Alle   Organizzazioni   autorizzate  ad
                              etichettare carni bovine
                              Agli Organismi indipendenti accreditati
                              Alle  Associazioni nazionali allevatori
                              razze bovine
                              All'Assocarni
                              Alla      Confederazione      nazionale
                              coltivatori diretti
                              Alla       Confederazione      generale
                              dell'agricoltura italiana
                              Alla       Confederazione      italiana
                              agricoltori
                              Alla Confederazione produttori agricoli
                              - COPAGRI
                              Alla  Associazione generale cooperative
                              italiane AGCI
                              All'Anca-Lega
                              Alla  Federazione nazionale cooperative
                              agricole
                              All'Assalzoo
                              Al Consorzio italiani macellatori
                              Alla Confesercenti
                              Alla Confcommercio
                              All'Agea
                              Alla      Commissione      ministeriale
                              etichettatura carni bovine
                              Alle  regioni  e  province  autonome di
                              Trento    e   Bolzano   -   Assessorati
                              agricoltura
                              Al  Ministero  dello sviluppo economico
                              D.G.S.P.C.
                              Al    Ministero    della    salute    -
                              Dipartimento  per  la  sanita' pubblica
                              veterinaria,   la   nutrizione   e   la
                              sicurezza degli alimenti
                              All'Ispettorato    Centrale    per   il
                              controllo  della  qualita' dei prodotti
                              agroalimentari - ICQ
                              Alla Direzione generale delle politiche
                              agricole
1. Premessa.
  Con  circolare  n.  5  del 15 ottobre 2001 (1) e circolare n. 1 del
9 aprile    2003 (2)    sono    stati   forniti   chiarimenti   sulla
predisposizione  dei disciplinari di etichettatura delle carni bovine
e    sulle    modalita'    applicative   degli   stessi   nell'ambito
dell'etichettatura  facoltativa  introdotta  dal  regolamento  CE  n.
1760/2000 (3)  (titolo  II)  e  dal  decreto  ministeriale  30 agosto
2000 (4).
    (1) Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  italiana  n.  250 del
26 ottobre 2001.
    (2) Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  italiana  n.  93  del
22 aprile 2003.
    (3) ;Gazzetta    Ufficiale    della   Comunita'   europea   L 204
dell'11 agosto 2000.
    (4) Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  italiana  n.  268 del
16 novembre 2000.
  A   seguito   dell'applicazione   dei  disciplinari  approvati  per
l'etichettatura  delle  carni  bovine con informazioni facoltative ed
all'attivita'   di   monitoraggio   esercitata  dal  Ministero  delle
politiche  agricole  alimentari  e  forestali,  al  fine  di una piu'
puntuale e corretta applicazione della normativa sopra richiamata, si
rende necessario fornire ulteriori chiarimenti.
2. Alimentazione   zootecnica   priva   di  grassi  animali  aggiunti
questione UNIFEED.
  Con  le  precedenti  circolari  n.  5/2001  e  n. 1/2003 sono stati
fissati  i  metodi  di  analisi  ed i limiti di accettabilita' che le
organizzazioni   e  gli  organismi  indipendenti,  nell'ambito  della
rispettiva   attivita'   di  autocontrollo  e  di  controllo,  devono
utilizzare  per  garantire l'informazione di alimentazione zootecnica
priva di grassi animali aggiunti.
  Gli  stessi  organismi  ed  organizzazioni, hanno evidenziato che i
limiti  di accettabilita' del colesterolo, fissati e confermati dalle
predette  circolari  n.  5/2001  e  n. 1/2003, pari a «percentuale di
colesterolo  minore  o  uguale  a  1%  sulla  frazione  sterolica e/o
contenuto  di  colesterolo  minore  o  uguale  a  50 mg/kg sul grasso
estratto»,  vengono  di  norma  superati  e  che  la  percentuale  di
colesterolo  supera i limiti sopra indicati nel caso di alimentazione
zootecnica sotto forma di UNIFEED.
  La  stazione  sperimentale  per le industrie degli oli e dei grassi
(SSOG),  investita  del problema, ha evidenziato, sulla base di nuovi
dati  sperimentali,  che la percentuale relativa di colesterolo nella
frazione   sterolica   inferiore   od  uguale  all'1.5%  puo'  essere
confermato  anche  nel  caso  in  cui  nella  razione  alimentare  si
utilizzano  gli  UNIFEED,  mentre  l'alto  contenuto  di  colesterolo
espresso  in  mg/kg, presente in alcune materie prime (ad es. olio di
palma,  alcune  farine di estrazione di soia, granella di mais, ecc.)
utilizzate  per  la  preparazione  proprio  degli  UNIFEED, evidenzia
difficolta'  di  rispettare il limite precedentemente stabilito di 50
mg/kg  di  colesterolo  sul grasso estratto. Infatti, il colesterolo,
nella  fascia  piu'  significativa  dei campioni esaminati, raggiunge
valori  fino  600  mg/kg.  Il  nuovo  limite  del  valore assoluto di
colesterolo, pertanto, puo' essere fissato fino a 600 mg/kg.
