Alla  Presidenza  del Consiglio dei
                                  Ministri - Segretariato generale
                                  Alle  Amministrazioni  dello  Stato
                                  anche ad ordinamento autonomo
                                  Al Consiglio di Stato - Ufficio del
                                  Segretario generale
                                  Alla  Corte dei conti - Ufficio del
                                  Segretario generale
                                  All'Avvocatura    generale    dello
                                  Stato -   Ufficio   del  Segretario
                                  generale
                                  Alle  Agenzie  di  cui  al  decreto
                                  legislativo n. 300/1999
                                  All'ARAN
                                  Alla    Scuola    superiore   della
                                  pubblica amministrazione
                                  Agli  enti  pubblici  non economici
                                  (tramite i Ministeri vigilanti)
                                  Agli  enti  di pubblici (ex art. 70
                                  del d.lgs. n. 165/2001)
                                  Agli  enti  di  ricerca (tramite il
                                  Ministero          dell'istruzione,
                                  dell'universita' e della ricerca)
                                  Alle    istituzioni   universitarie
                                  (tramite        il        Ministero
                                  dell'istruzione, dell'universita' e
                                  della ricerca)
                                      e, per conoscenza
                                  All'ANCI
                                  All'UPI
                                  All'UNCEM
                                  Alla   Conferenza   dei  presidenti
                                  delle regioni
                                  Alla  Conferenza  dei rettori delle
                                  universita' italiane

1. Premessa.

  Il   primo gennaio  del  2004  e'  entrato  in  vigore  il  decreto
legislativo  30 giugno 2003, n. 196, recante il «Codice in materia di
protezione dei dati personali», d'ora in poi denominato «Codice», nel
quale  sono  raccolte, in forma di testo unico, tutte le disposizioni
in  materia  di  tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al
trattamento dei dati personali ed alle attivita' connesse.
  Il  Testo  rappresenta  il  primo modello di codificazione organica
della  privacy  in  Europa  e  tiene  conto  sia del quadro normativo
comunitario  (direttive  n.  95/46/CE  e n. 2002/58/CE) che di quello
internazionale.
  La  disciplina  del  Codice,  analogamente  a  quella dettata dalla
normativa  previgente,  si  innesta  in  un  contesto prevalentemente
orientato alla pubblicita' dell'azione amministrativa, ad opera della
legge 7 agosto 1990, n. 241, e delle altre disposizioni di settore, e
conferma  la  graduazione  dei  differenti livelli di tutela previsti
all'interno della generale categoria dei dati personali predisponendo
garanzie piu' rigorose in relazione ai dati sensibili.
  Il Codice offre al cittadino un sistema di garanzie articolato e al
contempo  semplificato  che,  nell'individuare  tutti  gli  strumenti
idonei  ad  una  piena  realizzazione del diritto alla protezione dei
dati  personali, costituisce il presupposto per la fruizione di tutti
gli altri diritti fondamentali dell'individuo che a quel diritto sono
naturalmente collegati.
  In tale quadro i principi ricordati nel testo unico informano tutti
gli   aspetti  della  vita  sociale  e  dell'azione  delle  pubbliche
amministrazioni  ed  in  particolare,  per quanto interessa in questa
sede, anche gli aspetti relativi alla gestione delle risorse umane in
tutti gli aspetti organizzativi, di sicurezza e di benessere.

2. I Principi e gli obblighi.

  Appare  opportuno  ricordare in questa sede i principi che derivano
dal  Codice  in  materia  di  protezione  dei dati personali ai quali
l'azione  amministrativa  dovra'  ispirarsi  e  che sono destinati ad
esercitare   una   grande  influenza  sull'esercizio  della  potesta'
organizzativa delle pubbliche amministrazioni.
  Il  «diritto  alla protezione dei dati personali» quale prerogativa
fondamentale  della  persona, e' stato introdotto nell'ordinamento in
attuazione   dell'art.   8   della  Carta  dei  diritti  fondamentali
dell'Unione  europea  del  7 dicembre  2000 e deve considerarsi quale
diritto  autonomo  e  distinto  rispetto al diritto alla riservatezza
sostanziandosi   nel   diritto   del  suo  titolare  di  conoscere  e
controllare la circolazione delle informazioni che lo riguardano.
  Il  Codice,  che  ha  dunque affermato, all'art. 1, il diritto alla
protezione dei dati personali, mira a garantire che il trattamento di
queste  informazioni  «si  svolga  nel  rispetto  dei diritti e delle
liberta'  fondamentali,  nonche' della dignita' dell'interessato, con
particolare  riferimento alla riservatezza, all'identita' personale e
al diritto alla protezione dei dati personali» (art. 2).
  Un principio generale del sistema di garanzie approntato dal Codice
che  deve guidare l'azione amministrativa e' costituito dal principio
di  «necessita'  del  trattamento  dei dati personali», da intendersi
quale  principio  che  integra quello di «pertinenza e non eccedenza»
dei  dati trattati (gia' individuato dalla legge n. 675 del 1996) con
riferimento  alla  configurazione  di sistemi informativi e programmi
informatici.   Tale   regola   prescrive  di  predisporre  i  sistemi
informativi e i programmi informatici in modo da utilizzare al minimo
dati  personali  ed identificativi escludendone il trattamento quando
le  finalita'  perseguite  possono essere raggiunte mediante l'uso di
dati   anonimi   o   di  modalita'  che  permettano  di  identificare
l'interessato  solo  in  caso  di  necessita'  (art. 3). Deve essere,
inoltre,  ricordato  che  il  principio  di necessita' costituisce un
presupposto  di  liceita'  del  trattamento  dei dati personali ed il
mancato  rispetto  di  questo  e  degli  altri  presupposti  comporta
conseguenze  rilevanti  per l'amministrazione. Infatti il Codice, nel
dettare    le   regole   per   tutti   i   trattamenti   ha   sancito
l'inutilizzabilita'  dei  dati personali trattati in violazione della
disciplina  rilevante  in  materia  di trattamento dei dati personali
(art. 11, comma 2).
  Il  diritto  alla  protezione  dei dati personali potra', pertanto,
essere  garantito solo se le amministrazioni titolari dei trattamenti
ispireranno  la  loro  attivita'  ai  principi  sanciti  dal Codice e
conseguentemente,  oltre  ad  ottemperare agli obblighi espressamente
previsti,  adotteranno  una serie di comportamenti concreti, azioni e
provvedimenti  organizzativi  coerenti con i principi che regolano la
materia.
  In  particolare,  il  trattamento dei dati personali da parte delle
pubbliche  amministrazioni  e' consentito solo qualora sia necessario
per  lo  svolgimento  delle  funzioni  istituzionali  rispettando gli
eventuali  altri  presupposti  e limiti stabiliti dal Codice, nonche'
dalla legge e dai regolamenti. Al riguardo e' il caso di sottolineare
che,  salvo  quanto  previsto per i trattamenti posti in essere dagli
esercenti  le professioni sanitarie e gli organismi sanitari pubblici
(parte  II  del  Codice),  le  pubbliche  amministrazioni  non devono
chiedere il consenso dell'interessato.
  I  dati  sensibili  possono, invece, essere trattati soltanto se il
trattamento  risulta autorizzato da un'espressa disposizione di legge
nella  quale  sono  specificati  i  tipi  di  dati che possono essere
trattati,  le  operazioni  eseguibili  e  le  finalita'  di rilevante
interesse  pubblico  perseguite (articoli 18, 19, 20 e 22 del Codice.
Per  i dati sensibili v. piu' diffusamente infra la parte relativa ai
«Regolamenti»).
  E'  inoltre, imposto alle amministrazioni l'obbligo di garantire la
sicurezza nella gestione dei dati e dei sistemi in modo da ridurre al
minimo  i  rischi di distruzione o perdita anche accidentale dei dati
stessi,  di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o
non   conforme   alle   finalita'   della   raccolta.   Pertanto   le
amministrazioni,  o  i  soggetti  affidatari di servizi e sistemi per
conto  delle  stesse,  dovranno  adottare tutte le cautele consentite
dalle    moderne    tecnologie    prevenendo   i   rischi   derivanti
dall'organizzazione  e  gestione  delle  banche  dati  e  dei sistemi
informativi   (articoli 3135   e   disciplinare   tecnico   contenuto
nell'allegato B al Codice). Analoghe cautele dovranno essere adottate
nella  gestione  di  tutti gli atti ed i provvedimenti che comportano
l'utilizzo di dati personali e sensibili.
  Nell'ambito del predetto obbligo generale di contenere nella misura
piu'  ampia  possibile determinati rischi, i titolari del trattamento
sono  tenuti  in  ogni  caso  ad  assicurare  un  livello  minimo  di
protezione  dei  dati  mediante  l'adozione  delle «misure minime» di
sicurezza  individuate  nel Titolo V, Capi I e II, della Parte II del
Codice  o  che saranno individuate ai sensi dell'art. 58, comma 3, in
relazione ai trattamenti effettuati per finalita' di difesa o coperti
da segreto di Stato.
  La  disciplina  del  Codice,  infine, e' informata dal principio di
semplificazione  in  base  al  quale  l'elevato  grado  di tutela dei
diritti  e'  assicurato nel rispetto dei principi di semplificazione,
armonizzazione  ed efficacia delle modalita' di esercizio del diritto
alla  protezione  dei dati personali e degli altri diritti e liberta'
fondamentali dell'interessato e degli adempimenti in capo ai titolari
del trattamento (art. 2, comma 2).
  Disposizioni  in deroga o ad integrazione della disciplina generale
sono  poste  dal Codice in relazione a specifici settori di interesse
per  l'attivita'  amministrativa,  quali  l'ambito giudiziario, negli
articoli da  46  a 52, i trattamenti eseguiti dalle forze di polizia,
negli articoli da 53 a 57, e quelli attinenti alla difesa e sicurezza
dello Stato, di cui all'art. 58.

