Agli ispettorati compartimentali delle imposte dirette Agli uffici distrettuali delle imposte dirette Ai centri di servizio delle imposte dirette Al comando generale della Guardia di finanza e, p.c: Al Servizio centrale degli ispettori tributari Alla Direzione generale degli affari generali e del personale - Servizio ispettivo La legge 30 dicembre 1991, n. 413, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 305 del 31 dicembre 1991, reca, negli articoli da 24 a 27, disposizioni concernenti la rivalutazione obbligatoria dei fabbricati e delle aree fabbricabili delle imprese. La disciplina contenuta in dette disposizioni, pur ricalcando quella di precedenti leggi di rivalutazione, se ne differenzia per alcune sue peculiarita'. E' da rilevare, infatti, che le leggi di rivalutazione intervenute nel periodo compreso tra il 1952 ed il 1983 rispondevano all'esigenza di adeguare i valori dei beni iscritti in bilancio al mutato potere di acquisto della moneta in dipendenza di un persistente fenomeno inflattivo verificatosi in detto periodo e, pertanto, di rendere piu' rappresentative le poste del bilancio stesso. La rivalutazione disciplinata dalle predette leggi era facoltativa e non comportava il pagamento di alcuna imposta, salvo l'acquisizione a tassazione del saldo di rivalutazione nell'esercizio in cui se ne verificavano i presupposti. La legge 29 dicembre 1990, n. 408, ha, per la prima volta, regolamentato una rivalutazione non monetaria allo scopo di "coniugare da un lato opportunita' di chiarezza e trasparenza di bilancio non disgiunte da effetti economici apprezzabili per le imprese e dall'altro imprescindibili necessita' di rigore quali la presente situazione impone", prevedendo, tra l'altro, l'assoggettamento dei maggiori valori attribuiti ai beni rivalutati ad una imposta sostitutiva dell'IRPEF, dell'IRPEG e dell'ILOR. La rivalutazione di cui alla citata legge 30 dicembre 1991, n. 413, pur perseguendo finalita' analoghe a quelle della citata legge n. 408 del 1990, se ne discosta per il fatto di essere obbligatoria e di riguardare soltanto taluni beni immobili. In ottemperanza a quanto previsto dall'art. 27, comma 2, della legge n. 413 in esame, e' stato emanato, in data 13 febbraio 1992, il decreto ministeriale con il quale sono state stabilite le modalita' di attuazione delle disposizioni contenute nei richiamati articoli da 24 a 27 della legge stessa. Allo scopo di fornire ulteriori precisazioni e chiarimenti, ad integrazione di quelli gia' contenuti nel citato decreto, con la presente circolare vengono dettagliatamente esaminate le anzidette disposizioni di cui si riportano in allegato i testi, unitamente a quello del menzionato decreto ministeriale. 1 - Ambito soggettivo di applicazione. Nel delimitare l'ambito soggettivo di applicazione delle norme concernenti la rivalutazione, la legge 30 dicembre 1991, n. 413, negli articoli 24, comma 1, e 26, comma 7, riproduce sostanzialmente l'elencazione di cui agli articoli 1 e 5 della legge 29 dicembre 1990, n. 408, alla quale risale l'ultima regolamentazione della specifica materia. I soggetti titolari di reddito d'impresa, che sono i soli interessati alle particolari disposizioni sulla rivalutazione, vanno pertanto individuati come segue: a) i soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e cioe' societa' per azioni, societa' in accomandita per azioni, societa' a responsabilita' limitata, societa' cooperative e societa' di mutua assicurazione, che siano residenti nel territorio dello Stato (art. 24, comma 1, della legge); b) i soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lettera b), del citato T.U.I.R., cioe' gli enti commerciali pubblici e privati residenti nel territorio dello Stato (art. 24, comma 1, della legge); c) i soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lettera c), del citato T.U.I.R. e cioe' gli enti non commerciali pubblici e privati residenti nel territorio dello Stato (art. 26, comma 7, della legge); d) le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato che svolgono attivita' produttiva di reddito d'impresa secondo quanto previsto dall'art. 51 del T.U.I.R. (art. 26, comma 7, della legge); e) le societa' in nome collettivo e in accomandita semplice e quelle ad esse equiparate di cui all'art. 5 del T.U.I.R. residenti nel territorio dello Stato (art. 26, comma 7, della legge); f) le persone fisiche non residenti e le societa' e gli enti di ogni tipo di cui dall'art. 87, comma 1, lettera d), del T.U.I.R., che esercitano attivita' commerciali nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni (art. 26, comma 7, della legge). Con riguardo alle imprese ammesse a fruire di regimi semplificati di contabilita', si precisa che sono obbligati alla rivalutazione anche le imprese il cui reddito si determinava, fino al 31 dicembre 1991, con i criteri di cui all'art. 80 del T.U.I.R., soppresso dall'art. 4, comma 4, della legge n. 413 del 1991. Sono altresi' obbligati alla rivalutazione le imprese in liquidazione e quelle ammesse al concordato preventivo. In caso di concordato preventivo con cessione di tutti i beni, di cui all'art. 160, comma 2, n. 2), della legge fallimentare (R.D. 16.3.42, n. 267), l'obbligo della rivalutazione sussiste soltanto se, alla data di chiusura dell'esercizio con riferimento al quale la rivalutazione deve essere effettuata, non e' stata presentata al tribunale la domanda per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo. Ai sensi dell'art. 1, comma 3, del decreto ministeriale di attuazione delle disposizioni in commento, non sono obbligati ad effettuare la rivalutazione le imprese che, alla data di chiusura dell'esercizio con riferimento al quale la rivalutazione deve essere eseguita, sono state dichiarate fallite o sottoposte a liquidazione coatta amministrativa. 2 - Ambito oggettivo. Ai fini della rivalutazione gli immobili dell'impresa debbono essere classificati in tre categorie. Le prime due riguardano i fabbricati, mentre la terza concerne le aree fabbricabili. Come si e' accennato in precedenza, la rivalutazione imposta dalla legge n. 413 non riguarda tutti i beni immobili, ma, relativamente alle aree, soltanto quelle qualificate come fabbricabili dai piani regolatori e, per le costruzioni, come risulta dall'art. 2, comma 3, del decreto di attuazione, quelle classificabili in catasto nelle categorie A, B e C, nonche', per quelle classificabili nelle categorie D ed E, le costruzioni indicate come tali nelle vigenti tabelle dei coefficienti di ammortamento sotto le voci: A) edifici; B) fabbricati destinati all'industria; C) fabbricati destinati alla grande distribuzione; D) costruzioni leggere (escluse quelle non aventi il requisito della stabilita'). Al contrario le costruzioni classificabili nelle altre voci delle predette tabelle non rilevano in quanto, anche se costituiscono beni immobili, si considerano come impianti che unitamente ai macchinari, restano esclusi dalla rivalutazione, ancorche' infissi al suolo, ai