  In  conclusione  per garantire l'assenza di grassi animali aggiunti
vengono  fissati  i  nuovi  limiti  analitici  di  accettabilita'  di
colesterolo  nel  controllo dei prodotti destinati alla alimentazione
zootecnica sottoforma di UNIFEED:
    a) percentuale  relativa di colesterolo nella frazione sterolica:
minore o uguale a 1,5%;
    b) contenuto  assoluto di colesterolo nel grasso estratto: minore
o uguale a 600 mg/kg.
3. Controllo di rintracciabilita' attraverso analisi del DNA.
  Alcune  organizzazioni hanno manifestano l'interesse a riportare in
etichetta,  nell'ambito  del  proprio  disciplinare di etichettatura,
l'informazione  sull'esito del processo di rintracciabilita' adottato
e  garantito  attraverso un controllo genetico effettuato con analisi
del  DNA degli animali e delle loro carni. Tale controllo si basa sul
confronto  dei  genotipi definiti per campioni di materiale biologico
dello  stesso  animale  prelevati in momenti differenti e la verifica
della coincidenza dei genotipi stessi.
  In  generale, la procedura operativa proposta mirerebbe a prelevare
e   conservare  un  campione  biologico  degli  animali  allevati  da
utilizzare  per  l'analisi  del  DNA e l'esecuzione del confronto con
campioni di carne post-macellazione per la stessa.
  L'indicazione di questo tipo potrebbe rientrare tra le informazioni
che  possono  essere  apposte  in etichetta purche' le organizzazioni
interessate  sviluppino  apposito protocollo operativo nell'ambito di
un disciplinare di etichettatura approvato, precisando:
    1) i metodi ufficiali di campionamento;
    2) i metodi ufficiali di catalogazione e conservazione;
    3) i metodi di analisi del DNA per la determinazione del genotipo
del campione;
    4) calcolo della stima dell'incertezza associata al metodo;
    5) la significanza statistica del numero dei siti e del numero di
analisi  per  sito  per  garantire  con  ragionevole  certezza che il
sistema di rintracciabilita' e' garantito attraverso il confronto dei
genotipi   ottenuti  da  campioni  biologici  dello  stesso  soggetto
prelevati in momenti diversi (soggetto vivo/soggetto macellato).
  Nel  disciplinare  vanno  conseguentemente  sviluppati  gli aspetti
relativi a tale informazione e precisamente:
    a) l'esecuzione  del  prelievo  di un campione biologico sul 100%
dei capi attraverso il prelievo di un campione (tissutale o ematico o
di pelo ovvero altro materiale biologico) idoneo all'analisi del DNA,
attraverso metodi definiti;
    b) la   spedizione  dei  campioni  prelevati  ad  un  laboratorio
accreditato SINAL;
    c) le  modalita'  di  stoccaggio  e  conservazione  dei  campioni
biologici,  prelevati  nei  siti,  presso  il  laboratorio  idoneo ed
accreditato  SINAL  per  la prova di rintracciabilita' genetica delle
carni  di  origine  animale  ed in grado, pertanto, di procedere alla
estrazione  del  DNA  e  alle  operazioni di confronto e verifica sui
campioni in comparazione;
    d) la   tempistica  di  consegna  e  conservazione  dei  campioni
biologici presso il laboratorio di stoccaggio:
      1) consegna del campione prelevato nell'arco delle 48 ore;
      2) conservazione  del  campione  per  un  minimo di 48 ore dopo
l'esaurimento della carne di quel bovino sul mercato;
    e) il  riscontro analitico su almeno un campione casuale dei capi
(random)  estrapolato secondo le modalita' indicate dalle linee guida
EAC per l'applicazione delle Norme europee EN 45012:

=====================================================================
       Numero di siti       |       Numero di siti da visitare
=====================================================================
            1-3             |                  100%
            4-7             |             3, 3, 4, 4 (1)
            8-11            |             4, 4, 5, 6 (1)
           12-19            |             40%, minimo  6
           20-29            |             30%, minimo  6
           30-39            |             25%, minimo  9
           40-99            |             20%, minimo 10
          100-199           |             15%, minimo 21
          200-399           |             10%, minimo 31
          400-699           |              7%, minimo 40
          700-999           |              6%, minimo 50
           > 1000           |              5%, minimo 60

    (1)  Per  4,  5,  6,  7 siti rispettivamente il numero di siti da
visitare  vale  3,  3, 4, 4. La stessa notazione viene utilizzata nel
caso di un numero di siti da 8 a 11.
    f) la  ripartizione  del  riscontro  analitico  all'interno delle
varie  fasi  di  lavorazione  almeno  nella  seguente  misura  minima
calcolata sul campione casuale di cui alla lettera e):
      - 20% nella fase di macellazione;
      - 30% nella fase di sezionamento;
      - 50% nella fase di vendita.
