L'ASSESSORE
                 per i beni culturali ed ambientali
                    e per la pubblica istruzione
  Visto lo statuto della regione;
  Visto il decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1975, n.
637,  recante  norme  di   attuazione  dello  statuto  della  regione
siciliana in materia  di tutela del paesaggio, di  antichita' e belle
arti;
  Visto il  testo unico  delle leggi  sull'ordinamento del  governo e
dell'amministrazione della  regione siciliana, approvato  con decreto
del presidente della regione 28 febbraio 1979, n. 70;
  Visto il decreto del Presidente della Repubblica n. 805/1975;
  Vista la legge regionale 1 agosto 1977, n. 80;
  Vista la legge regionale 7 novembre 1980, n. 116;
  Vista  la legge  29 giugno  1939, n.  1497, sulla  protezione delle
bellezze naturali e panoramiche;
  Visto il  regolamento di esecuzione  della predetta legge  n. 1497,
approvato con regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357;
  Vista la legge 8 agosto 1985, n. 431;
  Visto il decreto n.  5436 del 20 marzo 1995, con  il quale e' stata
ricostituita la commissione provinciale  per la tutela delle bellezze
naturali e panoramiche di Palermo,  ai sensi della legge n. 1497/1939
e del decreto del Presidente della Repubblica n. 805/1975;
  Esaminato il verbale redatto nella seduta del 25 luglio 1995, nella
quale  la  commissione  provinciale  per  la  tutela  delle  bellezze
naturali e panoramiche di Palermo ha proposto di sottoporre a vincolo
paesaggistico  l'intero territorio  di Altofonte  e porzioni  di aree
ricadenti  nei  territori  dei  comuni  di  Piana  degli  Albanesi  e
Monreale;
  Accertato  che il  predetto verbale  del  25 luglio  1995 e'  stato
pubblicato  all'albo pretorio  dei comuni  di Altofonte,  Piana degli
Albanesi e Monreale e depositato nelle segreterie degli stessi comuni
per il periodo  prescritto dalla legge n.  1497/1939 e, precisamente,
dal 9 agosto 1995 al 9 novembre 1995, dal 7 agosto 1995 al 7 novembre
1995 e dal 9 agosto 1995 al 9 novembre 1995;
  Accertato che si e' ritenuto  opportuno e necessario di inserire la
sopracitata area negli elenchi  delle bellezze naturali e panoramiche
della provincia di Palermo, ai sensi dell'art. 1, numeri 3 e 4, della
legge 29  giugno 1939, n. 1497,  e nel rispetto delle  indicazioni di
cui  ai numeri  4 e  5 e  dell'art. 9  del successivo  regolamento di
esecuzione  del 30  giugno 1940,  n.  1357, per  i motivi  di cui  di
seguito:
  il territorio di Altofonte che si intende tutelare costituisce, pur
con le  sue odierne  mutilazioni, un  quadro naturale  di particolare
bellezza  che  si pone  a  sfondo  dello scenario  meridionale  della
vallata del fiume Jato, nella parte piu' elevata della "conca d'oro".
  Un tempo  parte di questo  territorio era compreso  all'interno del
"parco regio"  opera che  Re Ruggero II  di Sicilia,  fece impiantare
nella prima meta' del XII secolo.
  Delimitato   da  un   muro  di   confine  il   "Parco  Nuovo"   era
raggiungibile, per chi uscisse dalle  mura in prossimita' del palazzo
reale,  percorrendo  una  mulattiera  detta  "trazzera  regia".  Essa
percorreva l'odierna via  Brasa e per Ambleri  oltrepassando il fiume
Oreto e  le borgate di  Villagrazia, Mollo, Malpasso,  Ciambra, Piano
Maglio  giungeva al  parco regio  passando per  l'ingresso principale
detto Porta  Giglio; poi attraverso  la valle denominata  oggi "valle
del fico"  permetteva di  raggiungere il castello  attorno a  cui due
secoli piu' tardi sarebbe sorto il paese di "Parco", oggi Altofonte e
cosi' chiamato poiche' nella parte  a monte del parco "amenissimo" di
Ruggero II esisteva una fonte  "lucidissima" da cui appunto, il paese
trasse il suo nome.
  Del castello all'interno del "parco  nuovo", non si conosce l'epoca
esatta della costruzione.  Con il passare del tempo  il palazzo reale
di Altofonte passo'  prima agli Angioini e in  seguito agli Aragonesi
che  per  opera di  Federico  II  attuarono radicali  trasformazioni.
Successivamente,   in  seguito   alla  nascita   dell'infante  Pietro
d'Aragona il re Federico concesse  il castello con l'annessa chiesa e
relativo parco ai monaci Cistercensi.  E' la costruzione della chiesa
che segna l'inizio  del nuovo centro abitato che  si sviluppa attorno
all'antico castello normanno gia' peraltro trasformato in abbazia.
  Gli abitanti  che popolarono  il futuro comune  furono i  coloni di
quello che era stato il parco  regio che i frati avevano suddiviso in
lotti cedendolo in enfiteusi.
  Il  comune di  Altofonte  ebbe fondamento  giuridico  solo nel  XIX
secolo  con il  nome di  Parco  in ricordo  del Parco  Nuovo e  cosi'
continuo' a chiamarsi almeno nella tradizione popolare fino a qualche
tempo fa.
  Scarsissime sono le notizie che lo riguardano ed infatti esiste una
totale mancanza di documentazione sul periodo che va dal Rinascimento
ai nostri giorni; si sa soltanto  da alcune notizie riportate da Vito
D'Amico nel  "Dizionario Topografico della  Sicilia" che nel  1798 il
paese  contava  circa 2.200  abitanti  e  che l'economia  era  basata
sull'agricoltura essendo i terreni  intorno all'abitato molto fertili
e  ricchi d'acqua;  la  dimostrazione dell'uso  dei  terreni e'  data
fondamentalmente dall'analisi delle cartine topografiche che mostrano
la presenza di  una notevole quantita' di trazzere  e strade vicinali
all'interno  del  territorio  oggetto  del  vincolo:  viabilita'  che
permetteva  l'attraversamento delle  terre rendendo  piu' agevole  il
raggiungimento degli appezzamenti destinati  sia a scopo agricolo che
a pascolo e in ogni caso legato all'uso dei suoli.
