Ai Presidenti delle regioni
                                  Al   Ministero   delle   finanze  -
                                  Direzione generale del demanio
                                  Al   Ministero   del    tesoro    -
                                  Ragioneria generale dello Stato
                                  All'Ispettorato     generale    del
                                  bilancio
                                  Alla Corte dei conti
                                  All'ANIACAP
                                  All'A.N.C.I.
  A seguito di quesiti posti da amministrazioni  centrali  e  locali,
nonche'  da  diversi  IACP,  su  questioni riguardanti l'applicazione
della legge 24  dicembre  1993,  n.  560,  questo  Ministero  ritiene
opportuno   riunire  le  singole  risposte  in  una  unica  circolare
esplicativa, partitamente divisa per argomenti.
  La presente circolare, attesa la peculiare natura del provvedimento
legislativo,  non  esaurisce  del  tutto  le  problematiche  inerenti
l'alienazione  degli  alloggi  di  edilizia  residenziale  pubblica e
pertanto questo Ministero si riserva di integrare  le  argomentazioni
sotto  esposte,  a  seguito  di ulteriori quesiti proposti dagli enti
attuatori, anche con successive circolari.
(Paragrafo) 1. Ambito di applicazione.
  La legge 24 dicembre  1993,  n.  560,  definisce  come  alloggi  di
edilizia  residenziale  pubblica, assoggettandoli di conseguenza alle
disposizioni introdotte dalla stessa, quelli acquisiti, realizzati  o
recuperati:
    a)  a  totale  carico o con il concorso o con il contributo dello
Stato, della regione o di enti pubblici territoriali;
    b) ai sensi della legge 6 marzo 1976, n. 52, recante  "Interventi
straordinari  per l'edilizia a favore del personale civile e militare
della pubblica sicurezza, dell'Arma dei carabinieri, del Corpo  della
guardia  di  finanza,  del Corpo degli agenti di custodia e del Corpo
forestale dello Stato";
    c) con i fondi derivanti dai contributi GESCAL (legge 14 febbraio
1963, n. 60);
    d) con i fondi dello Stato,  degli  enti  pubblici  territoriali,
degli IACP e loro consorzi, comunque denominati.
  Sono  espressamente  inseriti  nelle disposizioni per l'alienazione
degli alloggi di edilizia  residenziale  pubblica,  anche  quelli  di
proprieta'  della  Amministrazione delle PP.TT., delle Ferrovie dello
Stato S.p.a., degli Enti di sviluppo, del Ministero del  tesoro  gia'
di proprieta' degli Enti previdenziali disciolti.
  Rispetto ai criteri generali emanati dal CIPE con deliberazione del
19  novembre 1981, la legge non fa alcun riferimento al fatto che gli
alloggi siano stati o meno acquistati, realizzati o recuperati per le
finalita' sociali proprie dell'edilizia residenziale pubblica, ma  si
limita  ad  introdurre  una  connotazione  legata esclusivamente alla
natura  del  soggetto  che  ha  finanziato,  anche  parzialmente,  la
costruzione,  il  recupero o l'acquisto delle abitazioni. Ne e' prova
l'esplicita citazione degli alloggi costruiti ai sensi della legge  6
marzo  1976, n. 52, a favore del personale delle forze dell'ordine, i
quali sono assegnati con criteri e da  organismi  diversi  da  quelli
ordinari,  ed  il  cui  canone  locativo  e'  determinato  con regole
particolari.
  Di conseguenza, la legge n.  560/1993  deve  essere  applicata  nei
confronti  di  tutti  quegli  alloggi che rientrano nelle fattispecie
sopra  indicate,  a  prescindere  dal  fatto  che  essi  siano  stati
assegnati  in  base ai criteri di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035,  ovvero  alle  leggi  regionali
emanate in attuazione della deliberazione del CIPE sopra indicata; e'
egualmente  irrilevante  il  fatto che l'ente proprietario applichi o
meno, nei loro confronti, il canone sociale previsto  dalle  medesime
disposizioni.
  Rientrano pertanto nella previsione della legge anche le abitazioni
costruite  con  i  programmi speciali o straordinari, soprattutto nei
comuni ad alta tensione abitativa, ai sensi della legge  15  febbraio
1980,  n.  25, della legge 25 marzo 1982, n. 94, della legge 5 aprile
1985, n. 118 e simili, indipendentemente dai criteri e dai  requisiti
previsti  per  l'assegnazione  o  locazione  e  dal  tipo  di  canone
corrispettivo applicato (equo canone o canone sociale).
(Paragrafo) 2. Alloggi di servizio.
  Sono esclusi dall'applicazione della legge gli alloggi "di servizio
oggetto di concessione amministrativa in connessione con  particolari
funzioni attribuite a pubblici dipendenti".
  La  dizione  della  norma  ha  dato origine a dubbi interpretativi,
soprattutto in ordine alla possibilita' di alienare  gli  alloggi  ex
INCIS, ora trasferiti agli IACP.
  Per   meglio   comprendere  la  questione  e'  opportuno  esaminare
brevemente la normativa in materia, a  partire  dal  T.U.  28  aprile
1938, n. 1165.
  L'Istituto  nazionale  per  le  case  degli  impiegati  dello Stato
(INCIS) venne creato allo scopo di  fornire  ai  pubblici  dipendenti
alloggi a condizioni favorevoli.
