L'ASSESSORE PER I BENI CULTURALI ED AMBIENTALI E PER LA PUBBLICA ISTRUZIONE Visto lo statuto della regione; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1975, n. 637; Visto il testo unico delle leggi sull'ordinamento del Governo e dell'amministrazione della regione siciliana, approvato con decreto del presidente della regione 28 febbraio 1979, n. 70; Visto il decreto del Presidente della Repubblica numero 805/1975; Vista la legge regionale 1 agosto 1977, n. 80; Vista la legge regionale 7 novembre 1980, n. 116; Vista la legge 29 giugno 1939, n. 1497; Visto il regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357; Vista la legge 8 agosto 1985, n. 431; Visti i decreti numeri 687, 688 e 689 del 17 marzo 1979 e il decreto del presidente della regione Sicilia n. 5098 del 7 settembre 1966, con i quali sono stati dichiarati di notevole interesse pubblico, ai sensi dell'art. 1 della legge n. 1497/1939, i territori rispettivamente dei comuni di S. Marina Salina, Leni, Malfa e Lipari, nell'arcipelago delle Isole Eolie; Visto l'art. 5 della legge 30 aprile 1991, n. 15; Visti i decreti n. 6815 del 25 novembre 1992 e n. 8056 del 29 novembre 1994, con i quali e' stato rispettivamente apposto e confermato il vincolo ex art. 5 legge regionale n. 15/1991 sul territorio della frazione di Ginostra, isola di Stromboli, comune di Lipari; Visto il decreto n. 8298 del 19 dicembre 1994, con il quale e' stato apposto il vincolo ex art. 5, legge regionale n. 15/1991 sul territorio dell'istmo dell'isola di Vulcano, comune di Lipari; Viste le note prott. numeri 2721 del 20 aprile 1995 e 3840 del 7 giugno 1995, con le quali la soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Messina ha chiesto, ed sussistendo la necessita' di salvaguardia dell'arcipelago nella sua continua estensione, nelle more della relazione del piano paesistico, posto mediante le misure di salvaguardia dell'art. 5 della legge regionale n. 15/1991; Vista la nota n. 4944 del 17 agosto 1995, con la quale la soprintendenza proponente, all'uopo richiesta, ha fornito integrazioni e specificazioni sulle motivazioni della esclusione di alcune porzioni territoriali - ricadenti in alcuni dei centri urbani di seguito elencati - dal richiesto regime di salvaguardia; Vista la circolare n. 5000 del 15 ottobre 1991 dell'assessore regionale per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione; Considerate le valenze naturalistiche e le caratteristiche geomorfologiche dei luoghi che, unitamente alle valenze faunistiche e vegetazionali, definiscono nella loro unita' l'area in questione come ambiente da salvaguardare per i quadri naturali di non comune bellezza panoramica; Considerato che in tale contesto naturale sono presenti tipologie architettoniche, espressioni della cultura e del costume locale, il cui inserimento nel paesaggio ne costituisce elemento qualificante; Visti gli aspetti storico-architettonici, che testimoniano che i primi insediamenti dell'arcipelago delle Isole Eolie trovano le loro radici nella civilta' neolitica con finalita' specifiche di commercializzazione e di localizzazione che, nel tempo, hanno trovato condizioni favorevoli d'insediamento di gruppi umani. Le prime popolazioni si insediarono sul fertile altipiano di Castellaro Vecchio dell'isola di Lipari attirati soprattutto dall'ossidiana, dal vetro vulcanico e dalle bianche pomici del Monte Pelato. Nella seconda fase del neolitico un nucleo si insedio' sull'altura dell'attuale castello, sviluppandosi rapidamente verso la contrada Diana. Tale fenomeno di insediamento riscontrabile anche a Capo Graziano di Filicudi, a Calcara di Panarea ed a S. Vincenzo di Stromboli e' stato favorito dal commercio dell'ossidiana che assicuro' la prosperita' delle isole per circa 2.000 anni, fino agli inizi del secondo millennio in cui a seguito della diffusione della metallo tecnica nel bacino del Mediterraneo si verifica un periodo di decadenza economica e di spopolamento. L'arcipelago risorge nel periodo dell'eta' del bronzo, di cui abbiamo testimonianza per i rinvenimenti di un villaggio a Filicudi costituito da poche capanne ovali e da tombe ricavate nelle cavita' naturali della roccia. Detto periodo si identifica con la cultura di Capo Graziano e durera' fino al periodo della cultura del Milazzese, cosi' denominata per una necropoli rinvenuta a Milazzo le cui caratteristiche sono state riscontrate in una zona di Panarea, dove sono state scoperte su un promontorio roccioso ventitre capanne ovali e per il rinvenimento di un villaggio simile nell'isola di Salina. Nella tarda eta' del bronzo e del ferro le isole subiscono un brusco cambiamento determinato dall'invasione di un popolo barbaro guidato da Liparo, figlio del re degli Ausoni, che saccheggio' totalmente i villaggi della cultura del milazzese di Panarea, Filicudi e Salina che da questo momento e per molti secoli resteranno deserte. I conquistatori si insediano sull'area del Castello di Lipari e ancora una volta costruiscono le capanne sulle rovine di quelle precedenti. In questo periodo, chiamato dell'Ausonio 1 e soprattutto nel successivo, l'Ausonio 2, le Eolie vivono un periodo di particolare prosperita' determinato dagli intensi rapporti commerciali col mondo Egeo; l'abitato era localizzato nell'area del Castello, come del resto tutti gli insediamenti umani di Lipari, con direttrice di sviluppo nella piana di contrada Diana, area di espansione interessata nei periodi di maggiore prosperita' economica. Questa fase, a giudicare dal numero di oggetti di bronzo rinvenuti, dovette durare dal 1150 al 850 a.C., periodo che segna la radicale distruzione del villaggio di Lipari a causa dell'arrivo di altri invasori. Diodoro narra che il regno di Liparo ebbe lunga vita fino all'arrivo di Eolo insieme a numerose famiglie, tutti fuggitivi da Troia di cui si presagiva gia' la rovina. Qui Eolo ed il suo popolo furono accolti con cortesia ed ospitalita' ed a seguito delle nozze della figlia di Liparo con Eolo ha inizio il regno di quest'ultimo che segna un periodo di grande splendore. La figura di Eolo non e' ben chiara presso gli scrittori antichi poiche' spesso veniva localizzato in regioni ben distinte. Due miti interessanti da ricordare; il primo ci parla di Eolo come regnante in Tessaglia, l'altro con sede sulla vagante isola denominata Eolia poi identificata con le "Lipari". A localizzare la vagante Eolia nel Tirreno contribui' molto l'individuazione dello stretto di Messina con Scilla e Cariddi, per cui le Lipari che venivano considerate talvolta come scogli talvolta come isole, si prestarono notevolmente, data la loro amenita', a coincidere con la descrizione omerica. Lo storico Tucidide individuava, uniformandosi ad Antioco, soltanto quattro isole principali: Lipara, Didime, Jera' e Strongyle e tralasciava le altre perche', a suo parere, troppo insignificanti per estensione e scarsita' di colture e di abitanti. Successivamente se ne individuano cinque e poi sette, Erycodes (Alicudi), Phoenicodes (Filicudi), Didime (Salina), Lipara (Lipari), Hiera (Vulcano), Eunymos (Panarea) e Strongyle (Stromboli). Le sette isole venivano dette vaganti poiche' in mezzo ad esse era possibile navigare e perche' erano facilmente accessibili ai naviganti che giungendovi restavano affascinati dallo splendore delle bellezze del paesaggio e dalle ricchezze che offrivano mare e terra insieme. Il regno di Eolo e dei suoi discendenti, gli Eolinidi, durera' per molti secoli e segnera' un periodo di grande prosperita', giustizia e felicita' del popolo eoliano sino all'arrivo di un popolo di greci provenienti da Cnido (580 a.C.) che, come attesta Diodoro Siculo, approdando a Lipari trovarono circa cinquecento abitanti e le altre isole deserte. Le condizioni delle Eolie in questo periodo dovettero essere particolarmente floride a Lipari, con il privilegio di battere moneta bronzea, che rappresenta uno dei diritti piu' caratteristici della sovranita', aveva raggiunto un tale splendore da attirare altri popoli della Sicilia. I Cnidii stabilirono un regime ferreamente militare e, per effetto del culto di Eolo instaurato sull'acropoli si istitui' un sistema collettivistico con gli indigeni, rafforzato dal fatto che entrambi vantavano la propria discendenza da Eolo. Il "bothros" o fossa votiva, a forma di cisterna, in cui erano gettate le offerte al dio, ritrovate dagli scavi del castello, mostra sulla copertura il leone sdraiato, simbolo di Cnido. La citta' rifondata sull'acropoli, presto si espanse sul dosso della Covita e sulle pendici occidentali dell'isola di Lipari. Un grandioso muro a blocchi poligonali, la cui traccia e' stata rinvenuta negli scavi di Piazza Monfalcone, apparteneva probabilmente ad una prima cinta di mura urbiche, costruita nel 500 a.C. Lipari era dunque una piccola citta' rispetto ai grandi centri urbani come Siracusa, ma grazie alla sua posizione insulare che le permetteva di rimanere al di fuori delle guerre che devastavano la Sicilia e la Magna Grecia, manteneva un tono di vita assai elevato. Lipari rimane colonia greca fino a 252 a.C., quando i Romani guidati dal console Aurelio Cotta, dopo vari tentativi di aggressione, nel corso delle guerre puniche s'impossessarono delle isole che all'epoca erano alleate con i Cartaginesi, e li' costruiscono una importante base navale. Durante la prima colonizzazione romana le isole saranno costrette a vivere un periodo di grave recessione: gli invasori trasformano l'acropoli in fortezza e soltanto dopo la sconfitta di Cartagine ritorna ad essere un quartiere residenziale con un impianto urbano che segue la tipologia della citta' romana la cui estensione non superera' mai le mura greche. Le fonti tacciono sul periodo dell'eta' imperiale fino all'inizio del medioevo, anche perche' l'arcipelago nel medesimo periodo e' soggetto a numerose incursioni di popoli stranieri, che insieme all'improvvisa ripresa dell'attivita' eruttiva di Monte Pelato, subisce un forte decremento degli abitanti e l'abbandono delle terre. Le isole rimangono deserte per due secoli fino