Ai prefetti della Repubblica
                                  Al    presidente    della    giunta
                                  regionale della Valle d'Aosta
                                  Al commissario  del  Governo  nella
                                  provincia di Trento
                                  Al  commissario  del  Governo nella
                                  provincia di Bolzano
                                     e, per conoscenza:
                                   Alla Presidenza del Consiglio  dei
                                  Ministri -
                                      Segretariato generale
                                    Alla    Presidenza del  Consiglio
                                  dei  Ministri -
                                       Dipartimento  della   funzione
                                  pubblica
                                  Ai  commissari  del  Governo  nelle
                                  regioni a statuto ordinario
                                  Al   Ministero   del    tesoro    -
                                  Ragioneria  generale  dello Stato -
                                  I.G.O.P.
                                  All'assessorato regionale agli enti
                                  locali - Regione Sicilia
                                  Al rappresentante del Governo nella
                                  regione Sardegna
                                  Al commissario  del  Governo  nella
                                  regione Friuli-Venezia Giulia
                                  Al  presidente della commissione di
                                  coordinamento della Valle d'Aosta
                                  All'ANCI
                                  All'UPI
                                  All'UNCEM
  Nell'ambito   del    tradizionale   rapporto   di    servizio   che
contraddistingue questa  Amministrazione, si vogliono  fornire alcuni
criteri di  lettura delle  novita' introdotte  dalla legge  15 maggio
1997, n.  127, con  particolare riguardo al  tema della  gestione del
personale degli  enti locali. Gli orientamenti  interpretativi che ne
scaturiscono  sono stati  elaborati  d'intesa con  la Presidenza  del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la funzione pubblica.
  In via  preliminare, bisogna  rilevare come  i nuovi  meccanismi di
gestione  del personale  dei  predetti enti,  cosi' come  prospettati
dalla legge n. 127/1997,  vogliono sostanzialmente porsi come momenti
di  flessibilita' del  sistema organizzativo  ed, in  tale chiave  di
lettura, vanno  viste le novita' sia  ordinamentali che organizzative
previste dalla normativa.
  Cio'  premesso, si  procedera' ad  un esame  analitico delle  norme
introdotte in  tema di gestione  del personale affrontando,  caso per
caso,  le  problematiche  che  sembrano,  ad  un  primo  esame,  piu'
rilevanti nella vita dell'ente locale.
  L'art. 3, comma  5, pone divieto alle  pubbliche amministrazioni di
richiedere l'autenticazione della sottoscrizione delle domande per la
partecipazione a selezioni per  l'assunzione nelle stesse a qualsiasi
titolo.
  La norma non presenta particolari difficolta' interpretative, salvo
a verificarne la  valenza in relazione alle  procedure concorsuali in
atto  ed, in  particolare, per  i bandi  di concorso  di cui  non sia
scaduto il  termine per  la presentazione  delle relative  domande al
momento dell'entrata in vigore della nuova normativa.
  In tal caso, si ritiene che debbano essere accettate, se presentate
dopo  il   18  maggio  1997,   tutte  le  domande,  anche   se  prive
dell'autentica, pur in presenza di diverse disposizioni contenute nei
bandi, disposizioni che debbono  ritenersi automaticamente abrogate a
seguito dell'entrata in vigore della norma stessa.
  Un'ulteriore novita'  e' posta dai commi  6 e 7, i  quali prevedono
che   la  partecipazione   ai   concorsi   indetti  dalle   pubbliche
amministrazioni  non e'  soggetta  a limiti  di  eta', salvo  deroghe
dettate dai rispettivi regolamenti, connesse alla natura del servizio
o ad oggettive necessita'.
  Conseguentemente,  il   successivo  comma   7  abolisce   i  titoli
preferenziali relativi all'eta', ferme  restando le altre limitazioni
e i requisiti previsti dalle leggi e dai regolamenti per l'ammissione
ai concorsi pubblici.
  Anche per questa norma  si pongono le problematiche interpretative,
gia' indicate precedentemente, relative ai concorsi i cui bandi siano
non ancora scaduti,  e, in tal caso, deve ritenersi  che la normativa
operi   automaticamente  modificando   -   ope   legis  -   eventuali
disposizioni   del   bando,   che  necessariamente   prevedevano   le
preesistenti limitazioni di eta'.
  Diversamente, per  i bandi di concorso  in cui sia gia'  scaduto il
termine  di presentazione  delle  domande, alla  data  di entrata  in
vigore  della  legge  n.   127/1997,  deve  ritenersi  prevalente  la
limitazione posta dal bando, in  quanto "lex specialis", in relazione
al noto principio del "tempus regit  actum", fatta in ogni caso salva
la  facolta' dell'Amministrazione,  in tali  casi, qualora  non siano
state espletate le relative prove,  di riaprire i termini concorsuali
ampliando le possibilita' di partecipazione al concorso.
  La norma fa altresi' salva  la facolta' regolamentare delle singole
amministrazioni, in relazione alla natura del servizio o ad oggettive
necessita', di prevedere deroghe.
  Pertanto, anche in  questo caso, viene ampliata,  in relazione alle
esigenze  di  autorganizzazione  dei  singoli enti,  la  facolta'  di
disciplinare i limiti e le  modalita' di accesso ai pubblici concorsi
presso gli enti locali, utilizzando lo strumento regolamentare.