  Ai sensi dell'art. 378 del T.U., nella concessione delle abitazioni
doveva  darsi, di regola, preferenza agli impiegati forniti di minore
stipendio e, tra questi, a quelli coniugati con prole, salvi  i  casi
speciali  segnalati dalle Amministrazioni dello Stato per esigenze di
servizio e  quelli  accertati  direttamente  dall'Istituto.  Potevano
inoltre  concorrere  all'assegnazione  anche  i  soggetti pensionati,
purche' ex dipendenti.
  In seguito, le leggi 18 marzo 1939, n. 134, e 27 dicembre 1953,  n.
980,  hanno previsto la realizzazione, sempre da parte dell'INCIS, di
alloggi   da   assegnare   in   locazione   semplice   al   personale
dell'Amministrazione della P.S. e dell'Arma dei carabinieri, ad opera
di  una  speciale commissione istituita presso le prefetture, in base
ai criteri contenuti nel decreto del Presidente della  Repubblica  27
novembre 1954, n. 1406.
  Le  graduatorie venivano formulate, ai sensi dell'art. 4 del citato
decreto del Presidente della  Repubblica  n.  1406/1954,  secondo  le
seguenti regole di valutazione:
   1)  opportunita'  dell'assegnazione  in  riferimento  a preminenti
esigenze  di  servizio,  specialmente  nei  confronti  di   personale
trasferito d'ufficio;
   2)   condizioni   economiche   dell'aspirante  e  del  suo  nucleo
familiare, con preferenza dei meno agiati;
   3) situazione di famiglia dell'aspirante medesimo;
   4) maggiore anzianita' di servizio.
  Erano  preferiti,  a  parita'  di condizioni, i coniugati con prole
rispetto a quelli senza prole e questi ultimi rispetto a  quelli  non
coniugati. Potevano, peraltro, essere valutate particolari situazioni
di famiglia debitamente documentate.
  Dalla   breve  illustrazione  della  normativa  in  materia  emerge
chiaramente  come  le  esigenze  di  servizio  risultino  del   tutto
secondarie,  rispetto  alla  finalita'  della legge, il cui scopo era
sostanzialmente quello di  agevolare  alcune  categorie  di  pubblici
dipendenti.
  Il  T.U.  n.  1165  del 1938, del resto, prevedeva dei benefici nei
confronti di molteplici categorie di lavoratori, come per  esempio  i
dipendenti  dell'Amministrazione  delle Ferrovie e delle Poste, i cui
alloggi sono esplicitamente ricompresi  nell'ambito  di  applicazione
della legge n. 560/1993.
  Nella  disciplina  del  T.U.  la  condizione di dipendente pubblico
costituisce uno  degli  elementi  per  l'accesso  alla  locazione  di
alloggi riservati ai lavoratori dello Stato.
  Al  contrario  la  legge  22 ottobre 1971, n. 865, al secondo comma
dell'art. 1, ha escluso dalla programmazione unitaria  dei  fondi  di
edilizia  pubblica  quelli  destinati alla costruzione di alloggi "la
cui concessione sia essenzialmente condizionata alla  prestazione  in
loco  di  un  determinato  servizio presso pubbliche amministrazioni,
nonche' di quelli che si trovano  negli  stessi  immobili  nei  quali
hanno  sede  uffici, comandi, reparti o servizi delle amministrazioni
predette",  esplicitando  un  concetto  ben  definito  e  restrittivo
dell'alloggio di servizio.
  Per  tale  ragione  il  comma  1 dell'articolo unico della legge n.
560/1993 comprende, tra gli alloggi alienabili, quelli  costruiti  ai
sensi  della  legge  6  marzo 1976, n. 52. In tale legge, infatti, e'
previsto essenzialmente un intervento assistenziale e straordinario a
favore delle famiglie del personale delle Forze dell'ordine e non  e'
prevista  la  costruzione  di  alloggi  di  servizio,  come  potrebbe
apparentemente sembrare. Infatti, tale normativa speciale non  deroga
alle  finalita'  della  legge  n.  865/1971, ma, stante il suo tenore
letterale,  lascia  chiaramente  capire  che  gli  alloggi  con  essa
costruiti   rientrano  nell'edilizia  residenziale  pubblica  vera  e
propria. Per la realizzazione di  tali  alloggi  e'  invero  previsto
l'intervento  del  CER. La costruzione di detti alloggi deve avvenire
ad opera esclusiva degli Istituti autonomi per le case  popolari  con
localizzazione in aree PEEP.
  Lo  specifico  inserimento  nella  legge  n. 560/1993 degli alloggi
edificati ex-legge n. 52/1976 e' volto,  essenzialmente,  a  chiarire
che  tale  patrimonio  edilizio  puo' essere alienato, con esclusione
tuttavia degli alloggi costruiti ai sensi dell'art.  5  della  citata
legge  n.  52/1976,  che  richiama esigenze di servizio limitatamente
alle abitazioni realizzate nelle province di Trento e di Bolzano, per
le quali vengono dettate disposizioni particolari.
  La vera nozione in senso stretto di alloggi di servizio puo' essere
rinvenuta nella legge 18 agosto 1978, n. 497,  la  quale  dispone  la
costruzione  di  alloggi  per  garantire la funzionalita' degli enti,
comandi e reparti delle Forze armate.
  L'art.  5  della  legge predetta nega espressamente la qualifica di
infrastrutture militari agli alloggi ex INCIS - militari  e  conferma
per  gli  stessi  la  sottoposizione  al regime previsto dal T.U. del
1938, n. 1165.