alla conquista del conte Ruggero che, seguendo il programma di cristianizzazione dei territori occupati, provvede a ristabilire gli antichi vescovati ed insedia sull'acropoli un nucleo di Benedettini costruendone un'importante monastero. I monaci reintroducono l'agricoltura e riprendono l'attivita' estrattiva delle risorse minerarie che attira nuovamente la popolazione proveniente dalla terraferma e l'arcipelago riprende lentamente a ripopolarsi. La conquista dei Normanni riporta, dunque, ad un periodo di tranquillita' e ripresa grazie alla politica degli stessi che non si sovrapposero con violenza alla popolazione ma rispettarono il diritto privato, i costumi e le proprieta' dei cittadini. La citta' nuova sorge sui ruderi del castello, mentre in pianura viene creato il "borgo" o "terra" abitato da marinai e contadini. Intorno al 1083, sul punto piu' elevato del Castello, viene costruito il complesso abbaziale di cui fa parte l'attuale cattedrale dedicata a S. Bartolomeo la cui storia e' molto controversa e relativamente alla data di fondazione e della evoluzione architettonica non si puo' stabilire nulla con certezza almeno fino al XVI secolo. L'area su cui sorge, probabile sede di un tempio di epoca greca o romana, potrebbe essere la stessa della basilica bizantina sorta sul sepolcro di S. Bartolomeo. Sul finire del XV secolo fu realizzata in forme gotiche una cattedrale con pianta basilicale a tre navate, che venne totalmente distrutta del 1544 a seguito dell'incursione dei Saraceni comandati da Kaireddin Barbarossa che devastarono ed incendiarono l'intera cittadina deportandone la maggior parte della popolazione. Il sacro edificio pervenutoci, riedificato nel XVIII secolo, presenta una bellissima facciata barocca ed oggi, grazie a recenti lavori di restauro, e' possibile ammirare anche una parte del chiostro attiguo che fa parte dell'impianto abbaziale normanno. A seguito della distruzione del 1544 la citta' viene riedificata dagli spagnoli mantenendo fondamentalmente la struttura gia' esistente, adottando un metodo di ripristino delle chiese, delle case del borgo e delle mura dell'acropoli. Nel XVIII secolo si verifica una notevole espansione topografica e l'abitato che fino a quel momento si era identificato con il "borgo" si sviluppa nella zona di Marina Corta e verso la zona piu' a sud di Lipari dove si trovarono condizioni favorevoli per l'insediamento delle attivita' marinare. L'intensificarsi di queste ultime, unite a quella agricola, daranno origine al fenomeno di spopolamento dell'acropoli e della conseguente espansione verso le zone fertili: nascono cosi' le prime case rurali lungo la strada che porta a Pianoconte dove viene costruita, su una lieve altura, la suggestiva chiesa dell'Annunziata con la particolare scalinata ad imbuto che ha ispirato artisti e viaggiatori del XIX secolo. L'acropoli si spopola gradualmente e la popolazione si insedia in pianura e nelle aree coltivate meridionali dell'isola, nell'acropoli rimangono la cattedrale con il palazzo vescovile e le chiese di S. Caterina, Addolorata, Immacolata e Madonna delle Grazie. Intorno alla seconda meta' del XIX secolo l'addensamento delle case e dei vicoli inducono a ricercare una migliore sistemazione urbana; viene cosi' realizzato un nuovo asse viario che congiunge Marina Lunga con il rione piu' a monte di Marina Corta. La strada, denominata via Vittorio Emanuele, e' caratterizzata da edifici nobiliari di pregevole fattura con elementi stilistici riferibili al tardo barocco. Alla fine del XIX secolo anche l'episcopato si sposta dall'acropoli verso la pianura e nell'area dell'antica "civilta'", che negli anni del regime fascista fu utilizzata come confino per detenuti politici, rimangono, tra i resti della necropoli greca e romana, la cattedrale dedicata a S. Bartolomeo, le settecentesche chiese della Madonna delle Grazie e dell'Immacolata, la medievale chiesa dell'Addolorata la cinquecentesca chiesa di S. Caterina e l'edificio vescovile immediatamente attiguo alla cattedrale, oggi destinato in parte a sede di un'importante museo archeologico ed in parte ad ostello della gioventu'. Sebbene le vicende storiche si concentrino sull'isola di Lipari, della quale ci e' pervenuto un centro storico ricco di importanti monumenti, e' doveroso ricordare che anche l'isola di Salina e' dotata di emergenze architettoniche di rilievo. Salina, che per estensione e' la seconda isola dell'arcipelago, era stata chiamata dai Greci "Didyme" che significa doppia, gemella, per effetto della peculiare morfologia che la fa apparire da lontano come se fossero due isole vicine. E' infatti solcata da una valle ricca di vigneti in cui e' ubicato il Santuario della Madonna del Terzito, di origini antichissime, riedificato nel XVII secolo. Il territorio, agli inizi del XX secolo, fu diviso in tre comuni, S. Marina, Malfa e Leni, i cui centri abitati si sviluppano secondo due direttrici: Malfa e Leni secondo il rapporto con la terra e Santa Marina secondo il rapporto con il mare e quindi con i commerci che, per ovvie ragioni, ha favorito l'intensificarsi della popolazione. Risulta quindi evidente il ruolo gerarchicamente inferiore di Malfa e Leni rispetto a Santa Marina che nella prima meta' del XX secolo contava un numero di abitanti tale da necessitare una chiesa di notevoli dimensioni come quella dedicata alla SS. Annunziata costruita intorno al 1920. Non e' comunque trascurabile la dotazione di emergenze architettoniche presenti nel territorio del comune di Malfa dove si contano un numero svariato di edicole votive e cresiole dislocate lungo gli accessi piu' antichi del centro o le suggestive chiesette settecentesche di S. Anna al Capo Faro, S. Anna a Capo Gramignazza e la piu' antica chiesetta di S. Pietro nella contrada Vallonazzo. Considerato che l'architettura rurale eoliana, nelle sue forme tradizionali, rappresenta un aspetto determinante nella composizione del paesaggio dell'intero arcipelago eoliano, sia se le abitazioni sono riunite in agglomerati sia se sono isolate. Le caratteristiche architettoniche, costruttive e tipologiche, lo sviluppo dei corpi di fabbrica e le superfici cromatiche mostrano peculiari fattori di omogeneita', comuni in tutto l'arcipelago per via dei legami che hanno tradizionalmente posto in relazione tra loro le isole Eolie; Soprattutto il clima e, piu' in generale, l'ambiente hanno determinato uno sviluppo analogo delle strutture edilizie. L'assoluta mancanza di sorgenti, pozzi, torrenti, ecc., ha comportato, ad esempio, la necessita' di sfruttare l'acqua piovana per mezzo di componenti architettoniche come le cisterne o i tetti piani, che uniformano estremamente il panorama edificatorio. La necessita' di protezione dalle intemperie, come il soleggiamento eccessivo e le alte temperature, ha comportato lo sviluppo degli spazi esterni (logge, archeggiati, pergole), sfruttati prioritariamente dagli abitanti rispetto agli spazi costruiti. Le colture che hanno storicamente caratterizzato l'agricoltura eoliana sono state sempre omogenee tra isola e isola e hanno quindi comportato una caratterizzazione dei rustici analoga e comunque non marginale in rapporto ai vani abitativi. Le caratteristiche generali dell'architettura eoliana negli ultimi centocinquant'anni sono profondamente diverse rispetto al passato, in quanto legate al ruolo svolto allora, oltre che alla sua posizione, dell'arcipelago nel Mediterraneo. Le pressanti esigenze difensive determinavano strutture edilizie fondamentalmente chiuse in se' stesse, sviluppate in altezza, secondo una tipologia a torre e con aperture minime. Le masse murarie erano molto piu' compatte, denunciando una natura quasi militare, e i corpi rustici ed i servizi erano fortemente ridotti. Gli agglomerati piu' isolati, come quello di Alicudi o Ginostra nell'isola di Stromboli, dove maggiormente si e' sviluppato il fenomeno dello spopolamento e gli eventi sismici non sono stati particolarmente violenti, ancora conservano abitazioni o rustici con queste caratteristiche. Il ripopolamento delle isole Eolie nel corso del XIX secolo e' stato uno dei fenomeni che hanno permesso una profonda modifica delle caratteristiche tipologiche delle abitazioni. La posizione delle Eolie, come ganglio delle comunicazioni marittime rispetto alle rotte del basso Tirreno, ha incrementato i rapporti esterni con l'arcipelago. Da un punto di vista strettamente edilizio, tali relazioni hanno trovato espressione in quelle componenti architettoniche chiaramente derivate dall'architettura rustica delle isole minori mediterranee, legata soprattutto a fattori climatici, ed in particolare all'edilizia storica delle isole partenopee. Lo sviluppo di sistemi infrastrutturali di trasporto nel meridione, tuttavia, determinarono nell'ultimo scorcio del secolo scorso un nuovo decadimento delle isole Eolie in quanto, perdendo il ruolo di snodo delle comunicazioni marittime, vennero a sviluppare nuove ondate migratorie, di fatto fermatesi solo in epoca recente per via del nuovo ruolo turistico assunto dall'arcipelago. Contemporaneamente l'agricoltura nel territorio eoliano si e' venuta a diffondere territorialmente attraverso la creazione di terrazzamenti diffusi, comportando ulteriori modifiche al paesaggio. Non ultimi gli eventi sismici che periodicamente colpiscono questo territorio hanno accelerato il diffondersi di modifiche costruttive. I fattori climatici e demografici, le mutate esigenze difensive, gli eventi sismici, determinarono quindi un'evoluzione tipologica delle abitazioni che si e' mantenuta costante praticamente fino ai nostri giorni. Le abitazioni realizzate negli ultimi trent'anni hanno in parte mantenuto alcune delle peculiarita' dell'architettura rurale eoliana, contribuendo alla costituzione del paesaggio, anche se non sempre positivamente. La trasformazione piu' significativa e' stata proprio il passaggio da un'edilizia prevalentemente verticale ad abitazioni sviluppate planimetricamente, ad uno o a due piani. La scelta del numero di elevazioni fuori terra, tuttavia, appare