Ai prefetti della Repubblica
                                  Al commissario di  Governo  per  la
                                  provincia di Trento
                                  Al  commissario  di  Governo per la
                                  provincia di Bolzano
                                  Al    presidente    della    giunta
                                  regionale della Valle d'Aosta
                                  All'Istituto      nazionale      di
                                  statistica
                                     e per conoscenza:
                                  Al Gabinetto del Ministro
  In relazione a recenti notizie, riportate con evidenza dagli organi
di stampa,  circa  il  comportamento  seguito  da  un'amministrazione
comunale   nell'esaminare   le  richieste  di  iscrizione  anagrafica
avanzate da cittadini italiani, questo Ministero,  nell'ambito  delle
proprie   competenze  istituzionali,  ritiene  necessario  effettuare
alcune puntualizzazioni sulla tematica  in  questione,  affinche'  da
parte  dei  sindaci  venga adottata una linea di condotta uniforme su
tutto il territorio  nazionale  evitando,  cosi',  discriminazioni  a
danno dei cittadini da comune a comune.
  Innanzitutto,  va  ricordato che il servizio anagrafico, unitamente
ad altri, e' un servizio  di  competenza  dello  Stato,  gestito  dai
comuni  per  conto  dello  stesso  ed  il  sindaco,  nel gestire tale
servizio in veste di ufficiale di anagrafe, agisce quale ufficiale di
Governo  cioe'  quale  organo  dello   Stato   e   non   quale   capo
dell'amministrazione  comunale (art. 10 della legge 8 giugno 1990, n.
142).
  Ne consegue, pertanto, che necessariamente nella gestione  di  tale
servizio  il  sindaco  deve  uniformarsi  alla  vigente  legislazione
nazionale che non puo', peraltro, subire  interferenze  da  parte  di
altre normative ed, in particolare, di quelle regionali, nonche' alle
direttive impartite nella materia dai competenti organi governativi.
  Pertanto  il  sindaco  quale  ufficiale  di  anagrafe e di Governo,
nell'esaminare le domande di  iscrizione  anagrafica  presentate  dai
cittadini  italiani,  deve  osservare scrupolosamente la legislazione
vigente che e' costituita dalla legge 24 dicembre 1954,  n.  1228,  e
dal  decreto  del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223,
per quel che concerne la popolazione residente  in  Italia,  e  dalla
legge  27  ottobre  1988,  n. 470, e dal decreto del Presidente della
Repubblica 6 settembre  1989,  n.  323,  relativamente  ai  cittadini
italiani residenti all'estero.
  Orbene, dall'esame di detta normativa si evince che la richiesta di
iscrizione  anagrafica,  che  costituisce  un  diritto soggettivo del
cittadino, non appare vincolata ad alcuna  condizione,  ne'  potrebbe
essere  il contrario, in quanto in tal modo si verrebbe a limitare la
liberta'  di  spostamento  e  di  stabilimento  dei   cittadini   sul
territorio  nazionale  in palese violazione dell'art.  16 della Carta
costituzionale.
  Alla  luce  delle  suesposte  considerazioni,   appaiono   pertanto
contrari  alla  legge  e  lesivi  dei  diritti  dei  cittadini,  quei
comportamenti  adottati  da  alcune  amministrazioni  comunali   che,
nell'esaminare  le  richieste  di iscrizione anagrafica, chiedono una
documentazione comprovante lo svolgimento di attivita' lavorativa sul
territorio  comunale,  ovvero  la  disponibilita' di un'abitazione, e
magari, nel caso di persone coniugate, la contemporanea iscrizione di
tutti  i   componenti   il   nucleo   familiare,   ovvero   procedono
all'accertamentodell'eventuale   esistenza  di  precedenti  penali  a
carico del richiedente l'iscrizione.
  Tali comportamenti sembrano richiamare in vigore quei provvedimenti
contro l'urbanesimo, risalenti alla legge 6 luglio 1939, n. 1092, che
venne abrogata con successiva legge 10 febbraio 1961, n. 5.
  Nel rammentare che il concetto  di  residenza,  come  affermato  da
costante  giurisprudenza  e  da  ultimo  dal tribunale amministrativo
regionale del Piemonte con sentenza depositata il 24 giugno 1991,  e'
fondato  sulla  dimora abituale del soggetto sul territorio comunale,
cioe' dall'elemento  obiettivo  della  permanenza  in  tale  luogo  e
soggettivo  dell'intenzione  di avervi stabile dimora, rilevata dalle
consuetudini di vita e dallo  svolgimento  delle  relazioni  sociali,
occorre  sottolineare che non puo' essere di ostacolo alla iscrizione
anagrafica la natura dell'alloggio, quale ad  esempio  un  fabbricato
privo  di  licenza di abitabilita' ovvero non conforme a prescrizioni
urbanistiche, grotte, alloggi in roulottes.
  Tale assunto, che da sempre costituisce uno dei criteri guida nella
gestione delle anagrafi comunali, condiviso sia da  questo  Ministero
che dall'Istituto nazionale di statistica, e' conseguente al fine cui
e'  ispirata  la legislazione anagrafica e cioe' la rilevazione delle
situazioni di fatto.