  La legge classifica inoltre i vari tipi di alloggi  di  servizio  e
ancor  piu' puntualmente li individua il relativo regolamento 1 marzo
1980. In particolare sono definiti alloggi di servizio gratuiti (ASG)
quelli  occupati  da  personale  a  cui   sia   affidata,   in   modo
continuativo,  la custodia dell'edificio o dell'impianto nel quale e'
compreso l'alloggio e a  cui  siano  attribuiti,  sempre  in  maniera
continuativa, funzioni di consegnatario di deposito o di magazzino.
  Rientrano  in  tale definizione anche gli alloggi che per motivi di
sicurezza sono collocati all'esterno dell'edificio. In  questi  casi,
la  concessione  dell'alloggio  costituisce  piu'  un  onere  che  un
vantaggio per l'impiegato che e' obbligato ad abitarvi, per garantire
la necessaria continuita' del servizio sul posto o  nell'insediamento
in cui e' inserito l'appartamento medesimo.
  Altri  casi  di  alloggi di servizio in senso proprio, per citare i
piu' importanti, possono essere individuati nelle abitazioni concesse
a:
   1) i direttori degli istituti di prevenzione e pena (art. 116  del
regio decreto 30 luglio 1940, n. 2041);
   2) i prefetti (art. 11 del regio decreto 3 marzo 1934, n. 10);
   3) i comandanti della stazione locale dei carabinieri;
   4) i dirigenti degli uffici di dogana e di porto;
   5)  i  cantonieri  stradali  (articoli  5  e  7  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 20 maggio 1966, n. 866);
   6) i capi stazione ed i casellanti ferroviari;
   7) i comandanti dei vigili del  fuoco  (art.  21  della  legge  n.
1570/1941).
  Ai sensi della legge n. 497/1978 possono essere definiti alloggi di
servizio  in  senso  stretto  anche  quelli  connessi al servizio con
obbligo di rappresentanza inerente alle funzioni svolte o ad esigenze
logistiche e di servizio collettivo. Tali appartamenti,  concessi  in
uso  gratuito  o  semigratuito  indipendentemente  dalla proprieta' o
disponibilita'  di  altro  alloggio  da   parte   del   beneficiario,
richiedono  l'assoluta  interdipendenza  tra  la funzione espletata e
l'immobile.
  Va ribadito che i suddetti alloggi non sono  alienabili  in  quanto
rientrano  nella fattispecie di cui al comma 3, articolo unico, della
legge n. 560/1993.
  Non si e' invece in presenza di alloggio  di  servizio  laddove  il
beneficiario  sostenga  il  pagamento  del  canone nonche' i costi di
gestione e non possa conseguire il beneficio stesso qualora abbia  la
disponibilita' di altra abitazione.
  Va  inoltre  sottolineato il fatto che, ai sensi dell'art. 17 della
legge n.  497/1978,  l'assegnazione  degli  alloggi  di  servizio  e'
assoggettata al regime delle "concessioni amministrative".
  Alla  luce  delle  predette  considerazioni  e'  evidente  come gli
alloggi  INCIS  non  possano  essere  qualificati  propriamente   "di
servizio".  Per  essi infatti il rapporto d'impiego e' un presupposto
per l'utilizzo dell'alloggio, ma non la  finalita'  essenziale  della
concessione.
  Un'ulteriore  conferma  dell'assimilazione  degli  alloggi ex-INCIS
alla disciplina generale dell'edilizia residenziale  pubblica  deriva
anche  dall'art.  22 della legge n. 497/1978. Tale articolo ha esteso
agli utenti di tali abitazioni, nonche'  alla  vedova  e  agli  altri
conviventi  al  momento  del  decesso,  i  requisiti  reddituali e di
impossidenza  di  altri  immobili  propri  della  generalita'   degli
assegnatari,  nonche' le disposizioni in materia di canone sociale ex
art. 22 della legge n. 513/1977.
  Anche la giurisprudenza sembra prevalentemente orientata verso  una
concezione  restrittiva  dell'alloggio  di  servizio,  che  va quindi
inteso quale abitazione assegnata  "intuitu  ministerii"  o  comunque
condizionata alla prestazione di una determinata attivita' presso gli
uffici  del  luogo in cui si trova l'immobile (Cass., 4 ottobre 1982,
n. 5074; 10 giugno 1983, n. 3983; 30 maggio 1984, n. 3305; 4  ottobre
1984, n. 4915).
  Piu' incisivamente il Consiglio di Stato (9 luglio 1974, n. 532) ha
affermato   che   la   concessione   degli  alloggi  di  servizio  e'
indissolubilmente  ed  esclusivamente  connessa  alla  specialita'  e
costanza  di  alcuni  rapporti  di  impiego e prescinde completamente
dalla situazione e dalla composizione della famiglia del  funzionario
interessato.
  Non  vi  e'  dubbio  che  la legge n. 560/1993, nell'individuare le
abitazioni escluse dalla vendita, faccia riferimento alla definizione
piu' restrittiva dell'alloggio  di  servizio  il  quale  deve  essere
"oggetto di concessione amministrativa in connessione con particolari
funzioni attribuite a pubblici dipendenti".
  Per  meglio  chiarire  l'ambito  di  applicazione  della  legge  n.