piu' legata al caso piuttosto che all'adesione tipologica delle residenze alla morfologia del territorio, anche se il tipo ad un piano sembra nascere piu' in localita' pianeggianti, piuttosto che nei declivi. Si riscontra infatti che nelle aree pianeggianti o negli altopiani, come a Pianoconte (Lipari), a Vulcano Piano o a Valdichiesa a Salina, le abitazioni si sviluppano planimetricamente, mentre li' dove i declivi connotano profondamente il paesaggio, come a Panarea, a Filicudi o ad Alicudi, sono presenti i tipi a due elevazioni. In ogni caso, siano ad uno o a due piani, sin dall'ultima meta' del secolo scorso, le abitazioni si svolgono con vani in successione, lungo un asse orizzontale, tutti affacciantisi su di una loggia, che rappresenta forse lo spazio principale, perche' piu' vissuto, della casa: e' proprio qui che si svolgevano le operazioni piu' importanti legate all'agricoltura, come nell'aia dell'edilizia rurale tradizionale. La loggia e' delimitata da un muretto, con sedili alternati ad un colonnato, al quale si appoggia una pergola per la protezione dal forte soleggiamento; si trovano quasi sempre in questo spazio l'imboccatura della cisterna, con un lavatoio in pietra e il forno a cupola. Rispetto ai vani principali destinati alla residenza, i corpi di servizio si possono posizionare diversamente; possono essere collegati al corpo abitativo, oppure completamente staccati ed eventualmente paralleli all'abitazione. L'orientamento dei corpi abitativi privilegia il sud e l'ovest, perche' nei periodi piu' freddi dell'anno soffiano fortissimi venti di tramontana. Il tipo a due piani si caratterizza rispetto al precedente nell'avere i servizi al piano terra, con antistante un archeggiato, un elemento derivato per le ragioni che si dicevano dall'architettura campana. I vani abitativi sono al piano superiore, lungo la loggia sovrastante gli archi, e ad essi si accede tramite una scala esterna, generalmente ad arco rampante, che contribuisce profondamente alla connotazione architettonica dell'edificio. L'elementare sistema costruttivo e' un elemento paradigmatico dell'estrema poverta' delle abitazioni, che si riscontra nell'utilizzo costante del materiale vulcanico. Proprio nel sistema costruttivo si manifesta la tendenza ad utilizzare, dove possibile, tutto cio' che puo' offrire il territorio, a causa delle note ed evidenti difficolta' di approvvigionamento dell'isola. I muri maestri delle costruzioni sono costituiti talvolta da pietre di grosse dimensioni, murate con calce di provenienza extraisolana, mentre per i muri divisori, i solai e i forni venivano utilizzate le scorie vulcaniche. Le bucature sono riquadrate da stipiti, architravi e soglie costituite da blocchi di pietra lavica e, nelle case piu' antiche, l'architrave e' una trave o una tavola di legno. Per la costruzione del solaio di copertura si iniziava creando un'armatura di travi in legno, sulla quale si poneva prima uno strato di canne e quindi uno di pietrame vulcanico, solido ma poroso e leggero, mescolato a calce che si batteva a lungo per garantirne l'impermeabilita' e la resistenza. Considerato che l'arcipelago eoliano, dal punto di vista tettonico, deriva dall'affossamento del Tirreno durante il Pliocene, che corrisponde alla fase finale dell'orogenesi appenninica lungo il suo margine interno. Una successiva fase ha permesso a un magma profondo di risalire lungo fessure, per dare origine al vulcanesimo eoliano. Questo sistema vulcanico poggia sul fondo del mare Tirreno, la cui profondita' varia da 1.000 a 3.000 metri. Recenti studi indicano che le Eolie appartengono ad un tipico sistema arco-fossa-bacino marginale, corrispondente a "un contatto attivo tra le placche convergenti" euroasiatica e africana. L'eta' del vulcanesimo eoliano, ritenuta da alcuni miocenica o addirittura del pliocene inferiore, e' stata, di recente, attribuita al pleistocene, all'inizio dell'era neozoica o quaternaria (un milione e mezzo di anni fa). In base a recenti studi sui terrazzi marini si e' potuto stabilire che nel primo stadio di attivita' si formarono le isole di Panarea, Filicudi, Alicudi e una parte degli apparati di Salina e Lipari. Successivamente, nel pleistocene superiore, si ebbe il completamento di Lipari e Salina, e la formazione di Vulcano e Stromboli. Il vulcanismo eoliano si ripartisce in due contrastanti associazioni geochimiche: magmi alcalini ricchi di potassio, di Vulcano e Stromboli, e serie calcico-alcaline di Salina, Filicudi, Alicudi, Lipari e Panarea. Ulteriori suddivisioni ravvisano quattro serie distinte e le incorporano in un'unica evoluzione dell'arco insulare: serie calcico-alcaline: Salina, Filicudi, Panarea, Alicudi, Lipari e Stromboli; serie calcico-alcaline ad alto tasso di potassio: Lipari, Stromboli; serie shoshonitiche: Vulcano, Stromboli; serie leucitico tefritiche: Vulcano, Stromboli. L'isola di Panarea e' l'apparato piu' antico dell'arcipelago. Le datazioni radiometriche su vegetali carbonizzati hanno permesso, in generale, di stabilire tre periodi di attivita'. Nel primo periodo (tra 330 e 160 mila anni) sorsero gli edifici vulcanici di Panarea; nel secondo (tra 160 e 130 mila anni), corrispondenti alla fase principale di attivita', si formarono: il monte Rivi, Capo e Pizzo Corvo a Salina, la Fossa delle Felci a Filicudi, la Montagnola ad Alicudi. Nel terzo periodo (tra 130 mila anni e i nostri giorni) prosegue l'attivita' vulcanica con la formazione, a Lipari, dei monti Sant'Angelo, Guardia e Pelato; a Salina, della Fossa delle Felci, monte dei Porri, e di Pollara; a Filicudi, della Montagnola e del Terrione; ad Alicudi degli espandimenti acidi. Vulcano si forma a 100 mila anni con successivi edifici degli strato-vulcani a sud della Caldera, della Fossa e di Vulcanello. Stromboli inizia l'attivita' 40 mila anni orsono prima formandosi la zona del Vancori e successivamente con la Cima e con l'attuale cratere. L'isola di Alicudi e' costituita essenzialmente da un vulcano complesso e, nella parte sud-orientale, da numerosi vulcanelli con cupole di ristagno e colate. Filicudi, la cui attivita' si e' sviluppata tra la glaciazione del Mindel e quella del W-rm, risulta costituita dai prodotti dei sei centri eruttivi riconoscibili. Il piu' antico dovette essere situato nel tratto di mare prospiciente la costa, in localita' Fili di Sciacca. L'edificio piu' esteso e' la Fossa delle Felci e i piu' recenti la Montagnola e Capo Graziano. L'isola di Salina e' costituita da sei vulcani. I piu' antichi, localizzabili a Pizzo di Corvo, monte Rivi e in prossimita' di Capo Faro, sono poco riconoscibili nella loro struttura morfologica, mentre i vulcani-strato di Fossa delle Felci e monte del Porri conservano una forma conica quasi perfetta. La Fossa delle Felci raggiunge i 932 metri s.l.m. ed e' la piu' alta vetta delle isole. L'ultima eruzione si verifico' circa 13 mila anni fa nella parte nord-occidentale dell'isola e formo' il cratere di Pollara, costituito da tufi pomicei. Lipari, piu' complessa dal punto di vista geolitologico, nella parte occidentale e' costituita da numerosi vulcani-strato (Timponi, Monte Mazzacaruso (322 metri), monte Sant'Angelo (594 metri), Monte Chirica (602 metri) e Costa d'Agosto (529 metri)). A sud vi sono due domi estrusivi (Monte Guardia (365 metri) e Monte Giardina (278 metri)) e a nord-est due apparati ben conservati (Forgia Vecchia (303 m) e Monte Pelato (476 metri)). Le pomici attorno a monte Pelato raggiungono la potenza di 200 metri e sono sfruttate a Porticello e ad Acqua Calda. Gli apparati vulcanici di Lipari sono localizzati su un reticolato di faglie con direzione nord-sud che passa per Vulcanello e la Fossa di Vulcano. Da recenti ricerche (identificazione di un terrazzo marino tirreniano, di livelli tufacei, ossidiane lavorate nel neolitico, datazione al radiocarbonio di tronchi carbonizzati), e' stato possibile ricostruire l'evoluzione del sistema vulcanico di Lipari, in quattro periodi. Il primo periodo inizia dopo la glaciazione Riss, nella parte occidentale dell'isola, formando il gruppo del Timpone e, dopo una fase di riposo, il Monte Rosa a est. Nel secondo periodo si ha la formazione di Monte S. Angelo, cui segue la nascita di due crateri di pomici e dei Monti Guardia e Giardina. Infine, fra 9.500 anni e il IV secolo d.C., si verifica l'attivita' eruttiva di pomici nella parte settentrionale dell'isola e una o piu' colate d'ossidiana si incanalano lungo le valli formando la P. di Sparanello. Dopo una fase di riposo si ebbe, in tempi storici, una eruzione dal Monte Pelato, con emissione di pomici che formarono una coltre di circa 200 metri di spessore, e di colate di ossidiana (Rocche Rosse). Nell'isola di Vulcano si distinguono quattro principali unita' strutturali: Vulcano meridionale o Vulcano Antico, Monti Lentia, Fossa di Vulcano e penisola di Vulcanello, imposti in tre periodi distinti. Vulcano Antico e' la parte piu' vecchia dell'isola e la sua morfologia rappresenta un tronco di cono composito, quasi circolare, che viene troncato quasi orizzontalmente dalla spianata di Vulcano Piano a circa 300-400 metri d'altezza. Le piu' alte cime di Vulcano Antico, Monte Aria (500 m) e Monte Saraceno (481 m), sono resti dell'orlo della caldera ed appartengono al cono primitivo. La parte centrale dello stratocono di Vulcano Antico sprofondo' a causa del crollo della caldera formando la circolare caldera del Piano con un diametro di 2-2,5 km. Successivamente si forma l'unita' strutturale del gruppo Lentia, costituita da colline rocciose che formano l'orlo occidentale della caldera della Fossa. L'evoluzione vulcanica di questo settore e' messa in relazione ad uno sprofondamento calderico che ha provocato eruzioni di fontane e brandelli di lava molto fluida, con formazione, lungo i bordi della caldera, di domi e numerosi dicchi. La depressione, in cui il cono della Fossa di Vulcano si e' innalzato, rappresenta una caldera di dimensioni analoghe alla piu' antica del Piano. Questa unita' strutturale costituisce il cratere di Vulcano