3. Finalita' della direttiva.

  La  presente  direttiva  e'  finalizzata  a richiamare l'attenzione
delle  amministrazioni  sulle  prescrizioni  del  Codice che incidono
maggiormente nel settore pubblico, richiedendo l'adozione di efficaci
scelte  organizzative  per tradurre sul piano sostanziale le garanzie
previste  dal  legislatore,  nonche'  sulle conseguenze connesse alla
loro mancata attuazione.
  L'entrata  in  vigore  del  nuovo Codice comporta, per le pubbliche
amministrazioni, la necessita' di ripensare le proprie attivita' e la
propria  organizzazione  al fine di consentire una piena ed effettiva
garanzia dei diritti in esso affermati.
  Infatti,   le   tematiche   relative   alla  privacy  investono  le
amministrazioni   nella  quasi  totalita'  delle  proprie  attivita',
assumendo  significativo  rilievo  nello  svolgimento  di  molti  dei
compiti   istituzionali   loro  affidati  dall'ordinamento,  come  ad
esempio, la gestione delle risorse umane.
  In  considerazione  di  cio',  il  Codice (art. 176) ha aggiunto il
comma  1-bis  al comma 1 dell'art. 2 del decreto legislativo 30 marzo
2001,  n.  165. Pertanto le amministrazioni dovranno attuare le linee
fondamentali  di  organizzazione  degli  uffici  nel  rispetto  della
disciplina  in materia di trattamento dei dati personali, in aggiunta
ai criteri indicati nella medesima disposizione.
  Da  quanto premesso emerge la necessita' di provvedere all'adozione
degli  strumenti  necessari per l'attuazione pratica delle previsioni
del Codice, quali:
    regolamenti  indicanti  i tipi di dati sensibili e giudiziari che
possono  essere  trattati e le operazioni che possono essere eseguite
su  di  essi  in relazione al perseguimento di finalita' di rilevante
interesse   pubblico   qualora   manchi   una  specifica  indicazione
legislativa (articoli 20, 21 e 22);
    le informative all'interessato (art. 13);
    la notificazione al Garante nei casi previsti dall'art. 37;
    le eventuali comunicazioni al Garante (art. 39);
    le  misure  minime  di  sicurezza e, in particolare, il documento
programmatico  sulla sicurezza (art. 34, comma 1, lettera g) e regola
n. 19 dell'allegato B al Codice).
  Occorrera',  inoltre,  procedere  a  puntuali ricognizioni dei dati
trattati  alla luce delle disposizioni vigenti e alla revisione delle
modalita'  di  gestione  degli stessi, ponendo particolare attenzione
alla necessita' di garantire agli interessati l'esercizio del diritto
di  accesso  ai  dati che li riguardano e degli altri diritti sanciti
dall'art.   7   del   Codice,  nonche'  alle  problematiche  relative
all'accesso   ai  documenti  amministrativi  ed  alla  necessita'  di
contemperare  le  esigenze  di trasparenza dell'azione amministrativa
con quelle di tutela del diritto alla protezione dei dati personali.
  Pertanto  ci si rivolge ai dirigenti ed ai funzionari preposti alle
unita'  di  loro  competenza  perche'  nell'ambito delle attivita' di
direzione,  coordinamento  e  controllo  degli  uffici dei quali sono
responsabili adottino tutte le misure utili a garantire il rispetto e
la  piena  attuazione  dei  principi sanciti dal Codice, prevengano i
rischi presenti nelle singole attivita' e adottino, conseguentemente,
tutti  gli  atti,  le  soluzioni  organizzative  ed  i  comportamenti
necessari.

4. Classificazione dei dati e tipologia dei relativi adempimenti.


4.1. Dati personali.

  L'art.  4,  comma 1, lettera b) del Codice definisce dati personali
«qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica,
ente   od   associazione,   identificati   o   identificabili,  anche
indirettamente,  mediante riferimento a qualsiasi altra informazione,
ivi compreso un numero di identificazione personale».
  Alle  pubbliche  amministrazioni  e'  consentito il trattamento dei
dati  personali  quando  risponda  alla  necessita'  di esercitare le
proprie  funzioni  istituzionali. Pertanto, salvo quanto previsto per
gli  esercenti  le  professioni  sanitarie  e  gli organismi sanitari
pubblici  (si  vedano  le disposizioni della parte II del Codice), le
medesime  non  debbono chiedere il consenso dell'interessato ai sensi
dell'art. 18.
  In particolare, il trattamento dei dati diversi da quelli sensibili
e  giudiziari  e'  consentito  anche  in  assenza  di  una  specifica
previsione  normativa  purche' sia finalizzato allo svolgimento delle
funzioni  istituzionali dell'amministrazione, mentre la comunicazione
di  questi  dati  da  una  pubblica  amministrazione  ad un'altra o a
privati oppure la loro diffusione e' possibile solo quando vi sia una
espressa previsione normativa, come indicato all'art. 19.
  Nel  caso  in  cui le amministrazioni abbiano necessita' di fornire
tali  informazioni  ad  un'altra  pubblica amministrazione, sempre ai
fini  dello  svolgimento delle attivita' istituzionali, ma in assenza
di    idonea   previsione   normativa,   possono   pero'   informarne
preventivamente il Garante, ai sensi dell'art. 39 del Codice. In base
a   tale   nuovo  meccanismo,  decorsi  quarantacinque  giorni  dalla
comunicazione al Garante, l'operazione di comunicazione dei dati puo'
essere  avviata,  ferma  restando  la  possibilita'  di  una  diversa
determinazione   dell'Autorita'  adottata  anche  successivamente  al
decorso del termine.
  Deve  essere  effettuata una preventiva comunicazione al Garante, a
norma  dell'art.  39,  anche nel caso di trattamento di dati idonei a
rivelare  lo  stato  di  salute  previsto  da un programma di ricerca
biomedica  o sanitaria, conformemente a quanto dispone l'art. 110 del
Codice.
  Sulle   amministrazioni  titolari  del  trattamento  grava  inoltre
l'obbligo  di  notificare  al Garante i trattamenti di dati personali
che  sono  elencati  nel  comma  1  dell'art.  37  del  Codice.  Tale
adempimento  deve essere effettuato prima dell'inizio del trattamento
ed  una sola volta, a prescindere delle operazioni che debbono essere
effettuate  (salvo,  ovviamente, l'obbligo di notificare le eventuali
modifiche  del  trattamento  o  la  sua  cessazione).  In  base  agli
articoli 37  e 38, la notificazione si intende validamente effettuata
solo se inviata telematicamente utilizzando le modalita' indicate dal
Garante  tramite  il  modello  all'uopo predisposto e disponibile sul
sito  dell'Autorita'  (www.garanteprivacy.it). Al riguardo si segnala
che,  con provvedimento n. 1 del 31 marzo 2004, disponibile anch'esso
sul sito dell'Autorita', sono stati individuati alcuni trattamenti di
dati  non  suscettibili,  in  concreto,  di  recare  pregiudizio agli
interessati e quindi sottratti all'obbligo di notificazione di cui al
citato art. 37.
  Si  rammenta  infine  che  sulla  base  della disciplina del Codice
configura una «comunicazione» di dati personali il dare conoscenza di
tali informazioni ad uno o piu' soggetti diversi dall'interessato, in
qualunque  forma,  anche  mediante  la  loro  messa  a disposizione o
consultazione.  Non  puo' considerarsi tale, invece, la comunicazione
effettuata  nei  confronti  dell'interessato,  del rappresentante del
titolare   nel   territorio   dello   Stato,   del   responsabile   o
dell'incaricato (art. 4, comma 1, lettera l).