560/1993, giova ribadire che il  secondo  comma  dell'articolo  unico
della  legge medesima prevede esplicitamente la vendita degli alloggi
di   proprieta'   dell'Amministrazione   delle    poste    e    delle
telecomunicazioni costruiti o acquistati ai sensi:
   dell'art. 1, n. 3), del decreto del Presidente della Repubblica 17
gennaio 1959, n. 2, e successive modificazioni;
   della  legge  7  giugno  1975,  n.  227:  "Programma di interventi
straordinari per  la  meccanizzazione  e  l'automazione  dei  servizi
postali,  di  bancoposta  e telegrafici, per il riassetto dei servizi
telefonici nonche' per la  costruzione  di  alloggi  di  servizio  da
assegnare  in  locazione  semplice  ai dipendenti del Ministero delle
poste e delle telecomunicazioni";
   della legge 10 febbraio 1982, n. 39, e  successive  modificazioni:
"Autorizzazione  alle  aziende dipendenti dal Ministero delle poste e
delle  telecomunicazioni  a  proseguire   nella   realizzazione   dei
programmi   di   potenziamento  e  di  riassetto  dei  servizi  e  di
costruzione di alloggi di servizio per il personale  postelegrafonico
Disciplina dei collaudi";
   della  legge  29 gennaio 1992, n. 58: "Disposizioni per la riforma
del settore delle telecomunicazioni".
  Tali abitazioni, al pari di quelle ex-INCIS, sono  state  costruite
per  particolari categorie di dipendenti pubblici e sono state spesso
esplicitamente qualificate di  servizio  ed  oggetto  di  concessione
amministrativa.   Infatti,  ai  sensi  dell'art.  7  della  legge  n.
227/1975, gli alloggi "di servizio" ivi previsti  sono  assegnati  in
locazione semplice ai dipendenti dell'Amministrazione delle PP.TT. ad
opera  del  consiglio di amministrazione che, per la formazione delle
graduatorie eventualmente necessarie, si uniforma  alle  disposizioni
contenute nel decreto del Presidente della Repubblica n. 1035/1972.
  L'ultimo comma dell'art. 7 citato prevede infine che la concessione
termini   dopo   un   anno   dalla  cessazione  del  servizio  o  dal
trasferimento ad altra sede. A sua volta  l'art.  9  della  legge  n.
39/1982  stabilisce  che  i  canoni  di  concessione degli alloggi di
servizio  delle  aziende  dipendenti  dal  Ministero  delle  poste  e
telecomunicazioni   sia  effettuata  sulla  base  delle  disposizioni
vigenti in materia di canone  sociale  e  che  la  concessione  degli
alloggi  decada  dopo  un  anno  dalla  cessazione del dipendente dal
servizio.
  Lo stesso Ministero e' inoltre delegato ad emanare  un  regolamento
di   attuazione   disciplinante  l'individuazione  degli  alloggi  di
servizio,  le  modalita'  di  concessione  degli   appartamenti,   la
formazione  delle  graduatorie ed in specie del punteggio il quale e'
determinato in base  alla  composizione  ed  al  reddito  del  nucleo
familiare,  nonche' ai benefici gia' goduti ed al disagio causato dal
trasferimento in una nuova sede.
  (Si deve notare infine che in sede di emanazione  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  17  gennaio  1959,  n. 2, e successive
modificazioni, recante disposizioni per  la  cessione  in  proprieta'
degli  alloggi  economici  e  popolari,  si  e'  introdotta una norma
specifica, contenuta nell'art. 2, lettera a), al  fine  di  escludere
dalla   vendita   gli  edifici  INCIS,  evidentemente  non  ritenendo
sufficiente la previsione generale di cui alla successiva lettera b),
ai sensi della quale non era possibile alienare "gli alloggi  la  cui
concessione  sia essenzialmente condizionata alla prestazione in loco
di un determinato servizio presso pubbliche amministrazioni".).
  Si ritiene pertanto  che  possano  essere  inseriti  nei  piani  di
vendita  gli  alloggi  ex  INCIS,  nonche'  tutte le altre abitazioni
latamente intese "di servizio",  ivi  compresi  gli  appartamenti  di
edilizia  pubblica  assegnati  a  particolari  categorie  di pubblici
dipendenti, in  particolare  alle  forze  dell'ordine  in  seguito  a
graduatorie  speciali  o  riserve  (articoli  9  e 10 del decreto del
Presidente della Repubblica n.  1035/1972  e  disposizioni  regionali
attuative  dei  paragrafi  4  e 8 della delibera CIPE del 19 novembre
1981).
(Paragrafo) 3. Piani di vendita.
  Il comma 4 dell'articolo unico della legge prevede che le  regioni,
entro  60  giorni dalla sua entrata in vigore, formulino, su proposta
degli enti proprietari e sentiti i comuni, piani di vendita  al  fine
di  rendere  alienabile  dal  50  al  75%  del  patrimonio  abitativo
esistente  nel  territorio  di  ciascuna  provincia.  Trascorso  tale
termine  gli  enti  proprietari,  nel  rispetto  dei predetti limiti,
procedono alle alienazioni in favore dei soggetti aventi titolo.
  La finalita' esclusiva della cessione e' quella di realizzare nuovi
programmi per lo sviluppo di tale settore.
  Dalla norma discende innanzi tutto l'obbligo degli enti proprietari
di formulare le loro proposte di alienazione alla regione, sentiti  i
comuni,  entro  un termine idoneo a consentire alla regione stessa di
formulare il piano di vendita.
  Il patrimonio alienabile  risulta  dalla  differenza  tra  l'intero
patrimonio  immobiliare  e gli alloggi non alienabili per legge (cfr.
commi 3 e 7 della legge n. 560/1993).
  In  altre parole, e' necessario che l'Ente attuatore individui, tra
l'intero patrimonio, gli alloggi di servizio, quelli  realizzati  con
mutuo  agevolato  ai  sensi dell'articolo 18 della legge n. 457/1978,
nonche' quelli soggetti alla legge n. 1089/1939. Tali alloggi  devono
essere  esclusi  dall'elenco degli alloggi alienabili. In questo modo
viene determinato il 100% del  patrimonio  alienabile.  Sul  predetto
elenco  e' possibile cosi' individuare la quota, non inferiore al 50%
e non superiore al 75%, degli alloggi alienabili.