Fossa, fortemente inciso e composto da due crateri, Fossa I, e l'attuale Fossa II; la loro nascita e' messa in relazione al terzo periodo dell'attivita' eruttiva. L'attuale cratere ha un diametro di circa 500 metri e una profondita' di 200 metri e ha dato luogo alle eruzioni storicamente conosciute. Le eruzioni sono caratterizzate da attivita' prevalentemente esplosive e da numerose colate di lava, una delle quali e' la famosa colata di ossidiana di Pietre Cotte, che ricopre il fianco nord-ovest in prossimita' dei due crateri di Forgia Vecchia, superiore e inferiore. Infine, dal 183 a.C., si e' formato il piccolo vulcano di Vulcanello (123 metri) con tre crateri allineati in direzione nord-est/sud-ovest; il piu' antico si trova a est e il piu' recente a ovest. Questo apparato ha emesso numerose colate di lava che costituiscono la piattaforma di Vulcanello e la Punta del Roveto. Vulcanello e' congiunto a Vulcano da un sottile istmo, un metro circa al di sopra del livello del mare, sommerso dalle acque in condizioni meteorologiche particolarmente avverse. Panarea, le piccole isole (Basiluzzo, Dattilo, Lisca Bianca) e gli isolotti (Bottaro, Lisca Nera, Panarelli e le Formiche) sono da considerarsi parte dello stesso complesso vulcanico e rappresentano i resti di centri eruttivi impiantatisi su una stessa unita' morfologica costituita da un rilievo vulcanico sottomarino. La formazione dell'isola, la piu' antica dell'arcipelago eoliano, e' attribuita al siciliano o al milazziano. Nella parte emersa e' impiantato un vulcano-strato, di cui attualmente rimane la parte orientale; sui fianchi, successivamente, si sono formati centri curativi secondari, sotto forma di cupole di ristagno. Stromboli e' la piu' settentrionale delle isole e culmina con i 1.940 metri di Vancori. Si estende per altri 2.000 metri al di sotto del livello del mare per cui l'edificio vulcanico per due terzi e' sottomarino. Le quattro unita' morfologiche che la costituiscono sono: l'antico vulcano-strato (Paleostromboli) di Serra Vancori (924 metri) a sud, la Cima (918 metri), 500 metri a nord del primo, separata da una depressione di un centinaio di metri; il cratere attuale con cinque bocche attive, 300 metri a nord (Neostromboli), della Cima e, 200 metri piu' in basso; il neck di Strombolicchio (43 metri) che rappresenta un cono avventizio. Il cratere centrale e' un terrazzo craterico allungato, parzialmente sormontato dal recinto craterico del Paleostromboli (Serra Vancori). La formazione dell'isola fa riferimento a due periodi: nel primo, si formo' il vulcano-strato di Vancori e, successivamente, l'altro apparato vulcanico della Cima, piu' a nord. Nella stessa epoca, da un'eruzione laterale, ebbe origine Strombolicchio; all'inizio del periodo post-glaciale si formo' l'attuale cratere. Lo Stromboli e' in permanente attivita', data dall'alternarsi di esplosioni di scorie fuse, ceneri e lapilli ed emissioni di lava. Queste caratteristiche emissioni hanno poi fatto definire nella nomenclatura vulcanica ogni attivita' di questo tipo. Processi geomorfologici. Gli studi condotti in questi ultimi anni dai ricercatori del settore geologico hanno consentito di individuare diverse condizioni evolutive accelerate, generalizzabili all'intero arcipelago. Di queste, alcune sono legate a fattori dovuti all'attivita' antropica (o all'abbandono di questa), altre alla naturale rapida evoluzione morfologica che subiscono le isole vulcaniche generalmente giovani, quali quelle eoliane. Per quanto riguarda i fattori dovuti alla dinamica dei versanti, il disutilizzo del suolo rappresenta la causa prima di una sequenza di dissesti, in rapida evoluzione, con lo sviluppo di allarmanti solchi di ruscellamento. Questi interessano tutte le isole, ed in particolare Lipari, Salina e Vulcano. Di notevole interesse appaiono le fenomenologie legate ai caratteri delle reti drenanti ad andamento centrifugo-multiplo, sviluppate lungo le generatrici degli edifici vulcanici coalescenti, che costituiscono i diversi corpi insulari. Si tratta complessivamente di condizioni evolutive che rientrano nella normale fisiologia della dinamica dei versanti, tenuto conto delle forti pendenze e della generale alternanza fra i tipi litologici costituiti da lave fratturate e prodotti piroclastici. Per i processi morfodinamici costieri sono da sottolineare due particolari aspetti rappresentati dall'esistenza di spiagge in rapido arretramento e dalla presenza di sottili spiagge sottoposte a frane di crollo delle retrostanti ripe di erosione. Va constatato che le spiagge eoliane si sviluppano solitamente in strette fasce e che, quindi, il processo di arretramento, quando si verifica, puo' portare alla loro scomparsa. L'esistenza di spiagge sottoposte a crolli dalle retrostanti falesie comporta, per ovvi motivi, dei limiti alle loro finalita' d'uso. L'origine dei crolli e' solitamente imputabile alle condizioni di instabilita' provocate dallo scalzamento al piede delle falesie per il fatto che, tanto la spiaggia sommersa, quanto quella emersa, non presentano un ostacolo adeguato ad assorbire tutta l'energia delle mareggiate. E' inoltre da tenere presente che l'arretramento dei fronti e' favorito anche dai processi di degradazione meteorica, che agiscono energicamente sui litotipi vulcanici fortemente fratturati, o dalla presenza di materiali sciolti di natura alluvionale in condizioni di instabilita'. Sistema geotermico dell'isola di Vulcano. Un aspetto fisico che caratterizza alcune isole dell'arcipelago eoliano, ed in particolare Vulcano, e' rappresentato dalla presenza di un campo geotermico attivo, che si manifesta attraverso emissioni gassose (fumarole) o con sorgenti termali e pozza di fango. Questo campo geotermico, legato ovviamente al vulcanismo attivo, e' stato individuato, come serbatoio, ad una profondita' di 2 km. Le indagini di carattere sperimentale finora effettuate danno comunque per remote le possibilita' di utilizzare i fluidi geotermici ai fini di una diretta integrazione delle attuali disponibilita' energetiche eoliane. L'attivita' endogena che si manifesta mediante le fumarole, sull'isola di Vulcano, e' nota sin dalla piu' remota antichita', e attualmente, si manifesta nella zona della Fossa, nella zona di Lentia e in quella dei Faraglioni. Chimicamente esse si caratterizzano per esalazioni idrosolfidrico-carboniche, che, nel caso della zona della Fossa, possono essere particolarmente forti, solforose, con tracce di acido cloridrico e ad elevata temperatura. Le attivita' della zona di Lentia e del Faraglione di levante possono definirsi minori in quanto negli ultimi cinquanta anni ormai non avvengono piu' emissioni gassose, pur rimanendo un'attivita' endogena sotterranea. I fenomeni fumarolici della zona dei Faraglioni, costanti, erano un tempo legati essenzialmente a emissioni sottomarine o a quelli posti in prossimita' della spiaggia; l'attivita' endogena sotterranea era invece sfruttata industrialmente per le efflorescenze di solfati di alluminio. Nella Piana, piu' numerosi e frequenti sono i getti di gas che fuoriescono da conetti di pochi centimetri di altezza, originati per accumuli di depositi di cristalli di zolfo; in essi si raggiungono temperature di 100 C. Dalla Piana in poi le fumarole cominciano a diradarsi fino a scomparire per lasciare progressivamente il posto a numerose pozzanghere di fango scosse dalla fuoriuscita di gas, in bolle caratteristiche. Parecchio piu' a nord si trovano le fumarole di Porticello. A nord del Faraglione piccolo vi sono, invece, le fumarole di Acqua Calda. Chimicamente le fumarole della zona dei Faraglioni, sono caratterizzate dalla presenza di vapore acqueo in grossa percentuale, acido solfidrico e tracce di acido fluoridrico, mentre copiosa e' la formazione di efflorescenza di solfati di ferro e alluminio in cui il radicale solforico deriva dalle ossidazioni dello zolfo dell'acido solfidrico. L'attivita' fumarolica della zona della Fossa e' certamente quella maggiormente attiva, e i centri di emissione possono dividersi in due gruppi, uno legato all'attivita' del cratere, l'altro collegato all'attivita' della zona di Lentia. Particolare ed interessante e' il fenomeno, certamente legato all'attivita' fumarolica, che si verifica periodicamente nella Fossa, e nel quale si ha emissione di zolfo allo stato liquido. Direttamente connesse all'attivita' fumarolica risultano tutti quei fenomeni che rientrano nelle manifestazioni post-vulcaniche, come la fuoriuscita di acque termali o la formazione di pozze fangose terapeutiche. L'ubicazione delle sorgenti di acque termali, a Vulcano, si concentra soprattutto in localita' Spiaggia Lunga, Acqua Calda, nella zona dei Faraglioni, Punta Luccia e, sul versante opposto, a Punta del Rosario. In tutto si identificano otto sorgenti, di cui quattro sulle coste orientali: Monte Luccia, Punta Luccia, Capo Grillo, e quattro sulle coste occidentali. Le temperature delle acque oscillano fra i 28 C e 170 C; il loro pH, legato all'eccesso di solfati e cloruri, e agli acidi solforico e cloridrico, oscilla tra 1,6 e 1,9. L'origine pare sia da ascriversi ad una falda acquifera, probabilmente meteorica, superiore rispetto al livello del mare, che si mescola ad acqua marina e, insieme a questa, subisce l'influenza locale dei vari prodotti di condensazione ed emissione gassosa. Le acque di Vulcano sono ascrivibili alla categoria delle acque solfato-clorurato-alcaline ipertermali che, per la dipendenza dall'attivita' endogena, e la presenza notevole di SiO2, si differenziano da altre sorgenti consimili. A fianco delle sorgenti di Acqua Calda, per l'importanza dell'uso terapeutico che se ne fa, vi sono le pozze con i fanghi. Essi si trovano ai piedi dei due Faraglioni in una pozza del diametro di 5 metri circa. Il fango agitato da continua ebollizione per azione delle fumarole, si compone essenzialmente di zolfo, alluminio e cenere vulcanica. Unitamente alle sorgenti di Acqua Calda, i fanghi trovano impiego, fino ad oggi empirico, e per gli isolani quasi rituale, nella