La legge 26 aprile 1990, n. 86, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
27 aprile 1990, n. 97, ha introdotto rilevanti  modifiche  al  codice
penale,   nella  parte  concernente  i  delitti  contro  la  pubblica
amministrazione.
  L'art.  16  della  legge citata ha modificato l'art. 328 del codice
penale, disciplinando i reati di  rifiuto  di  atti  d'ufficio  e  di
omissione.
  E'  opportuno sottolineare l'importanza del secondo comma dell'art.
328 nel testo modificato.
  Tale  norma  commina  la pena della reclusisone, fino ad un anno, e
della multa, fino a lire due milioni, per l'omissione nel  compimento
di atti d'ufficio e nel fornire la risposta relativa alle ragioni del
ritardo.
  Il   reato   puo'  essere  commesso  da  un  pubblico  ufficiale  o
dall'incaricato di pubblico servizio ed e' previsto da una  norma  di
carattere  generale,  rispetto  alle  quale  la norma posta dal primo
comma dell'art. 328, nel testo modificato, ha carattere speciale.
  Infatti quest'ultima commina la pena della reclusione da sei mesi a
due  anni  per  il  rifiuto,  da  parte  del  pubblico  ufficiale   o
dell'incaricato  di un pubblico servizio, di un atto del suo ufficio,
da emettere senza indugio per soddisfare esigenze  di  giustizia,  di
sicurezza pubblica, di ordine pubblico, di igiene e sanita'.
  Il  secondo  comma  dello  stesso  art.  328 si applica in tutte le
ipotesi  di  omissione  di  provvedimento,  ad  eccezione  di  quelle
specificatamente  previste  dal  primo  comma  al  quale  si e' fatto
riferimento, e di risposta sulle ragioni del ritardo.
  Si  deve  precisare che non e' sufficiente, per la consumazione del
reato  previsto  dal  citato   secondo   comma,   la   omissione   di
provvedimento  entro  trenta  giorni dalla richiesta "di chi vi abbia
interesse". Infatti la norma incriminatrice in esame dispone  che  la
condotta del reato consiste nell'omissione dell'atto e della risposta
sulle ragioni del ritardo. Pertanto la  consumazione  del  reato  non
coincide con la sola omissione di provvedimento.
  Una  diversa  conclusione, oltretutto, importerebbe una grave causa
di  inefficienza  amministrativa,  posto  che  non  e'   fondatamente
prospettabile  la  sufficienza  del  termine  di  trenta  giorni  per
concludere qualsiasi procedimento amministrativo.
  La  norma dispone che deve concorrere con l'omissione di atto anche
quella di risposta sulle ragioni del ritardo.
  Dalla  necessita' del concorso delle due condotte omissive discende
che l'obbligo precipuo del pubblico ufficiale  o  dell'incaricato  di
pubblico servizio e' non solo di operare per la sollecita conclusione
del procedimento amministrativo, ma anche di offrire  giustificazioni
sul difetto di emanazione dell'atto.
  La consumazione del reato postula la richiesta di emettere l'atto e
l'inutile  compimento  di  trenta  giorni   dalla   ricezione   della
richiesta, che deve essere formulata per iscritto.
  La richiesta deve provenire da "chi vi abbia interesse". Se difetta
questo presupposto non  e'  identificabile  l'omissione,  che  e'  la
condotta del reato in esame.
  L'interesse deve essere riconosciuto a favore della parte che abbia
richiesto l'emanazione di un atto.
  Tuttavia   non   puo'   essere   disconosciuta   la  posizione  del
controinteressato,  il   quale   potra'   chiedere   l'adozione   del
provvedimento di diniego e di ricezione dell'istanza presentata dalla
controparte. E' evidente che un provvedimento del tipo  ora  indicato
possa   importare   il   consolidamento  della  posizione,  rilevante
giuridicamente, della quale sia titolare il controinteressato.
  Al  riguardo  e' utile tener presente l'ipotesi del titolare di una
licenza di  commercio  controinteressato  alla  emanazione  di  altra
licenza   di   commercio,   del   frontista   o   del   latistantista
controinteressati alla  adozione  del  provvedimento  di  concessione
edilizia,  del  titolare di un immobile rispetto all'adottabilita' di
provvedimenti di polizia  edilizia  richiesti  all'autorita'  locale,
ect.
  Tra gli interessati, legittimati a presentare una rituale richiesta
all'amministrazione,  sono  da   annoverare   anche   gli   organismi
rappresentativi  di  interessi  diffusi, di interessi collettivi o di
categoria. Significativo puo' essere il riferimento alle associazioni
ambientalistiche,  cosi'  come  definite dalla legge n. 349 del 1986,
alle associazioni sindacali, a quelle costituite per la  salvaguardia
di interessi professionali, etc.