  In particolare il  territorio oggetto della proposta  di vincolo e'
caratterizzato   da  un   reticolo   di  ruscelli   e  vene   d'acqua
superficiali.  La  ricchezza  d'acqua  e' sempre  stato  un  elemento
condizionatore  delle  attivita'  umane  e  quindi  del  processo  di
trasformazione del  territorio; attraverso secoli di  costante lavoro
l'uomo  ha attrezzato  le  sue terre  con opere  ed  impianti atti  a
sfruttare la  disponibilita' delle acque  e man mano che  le tecniche
progredivano  maggiori  profitti  si  traevano  dai  terreni  irrigui
contribuendo cosi' alla nascita di casolari nelle campagne.
  Tornando indietro nel tempo, sin dall'epoca di Alfonso il Magnanimo
si assiste  in tutta  la Sicilia ad  una evoluzione  delle condizioni
civili  e con  queste  alla ripresa  delle  attivita' agricole  nelle
campagne attorno Palermo  la' dove i terreni  permettevano una facile
produzione delle colture e di conseguenza un rapido popolamento delle
campagne dovuto anche alle opere di difesa studiate pei i caseggiati;
si  trattava  di  solito  di  una  torre,  come  quella  in  contrada
Rebuttone, che  veniva posta a  difesa del feudo o  delle costruzioni
rurali. Piu' tardi la torre perse la sua funzione difensiva e vengono
ritenute sufficienti le solide mura di un baglio.
  Di fabbricati rurali  anche se alcuni ridotti a  semplici ruderi e'
disseminato il  territorio di  Altofonte: le  case Salamone,  le case
Orestano, Nanfera, Romei  solo per citarne alcune. Le  casse Romei, a
monte dell'abitato di  Altofonte, il cui nome significa  Romano e che
conservano al  loro interno i  resti di alcuni  affreschi ascrivibili
probabilmente al '600, farebbero supporre sul posto la presenza di un
casale di origine romana ma l'ipotesi e' tutta da verificare.
  Altra importante  risorsa economica  del territorio  era costituita
dai numerosi  mulini mossi  dalle acque  dell'Oreto che  scendevano a
valle per sfociare nella spiaggia di Santo Erasmo. Ai lati dell'Oreto
si  individuano  ancora  tre  sistemi di  mulini  ed  altri  impianti
produttivi legati in serie all'utilizzazione delle stesse acque:
  il canale di Parco che  partendo dalle sorgenti di Altofonte arriva
sino alla campagna di Santa Maria di Gesu';
  l'acquedotto  della  Sabucia  che  dalle sorgenti  nei  pressi  del
Vallone della Monaca,  in territorio di Monreale,  giunge in contrada
Pagliarelli;
  il  sistema centrale  situato sul  margine sinistro  del fiume  che
partendo dalla contrada Molara giunge al Ponte dell'Ammiraglio.
  Il  canale del  Parco ha  origine dalla  sorgente chiamata  Fontana
Grande all'interno dell'abitato di Altofonte:
  " .. questa gran fonte ordinariamente si divide in due corsi. Passa
l'iuno in mezzo  al villaggio o sia piccola terra  del Parco, che qui
seguendo si mette avanti, e da' moto alle ruote di tre molini. Scende
l'altro  sin a  Santa Maria  di Gesu'  nella campagna  di Palermo,  e
irrigando la contrada pienamente di Falsomiele, in molti luoghi suole
unirsi colle acque di Ambleri dell'Orecchiuta".
  I tre mulini all'interno dell'abitato,  di cui parla il marchese di
Villabianca, sono  ancora oggi  localizzabili nei mulini  "di sopra",
"di  mezzo"  e   "di  sotto",  di  questi   il  primo,  completamente
trasformato,  conserva  solo la  caratteristica  saia  con piloni  ed
archi;  degli   altri  due   rimangono  alcuni  ruderi   nel  vallone
sottostante  il centro  abitato;  le acque  che  muovevano da  questi
mulini,  dopo   essere  state  utilizzate  per   scopi  agricoli,  si
riversavano nell'Oreto.
  Il canale principale del Parco  attraversando la profonda valle del
Biviere posta  tra i Monti Moarda  e Pizzo Valle del  Fico, dove sono
ancora visibili i resti di due mulini,  il mulino Valle di Fico e del
Lago di Parco (cosi' denominati  dal Villabianca) arriva alle pendici
del Monte Orecchiuta.
  Lo  spettacolo naturale  che si  presenta a  chi si  addentra nella
valle e  segue l'andamento della Valle  del Fico prima e  della Valle
del Balzo poi, e' di incomparabile bellezza.
  Lo scenario cambia in rapida  successione: dalle valli prima citate
ai  Serri di  Rebuttone; da  questi  alla montagna  di Rebuttone,  al
residuo bosco  di Rebuttone,  tagliato in  massima parte  nella meta'
dell'ottocento  successivamente alla  fine  della  feudalita' cui  la
normativa sui boschi  era strettamente legata: tutto questo  a sud di
Altofonte. Ma la bellezza di  un territorio solo in parte contaminato
e  danneggiato da  una  lottizzazione  dei terreni,  non  muta se  si
percorre  la  s.s.  in  direzione  del  paese:  superando  Poggio  S.
Francesco  si   costeggia  la   rocca  Addauro,  il   cozzo  Paparina
interessato da  ritrovamenti archeologici  e poi  ancora le  case "il
Monaco", "Salamone": tutto  cio' ad ovest del centro  abitato per chi
ossera il territorio  su una qualunque cartina topografica.  A est il
pizzo  valle  del Fico  e  il  cozzo  Orecchiuta.  A nord  i  confini
territoriali.
  Emilio  Sereni definisce  il  paesaggio agrario  "quella forma  che
l'uomo, nel corso e ai  fini delle sue attivita' produttive agricole,
coscientemente e sistematicamente imprime  al paesaggio naturale". In
questa  realta' fisica  si puo'  leggere una  storia che  e' sociale,
economica di rapporti produttivi e percio' culturale.
  Dalla fine del  secolo scorso ad oggi il ruolo  della campagna cede
il passo ad una indiscriminata azione di annientamento dei valori. E'
solo  in questi  ultimi  anni  che, chi  ha  affrontato  il tema  del
paesaggio e  del suo  rapporto con  il costruito  ha, anche  se sotto
diverse  angolazioni,  posto  un  problema  oggi  purtroppo  divenuto
assolutamente  prioritario:  quello  cioe'  del  suo  recupero  quale
ambiente  esteticamente   qualificato.  Da  cio'   deriva  l'esigenza
immediata  di guardare  al paesaggio  come un  oggetto estetico  e la
conseguente necessita' di una ricognizione  di esso come opera d'arte
in se stessa  considerata. E' indispensabile quindi  che il paesaggio
inteso come  territorio venga  tutelato per  una sua  armonica, nuova
organizzazione, tendente  a chiarire la presenza  delle abitazioni al
fine  di  equilibrare  il  rapporto   tra  costruito  ed  aree  verdi
esistenti.  Bisogna  recuperare  e   restituire  gli  spazi  all'uomo
definendoli  con  una visione  della  storia  piu'  o meno  antica  e
armonizzandoli con  il paesaggio  agrario e  boschivo o  di qualunque
altro genere, storicizzato.