terapia medica come antiedemici ed antiflogistici in tutti i processi infiammatori artrosici e reumatici, nonche' in cosmetologia e dermatologia. L'ambiente fisico-chimico del tutto particolare in cui si manifesta la complessa attivita' endogena, ha altresi' determinato un ambiente idoneo al prolificarsi di alcune colonie di microrganismi vegetali e animali, molto particolari e rari. Infatti, sono state individuate e isolate tre famiglie di alghe: le rodoficee del genere cyanidium, le cloroficee del genere scenedesmus e le cianoficee del genere pseudoanabaena. Nella zona di Acqua Calda, Pozzo Fango e in prossimita' del Faraglione Est, dove piu' intensa e' l'attivita' solfatarica, prospera, invece, una colonia molto densa di solfabatteri, o tiobatteri, appartenenti ai leucotiobatteri non plogmentati, della famiglia delle beggiotoacee. La loro riproduzione e' legata, e comunque condizionata, dalle esalazioni di idrogeno solforato, dalla temperatura, dalla presenza di ossigeno e dalle radiazioni luminose. I tiobatteri costituiscono un insieme di organismi in grado di vivere in ambienti ricchi di idrogeno solforato, e capaci, come accennato, di utilizzarne, per via fotosintetica o chemiosintetica, l'ossidazione quale fonte energetica per i loro processi metabolici. Si trovano di solito, come ammassi gelatinosi, direttamente allo sbocco della sorgente termale. I leucotiobatteri hanno nicchie ecologiche la cui temperatura e' compresa tra 15 C e 45 C, con un optimum termico entro il range che va dal 35 C ai 38 C, e nelle quali il pH giuoca un ruolo importantissimo. Il particolare non indifferente per cui i solfobatteri di Vulcano vivono in un ambiente marino a pH 5,6, ed a una temperatura compresa tra 25 C piu' di 55 C, fa di tale ambiente dei biotipi a se stanti che si distinguono, unicamente ai batteri, dai consimili di altre localita'. Considerato il rischio vulcanico su alcuni dei territori dell'arcipelago. Sulla base dei dati a tutt'oggi conosciuti si puo' dedurre che concrete condizioni di rischio vulcanico, nell'arcipelago eoliano esistono esclusivamente nelle tre isole di Vulcano, Stromboli e Lipari. Gli elementi che governano la funzione rischio nelle isole suddette e nei diversi settori di queste sono essenzialmente il chimismo dei magmi, i meccanismi eruttivi, la frequenza e la localizzazione degli eventi, il tipo e la distribuzione dei prodotti espulsi, i venti dominanti, la configurazione morfologica, il tipo e la distribuzione degli insediamenti abitativi. Per quanto riguarda Vulcano, si ritiene che si tratti dell'isola a piu' alto rischio vulcanico, in particolare nel suo settore settentrionale, che e' stato sede, in tempi storici, di numerose eruzioni esplosive dovute all'attivita' di Fossa di Vulcano e di Vulcanello; l'ultima eruzione risale al periodo 1888-90. Il rischio in questa isola e' evidenziato dall'estrema pericolosita' delle eruzioni, caratterizzate da una rapidissima espansione laterale della fase gassosa che trascina con se', ad alta velocita', materiali solidi grossolani e ceneri (sorge), e dalla distribuzione degli insediamenti localizzati tra la Fossa e la penisola di Vulcanello. Questa zona, per la presenza del villaggio di Porto e per l'elevato sviluppo assunto in questi ultimi anni dagli insediamenti turistici, rappresenta il settore a maggiore rischio per l'intera isola. La morfologia del terreno e' un elemento rilevante per l'accumulo di CO2; a tale proposito e' da tenere presente che, pochi anni fa, due bambini rimasero asfissiati dall'anidride carbonica in una buca profonda poco piu' di un metro e satura di gas. Si ritiene, pertanto, opportuno canalizzare, con accorgimenti vari, le emissioni di anidride carbonica verso aree pianeggianti e scoperte. Le condizioni di rischio nell'isola hanno portato all'attivazione di un complesso sistema di sorveglianza, che si avvale di differenti metodiche. Stromboli e' sede di un'attivita' persistente caratterizzata da esplosioni regolari e ritmiche alle bocche eruttive. Questa fenomenologia rappresenta il tipo "stromboliano" classico della letteratura. La particolare localizzazione delle bocche eruttive e la configurazione morfologica di quella parte dell'isola, detta "Sciara del fuoco", fa si' che tutti i prodotti eruttati si canalizzino lungo questa depressione fino a raggiungere il mare. Sulla base degli elementi conoscitivi, ma anche in considerazione della natura piu' basica del magma e del minore numero di insediamenti abitativi, il rischio vulcanico a Stromboli puo' ritenersi meno elevato che a Vulcano. Meno elevato, ma non nullo, se si considera che nel passato, in occasione di esplosioni particolarmente intense, si sono verificate ricadute basaltiche di blocchi lavici su aree abitate. A Lipari l'attivita' e' limitata attualmente a manifestazioni post-vulcaniche, quali fumarole a bassa temperatura. L'isola puo', pero', essere considerata sede di vulcanismo attivo in quanto e' opportuno ricordare che l'ultimo evento eruttivo, rappresentato dalle colate di ossidiana delle Bocche Rosse e della Forgia Vecchia, nonche' dagli ammassi di pomice di Monte Pelato, si e' verificato in epoca storica (VI secolo d.C.). Le correlazioni dei parametri inerenti l'attivita' vulcanica e le modificazioni delle attivita' endogene (emissioni di gas, acque termali, controlli geotermici, variazioni climatiche ecc.) costituiscono gli elementi mediante i quali, i vari ricercatori, oggi cercano di prevenire possibili eventi eruttivi, anche a lungo termine. Considerato il rischio sismico nelle aree vulcaniche dell'arcipelago eoliano. A differenza dei fenomeni vulcanici, gli eventi sismici ad alto rischio presentano una maggiore omogeneita', sia areale che tipologica. Per tale fenomenologia bisogna distinguere il fattore hazard da quello di rischio sismico, intendendo con il primo l'evento sismico in quanto determinato dalle energie liberabili e non modificabile attraverso interventi umani, laddove il secondo e' piu' strettamente legato alla vulnerabilita' degli edifici e piu' in generale, dei manufatti esistenti. Il quadro che emerge da una preliminare analisi della sismicita' propria del comprensorio eoliano e dedotta dai dati storici ha permesso di individuare come centri di maggiore attivita' sismica: a) la parte settentrionale dell'isola di Salina (Pollara e Malfa); b) l'isola di Stromboli, in relazione anche all'attivita' vulcanica; c) le isole di Alicudi e Filicudi. Per una corretta valutazione dell'hazard sismico nell'arcipelago, oltre alla sismicita' locale, non va trascurata l'elevata sismicita' regionale del dominio geodinamico di cui l'arco eoliano e' parte integrante. Per quanto concerne il rischio rilevabile dai danni prodotti dagli eventi sismici, si ritiene che una delle principali cause dell'elevata vulnerabilita' potrebbe essere reperita nella mancanza in loco di adeguati materiali da costruzione e nella presenza di edifici fondati su versanti fortemente acclivi. Emerge, quindi, la necessita' di un censimento delle costruzioni, in particolare delle strutture pubbliche, in funzione della loro vulnerabilita'. Indubbiamente il carattere insulare e' il fattore che eleva maggiormente il rischio in tutti i suoi aspetti e pertanto occorrono normative specifiche, oltre ad una capillare e continua educazione di massa. Rilevate le particolari condizioni favorevoli del clima delle isole Eolie, tipico delle zone centro-meridionali, favorisce una rigogliosa crescita di tipi vegetazionali di notevole bellezza e peculiarita'. La scarsita' di piogge estive, la distribuzione non regolare delle precipitazioni, le deboli piogge invernali, assorbite quasi totalmente dal terreno, non consentono la formazione di bacini imbriferi di apprezzabile portata, tranne qualche rara e modesta sorgente. La classificazione del clima secondo il Koppen, in funzione della temperatura, stabilisce che il territorio eoliano e' caratterizzato da clima subtropicale, che influisce sulle colture e sulla vegetazione spontanea e, piu' in generale, sulla vita eoliana: tutto il territorio e' abbondantemente ricoperto da una fitta macchia mediterranea, ovvero da essenze vegetali costituite da dense boscaglie, con alti arbusti in prevalenza sempre verdi e da una serie di piante tipicamente mediterranee che per le suddette condizioni climatiche raggiungono forme di estrema bellezza. La vegetazione piu' frequente e' costituita dai tipici fichidindia, particolarmente presenti a Panarea e Stromboli, dai cespugli di rosmarino, dall'eliotropio, dai cardi, dalle artemisie, dal lentisco, dall'euforbie, dall'agave che cresce soprattutto sulle alture assolate a picco sul mare, e dalle piante fiorite come la bouganvillea di variegati colori, il geraneo frequente lungo i bordi delle strade isolane e l'hibiscus caratteristico per la bellezza dei suoi fiori. Le felci, di cui le isole erano anticamente ricoperte (si pensi che Filicudi prese il nome da questa caratteristica stesura) e che ancora oggi costituiscono uno dei paesaggi particolari di Salina, la quale possiede un manto vegetale piu' ricco rispetto alle altre isole, per la sua relativa abbondanza d'acqua. Ci riferiamo alla splendida area di riserva denominata "Riserva naturale orientata delle montagne Fossa delle Felci e Porri", che si estende per un'area di circa 1.600 ha., suddivisa in zona A comprendente la sommita' delle due montagne e alcuni tratti di costa, come la laguna di Lingua, all'estremita' sud-est dell'isola, delimitata da due cordoni litorali formatisi per azioni di correnti marine. La zona e' particolarmente importante perche' luogo di sosta per l'avifauna migratoria quali, ad esempio, lo scricciolo, il saltimpalo, il fenicottero, la gru, l'airone rosso e cenerino, il pellicano e le oche selvatiche. Bisogna comunque ricordare anche la fauna autoctnona che popola l'arcipelago; ci riferiamo a varieta' ornitologiche tra cui i passeracei, i gabbiani reali, i corvi imperiali, la poiana, il gheppio, il falco della regina, l'assiolo e la civetta. Il visitatore che si accinge ad