  dei  giorni  intercorrenti  tra la spedizione della domanda di
somministrazione  e  la  ricezione  del relativo mandato di pagamento
presso  la  competente sezione di tesoreria provinciale, purche' tale
circostanza sia stata richiamata nel bando di gara.
  Al  riguardo  si  osserva  che, trattandosi di norma derogatoria al
generale  principio  della  responsabilita' patrimoniale del soggetto
che  incorre  nel ritardo a corrispondere il pagamento, non sembra ad
essa   applicabile  un'interpretazione  estensiva  tale  da  renderla
cogente anche per il settore dei lavori pubblici.
  5.  L'ipotesi  di  pagamento  effettuato  dalla stazione appaltante
direttamente  al  subappaltatore  o  al  cottimista per l'importo dei
lavori  dagli  stessi  effettuati, quale sistema per evitare a questi
ultimi  gli  effetti  negativi derivanti dai pagamenti corrisposti in
ritardo  all'appaltatore  principale,  e'  fattispecie  espressamente
prevista  dal  comma  3-bis  dell'art. 18 della legge n. 55/1990, nel
testo  vigente.  Si  ritiene  tuttavia,  che tale previsione, volta a
tutela   delle  imprese  subappaltatrici,  nel  comportare  ulteriori
incombenze   alle   amministrazioni,   non   aiuti   a  risolvere  la
problematica  dei ritardati pagamenti che trova una delle ragioni del
fenomeno  in  motivi  legati  ad  aspetti  organizzativi interni alle
stazioni appaltanti.
  In relazione a questi ultimi ed, in particolare, per quanto attiene
ai  ritardi  nei  pagamenti legati ai trasferimenti dei finanziamenti
dal  centro  alle  sedi periferiche di gestione ed alla necessita' di
regole  chiare  per  la  gestione  dei fondi, esigenza ormai non piu'
procrastinabile,  stante che la pubblica amministrazione nei rapporti
contrattuali  non  ha  alcuna  posizione  differenziata  rispetto  al
privato  contraente  e non potendo quindi esimersi dall'assunzione di
responsabilita'  legate  a  fattori  organizzativi, appare necessaria
l'adozione  nelle  amministrazioni pubbliche di interventi gestionali
ed    organizzativi    che    realizzino    un'effettiva    e   reale
razionalizzazione  delle  procedure  al  fine  dell'informatizzazione
delle varie fasi della gestione amministrativa.
  In   proposito   l'Autorita'  si  riserva  di  effettuare  apposita
segnalazione al Governo ed al Parlamento.
  Dalle considerazioni svolte segue che:
    1)  ove  non diversamente pattuito, l'art. 1194 del codice civile
si  applica  in caso di ritardo nei pagamenti da parte delle stazioni
appaltanti  con  la  conseguenza  che  gli  stessi non possano essere
imputati  al  capitale  senza  il  consenso  del  creditore  e che il
pagamento  fatto  in  conto  di  capitale  ed  interessi debba essere
imputato prima agli interessi;
    2) la  disciplina  in  materia  di  ritardati pagamenti contenuta
nell'art.  26  della  legge  n.  109/1994  e  successive modifiche ed
integrazioni  e  negli  articoli  29 e 30 del decreto ministeriale n.
145/2000,  copre  ogni  ipotesi  di  conseguente  danno  in  concreto
derivatone  e  puo'  essere  validamente  opposta  ad  ogni ulteriore
pretesa risarcitoria;
    3) l'art.  13,  comma 3.2, del decreto-legge 28 febbraio 1983, n.
55,  convertito  con  legge  26  aprile 1983, n. 131, in quanto norma
derogatoria  al generale principio della responsabilita' patrimoniale
del  soggetto  che  incorre nel ritardo a corrispondere il pagamento,
non  e'  applicabile,  mediante interpretazione estensiva, al settore
dei lavori pubblici.
      Roma, 27 marzo 2002
                                                 Il presidente: Garri