4.2. Regole generali per il trattamento dei dati.

  Le  regole  generali,  comuni  a  tutti i trattamenti di dati, sono
rinvenibili negli articoli da 11 a 17 del Codice.
  4.2.1. Modalita' del trattamento e requisiti dei dati.
  In   particolare,   l'art.   11,  nell'indicare  le  modalita'  del
trattamento  e i requisiti dei dati, individua anche i presupposti di
liceita'  del  trattamento.  Secondo  la  disciplina  introdotta  dal
Codice,   il   mancato  rispetto  dei  presupposti  sanciti  da  tale
disposizione  e delle altre norme rilevanti in materia trattamento di
dati  personali comporta l'inutilizzabilita' dei dati (art. 11, comma
2).
  4.2.2. Titolare, responsabile, incaricati.
  Per  quanto  riguarda  i  soggetti  che  effettuano il trattamento,
l'art. 28 chiarisce che il «titolare del trattamento», nel caso delle
pubbliche  amministrazioni,  coincide con l'entita' nel suo complesso
ovvero  con  l'unita' o l'organismo periferico che esercita un potere
decisionale  del tutto autonomo sulle finalita' e sulle modalita' del
trattamento, ivi compreso il profilo della sicurezza, anziche' con la
persona fisica incardinata nell'organo o preposta all'ufficio.
  Per   le   strutture  amministrative  complesse  si  suggerisce  di
avvalersi  della  facolta'  accordata  al  titolare  dall'art. 29 del
Codice  di designare uno o piu' «responsabili del trattamento», fra i
soggetti  che,  per  qualita'  professionali  e personali, forniscano
idonea  garanzia  del rispetto delle disposizioni vigenti in materia.
Tale  designazione  deve  essere  accompagnata  dalla  specificazione
analitica  per  iscritto  dei  compiti  affidati  e  dalla  vigilanza
periodica  sulla puntuale osservanza delle istruzioni impartite e sul
generale  rispetto  delle  norme  in  materia  di protezione dei dati
personali, come previsto dal comma 5 dell'art. 29.
  A  chiusura  del  sistema  e'  posta  la  previsione  relativa agli
«incaricati  del  trattamento»,  i  soli  che  possono  materialmente
effettuare  le  operazioni  di  trattamento  di  dati  personali. Gli
incaricati  operano  sotto  la  diretta  autorita' del titolare o del
responsabile,  previa  designazione espressa per iscritto, contenente
la   puntuale   individuazione   dell'ambito   del  trattamento  loro
consentito  e  l'indicazione  delle  istruzioni  cui devono attenersi
nello svolgimento del trattamento. Per semplificare tale adempimento,
in considerazione della frequenza con cui il personale viene soggetto
a    rotazione   e   avvicendamento   all'interno   delle   strutture
amministrative,  il  Codice  considera  equivalente alla designazione
nominativa   degli  incaricati,  la  preposizione  del  personale  ad
un'unita'  organizzativa  (ad esempio, tramite un ordine di servizio)
per  la  quale  venga  altresi' individuato per iscritto l'ambito del
trattamento  consentito  agli  addetti  che operano all'interno della
medesima unita'.
  4.2.3. Informativa agli interessati.
  A  tutela  dell'esercizio  del  diritto  alla  protezione  dei dati
personali  il  Codice  pone  in  capo  ai  titolari  del  trattamento
l'obbligo,   previsto  dall'art.  13,  di  fornire  agli  interessati
un'adeguata  informativa.  L'interessato o la persona presso la quale
sono  raccolti  i  dati  personali  deve  pertanto  essere  informato
oralmente  o  per  iscritto,  fra  l'altro,  delle  finalita' e delle
modalita'  del  trattamento dei dati, della eventuale obbligatorieta'
del  loro  conferimento,  delle  conseguenze  relative  al rifiuto di
fornire  i  dati,  dei diritti esercitabili dal medesimo interessato,
nonche'  dei  dati  identificativi del titolare del trattamento e del
responsabile.  Nel  caso  di  designazione  di  piu' responsabili, il
Codice  introduce  un'ulteriore semplificazione dando possibilita' di
riportare nell'informativa all'interessato gli estremi identificativi
di  un  solo  responsabile  indicando  contestualmente  le  modalita'
attraverso le quali e' conoscibile l'elenco completo e aggiornato dei
responsabili   (ad   esempio,   attraverso   l'indicazione  del  sito
istituzionale  dell'amministrazione  in cui l'elenco e' eventualmente
pubblicato).

4.3. Dati sensibili.

  L'art.  4,  comma 1, lettera d) del Codice definisce dati sensibili
«i  dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le
convinzioni  religiose,  filosofiche  o  di altro genere, le opinioni
politiche,   l'adesione   a   partiti,   sindacati,  associazioni  od
organizzazioni   a   carattere   religioso,  filosofico,  politico  o
sindacale,  nonche'  i  dati  personali idonei a rivelare lo stato di
salute e la vita sessuale».
  Il trattamento dei dati sensibili e' consentito solo se autorizzato
da espressa disposizione di legge nella quale sono specificati i tipi
di  dati  che  possono essere trattati, le operazioni eseguibili e le
rilevanti  finalita'  di  interesse  pubblico perseguite. Qualora una
disposizione  di  legge  non  specifichi  i  tipi di dati sensibili e
giudiziari  che  possono  essere trattati e le operazioni che possono
essere   svolte  su  di  essi,  le  amministrazioni  sono  tenute  ad
identificare  e  rendere  pubblici  i  tipi di dati utilizzabili e le
operazioni  eseguibili,  in  relazione  al perseguimento di finalita'
ritenute  dalla legge di rilevante interesse pubblico, aggiornando ed
integrando tale identificazione periodicamente (art. 20, commi 1, 2 e
4,  del Codice). Al riguardo, la parte II del Codice individua alcune
attivita'  di  rilevante  interesse  pubblico,  tra le quali assumono
rilievo  per  le pubbliche amministrazioni, a titolo esemplificativo,
le    attivita'   finalizzate   all'applicazione   della   disciplina
sull'accesso ai documenti amministrativi (art. 59), o della normativa
in  materia  di  concessione,  liquidazione,  modifica  e  revoca  di
benefici  economici,  agevolazioni,  elargizioni,  altri emolumenti o
abilitazioni  (art. 68), le attivita' socio-assistenziali (art. 73) e
quelle  volte  all'instaurazione e alla gestione da parte di soggetti
pubblici di rapporti di lavoro (art. 112).
  Nel caso in cui invece le amministrazioni intendano porre in essere
un   trattamento   di   dati   sensibili  che  non  risulti  previsto
espressamente  da  una disposizione normativa di rango primario, esse
possono  richiedere  al Garante se siano ravvisabili i presupposti di
rilevante  interesse  pubblico  che  ne  autorizzano  il trattamento,
secondo  il meccanismo previsto dall'art. 26, comma 2, del Codice. In
tal  caso, il trattamento e' consentito soltanto se l'amministrazione
interessata  provveda  altresi'  ad identificare e rendere pubblici i
tipi  di  dati utilizzabili e le operazioni eseguibili con un atto di
natura  regolamentare  (art. 20, comma 3, del Codice, al riguardo, v.
piu' diffusamente infra la parte relativa ai «Regolamenti»).