    g) l'analisi  di rintracciabilita' delle carni mediante confronto
dei  genotipi  anche  di  eventuali  lavorazioni  per  lotti di carni
attribuibili a due o piu' animali;
    h) le  procedure  previste  nel  caso in cui si rilevi il mancato
abbinamento  del  DNA  rilevato  sulla  carne  con quello presente in
archivio  relativo  al  capo  vivo.  In  particolare,  e'  necessario
prevedere  l'immediata segnalazione all'ASL competente per territorio
del  mancato  abbinamento,  alla identificazione, isolamento e blocco
alla   vendita   delle   carni   oggetto   del   mancato  abbinamento
eventualmente  ancora  presenti  nella  filiera.  Successivamente, e'
necessario prevedere l'immediato avvio di un'indagine per comprendere
la  natura  dell'errore  e  mettere  in  atto  le  relative procedure
correttive.  Si  deve,  inoltre,  prevedere  il  rafforzamento  della
frequenza   dei   controlli   sul  punto  ove  si  e'  verificata  la
problematica   ed   in   tutti   i   punti   a  monte  dello  stesso.
L'intensificazione  del  controllo  sul sito del problema si continua
fino  all'individuazione  dello  stesso  e  la  si conserva fino alla
verifica della bonta' dei correttivi applicati. La chiusura della non
conformita' riavvia il processo di etichettatura facoltativa;
    i) la   comunicazione   dell'attivazione   e   conclusione  della
procedura prevista alla precedente lettera h), entro quindici giorni,
segnalando  l'accaduto  alla  regione o provincia autonoma competente
per  territorio  e al Ministero delle politiche agricole alimentari e
forestali.
  Il  macello,  i  laboratori  di  sezionamento,  i  punti vendita ed
eventuali   altri   siti  che  aderiscono  all'organizzazione  devono
consentire il prelievo di campioni di carne e/o altro tipo di tessuto
al  fine  di  poter  procedere  al  controllo  del  sistema per mezzo
dell'analisi del DNA.
  L'informazione  da  apporre  in  etichetta, con l'adozione di detta
procedura  operativa,  puo'  essere  del tipo: «sistema controllato a
campione  attraverso  il  metodo  di  rintracciabilita'  della  carne
mediante analisi del DNA».
  Nel  caso  in  cui  l'organizzazione  miri  invece  a rafforzare le
procedure  di  autocontrollo piuttosto che a garantire al consumatore
la   certezza   dell'informazione  «sistema  controllato  a  campione
attraverso  il  metodo  del DNA», e' possibile prevedere, nell'ambito
del  proprio  piano  di  autocontrollo  una  operativita'  basata sul
prelievo  parziale  di  campioni tissutale dagli animali e delle loro
carni,  anche  limitatamente  ad  alcuni  segmenti  delle  filiere, e
successivo  controllo  genetico  attraverso  analisi  del  DNA. Detta
verifica    parziale,    pertanto,   effettuata   in   autocontrollo,
consentirebbe  di  ridurre  la  pressione dell'autocontrollo medesimo
esercitato dalla stessa organizzazione nelle varie fasi della filiera
produttiva medianti sistemi ispettivi e documentali.
4. Conservazione documentazione.
  In  merito  al periodo di tempo minimo per il quale un operatore od
una  organizzazione e' tenuta alla conservazione della documentazione
necessaria  a garantire la rintracciabilita' prevista dal regolamento
CE  n.  1760/2000  e  dal  decreto  ministeriale  30 agosto  2000, va
chiarito  che il limite dei due anni indicato all'art. 16 del decreto
ministeriale  30 agosto  2000,  si  applica indifferentemente sia per
l'etichettatura  obbligatoria  che  facoltativa.  Non vi e', infatti,
alcun  motivo,  ne'  tecnico, ne' amministrativo per differenziare le
procedure  di  rintracciabilita' tra il sistema obbligatorio e quello
facoltativo di etichettatura delle carni bovine.
  La  conservazione  della «... documentazione cartacea e informatica
necessaria  allo svolgimento di quanto previsto dal disciplinare ...»
stabilita  per  l'etichettatura  facoltativa  all'art.  16,  non puo'
prescindere  da quella concernente il sistema di identificazione e di
registrazione delle carni che ciascun operatore o organizzazione deve
implementare  per poter fornire le informazioni obbligatorie previste
da  regolamento  CE n. 1760/2000 e dal decreto ministeriale 30 agosto
2000.
  Sono  fatte salve, in ogni caso, le disposizioni che prevedono piu'
ampi termini per la conservazione della documentazione e dei registri
di cui alle vigenti normative sanitarie e fiscali.