  La conseguente previsione del  comma 7, relativa all'abolizione dei
titoli  preferenziali  relativi  all'eta', ferme  restando  le  altre
limitazioni  e  i   requisiti  previsti  sia  dalle   leggi  che  dai
regolamenti    dell'ente,   pone    dei    problemi   in    relazione
all'approvazione delle  graduatorie concorsuali,  nel momento  in cui
alcuni   candidati   avessero    il   medesimo   punteggio,   essendo
contestualmente privi di altri titoli preferenziali.
  In tal caso,  dovra' essere cura delle  commissioni esaminatrici di
integrare  preliminarmente  i  predeterminati criteri  di  formazione
delle  graduatorie  mediante  apposite previsioni,  disciplinanti  le
fattispecie di "ex aequo".
  Ad esempio,  potrebbe essere attribuito un  valore preferenziale ad
alcune componenti del punteggio finale.
  Si rappresenta, altresi', l'opportunita' che gli enti disciplinino,
nei nuovi bandi di concorso, esplicitamente la fattispecie.
  Il  successivo art.  5 porta  a  compimento il  citato processo  di
riorganizzazione degli  enti, in  cui il  momento della  gestione del
personale   diviene  momento   di  flessibilita'   organizzativa,  e,
conseguentemente, opera  uno spostamento di competenze  dal consiglio
comunale alla giunta.
  Pertanto, al  comma 6,  si abroga espressamente  la lettera  c) del
comma 2 dell'art. 32 della legge 8 giugno 1990, n. 142, che riservava
al consiglio l'adozione  degli atti in tema di piante  organiche e le
relative variazioni.
  Conseguentemente,  il  comma  4  della  stessa  legge  n.  127/1997
aggiunge un comma  2-bis all'art. 35 della citata  legge n. 142/1990,
riservando alla  competenza della  giunta l'adozione  dei regolamenti
sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, nel rispetto dei criteri
generali stabiliti dal consiglio.
  In  merito deve  rilevarsi come,  a seguito  dell'abrogazione della
competenza  consiliare  in  tema   di  piante  organiche  e  relative
variazioni, la  stessa sia  stata spostata, prevedendo  l'adozione di
atti  di  tipo  regolamentare,  in capo  alla  giunta,  limitando  la
competenza del consiglio all'emanazione di "criteri generali", che si
riterrebbe non possano dettagliarsi, al  punto tale da dare indirizzi
di  tipo  gestionale all'organo  esecutivo,  e  cio' proprio  perche'
risulta  abrogata la  competenza del  consiglio comunale  in tema  di
piante organiche.
  Peraltro, i "criteri generali", di cui parla la legge, attengono ai
criteri  di massima  cui  deve conformarsi  la  giunta nella  propria
attivita'  gestionale.  Ed  e'  logico ritenere  che  essi  includano
l'indicazione  della   ripartizione  delle  risorse   finanziarie  da
assegnare allo strumento operativo che  e' oggi diventato la gestione
del personale.
  E'  altresi'  da  rilevare  come, anche  in  questo  caso,  risulta
rafforzato lo strumento di  tipo regolamentare, affidato alla giunta,
il quale diviene  lo strumento operativo da utilizzare  ai fini della
gestione del  personale dell'ente, pure  in relazione al  processo di
separazione tra potere di indirizzo, attribuito agli organi politici,
e responsabilita'  gestionali, attribuite  alla struttura,  che trova
compimento nel successivo art. 6.
  Tale  articolo, al  comma 1,  sostituendo il  comma 1  dell'art. 51
della citata  legge n. 142/1990, prevede  che i comuni e  le province
disciplinino, con apposito regolamento,  in conformita' allo statuto,
l'ordinamento generale degli uffici e  dei servizi, in base a criteri
di autonomia,  funzionalita' ed  economicita' di gestione,  e secondo
principi di  professionalita' e  responsabilita', richiamando  in tal
modo i principi gia' posti dal decreto legislativo n. 29/1993.
  Importanti   innovazioni  vengono   poste  dall'ultima   parte  del
precitato comma, ove si prevede  che nelle materie soggette a riserva
di legge, ai  sensi dell'art. 2, comma 1, lettera  c), della legge 23
ottobre  1992, n.  421,  la precedente  piena potesta'  regolamentare
degli   enti  locali   si   puo'  esercitare   tenendo  conto   della
contrattazione collettiva nazionale e, comunque,  in modo tale da non
determinarne  disapplicazione  durante  il  periodo  di  vigenza.  La
disciplina cosi' introdotta comporta che la potesta' regolamentare in
tema di ordinamento degli uffici e dei servizi dev'essere esercitata,
nelle materie coperte da riserva  di legge, osservando i limiti della
contrattazione  collettiva  nazionale e,  comunque,  in  modo da  non
determinarne disapplicazione, nelle effettive modalita' applicative.
  Invece,  nelle  materie  non   riservate  alla  legge,  si  prevede
l'applicazione, anche ai regolamenti comunali di cui sopra, del comma
2-bis dell'art. 2 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.
  Tale ultima norma prevede che, nelle materie non soggette a riserva
legislativa ai sensi dell'art. 2, comma  1, lettera c), della legge 4
ottobre 1992,  n. 421, eventuali  norme di legge intervenute  dopo la
stipula di  un contratto collettivo,  cessano di avere  efficacia dal
momento in cui entra in  vigore il successivo contratto collettivo, a
meno  che  la  legge  stessa  non  disponga  espressamente  in  senso
contrario.