4.4. Dati giudiziari.

  L'art.   4,   comma  1,  lettera  e)  del  Codice  definisce  «dati
giudiziari»   i   dati  personali  idonei  a  rivelare  provvedimenti
iscrivibili  nel casellario giudiziale indicati dall'art. 3, comma 1,
lettere  da  a)  ad o) e da r) ad u) del decreto del Presidente della
Repubblica  14 novembre  2002, n. 313, o la qualita' di imputato o di
indagato  ai  sensi  degli  articoli 60  e 61 del codice di procedura
penale.
  E'   possibile  per  le  pubbliche  amministrazioni  trattare  tali
informazioni quando cio' sia previsto da una norma di legge oppure da
un   provvedimento   del  Garante  che  specifichi  espressamente  le
rilevanti   finalita'   di  interesse  pubblico  perseguite,  i  dati
personali   che   possono   essere  utilizzati  e  le  operazioni  di
trattamento  eseguibili. Nel caso in cui la legge specifichi soltanto
le finalita' di rilevante interesse pubblico, valgono le prescrizioni
relative al trattamento dei dati sensibili, di cui all'art. 20, commi
2  e 4, del Codice per quanto riguarda la necessita' di individuare e
rendere pubblici attraverso un atto di natura regolamentare i tipi di
dati utilizzabili e le operazioni eseguibili (art. 21).

4.5. Regolamenti.

  Gli  articoli 20, comma 2, e 21, comma 2, del Codice prevedono che,
quando  una  disposizione  di legge abbia specificato le finalita' di
rilevante  interesse  pubblico,  ma  non  i  tipi di dati sensibili e
giudiziari  che  possono  essere trattati e le operazioni che possono
essere  svolte  su  di  essi, le amministrazioni dovranno adottare un
apposito  regolamento con il quale identificare e rendere pubblici, a
cura  dei  soggetti  che ne effettuano il trattamento, i tipi di dati
utilizzabili  e  le  operazioni  eseguibili,  in  relazione  ai  fini
istituzionali  perseguiti  e  nel  rispetto  dei  principi  affermati
dall'art.  22 del Codice. L'adozione di tali provvedimenti postula la
previa  ricognizione  di  tutte  le  attivita'  poste  in  essere dal
soggetto  pubblico  che comportano un trattamento di dati sensibili o
giudiziari,  nonche'  la valutazione della indispensabilita' dei dati
utilizzati  e  delle  operazioni svolte nell'ambito di tali attivita'
rispetto alle finalita' di volta in volta perseguite. I dati trattati
vanno  indicati  per  categorie  (ad esempio, dati sulla salute, vita
sessuale,  sull'origine razziale, sull'origine etnica, ecc.), tenendo
conto  che  le  tipologie di dati non individuate nel regolamento non
potranno essere trattate.
  In  altri termini, tramite tali regolamenti dovra' risultare chiaro
ai  cittadini il collegamento tra le finalita' di rilevante interesse
pubblico  perseguite dalle amministrazioni in relazione ai compiti ad
esse  attribuiti  dall'ordinamento  e  le  modalita'  con cui vengono
effettivamente  utilizzate le informazioni che li riguardano. Al fine
di  dare  efficacia al sistema di garanzie delineato dal Codice per i
dati   sensibili   e   giudiziari   e'  pertanto  necessario  che  le
amministrazioni  provvedano  a  tale  identificazione,  ove mancante,
tramite  atti  di  natura  regolamentare,  entro il 31 dicembre 2005,
previa  acquisizione  del  parere di conformita' del Garante ai sensi
dell'art. 154, comma 1, lettera g), del Codice (art. 3, decreto-legge
24 giugno  2004, n. 158, convertito con legge 27 luglio 2004, n. 188,
che   modifica   l'art.   181,  comma  1,  lettera  a)  del  Codice).
L'identificazione  dei tipi di dati e di operazioni e' poi aggiornata
e integrata periodicamente, come indicato dall'art. 20 del Codice.
  Per  rendere  piu'  agevole  e  rapida  l'adozione di tali atti, il
Codice prevede che il parere del Garante possa essere formulato anche
su  schemi tipo. Nel caso in cui gli schemi regolamentari predisposti
dalle  amministrazioni  corrispondano ai modelli su cui il Garante ha
reso  un parere conforme, non sara' quindi necessario sottoporli caso
per caso allo specifico esame da parte dell'Autorita'.
  A  tal  fine,  si  esortano  le  amministrazioni  ad  avviare  ogni
iniziativa  utile ad identificare settori di attivita', comuni a piu'
amministrazioni,  per  i  quali si possa procedere ad un'elaborazione
congiunta  di  schemi  tipo da sottoporre all'attenzione del Garante,
anche  attraverso  i  progetti  che  questo  Dipartimento avviera' in
collaborazione con il Formez.

4.6. Criteri   applicabili   al  trattamento  dei  dati  sensibili  e
giudiziari.

  L'art.  22  indica  i  criteri  applicabili al trattamento dei dati
sensibili  e giudiziari. In primo luogo, le pubbliche amministrazioni
devono  prestare particolare attenzione alla prevenzione di possibili
danni   per  l'interessato,  conformando  il  trattamento  di  queste
informazioni  in  modo  da  prevenire  violazioni  dei diritti, delle
liberta' fondamentali e della dignita' dell'interessato.
  In  tale  contesto  assume  uno  specifico  rilievo il principio di
indispensabilita',  in base al quale possono essere trattati soltanto
i  dati  sensibili  e  giudiziari  indispensabili allo svolgimento di
funzioni istituzionali che non potrebbero essere adempiute altrimenti
(mediante  il  ricorso  a  dati  anonimi  o dati personali di diversa
natura).
  Analogamente,  sui  dati  sensibili e giudiziari indispensabili, le
amministrazioni   possono  effettuare  unicamente  le  operazioni  di
trattamento strettamente necessarie al raggiungimento delle finalita'
consentite nei singoli casi.
  Rispetto alla normativa previgente, e' confermato infine il divieto
di diffondere i dati idonei a rivelare lo stato di salute.

4.7. Sicurezza dei dati.

  Una particolare attenzione e' posta dal Codice, negli articoli 31 e
seguenti, alle tematiche della sicurezza dei dati e dei sistemi.
  Il Codice distingue in proposito le misure di sicurezza da adottare
in:
    misure  idonee e preventive volte a ridurre al minimo i rischi di
distruzione  o  perdita, anche accidentale, dei dati stessi, i rischi
di  accesso  non  autorizzato  o  di trattamento non consentito o non
conforme alle finalita' della raccolta (art. 31);
    misure  minime,  indicate  negli  articoli 34  e  35  secondo  le
modalita'  applicative analiticamente specificate nell'allegato B) al
Codice  e diversificate a seconda che il trattamento sia effettuato o
meno  con  strumenti  elettronici,  ovvero  da  individuare, ai sensi
dell'art.  58,  comma  3,  in relazione ai trattamenti effettuati per
finalita' di difesa o coperti da segreto di Stato (art. 33).
  La   distinzione   rileva  ai  fini  sanzionatori  perche',  mentre
l'inosservanza   delle   misure   «minime»   configura  una  condotta
penalmente   rilevante,   ai   sensi   dell'art.   169   del  Codice,
l'inosservanza delle misure «idonee» rende il trattamento illecito e,
nel  caso in cui si cagioni un danno all'interessato, espone l'autore
del danno ad eventuali azioni risarcitorie da parte del soggetto leso
(art. 15 del Codice).
  In  particolare, l'omessa adozione delle misure minime di sicurezza
e'  punita  con  l'arresto sino a due anni o con l'ammenda da 10 mila
euro  a  50 mila euro. In questo caso e' pero' previsto il meccanismo
del  «ravvedimento  operoso»  applicabile  a coloro i quali adempiano
puntualmente  alle  prescrizioni  impartite  dal  Garante  una  volta
accertato  il reato ed effettuino un pagamento in sede amministrativa
di una somma pari al quarto del massimo dell'ammenda, ottenendo cosi'
l'estinzione del reato.