5. Allevamenti che aderiscono a piu' disciplinari.
  A  seguito dell'attivita' di monitoraggio, esercitata dal Ministero
delle  politiche agricole alimentari e forestali sulle organizzazioni
autorizzate   ad   etichettare   le  carni  bovine  con  informazioni
facoltative, e' emerso che alcuni allevamenti aderiscono, per ragioni
economiche,  a piu' organizzazioni di etichettatura. E' intuitivo che
detti  allevamenti  devono  garantire e soddisfare contestualmente le
condizioni  previste  da  tutti  i  disciplinari a cui aderiscono. Il
protocollo  operativo  approvato  nel  contesto di un disciplinare di
etichettatura    deve   prevedere,   quindi,   l'obbligo   da   parte
dell'allevatore  di  allevare  tutti  i bovini presenti nella propria
azienda  secondo  le norme previste dal disciplinare di etichettatura
che  prevede  i  maggiori  vincoli  per  l'allevatore  stesso  o  che
soddisfino   contestualmente   i   vincoli  dei  disciplinari  a  cui
aderiscono,   indipendentemente   dalla  destinazione  degli  animali
allevati.  In  particolare,  le  procedure riguardanti le tecniche di
allevamento  e  l'alimentazione  devono  interessare  indistintamente
tutti i bovini presenti in azienda e non solo quelli destinati ad una
organizzazione  piuttosto  che  all'altra.  Di  contro, nelle aziende
dotate  di strutture indipendenti, e' possibile suddividere l'azienda
medesima  sulla  base  delle norme previste dai vari disciplinari. In
quest'ultimo  caso,  le  stalle  e le relative pertinenze, nonche' le
attrezzature   utilizzate  (es.  carro  UNIFEED)  devono  essere  ben
delimitate e preventivamente individuate.
6. Marchi privati e certificazioni volontarie.
  Ad  integrazione  di  quanto gia' indicato nella circolare n. 5 del
15 ottobre  2001  e nella circolare n. 1 del 9 aprile 2003, allorche'
l'organizzazione  voglia applicare un sistema di qualita' aziendale o
di prodotto, e' ammesso l'utilizzo, sulle confezioni, di informazioni
relative  a  certificazioni  volontarie  regolamentate  attestate  da
organismi terzi.
6.1. Certificazioni di prodotto e di processo.
  Relativamente  alle  certificazioni  di  prodotto  e di processo si
richiama quanto segue:
    1) certificazioni   volontarie  di  prodotto  che  non  prevedono
requisiti  specifici  ma  prevedono  la certificazione di aspetti che
riguardano    principalmente    l'implementazione   di   un   sistema
organizzativo/gestionale  dell'organizzazione  che si fa carico della
gestione/controllo   della   filiera  produttiva  per  uno  specifico
prodotto  (es.  UNI  10939:01,  ISO  22005  ecc.  )  sono  ammesse  a
condizione  di  riportare  chiaramente  sulla  confezione gli estremi
della certificazione (ente, tipo di certificazione, n. certificato);
    2) certificazioni  volontarie  di  sistema  (es. ISO 9001:00, ISO
22000 etc.) possono essere comunicate sulla confezione;
    3) certificazioni  volontarie di prodotto che prevedono, da parte
dell'organizzazione   certificata,   il  controllo  centralizzato  di
requisiti  igienico sanitari aggiuntivi rispetto a quelli normalmente
previsti  dalla  normativa  vigente  sono  ammesse  a  condizione  di
riportare    chiaramente   sulla   confezione   gli   estremi   della
certificazione (ente, tipo di certificazione, n. certificato);
    4) non possono, invece, essere citate in etichetta certificazioni
volontarie  di  prodotto  relative a requisiti specifici (es. NO OGM,
alimentazione  vegetale, omega 3, benessere animale) in assenza di un
disciplinare  di  etichettatura  facoltativa  approvato  ai sensi del
regolamento  CE  n.  1760/2000  e  del decreto ministeriale 30 agosto
2000.
6.2. Marchi privati e collettivi.
  L'uso  di  marchi  privati e collettivi registrati sulle confezioni
delle  carni  e' ammesso a condizione che i marchi medesimi non siano
tali da fornire informazioni che dovrebbero essere invece previste in
un  disciplinare  di etichettatura facoltativa approvato ai sensi del
regolamento  CE  n.  1760/2000  e  del decreto ministeriale 30 agosto
2000.   Qualora   il   marchio   in   questione   sia  riferito  alla
denominazione/logo   dell'organizzazione  autorizzata  dal  Ministero
delle  politiche  agricole  alimentari  e  forestali, il marchio puo'
comparire nell'etichetta tra le informazioni obbligatorie.
6.3. Ulteriori   modalita'   di   comunicazione   marchi   privati  e
certificazioni volontarie.
  Le suddette certificazioni e marchi privati e/o collettivi, al fine
di facilitare l'operativita', possono essere contenute anche in unica
etichetta   con  le  informazioni  previste  dal  regolamento  CE  n.
1760/2000  e  del  decreto  ministeriale  30 agosto 2000, purche' sia
evidente  una  separazione fisica tra le certificazioni e marchi e le
informazioni  medesime.  La separazione fisica puo' essere realizzata
graficamente,    raggruppando    le    informazioni   relative   alla
etichettatura  in  un  apposito  spazio  in  etichetta. In ogni caso,
l'etichetta  unica  deve  essere  espressamente prevista ed approvata
nell'ambito del disciplinare di etichettatura.