  In pratica la funzione dell'anagrafe e' essenzialmente di  rilevare
la  presenza  stabile,  comunque  situata, di soggetti sul territorio
comunale, ne' tale funzione puo' essere alterata dalla preoccupazione
di tutelare altri interessi anch'essi degni di considerazione,  quale
ad  esempio  l'ordine  pubblico,  l'incolumita'  pubblica, per la cui
tutela dovranno essere azionati idonei strumenti  giuridici,  diversi
tuttavia da quello anagrafico.
   Dalle   suesposte   considerazioni  emerge  che  compito  precipuo
dell'ufficiale di anagrafe e' quello di accertare  la  corrispondenza
tra  quanto dichiarato dal cittadino, cioe' l'intenzione di risiedere
nel comune, e la res facti, ovverosia l'effettiva  presenza  abituale
dello  stesso,  che  dovra'  formare oggetto di apposito accertamento
disposto dall'ufficiale di anagrafe,  cui  spetta  esclusivamente  la
decisione   finale  -  accoglimento  o  meno  -  della  richiesta  di
iscrizione anagrafica.
   A formare tale convincimento ben possono concorrere altri elementi
di valutazione, quale l'esercizio di un qualsiasi tipo  di  attivita'
lavorativa,  l'acquisto  o  la locazione di un immobile da adibire ad
abitazione, ma non puo' certo presumersi  che  in  mancanza  di  tali
elementi il soggetto non potra' dimorare abitualmente.
  Un  simile  comportamento  adottato  dall'ufficiale  di anagrafe e'
censurabile non solo avuto riguardo alla legislazione anagrafica, ma,
oltretutto, alla luce del disposto dell'art. 3 della legge  7  agosto
1990,   n.   241,   che   impone   l'obbligo  della  motivazione  dei
provvedimenti adottati dalle pubbliche amministrazioni.
  In effetti, in presenza di quello che costituisce un diritto-dovere
del cittadino, richiedere ed avere la residenza  anagrafica,  non  si
puo'  assolutamente  ipotizzare  l'esistenza  di una discrezionalita'
dell'amministrazione comunale, ma soltanto il dovere di  compiere  un
atto  dovuto ancorato all'accertamento obiettivo di un presupposto di
fatto,  e  cioe'  la  presenza  abituale  del soggetto sul territorio
comunale.
  Con  cio'  non  si  vuol  certo  sostenere   che   vadano   accolte
indiscriminatamente  le  richieste  di  iscrizione anagrafica in base
alla sola manifestazione di volonta' dell'interessato,  ma  affermare
la  necessita' di attenersi scrupolosamente alla vigente legislazione
ed  alle  istruzioni  impartite   sia   da   questo   Ministero   che
dall'Istituto  nazionale  di  statistica,  che  ai sensi dell'art. 12
della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, esercitano la vigilanza  sulla
regolare tenuta delle anagrafi.
  Infatti, d'intesa con il suddetto Istituto, e' stato predisposto il
verbale  di  accertamento  da  usarsi  dalla  polizia  municipale, su
richiesta  dell'ufficiale  di  anagrafe,  per  gli  accertamenti   da
effettuare in caso di cambio di residenza e di abitazione.
  Dall'esame  dell'esemplare di tale verbale riportato a pag. 120 del
volume "Note ed Avvertenze" edito dall'Istat si trae un complesso  di
notizie   che,  nel  loro  insieme,  sono  mirate  a  determinare  il
convincimento  dell'ufficiale  di  anagrafe  sull'abitualita'   della
dimora del soggetto.
  Ovviamente  l'accertamento  non si esaurira' nella compilazione del
predetto verbale e l'ufficiale di anagrafe  potra'  assumere  aliunde
ulteriori  elementi  utili  allo  scopo,  ma  non  puo' assolutamente
sostenersi che le risposte  alle  domande  indicate  nel  verbale  in
questione   devono   essere   necessariamente  confortate  da  idonea
documentazione a carico dell'interessato.
  Nel ribadire l'importanza  della  problematica  in  questione,  che
investe   un   settore   dell'attivita'   amministrativa  dei  comuni
particolarmente delicato anche per  la  stretta  connessione  con  la
materia  elettorale,  si  pregano  le SS.LL. di voler dare la massima
diffusione al presente documento presso  i  comuni  della  provincia,
richiamando  la  particolare  attenzione  dei  signori  sindaci sulle
responsabilita'  sia  di  ordine  penale  che   amministrativo,   che
potrebbero  loro  derivare  da  una  impropria  gestione del servizio
anagrafico.
  Cio' anche  al  fine  di  prevenire  il  verificarsi  di  ulteriori
episodi,  che  danneggiano  non solo il cittadino ma anche l'immagine
dei pubblici poteri.
  Si prega, infine, di segnalare a questo Ministero  se,  nell'ambito
della  provincia,  si  siano  verificate situazioni analoghe a quella
segnalata, dando notizie degli interventi svolti.
                                              Il Ministro: BRANCACCIO