4.8. Documento programmatico sulla sicurezza.

  Fra le misure minime di sicurezza previste dal Codice rientra anche
il  Documento  programmatico  sulla sicurezza (Dps), obbligatorio per
chi  effettua  un  trattamento  di  dati  sensibili  e giudiziari con
l'ausilio di strumenti elettronici. Tale documento deve contenere, in
particolare,  l'analisi  dei rischi che incombono sui dati personali,
l'individuazione degli accorgimenti da adottare per prevenire la loro
eventuale distruzione, perdita accidentale o gli accessi abusivi e la
pianificazione degli interventi formativi nei riguardi del personale.
Il  Dps deve essere adottato, dall'organo, ufficio o persona fisica a
cio'  legittimata  in  base  all'ordinamento  dell'amministrazione  e
predisposto  (o  aggiornato  per  le  amministrazioni  che erano gia'
tenute  a  redigere  o  ad  aggiornare il Dps in base alla previgente
disciplina)   al   piu'  tardi  entro  il  30 giugno  2005  (art.  6,
decreto-legge  9 novembre  2004,  n.  266 che modifica l'art. 180 del
Codice).  Decorso  il  periodo  transitorio  connesso  all'entrata in
vigore  del  Codice,  secondo quanto precisato dal Garante nel parere
del  22 marzo  2004,  e,  quindi  a partire  dal 2006, il termine per
aggiornare  annualmente  il  Dps  rimarra'  fissato alla scadenza del
31 marzo  di  ogni  anno,  come  dispone  la  regola  tecnica  n.  19
dell'allegato B) al Codice.
  Le  amministrazioni che per obiettive ragioni di natura tecnica non
possono,  in  tutto  o in parte, applicare entro il 30 giugno 2005 le
misure  minime introdotte dalla nuova disciplina con riferimento agli
elaboratori  elettronici  e ai programmi utilizzati possono avvalersi
di  un  termine  piu'  ampio  per  l'adeguamento  (30 settembre 2005,
secondo  quanto  dispone  l'art. 6 del decreto-legge citato), purche'
predispongano  un  documento,  avente  data  certa,  nel  quale  sono
descritti  tali impedimenti tecnici e lo conservino presso la propria
struttura.  Nell'attesa di adeguare la propria dotazione tecnologica,
l'amministrazione  e'  pero' tenuta ad adottare ogni possibile misura
di  sicurezza  in  relazione  agli strumenti elettronici detenuti, in
modo  da  evitare  i  rischi,  indicati  dall'art.  31 del Codice, di
distruzione,  perdita,  anche  accidentale,  dei dati, di accesso non
autorizzato  o  di  trattamento  non  consentito  o non conforme alle
finalita' della raccolta.

5. Accesso ai dati e accesso ai documenti.


5.1. Accesso ai dati personali.

  E'  opportuno  rammentare alcuni elementi di rilievo introdotti dal
Codice in materia di accesso ai dati personali.
  Com'e'  noto,  il Codice riconosce all'interessato vari diritti nei
confronti  delle  pubbliche  amministrazioni che trattano i suoi dati
personali,  tra  cui,  in particolare, il diritto di accedere ai dati
che  lo  riguardano, di ottenerne l'aggiornamento, la rettificazione,
l'integrazione,  la cancellazione, la trasformazione in forma anonima
o  il  blocco  se  trattati  in  violazione  di  legge, di opporsi al
trattamento per motivi legittimi (art. 7).
  Per  esercitare  tali  diritti  l'interessato  deve  presentare una
richiesta   all'amministrazione   titolare   del  trattamento  (o  al
responsabile,  qualora  l'amministrazione  si  sia  avvalsa  di  tale
facolta)  senza particolari formalita' (art. 9). La richiesta, se non
fa  riferimento  ad  un  particolare trattamento o a specifici dati o
categorie  di  dati personali, deve ritenersi riferita a tutti i dati
personali    che    riguardano    l'interessato   comunque   trattati
dall'amministrazione  (art.  10) e puo' riguardare anche informazioni
di  tipo  valutativo,  salvo per quanto attiene alla loro rettifica o
integrazione (art. 8, comma 4).
  L'amministrazione  destinataria della richiesta e' tenuta a fornire
un  riscontro compiuto ed analitico all'interessato nel termine di 15
giorni   dal   suo   ricevimento,   ovvero   di  30  giorni,  dandone
comunicazione  all'interessato,  se  le  operazioni necessarie per un
integrale  riscontro  sono  di  particolare complessita' o se ricorre
altro  giustificato  motivo  (art.  146).  Il  riscontro  puo' essere
fornito  anche  oralmente,  tuttavia,  in  presenza  di una specifica
istanza,  l'amministrazione  e' tenuta a trasporre i dati su supporto
cartaceo  o  informatico  o  a  trasmetterli  all'interessato per via
telematica (art. 10).
  Si  esortano  pertanto  le  amministrazioni  a  predisporre  idonei
meccanismi   e   procedure   volti   a  dare  piena  attuazione  alle
disposizioni  del  Codice  in  materia di accesso ai dati, in modo da
agevolare  l'accesso da parte degli interessati alle informazioni che
li  riguardano,  anche attraverso l'impiego di appositi programmi per
elaboratore finalizzati ad una accurata selezione dei dati relativi a
singoli  soggetti,  e  da semplificare le modalita' e ridurre i tempi
per  il riscontro agli interessati anche nell'ambito degli uffici per
le relazioni con il pubblico.

5.2. Accesso ai dati e accesso ai documenti amministrativi.

  Occorre  sottolineare, infine, alcuni elementi che differenziano il
diritto  di  accesso ai dati personali e gli altri diritti introdotti
dalla  disciplina  sulla protezione dei dati personali dal diritto di
accesso  ai  documenti  amministrativi  previsto  dagli articoli 22 e
seguenti  della legge n. 241/1990 e dalle altre disposizioni di legge
in  materia,  nonche'  dai  relativi  regolamenti  di  attuazione. Si
tratta,  infatti,  come  ricordato  piu'  volte  dal  Garante, di due
diversi ed autonomi diritti di accesso che differiscono in termini di
oggetto e di presupposti del loro esercizio.
  Il diritto di accesso ai dati personali e gli altri diritti sanciti
dal Codice riguardano i dati personali (anziche' ad atti e documenti)
e  possono  essere esercitati dalle persone cui i dati si riferiscono
senza  particolari  formalita'  e limitazioni, ad eccezione di taluni
diritti  che  richiedono  una  specifica  situazione  (ad esempio, la
rettifica  puo'  essere richiesta solo in relazione a dati inesatti e
la  cancellazione solo nei confronti di dati utilizzati in violazione
di legge) e dei casi di esclusione tassativamente indicati dal Codice
(art.  8).  In  particolare,  ai  fini  dell'esercizio del diritto di
accesso  ai  dati,  l'interessato  non  e'  tenuto  ad esplicitare le
ragioni  della sua richiesta di accesso, che puo' concernere soltanto
le  informazioni  riferite  alla  propria  persona  e non puo' essere
estesa ai dati relativi a terzi.
  Il  diritto  di  accesso ai documenti e', invece, garantito solo in
riferimento   a   documenti   della  pubblica  amministrazione  e  di
determinati  altri  soggetti da parte di chiunque sia portatore di un
interesse  personale  e  qualificato  per  la  tutela  di  situazioni
giuridicamente   rilevanti,  nonche'  da  parte  di  amministrazioni,
associazioni e comitati portatori di interessi pubblici o diffusi.
  Per cio' che concerne le modalita' di riscontro al richiedente, nel
caso  di  esercizio del diritto di accesso ai dati, l'amministrazione
e'  tenuta  ad  estrapolare  dai  propri archivi e documenti tutte le
informazioni  di  carattere  personale  che riguardano l'interessato,
riportate   anche   su   supporto  informatico,  e  a  comunicarle  a
quest'ultimo  in  forma idonea a renderle facilmente comprensibili. A
differenza  dell'accesso ai documenti, l'amministrazione non pertanto
e'  obbligata ad esibire o a consegnare copia all'interessato di atti
o   documenti   contenenti   le  informazioni  che  lo  riguardano  o
(eventualmente)  anche  dati  relativi  a  terze  persone, a meno che
l'estrazione  dei  dati  risulti  particolarmente  difficoltosa  e le
informazioni  relative ai richiedenti e ai terzi siano intrecciate al
tal  punto  da  risultare  incomprensibili  se scomposte o private di
alcuni elementi (art. 10, commi 4 e 5).