  Conseguentemente,  i   regolamenti  potrebbero   disciplinare  tali
materie,  non  coperte  da  riserva di  legge,  in  maniera  difforme
rispetto  ai contratti  collettivi di  lavoro e,  qualora questo  sia
espressamente previsto,  dallo stesso  regolamento, escludere  che la
norma contrattuale  successivamente entrata in vigore  disapplichi la
stessa norma regolamentare.
  In tal modo  viene attribuito un particolare grado  di "durezza" ai
regolamenti comunali, nelle materie non  coperte da riserva di legge,
regolamenti  che, pertanto,  hanno  il potere  di disapplicare  norme
contrattuali   vigenti,  nelle   predette  materie,   escludendo,  se
espressamente   previsto,  l'automatico   riestendersi  della   norma
contrattuale, al momento della nuova contrattazione collettiva.
  Peraltro, va  precisato l'ambito  entro cui  si pone  il suindicato
potere di  autoregolamentazione, che nella sua  applicazione, viene a
coprire le c.d. "zone di ombra" contrattualmente definite nell'ambito
di  un  corretto rapporto  con  le  organizzazioni sindacali,  o  che
necessitano  di   ulteriore  esplicazione,  divenendo  in   tal  modo
meccanismo  rafforzativo della  contrattazione collettiva.  Comunque,
non si  puo' in  alcun caso  derogare ai  principi posti  dal decreto
legislativo n. 29/1993, ed in  particolare dall'art. 45, comma 9, che
impone  alle  pubbliche  amministrazioni di  osservare  gli  obblighi
assunti con la contrattazione collettiva;  dall'art. 49, comma 2, che
impone  alle stesse  di garantire  ai propri  dipendenti parita'  nei
trattamenti contrattuali,  comunque non  inferiori a  quelli previsti
dai rispettivi  contratti collettivi;  dall'art. 51, comma  3, ultima
parte il quale  prevede che non puo' essere in  ogni caso autorizzata
la sottoscrizione di contratti  collettivi decentrati che comportano,
anche a carico di esercizi  successivi, impegni di spesa eccedenti le
disponibilita'  finanziarie definite  dal  contratto; e  dal comma  4
dello stesso art. 51, ultima parte, che stabilisce che in nessun caso
possono essere  previsti oneri aggiuntivi diretti  o indiretti, oltre
il periodo di validita' dei contratti medesimi.
  Il successivo comma 2 dell'art. 6  porta a compimento il momento di
separazione tra  potere politico  e potere gestionale,  gia' previsto
sia dalla legge  n. 142/1990 che dal decreto  legislativo n. 29/1993,
recependo gli orientamenti, in tal  senso, gia' espressi a livello di
giustizia amministrativa e penale.
  Pertanto,  il secondo  comma  dello stesso  art.  6 sostituisce  il
secondo  periodo del  comma  3  dell'art. 51  della  citata legge  n.
142/1990, prevedendo che sono attribuiti ai dirigenti tutti i compiti
di attuazione degli obiettivi e  dei programmi, definiti con gli atti
di indirizzo, adottati dall'organo politico.
  E' da notare come, in questo  caso, sia stato usato dal legislatore
il  termine "attribuiti",  termine che  indica l'esercizio  di poteri
propri ed esclusivi, ed, in  quanto tali, l'esercizio degli stessi da
parte  di un  soggetto diverso  determina l'incompetenza  assoluta ad
esercitarli.
  Conseguentemente, l'attribuzione, in via meramente esemplificativa,
concerne:
  a) la presidenza delle commissioni di gare e di concorsi;
  b) la responsabilita' delle procedure di appalti e di concorso;
    c) la stipula dei contratti;
  d) gli  atti di gestione  finanziaria ivi compresa  l'assunzione di
impegni di spesa;
  e) gli atti di amministrazione e di gestione del personale;
  f) i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi il cui
rilascio  presuppone  accertamenti  e valutazioni,  anche  di  natura
discrezionale, nel  rispetto di  criteri predeterminati  dalla legge,
dai  regolamenti o  da atti  generali di  indirizzo, ivi  comprese le
autorizzazioni e le concessioni edilizie;
  g)   le  attestazioni,   certificazioni,  comunicazioni,   diffide,
verbali, autenticazioni, legalizzazioni e ogni altro atto costituente
manifestazione di giudizio e di conoscenza;
  h) gli atti attribuiti dallo statuto e dai regolamenti o, in base a
questo, delegati dal sindaco.
  Il  successivo comma  3  dell'  art. 6,  inserendo  il comma  3-bis
all'art. 51 della  legge n. 142/1990, porta a  compimento il processo
di separazione dei poteri all'interno delle pubbliche amministrazioni
locali, prevedendo  esplicitamente che nei comuni  privi di personale
con  qualifica dirigenziale,  "le funzioni  di  cui al  comma 3  (che
chiarisce  trattarsi di  attribuzione  di funzioni)  sono svolte  dai
responsabili degli uffici e dei servizi".
  Tale comma, innovando la terminologia precedentemente usata in tema
di identificazione dei responsabili degli uffici e dei servizi, ed in
tal  modo  prescindendo  dalla  qualifica  funzionale  attribuita  ai
medesimi, permette a tutti gli enti di gestire in modo flessibile, in
relazione  alle proprie  peculiarita' e  caratteristiche, il  modello
organizzatorio di cui hanno deciso  di dotarsi. Pertanto, resta fermo
il rigido principio della separazione tra i poteri, in conformita' al
disposto  dell'art.  3, commi  1  e  2,  del decreto  legislativo  n.