7. Denominazione di vendita «Vitello» e «Vitellone».
  Con  il  regolamento  (CE) n. 700/2007 del Consiglio dell'11 giugno
2007 (5)  «relativo alla commercializzazione della carne da bovini di
eta'  non  superiore  a dodici mesi» e' stata approvata la fissazione
delle  denominazioni  di vendita che devono essere utilizzate in ogni
Stato  membro  per  la  commercializzazione  delle  carni ottenute da
animali  delle  categorie  di  eta'  0 a 8 mesi e da 8 a 12 mesi, con
l'obbligo  di indicare la categoria di eta' dei capi al momento della
macellazione.
  In  Italia  per  le carni della prima categoria la denominazione di
vendita sara' «vitello» o «carne di vitello», mentre per quelle della
seconda  categoria  e' prevista la denominazione «vitellone» o «carne
di vitellone».
    (5) Gazzetta  Ufficiale  della  Comunita'  europea  L 161  del 22
giugno 2007.
  Per  quanto concerne l'indicazione in etichetta delle categorie dei
bovini   adulti,   stabilite  dal  regolamento  CEE  n.  1208/81 (6),
attualmente  sostituito  dal  regolamento  CE  n.  1183 del 24 luglio
2006 (7),  valgono  le  indicazioni  fornite  con  circolare n. 5 del
15 ottobre 2001 e circolare n. 1 del 9 aprile 2003.
  Piu'  precisamente,  in  caso di bovini di eta' superiore ai dodici
mesi,  qualora  si  intendono  riportare in etichetta le terminologie
commerciali  riferite  alle categorie di cui al citato regolamento CE
n.  1183/2006,  e'  fatto  obbligo  di disporre di un disciplinare di
etichettatura facoltativo.
  Per  quanto  concerne  la  classificazione merceologica delle carni
provenienti da animali di eta' superiore ai dodici mesi rimane validi
quanto  disposto  dalla  legge  4 aprile  1964, n. 171 (8) cosi' come
modificata dall'art. 22 della legge 22 dicembre 1969, n. 964 (9).
8. Modalita'    di   emissione   della   documentazione   nell'ambito
dell'etichettatura facoltativa.
  Alcune  organizzazioni prevedono, tra la documentazione predisposta
nelle  forniture  di  carne bovina ad operatori non appartenenti alla
propria  organizzazione di etichettatura facoltativa, anche documenti
riepilogativi   o  vere  e  proprie  etichette  «informazioni  per  i
consumatori»,  nelle quali riportano sia le informazioni obbligatorie
che   quelle   facoltative   previste  dal  proprio  disciplinare  di
etichettatura   approvato  dal  Ministero  delle  politiche  agricole
alimentari e forestali.
  Il  trasferimento  di  informazioni  facoltative ad altro operatore
esterno  all'organizzazione  medesima presuppone il possesso da parte
di  quest'ultimo  di un disciplinare di etichettatura autorizzato dal
Ministero   delle  politiche  agricole  alimentari  e  forestali.  In
mancanza  di  detto disciplinare non e' possibile l'utilizzo in alcun
modo  delle  informazioni  facoltative,  anche  se queste ultime sono
apposte  in  etichette direttamente sulla carne. Di contro si possono
trasferire,   secondo   le   prescrizioni  del  Regolamento  (CE)  n.
1760/2000, esclusivamente le informazioni obbligatorie.
  L'illecito   uso   delle  informazioni  facoltative  e'  sanzionato
dall'art.  5  del  decreto  legislativo 29 gennaio 2004, n. 58 (10) e
coinvolge anche le organizzazioni che incautamente le hanno fornite.
  Le  organizzazioni  autorizzate  ad etichettare le carni bovine con
informazioni  facoltative  vengono  pertanto  invitate  a non fornire
documentazioni con informazioni facoltative medesime ad operatori non
appartenenti   alla   stessa  organizzazione  o  associati  ad  altra
organizzazione   che   non   sia   in  possesso  di  un  disciplinare
autorizzato.  Se  cio' non fosse possibile per ragioni organizzative,
le stesse organizzazioni devono prevedere
    (6) Gazzetta  Ufficiale  della  Comunita'  europea  L 141  del 14
febbraio 1991.
    (7) Gazzetta Ufficiale della Comunita' europea L 214 del 4 agosto
2006.
    (8) Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  italiana  n.  92  del
13 aprile 1964.
    (9) Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  italiana  n.  327 del
30 dicembre 1969.
    (10) Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  italiana  n.  51 del
2 marzo   2004.   opportune   avvertenze   sulla   documentazione  di
accompagnamento in questione che, in ogni caso, diffidi l'uso diretto
o   indiretto   delle   informazioni   facoltative   in  mancanza  di
disciplinare  autorizzato  dal  Ministero  delle  politiche  agricole
alimentari e forestali.
9. Indicazione  per  riportare  in etichetta informazioni riguardanti
l'allevamento, l'alimentazione e la tecniche di allevamento.