sensi dell'art. 2, comma 3, del decreto di attuazione. Tuttavia, qualora come nell'ipotesi di impianti di distribuzione di carburanti, oltre agli impianti veri e propri e alle pertinenze strettamente necessarie per la loro funzionalita', si rinvengono edifici suscettibili di autonoma utilizzazione immobiliare come, ad esempio, bar, negozi, officine, ecc., tali edifici dovranno formare oggetto di autonoma rivalutazione. Per quanto concerne i fabbricati, non basta stabilire le loro caratteristiche ai fini degli ammortamenti, ma occorre altresi' fare riferimento alle loro caratteristiche catastali, anche perche' il calcolo della rivalutazione varia a seconda che il fabbricato sia classificato nelle categorie A, B e C ovvero nelle categorie D ed E. Ai fini della classificazione dei beni occorre fare riferimento alle risultanze dei certificati catastali a meno che l'immobile non risulti ancora accatastato: in tal caso la rivalutazione deve essere effettuata in base alle effettive caratteristiche dell'immobile stesso. Per i fabbricati non ancora accatastati, assimilabili a quelli che sono gia' stati accatastati nelle categorie A, B o C, il metodo di rivalutazione da adottare e' quello basato sulla rendita catastale (art. 25, comma 1, lettera a) e va assunta come rendita catastale quella attribuita agli immobili similari. Se, invece, il fabbricato non accatastato presenta le caratteristiche di un fabbricato a destinazione speciale o particolare, la rivalutazione dovra' essere eseguita con riferimento ai costi storici e applicando i coefficienti di cui alla lettera b) del comma 1 dell'art. 25. Qualora un immobile risulti gia' accatastato, le risultanze catastali vanno disattese solo se il possessore ha sottoposto l'immobile stesso a variazioni o adattamenti tali da mutarne la classificazione catastale: in tal caso la rivalutazione deve tener conto delle nuove caratteristiche catastali dell'immobile anche se il nuovo accatastamento non risulti ancora avvenuto; e cio' non solo quando il possessore abbia gia' presentato la domanda per il nuovo accatastamento, ma anche quando detta domanda sia stata omessa. Per quanto concerne le aree, qualora esse non risultino accatastate unitamente ad un fabbricato (o comunque ammortizzabili come pertinenza di un fabbricato in base alle vigenti tabelle), occorre verificare se sussista il requisito della edificabilita'. Tale requisito e' da ritenersi senz'altro mancante qualora si sia in presenza di un terreno agricolo accatastato come tale nel catasto rustico; negli altri casi l'edificabilita' deve escludersi quando l'area non e' prevista dal relativo piano regolatore fra le aree fabbricabili. Non possono comunque ritenersi edificabili le aree sottoposte a vincoli giuridici, di natura pubblica o privata, che escludono in via permanente la possibilita' di costruire sull'area edifici classificabili in catasto nelle categorie A, B, C, D ed E. Al contrario e' da ritenersi che l'edificabilita' non e' esclusa da vincoli temporanei, anche se questi ultimi dovranno essere tenuti presenti per la determinazione del valore di mercato dell'area stessa. Naturalmente, come avviene per tutti gli altri requisiti richiesti dalla legge n. 413 (salvi i casi eccezionali esplicitamente previsti), il requisito della edificabilita' va verificato alla data di chiusura dell'esercizio con riferimento al quale la rivalutazione deve essere eseguita e, pertanto, l'area va rivalutata anche se tale requisito non sussisteva alla data di chiusura dell'esercizio precedente. Nel caso di costruzione iniziata nel corso del 1991 su un'area gia' posseduta alla data di chiusura dell'esercizio chiuso nel 1990, l'area non forma di per se' oggetto di rivalutazione come area edificabile; la rivalutazione, invece, dovra' essere operata sul fabbricato e, in particolare, con i criteri previsti per le unita' immobiliari classificate in catasto nelle categorie A, B e C qualora rientri in una di dette categorie e risulti ultimato entro il 31 dicembre 1991, ovvero con i criteri previsti per le unita' immobiliari classificabili nelle categorie D ed E, qualora il fabbricato stesso sia classificabile in una di dette categorie. Questi ultimi criteri si applicano altresi' qualora il fabbricato sia in corso di costruzione alla data di chiusura dell'esercizio con riferimento al quale la rivalutazione deve essere eseguita quale che sia la configurazione che esso assumera' dopo il suo completamento (e cioe' anche se il fabbricato dovra' essere classificato nelle categorie A, B o C). In tal caso, il costo complessivo figurante nel bilancio relativo all'esercizio precedente quello con riferimento al quale la rivalutazione deve essere effettuata va unitariamente rivalutato con il coefficiente 1,05 previsto per l'anno 1990. Sempre in merito al problema dell'esatta individuazione delle aree fabbricabili occorre precisare che nel caso di costituzione di un diritto di superficie non ancora utilizzato, la rivalutazione deve essere operata in linea di principio, sia dal proprietario del suolo che dal titolare del diritto di superfice. Come risulta dal quarto comma dell'art. 2 del D.M. 13 febbraio 1992, la costituzione dei diritti reali parziali non esime di per se' dalla rivalutazione ne' il nudo proprietario ne' il titolare del diritto reale parziale: al contrario, se la costituzione di un diritto reale parziale determina l'iscrivibilita' di un bene non solo nel bilancio del dante causa, ma anche in quello dell'avente causa, entrambi i soggetti debbono procedere alla rivalutazione se il bene e' classificabile fra i "terreni" o fra i "fabbricati", e piu' in particolare se il diritto sul "terreno" comporta il diritto di edificazione. Naturalmente le caratteristiche del diritto di superfice (ad esempio la durata, l'ampiezza, l'esclusivita', ecc.) influiranno sul valore del diritto stesso e, per converso, sul valore della nuda proprieta', e di cio' si terra' conto ai fini del limite quantitativo che la rivalutazione incontra nel valore di mercato. Nel caso che il diritto di superfice insista su un fabbricato, resta fermo l'obbligo per entrambi i soggetti di procedere alla rivalutazione, ma il sistema di calcolo non sara' il medesimo in quanto l'avente causa rivalutera' il diritto di superficie come "area fabbricabile", mentre il dante causa procedera' alla rivalutazione del fabbricato. Il proprietario di un fabbricato adottera' il sistema di rivalutazione proprio dei fabbricati anche quando questi ultimi sono suscettibili di sopraelevazione ma non formano oggetto di diritti di superfice concessi a terzi. La facolta' di sopraelevazione che resta nell'ambito del piu' generale diritto di proprieta' e che non si e' resa autonoma attraverso la costituzione di un separato diritto concesso a terzi, influenza il valore del fabbricato ma non puo' essere considerata come una "area fabbricabile" suscettibile di autonoma rivalutazione. Con riferimento alle aree fabbricabili, si rileva che ai sensi dell'art. 