5.3. Tutela giurisdizionale.

  Per  quanto  riguarda  la tutela in sede giudiziaria del diritto di
accesso  ai  dati personali e degli altri diritti sanciti dal Codice,
la  nuova  disciplina prevede che «tutte le controversie riguardanti,
comunque,  l'applicazione  delle  disposizioni  del  Codice, comprese
quelle inerenti ai provvedimenti del Garante in materia di protezione
dei   dati   personali   o  alla  loro  mancata  adozione»  competono
all'autorita' giudiziaria ordinaria (art. 152).
  In relazione alla tutela in sede giudiziaria del diritto di accesso
agli  atti  amministrativi, la legge n. 241/1990 ha disposto, invece,
all'art.  25,  comma  5,  che contro le determinazioni amministrative
concernenti  il  diritto di accesso e nei casi di rifiuto, espresso o
tacito,  o  di differimento dell'accesso e' dato ricorso, nel termine
di trenta giorni, al Tribunale amministrativo regionale.
  Al   riguardo   e'   emerso   un   indirizzo  nella  giurisprudenza
amministrativa,  in  via  generale  condiviso  anche  dalla  Corte di
Cassazione  (si  veda Cassazione civile, sez. un., 28 maggio 1998, n.
5292),  in  base  al  quale  si  deve  riconoscere l'esistenza di una
giurisdizione   esclusiva   amministrativa  per  quanto  riguarda  le
valutazioni  di  legittimita'  degli atti amministrativi che decidono
sulla  richiesta  di  accesso,  a prescindere dalla consistenza della
posizione  giuridica  fatta  valere  e  cio'  anche  nei  casi in cui
l'amministrazione,  nel  perseguire  i  propri  interessi abbia agito
quale  soggetto  di diritto privato (si veda Consiglio di Stato, sez.
IV, 3 agosto 1995, n. 589).

6. Tematiche di interesse in materia di gestione del personale.

  Com'e' noto poiche' la pubblica amministrazione si caratterizza per
essere  una  organizzazione produttiva basata sul lavoro, la gestione
delle  risorse  umane,  fra le attivita' da essa compiute, riveste un
ruolo  essenziale  che  si  interseca  con  la potesta' organizzativa
attribuita  alle  amministrazioni.  In tale ambito, occorre porre una
particolare attenzione ai principi posti dal Codice.
  I  profili  relativi  alla  tutela della riservatezza sono ben noti
alle  pubbliche  amministrazioni  ed  in  particolare agli uffici cui
compete  la  gestione  del  personale.  Questi  ultimi  detengono  ed
acquisiscono un numero elevato di informazioni relative ai dipendenti
dell'amministrazione. Da cio' deriva la necessita' di una preliminare
ricognizione  delle  proprie  attivita' alla luce delle norme vigenti
che  deve  essere costantemente aggiornata. Al riguardo, vale la pena
di  ricordare  alcuni  dei  problemi  emersi in questi ultimi anni ed
evidenziati in diverse occasioni dal Garante.
  Dal  momento  che  le  pubbliche amministrazioni raccolgono, sempre
piu'  spesso  attraverso tecnologie informatiche, un numero rilevante
di  dati,  sia  in relazione ai compiti di istituto, sia in relazione
alla gestione del personale dipendente (per tutte le fasi relative al
rapporto  di lavoro, dall'accesso all'estinzione), occorre rammentare
in  primo  luogo che la configurazione e la gestione di queste banche
dati  deve essere realizzata nel rispetto del principio di necessita'
sancito  dall'art.  3 del Codice (v. piu' diffusamente supra la parte
relativa ai «Principi e gli obblighi»).
  In  via  generale,  nel  titolo  VIII  della  Parte  II del Codice,
intitolato  «Lavoro  e  previdenza sociale», l'art. 112, considera di
rilevante  interesse  pubblico  una  serie  di  trattamenti  di  dati
sensibili   e   giudiziari  attinenti  ai  lavoratori  e  finalizzati
all'instaurazione  e  alla  gestione da parte di soggetti pubblici di
rapporti di lavoro di qualunque tipo dipendente o autonomo, anche non
retribuito  o  onorario  o  a  tempo parziale o temporaneo e di altre
forme di impiego che non comportano la costituzione di un rapporto di
lavoro   subordinato.   Tra   tali   trattamenti  sono  compresi,  in
particolare,  quelli  effettuati  al fine di accertare il possesso di
particolari  requisiti previsti per l'accesso a specifici impieghi, o
la  sussistenza  dei  presupposti  per la sospensione o la cessazione
dall'impiego  o  dal  servizio  (art.  112,  comma  2, lettera c), di
adempiere   agli  obblighi  connessi  alla  definizione  dello  stato
giuridico  ed  economico  del personale, nonche' ai relativi obblighi
retributivi,   fiscali  e  contabili  (lettera  d),  di  adempiere  a
specifici  obblighi  o  compiti  previsti  in  materia  di  igiene  e
sicurezza  del  lavoro  (lettera  e),  di  svolgere attivita' dirette
all'accertamento   della   responsabilita'   civile,  disciplinare  e
contabile dei dipendenti (lettera g).
  In  particolare,  in  tema  di  pubblicazione  di graduatorie delle
procedure  di selezione del personale, si sottolinea la necessita' di
verificare   che  le  indicazioni  contenute  nelle  graduatorie  non
comportino  la  divulgazione  di  dati  idonei a rivelare lo stato di
salute  e  di  utilizzare,  piuttosto,  diciture  generiche  o codici
numerici,  in  modo da non incorrere nel divieto di diffondere i dati
attinenti alla salute sancito dall'art. 22, comma 8, del Codice.
  Analoghe   cautele   devono  essere  adottate  nella  redazione  di
graduatorie  relative  alla  concessione,  liquidazione,  modifica  e
revoca   di  benefici  economici,  agevolazioni,  elargizioni,  altri
emolumenti o abilitazioni. L'inserimento in tali atti, destinati alla
pubblicazione,  di  informazioni riguardanti lo stato di salute degli
iscritti  (ad  esempio  relative  allo  stato  di  disabilita'  di un
componente  il  nucleo  familiare  di uno dei beneficiari) contrasta,
infatti,  con  la  disciplina sulla protezione dei dati personali che
vieta   ai  soggetti  pubblici,  autorizzati  a  concedere  specifici
benefici  connessi  all'invalidita'  civile,  di  diffondere  i  dati
relativi  allo  stato di salute dei soggetti beneficiari (art. 68 del
Codice).   L'adozione   di  tali  accorgimenti,  peraltro,  non  deve
pregiudicare  la  possibilita'  per  le persone a cio' legittimate di