  Per  quel che  riguarda l'abitato  di  Altofonte, si  tratta di  un
impianto  di  origine  medioevale  la  cui  trama  e'  tendente  alla
regolarizzazione   ortogonale  dei   comparti  e   della  viabilita',
nonostante l'accidentalita' del sito  orografico di giacitura. Questa
accidentalita' ha  determinato la creazione di  diverse scalinate che
permettono di superare il dislivello  tra i vari piani conferendo una
immagine particolare al paesaggio costruito.
  Il centro storico mantiene tutt'ora la propria centralita'; attorno
ad esso  si sviluppa  l'abitato costruito da  piccole case  che fanno
l'architettura  del territorio;  ad esse  si compenetrano  edifici di
recente e  nuova costruzione che tendono  a spersonalizzare Altofonte
che,  nonostante  tutto,  conserva  ancora  il  fascino  di  giardini
nascosti da robuste  mura, residui di quel paesaggio  che penetrava e
si confondeva con il palazzo di Re Ruggero e con esso si correlava. I
resti di  famose vestigia del  passato come il palazzo  ruggeriano, i
resti dei  mulini esistenti ancora  all'interno del paese,  le chiese
tra cui quella di San  Michele Arcangelo, oggi restaurata, il palazzo
Vernaci ex Alliata  di Villafranca e di tanti  altri edifici meritano
di essere tutelati e conservati.
  E',  quindi, di  fondamentale importanza  considerare la  citta' di
Altofonte un  "unicum" inscindibile con  il suo intorno:  soltanto la
tutela  del  territorio  nella  sua complessivita'  tra  paesaggio  e
costruito puo' consentire un'azione univoca ed efficace.
  Il paesaggio, comunque, inteso e' il prodotto dell'azione dell'uomo
come agente modificatore dei suoli.  Nei secoli il paesaggio, sia per
l'azione  umana,  che  per  l'opera   naturale  ha  mutato,  a  volte
radicalmente,  il  proprio aspetto  ma,  e'  preciso indirizzo  delle
societa' evolute, armonizzare il  prodotto umano con quello naturale.
Invece, si assiste ad un fenomeno tendenzialmente inverso: in nome di
una  massiva  speculazione  il  paesaggio,  il  territorio,  le  aree
morfologicamente ricche  di connotati di notevole  valenza ambientale
subiscono  una  costante  violenza.  Le  cave  per  l'estrazione  dei
materiali,  un  tempo  intelligentemente  interrate,  oggi  deturpano
grandi  costoni  rocciosi,   i  boschi  spesso  arsi   per  opera  di
scellerati, solo  per citare  alcuni esempi  eclatanti contribuiscono
alla distruzione e allo stravolgimento  di una ricchezza naturale che
e' patrimonio collettivo.
  Ritenuto che l'apposizione del vincolo, ai sensi dell'art. 1, punto
4, della  legge 29 giugno  1939, n.  1497, nasce dalla  necessita' di
tutelare una vasta area rientrante nel complesso geologico noto nella
letteratura geologica come Monti di Palermo.
  Questi     costituiscono     un      frammento     della     catena
Appenninico-Maghrebide,  formata dalla  sovrapposizione tettonica  di
unita'     carbonatiche    e     terrigenocarbonatiche    di     eta'
mesozoicoterziaria,   derivanti   dalla   deformazione   dei   domini
paleogeografici  Piattaforma Carbonatica  Panormide Bacino  Imerese e
Piattaforma Carbonatico-Pelagica Trapanese.
  La deformazione di questi  domini paleogeografici avvenne a partire
dal Miocene, dando origine, di conseguenza, a dei corpi geologici con
omogeneita'  di   facies  e  di  comportamento   strutturale  (Unita'
stratigrafica strutturale - U.S.S.).
  Queste  U.S.S. durante  l'intervallo Langhiano  Tortoniano si  sono
sovrapposte  le une  alle  altre  con vergenza  verso  sud a  formare
l'edificio tettonico dei monti di Palermo.
  Nella suddetta area affiorano perlopiu' terreni in facies di Bacino
Imerese afferenti alle U.S.S. Piana degli Albanesi e Sagana, Belmonte
Mezzagno, che derivano rispettivamente  alla deformazione della parte
piu' esterna (U.S.S. Piana degli Albanesi) ed interna (U.S.S. Sagana,
Belmonte Mezzagno) del Bacino Imerese.
  I  litotipi  che  prevalentemente   si  rinvengono  nelle  zone  da
sottoporre a vincolo appartengono a due distinte formazioni:
  formazione  Mirabella (Trias  sup.): costituita  prevalentemente da
calcareniti gradate e laminate e/o calcilutiti grigiastre a noduli di
selce, radiolari  e lamellibranchi (Halobia), carapaci  di crostacei,
etc.  (depositi  di  scarpata  e  di  bacino).  Si  tratta  di  rocce
carbonatiche con  elevato contenuto di  CaCo3 come quelli  ad esempio
che  caratterizzano  il  Cozzo   Paparina.  Per  quanto  concerne  la
giacitura queste  rocce possono ritrovarsi  in banchi massicci  e mal
stratificati  o  in  strati  di spessore  metrico  decimetrico.  Esso
presentano  diversi sistemi  di fratture,  da sottili  a beanti,  che
tendono ad ampliarsi per fenomeni carsici;
  formazione  Famusi (Trias  sup. -  Lias inf.):  si tratta  di rocce
costituite da  doloruditi e doloreaniti  gradate e laminate  e brecce
dolomitiche,  ad elementi  di  piattaforma  carbonatica (depositi  di
scarpata), risedimentate  grigie, talora rosate, grigio  giallastre e
biancastre, generalmente in banchi di grosse dimensioni. Queste rocce
presentano diversi sistemi di giunti variamente orientati di notevole
persistenza, spesso beanti. Ne sono  tipici esempi tutta l'area delle
Serre di Rebuttone e le Punte della Moarda.