29/1993, i quali, attribuiscono agli organi di Governo la definizione
degli obiettivi e dei programmi da attuare, nonche' la verifica della
rispondenza  dei risultati  della  gestione  alle direttive  generali
impartite, ed  ai dirigenti (nella accezione  attribuita dal predetto
comma 3, introduttivo del citato comma 3-bis dell'art. 51 della legge
n.  142/1990) la  gestione  finanziaria,  tecnica ed  amministrativa,
compresa l'adozione di tutti gli atti che impegnano l'amministrazione
verso l'esterno, mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione
delle  risorse umane  e strumentali  e di  controllo; agli  stessi e'
attribuita  la   responsabilita'  della   gestione  e   dei  relativi
risultati.
  Conseguentemente,  deve  ritenersi  come inapplicabile,  a  seguito
dell'entrata in vigore della citata  legge n. 127/1997, l'art. 45 del
contratto  collettivo  di lavoro  del  comparto  del personale  delle
Regioni  -  Autonomie locali,  sottoscritto  il  6 luglio  1995,  che
prevedeva,   per  gli   enti   privi  di   personale  con   qualifica
dirigenziale, l'attribuzione dei poteri  e delle prerogative medesime
ai preposti a strutture  organizzative di massima dimensione, purche'
inquadrati in  qualifiche funzionali aventi come  requisito d'accesso
la laurea (e,  pertanto, fino alla settima  qualifica funzionale), ed
in mancanza il riferimento di tali poteri e prerogative al segretario
comunale; parimenti  sembrerebbe implicitamente  abrogato il  comma 2
dell'art. 19 del decreto legislativo n. 77 del 25 febbraio 1995, come
modificato  dal decreto  legislativo n.  336 dell'11  giugno 1996  il
quale  prevedeva per  i  comuni con  popolazione  inferiore a  10.000
abitanti, la  facolta' dell'organo  esecutivo, con  delibera motivata
che   riscontrasse  in   concreto  la   mancanza  assolutamente   non
rimediabile   di   figure   professionali  idonee   nell'ambito   dei
dipendenti,  la possibilita'  di affidare  ai componenti  dell'organo
esecutivo medesimo,  la responsabilita'  dei servizi,  o di  parte di
essi, unitamente al potere di assumere gli atti di gestione.
  Deve,  peraltro,  rilevarsi  come  la  stessa  legge  n.  127/1997,
all'art.  9,  comma   4,  nel  sostituire  l'art.   108  del  decreto
legislativo n. 77/1995, non ha ritenuto di includere tra gli articoli
del  decreto  legislativo  che   devono  considerarsi  come  principi
generali, con valore di limite inderogabile, il precitato art. 19.
  In conseguenza dell'inapplicabilita' dell'art.  45 del contratto di
lavoro  e dell'abrogazione  del  comma 2  dell'art.  19 del  suddetto
decreto legislativo, devono affrontarsi  i problemi nei quali possono
venirsi  a  trovare  gli  enti  locali,  specie  se  di  ridottissime
dimensioni, nell'ipotesi in  cui i medesimi siano del  tutto privi di
personale cui attribuire  le funzioni di responsabile  degli uffici e
dei  servizi. In  tal caso,  gli enti  possono fare  riferimento alla
normativa di cui all'art. 24 della  legge n. 142/1990 che prevede, al
fine di svolgere  in modo coordinato funzioni  e servizi determinati,
la stipula di apposite convenzioni. In merito bisogna rammentare come
la  predetta normativa  sia  l'unica che  permette  di attribuire  la
titolarita' degli  uffici a  soggetti esterni all'ente,  risultando a
tal fine  inidoneo lo strumento  previsto sia dall'art. 51,  comma 7,
della  stessa   legge  n.   142/1990,  che  prevede,   per  obiettivi
determinati e con convenzioni a termine, la facolta', se prevista dal
regolamento, di avvalersi di collaborazioni esterne ad alto contenute
di  professionalita';   sia  dall'art.   7,  comma  6,   del  decreto
legislativo n.  29/1993 che ipotizza,  per esigenze cui non  si possa
far  fronte  con  personale  in  servizio,  la  possibilita'  che  le
pubbliche  amministrazioni  conferiscano   incarichi  individuali  ad
esperti di provata competenza, determinando, preventivamente, durata,
luogo, oggetto e compenso della collaborazione.
  Risulta, altresi', applicabile la norma, cui peraltro va attribuita
la  valenza   di  clausola   di  salvaguardia,   ai  fini   del  buon
funzionamento  della  macchina  organizzativaamministrativagestionale
dell'ente, prevista dall'art. 17, comma  68, lettera c), della stessa
legge  n.   127/1997,  che  attribuisce  al   segretario  comunale  e
provinciale l'esercizio  di "ogni altra funzione  attribuitagli dallo
statuto  o  dai  regolamenti,  o   conferitagli  dal  sindaco  o  dal
presidente della provincia".
  Bisogna,  altresi',  precisare  che qualora  all'interno  dell'ente
siano  contemplate le  figure  dei responsabili  degli  uffici e  dei
servizi,  tenuto conto  che essi  sono titolari  delle funzioni  loro
attribuite,  tale assegnazione  al segretario  comunale non  puo' che
operare mediante il meccanismo dello scorporo delle stesse dai poteri
assegnati al titolare della funzione.
  Da ultimo, deve  rilevarsi come la norma in esame,  di cui all'art.