  Le informazioni da riportare in etichetta relative alle tecniche di
allevamento,  all'alimentazione e all'indicazione della denominazione
e  sede  o  regione dell'allevamento devono essere sempre abbinate al
«periodo   per   il   quale   detta  informazione  e'  effettivamente
garantita».   L'assenza   di   quest'ultima  informazione  lascerebbe
intendere che le informazioni in questione sono state garantite dalla
nascita  del  bovino. Cio' non e' in linea con l'obiettivo di fornire
ai  consumatori  un'informazione  corretta  e  trasparente  ed  e' in
contrasto con gli obiettivi fissati dal Regolamento (CE) n. 1760/2000
e  con il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109 (11) cosi' come
modificato  dall'art.  2  del  decreto legislativo 23 giugno 2003, n.
181 (12).
  Pertanto,   i   disciplinari   di   etichettatura   che   prevedono
informazioni relative alle tecniche di allevamento, all'alimentazione
e    all'indicazione   della   denominazione   e   sede   o   regione
dell'allevamento  devono  sempre  prevedere  anche  l'indicazione del
periodo  al  quale  fanno  riferimento e per il quale sono garantite,
periodo che non puo' essere inferiore ai quattro mesi.
10. Indicazioni  per  riportare in etichetta informazioni riguardanti
«razza», «tipo genetico» e «meticcio».
  Tra   le   informazioni   facoltative  relative  all'animale  hanno
acquisito  un  rilevante  interesse  quelle  concernenti  il genotipo
dell'animale medesimo ed in particolare l'indicazione di «razza» o di
«tipo genetico».
  Mentre per la definizione di «razza» la pratica attualmente seguita
e' soddisfacente, il bovino deve risultare iscritto al relativo libro
genealogico,  le definizioni di «tipo genetico» o «incrocio» o ancora
«meticcio» lasciano ampio spazio ad equivoci ed incertezze.
  Ora,   poiche'  la  legge  15 gennaio  1991,  n.  30 (13),  recante
disciplina  della  riproduzione  animale  e successive modificazioni,
prevede  che  i riproduttori bovini maschi debbono essere iscritti ad
un  L.G.  di razza italiano o estero, la razza del padre di qualunque
bovino e' l'unico elemento certo e verificabile.
  Pertanto, tutte le fattispecie riguardanti bovini non di razza pura
possono essere individuate con la dizione «tipo genetico: incrocio di
(seguito dalla razza del padre)».
    (11) Supplemento  ordinario  n.  31 alla Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana n. 39 del 17 febbraio 1992.
    (12) Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  italiana  n. 167 del
21 luglio 2003.
    (13) Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica italiana n. 24 del 29
gennaio 1991.
  Le  organizzazioni  in possesso di un disciplinare di etichettatura
autorizzato, che prevedono la possibilita' di riportare in etichetta,
tra le informazioni facoltative, le diciture «razza», «tipo genetico»
o  «meticcio/incrocio»  devono  attenersi,  pertanto,  alle  seguenti
indicazioni:
    a) tipo  genetico:  in  etichetta  l'informazione  dovra'  essere
riportata  come  «tipo genetico: incrocio di (seguito dalla razza del
padre)»;
    b) razza:  in  etichetta  l'informazione  dovra' essere riportata
come  «razza: (seguita dal nome della razza)». Si fa rilevare che per
potere  indicare la razza e' necessario che il bovino sia iscritto ad
un libro genealogico.
  In  tutti  i  casi  dovra'  essere  garantita  la veridicita' delle
informazioni    sia    in   termini   di   autocontrollo   da   parte
dell'organizzazione   che   di   controllo  da  parte  dell'organismo
indipendente.
11. Nuove  indicazioni per la predisposizione del piano dei controlli
da parte degli organismi indipendenti.
  Il  sistema  di  etichettatura facoltativa delle carni bovine esige
che l'operatore o l'organizzazione autorizzata svolga un fondamentale
ruolo  di  autocontrollo  sull'attivita'  degli operatori aderenti al
disciplinare.   Sulla   base   di  tale  presupposto  ne  deriva  che
l'attivita'  di  controllo  svolta  dall'organismo di controllo (OdC)
incaricato rappresenta prioritariamente un'azione di verifica
dell'efficacia dell'autocontrollo dell'organizzazione e pertanto deve
essere modulata in funzione delle criticita' legate alla tipologia ed
alla   struttura   logistica   ed   organizzativa   dell'operatore  e
dell'organizzazione   medesima,   alla   natura   delle  informazioni
facoltative previste dal disciplinare ed alla affidabilita' del piano
di autocontrollo.   I risultati delle azioni di controllo evidenziati
dai  vari  organismi  di  controllo  e  la  valutazione  del  ruolo e
dell'efficacia degli autocontrolli messi in atto finora consentono di
rivedere  le frequenze di controllo definite nella circolare n. 1 del
9 aprile 2003.
  Dall'esame  delle  relazioni pervenute al Ministero delle politiche
agricole  alimentari  e forestali, sull'attivita' degli anni passati,
si  evince  che  siti operativi quali il macello ed il laboratorio di
sezionamento,  nonche'  il  mangimificio (anche aziendale) in caso di
informazioni riguardanti l'alimentazione degli animali, costituiscono
punti  nodali nei quali il verificarsi di una non conformita' rischia
di  ripercuotersi  in  modo determinante su tutta la filiera a valle.