25, comma 1, lettera b), l'obbligo della rivalutazione op- era limitatamente a quelle individuate come tali negli strumenti urbanistici. Al riguardo e' sufficiente che detta individuazione risulti da un piano regolatore generale e quindi non occorre un piano regolatore particolareggiato. Non sono rivalutabili i fabbricati e le aree fabbricabili posseduti da societa', enti o imprese individuali che hanno per oggetto esclusivo o principale le costruzioni edilizie e che sono stati acquistati o realizzati dalla societa', dall'ente o dall'impresa che li possiede, fermo restando che devono essere rivalutati quelli che alla data di chiusura dell'esercizio chiuso nell'anno 1990 si considerano beni strumentali per l'esercizio dell'impresa nonche' quelli che alla medesima data non costituiscono beni alla cui produzione o al cui scambio e' diretta l'attivita' dell'impresa, giusta il disposto dell'art. 24, comma 3, della legge e dell'art. 3, comma 1, del relativo decreto di attuazione. A tal fine, occorre far riferimento alle risultanze delle scritture contabili relative al predetto anno 1990. Si precisa, in conformita' a quanto gia' affermato in altre analoghe occasioni, che l'oggetto esclusivo o principale dell'attivita' dell'impresa e' desumibile dall'atto costitutivo, dallo statuto o dalla legge istitutiva dell'ente e che a tal fine non assumono rilievo le attivita' che possono essere svolte in via sussidiaria o meramente strumentale per il conseguimento delle finalita' primarie. In mancanza dell'atto costitutivo o dello statuto e, comunque, per le imprese individuali, l'oggetto principale o esclusivo va determinato in base alle risultanze dei registri delle camere di commercio e dell'attivita' effettivamente esercitata. In coerenza con quanto precisato nella circolare n. 9 del 10 aprile 1991, relativamente alle imprese individuali, i beni strumentali per natura di cui all'art. 40, comma 2, secondo periodo, del T.U.I.R., si considerano relativi all'impresa e quindi rivalutabili, qualora siano stati indicati nell'inventario di cui all'art. 2217 del codice civile relativo all'esercizio 1990 o, per le imprese minori, nel registro dei beni ammortizzabili. Si ribadisce che, con riguardo alle societa' di fatto, devono essere rivalutati anche gli immobili innanzi specificati, iscritti nel pubblico registro a nome dei soci, sempre che siano utilizzati esclusivamente come strumentali per l'esercizio dell'impresa, stante che, a norma dell'art. 77 del T.U.I.R., detti beni si considerano relativi all'impresa ove ricorra la predetta condizione. Sempre con riferimento alle imprese individuali devono altresi' essere rivalutati gli immobili strumentali per destinazione indipendentemente dalla circostanza che per essi l'imprenditore si avvalga della facolta' di esclusione dal patrimonio dell'impresa a norma dell'art. 58, comma 2, della legge n. 413 del 1991. Inoltre, devono essere rivalutati i fabbricati e le aree fabbricabili posseduti in regime di comproprieta' limitatamente alla quota appartenente ai soggetti titolari di redditi d'impresa. Devono infine essere rivalutati i fabbricati costruiti sul suolo di terzi in dipendenza dell'acquisizione del diritto di superfice, da parte della impresa superficiaria, fermo restando in capo all'impresa concedente l'obbligo di rivalutare l'area su cui insiste il fabbricato, con i criteri di cui si e' fatto cenno in precedenza. Per quanto riguarda le imprese concessionarie, occorre precisare che, ferma restando l'impossibilita' di rivalutare la concessione in quanto tale, non si puo' invece escludere in ogni caso la rivalutazione di singoli beni ancorche' gratuitamente devolvibili. Il vincolo della devoluzione gratuita puo' formare oggetto di apprezzamento in sede di determinazione del valore di mercato, ma non puo' escludere di per se' la rivalutazione di quei cespiti che formino oggetto di autonomi diritti a favore del concessionario e di cui quest'ultimo possa effettivamente e liberamente disporre nel corso della concessione. Nell'ipotesi di aziende date in affitto o in usufrutto l'obbligo della rivalutazione, relativamente agli immobili rientranti nell'ambito oggettivo di applicazione della legge, ricade sull'affittuario o sull'usufruttuario. La rivalutazione non e' obbligatoria per i beni di cui all'art. 24, comma 2, della legge e all'art. 4 del relativo decreto di attuazione. Tale regime esonerativo trova la sua giustificazione o nella natura dei soggetti cui appartengono i beni e/o nella destinazione di essi allo svolgimento delle attivita' espressamente considerate nelle suindicate disposizioni aventi rilevanza sociale o di pubblica utilita' ovvero nella disciplina vincolistica di cui alla legge 1' giugno 1939, n. 1089, alla quale i beni stessi sono soggetti. Al riguardo, va precisato che, relativamente ai beni per i quali l'esonero dall'obbligo della rivalutazione si ricollega esclusivamente al fatto oggettivo della loro destinazione allo svolgimento delle anzidette attivita', l'esonero stesso compete limitatamente alle unita' immobiliari destinate allo svolgimento delle attivita' medesime e indipendentemente dalla circostanza che tale svolgimento avvenga da parte di soggetti diversi dalle imprese cui appartengono i beni medesimi, in conformita' a quanto precisato nell'art. 4, comma 2, del decreto di attuazione. E' appena il caso di osservare che le predette imprese hanno facolta' di eseguire la rivalutazione; nel qual caso si rendono applicabili le disposizioni in rassegna. 3 - Condizioni. La rivalutazione e' obbligatoria se ricorrono le seguenti condizioni: a) che i beni siano stati acquisiti entro la data di chiusura dell'esercizio chiuso nell'anno 1990 e che risultino iscrivibili nel bilancio o rendiconto relativo a detto esercizio ovvero, per i soggetti ammessi a fruire di regimi semplificati di contabilita', nei registri previsti dagli articoli 16 e 18 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; b) che i beni siano iscrivibili nel bilancio o rendiconto ovvero nei registri indicati nella precedente lettera a), relativi all'esercizio con riferimento al quale deve essere eseguita la rivalutazione. Con riguardo alla lettera sub a), si osserva, in conformita' a quanto affermato in altre analoghe occasioni, che i beni si considerano acquisiti al patrimonio dell'impresa alla data in cui si verifica l'effetto traslativo o costitutivo della proprieta' o di altro diritto reale, mentre, per i beni prodotti dal soggetto, direttamente o da altri per suo conto, si ha riguardo alla data in cui sono iscrivibili in contabilita'. Per i beni provenienti da societa' fuse o incorporate si fa riferimento alla data in cui sono stati acquisiti dalle societa' stesse, giusta il disposto dell'art. 2, comma 2, del decreto di attuazione. Analogo principio si applica nell'ipotesi di immobili acquisiti a seguito di conferimento effettuato da enti e societa' beneficiari delle operazioni di ristrutturazione di cui alla legge 30 luglio 1990, n. 218, nel