accedere  ad  eventuali  altre informazioni relative agli iscritti in
graduatoria,   anche  sensibili,  in  conformita'  alle  leggi  e  ai
regolamenti in materia di accesso alla documentazione amministrativa.
  Un  altro  aspetto  che,  oltre  ad  impegnare  particolarmente  le
amministrazioni,  ha  suscitato  alcuni interventi giurisprudenziali,
riguarda  le  richieste  di  accesso  agli elaborati concorsuali. Sul
punto si rimanda, piu' in generale, alla parte successiva nella quale
si  richiamano  gli attuali orientamenti giurisprudenziali in tema di
diritto    di    accesso   agli   atti   detenuti   dalle   pubbliche
amministrazioni.
  Sul versante della gestione dei dati personali dei dipendenti molti
sono gli aspetti di rilievo. Per quanto concerne i dati contenuti nei
fascicoli  personali, il Garante ha avuto modo in alcune occasioni di
sottolineare  che le certificazioni mediche rese a giustificazione di
assenze  per  malattia devono contenere soltanto la prognosi e non la
diagnosi   relativa   alla   patologia   sofferta   dal   lavoratore.
L'amministrazione,  che  non  e'  legittimata a trattare questi dati,
deve   quindi  adoperarsi  per  oscurare  le  diagnosi  eventualmente
riportate  su  certificati medici gia' detenuti ed adottare opportuni
accorgimenti  anche  verso  lavoratori  e  medici  affinche'  vengano
prodotti  soltanto  certificati dai quali risulti la sussistenza e la
durata  dello  stato  di  incapacita'  del  lavoratore,  senza alcuna
indicazione diagnostica.
  Inoltre  l'art.  113  del  Codice  richiama il disposto dell'art. 8
della legge 20 maggio 1970, n. 300, il quale stabilisce che «e' fatto
divieto  al datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, come nel corso
dello  svolgimento  del  rapporto  di lavoro, di effettuare indagini,
anche  a  mezzo  di  terzi,  sulle  opinioni  politiche,  religiose o
sindacali  del  lavoratore,  nonche'  su  fatti non rilevanti ai fini
della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore».
  Altro  tema  di  grande  attualita' e' quello della vigilanza sulle
comunicazioni  elettroniche  e sull'utilizzo di Internet sul posto di
lavoro  rispetto  al  quale  si richiama il documento di lavoro delle
autorita'  europee  di  protezione  dei  dati  riunite nel Gruppo dei
Garanti  europei,  istituito ai sensi dell'art. 29 della direttiva n.
95/46/CE,  adottato  il 29 maggio 2002 (1), nonche' la giurisprudenza
della  Corte  europea dei diritti dell'uomo relativa all'art. 8 della
Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
  Riguardo  al  tema del controllo dei lavoratori, occorre rammentare
il  divieto  di  controllo  a distanza dell'attivita' lavorativa e le
altre  garanzie previste in materia di lavoro dall'art. 4 della legge
n.  300/1970  richiamato  dal  Codice.  Tali  garanzie  devono essere
rispettate,  in  particolare,  nel  caso  di installazione nei locali
dell'amministrazione  di  impianti di videosorveglianza per motivi di
sicurezza  o  per  esigenze  organizzative e dei processi produttivi,
tenendo   presente   l'obbligo   di   informare,  anche  con  formule
sintetiche,  i  dipendenti  ed i visitatori che stanno per accedere o
che   si  trovano  in  una  zona  videosorvegliata  e  dell'eventuale
registrazione (art. 13 del Codice).
  Sulla  specifica questione si ricordano gli indirizzi formulati dal
Gruppo  dei  Garanti europei, nel parere dell'11 febbraio 2004, n. 4,
sul trattamento dei dati personali tramite videosorveglianza (2) e il
provvedimento  del  29 aprile  2004  del  Garante  con cui sono state
indicate  le condizioni di liceita' della installazione di sistemi di
videosorveglianza.  In  particolare,  l'Autorita'  ha  ribadito che i
soggetti  pubblici possono attivare sistemi di videosorveglianza solo
in  quanto  siano  strumentali  allo  svolgimento delle loro funzioni
istituzionali e ha affermato che tale installazione e' lecita solo se
e'  proporzionata  agli  scopi  che si intendono perseguire (art. 11,
comma  1,  lettera  d)  del  Codice),  essendo altre misure realmente
insufficienti  e  inattuabili (ad esempio, sistemi d'allarme o misure
di protezione agli ingressi).
  Al  riguardo, occorre altresi' valutare se sia realmente necessario
raccogliere   immagini   dettagliate,  definendo  di  conseguenza  la
dislocazione  e  la  tipologia  delle  apparecchiature  da installare
(fisse  o  mobili),  e  limitare rigorosamente la creazione di banche
dati  quando,  per le finalita' perseguite, e' sufficiente installare
un  sistema  a  circuito  chiuso di sola visione delle immagini senza
registrazione  (ad  esempio,  per  il  controllo  del  flusso  ad uno
sportello).  In  armonia  con  il principio di necessita' sancito dal
Codice  (art. 3), attraverso tali sistemi e' poi possibile riprendere
persone   identificabili  soltanto  se,  per  raggiungere  gli  scopi
prefissati,  non  possono essere utilizzati dati anonimi. I cittadini
che transitano nelle aree sorvegliate devono inoltre essere informati
della  rilevazione  dei  dati  (art. 13 del Codice). In proposito, si
rammenta  che  con  il  provvedimento  citato  il  Garante ha messo a
disposizione  un  modello  semplificato di informativa, la quale deve
essere  chiaramente  visibile ed indicare chi effettua la rilevazione
delle immagini e per quali scopi.
  Infine,   sulla   base   dell'art.  111  del  Codice,  e'  prevista
l'adozione,  attraverso un procedimento che coinvolgera' le categorie
interessate, di un codice di deontologia e buona condotta relativo al
trattamento dei dati personali in materia di gestione del rapporto di
lavoro.  Le disposizioni del codice deontologico una volta pubblicate
nella  Gazzetta  Ufficiale  a cura del Garante, previa verifica della
loro  conformita' alle leggi e ai regolamenti, acquisiranno efficacia
giuridica   vincolante,   poiche'   il   loro   rispetto  costituira'
«condizione  essenziale per la liceita' e correttezza del trattamento
dei  dati  personali» effettuato anche da parte dei soggetti pubblici
nell'ambito  della  gestione  del  rapporto  di  lavoro  (art. 12 del
Codice).