E',  pertanto,  opportuno  differenziare  l'intensita'  del controllo
dell'organismo  di controllo nelle diverse fasi del ciclo produttivo,
privilegiando il rafforzamento delle verifiche nei succitati segmenti
della filiera.
  L'obiettivo  di  ridefinire  le  frequenze minime da adottare nella
attivita'  di  controllo da parte degli organismi terzi, pertanto, e'
quello  di  indicare  procedure idonee a correggere situazioni di non
conformita'.
  A   seguito  delle  sopra  esposte  considerazioni  gli  interventi
ispettivi  di  controllo  effettuati  dagli  organismi  di controllo,
presso  i  diversi  operatori  della  filiera vanno rimodulati con la
frequenza minima annuale di seguito riportata:


organizzazione    =>   2 volte sul 100%

mangimifici (1)   =>   1 volta sul 100%

allevamenti       =>   1 volta sulla radice di Ni (*) dei siti

macelli           =>   1 volta sul 100%

laboratori di
  sezionamento    =>   1 volta sul 100%

piattaforme       =>   1 volta sulla radice di Ni (*) dei siti

punti vendita     =>   1 volta sulla radice di Ni (*) dei siti

  Il  numero  di  siti da verificare secondo il criterio della radice
quadrata deve essere stabilito arrotondando per eccesso il risultato.
  Il  controllo, inoltre, deve essere equamente distribuito nel corso
dell'anno  e  non  concentrato  solo  in  alcuni  e  noti periodi. E'
possibile    concentrare   i   controlli   in   particolari   periodi
esclusivamente  se  l'attivita'  di  etichettatura  dell'operatore  o
dell'organizzazione evidenzia dei picchi di intensita' in particolari
periodi dell'anno.
  Analogamente  si ritiene che nel caso di disciplinari che prevedono
informazioni relative all'alimentazione le verifiche analitiche siano
effettuate dall'organismo di controllo secondo il seguente criterio:
    a) presso  ogni  mangimificio  aderente  al  disciplinare  (fatta
eccezione  per i mangimifici in possesso di certificazione volontaria
di prodotto a copertura delle informazioni previste dal disciplinare)
deve  essere  prelevato  almeno  un  campione/anno da sottoporre alla
determinazione   analitica   di   tutti   i  parametri  previsti  dal
disciplinare;
    b) negli  allevamenti  devono  essere  effettuati  un  numero  di
controlli  analitici  pari  a  radice  di  Ni (ove Ni e' il numero di
allevamenti   che   garantiscono   informazioni   omogenee   relative
all'alimentazione)  effettuati  su  campioni  di  alimento zootecnico
prelevato in allevamento alla mangiatoia;
    c) negli allevamenti con mangimificio aziendale si utilizzano gli
stessi    criteri    stabiliti    per    i    mangimifici    aderenti
all'organizzazione.
  Nel  caso  in  cui  il  controllo  evidenzi  delle  non conformita'
l'organismo di controllo deve:
    1)  acquisire tutte le informazioni relative alla causa della non
conformita',  al  trattamento  dell'eventuale  prodotto non conforme,
all'azione correttiva che l'organizzazione intende attuare al fine di
evitare  il ripetersi della non conformita' ed ai tempi di attuazione
della misura correttiva;
    (1) Ad  eccezione  di  quelli  in  possesso di una certificazione
volontaria  a  copertura delle informazioni previste dal disciplinare
approvato.
    (*) Ni  e'  il numero di siti ascrivibili al gruppo esimo di siti
omogenei  compresi  nella  filiera,  secondo il criterio descritto da
SINCERT   nel   Regolamento   tecnico   RT   17  -  prescrizioni  per
l'accreditamento  delle  certificazioni  a  fronte  della  norma  UNI
10939:01  «Sistemi  di rintracciabilita' nelle filiere agroalimentari
(requisiti minimi)».
    2)  valutare  e  approvare  gli  interventi  correttivi  proposti
dall'organizzazione;
    3)  valutare  la  risoluzione  della non conformita' (la verifica
della risoluzione della non conformita' puo' essere effettuata presso
il  sito in cui e' stata rilevata o, quando possibile, presso la sede
dell'organizzazione);
    4)  disporre  -  in  caso  di necessita' - anche un aumento della
frequenza  dei  controlli  rispetto  a  quanto previsto dal piano dei
controlli approvato dal Ministero delle politiche agricole alimentari
e  forestali e/o prescrive altre azioni all'organizzazione, quali per
esempio:  modifiche  procedurali,  variazioni  al  disciplinare  (per
essere   operative   devono  essere  approvate  dal  Ministero  delle
politiche   agricole   alimentari   e  forestali),  formazione  degli
operatori etc.