senso che occorre aver riguardo alla data in cui detti immobili sono stati acquisiti dall'ente o societa' conferente. Conformemente a quanto gia' rilevato con la richiamata circolare n. 9 del 10 aprile 1991, si osserva che la disposizione contenuta nell'art. 26, comma 8, con riguardo alle imprese minime, si applica limitatamente alla parte in cui si fa riferimento all'art. 18 del D.P.R. n. 600 del 1973, atteso che, ai sensi dello stesso articolo dette imprese non hanno l'obbligo, tra l'altro, di tenere il registro dei beni ammortizzabili in vigenza dell'art. 80 del T.U.I.R. Con riferimento alla condizione di cui alla lettera sub b), si ribadisce che non opera l'obbligo della rivalutazione per i beni che alla data di chiusura dell'esercizio con riferimento al quale deve essere eseguita la rivalutazione siano stati alienati o distrutti. E' da sottolineare che devono essere rivalutati tutti i beni sopra descritti anche se non siano stati indicati nelle scritture contabili sopra specificate, sempre che risultino acquisiti alla data di chiusura dell'esercizio chiuso nel 1990 e costituiscano beni relativi all'impresa. E' da evidenziare che l'eventuale diversa destinazione attribuita ai beni che alla data di chiusura dell'esercizio chiuso nel 1990 costituivano beni strumentali o comunque non rientranti tra quelli alla cui produzione o al cui scambio e' diretta l'attivita' dell'impresa, non fa venir meno l'obbligo di sottoporli a rivalutazione. 4 - Calcolo della rivalutazione. Ai fini del calcolo della rivalutazione, l'art. 25 della legge prevede tre criteri distinti a seconda che si tratti di: 1 fabbricati classificabili nelle categorie A B e C; 2 fabbricati classificabili nelle categorie D ed E; 3 aree fabbricabili. Nel caso sub 1) vanno assunti i valori che risultano applicando all'ammontare delle rendite catastali determinate dall'amministrazione del catasto e dei servizi tecnici erariali, a seguito della revisione generale disposta con il decreto del Ministro delle finanze del 20 gennaio 1990 e attuato con il D.M. 27 settembre 1991, un moltiplicatore pari a 100 per le unita' immobiliari classificate nei gruppi catastali A, B e C, con esclusione delle categorie A/10 e C/1; pari a 50 per quelle classificabili nelle categorie A/10 e pari a 34 per quelle classificate nella categoria C/1. Nel caso sub 2) si assume il valore che si ottiene moltiplicando il costo originariamente assunto in bilancio per il coefficiente relativo all'anno di acquisizione. A tale proposito si precisa che, relativamente ai beni costruiti in economia o in appalto nel corso di piu' esercizi ma completati entro la data di chiusura dell'esercizio chiuso nell'anno 1990, deve essere applicato il coefficiente previsto per l'anno nel quale il bene e' stato ultimato ed iscritto nel relativo bilancio. L'importo che ne risulta va sommato a quello che si ottiene moltiplicando gli eventuali maggiori valori derivanti da rivalutazioni e da costi incrementativi per i coefficienti relativi agli anni in cui le rivalutazioni sono state effettuate ed i costi incrementativi sostenuti. A tal fine non si tiene conto delle rivalutazioni e dei costi incrementativi contabilizzati nell'esercizio con riferimento al quale la rivalutazione deve essere eseguita, in conformita' a quanto disposto dall'art. 5, comma 4, del decreto di attuazione. In coerenza con quanto chiarito con il successivo comma 6 di detto decreto, devono essere presi in considerazione sia le rivalutazioni previste da specifiche disposizioni di legge, con esclusione di quella di cui alla legge 29 dicembre 1990, n. 408, sia le rivalutazioni economiche che hanno concorso a formare il reddito nonche' quelle effettuate in sede di fusione o dalle imprese di assicurazione ai sensi dell'art. 36 della legge 10 giugno 1978, n. 295. Nel caso sub 3), va assunto il valore pari all'80 per cento del valore venale in comune commercio. L'ammontare determinato per ciascun bene mediante l'applicazione dei criteri sopra indicati va diminuito del costo fiscalmente riconosciuto al netto delle quote di ammortamento gia' dedotte e dell'ammontare dell'eventuale rivalutazione effettuata ai sensi della legge n. 408 del 1990. A tale proposito si precisa che si comprendono tra le quote di ammortamento gia' dedotte anche quelle relative all'esercizio con riferimento al quale la rivalutazione deve essere eseguita, tranne la parte di esse derivante dai maggiori valori e dai costi incrementativi contabilizzati nell'esercizio stesso i quali, come gia' evidenziato, sono esclusi dal calcolo della rivalutazione relativamente ai fabbricati di cui alle categorie D ed E. Agli effetti della determinazione del costo fiscalmente riconosciuto, vanno computati gli ammortamenti ordinari, anticipati ed accelerati, nonche' quelli derivanti dalle plusvalenze reinvestite ai sensi dell'art. 54, comma 5, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597. Nell'ipotesi di beni gratuitamente devolvibili di cui all'art.70 del citato D.P.R. n. 597 del 1973 e 69 del T.U.I.R., si tiene conto, ai predetti fini, delle quote relative all'ammortamento tecnico ovvero, qualora questo non sia stato effettuato, dalle corrispondenti quote di ammortamento finanziario. Ai sensi del comma 9 dell'art. 5 del decreto di attuazione, l'ammontare complessivo da assumere ai fini della rivalutazione e' costituito dalla somma delle differenze positive relative ai singoli beni rivalutati, diminuito di un miliardo di lire. Per effetto dell'adozione di tale metodologia non assumono rilevanza le differenze negative che si verificano nell'ipotesi in cui il valore iscritto in bilancio e' superiore a quello che si ottiene mediante l'applicazione dei criteri di cui all'art. 25, commi 1 e 2 della legge e cio' in coerenza con la ratio della particolare disciplina in esame volta a far emergere i maggiori valori attribuibili ai beni oggetto della disciplina medesima. Si rileva che, qualora l'ammontare delle differenze positive di cui all'art. 5, comma 9, del decreto di attuazione non sia superiore a lire un miliardo, resta preclusa la possibilita' di effettuare la rivalutazione ai sensi della legge n. 413 del 1991 in commento e che, pertanto, l'eventuale rivalutazione eseguita soggiace alla disciplina prevista dall'art. 54 del T.U.I.R. L'importo della rivalutazione deve essere almeno pari al 38 per cento dell'ammontare come sopra determinato e deve essere ripartito tra i beni che hanno concorso alla formazione dell'ammontare stesso, in proporzione alla differenza tra il valore attribuito a ciascun bene ai sensi del comma 1 dell'art. 25 della legge ed il costo del bene medesimo prima della rivalutazione di cui al comma 2 di detto articolo. Ai sensi del combinato disposto dei commi 8 e 10 dell'art. 5 del decreto di attuazione, per costo del bene prima della rivalutazione si intende l'ultimo valore del bene fiscalmente riconosciuto al netto dei maggiori valori e dei costi incrementativi contabilizzati nell'esercizio in cui la rivalutazione