  E'  opportuno  precisare  che  la  vigenza  di norme attributive di
valore positivo  al  silenzio  imputabile  all'amministrazione  (c.d.
silenzio-assenso)  non  costituisce un limite alla portata precettiva
dell'art. 328, secondo comma, c.p. Infatti e' profilabile l'interesse
opposto  alla formazione del silenzio-assenso, al fine di evitare che
inizino lecitamente le attivita' da valutare  nel  procedimento,  che
potrebbe concludersi con il silenzio del tipo suindicato.
  Ne'  si  puo'  trascurare  la  ipotesi della richiesta di misure di
ripristino o comunque sanzionatorie in  rapporto  alla  realizzazione
totale o parziale di iniziative difformi rispetto alle norme vigenti,
ancorche' precedute dalla formazione del silenzio-rifiuto.
  Il  fatto che il secondo comma dell'art. 328 c.p. dispone nel senso
che il reato si consuma dopo l'inutile decorso del termine di  trenta
giorni  dalla  richiesta  non  equivale  a  superamento  delle  norme
relative ai singoli procedimenti amministrativi, la durata dei  quali
dipende  anche  dalle  esigenze  istruttorie,  che non possono essere
disattese o compresse entro termini insufficienti.
  La  stessa norma penale non importa la sostituzione dei principi in
tema di formazione del silenzio-rifiuto o del silenzio-rigetto.
  Invero,  nessuna disposizione dello stesso art. 328, secondo comma,
riguarda   il   valore   da   attribuire    all'inerzia    imputabile
all'amministrazione tenuta a provvedere.
  D'altra  parte,  la  norma  incriminatrice  in  esame ha ad oggetto
comportamenti  di  persone  fisiche,  preposte  all'esplicazione   di
funzioni  o  servizi  pubblici,  e  non  disciplina i singoli aspetti
dell'azione amministrativa.
  Oltre  tutto,  la  modifica della normativa sul silenzio imputabile
all'amministrazione pubblica importerebbe anche la delineazione degli
oneri, delle facolta', dei doveri a carico degli amministrati nei cui
confronti il silenzio si e' formato.
  L'art.  328,  secondo  comma,  e' del tutto privo della indicazione
delle conseguenze, derivanti dall'inutile scadenza dei trenta giorni,
sul piano dei rapporti tra amministrazione e amministrati.
  Per  altro  verso,  la citata norma penale dispone, come si e' gia'
accennato, nel senso del necessario concorso dell'omissione di atto e
dell'omissione di risposta sulle ragioni del ritardo.
  Pertanto    la    risposta   indicata   da   ultimo   preclude   la
configurabilita' del reato.
  La  possibilita' di fornire la risposta giustificatrice del ritardo
postula che il termine di trenta giorni non costituisce un limite  di
tempo   invalicabile   per   l'amministrazione   e   per  gli  stessi
amministratori,   relativamente   alla   conclusione   dei    singoli
procedimenti amministrativi.
  La  prospettabilita'  di  ragioni  giustificatrici  consistenti  in
fattori di ordine strutturale, in carenza di  organico,  esigenze  di
addestramento   del   personale,   nel  rispetto  dei  tempi  tecnici
irriducibili e connessi allo  svolgimento  delle  singole  procedure,
equivale   ad  ammettere  la  legittima  proseguibilita'  dell'azione
amministrativa in vista dell'efficiente completamento.
  I motivi, che possono giustificare il difetto di adozione dell'atto
nel  termine  di  trenta  giorni,  e  che  devono  essere  comunicati
all'interessato, possono ad esempio riguardare:
    a) la particolare complessita' dell'istruttoria;
    b) la necessita' di acquisire pareri amministrativi o tecnici;
    c) la effettuazione di accertamenti di fatti semplici o di natura
tecnica;
    d) l'elevato numero di pratiche da evadere;
    e)   l'elevato   numero   di   documenti   da  acquisire,  talora
accompagnato dal fatto che parte di essi deve provenire  dall'istante
o da terzi;
    f)  altre  ragioni  specifiche che non consentono il rispetto del
termine.
  La  consumazione  del  reato  postula, oltre alla condotta omissiva
specificata sopra, il grado di colpevolezza massimo, cioe'  il  dolo.
Questa  conclusione  si  desume dai principi posti dal codice penale,
relativi all'elemento soggettivo dei  delitti,  nella  cui  categoria
rientra  il  reato  previsto dall'art. 328, secondo comma, piu' volte
citato, che e' privo di qualunque disposizione dalla quale  si  possa
desumere il carattere colposo del delitto suindicato.
  Peraltro  non e' sufficiente, ai fini della consumazione del reato,
che il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio abbiano
la  sola  conoscenza  e  volonta'  dell'omissione.  E' indispensabile
invece che  alla  consapevolezza  del  ritardo  o  dell'omissione  si
accompagni l'intenzione di omettere o ritardare l'atto, ancorche' non
sia necessario il dolo specifico, cioe' la presenza di un particolare
scopo costituente la ragione del comportamento omissivo.
                                                 Il Ministro: GASPARI