  Si ritiene a questo proposito necessario evidenziare che nel  piano
di  vendita  siano adeguatamente indicati, ancorche' come indicazione
programmatoria, i modi e tempi di reinvestimento dei proventi,  anche
in riferimento all'equilibrio finanziario e gestionale dell'ente.
  Come   chiaramente  indicato  dal  quinto  comma,  la  vendita  del
patrimonio  deve  essere  rigorosamente   effettuata   nell'esclusivo
interesse pubblico di sviluppo del settore dell'edilizia residenziale
pubblica e va quindi assicurata la piena correlazione tra alienazioni
e reinvestimenti, sia sull'aspetto economico che su quello temporale.
  In  modo  particolare gli IACP, comunque denominati, per i quali il
patrimonio edilizia residenziale pubblica costituisce  la  principale
se non unica risorsa economica, in quanto tenuti ad alienare piu' del
50%  degli  immobili dovrebbero avere cura di inserire nelle proposte
di vendita una adeguata previsione  delle  concrete  possibilita'  di
contestuale reinvestimento dei proventi.
  E'  opportuno  stimare  inoltre  i  minori introiti derivanti dalla
perdita  dei  canoni  locativi,  nonche'  le  spese  occorrenti   per
procedere  alle  alienazioni,  unitamente al venir meno di passivita'
specificatamente legate al patrimonio da alienare (per  es.  imposte,
spese manutentive e gestionali, ecc.).
  Il  piano  di  vendita,  a  sua  volta,  ha  natura  essenzialmente
programmatoria e di verifica del rispetto delle percentuali minime  e
massime  di patrimonio vendibile. Si ritiene, di conseguenza, che non
debba contenere analiticamente  tutti  gli  elementi  occorrenti  per
stipulare  i singoli atti di compravendita, ma che possa limitarsi ad
individuare le singole unita' immobiliari con  informazioni  univoche
(indirizzo,    numero    civico,    numero    interno    dell'unita',
identificazione catastale e nome dell'assegnatario), nonche' con  gli
elementi  economici  necessari  per l'alienazione (valore catastale e
canone di  locazione).  Lo  stesso  prezzo  di  vendita,  determinato
secondo  oggettivi criteri di legge, viene indicato come mero livello
di stima preventiva, in considerazione del fatto che il corrispettivo
reale delle vendite e' influenzato dalla volonta' dell'acquirente, il
quale puo' pagarlo in unica soluzione ovvero ratealmente.
  In  relazione  a  quanto  sopra  appare  necessaria  una   verifica
finanziaria  del  piano  di  vendita,  nella  fase  successiva  della
gestione della legge n. 560/1993. E' necessario  infatti  riscontrare
la  rispondenza tra gli introiti previsti sulla base del valore degli
alloggi  posti  in  vendita  e  quelli  calcolati  sulla  base  delle
modalita' scelte per il pagamento da parte dell'acquirente.
  Trascorso  il  termine  di  60 giorni previsti al comma 4, articolo
unico, della legge n. 560/1993, senza che la regione abbia  formulato
e  approvato  il  piano  di  vendita,  gli  enti  proprietari possono
procedere alle vendite.
  Al  riguardo si e' dell'avviso che, comunque, i singoli enti devono
aver formulato ed inviato tempestivamente loro proposta alla regione.
Non  si  ritiene   infatti   ammissibile   che   le   amministrazioni
proprietarie  rimangano  inattive, attendendo il decorso del termine,
per alienare gli alloggi.
  La formulazione della proposta alla regione rappresenta infatti  un
obbligo di legge al quale non e' possibile sottrarsi, se non si vuole
incorrere  in  possibili  responsabilita'  penali,  amministrative  e
contabili.
  La mancata  formulazione  delle  proposte  inoltre  impedisce  alla
regione  di  programmare  adeguatamente  le  alienazioni  per  ambiti
provinciali e potrebbe stravolgere completamente il piano di  vendita
che dovrebbe coinvolgere tutte le proprieta' pubbliche.
  Di  conseguenza si ritiene che non possano legittimamente procedere
alla vendita del proprio patrimonio gli enti:
   che non abbiano formulato la proposta di vendita e che  dovrebbero
attivarsi in tal senso;
   le  cui  proposte, regolarmente presentate alla regione, non siano
state da questa incluse nel piano di vendita.
  Tale ultima evenienza puo' facilmente verificarsi, infatti, proprio
laddove la regione, secondo la sua  scelta  discrezionale,  individui
una quota di alienazione inferiore a quella proposta, ovvero provveda
a  localizzare  le  vendite  secondo  criteri di priorita' diversi da
quelli proposti.
  Al  contrario,  qualora  l'ente  proprietario  abbia   regolarmente
provveduto  a  presentare la proposta alla regione e quest'ultima non
abbia adottato il piano di vendita nei termini di  legge,  tale  ente
potra'   procedere   alle  alienazioni  nei  confronti  dei  soggetti
individuati   nella   proposta    stessa,    in    attesa    tuttavia
dell'approvazione di tali piani.
  Cio'  non impedira' alla regione di approvare, anche se in ritardo,
il piano di vendita, fermo restando che  esso  dovra'  a  quel  punto
considerare  efficaci  le  alienazioni  di immobili, ricompresi nelle
proposte  tempestivamente  inviate  alla   regione   medesima,   gia'
legittimamente effettuate dagli enti proprietari.