6,  comma  2,  relativa   all'attribuzione  dei  poteri  agli  organi
burocratici  dell'ente,  nell'ambito  degli indirizzi  dettati  dagli
organi di  Governo, debba  essere ritenuta  immediatamente operativa,
non necessitando di esplicita  previsione statutaria o regolamentare,
in quanto rinvia allo statuto o al regolamento dell'ente le modalita'
di  esercizio dei  poteri, ma  non l'attribuzione  degli stessi,  che
risultano gia' "attribuiti".
  Conseguentemente  la  potesta'   statutaria  o  regolamentare  puo'
esercitarsi  solo  nei  confronti delle  modalita'  di  espletamento,
pertanto  l'eventuale emanazione  di atti  gestionali da  parte della
giunta o del sindaco e' illegittima perche' viziata da incompetenza.
  Peraltro, limitatamente agli atti  gia' emanati, adottati da organi
incompetenti,  e  fondati  sulla  necessita'  e  l'urgenza,  potrebbe
ritenersi che essi  siano comunque assimilati a quelli  che il nostro
ordinamento giuridico attribuisce ai c.d. "funzionari di fatto".
  Grosse  innovazioni  all'assetto  organizzativo degli  enti  locali
nascono, altresi', dalla  previsione del comma 4,  che inserisce dopo
il comma 5 dell'art. 5 della legge n. 142/1990 il comma 5-bis.
  In via preliminare,  deve rilevarsi come tale  comma e' aggiuntivo,
per   cui  resta   vigente,   inalterato,   il  preesistente   modulo
organizzatorio delineato dal comma 5  della citata legge n. 142/1990,
che  prevede   la  facolta',   a  seguito  di   specifica  previsione
statutaria,  di coprire  posti  di responsabile  degli  uffici e  dei
servizi,  di  qualifica  dirigenziale, o  di  alta  specializzazione,
mediante  contratto  a  tempo  determinato  derivante  dai  C.C.N.L.,
sottoscritti  ai  sensi del  decreto  legislativo  n.  29 /  1993  o,
eccezionalmente e  con delibera  motivata, di diritto  privato, fermi
restando i requisiti della qualifica da ricoprire.
  Pertanto, le  facolta' previste dal  precitato comma 5-bis  sono da
considerarsi aggiuntive rispetto a quelle indicate nel comma 5.
  Il comma  5-bis prevede  che il regolamento  sull'ordinamento degli
uffici e dei servizi (riservato  alla competenza della giunta), negli
enti in cui e' prevista la  dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri
e le  modalita' con cui possono  essere stipulati, al di  fuori della
dotazione organica, contratti  a tempo determinato per  i dirigenti e
le alte  specializzazioni (qualifica  e profili che  costituiscono la
caratterizzazione e  la condizione  per l'applicabilita'  della norma
stessa),  fermi restando  i requisiti  della qualifica  da ricoprire.
Tali contratti  possono essere  stipulati in  misura complessivamente
non  superiore al  5 per  cento del  totale della  dotazione organica
della  dirigenza e  dell'area direttiva,  e comunque  per almeno  una
unita'.
  In merito deve  rilevarsi come la norma, non  incida sul meccanismo
di attribuzione  delle funzioni  ai dirigenti esistenti  nella pianta
organica dell'ente, i quali sono i titolari delle stesse.
  Pertanto,  nel momento  in cui  il regolamento  degli uffici  e dei
servizi prevede tali figure  dirigenziali o di alta specializzazione,
fuori  pianta organica,  dovra' contestualmente  operare lo  scorporo
delle funzioni  loro attribuite,  da quelle  dirigenziali, di  cui il
personale  previsto   nella  struttura  organizzativa   dell'ente  e'
titolare. Deve, altresi',  evidenziarsi come al fine  del calcolo del
numero  massimo  di  dirigenti   che  possono  esserci  fuori  pianta
organica,  va fatto  riferimento  sia alla  dotazione organica  della
dirigenza che dell'area direttiva.
  La seconda parte del citato  comma 5-bis prevede, negli enti privi,
per  tipologia,   di  personale  dirigenziale,  che   il  regolamento
sull'ordinamento degli  uffici e dei  servizi stabilisca i  limiti, i
criteri e le modalita' con cui  possono essere stipulati, al di fuori
della  dotazione  organica, e  solo  in  assenza di  professionalita'
analoghe   presenti   all'interno   dell'ente,  contratti   a   tempo
determinato   di  dirigenti,   alte  specializzazioni   o  funzionari
dell'area  direttiva, fermi  restando  i requisiti  richiesti per  la
qualifica da ricoprire.
  Per quel che riguarda tale fattispecie deve rilevarsi come, in tali
enti,  ed esclusivamente  per  tali figure  professionali, sia  stato
superato  il  preesistente  limite   della  tipologia,  nascente  dal
disposto dell'art. 2  del decreto del Presidente  della Repubblica n.
347 / 1983.
  Tali  contratti  sono  stipulati  in  misura  complessivamente  non
superiore al 5 per cento della dotazione organica dell'ente; o ad una
unita' negli  enti con  una dotazione  organica inferiore  alle venti
unita'.
  Relativamente alle funzioni attribuibili  a questo personale, fuori
pianta  organica, nei  comuni privi  di personale  dirigenziale, deve
rappresentarsi che in  relazione al disposto del comma  3 dell'art. 6
della legge n. 127 / 1997,  introduttivo del comma 3-bis dell'art. 51
della  legge  n.  142  /  1990, ferma  restando  la  possibilita'  di
attribuire funzioni gestionali, in relazione alla norma sopra citata,
qualora  nell'ente siano  presenti le  figure dei  responsabili degli
uffici  e  dei  servizi,  i  quali sono  i  titolari  delle  predette
funzioni,  le stesse  potranno essere  attribuite al  personale fuori
pianta organica,  mediante previsione  regolamentare che  scorpori le
funzioni attribuite loro, da quelle proprie del titolare dell'ufficio
o del servizio.