esplorare il territorio eoliano, puo' incontrare specie faunistiche come il coniglio selvatico, particolarmente presente a Vulcano Piano, a Filicudi e Salina, il ghiro che risiede in zone di densa vegetazione arborea caratterizzata dalla presenza del castagno o nelle valli piu' profonde dei due vulcani di Salina, ricche di specie ad alto e basso fusto come il leccio e la quercia da sughero. E' da segnalare, sempre a Salina, la presenza di una specie di lucertola di colorazione melanzana scuro che vive sullo scoglio Faraglione di Pollara o la testuggine di Herman casualmente individuata nell'area di Monte Fossa delle Felci. Tra le macchie piu' diffuse e tipiche che ricoprono le pendici dei vulcani, poveri di calcio, abbonda l'erica costituita da folti cespugli la cui fioritura, dalla fine dell'estate, resiste fino al tardo autunno formando fantastiche nuvole di colore rosato che costituiscono un forte richiamo per la grande varieta' di coloratissime farfalle che rappresentano un'altra delle specie faunistiche diffusa nell'arcipelago. Un'altra essenza tipicamente resistente nei terreni poveri o colpiti da incendi, purtroppo frequenti in queste zone, e' quella dei cisti, arbusti aromatici con piccoli fiori e foglie strette che, in alcuni casi (cistus salvifolius), ha foglie lisce e fiori bianchi. Un'endemismo tipico del luogo e' costituito dal cytus eolicus divenuto una rarita', e la genista ephedroides, che nei mesi di aprile-maggio ricopre con un giallo abbagliante vasti spazi pianeggianti e scoscesi, creando un felicissimo contrasto di colore con il manto vegetale esistente. Tra le piante che caratterizzano di piu' il paesaggio eoliano perche' capace di annidarsi dovunque, e' senz'altro quella del cappero, formata da teneri rami con foglie ovali verdi lucide e fiori bianchi talmente belli da sembrare una specie di piccole orchidee. Un'altra macchia di colore particolarmente vivace, che ricorre con frequenza perche' cresce in un terreno sabbioso o sulle rocce intrise di salsedine e' la pianta grassa mesembriantemo, volgarmente chiamata ficomarino, originaria dell'Africa meridionale con foglie carnose e grandi fiori gialli e rosa. Anche questo aspetto della vegetazione e' fortemente condizionato dalla morfologia del territorio e dall'antropizzazione dello stesso, cosicche' ogni isola, pur avendo le essenze comuni sopra menzionate, e' caratterizzata da una macchia piuttosto che da un'altra e nello stesso tempo si puo' assistere a paesaggi piu' o meno incolti e in alcuni casi aridi, brulli come ad Alicudi, Filicudi e Stromboli, dove la vegetazione diventando piu' rada per il territorio notevolmente accidentato, conferisce alle isole un aspetto di peculiare bellezza. Considerato che, nel corso degli ultimi venti anni, l'intero arcipelago delle isole Eolie ha subito una trasformazione del modello economico-sociale tale da modificare, particolarmente in alcune isole, la morfologia del paesaggio e dell'ambiente agricolo rurale, le cui testimonianze, ci sono pervenute, da piu' viaggiatori del passato (Houel, Luigi Salvatore d'Austria). La mancanza di strumenti urbanistici e dell'azione programmatoria ha sicuramente contribuito a un tipo di crescita e gestione del territorio incontrollate, che hanno causato degli effetti, divenuti oggi, di non facile soluzione in un ambiente ricco di peculiarita' paesaggistiche ed aspetti naturali. Tra le distorsioni degli equilibri territoriali e' altresi' da risolvere la spinosa questione delle discariche dei rifiuti solidi urbani che diviene piu' complessa in un contesto isolano dove, alla difficile scelta del sito, si aggiunge la limitata estensione territoriale. Lo sviluppo turistico, elemento determinante della trasformazione economica ed ambientale dell'arcipelago, diventato ormai principale fonte dello sviluppo economico, ha portato all'abbandono della tradizione contadina limitando quindi l'utilizzo dello spazio a questa attivita' con un'alterazione della morfologia stessa di alcune parti del territorio. I terrazzamenti con muri a secco che dovevano necessariamente realizzarsi nelle zone scoscese per le piantagioni di viti, alberi da frutto (fichi, susine e mandorlo), oggi vanno quasi scomparendo, tranne nelle isole di Salina, Stromboli, Filicudi ed Alicudi, dove resiste tuttora una cultura agricolo-contadina. Se l'agricoltura induceva un alto grado di utilizzo delle risorse esistenti dell'isola, il turismo ha provocato un minore interesse dei fattori produttivi seguito da un impoverimento delle risorse naturali ed ambientali. Cio' si e' verificato perche' gli interventi dell'uomo hanno privilegiato l'attivita' edilizia particolarmente vantaggiosa per la crescente richiesta turistica, prevalente in quelle isole (Vulcano, Lipari e Salina), piu' vicine ai nodi di collegamento sulla terraferma. La crescita urbana delle stesse si differenzia dalla morfologia ed ubicazione dei centri abitati; si nota infatti che risultano piu' antropizzate le zone immediatamente vicine alle strade di accesso, e ben conservate le aree a monte, come ad esempio a Lipari i centri di Quattropani, Piano Conte e Lami, a Vulcano la zona denominata "il Piano", a Salina, i centri di Pollara, Rinella e Malfa. Lo sviluppo turistico avendo come principale orientamento le attrattive del binomio mare-sole, ha provocato un abbandono dell'utilizzo delle risorse intrinseche di ogni isola che avrebbero potuto invece costituire la fonte primaria di un "turismo alternativo". Si pensi ad esempio che l'isola di Vulcano, aggredita nei mesi estivi da un turismo incontrollato spesso stazionante anche un solo giorno, potrebbe rappresentare, attraverso l'utilizzo razionale delle fonti naturali dei fanghi, un modo "alternativo" per la pianificazione del turismo, con effetti positivi per una migliore qualita' dei servizi connessi. Situazione analoga si riscontra a Lipari, dove le terme di S. Calogero, situate sul lato occidentale dell'isola, a 200 metri sul livello del mare, note sin dal 50 a.C., come testimonia la costruzione della grotta sudatoria, versano da tempo in stato di abbandono. Tra le altre risorse naturali storicamente sfruttate nelle isole di Vulcano e Lipari, quali l'allume, l'ossidiana e la pomice, solo quest'ultima e' attualmente estratta, lavorata ed esportata. Tuttavia l'antropizzazione dell'arcipelago ha comportato sicuramente un miglioramento delle condizioni economiche dell'abitante, favorendo il potenziamento di alcuni servizi ed infrastrutture di interesse collettivo (elettricita', collegamenti marittimi, viabilita', ecc.), che fino agli anni '60 e oltre in alcune isole erano quasi del tutto inesistenti. Il problema della salvaguardia dell'ambiente si pone dunque non soltanto come un'esigenza di difesa delle bellezze naturali per fini puramente estetici, ma deve costituire l'obbiettivo fondamentale per una corretta pianificazione, che limiti irreversibili aggressioni del territorio. Rilevata l'importanza di mantenere e preservare tale ambiente da un incontrollato sviluppo, che determinerebbe una alterazione irreversibile del paesaggio, per altro gia' fortemente compromesso dagli interventi di antropizzazione effettuati negli ultimi decenni. Considerato il paesaggio dell'arcipelago eoliano per la molteplicita' di aspetti e componenti costituisce un ambiente unico del bacino del Mediterraneo. Pur avendo la stessa origine vulcanica ogni isola possiede di per se' un paesaggio e una conformazione con caratteri e peculiarita' proprie, dovute alla trasformazione dei fenomeni geomorfologici contrastanti da isola a isola: ecco apparire scenari rappresentati dall'espressione diretta dei prodotti vulcanici eruttati nei vari stadi, come frastagliate scogliere nere, con spiagge altrettanto nere di sabbia finissima, montagne bianche a picco sul mare, alternate a scoscese rocce con colori che mutano dal giallo dello zolfo al rosso della caolina al nero dell'ossidiana, o alle abbaglianti spiagge bianche della pomice, o ai neri e finissimi arenili di Vulcano e Stromboli. Le alte montagne ricoperte da una fitta vegetazione a macchia stabiliscono un aulico rapporto con i colori delle colture esistenti che mutano ritmicamente di ora in ora, di stagione in stagione. Una peculiarita' dell'arcipelago eoliano e' data dalla duplice visione che si coglie dall'ambiente per effetto di una straordinaria situazione: infatti, oltre a percepire il paesaggio guardando le isole dal mare, con la diversita' delle coste, gli isolotti, gli scogli affioranti, le varieta' della macchia di vegetazione, i tipici agglomerati che nell'insieme costituiscono quadri panoramici, esiste e diventa rilevante il paesaggio che ogni isola riflette dalle altre circostanti. Ed e' cosi' che a Lipari, ad esempio, proseguendo per la strada verso Quattropani, cogliamo uno degli scorci piu' incantevoli della zona, quello di Quattrocchi, dove ci appare la veduta sulla frastagliata costa occidentale dei faraglioni denominati Pietra del Bagno e Banco del Bagno, di Punta Perciato, di Vulcanello e Vulcano e in condizioni di visibilita' favorevole anche della costa siciliana. Un altro straordinario paesaggio si puo' osservare salendo verso la Chiesa vecchia di Quattropani, modesto esempio di architettura povera di fine '600, in cui, dopo uno stretto percorso in salita costeggiato da ginestre e fichidindia, si giunge su un pianoro dal quale e' possibile contemplare verso est la veduta della vicina e verde Salina, le lontane isole di Alicudi e Filicudi i cui tramonti su quest'ultima creano particolari contrasti di colori del rosso del sole con il vulcano e la rigogliosa vegetazione. La visione complessiva delle isole ci perviene, nell'insieme, talmente spettacolare da far dimenticare quell'aspetto piu' tetro che e' tipico alle pendici del vulcano attivo. Percorrendo la strada che sale al cratere di Vulcano, ci appare l'isola in tutti i suoi diversi scorci panoramici, dal piu' lunare e cupo, dato dalle fumarole in continua eruzione che conferiscono alla montagna surreali colorazioni sulfuree bianche e rosse, allo straordinario