  Il  piano  di  vendita  potra' essere successivamente modificato ed
integrato, sempre su proposta degli  enti  proprietari,  qualora  sia
stata  adottata  una  percentuale di alienazione inferiore al massimo
ammissibile, in vista di possibilita'  di  reinvestimento  o  di  una
migliore gestione del patrimonio.
  Si  ritiene  infatti  che la palese finalita' della norma contenuta
nell'articolo  unico,  comma  4,  ultimo  periodo,  della  legge   n.
560/1993,  sia  proprio  quella  di evitare che gli eventuali ritardi
nella  emanazione  dei  piani   regionali   pregiudichino,   sino   a
vanificarli,  gli  obiettivi inderogabili individuati dal legislatore
nazionale, consistenti nel reperimento  di  risorse  finanziarie  per
l'esecuzione   di   ulteriori   interventi   costruttivi   e  per  il
ripianamento dei deficit degli IACP.
  Tuttavia l'inutile decorso del termine di sessanta  giorni  non  fa
sorgere,  in  capo  a  tutti assegnatari in possesso dei requisiti di
legge, il diritto ad acquistare l'alloggio.
  La norma infatti,  con  il  termine  di  "aventi  titolo",  intende
individuare  i soggetti in possesso dei requisiti di cui ai commi sei
e seguenti,  ma  pur  sempre  nel  rispetto  dei  limiti  percentuali
indicati al comma quarto, quindi nell'ambito di un preciso e puntuale
programma di alienazione.
  L'articolata procedura prevista dalla legge per la formulazione del
piano  di  vendita,  nonche'  i  limiti  e  gli scopi stabiliti dalla
medesima, sono infatti  incompatibili  con  alienazioni  "a  pioggia"
effettuate al di fuori dell'interesse pubblico.
  La   possibilita'   di  integrazione  deve  necessariamente  essere
contenuta entro il limite massimo del  75%  in  relazione  all'intero
patrimonio  alienabile accertato all'entrata in vigore della legge n.
560/1993.
(Paragrafo) 4. I soggetti aventi titolo.
  Possono acquistare gli alloggi inseriti nel piano  di  vendita  gli
assegnatari, ovvero i loro familiari conviventi, i quali, all'atto di
presentazione della domanda:
    a)  conducano  un  alloggio  a  titolo  di  locazione da oltre un
quinquennio;
    b) non siano in mora con il pagamento dei canoni e delle spese.
  In merito al requisito di cui alla lett. a) si osserva che,  stante
il  tenore  letterale  della  legge,  il  momento  di  decorrenza del
quinquennio deve essere necessariamente  individuato  nella  data  di
stipula  del  contratto  di locazione e non dell'atto di assegnazione
comunale dell'alloggio, ne', tanto meno, nel momento  di  entrata  in
vigore della normativa.
  Nel  caso  in  cui  il  richiedente  si  sia  trasferito  in  altra
abitazione di edilizia pubblica,  in  seguito  a  mobilita'  o  nuova
assegnazione,   andranno  computati  tutti  i  periodi  di  locazione
intervenuti, ancorche' relativi ad immobili  e  proprietari  diversi,
purche'  di  edilizia  residenziale  pubblica, secondo la definizione
contenuta nel primo comma.
  Il legislatore distingue la posizione degli assegnatari di  alloggi
ricompresi nel piano di vendita in due categorie:
   la  prima  e'  composta  da soggetti titolari di reddito familiare
complessivo inferiore al  limite  fissato  dal  CIPE  ai  fini  della
decadenza  dal  diritto  all'assegnazione,  ovvero ultrasessantenni o
portatori di handicap, i  quali,  qualora  non  intendano  acquistare
l'alloggio  condotto a titolo di locazione, rimangono assegnatari del
medesimo alloggio che non potra' essere alienato a terzi;
   la seconda e' composta  dagli  assegnatari  di  eta'  inferiore  a
sessanta  anni e non portatori di handicap, i quali possiedono invece
un reddito superiore al limite per la decadenza.
  Gli assegnatari che  rientrano  in  questa  seconda  categoria,  se
vogliono  evitare  che  l'ente proprietario si avvalga della facolta'
concessagli  di  vendere  a  terzi  la  loro  abitazione,   "debbono"
presentare  la  domanda  di  acquisto  dell'alloggio  entro  due anni
dall'entrata in vigore della legge, nel caso in cui si trovino  nelle
situazioni suddette.
  Qualora  il  limite  di  reddito venga superato successivamente, il
termine  di  presentazione  della  domanda  scade   entro   un   anno
dall'accertamento effettuato dell'ente gestore.
  In   merito   ai   modi  di  alienazione  si  ritiene  che,  stante
l'evidenziata finalita' della legge di utilizzare i proventi  per  la
realizzazione  di  programmi  finalizzati  allo sviluppo del settore,
nonche'  la  natura  pubblica  dei  soggetti  alienanti,   si   debba
necessariamente   ricorrere  allo  strumento  dell'asta  pubblica  in
aumento sul prezzo a base d'asta.
  Tale  prezzo  e' determinato ai sensi del decimo comma, nel caso di
unita' immobiliari ad uso abitativo,  e  ai  sensi  del  diciottesimo
comma  per le unita' immobiliari ad uso non abitativo. I prezzi cosi'
determinati costituiscono il limite minimo al quale e' consentita  la
cessione  del  bene,  trattandosi  di valutazione ex lege e come tale
inderogabile.