  I contratti  di cui alla  norma in  esame non possono  avere durata
superiore  al mandato  elettivo del  sindaco o  del presidente  della
provincia  e cio',  in  quanto  relativi a  personale  legato con  un
rapporto di tipo fiduciario all'amministrazione.
  Il relativo  trattamento economico,  equivalente a  quello previsto
dai  vigenti  contratti  collettivi  nazionali e  decentrati  per  il
personale degli enti locali, puo' essere integrato, con provvedimento
motivato dalla  giunta, da una indennita'  "ad personam", commisurata
alla  specifica   qualificazione  professionale  e   culturale  degli
interessati, anche in considerazione della temporaneita' del rapporto
e  delle condizioni  di mercato  relative alle  specifiche competenze
professionali. Il trattamento economico  e l'eventuale indennita' "ad
personam"  sono  definiti in  stretta  correlazione  con il  bilancio
dell'ente e non  vanno imputati al costo  contrattuale del personale.
Il contratto  a tempo determinato e'  risolto di diritto nel  caso in
cui  l'ente  locale dichiari  il  dissesto,  o  venga a  trovarsi  in
condizioni strutturalmente deficitarie.
  Il successivo comma 5 dell'art. 6  della stessa legge n. 127 / 1997
tende a creare un c.d. "mercato  del lavoro" per il personale facente
parte  delle predette  dotazioni organiche  fuori pianta,  di cui  al
precedente comma 4, prevedendo la risoluzione di diritto del rapporto
di impiego  di un pubblico  dipendente, dalla data di  decorrenza del
contratto  stipulato  ai  sensi  del comma  4.  L'amministrazione  di
provenienza  dispone,  subordinatamente  alla vacanza  del  posto  in
organico, o dalla data in cui la vacanza si verifica, la riassunzione
del dipendente qualora  lo stesso ne faccia richiesta  entro i trenta
giorni  successivi alla  cessazione del  rapporto di  lavoro a  tempo
determinato o dalla data di disponibilita' del posto in organico.
  Sono   stati  sollevati   quesiti  circa   lo  "status"   giuridico
attribuibile al  personale a  tempo determinato, assunto  mediante le
sopracitate  forme contrattuali,  anche in  correlazione alla  natura
fiduciaria  del  rapporto  esistente  tra  l'amministrazione  che  ha
proceduto alla nomina  e gli stessi. In merito si  ritiene, in virtu'
del  richiamo  effettuato  dal   comma  4  al  trattamento  economico
equivalente  a  quello  previsto  dai  vigenti  contratti  collettivi
nazionali  per  il  personale  degli enti  locali,  che  lo  "status"
giuridico di questi soggetti sia  del tutto equiparabile a quello del
personale degli  enti locali con  contratto a tempo  determinato, con
conseguente applicabilita',  di tutte quelle norme  di salvaguardia e
tutela   previste  sia   dalla   vigente   legislazione,  che   dalla
contrattazione collettiva. Conseguentemente,  sono inapplicabili, nei
confronti del predetto personale, forme  di recesso dal contratto "ad
nutum"  per interruzione  del rapporto  di tipo  fiduciario da  parte
della  pubblica  amministrazione,  se   le  stesse  non  siano  state
espressamente   previste,   dalla   vigente  legislazione   o   dalla
contrattazione collettiva.
  Il  successivo  comma  7  dell'art.  6,  sostitutivo  del  comma  6
dell'art. 51  della legge n.  142 / 1990, disciplina  il conferimento
degli incarichi  dirigenziali a tempo  determinato (ed in  virtu' del
richiamo  effettuato dal  comma 3  dello stesso  art. 6.  La predetta
normativa  e' automaticamente  estesa  a tutti  i responsabili  degli
uffici e  dei servizi) secondo  le modalita' fissate  dal regolamento
degli uffici  e dei  servizi, in relazione  ai criteri  di competenza
professionale   nonche'  agli   obiettivi   indicati  nel   programma
amministrativo fissato  dal capo dell'amministrazione.  E', altresi',
ipotizzata la revoca  dei predetti incarichi in  caso di inosservanza
delle direttive  del sindaco  o dell'assessore  di riferimento,  o in
caso di  mancato raggiungimento  degli obiettivi assegnati  nel piano
esecutivo di  gestione, per  responsabilita' particolarmente  grave e
reiterata, nonche'  nelle ipotesi  indicate dall'art. 20  del decreto
legislativo n. 29 / 1993 e dai contratti collettivi di lavoro.
  Assume  particolare rilevanza  la previsione  esistente nell'ultima
parte del citato comma 7, in  cui si precisa che l'attribuzione degli
incarichi puo' prescindere dalla  precedente assegnazione di funzioni
di direzione a  seguito di concorsi. In merito,  deve rilevarsi, come
tale norma incida profondamente  nel preesistente status del rapporto
di pubblico impiego, di fatto eliminando, per i dipendenti degli enti
locali,  il  c.d.  "ius  ad  ufficium",  che  correlava  strettamente
l'essere vincitore di un pubblico  concorso per un determinato posto,
con l'incardinamento del soggetto al posto medesimo.