istmo (gia' sottoposto a vincolo di art. 5, legge regionale n. 15, con decreto n. 8298 del 19 dicembre 1994, perche' interessato da peculiari fenomeni naturali) che congiunge Vulcano con Vulcanello, quest'ultimo ricoperto da una fitta vegetazione alloctona. Ad ovest si trova il monte Lentia, dove l'abbondante vegetazione alterna il giallo delle ginestre al rosa delle eriche sparse a macchia definendo un tipico paesaggio rurale eoliano. L'isola di Vulcano e' attraversata da un panoramico percorso che giunge alla zona denominata Piano dalla quale e' possibile ammirare oltre le bellezze offerte dalla costa meridionale dell'isola, con la splendida caletta di Gelso, il promontorio di Capo Milazzo, la catena dei Peloritani ed in particolari giorni di visibilita' anche la sommita' dell'Etna. Dal porto di Ponente, proseguendo ad ovest, Vulcano offre un tratto di costa tra i piu' frastagliati e frequentati dell'arcipelago: si susseguono infatti una serie di insenature (Cala Formaggio, Cala Mastro Minico, ecc.), di cui la piu' conosciuta e' la Grotta del Cavallo, chiamata cosi' per la particolare conformazione assunta dalla roccia, dove, accedendo con una piccola imbarcazione, si possono ammirare stupendi effetti cromatici creati dalla fusione della roccia con il fondo marino e il riflesso del sole che filtra al suo interno. Spaziando con lo sguardo a 180 e' possibile ancora vedere tutte le isole che formano l'arcipelago, soprattutto se la pioggia ha rarefatto l'aria accentuando l'intensita' dei colori: di fronte Lipari ci appare congiunta a Salina, ed ancora ad est Filicudi ed Alicudi, mentre piu' ad ovest appare la bassa e bianca Panarea ed infine la piu' lontana, imponente, scura e fumante Stromboli. L'isola di Salina e' ritenuta la piu' verde di tutto l'arcipelago, dove la morfologia del territorio determina svariate conformazioni, tra cui lo splendido paesaggio offerto dal laghetto di Lingua, originariamente utilizzato come Salina, che si trasforma di continuo a causa delle condizioni climatiche. Tra i paesaggi piu' unici dell'isola e' necessario soffermarsi sullo scenario offerto dalla baia di Pollara, piccolo borgo marinaro, definito a sud dalla Punta di Filo di Branda, irta di rupi vulcaniche dove un sentiero dalla cima del vulcano percorre la valle della Spina. La peculiarita' di questo luogo e' data dalla incredibile corrosione della roccia quasi "affettata" dal mare e dal vento, incorniciata dal manto verde della montagna soprastante, al cui piede sono stati ricavati anticamente dai pescatori dei piccoli vani tondi per il ricovero delle barche. La stessa caratteristica la ritroviamo a Rinella, dove l'antico insediamento marinaro alle pendici del Monte Fossa delle Felci, rimanendo in parte intatto, si confonde tra le fertili terrazze coltivate e le tipiche case bianche a mezza costa. L'isola di Stromboli e' quella in cui la presenza del vulcano attivo e' piu' "tangibile"; il paesaggio offerto dalla Sciara di Fuoco e' unico al mondo, l'alternarsi di eruzioni esplosive con espulsioni di cenere e vapore ha definito chiaramente una parte della sua costa. L'isola presenta spiagge nere di notevole bellezze, come quelle di Scari e Ficogrande, frastagliate insenature a merletto contrastate dalle caratteristiche bianche case cubiche. La particolare morfologia del sito, molto poco pianeggiante, ha consentito la necessaria distanza tra un caseggiato e un altro alternando a una macchia bassa mediterranea piu' spontanea la presenza di alte ed eleganti palme. Anche da Stromboli salendo all'osservatorio attraverso un viottolo accidentato fiancheggiato da siepi di canne, rovi, cespugli di rosmarino e lentisco e' incantevole il paesaggio che si gode verso le lontane isole "consorelle". Panarea e' l'isola in cui il paesaggio eoliano raggiunge la sua piu' felice espressione essendo stata poco antropizzata; sussistono le piccole case bianche squadrate con i tipici pergolati, immerse in una vegetazione autoctona di bouganville, hibiscus, cespugli del cappero e piccoli orti coltivati. Pur essendo la piu' piccola e antica isola, Panarea costituisce un piccolo arcipelago a se' stante, con Basiluzzo, scoglio distante circa 3,5 km, gli isolotti di Lisca Bianca, Lisca Nera, Bottaro e il gruppo delle Formiche, che completano lo splendido paesaggio a nord-est dell'isola. Dal Capo Milazzese e' possibile avere un quadro completo di tutto questo piccolo arcipelago, compresi i resti dell'omonimo villaggio preistorico, testimonianza archeologica tra le piu' importanti di tutte le Eolie. L'aspetto piu' interessante del paesaggio di Filicudi e Alicudi e' determinato dalla naturale conservazione del territorio: la loro posizione periferica e la morfologia particolarmente scoscesa del territorio rispetto alle altre isole ne ha scoraggiato l'antropizzazione. L'ambiente si e' quindi mantenuto intatto, con le tipiche case rurali non intonacate, dal tetto delle quali vengono convogliate le acque piovane nelle cisterne adiacenti, e dove si continua un'agricoltura di sostentamento con muretti di terrazzamento in pietrame. A Filicudi alcuni scogli emergenti a circa un chilometro dalla costa a nord-ovest fortemente erosi dal mare, la Canna, Montenassari e lo Scoglietto, aumentano la superficie dell'isola in direzione ovest e costituiscono un singolare scenario dell'isola. Ad Alicudi il paesaggio appare piu' integro in quanto l'antropizzazione non ha raggiunto l'isola, trovandosi all'estremita' occidentale dell'arcipelago. L'isola appare piatta quasi tonda, lo scenario e' di notevole suggestione per i selvaggi e ripidi precipizi della costa, formati da strati irregolari di rocce nere e di tenero conglomerato rossastro con macchie verde di vegetazione spontanea. La morfologia dell'isola cosi' fortemente scoscesa caratterizza il paesaggio di Alicudi con terrazzamenti, una volta piu' coltivati ed ora invasi dalla macchia mediterranea dove resiste ancora la produzione dell'olivo. Le isole dell'arcipelago eoliano, tra il mito e la realta', ci regalano immagini di storia e paesaggio che per la loro unicita' possono essere cosi' definite. "Oso nel contempo sperare che, attratto dalle antiche e gloriose vicende storiche, un maggior numero di visitatori si rechi ad ammirare quelle isole cosi' ricche di mitologia e di bellezze naturali, che si ergono in una superba cornice azzurra di cielo e di mare e che per i suggestivi fenomeni vulcanici possono dirsi veramente l'arcipelago incantato del Mediterraneo". (Leopoldo Zagami "Le isole Eolie nella storia e nella leggenda" 1939). Considerato che l'arcipelago delle isole Eolie e' ubicato nel Tirreno meridionale, a nord della Sicilia. Le coordinate che lo delimitano sono il parallelo estremo dell'isola di Vulcano a 38 21' 54' e quello di Stromboli a 38 48' 40' a nord e i meridiani a 2 04' 00' di Alicudi a 2 49' 00' di Stromboli di longitudine est. Entro questi limiti sono comprese le sette isole principali, nonche' gli isolotti minori disabitati e gli scogli di trascurabile estensione. Le isole, in ordine di grandezza, sono: Lipari con estensione di 37,6 kmq; Salina con 26,8 kmq; Vulcano con 21 kmq; Stromboli con 12,6 kmq; Filicudi con 9,5 kmq; Alicudi con 5,2 kmq e Panarea con 3,4 kmq. Sono tra loro vicine Lipari, Salina e Vulcano; a piu' di 20 km da Lipari, isolate e distanti dalle precedenti, si trovano a nord-est di Panarea, con Basiluzzo, Dattilo e altri scogli minori; a ovest, Filicudi e Alicudi. Stromboli, la piu' orientale, dista 55 km da Capo Vaticano (Calabria); Vulcano, la piu' meridionale si trova a 20 km da Capo Calava' e a 22 km da Milazzo. L'isola di Lipari resta compresa fra Vulcano e Salina, divise da tratti di mare denominati rispettivamente Bocche di Vulcano (circa 1 km) e canale di Salina (circa 3,8 km). In linea di massima l'arcipelago e' disposto secondo due direttrici preferenziali, lungo le quali si sono verificati i fenomeni vulcanico-tettonici, che hanno dato via alla nascita delle isole. La prima, in direzione nord-nord est e sud-sud ovest e' costituita dall'allineamento delle isole di Lipari, Panarea, Stromboli; la seconda, in direzione nord ovest-sud est, da quello di Vulcano, Lipari, Salina. Considerato che la zona in argomento non e' ancora sottoposta a pianificazione territoriale paesistica. Ritenuto, peraltro, che permane l'esigenza di proteggere il territorio mediante adeguate misure di salvaguardia quali il vincolo di temporanea immodificabilita', come all'uopo richiesto dalla Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Messina. Ritenuto, in particolare, che permane il grave rischio di interventi indiscriminati, non incompatibili con le destinazioni urbanistiche del vigente strumento, idonei ad alterare i connotati salienti dell'area suddetta, che vanno salvaguardati nelle more della loro tutela mediante piano paesistico. Rilevato che questo assessorato ha attivato la redazione del piano territoriale paesistico regionale, secondo le previsioni e le metodiche del piano di lavoro approvato con decreto n. 7276 del 28 dicembre 1992, registrato alla Corte dei conti il 22 settembre 1992, registro n. 3, foglio n. 351. Rilevato che a tale scopo, con decreto del presidente della regione Sicilia n. 862 del 5 ottobre 1993, e' stato istituito presso questo assessorato il Comitato tecnico scientifico previsto dall'art. 24 del regio decreto n. 1357/40 per la procedura di approvazione del piano territoriale paesistico. Ritenuto per le motivazioni sin qui descritte, al fine di garantire le migliori condizioni di tutela che valgano ad impedire qualsiasi compromissione delle caratteristiche di pregio paesistico e naturalistico individuate, si ritiene opportuno proporre il vincolo di immodificabilita' temporanea, ai sensi dell'art. 5 della legge regionale n. 15/91, per i territori delle isole Eolie, secondo le perimetrazioni di cui appresso, ad esclusione di tutte le aree cimiteriali: ISOLA DI SALINA Comune di Leni. E' incluso nell'area del vincolo l'intero territorio comunale individuato nel foglio I.G.M. 1:25.000, tavola C. Comune di