  Nel caso di vendita a  terzi,  come  previsto  dal  diciassettesimo
comma, e' da escludere la possibilita' di rateizzazione.
(Paragrafo) 5. Gli alloggi per i profughi.
  Il  ventiquattresimo  comma dell'articolo unico della legge concede
agli assegnatari di alloggi realizzati per i profughi la possibilita'
di acquistare l'abitazione a condizioni particolarmente agevolate.
  In  seguito  al  processo  di   unificazione   dei   vari   settori
dell'edilizia  residenziale  pubblica disposto dalla legge 22 ottobre
1971, n. 865, una parte degli alloggi costruiti ai sensi della  legge
4  marzo  1952,  n. 137, si e' resa disponibile ed e' stata assegnata
alla generalita'  dei  cittadini.  Si  pone  quindi  il  problema  di
determinare  se il beneficio sopra indicato possa essere riconosciuto
anche a tali soggetti. Anche il testuale riferimento del comma 24  in
esame   a   "precedenti  domande  di  acquisto  delle  abitazioni  in
godimento" lascia intendere che il legislatore si  sia  rivolto  agli
originari assegnatari aventi la qualifica di profugo.
  Si  consideri  al  riguardo  che  la  citata  legge  n. 137/1952 ha
introdotto in maniera organica ed articolata una serie di provvidenze
a favore dei profughi, non limitandosi esclusivamente a finanziare la
costruzione di alloggi da destinare a tale categoria. Ne consegue che
gli alloggi, ancorche' costruiti  ai  sensi  della  citata  legge  n.
137/1952, che siano al presente occupati da assegnatari non aventi la
qualifica di profugo, debbano essere alienati alle condizioni fissate
ai  sensi  dei  commi  10  e  11  dell'articolo  unico della legge n.
560/1993.
  L'interpretazione  contraria  comporterebbe   una   diversita'   di
trattamento    tra    assegnatari   che   e'   priva   di   obiettive
giustificazioni.  Verrebbero  infatti  arbitrariamente  favoriti  gli
assegnatari che, per motivi del tutto casuali e comunque indipendenti
dalla  loro  volonta',  si  siano  trovati  a  condurre  in locazione
appartamenti realizzati ai sensi della legge n. 137/1952,  in  quanto
potrebbero  acquistarli a un prezzo molto piu' conveniente riservato,
di norma, soltanto agli assegnatari con qualifica di profugo.
(Paragrafo) 6. Diritti acquisiti.
  L'ultimo comma dell'art. 1, della legge n.  560/1993,  fa  salvi  i
diritti  gia'  maturati  dagli  assegnatari in merito all'acquisto di
alloggi alle condizioni di cui alle leggi previgenti.
  Si pone il problema se in tale fattispecie  possano  rientrare  gli
alloggi  dello  Stato,  gestiti dagli IACP, e da questi inclusi nella
proposta di alienazione ex art. 29 della legge n. 513/1977, ancorche'
poi non effettivamente venduti in seguito alle disposizioni impartite
dal CER con circolare 7 dicembre 1990,  n.  1379/1,  sulla  base  del
parere del Consiglio di Stato del 30 maggio 1990, n. 502.
  Il massimo organo consultivo ha affermato che gli alloggi demaniali
non  sono  soggetti  alle  disposizioni  contenute nell'art. 29 della
legge n. 513/1977. Si deve di conseguenza ritenere che la proposta di
alienazione redatta dallo IACP, ancorche' approvata dalla  Regione  e
comunicata agli interessati, non possa aver generato alcun diritto in
capo  agli  assegnatari, in quando priva dei necessari presupposti di
legge e che pertanto non ricorra la fattispecie prevista dalla norma.
(Paragrafo) 7. Gestione speciale e contabilizzazione proventi.
  La gestione speciale e' prevista e regolamentata dagli articoli 4 e
10, del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972,  n.
1036 e dall'art. 25, della legge 8 agosto 1977, n. 513.
  Con  la  circolare  CER del 21 ottobre 1981, n. 25/C, venivano date
istruzioni per l'applicazione della normativa vigente a  quel  tempo,
in merito a:
    a)  gestione  e  contabilizzazione  delle  entrate conseguenti ai
rimborsi per finanziamenti ed  interventi  realizzati  (gestione  dei
rientri);
    b)  gestione  dei  fondi e contabilizzazione delle spese inerenti
allo svolgimento degli  interventi  costruttivi  e  di  recupero  che
vengono  realizzati con i fondi depositati presso la Cassa depositi e
prestiti (gestione dei programmi d'intervento).
  Alla circolare erano allegati  i  moduli  G.S.,  con  cui  venivano
contabilizzate le attivita' oggetto della gestione speciale.
  In  seguito all'emanazione della legge n. 560/1993 sull'alienazione
del  patrimonio  di  edilizia  residenziale  pubblica,  si  pone   la
necessita' di:
   regolare  la  gestione  dei proventi delle vendite che, in base al
disposto legislativo del comma 5, dell'articolo  unico  della  citata
legge,  debbono essere utilizzati esclusivamente per la realizzazione
di programmi  di  sviluppo  del  settore  dell'edilizia  residenziale
pubblica;
   rendicontare   l'andamento  delle  vendite  sia  ai  fini  di  una
valutazione   dinamica   dell'impatto   della   legge    che    della
programmazione degli interventi.
  Di  seguito  al  presente  capitolo  si  allegano due moduli per la
rendicontazione annuale delle vendite di alloggi:
    A) il modello  1.3/1  che  sostituisce  quello  della  precedente
circolare 21 ottobre 1981, n. 25/c.;
    B) il modello G.S.V/1.