viene eseguita, ma al lordo del maggior ammortamento da essi derivante. A seguito del riparto proporzionale sopra descritto risulta determinato, per ogni singolo immobile da rivalutare, un importo (rivalutazione teorica) che va provvisoriamente sommato all'intero valore iscritto in bilancio (comprensivo dei costi incrementativi, di quelli attribuiti ai cespiti ricevuti a seguito di fusioni con disavanzo, ecc., anche se trattasi di eventi verificatisi nel corso del 1991, nonche' di ogni rivalutazione). La somma dei due valori sopra indicati (valore lordo provvisorio) va depurata degli ammortamenti iscritti nel passivo del bilancio, comprensivi di quelli stanziati per l'esercizio 1991, tenendo presente che per gli ammortamenti non e' prevista alcuna rivalutazione. La differenza cosi' ottenuta (valore netto provvisorio) va posta a raffronto con il valore effettivamente attribuibile al cespite sulla base delle quotazioni esistenti sul mercato immobilare alla data di chiusura dell'esercizio con riferimento al quale la rivalutazione deve essere effettuata. Se il valore di mercato risulta pari o superiore alla predetta differenza, la rivalutazione teorica deve trovare effettiva iscrizione in bilancio, determinandosi cosi' l'evidenziazione nel bilancio stesso della plusvalenza che il terzo comma dell'art. 25 as- sume come base imponibile dell'imposta sostitutiva. In caso contrario la rivalutazione teorica puo' trovare effettiva iscrizione in bilancio soltanto nella misura in cui il nuovo valore netto definitivo di bilancio (valore rivalutato iscritto nell'attivo al netto degli ammortamenti) risulti contenuto nei limiti del valore di mercato. L'eccedenza che non puo' trovare collocazione nel valore di bilancio del singolo cespite non concorre a formare la base imponibile dell'imposta sostitutiva. Per il caso particolare in cui i beni rivalutabili ai sensi della legge in commento abbiano gia' formato oggetto di rivalutazione ai sensi della legge 29 dicembre 1990, n. 408, il valore teorico di rivalutazione deve essere diminuito del maggior valore ad essi attribuito per effetto dell'applicazione della suddetta legge n. 408, cio' perche' occorre evitare che la rivalutazione eseguita ai sensi di quest'ultima legge venga assoggettata al pagamento dell'imposta sostitutiva in aggiunta a quella corrisposta ai sensi della legge medesima. Resta fermo pero' che il valore cosi' determinato deve essere sommato all'intero valore iscritto nell'attivo del bilancio (comprensivo della rivalutazione ex lege n. 408/90) per l'effettuazione di tutti i calcoli residui. Secondo quanto e' dato desumere dall'art. 25, comma 2, della legge e come chiarito dall'art. 5, comma 12, del decreto di attuazione, la rivalutazione puo' essere effettuata anche per la parte che eccede il 38 per cento dell'ammontare complessivo determinato con i criteri di cui ai suindicati articoli e fino a concorrenza dell'ammontare medesimo. In tal caso si applicano le stesse disposizioni concernenti la rivalutazione obbligatoria nell'anzidetto limite del 38 per cento. E' altresi' in facolta' dei soggetti destinatari delle disposizioni in commento effettuare la rivalutazione dei beni, fino a concorrenza dei valori di mercato, secondo i criteri ordinari di cui all'art. 54, comma 1, lettera c) del T.U.I.R., subordinatamente alla condizione che quella eseguita ai sensi della legge n. 413 in esame sia stata utilizzata per l'intero ammontare complessivo sopra indicato. E' appena il caso di osservare che qualora i soggetti interessati intendano avvalersi della disposizione di cui al citato art. 54, la condizione dell'utilizzo suddetto opera relativamente alla quota dell'ammontare complessivo imputabile ai beni per i quali si intende esercitare detta facolta'. Con l'ultimo periodo del menzionato art. 5, comma 12, del decreto di attuazione, si e' stabilito che gli enti e le societa' beneficiarie delle operazioni di ristrutturazione di cui alla legge 30 luglio 1990, n. 218, possono pur sempre eseguire la rivalutazione ai sensi della legge n. 413 del 1991. In tal caso eventuali rivalutazioni ai sensi dell'art. 54 del T.U.I.R. ovvero ai sensi della legge n. 408 del 1990 possono essere effettuate a condizione che sia stata utilizzata per intero la rivalutazione di cui alla predetta legge n. 413. Qualora la rivalutazione effettuata ex lege n. 413 del 1991 coesista con quella eseguita ai sensi della legge n. 408 del 1990, e' necessario che alla dichiarazione dei redditi sia allegato un prospetto recante una distinta analisi delle due rivalutazioni nonche' l'indicazione separata, qualora sia stato iscritto un unico saldo in bilancio, della quota di tale saldo relativa alla rivalutazione ex lege n. 413 e della quota relativa alla rivalutazione ex lege n. 408. In tal caso dovranno essere eseguiti versamenti separati dell'imposta sostitutiva. Ai sensi dell'art. 5, comma 13, del decreto di attuazione, con riguardo ai soggetti di cui trattasi, la quota dell'ammontare complessivo della rivalutazione attribuibile a ciascun bene va imputata, fino a concorrenza del valore di mercato, in aumento del valore di bilancio relativo al bene stesso, comprensivo di quello attribuito in sede di conferimento effettuato ai sensi della legge n. 218 del 1990, ancorche' fiscalmente non riconosciuto, con la conseguenza che l'obbligo della rivalutazione non opera agli effetti fiscali in relazione alla differenza tra il valore di bilancio e quello fiscalmente riconosciuto. Tale previsione e' diretta ad evitare che mediante una rivalutazione, avente esclusiva rilevanza fiscale, restino vanificati i benefici fiscali di cui all'art. 7 della richiamata legge n. 218. Ovviamente, nei confronti degli anzidetti enti e societa' creditizie, resta impregiudicata la facolta' specificamente prevista dall'art. 28 della legge n. 413 di eseguire la rivalutazione ai sensi della legge n. 408 del 1990, sempre che, con riguardo agli immobili sopra specificati, ivi compresi quelli acquisiti nell'esercizio chiuso nell'anno 1990, sia rispettata la condizione di cui allo stesso art. 28, comma 3, della legge n. 413. Conseguentemente, detti soggetti restano esonerati dall'obbligo di eseguire la rivalutazione ai sensi di quest'ultima legge. Qualora le societa' e gli enti suindicati si avvalgano dell'anzidetta facolta', l'imposta sostitutiva va versata con le modalita' di cui alla legge 29 dicembre 1990, n. 408, e non puo' essere compensata con eventuali crediti di imposta; in caso di rateizzazione sono dovuti gli interessi. Ai sensi dell'art. 6 del decreto di attuazione, la rivalutazione delle unita' immobiliari classificate nelle categorie D ed E, acquisite in dipendenza di contratti di locazione finanziaria, va eseguita assumendo il valore che si ottiene moltiplicando il costo iscritto originariamente nel bilancio dell'impresa concedente ed i maggiori valori derivanti da rivalutazioni e da costi incrementativi, anche se iscritti in bilancio dall'impresa utilizzatrice, per i coefficienti