7. L'accesso agli atti amministrativi e la tutela della riservatezza:
Il    contemperamento    degli    interessi    e   gli   orientamenti
giurisprudenziali.

  Come  noto  il  problema di fondo relativo all'applicabilita' della
normativa    sulla   tutela   della   riservatezza   alle   pubbliche
amministrazioni  e'  basato  sulla  possibile contrapposizione fra il
principio  della  trasparenza  dell'azione  amministrativa,  e quindi
della   pubblicita'  e  conoscibilita'  degli  atti  delle  pubbliche
amministrazioni,  sancito  dalla  legge  n. 241/1990, ed il principio
della  tutela  della riservatezza. Entrambi i principi derivano dalla
Carta     costituzionale    essendo    rispettivamente    espressione
dell'imparzialita'  e  del  buon andamento e della tutela dei diritti
inviolabili  della  persona.  Tali  principi  assumono  una rilevanza
assoluta  per  le  pubbliche amministrazioni, poiche' le norme che ne
hanno dato attuazione concreta hanno permeato profondamente e diretto
incisivamente l'attivita' amministrativa.
  Nell'impianto  della legge n. 241/1990 la tutela della riservatezza
costituisce un limite al diritto di accesso (si veda l'art. 24, comma
2,  lettera d), quale eccezione alla regola della accessibilita' agli
atti  amministrativi.  Tale  intendimento  e'  stato  successivamente
riconfermato  dal  decreto  del Presidente della Repubblica 27 giugno
1992, n. 352, recante il regolamento sulla disciplina delle modalita'
di  esercizio  e  dei  casi  di  esclusione del diritto di accesso ai
documenti  amministrativi,  nel  quale  si  prevede che l'interessato
possa   avere   visione   degli   atti   relativi   al   procedimento
amministrativo  quando  cio'  sia necessario per curare e difendere i
propri interessi giuridici.
  Negli  anni  successivi il dibattito si e' dipanato intorno al tema
della    comparazione    dei   valori   contrapposti,   articolandosi
essenzialmente  sulla  contrapposizione  fra  tutela del diritto alla
riservatezza  da un lato e tutela del diritto di accesso ai documenti
per la difesa di un interesse giuridicamente rilevante.
  La  possibilita'  che i regolamenti di delegificazione, ai quali la
legge  n. 241/1990 aveva demandato la disciplina dei limiti oggettivi
all'esercizio   del   diritto   di   accesso,   fornissero   elementi
efficacemente dirimenti, non si e' verificata, poiche' questi si sono
limitati,   essenzialmente,   ad   indicare   i  documenti  sottratti
all'accesso.
  Le amministrazioni, pertanto, per lungo tempo si sono trovate nella
situazione  di  dover  valutare  caso per caso quale fosse l'esigenza
prevalente,  di  fatto  svolgendo  una funzione di composizione degli
interessi.
  Alcuni  punti  di  riferimento  sono  stati elaborati, soprattutto,
dalla  giurisprudenza  del  Consiglio  di  Stato,  il quale ha sempre
ritenuto  che dovesse sempre soccorrere la disciplina legislativa (si
veda ad esempio Consiglio di Stato, sez. V, 5 maggio 1999, n. 518).
  L'Adunanza  plenaria  del Consiglio di Stato, con la decisione n. 5
del  4 febbraio  1997, in linea con lo spirito della disciplina sulla
trasparenza  amministrativa, ha affermato che tale disciplina accorda
prevalenza  al  principio  di pubblicita' rispetto a quello di tutela
della  riservatezza,  consentendo  l'accesso  anche  nei confronti di
documenti  contenenti  dati riservati, sempre che l'istanza ostensiva
sia  sorretta  dalla  necessita'  di  difendere  i  propri  interessi
giuridici  e  con  il  limite  modale della sola visione, non essendo
percorribile  la  modalita'  piu'  penetrante e potenzialmente lesiva
dell'estrazione di copia.
  Con  riferimento,  invece,  all'accesso  a documenti amministrativi
contenenti  dati sensibili, il decreto legislativo 11 maggio 1999, n.
135,  integrando la normativa sul trattamento di questi dati da parte
dei  soggetti  pubblici  (art.  16),  aveva  gia'  colmato  il  vuoto
normativo   determinato   dall'assenza  di  una  espressa  previsione
legislativa  relativa all'accesso a documenti contenenti informazioni
sensibili.
  Rispetto   alla   normativa   previgente,  il  Codice  conferma  la
compatibilita'   delle   disposizioni   sull'accesso   ai   documenti
amministrativi  con  quelle in materia protezione dei dati personali,
stabilendo  che i presupposti, le modalita', i limiti per l'esercizio
del  diritto  di  accesso  a documenti amministrativi contenenti dati
personali  e la relativa tutela giurisdizionale, restano disciplinati
dalla  legge  n.  241/1990  e  dalle  altre  disposizioni di legge in
materia,  nonche'  dai  relativi regolamenti di attuazione, anche per
cio'  che  concerne  i  tipi  di  dati  sensibili  e  giudiziari e le
operazioni  di  trattamento eseguibili in esecuzione di una richiesta
di  accesso  (art.  59).  La  nuova disciplina, inoltre, riproduce la
previsione  gia'  contenuta  nell'art.  16 del decreto legislativo n.
135/1999,  in  materia  di  trattamenti di dati sensibili da parte di
soggetti    pubblici,    considerando    le   attivita'   finalizzate
all'applicazione  della disciplina in materia di accesso ai documenti
amministrativi di rilevante interesse pubblico.
  Per  cio'  che concerne i limiti al diritto di accesso, nel caso in
cui  i  documenti  amministrativi  oggetto della richiesta di accesso
contengono  dati  attinenti  la salute e la vita sessuale, il Codice,
risolvendo  alcuni  dubbi  interpretativi sorti sulla base del citato
art.  16  del  decreto  legislativo  n.  135/1999  ed  in  linea  con
l'orientamento    interpretativo    espresso    al   riguardo   dalla
giurisprudenza   amministrativa  (C.d.S.,  sez.  VI,  n.  1882/2001),
dispone   che   il  trattamento  dei  dati  sensibili  finalizzato  a
permettere   l'accesso   e'  consentito  soltanto  se  la  situazione
giuridica  che si intende tutelare con la richiesta di accesso e' «di
rango almeno pari ai diritti dell'interessato», ovvero consiste in un
diritto   della  personalita'  o  in  un  altro  diritto  o  liberta'
fondamentale ed inviolabile (art. 60).
  In   proposito   il  Consiglio  di  Stato  ha  sostenuto  che  tale
valutazione  deve  essere  fatta  in  concreto «in modo da evitare il
rischio  di  soluzioni  precostituite poggianti su una astratta scala
gerarchica dei diritti in contesa» (C.d.S. Sez. VI, 30 marzo 2001, n.
1882  e 9 maggio 2002, n. 2542; cfr. anche C.d.S. Sez. V, 31 dicembre
2003, n. 9276). (3)
  Con il provvedimento del 9 luglio 2003, il Garante ha affrontato la
questione,  riferendosi  in  particolare  alle richieste di accesso a
cartelle cliniche, ma fornendo indicazioni utili anche per altri tipi
di  documenti  detenuti  in  ambito pubblico, la cui ostensibilita' a
persone  diverse dall'interessato impone comunque una valutazione sul
rango  dei  diversi  diritti  coinvolti da parte dell'amministrazione
destinataria della richiesta di accesso.
  In  tale  provvedimento,  l'Autorita' ha precisato, in particolare,
che  occorre  avere  presente,  quale  elemento  di  raffronto per il
bilanciamento  degli  interessi,  non  gia'  il  diritto  alla tutela
giurisdizionale,  che pure e' costituzionalmente garantito, bensi' il
diritto  soggettivo sottostante, che si intende far valere sulla base
del  materiale  documentale  di  cui si vorrebbe avere conoscenza. La
comunicazione  di  dati  che  rientrano  nella  sfera di riservatezza
dell'interessato  puo'  ritenersi giustificata e legittima solo se il
diritto  del  richiedente  rientra  nella categoria dei diritti della
personalita'   o  e'  compreso  tra  altri  diritti  fondamentali  ed
inviolabili.
  Per  cio' che riguarda invece l'accesso agli elaborati concorsuali,
si rammenta che la giurisprudenza amministrativa propende per la tesi
favorevole all'accesso. Cio' in considerazione del fatto che, essendo
gli   elaborati   concorsuali,  per  loro  natura  destinati  ad  una
valutazione  e  ad  una comparazione, la riservatezza delle prove non
puo'  essere  ritenuta  prevalente rispetto all'esigenza di difesa di
interessi  giuridici.  Pertanto  il  diritto  all'accesso puo' essere
fatto  valere  anche prima che si verifichi una lesione concreta e si
esplica  fino  al diritto ad avere copia degli elaborati e dei titoli
degli  altri  candidati  (si  vedano  Consiglio  di  Stato,  sez. IV,
13 gennaio  1995,  n.  5;  Consiglio  di Stato, sez. VI, 13 settembre
1996, n. 1221). Piu' recentemente la giurisprudenza amministrativa ha
affermato  un  principio  di  maggiore  cautela,  cioe'  quello della
pertinenza,  in  base  al  quale l'accesso agli atti di una procedura
concorsuale  deve  essere  consentito, previa garanzia dell'anonimato
degli altri concorrenti, in relazione alle stesse prove sostenute dal
richiedente (si veda TAR Toscana, sez. I, 9 marzo 1999, n. 146).
  Le amministrazioni avvieranno tutte le iniziative di informazione e
formazione  dirette  ad  accrescere  la conoscenza del Codice e della
presente  direttiva al fine di favorire, in particolare, l'attuazione
delle  regole  per  il  trattamento  dei  dati personali, sensibili e
giudiziari.
  I  Ministeri provvederanno a sollecitare le amministrazioni da esse
vigilate  perche'  predispongano,  nei  termini  previsti,  gli  atti
regolamentari  di  cui  agli articoli 20, comma 2, e 21, comma 2, del
Codice.
  La  presente  direttiva  e' inviata all'Ispettorato per la funzione
pubblica  al  quale  e'  demandata  dall'ordinamento  l'attivita'  di
vigilanza  e  verifica  dell'attuazione e corretta applicazione delle
riforme  amministrative, con particolare riferimento alle innovazioni
piu'   significative   in   tema   di   rapporti   tra   cittadini  e
amministrazioni   pubbliche,  secondo  quanto  previsto  dal  decreto
sull'organizzazione  interna del Dipartimento della funzione pubblica
in corso di pubblicazione.
    Roma, 11 febbraio 2005
                        Il Ministro per la funzione pubblica: Baccini

Registrata alla Corte dei conti il 4 aprile 2005

Ministeri  istituzionali,  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,
registro n. 4, foglio n. 224

    (1) Reperibile                                     all'indirizzo:
http://www.europa.eu.int/comm/internal  market/privacy/workingroup/wp
2002/wpdocs02  en.htm
    (2) Reperibile                                     all'indirizzo:
http://www.europa.eu.int/comm/internal  market/privacy/workingroup/wp
2004/wpdocs04  en.htm
    (3) Su  questa linea interpretativa si e' mossa la giurisprudenza
successiva  (cfr. ad es. TAR Lazio, sez. Latina, 15 novembre 2002, n.
1179; TAR Abruzzo, sez. Pescara, 14 giugno 2002, n. 533; TAR Lazio, 8
marzo 2004, n. 4874; TAR Liguria, 26 febbraio 2004, n. 414).