  Riguardo  alle  modalita'  di  gestione  degli  introiti  di  fondi
susseguenti alle vendite il comma 5 dell'articolo unico  della  legge
stabilisce  che:  "L'alienazione  di alloggi di edilizia residenziale
pubblica  e'  consentita  esclusivamente  per  la  realizzazione   di
programmi finalizzati allo sviluppo di tale settore".
  I successivi commi 13 e 14 prevedono, inoltre, che i proventi delle
alienazioni  degli  alloggi, nonche' delle unita' immobiliari per uso
diverso, "rimangono nella disponibilita' degli enti  proprietari  sul
conto corrente di contabilita' speciale presso la sezione provinciale
di tesoreria dello Stato, per le finalita' di cui al comma 5".
  "Le  regioni, su proposta dei competenti IACP e dei loro consorzi .
.determinano annualmente la quota di proventi di cui al comma  13  da
destinare al reinvestimento".
  Tale   norma   evidenzia   diversi   problemi   che  riguardano  la
contabilizzazione dei ricavi delle vendite.
  Tali  ricavi,  infatti,  sono  vincolati  alla   realizzazione   di
programmi  di  edilizia  residenziale pubblica e, pure restando nella
materiale disponibilita' degli enti proprietari, non  possono  essere
utilizzati se non in seguito a una proposta dello IACP competente per
territorio,  previa determinazione regionale della quota da destinare
al reinvestimento.
  La disponibilita' cui fa riferimento la legge sembra essere dettata
dalla necessita' di superare le lunghe e complesse procedure previste
dall'art. 25 della legge n. 513/1977 ed  evitare  doppi  passaggi  di
fondi  tra  centro  e  periferia.  Tuttavia  tali  fondi  sono, senza
equivoco, di  edilizia  residenziale  pubblica,  sia  per  il  regime
giuridico  contabile,  sia  perche' sono assoggettati al principio di
unitarieta' di programmazione ed impiego delle risorse  del  settore,
introdotto  dall'art.  1  della  legge  n.  865/1971 e confermato, in
particolare, dall'art. 13 dalla legge n. 457/1978.
  Di conseguenza essi seguono, a tutti gli effetti, la disciplina dei
rientri della gestione speciale, ad eccezione delle sole modalita' di
versamento e di autorizzazione all'utilizzo.
  Cio' comporta che detti proventi debbano essere  versati  su  conti
tenuti dagli IACP e denominati: "fondi CER - destinati alle finalita'
della legge n. 560/1993", dove affluiscono e rimangono depositati, in
attesa della loro materiale utilizzazione.
  Gli  enti  diversi  dagli  IACP  provvederanno,  per  il momento, a
versare i propri ricavi  sullo  stesso  conto  corrente  infruttifero
dell'Istituto competente per territorio comunque denominato.
  In  tale  modo, per gli IACP e per le regioni, diviene piu' agevole
la determinazione annuale delle quote di  proventi  da  destinare  ai
programmi di intervento ed eventualmente al ripiano dei deficit degli
IACP.  Si  facilita  altresi' il controllo degli organi competenti in
ordine alla corretta  utilizzazione  dei  fondi  e  si  incentiva  il
corretto uso delle risorse in un rapido reimpiego.
  Il  termine  entro  cui  versare  i corrispettivi delle alienazioni
rimane fissato al 30 giugno dell'esercizio  successivo  a  quello  di
competenza,  fatte  salve eventuali diverse disposizioni che verranno
impartite in sede di revisione  generale  della  modulistica.  Rimane
ugualmente  inalterato, al 30 aprile dell'anno successivo a quello di
riferimento, il termine entro cui gli enti diversi dagli IACP  devono
inviare   a   questi  ultimi  i  prospetti  della  gestione  speciale
debitamente compilati.
  Un ulteriore problema concerne l'applicazione del  comma  25  della
legge  n.  560/1993,  nel  quale  e'  disposto  che  "il  diritto  di
prelazione di cui al comma 9, dell'art.  28,  della  legge  8  agosto
1977,  n.  513, si estingue qualora l'acquirente dell'alloggio ceduto
in applicazione del medesimo  art.  28,  versi  all'ente  cedente  un
importo  pari  al  10 per cento del valore calcolato sulla base degli
estimi catastali". Tali proventi, afferenti al diritto di  prelazione
di  cui  al comma 9, dell'art. 28, della legge 8 agosto 1977, n. 513,
devono essere versati sullo stesso conto.
  Il ricavato della vendita degli alloggi di cui all'art. 1, comma 2,
lettera d), della legge n.  560/1993,  acquisiti  dal  Ministero  del
tesoro  e  gia'  di  proprieta'  degli  enti previdenziali disciolti,
dovra' essere versato all'entrata del bilancio dello Stato - capitolo
4055, per la successiva riassegnazione al  Fondo  per  l'ammortamento
dei titoli di Stato ai sensi della legge n. 432/1993.
  Le  regioni  sono  invitate a trasmettere copia della presente agli
enti di cui alla legge 24 dicembre 1993,  n.  560,  aventi  sede  nel
proprio ambito territoriale, anche mediante pubblicazione nel proprio
bollettino  ufficiale. Il Ministero del tesoro e' altresi' pregato di
diffondere,  tra  le  tesorerie  provinciali dello Stato, i contenuti
della presente circolare unitamente alle opportune disposizioni.
                                                 Il Ministro: BARATTA
Registrata alla Corte dei conti il 7 agosto 1995
Registro n. 2 Lavori pubblici, foglio n. 30