  L'organismo  di  controllo,  nella  predisposizione  del  piano dei
controlli  deve  prevedere, nel caso riscontri non conformita' gravi,
che  rendono  il  prodotto  non  conforme  ai  requisiti previsti dal
disciplinare   di   etichettatura,   non   rilevate  dal  sistema  di
autocontrollo,  un  incremento  della  frequenza  del controllo sugli
elementi   esaminati,   secondo   uno  schema  prefissato,  stabilito
dell'organismo  di  controllo  medesimo,  in  base  ad un calcolo dei
rischi.  Le  eventuali  ulteriori  non conformita' rilevate a seguito
dell'incremento   del   controllo  si  cumulano  con  le  precedenti,
determinando  una  ulteriore  intensificazione  della  frequenza  del
controllo.  La  frequenza  del  controllo,  potra' essere riportata a
quella  iniziale  prevista  dal  piano  dei  controlli  solo  dopo la
verifica dell'assenza di non conformita' nei siti campionati.
  Come  previsto  dal decreto 30 agosto 2000 tutte le non conformita'
riscontrate   (corredate  della  causa  della  non  conformita',  del
trattamento    e    della   relativa   azione   correttiva   definita
dall'organizzazione   e/o  prescritta  dall'organismo  di  controllo)
devono  essere  comunicate  entro  quindici giorni al Ministero delle
politiche  agricole  alimentari e forestali e alla regione dove ha la
sede  l'organizzazione  medesima. Sulla base della gravita' delle non
conformita'   riscontrate   il  Ministero  delle  politiche  agricole
alimentari e forestali puo' stabilisce ulteriori eventuali azioni.
  Almeno  in occasione della relazione annuale l'organismo terzo deve
comunicare al Ministero delle politiche agricole e forestali lo stato
delle non conformita' riscontrate.
12. Comunicazione inizio attivita' etichettatura.
  Le   organizzazioni   e   gli  organismi  di  controllo  designati,
autorizzati  dal  Ministero  delle  politiche  agricole  alimentari e
forestali,  rispettivamente,  ad  etichettare  le  carni  bovine  con
informazioni  facoltative  e ad esercitare i controlli di conformita'
sulla  corretta  gestione  del  disciplinare di etichettatura, devono
comunicare,  al  Ministero  delle  politiche  agricole  alimentari  e
forestali  medesimo  e  alla regione o provincia autonoma, la data di
attivazione   del   disciplinare   approvato  entro  quindici  giorni
dall'inizio   dell'attivita'  di  etichettatura  facoltativa.  Devono
essere,  inoltre,  comunicate  tempestivamente  eventuali sospensioni
dell'attivita'  di  controllo. In tal caso, risulta evidente, che non
sono  soddisfatte  le  condizioni  previste  dal  regolamento  CE  n.
1760/2000  e  dal  decreto  ministeriale  30 agosto 2000 e, pertanto,
l'attivita' di etichettatura prevista dal disciplinare approvato deve
essere  sospesa  fintanto  che  non  saranno  ripristinate  tutte  le
condizioni previste dalla normativa vigente.
13. Predisposizione piani di autocontrollo e piani dei controlli.
  Per facilitare la lettura dei piani di autocontrollo e dei piani di
controllo  da  parte degli incaricati alla vigilanza esercitata dalla
pubblica  amministrazione,  e'  stata  evidenziata  la necessita' che
detti piani siano redatti in un unico documento, da assemblare a cura
dell'organizzazione  autorizzata, cosi' come previsto dalla circolare
n. 1/2003. Fermo restando che la stesura del piano di autocontrollo e
del  piano  di  controllo  devono essere effettuata, rispettivamente,
dall'organizzazione  e  dall'organismo di controllo sempre secondo lo
schema  proposto  dalla  circolare  n. 1/2003 per la parte di propria
competenza.
14. Organismi indipendenti designati ai controlli: autorizzazioni.
  La  documentazione  che  deve  essere  presentata per gli organismi
indipendenti  di controllo accreditati SINCERT o gia' autorizzati dal
Ministero  delle  politiche agricole alimentari e forestali, prevista
alla lettera «E) Organismi indipendenti di controlli, autorizzazioni,
della  circolare  n.  1/2003,  deve  essere integrata con i tariffari
predisposti  dagli organismi indipendenti medesimi per lo svolgimento
dell'attivita'  di  controllo previsto. Eventuali variazioni di detti
tariffari  devono  essere comunicate in occasione della presentazione
delle relazioni annuali predisposte, dagli organismi indipendenti, in
ottemperanza  a  quanto previsto dal decreto ministeriale 13 dicembre
2001 (14).
15. Adeguamento disciplinari e piani di controllo.
  Le  procedure  previste  nei  disciplinari e nei piani di controllo
vigenti,  non  in  linea  con  le  istruzioni  di  cui  alla presente
circolare,  dovranno  essere adeguate e rese operative entro sei mesi
dalla  data  di  pubblicazione  in  Gazzetta Ufficiale della presente
circolare stessa.
    Roma, 15 febbraio 2008
                        Il direttore generale
             per la qualita' dei prodotti agroalimentari
                              La Torre
    (14) Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2002.