  Sotto il profilo tettonico l'area e' stata soggetta a piu' fasi che
hanno  avuto  luogo  durante  la  sua storia  geologica  e  che  sono
responsabili   dell'assetto  strutturale   della  zona.   Nella  zona
interessata  dal   preposto  vincolo,   si  distinguono   due  grandi
dislocazioni a  prevalente andamento  ovestsud/ovest -  nord/est, che
hanno dato luogo al graben di Monreale. Di queste due dislocazioni la
famiglia  di Monreale  decorre lungo  il margine  sinistro del  fiume
Oreto  dalla localita'  Rocca  fino  a Pioppo,  mentre  la faglia  di
Altofonte, parallela alla prima, segna tutto il versante destro della
valle dell'Oreto passando sotto l'abitato.
  Tra queste due dislocazioni principali si inserisce tutta una serie
di fratture e faglie minori ad esse subparallele.
  I terreni affioranti nella zona  in oggetto hanno raggiunto il loro
attuale  assetto   geomorfologico  in  seguito  ad   una  morfogenesi
Plio-Quaternaria caratterizzata da faglie dirette a forte rigetto che
hanno determinato l'altitudine dei  rilievi e l'andamento morfologico
dei versanti, completate in seguito  dall'erosione, che ha giocato un
ruolo diversificato in ragione dei differenti tipi litologici.
  Si individuano, infatti, zone  collinari caratterizzate da litotipi
argillosoarenacei   che    si   contrappongono   a    zone   montuose
caratterizzate da rocce carbonatiche.
  Lungo  le  pendici  dei  rilievi calcarei  il  modellamento  dovuto
all'azione delle  acque dilavanti si  combina con quello  carsico. Le
rocce carbonatiche, sono infatti, oggetto di processi di dissoluzione
chimica,  da  parte  delle  acque meteoriche,  queste,  scorrendo  in
superficie o penetrando in  profondita' attraverso le discontinuita',
danno  luogo  ad una  tipica  morfologia  carsica, caratterizzata  in
superficie da  forme dilavate, goline, campi  solcati, in profondita'
da  cavita'  che  si  allargano  sempre piu'  con  il  procedere  del
fenomeno, dando luogo ad inghiottitoi e grotte.
  L'assetto  idrogeologico   della  valle   dell'Oreto,  di   cui  il
territorio   che  si   intende  tutelare   fa  parte,   e'  governato
principalmente dall'assetto  strutturale e geometrico dei  rilievi, i
quali  costituiscono  delle  unita' idrogeologiche  ciascuna  con  un
carattere di autonomia rispetto alle altre.
  Delle   tre  unita'   idrogeologiche   riconoscibile  nella   valle
dell'Oreto (U.I. Monte Cuccio; U.I.  Belmonte Mezzagno; U.I. Piana di
Palermo),  quella piu'  importante  e' l'U.I.  di Belmonte  Mezzagno,
costituita in prevalenza da un acquiferocarbonatico caratterizzato da
un'elevata permeabilita' per fessurazione  e carsismo cui fanno parte
i  litotipi  della zona  da  vincolare,  per l'elevata  produttivita'
idrica. Numerosi sono  infatti i recapiti a valle  del centro abitato
di  Altofonte,  altri recapiti  sono  verso  le sorgenti  del  gruppo
Naselli-Ambleri (cunicoli e gallerie drenanti che hanno perso la loro
funzione in  seguito all'abbassamento della piezometrica)  e verso il
gruppo di San Ciro (cunicoli e gallerie in parte asciutti).
  Considerato  che   da  fonti  documentarie  ben   poco  esiste  sul
territorio  di Altofonte,  salvo l'erezione  sulle pendici  del Monte
Moarda di  un castello, in  seguito alla conquista  normanna, proprio
sul  ciglio  della  contrada  che separa  Altofonte  da  Monreale,  e
l'annessione di un parco e che " .. cinto da una muraglia, circondava
alcuni monti e boschi del territorio di Altofonte ..".
  Sembra che fu il Re Ruggero a volere per quella zona il Castello ed
il  Parco  e  che  gli  stessi furono  realizzati  intorno  al  1150.
Altofonte diventa cosi'  la residenza di caccia dei re  normanni e ad
essa  viene  aggregata  l'intera  catena montuosa  che  scende  verso
Palermo sino a comprendere il Castello di Maredolce con il lago ed il
famoso "Dattileto". All'interno del  Parco furono racchiusi caprioli,
porci selvatici ed altra selvaggina  e proprio questa riserva divenne
quella dove Re Ruggero piu' sovente si recava.
  Il  Parco assunse  il nome  di  "Parco Nuovo"  per distinguerlo  da
quello gia'  esistente della Favara  e si raggiungeva  attraverso una
regia trazzera  che dall'Oreto passava per  l'ingresso principale del
Parco  Regio, detto  "Porta Ciglio"  e superata  la vallata  del Fico
arrivava fino al castello.
  Dovrebbe essere questa  la trazzera nota con il nome  di "Scala dei
muli", un  sentiero tradizionale che  fungeva da collegamento  tra la
citta' e  le vallate  interne del palermitano  in direzione  di Piana
degli  Albanesi  e Misilmeri.  La  vecchia  mulattiera originaria  e'
pressoche' scomparsa; parti sono state  interrate nel tempo da lavori
ed interventi  sconsiderati che hanno anche  travolto piccole realta'
presenti lungo  il percorso  come alcune  cavita' naturali  ed alcune
edicolette votive ricavate negli anfratti rocciosi.
  Il  passaggio  del   Castello  e  del  relativo   parco  ai  monaci
Cistercensi segno' la suddivisione in lotti del parco stesso e la sua
assegnazione  in  enfiteusi ai  coloni  del  nuovo abitato  cresciuto
intorno al castello e trasformate in Abbazia.
  Difficile se non impossibile risulta oggi la lettura sul territorio
della delimitazione  di tale  parco ed  ancor meno  risulta possibile
l'identificazione degli originali profili di paesaggio naturale.
  L'abbondanza  di  acqua  ed  il  clima  favorevole  assicurano  una
particolare ricchezza  di vegetazione e, conseguentemente,  una ricca
fauna  vertebrata ed  invertebrata.  Gli altipiani  di Rebuttone,  le
sorgenti della  Moarda nascosti tra  le vette, le pareti  scoscese ed
inaccessibili  creavano le  condizioni  ideali  per la  sopravvivenza
degli erbivori e dei grossi  predatori nonche' di una ricca avifauna:
il  daino  (cervus dama),  la  lepre  (lepus capensis),  il  coniglio
(oryctolagus  cuniculus) l'istrice  (hystrix  cristata)  e il  riccio
(erinaceus europaeus) e, secondo l'Abate Maja, financo il lupo (canis
lupus) ed  ancor l'aquila  reale (aquila  chrysaetos) e  lo sparviero
(accipiter nisus) tra i rapaci,  il colombaccio (columba palumbus) il
fagiano (phasianus  colchicus) e la coturnice  (alectoris graeca) tra
le specie piu' ambite per la caccia.