relativi all'anno in cui il valore o il maggior valore e' stato iscritto nel bilancio stesso. Analogamente a quanto affermato con riferimento alle unita' immobiliari non acquisite in dipendenza di contratti di leasing, non si tiene conto della eventuale rivalutazione eseguita ai sensi della legge n. 408 del 1990 ne' dei beni, dei costi incrementativi e delle rivalutazioni contabilizzati nell'esercizio con riferimento al quale la rivalutazione deve essere eseguita. Tale criterio, pur nella diversita' del meccanismo applicativo e' sostanzialmente conforme a quello adottato con riferimento alla legge di rivalutazione monetaria n. 72 del 1983 ed ha lo scopo di assimilare, ai fini di cui trattasi, i beni acquistati in dipendenza di contratto di locazione finanziaria a quelli acquisiti in modo ordinario. Relativamente alle unita' immobiliari possedute dalle imprese concedenti, si applicano gli stessi criteri previsti per la generalita' dei soggetti obbligati alla rivalutazione. Ovviamente, per quanto concerne il valore di mercato che costituisce il limite massimo della rivalutazione, occorre tener presente che il diritto di riscatto riconosciuto al locatario costituisce uno di quei limiti aventi natura privatistica che vanno apprezzati caso per caso, unitamente a tutte le altre caratteristiche dei singoli contratti, per individuare in concreto il limite massimo della rivalutazione. 5 - Imposta sostitutiva. Ai sensi dell'art. 25, comma 3, della legge e' dovuta un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche e dell'imposta lo- cale sui redditi, nella misura del 16 per cento dei maggiori valori attribuiti ai beni iscritti in bilancio. Conseguentemente detta imposta non e' dovuta per la parte dei suddetti maggiori valori non iscritta in bilancio, vuoi in dipendenza del fatto che i soggetti interessati non si sono avvalsi della facolta' di utilizzare la parte eccedente il 38 per cento dell'ammontare della rivalutazione, vuoi per effetto del superamento del valore di mercato posto quale limite entro cui puo' essere ripartito proporzionalmente tra ciascun bene il predetto ammontare. Ai sensi del successivo comma 6 del citato art. 25, l'imposta di cui trattasi deve essere versata entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel cui bilancio, rendiconto o prospetto la rivalutazione e' eseguita. Tuttavia, gli interessati possono avvalersi della facolta', barrando l'apposita casella inserita nei modelli di dichiarazione dei redditi da utilizzare per la rivalutazione, di versare detta imposta in tre rate nella misura del 34 per cento la prima e la seconda e del 32 per cento la terza, scadenti rispettivamente entro il suindicato termine, nel quarto mese e nell'undicesimo mese successivi al predetto termine. In tal caso non sono dovuti gli interessi di cui all'art. 9 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602. L'imposta sostitutiva di cui trattasi va computata in diminuzione del saldo attivo di rivalutazione ed e' indeducibile, giusta il disposto dell'art. 25, comma 6, della legge. Ai sensi del secondo periodo del citato comma 6 dell'art. 25, i contribuenti che abbiano diritto al rimborso di crediti d'imposta risultanti dalle dichiarazioni relative a periodi di imposta precedenti o da quella riguardante il periodo d'imposta nel cui bilancio, rendiconto o prospetto la rivalutazione e' stata eseguita, devono utilizzare gli importi da versare, fino al 25 per cento del loro ammontare, a titolo di compensazione di detti rimborsi, a partire da quello meno recente. A tale proposito si evidenzia che la suindicata aliquota del 25 per cento va commisurata all'intero ammontare dell'imposta sostitutiva dovuta e che la parte di essa non compensata va versata in unica soluzione ovvero, a richiesta, in tre rate con le modalita' e nei termini innanzi indicati. Si precisa che l'utilizzo dell'imposta sostitutiva non puo' riguardare crediti chiesti a rimborso nei modi ordinari o a compensazione dell'imposta dovuta per il periodo di imposta successivo, ne' quelli per i quali sia stata inoltrata apposita istanza ai sensi dell'art. 1 del decreto-legge 26 marzo 1992, n. 244 e pertanto deve riguardare esclusivamente i crediti emergenti dalle dichiarazioni per i quali e' stato chiesto il rimborso. Si osserva, inoltre, che non possono formare oggetto di compensazione gli interessi relativi ai predetti crediti, fermo restando che essi saranno riconosciuti con la procedura di rimborso ordinaria. 6 - Effetti fiscali. Il maggior valore attribuito ai beni rivalutati costituisce parte integrante del costo di acquisizione dei beni stessi e si considera fiscalmente riconosciuto ai fini dell'imposta sui redditi, ai sensi dell'art. 25, comma 7, della legge e dell'art. 8, comma 1, del relativo decreto di attuazione. Conseguentemente i predetti nuovi valori costituiscono la nuova base di applicazione dei coefficienti tabellari per la determinazione delle quote annue di ammortamento fiscalmente deducibili e, sempre con riferimento agli immobili strumentali, della deduzione nel limite del 5 per cento delle spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione di cui all'art. 67, comma 7, del T.U.I.R., sempre che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni, nonche' ai fini del computo delle plusvalenze e delle minusvalenze che si potranno realizzare nelle ipotesi previste negli articoli 54 e 66 del T.U.I.R. Ai sensi del citato comma 7, l'ammortamento dei beni rivalutati, compreso l'ammortamento finanziario dei beni gratuitamente devolvibili, puo' essere commisurato al nuovo valore ad essi attribuiti fino ad esaurimento dello stesso a decorrere dall'esercizio successivo a quello nel cui bilancio, rendiconto o prospetto la rivalutazione e' stata eseguita. Con la stessa decorrenza suindicata, le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione di cui all'art. 67, comma 7, del T.U.I.R., ricorrendo la condizione ivi prevista, possono essere commisurate, nel limite del 5 per cento, ai nuovi valori attribuiti ai beni rivalutati. Con riguardo ai beni gratuitamente devolvibili, si osserva, in conformita' a quanto disposto con l'art. 8, comma 2, del decreto di attuazione, che la maggiore quota di ammortamento finanziario non dedotta nell'esercizio con riferimento al quale e' stata eseguita la rivalutazione, va computata in aumento di quelle deducibili a partire dall'esercizio successivo in misura pari al relativo ammontare diviso per il numero dei residui anni di durata della concessione. Ai sensi della disposizione contenuta nell'ultimo periodo dell'art. 25, comma 7, della legge, le quote di ammortamento e le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione di cui al richiamato art. 67, comma 7, del T.U.I.R., relativi ai fabbricati rivalutati a norma della legge n. 408 del 1990, possono essere commisurati ai nuovi valori iscritti in bilancio, rendiconto o prospetto per effetto della legge stessa a decorrere dall'esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione e' stata eseguita. Analogamente, con riferimento agli enti e societa' beneficiarie delle operazioni di ristrutturazione di cui alla legge n. 218 del 1990, che possono eseguire la rivalutazione a norma della legge n. 408 del 1990, nel bilancio o rendiconto relativo all'esercizio successivo a quello indicato nell'art. 2 della stessa legge, qualora si avvalgano delle disposizioni ivi previste in luogo di quelle di cui alla legge n. 413, le quote di ammortamento e le spese di manutenzione, riparazione, trasformazione e ammodernamento relative ai fabbricati rivalutati, possono essere commisurati ai nuovi valori iscritti in bilancio per i predetti beni a partire dall'esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione e' stata eseguita. Il comma 8 dell'art. 25 della legge in commento, riproduce la corrispondente disposizione di cui all'art. 3, comma 4, della legge n. 408 del 1990, disponendo che nel caso di cessione a titolo oneroso, di assegnazione ai soci o di destinazione a finalita' estranee all'esercizio dell'impresa ovvero, di destinazione al consumo personale o familiare dell'imprenditore dei beni rivalutati in data anteriore a quella di inizio del terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale e' stata eseguita la rivalutazione, si ha riguardo, ai fini della determinazione della plusvalenza o della minusvalenza, al costo dei beni prima della rivalutazione. In tal caso al soggetto che ha eseguito la rivalutazione e' riconosciuto un credito di imposta ai fini dell'IRPEF o dell'IRPEG pari all'ammontare dell'imposta sostitutiva pagata nei precedenti esercizi con riferimento ai beni che hanno formato oggetto delle operazioni suindicate. Detto ammontare va portato in aumento del saldo attivo risultante dalla rivalutazione nella stessa misura, corrispondente al maggior valore attribuito ai beni oggetto delle operazioni medesime. Non compete il credito di imposta nell'ipotesi in cui i beni rivalutati siano stati esclusi dal patrimonio dell'impresa per effetto dell'opzione esercitata ai sensi dell'art. 58 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, atteso che, in tal caso non si procede alla tassazione delle plusvalenze secondo i criteri ordinari, ma si applica un'imposta sostitutiva dell'IRPEF, dell'ILOR e dell'IVA commisurata al valore determinato con i criteri di cui all'art. 52, comma 4, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131. E' appena il caso di rilevare peraltro che nel periodo di imposta in cui si verifichi una delle ipotesi di cui al citato comma 8 dell'art. 25, occorre procedere al recupero della quota di ammortamento corrispondente al maggior valore attribuito ai beni rivalutati che hanno formato oggetto delle ipotesi medesime a titolo di sopravvenienza attiva. Non rientrano tra le ipotesi suindicate l'eliminazione del processo produttivo dei beni non ancora completamente ammortizzati, il riscatto dei beni concessi in locazione finanziaria, la devoluzione gratuita dei beni al concedente, la distruzione, il danneggiamento o la perdita dei beni rivalutati. Non configura altresi' alcuna delle ipotesi innanzi indicate il conferimento effettuato da parte di enti o societa' destinatari delle operazioni di ristrutturazione di cui alla legge n. 218 del 1990, atteso che ai sensi dell'art. 7, comma 2, della stessa legge, agli effetti dell'imposta sui redditi, i conferimenti ivi considerati non costituiscono realizzo di plusvalenze, comprese quelle relative alle rimanenze e al valore di avviamento. Nel caso in cui gli enti e le societa' conferitari di cui alla menzionata legge n. 218 cedano a titolo oneroso, assegnino ai soci o destinino a finalita' estranee all'esercizio dell'impresa prima del termine indicato all'art. 25, comma 8, i beni rivalutati, acquisiti a seguito del conferimento, la differenza tra il valore risultante per effetto della rivalutazione e trasferito in sede di conferimento dei beni che hanno formato oggetto di tali ipotesi ed il costo fiscalmente riconosciuto prima della rivalutazione concorre a formare il reddito imponibile delle societa' o enti conferenti che hanno operato la rivalutazione, nei cui confronti si applica la disposizione di cui al comma 8 dell'art. 25 della legge in commento salvo quanto sara' precisato piu' avanti. Il soggetto conferitario, ai sensi del successivo comma 12, e' tenuto ad effettuare, nel termine di 30 giorni dalla data in cui si sono verificate le ipotesi indicate nel precedente comma 11 ed innanzi specificate, apposita comunicazione al soggetto conferente, allegandone copia alla propria dichiarazione dei redditi. La mancata osservanza di tale adempimento comporta l'applicazione della pena pecuniaria da 2 a 10 milioni di lire. Per connessione di materia si ritiene opportuno ricordare in questa sede che, con riferimento alla rivalutazione eseguita ai sensi della legge n. 408 del 1990, l'art. 72 della legge n. 413 del 1991 ha stabilito che le disposizioni previste dai commi 8 e 9 dell'art. 3 della citata legge n. 408 non si applicano nel caso in cui per effetto del conferimento dei beni rivalutati venga ricostituito nel patrimonio netto della societa' conferitaria, anche ai soli fini fiscali, il saldo attivo di rivalutazione per un ammontare corrispondente al maggior valore attribuito ai beni conferiti. Ricorrendo tale condizione le conseguenze che si ricollegano al verificarsi delle ipotesi di cui al comma 4 dello stesso art. 3 della legge n. 408 del 1990, ricadono sulla societa' conferitaria. Ai sensi del comma 9 dell'art. 25 della legge n. 413, dalla data in cui si verificano le ipotesi sopra specificate, il saldo attivo di rivalutazione fino a concorrenza del corrispondente maggior valore attribuito ai beni che hanno formato oggetto delle ipotesi medesime, non e' soggetto alla disciplina di cui ai commi 1, 2 e 3 della stessa legge nel senso che puo' essere liberamente distribuito senza essere assoggettato ad imposizione. 