  Il comma 8 del citato art. 6 aggiunge al comma 7 dell'art. 51 della
legge  n.  142 /  1990  un  paragrafo,  il  quale stabilisce  che  il
regolamento  sull'ordinamento   degli  uffici  e  dei   servizi  puo'
prevedere la costituzione di uffici posti alle dirette dipendenze del
sindaco,  del  presidente  della  provincia,  della  giunta  o  degli
assessori, per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo
loro  attribuite dalla  legge,  costituiti  da dipendenti  dell'ente,
ovvero, purche' l'ente  non abbia dichiarato il dissesto  o non versi
in condizioni  strutturalmente deficitarie, da  collaboratori assunti
con contratto a tempo determinato.
  La   norma   suindicata   non  presenta   particolari   difficolta'
interpretative, salvo precisare che relativamente alla locuzione "per
l'esercizio  delle   funzioni  di  indirizzo  e   di  controllo  loro
attribuite", l'attribuzione e l'esercizio delle funzioni di indirizzo
e  controllo e'  riferibile  esclusivamente ai  titolari  e cioe'  al
sindaco,  al   presidente  della  provincia,  alla   giunta  ed  agli
assessori, ed in nessun caso  tali funzioni risultano attribuibili ai
collaboratori. Circa il contratto  di lavoro applicabile agli stessi,
poiche'  quando la  norma  ha voluto  derogare  lo ha  esplicitamente
previsto,  non  puo'  che  farsi  riferimento  al  vigente  contratto
collettivo nazionale per i dipendenti degli enti locali.
  Il comma  9 dello stesso  art. 6  aggiunge all'art. 41  del decreto
legislativo  n. 29  / 1993  un comma  3-bis il  quale prevede  che il
regolamento sull'ordinamento  degli uffici  e dei servizi  degli enti
locali (confermando  pertanto, come  gia' detto,  l'attribuzione alla
giunta delle facolta' gestionali in  tema di personale) disciplini le
dotazioni  organiche, le  modalita'  di assunzione  agli impieghi,  i
requisiti  di accesso  e le  modalita' concorsuali  nel rispetto  dei
principi fissati dai commi 1 e 2 dell'art. 36 del decreto legislativo
n. 29 / 1993.
  In merito,  nel riconfermare la  riserva di tipo  regolamentare per
quel che  riguarda le  dotazioni organiche, relativamente  agli altri
aspetti della  citata riserva,  si ritiene  che la  relativa potesta'
debba essere  esercitata nell'ambito rigido dei  principi posti dalla
nostra Carta costituzionale ed in  particolare: dall'art. 3, comma 1,
che sancisce  l'uguaglianza sostanziale  dei cittadini;  dall'art. 4,
comma 1,  che riconosce a tutti  il diritto al lavoro;  dall'art. 51,
comma  1, che  permette a  tutti i  cittadini, dell'uno  e dell'altro
sesso, di accedere agli uffici pubblici in condizioni di eguaglianza;
dall'art.  97,  commi 1  e  3,  che stabilisce  l'organizzazione  dei
pubblici  uffici   in  modo  da   assicurare  il  buon   andamento  e
l'imparzialita' dell'Amministrazione nonche'  l'accesso agli impieghi
mediante concorsi; e dall'art. 120,  comma 3, che sancisce il diritto
dei  cittadini  di  esercitare,  in qualunque  parte  del  territorio
nazionale, la loro professione, impiego o lavoro.
  Tali    principi,   posti    direttamente   dalla    nostra   Carta
costituzionale,  costituiscono un  limite inderogabile  alle facolta'
regolamentari riservate dal predetto comma 9 agli enti locali.
  Lo stesso comma  9 introduce, altresi', un comma  3-ter all'art. 41
del decreto legislativo n. 29 / 1993.
  Tale  comma  prevede  che   nei  comuni  interessati  da  mutamenti
demografici  stagionali,   in  relazione  a  flussi   turistici  o  a
particolari manifestazioni,  anche a carattere periodico,  al fine di
assicurare un  adeguato livello di svolgimento  dei servizi pubblici,
il regolamento puo' prevedere  particolari modalita' di selezione per
l'assunzione  di   personale  a   tempo  determinato,   per  esigenze
temporanee o stagionali, secondo  criteri di rapidita' e trasparenza,
escludendo ogni forma di discriminazione.
  Si prevede,  altresi', che  tali rapporti  a tempo  determinato non
possano, a  pena di  nullita', in nessun  caso, essere  trasformati a
tempo indeterminato.
  Tale norma semplifica le procedure assunzionali a tempo determinato
nei comuni  caratterizzati dalla  predetta tipologia,  permettendo di
creare, permanentemente, graduatorie cui attingere per le assunzioni.
In tal modo, si semplificano le procedure, in relazione alle facolta'
assunzionali concesse  agli enti medesimi, con  il disposto dell'art.
16 del vigente C.C.N.L.
  Il comma  10 inserisce, dopo l'art.  51 della legge n.  142 / 1990,
l'art.  51-bis  il  quale  prevede  che il  sindaco  dei  comuni  con
popolazione  superiore  ai 15.000  abitanti  ed  il presidente  della
provincia,  previa   delibera  della  giunta,  possono   nominare  un
direttore  generale  al  di  fuori della  dotazione  organica  e  con
contratto  a   tempo  determinato,  secondo  criteri   stabiliti  dal
regolamento di organizzazione.
  Il  direttore generale  provvede  ad attuare  gli  indirizzi e  gli
obiettivi  stabiliti dall'organo  di  Governo  dell'ente, secondo  le
direttive impartite dal  sindaco o dal presidente  della provincia, e
sovraintende alla gestione dell'ente, perseguendo livelli ottimali di
efficacia ed efficienza.