  Possiamo  supporre  che fu  proprio  l'affidamento  in enfiteusi  a
segnare i  primi significativi cambiamenti della  facies naturale dei
luoghi  ed a  trasformare ampi  appezzamenti di  territorio in  fondi
agricoli. Questo  cambiamento disegnera' nei secoli  il nuovo aspetto
ed assetto  di tutta  la zona che  restera' pressoche'  immutata sino
quasi ai tempi nostri.
  Con  eguale  vigore e  rigogliosita'  i  "giardini agricoli"  hanno
sostituito la  vegetazione naturale  ed hanno disegnato  un paesaggio
altrettanto gradevole e ricco di  cui ancora oggi si conservano ampie
testimonianze.  Olivi secolari,  grossi carrubbi,  vecchi aranceti  e
limoneti ed  un numero  rilevante di specie  e varieta'  eduli, molte
delle  quali  oggi scomparse  dai  recenti  coltivi e  sostituite  da
monocolture  piu'  produttive. E',  quindi,  una  sorta di  ricchezza
storica,  dal punto  di vista  agricola, quella  che contraddistingue
tutto il territorio di Altofonte, un patrimonio particolare, che oggi
possiamo anche  definire culturale,  di cui salvaguardare  la memoria
storica a  testimonianza di un rapporto  uomoambiente oggi fortemente
compromesse.
  Considerato  che  il  territorio   e'  caratterizzato,  nella  zona
denominata Balzo Rosso,  a ridosso del cozzo  Orecchiuta, da numerose
presenze  silvestri,   un  tempo  boschi   naturali,  successivamente
degradati  dai ripetuti  tagli  che  lasciano il  campo  ad un  ricco
sottobosco.
  La  speculazione agricola  industriale  del XV  secolo ha  smorzato
l'abbondante presenza del mirto, ottimo combustibile, trasformando le
verdi montagne della  Conca d'Oro in nude garighe,  che si presentano
cosi' ancora oggi.
  Analoga sorte e' toccata alla  zona montuosa che sovrasta l'abitato
di  Altofonte   nota  col   nome  di  Punte   della  Moarda   per  le
caratteristiche   formazioni  a   balze  di   questo  massiccio   che
rappresentano la  naturale continuita'  della citata valle  del Fico.
Proprio su queste zone pero', oggi  e' possibile godere di ampie zone
rimboschite che  hanno molto  cambiato l'aspetto desolato  che questi
monti avevano assunto.
  Tutta l'area della valle del Fico e parte delle Punte della Moarda,
di   proprieta'   privata,   sono   oggi   gestite   dell'Ispettorato
ripartimentale delle  foreste, che ha avviato  con successo un'azione
di rimboschimento a conifere di gran parte dell'area.
  Ancora  piu'  evidente  risulta  l'azione  dell'I.R.F.  della  zona
denominata della Moardella, appartenente  allo stesso complesso delle
Punte della Moarda ed acquisita al demanio regionale.
  Soltanto  nella   zona  della   valle  di  Rebuttone   si  conserva
l'originario  bosco, costituito  da  una fitta  copertura di  arbusti
inframmezzati  a  singoli  individui   di  molto  adulti  di  leccio,
roverella e frassino, che si puo' attraversare con sentieri sterrati,
lungo il corso del torrente della valle del Rebuttone, dalle contrade
di Sbanduto e Giammeri, sui pendii di Cozzo dello Sbanduto e di Cozzo
Giammeri, e su lungo la Costa Zolia e fin oltre, fino alle nude serre
di Rebuttone.
 Le Grotte.
  Nell'area della Valle del Fico, in prossimita' della vetta, si apre
una grande  fessura - alta circa  10 metri -  la cui base si  trova a
quota 13  mt., incassata in  parete per  la profondita' di  circa sei
metri, che  costituisce l'imbocco  di una  cavita' costituita  da due
pozzi rispettivamente di 19,50 e  9 metri orientati sull'asse N.NO. -
S.SE.
  Il primo pozzo presenta pareti leggermente strapiombanti e mantiene
per tutto il  suo sviluppo le stesse dimensioni  dell'imbocco. Al suo
fondo si trova una biforcazione a  S.SE da cui si sviluppa un secondo
pozzo lungo circa 8 metri con un dislivello di mt. 9.
  Tutta  la  cavita',   pur  rappresentando  un'interessante  realta'
speleologica  non presenta  importanti  concrezionamenti  e le  poche
esistenti si rinvengono solo nella parte terminale del pozzo.
  Analogamente la grotta denominata "della Moardella".
  Essa  si trova  a quota  550 mt.  del massiccio  della Moarda  e si
raggiunge percorrendo il sentiero che dalla fonte del Sopo conduce in
direzione  S/E fino  a raggiungere  un roccione  spaccato in  due: in
questa fenditura della roccia ha il suo sviluppo la grotta.
  Piu'  interessante   appare  invece   il  pozzo   denominato  della
Macchiaciucia.
  L'imbocco di  detta cavita'  e' costituito  da una  stretta fessura
lunga circa 6  metri che risulta occlusa da massi  fatti rotolare li'
volontariamente.
  Il pozzo, dalla  forma a campana scende verticalmente  per circa 40
metri e  lungo le pareti sono  presenti rare concrezioni. A  circa 23
metri e'  presente un  orifizio sulla parete  SE che,  attraverso una
stretta piazzuola, porta ad un  secondo pozzo. Questo, oltre ad avere
una conformazione differente dal primo, presenta le pareti riccamente
e variamente concrezionate ed una  nicchia incassata nella parete SE,
e' ricco  di formazioni stalagmitiche  dalle forme molto  singolari e
suggestive.
  Infine,  gli  esploratori  e  descrittori  del  pozzo  hanno  anche
segnalato la presenza di una colonna (parete NE) stalattitica alta un
paio di metri sulla quale hanno rinvenuto, saldati alla stessa, degli
ossicini dagli stessi ritenuti di colombo, ma che piu' verosimilmente
potrebbero  appartenere   a  chirotteri,  abituali   abitatori  delle
cavita'.