7 - Saldo attivo di rivalutazione. Analogamente a quanto previsto dalle precedenti leggi di rivalutazione monetaria, l'art. 26 della legge in argomento stabilisce quanto segue: a) il saldo attivo risultante dalla rivalutazione eseguita ai sensi della legge di cui trattasi, deve essere imputato a capitale o accantonato in una speciale riserva designata con riferimento alla legge medesima, con esclusione di ogni diversa utilizzazione; b) la riserva, ove non venga imputata a capitale, puo' essere ridotta soltanto con l'osservanza delle disposizioni dei commi secondo e terzo dell'art. 2445 del codice civile; qualora essa sia utilizzata a copertura di perdite, non si puo' far luogo a distribuzione di utili fino a quando non venga reintegrata o ridotta in misura corrispondente con deliberazione dell'assemblea straordinaria, senza l'osservanza delle disposizioni dei commi secondo e terzo dell'art. 2445 del codice civile; c) il saldo attivo, qualora venga attribuito ai soci o ai partecipanti mediante riduzione della riserva di cui al punto sub b), ovvero mediante riduzione del capitale sociale o del fondo di dotazione o patrimoniale, aumentato della imposta sostitutiva corrispondente all'ammontare distribuito, concorre a formare il reddito della societa' o dell'ente e il reddito imponibile dei soci o dei partecipanti. In quest'ultimo caso si considera che le riduzioni del capitale deliberate dopo l'imputazione a capitale delle riserve di rivalutazione, comprese quelle gia' iscritte in bilancio a norma di precedenti leggi di rivalutazione monetaria, abbiano anzitutto per oggetto, fino al corrispondente ammontare, la parte del capitale formata con l'imputazione di tali riserve. Analogamente a quanto precisato con l'art. 8, comma 4, del decreto di attuazione della legge 29 dicembre 1990, n. 408, dette riduzioni vanno imputate proporzionalmente alle riserve di rivalutazione iscritte ai sensi dell'art. 26, comma 1, della legge in commento ed a quelle iscritte in bilancio a norma di precedenti leggi di rivalutazione. Ai sensi del comma 5 dell'art. 26 nell'esercizio in cui si verificano le ipotesi indicate alla lettera sub c) al soggetto che ha eseguito la rivalutazione e' attribuito un credito di imposta, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche o dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche, pari all'ammontare dell'imposta sostitutiva pagata nei precedenti esercizi. Dalle richiamate disposizioni si evince che l'apposita riserva, nella quale e' stato accantonato il saldo in questione, si colloca fra quelle in sospensione di imposta, ancorche' i maggiori valori attribuiti ai beni rivalutati siano stati assoggettati all'imposta sostitutiva dell'IRPEF, dell'IRPEG, e dell'ILOR. Pertanto, qualora per effetto della cessione dei beni o della distribuzione del saldo si determini l'applicazione della imposta ordinaria, tale evento, come chiarito nel paragrafo 3 della circolare n. 8, prot. 9/058 del 16 marzo 1984, considerato ininfluente ai fini della maggiorazione di conguaglio e rimane quindi estraneo ai suoi meccanismi. Conseguentemente in caso di distribuzione del saldo non si fa luogo a maggiorazione di conguaglio e, in ogni caso, l'ammontare imponibile deve essere escluso dal calcolo della franchigia. Analogamente a quanto affermato nella circolare n. 23 del 18 maggio 1983 e nella circolare n. 9 del 10 aprile 1991, con riferimento alle precedenti leggi di rivalutazione, si conferma che il divieto di distribuzione mira esclusivamente alla finalita' civilistica di impedire la diminuzione del patrimonio sociale. Pertanto, il saldo attivo utilizzato per la copertura di perdite civilistiche non configura componente positivo del reddito di esercizio e, pertanto, le eventuali perdite fiscali possono essere portate in diminuzione del reddito complessivo imponibile ai sensi degli artt. 8 e 102 del T.U.I.R. riguardante, rispettivamente, le persone fisiche e gli enti non commerciali e le societa' di capitali e gli enti commerciali. Ai sensi dell'art. 26, comma 6, della legge, qualora le ipotesi di cui al precedente comma 3 dello stesso art. 26, innanzi illustrate, si verifichino in data anteriore a quella di inizio del terzo esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione e' stata eseguita, i maggiori valori attribuiti ai beni, dalla stessa data e fino a concorrenza degli importi attribuiti ai soci o ai partecipanti, si considerano riconosciuti anche ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze realizzate in relazione ai beni indicati dal contribuente. Tale previsione e' derogatoria delle disposizioni contenute nel comma 8 dell'art. 25 della legge riguardante il computo delle plusvalenze o delle minusvalenze realizzate riferibili ai beni rivalutati. La disposizione di cui all'art. 26, comma 6, sopra illustrata, si applica anche nei confronti delle societa' ed enti conferitari di cui alla legge n. 218 del 1990 nel caso in cui le societa' o gli enti conferenti di cui alla legge medesima abbiano eseguito la rivalutazione ed abbiano proceduto, nel periodo in cui rimangono sospesi gli effetti della rivalutazione stessa, alla distribuzione della riserva nella quale era stato accantonato il saldo di rivalutazione. Per effetto della disposizione di cui all'art. 26, comma 7 della legge, secondo cui la disciplina contenuta nell'art. 4 della stessa legge si applica, tra gli altri, anche alle imprese individuali, alle societa' commerciali di cui all'art. 5 del T.U.I.R., agli enti non commerciali residenti, alle persone fisiche e agli enti non commerciali non residenti che esercitano attivita' commerciale nello Stato mediante stabili organizzazioni, l'eventuale utilizzazione del saldo attivo di rivalutazione, salvo quelle per le coperture di perdite, comporta la cessazione del regime di sospensione di imposta del saldo stesso per la parte utilizzata ed il suo concorso alla formazione del reddito di impresa. 8 - Controlli degli Uffici. L'imposta sostitutiva afferente ai maggiori valori attribuiti ai beni deve essere riscossa mediante versamento diretto nei termini e modalita' precisate al precedente paragrafo n. 5. A tal fine, con decreto del Ministro delle finanze del 5 febbraio 1992 si sono confermati i numeri di codice istituiti con D.M. 21/2/1991 e precisamente il 4120 e il 2120. A tale proposito, si precisa che il versamento va eseguito utilizzando la distinta Mod. 8, Modulario F., Riscossione, n. 8 o il bollettino di conto corrente postale, Mod. 11, Modulario F., Riscossione, n. 11. Il periodo di riferimento da riportare sul modello di versamento e' l'anno per il quale si versa l'imposta, nella forma AA. AA.. Se l'esercizio sociale coincide con l'anno solare, le due ultime cifre dell'anno cui si riferisce il versamento vanno ripetute due volte: nel caso di esercizio sociale a cavallo di due anni solari, vanno riportate le ultime due cifre dei due anni cui si riferisce il versamento. L'imposta sostitutiva in questione dovuta dalle persone fisiche e societa' di persone puo' essere versata anche mediante delega alle aziende di credito, utilizzando il modello approvato con D.M. 9 maggio 1991, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 13 maggio 1991: il codice da riportare e' il 13. Ai fini del controllo circa la corretta applicazione delle disposizioni concernenti le modalita' di rivalutazione ed il pagamento dell'imposta sostitutiva dovuta, si applicano le norme contenute nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in materia di accertamento, nonche' quelle di cui agli articoli 9 e 92 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, relative agli interessi e alla sovrattassa per mancato o ritardato versamento della predetta imposta sostitutiva. Le Intendenze di Finanza e gli Ispettorati Compartimentali delle Imposte Dirette accuseranno ricevuta della presente circolare alla Direzione Generale delle Imposte Dirette; gli Uffici Distrettuali delle Imposte Dirette e i Centri di Servizio alle rispettive Intendenze di Finanza. Il Ministro: FORMICA