S. Marina Salina. E' incluso nell'area di vincolo l'intero territorio comunale ad esclusione delle aree di seguito delimitate: foglio di mappa n. 7: 1. l'area confinante a nord con la strada comunale Serro dell'Acqua; ad est con la via Rinascente fino alla via F. Crispi; ad ovest con la strada comunale Serro Bonaiuto Saraceno, con le particelle 650, 505, 516, 515, 513, attraversa il vallone Scattarella, le particelle 364, 363, 360, 359, 358, 810, 192; 2. l'area confinante a nord con il vallone Castagna; ad est con il mar Tirreno; a sud con il vallone Batana'; ad ovest con la via Risorgimento fino all'incrocio con il torrente Castagna; foglio di mappa n. 11: 3. l'area confinante a nord con il vallone Batana'; ad est con le particelle 110, 111, 112, 115, 113, 120, 121, 122, 130, 7, 262, 263, 265, 264, 275, 276, 415, 671, 413, 416, 412, 399, 400, 402, 403, 404, 405, 407, 406, attraversa la via Roma, con le particelle 468, 469, A, 479, 475, 476, 477, 478, attraversa la via Rando, con le particelle 594, 595, 596, 597, 605, 607, attraversa la via Oberdon, con le particelle 647, 648, 649; a sud con le particelle 645, 655, 642, 629, 628, prosegue lungo il vallone contiguo alla particella 559; ad ovest con le particelle 558, 562, 564, 553, 552, 375, 371, 363, 356, 357, 354 e prosegue per la via Roma fino all'incrocio con la via F. Crispi; 4. l'area confinante a nord con il vallone Batana'; ad est con il mar Tirreno; a sud con le particelle 625, 624, 621; ad ovest con la via Risorgimento fino all'incrocio con il torrente Batana'; foglio di mappa n. 13: l'area confinante a nord con la particella 454; ad est con le particelle 475, 477, 476 fino all'incrocio con il vallone Casella; a sud con il vallone Casella; ad ovest con la via Risorgimento fino alla particella 454; foglio di mappa n. 15: l'area confinante a nord con il torrente Casella; ad est con la particella 189; a sud con le particelle 254, 252, 247, 248, 249, 251, 328, 329, 335, 336, 337, 395, 398, 401, 403, 406, 409, 412, 414, 420, 464, 467, 466, 468, 470, 463, 462; ad ovest con la strada comunale S. Marina fino all'incrocio con le particelle 386, 385, 384, 306, 308, 233, 167, 123, 92. Comune di Malfa. E' incluso nell'area del vincolo l'intero territorio comunale ad esclusione delle aree di seguito delimitate: foglio di mappa n. 11: l'area confinante a nord con la via Umberto fino all'incrocio con la via S. Giuseppe, prosegue con le particelle 105, 1052, 114; ad est con le particelle 118, 122, 123; a sud con le particelle 259, 258, 257, 255, 250, 247, 243, 241, 239, 237, 83, 81, 80, 71, 66, 67, 227, 226, 59, 60, 754, 58, 54, 52 fino all'incrocio con la via S. Lorenzo, proseguendo verso sud fino all'incrocio con la particella 206; ad ovest con la strada rotabile Leni-Malfa. ISOLA DI LIPARI Comune di Lipari. E' inclusa nell'area del vincolo l'intera isola ad esclusione delle aree di seguito delimitate: foglio di mappa n. 49: l'area confinante a nord con la via Canneto; ad est con la strada provinciale Acqua Fredda fino all'incrocio con le particelle 337, 457 fino alla strada comunale Canneto; a sud con la delimitazione del foglio di mappa n. 50 (in cui prosegue l'ara); ad ovest con le particelle 309, 308, 303, 286, 241, incrocia la strada comunale Sparanello, le particelle 242, 243, incrociando la strada comunale Calandra e proseguendo fino alla via Canneto; foglio di mappa n. 50: l'area confinante a nord con il vallone Calandra; ad est con il torrente Sciaratore fino alla particella 188, prosegue con le particelle 180, 176 fino all'incrocio con la via Calandra; a sud con le particelle 157, 168; ad ovest con le particelle 176 e 180; foglio di mappa n. 52: l'area confinante a nord con il torrente Calandra; ad est con il mar Tirreno a sud con il torrente Vallonaccio e proseguendo a sud-est con il medesimo torrente incrocia la via C. Battisti e prosegue con il torrente S. Carlo; ad ovest con il foglio di mappa n. 51 e con le particelle 614, 566, 698, 651, 616, 620, 619, 618, 617, 615, 568, 565, 562, 560, 558, 500, 499, 496, 448, 426, 414, 405, 399, 396, 372, 371, 368, 339, 288, 69, 714, 247, 248, 244, 245, 236, 235, 234, 232, 210, 209, 191, 857, 154, prosegue con un tratto di via Nazzario fino all'incrocio con la particella 139, continua con le particelle 99, 92 fino all'incrocio con il torrente Sciaratore e prosegue a nord-ovest fino ad incontrare il torrente Calandra; foglio di mappa n. 67: e' esclusa dal vincolo l'area confinante a nord-est con il mar Tirreno e con il foglio di mappa n. 52 (in cui prosegue l'area esclusa dal vincolo); ad est con il mar Tirreno e il torrente Boccetta; a sud con il torrente Canneto Dentro e, proseguendo da sud verso ovest con le particelle 430, 337, 332, 331, 330, 321, 319 incrocia la strada comunale Facciata Golia, prosegue con le particelle 174, 117, 127, 125, 121, 629, 73, 72, 70, 68, 67, 52 fino all'incrocio con la via Enrico Toti e continua con le particelle 66, 65, 64, 115, 63, 61, 59; ad ovest, incrociando il torrente Vallonaccio, con il foglio di mappa n. 52 (in cui prosegue l'area esclusa dal vincolo); foglio di mappa n. 69: l'area confinante a nord con il foglio di mappa n. 67 (dove l'area continua), e il mar Tirreno; ad est con le particelle 118, 124; a sud con le particelle 116 e 113; ad ovest con la strada vicinale Bocca Vallone e continua con la strada comunale Lipari-Canneto fino al torrente Canneto; foglio di mappa n. 87: l'area confinante a nord con la strada rotabile comunale Lipari-Canneto; ad est con il mar Tirreno; a sud con il foglio di mappa n. 88 dove l'area continua; ad ovest con le particelle 159, 184, 153, 152, 139, 134, 129, 80, 81, 91, incrociando il torrente Bannicello, le particelle 86 e 278; foglio di mappa n. 88: 5. l'area confinante a nord con il foglio di mappa n. 87; ad est con il mar Tirreno; a sud con le particelle 212, 195, 181, 176, 175, 174; ad ovest con le particelle 169, 138, 139, 142, attraversando la strada vicinale Barone o S. Catarina continua con la particella 127 fino al torrente Balestrieri; 6. l'area confinante a nord con la strada comunale del cimitero; ad est con la continuazione della stessa strada; a sud con vico Cappuccini e con le particelle 28 e 242; ad ovest con il foglio di mappa n. 83; 7. l'area confinante a nord con la particella 299 e il vico Ausonia; ad est con il corso V. Emanuele; a sud con il foglio di mappa n. 97 dove l'area continua; ad ovest con il torrente Valle; foglio di mappa n. 97: l'area confinante a nord con il foglio di mappa n. 88 (dove l'area continua); ad est con il foglio di mappa n. 98 (dove l'area continua); a sud con il foglio di mappa n. 102 (dove l'area continua); ad ovest con il tratto di strada tangente le particelle 340, 342, 543 fino all'incrocio con strada comunale Lipari-Piano Conti e le particelle 341, 533, 535, 542, 394, 313, 312, 507, 519, 210, 209, 208, 395, 207, 205, 108, 107, 356. All'interno dell'area in oggetto e' individuata l'area A, comprendente le particelle 211, 518, 526, 541, inclusa nel vincolo di art. 5, legge regionale n. 15/91; foglio di mappa n. 98: l'area confinante a nord con il foglio di mappa n. 88 (dove l'area continua) prosegue con la via V. Emanuele III prosegue con la via Roma; ad est con la salita S. Giuseppe, con le particelle 803, 802, 805, 829, 830, incrocia la piazza S. Bartolo, prosegue con le particelle 866, 872, 873, 874, 875, 877, 876, 967; a sud con la strada comunale Porto delle Genti; ad ovest con la via S. Anna fino all'incrocio con la via Franzo dove l'area prosegue nel foglio di mappa n. 102; foglio di mappa n. 102: l'area confinante a nord con il torrente Ponte fino all'incrocio con la via Franzo; ad est con il tratto di via Roma, particelle 69, 70, 361, 73, 74 prosegue nel foglio di mappa n. 98; a sud con la via s.n.; ad ovest con le particelle 387, 463 e con un tratto del torrente Ponte. ISOLA DI VULCANO E' inclusa nell'area del vincolo l'intera isola ad esclusione delle aree di seguito delimitate: foglio di mappa n. 3: l'area confinante a nord con il foglio di mappa n. 2 e con il mar Tirreno; a nord-est con le particelle 302, 282, 108, 162, 109, 110, 690, 111 (area gia' sottoposta a vincolo ex art. 5, legge regionale n. 15/91 con D.A. n. 8298 del 19 dicembre 1994) e con il tratto di strada comunale Porto Levante; a sud con la strada comunale Porto Levante; a sud-ovest con le particelle 78, 80, 14, 12, 11; l'area confinante a nord con le particelle 8, 173, 14; a nord-est con la particella 80 e la strada comunale Porto Levante; a sud-ovest dalla strada comunale Porto Levante; prosegue comprendendo tutta l'area sviluppo B, confinante con il foglio 4. Sviluppo B. L'area confina a nord con la strada di Porto Levante; ad est con le particelle 847, 846, 845, 851, 850, 849, 848, 844, 843, 842, 861, 423, 427; a sud con la strada provinciale Porto Levante-Piano Gelso; ad ovest con il foglio di mappa n. 4, dove l'area continua: foglio di mappa n. 4: l'area confinante a nord con la strada Porto Levante, delimitante il foglio di mappa n. 3 (dove l'area continua); ad est con il foglio di mappa n. 7 (dove l'area continua); a sud con la strada provinciale Porto Levante-Piano Gelso e con le particelle 129, 124, 275, 384; ad ovest con le particelle 235, 399, 398, 39, 325, 18, fino ad incrociare la strada comunale Lentia-Porto Levante. ISOLA DI PANAREA E' inclusa nell'area del vincolo l'intera isola compresa nel foglio I.G.M. 1:25.000, tavola D. ISOLA DI FILICUDI E' inclusa nell'area del vincolo l'intera isola compresa nel foglio I.G.M. 1:25.000, tavola F. ISOLA DI STROMBOLI E' inclusa nell'area del vincolo l'intera isola compresa nel foglio I.G.M. 1:25.000, tavola E; Decreta: Art. 1. Per le motivazioni espresse in premessa, sul territorio dell'arcipelago eoliano, comprendente i comuni di Lipari, Malfa, S. Marina Salina e Leni, descritto come sopra e individuato nelle planimetrie A, B, C, D, E, F, che formano parte integrante e sostanziale del presente decreto, e' apposto il vincolo di inedificabilita' assoluta, ai sensi dell'art. 5 della legge regionale n. 15/91.