  In entrambi i casi risulta chiaro che il sito puo' costituire anche
idoneo ricovero per la fauna.
  Dalle  punte della  Moarda,  attraverso la  portella del  Pozzillo,
lasciato  il territorio  di Altofonte,  non  si puo'  non seguire  un
naturale  percorso  di  estrema  suggestione  e  rilevante  interesse
naturalistico  che  include  la   costa  di  Carpineto,  dall'aspetto
dolomitico  e che  annovera a  circa 50  metri dalla  vetta, sul  suo
versante  nord  la  grotta  delle Volpi,  una  cavita'  naturale  con
stalattiti.
  Oltre la  costa del  Carpineto, ma  non lontano  da essa,  lungo il
percorso ancora  ricco di macchia mediterranea,  quasi in prossimita'
della cima  di monte Pizzuta,  si apre la  grotta del Garrone  e poco
distante lo Zubbione della Pizzuta,  cavita' a sviluppo verticale con
circa 80 mt. di dislivello  e di rilevante interesse speleologico per
le sue bellissime concrezioni calcaree.
 Le Acque.
  Si e'  ritenuto necessario  non escludere dalla  perimetrazione del
vincolo  proposto parte  del corso  del Fiumelato  di Meccini  fino a
raggiungere la localita' denominata Fontana Lupo.
  L'esposizione delle alte  pareti della Moarda, di Valle  Fico e del
Parco,  confinanti  con la  gelida  conca  di Piana  degli  Albanesi,
accentua i rigori  invernali di tutto il comprensorio  di Altofonte e
consente il  prolungarsi del pur  breve stazionamento delle  nevi nei
periodi  piu'   freddi  dell'anno.   Le  forti   precipitazioni,  che
storicamente  raggiungono una  media  annua di  1.300  mm., anche  se
oggigiorno  sensibilmente diminuite,  determinano  un esubero  idrico
rispetto alla capacita' di assorbimento dei terreni.
  Ne consegue  un abbondante ruscellamento superficiale  di acque che
vengono  via  via  inghiottite   dai  calcari  fessurati  e  corrosi,
percolando in  profondita' nelle viscere  montuose fino a  formare un
grande acquifero.  Da questi depositi profondi,  in corrispondenza di
fratture tra le argille e le  rocce piu' antiche l'acqua si insinua e
scaturisce all'esterno. Si formano cosi' sorgenti a polle sorgive che
alimentano il sistema idrografico della valle dell'Oreto.
  In  particolare il  territorio oggetto  di vincolo  che ingloba  la
sezione  sudest del  bacino dell'Oreto  con la  Valle del  Fico ed  i
picchi della Moarda,  e' caratterizzata da un reticolo  di ruscelli e
vene  d'acqua  superficiali  che  discendendo  dalle  balze  montuose
confluiscono  in un  ampio  vallone  noto con  il  nome di  Fiumelato
Meccini.
  Esso, scavandosi il corso lungo il Cozzo Meccini, raggiunge l'Oreto
propriamente  detto  in  cui  confluisce.  Buona  parte  del  Vallone
Fiumelato di Meccini corre lungo il confine comunale di Altofonte con
Monreale. Un  percorso abbastanza tortuoso e  poco praticabile, ricco
di  valloncelli  coperti  da  una  fitta  boscaglia  e  dalle  sponde
inaccessibili  per  il proliferare  di  giunchi,  typha e  salcarelle
(salix caprea)  che si intersecano  con altrettanti canali,  noti col
nome di "saje", realizzati dall'uomo per irrigare altrettanto fitti e
rigogliosi frutteti alternati a campi orticoli, condizione questa che
ha  salvato  parte delle  sponde  del  fiume dalla  cementificazione,
prevalentemente abusiva che caratterizza tutta l'area.
  Un dedalo  di viuzze che  raggiungono altrettante case  e "villini"
hanno sottratto  a questo territorio potenziali  ambienti fluviali di
indubbio  valore  paesaggistico  ma  soprattutto  naturalistico.  Una
testimonianza puo' essere considerata la localita' Fontana Lupo, dove
una  rigogliosa vegetazione  ruderale vede  assieme oleandri  (nerium
oleander),  e   canneti  (phragmites  australis)  lungo   gli  argini
mischiati con  il sommacco  (Rhus sp.)  e gli  alberi da  fico (ficus
carica) e di nespole (eryobotrya japonica) lungo le sponde. Qui, dove
il percorso si fa piu' stretto  fino a sparire in un antro, ruscella,
secondo la  tradizione storica, la  sorgiva che da' origine  al fiume
Oreto, facendosi spazio  tra le calcareniti tenere e  tra erte pareti
rocciose coperte dal delicato capelvenere  e da un morbido tappeto di
muschio.
 La Flora.
  La flora  ascrivibile al territorio  di Altofonte ricalca  a grandi
linee quella presente in tutta la ben piu' vasta valle dell'Oreto. Su
di  essa  i borbonici  piu'  noti  hanno  parlato nel  descrivere  le
numerose escursioni  fatte, soprattutto nella porzione  a monte, gia'
dagli inizi dell'800 (Parlatore 1839, Lojacono Pojero 1888-1909).
  In particolare, il Parlatore nella sua "Flora Panormita" fa precisi
riferimenti a localita' della zona quali  la valle del Fico, il Gorgo
di Rebuttone, l'omonimo bosco e il Pizzo della Moarda.
  In alcuni casi le localita'  indicate sono quelle da cui provengono
gli esemplari poi descritti e  costituiscono i "loci classici" su cui
si basano le diagnosi scientifiche.
  Inutile dire che molte delle  specie descritte sono oggi sparite ma
alcune  sono ancora  presenti e  proprio nelle  porzioni montane  del
bacino;  per  tali  motivi  l'integrita'  di  tali  stazioni  reclama
adeguate   forme  di   tutela   e  tutta   l'attenzione  della   p.a.
nell'interesse della collettivita'.
  I pochi esempi di vegetazione subnaturale sono costituiti da nuclei
di lecceta spesso frammisti ad  essenze estranee introdotte con opere
di rimboschimento ed alcune comunita' rupestri abbarbicate nelle zone
piu' impervie.
  Considerato che  alla fine degli  anni '50 la Regione  siciliana ha
dato  avvio ai  piani  territoriali di  coordinamento previsti  dalla
legge n. 1150 del 1942 col fine di orientare e coordinare l'attivita'
urbanistica da  svolgere in alcune  parti del territorio e  quindi di
pianificare  l'ubicazione  di   grandi  infrastrutture,  nonche'  dei
servizi di interesse  regionale incluse le attrezzature  per il tempo
libero ed i parchi di ogni tipo.
  Nel P.T.C. del  "palermitano" il sistema dei  parchi e' individuato
sulle montagne a corona di Palermo  e tutta la Valle dell'Oreto viene
destinata ad uso agricolo.
  L'attuazione  del  P.T.C.  viene, comunque,  superato  dalla  legge
regionale n. 80/77, la quale  estende il concetto di "bene culturale"
comprendendovi anche i beni naturali e naturalistici.
  In aggiunta a  cio' parti della Valle del Fico  e della Moarda sono
state, come gia'  detto, acquisite al demanio  regionale o, comunque,
prese in gestione dall'I.R.F.
  E' questa  una forma di  tutela che pur  se capace di  conservare o
recuperare pezzi del territorio non  e' sufficiente e soprattutto non
aiuta a regolamentare il territorio nel suo complesso.
  In tal senso l'apposizione di  un vincolo paesaggistico, se attuato
e  gestito nella  sua piu'  ampia  intepretazione di  tutela, che  e'
quella  di curare  anche il  patrimonio naturale,  puo' invertire  il
trend negativo cui  tendono tutte le aree a ridosso  di una metropoli
qual'e' Palermo che e' quello di fungere da aree di espansione.
  E' proprio questa tendenza che  inevitabilmente spazza via in primo
luogo i residui di naturalita' di queste valli ed anche ne fa perdere
la propria identita' tipica di ogni territorio che ha vissuto, com'e'
stato per Altofonte, momenti storici importanti.
  Rilevato  che  l'area,  oggetto   del  presente  provvedimento,  e'
perimetrata vincolisticamente come segue:
  il  territorio per  il quale  si propone  il vincolo  paesaggistico
comprende  l'intero territorio  di  Altofonte e  parte  di quello  di
Monreale e Piana  degli Albanesi. La perimetrazione  di vincolo della
porzione  di  territorio ricadente  nella  pertinenza  del comune  di
Monreale  partendo  dalla sorgente  Fontana  Lupo,  segue il  confine
comunale tra  Monreale e Altofonte  (coincidente con il  Fiumelato di
Meccini)  fino ad  incontrare in  contrada Seggio  alla quota  di mt.
s.l.m. 329,  la strada vicinale  che dalle case Terrasi  conduce alle
case Cialini per  congiungersi poi alla carreggiabile  che conduce al
ponte di  Fiumelato. Da  questo punto  la perimetrazione  segue verso
est,  in direzione  di Palermo,  il limite  dei 150  metri dal  fiume
relativo  al vincolo  ex legge  n. 431/1985  sempre sul  Fiumelato di
Meccini  fino  all'incrocio  con  la  strada  provinciale  che  dalla
frazione di Aquino conduce ad Altofonte.
  Infine il limite segue sulla stessa strada sino ad incontrare Ponte
di Parco e da qui riprende il confine comunale fino a Fontana Lupo.
  La perimetrazione di vincolo della porzione ricadente nel comune di
Piana  degli Albanesi,  partendo dal  punto  in cui  si incontrano  i
confini comunali  di Altofonte e  Piana degli Albanesi con  il limite
del vincolo boschivo ex legge n. 431/1985, scende seguendo il confine
del vincolo  boschivo stesso fino  ad incontrare in  confine comunale
tra Piana  degli Albanesi e Monreale;  da qui risale lungo  lo stesso
confine sino a raggiungere la  Porta del Garrone prima e costeggiando
la Costa del Carpineto, Portella del Pozzillo.
  Ritenuto che le motivazioni riportate  nel succitato verbale del 25
luglio 1995 a  supporto della proposta di vincolo  di Altofonte, come
descritta  nel  verbale medesimo  -  parte  sostanziale del  presente
provvedimento   -,  sono   sufficienti  e   congrue  e   testimoniano
dell'elevato interesse pubblico rivestito dalla zona.
  Rilevato che sono state prodotte con corrette modalita' le seguenti
opposizioni, nei termini di cui all'art. 2 della legge n. 1497/1939:
  comune  di Altofonte:  contesta  la motivazione  della proposta  di
vincolo perche:
  non coincidente  con l'antico "Parco Ruggeriano",  che non presenta
piu' confini ben definiti;
  nella  relazione  allegata  al  verbale si  enfatizza,  spesso  con
imprecisioni,  su fatti  di  interesse naturale  e naturalistico,  di
interesse storico e architettonico presenti nel territorio;
  non  si  fa  riferimento  al  contesto  territoriale  e  ambientale
dissestato, inquinato e infestato  dall'abusivismo edilizio privato e
dalla proliferazione di opere pubbliche di dubbia utilita';
  non  e' stato  sottoposto  a vincolo  paesaggistico l'intero  fiume
Oreto, dal momento che la sponda ricadente nel comune di Altofonte e'
stata  inglobata nel  perimetro sopradescritto  mentre la  sponda che
rimane  nel distretto  di Palermo  non  e' stata  compresa in  questa
proposta;
  manca   il  coordinamento   tra  il   sistema  vincolistico   e  la
pianificazione  territoriale, il  primo indiscriminatamente,  finisce
col  tutelare tanto  beni culturali  quanto comparti  territoriali in
condizioni preoccupanti, mentre il secondo  tende a riqualificare e a
recuperare  le  aree  compromesse  dalla  massiccia  cementificazione
intervenuta negli anni;
  sembra che l'apposizione del vincolo non sia stata preceduta da una
corretta ed opportuna verifica sui luoghi;
  cav. Pipitone Giuseppe e altri:  i ricorrenti lamentano la mancanza
di  notifica  individuale della  proposta  di  vincolo, i  ricorrenti
affermano  che   l'elenco  delle  localita'  sottoposte   a  vincolo,
predisposto  dalla  commissione  provinciale   per  la  tutela  delle
bellezze naturali e panoramiche della  provincia di Palermo, e' stato
pubblicato all'albo pretorio  del comune di Altofonte  per un periodo
inferiore a quello previsto dall'art. 2 della legge n. 1497/39;
  cava  Valle  Rena  nella   persona  del  sig.  Buttitta  Salvatore:
evidenzia  il difetto  di motivazione  in relazione  alla genericita'
della proposta di vincolo.
  Viste le  controdeduzioni dalla  Soprintendenza di Palermo,  che ha
risposto alle osservazioni mosse in maniera soddisfacente, nella nota
n. 16/V del 10 gennaio 1997:
  1) l'elenco delle localita'  sottoposte a vincolo, predispoto dalla
commissione  provinciale  per la  tutela  delle  bellezze naturali  e
panoramiche della provincia di  Palermo, e' stato pubblicato all'albo
pretorio del comune di Altofonte per  un periodo di tre mesi naturali
e  consecutivi, come  stabilito dall'ultimo  comma dell'art.  2 della
legge n. 1497/1939 e, precisamente, dal  9 agosto 1995 al 20 novembre
1995, cosi' come comunicato dal comune  di Altofonte con nota n. 8258
del 21 novembre 1995;
  2) circa la mancata notifica  individuale della proposta di vincolo
specifica  che il  terzo comma  dell'art.  9 della  legge n.  10/1991
consente,   quando,  per   l'elevato  numero   dei  destinatari,   la
comunicazione  personale  risulta  gravosa, di  applicare  differenti
forme  di pubblicita',  che possono  concretarsi con  quanto previsto
dall'art. 4 della legge n.  1497/1939 e dall'art. 10 del regiodecreto
n. 1357/1940;
  3) in merito alla motivazione che e' stata contestata perche' priva
di riscontri storici, si sottolinea che la Soprintendenza di Palermo,
nella sua relazione, ha prodotto diversi riferimenti storici, facendo
innanzitutto  riferimento  al  "Parco  regio" di  re  Ruggero  Il  di
Sicilia, al castello  e alla "trazzera regia". Si  fa poi riferimento
al Palazzo di re Ruggero, ai  mulini ancora esistenti, alla chiesa di
S. Michele Arcangelo, a palazzo Vernaci  e a tutti gli altri edifici,
chiese e fontane che costituiscono il patrimonio storicoartistico del
comune;
  4)  l'osservazione dei  ricorrenti che  contesta l'imposizione  del
vincolo anche  su zone  fortemente degradate, non  sembra conveniente
dal momento che l'adozione di questo vincolo paesaggistico interviene
proprio per evitare  la totale distruzione e lo  stravolgimento di un
territorio  che  ancora  oggi  e'   ricco  di  risorse  naturali  che
costituiscono patrimonio  collettivo, volendo mirare al  recupero del
paesaggio quale ambiente esteticamente qualificato;
  5) non si puo' accogliere l'opposizione riferita alla tutela di una
sola riva  del fiume  Oreto, perche',  come palesamente  chiaro sulle
planimetrie  allegate  al verbale,  il  vincolo  ingloba ambedue  gli
argini del  fiume, ma soprattutto  e' irrilevante dal momento  che le
rive dei fiumi sono di per se' vincolate dalla legge n. 431/1985;
  6)  in riferimento  alle opposizioni  presentate dal  sig. Buttitta
Salvatore  e  Cava  Valle  rena  s.n.c., si  precisa  che,  ai  sensi
dell'art.  1 della  legge n.  1497/1939, sono  soggette a  tutela "le
bellezze panoramiche  considerate come  quadri naturali e  cosi' pure
quei punti di vista o di belvedere accessibili al pubblico, dai quali
si goda lo spettacolo di quelle  bellezze". In tal senso la relazione
storicotecnica e  la relazione tecnicoscientifica mettono  in risalto
la particolare  bellezza del  territorio da tutelare,  territorio che
risulta  vario e  diversificato dal  punto di  vista naturale  ma che
presenta  proprie peculiarita'  morfologiche. Sotto  questo punto  di
vista,  le caratteristiche  geologiche  e  floristiche dell'area,  la
presenza  di grotte,  di  ruscelli e  di  vene d'acqua  superficiali,
costituiscono elementi specifici  che, nonostante l'azione deturpante
dell'uomo (come  la presenza di  cave per l'estrazione  dei materiali
che deturpano i grandi costoni  rocciosi), sono ancora presenti e non
possono non costituire  oggetto di tutela da  parte della commissione
BB.NN.PP. di Palermo;
  7)  con  riferimento  alle  opposizioni presentate  dal  comune  di
Altofonte con nota prot. n.  11559 dell'8 novembre 1995, e' opportuno
ribadire una volta di piu' che la ratio della legge n. 1497/39 non e'
solo  quella  di tutelare  il  singolo  bene,  ma anche  le  bellezze
naturali considerate come  quadri naturali (art. 1, n.  4). In questa
direzione si e' rivolta l'azione della Soprintendenza, che attraverso
le relazioni, frutto di una  rigorosa verifica in loco, ha ampiamente
messo in evidenza la bellezza paesaggistica e naturale del territorio
di Altofonte  e, nel contempo, il  patrimonio storicoartistico ancora
oggi presente.
  Considerato,  quindi,  nel confermare  la  proposta  di vincolo  in
argomento, di potere accogliere  nella loro globalita' le suaccennate
motivazioni, le  quali sono parte  integrante del presente  decreto e
per le quali si rimanda al verbale del 25 luglio 1995.
  Ritenuto, pertanto, che, nella specie, ricorrono evidenti motivi di
pubblico interesse,  che suggeriscono l'opportunita' di  sottoporre a
vincolo paesaggistico l'intero territorio  di Altofonte e le porzioni
di  territorio  ricadenti  nei  comuni  di  Piana  degli  Albanesi  e
Monreale,  in conformita'  della proposta  del 25  luglio 1995  della
commissione  provinciale  per la  tutela  delle  bellezze naturali  e
panoramiche di Palermo.
  Rilevato che l'apposizione del  vincolo comporta soltanto l'obbligo
per i proprietari, possessori o  detentori, a qualsiasi titolo, degli
immobili,  ricadenti   nella  zona  vincolata,  di   presentare  alla
competente Soprintendenza per i beni  culturali ed ambientali, per la
preventiva  autorizzazione, qualsiasi  progetto  di  opere che  possa
modificare l'aspetto esteriore della zona stessa;
                              Decreta:
                               Art. 1.
  Per  le  motivazioni espresse  in  premessa,  l'area descritta  nel
verbale  del 25  luglio  1995 della  commissione  provinciale per  la
tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Palermo e delimitata,
con  pallinato colore  rosso, nella  planimetria allegata,  che forma
parte  integrante del  presente  decreto, e'  dichiarata di  notevole
interesse pubblico, ai sensi e per  gli effetti dell'art. 1, numeri 3
e 4, della legge 29 giugno 1939, n. 1497 e dell'art. 9, numeri 4 e 5,
del relativo regolamento di  esecuzione, approvato con regiodecreto 3
giugno 1940, n. 1357.