  Spetta,  in   particolare,  al   medesimo  direttore   generale  la
predisposizione  del piano  dettagliato degli  obiettivi di  cui alla
lettera a) del  comma 2 dell'art. 40 del decreto  legislativo n. 77 /
1995, nonche'  la proposta del  piano esecutivo di  gestione previsto
dall'art. 14 dello stesso decreto legislativo.
  A tali fini, al direttore generale rispondono, nell'esercizio delle
funzioni  loro assegnate,  i  dirigenti dell'ente,  ad eccezione  del
segretario del comune e della provincia.
  Il  direttore generale  e' revocato  dal sindaco  o dal  presidente
della provincia previa delibera della giunta.
  La durata  dell'incarico non puo'  eccedere quella del  mandato del
sindaco o del presidente della provincia.
  Nei  comuni  con  popolazione   inferiore  ai  15.000  abitanti  e'
consentito  procedere  alla  nomina  del  direttore  generale  previa
stipula  di  convenzione tra  i  comuni  le cui  popolazioni  sommate
raggiungano i 15.000 abitanti.
  In tal  caso, il  direttore generale  dovra' provvedere  anche alla
gestione coordinata o unitaria dei servizi tra i comuni interessati.
  Qualora non risultino  stipulate tali convenzioni, e  in ogni altro
caso in cui il direttore generale non sia stato nominato, le relative
funzioni possono essere conferite, dal sindaco o dal presidente della
provincia, al segretario.
  In merito, deve rilevarsi, come la previsione normativa e' relativa
ad un soggetto dotato di poteri  e capacita' manageriali, il quale e'
legato con un rapporto di  tipo strettamente fiduciario nei confronti
del sindaco o del presidente della provincia.
  Trattasi  di  una  figura professionale  non  contrattualizzata  e,
pertanto,  sara'  lo  stesso  direttore generale  a  contrattare  con
l'amministrazione  la propria  retribuzione.  A tale  facolta' fa  da
contrappeso la  possibilita' di  revoca "ad  nutum", in  relazione al
semplice interrompersi del rapporto fiduciario.
  Ne  deriva un  rapporto  di  tipo gerarchico  -  funzionale tra  il
direttore generale  e i dirigenti dell'ente:  al primo, limitatamente
ai poteri  assegnatigli, i dirigenti rispondono  nell'esercizio delle
funzioni loro attribuite.
  Il successivo comma 11 dell'art. 6 sostituisce il comma 5 dell'art.
55 della  legge n.  142 /  1990, prevedendo  che i  provvedimenti dei
responsabili  dei  servizi  che  comportano  impegni  di  spesa  sono
trasmessi al responsabile del  servizio finanziario, e sono esecutivi
con l'apposizione  del visto  di regolarita' contabile  attestante la
relativa copertura.
  In merito, deve rilevarsi come il predetto visto di regolarita' sia
strettamente  legato  alla  copertura  finanziaria  della  spesa,  e,
pertanto,  l'esame deve  limitarsi alla  verifica della  effettivita'
della  disponibilita'  delle   risorse  impegnate,  essendo  preclusa
qualsiasi altra forma  di verifica della legittimita'  degli atti, di
cui sono responsabili i singoli dirigenti che li hanno emanati.
  Il  comma 12  prevede  che  gli enti  locali,  che  non versino  in
situazioni  strutturalmente  deficitarie,   possono  indire  concorsi
interni riservati al personale  dipendente in relazione a particolari
profili  o  professionalita'   acquisite  esclusivamente  all'interno
dell'ente.  Tale disposizione,  nel sistema  di accesso  previsto dal
decreto legislativo n. 29 / 1993 (art. 41, commi 1 e 3-bis) assume la
caratteristica di normativa speciale.
  In  merito, deve  rilevarsi  come la  medesima  permetta di  creare
percorsi  di  professionalita'  all'interno  degli  enti  locali,  in
relazione all'esistenza  di qualificazioni  professionali acquisibili
esclusivamente mediante formazione interna.
  Tale norma, che riprende sostanzialmente il contenuto dell'art. 24,
sesto comma,  del decreto  del Presidente della  Repubblica n.  347 /
1983, nell'ambito  della sua applicazione esclude  qualsiasi forma di
valutazione delle mansioni di fatto  svolte dai dipendenti, in quanto
non costituisce mezzo di valutazione  delle stesse, la cui disciplina
e',  in ogni  caso,  riservata  agli articoli  56  e  57 del  decreto
legislativo n. 29 / 1993.
  Conseguentemente,  l'ambito  di  applicazione  della  norma  e'  da
ricercarsi   nella   individuazione    dei   predetti   percorsi   di
professionalita',  che escludano  contestualmente la  possibilita' di
raggiungere dall'esterno  un identico contenuto  di specializzazione,
ritenuta indispensabile ai fini della copertura del posto (ad esempio
in   un  impianto   di  depurazione   particolarmente  complesso   e'
ipotizzabile che  per l'accesso  al posto di  capo operaio  addetto a
quell'impianto sia richiesto come requisito l'aver svolto le funzioni
di addetto allo stesso per un certo periodo di tempo, ecc.).
  Il comma 13, del medesimo art.  6, sostituendo il comma 1 dell'art.
18 della legge n. 109 / 1994, prevede che l'1% del costo preventivato
di un'opera o di un lavoro, ovvero il 50% della tariffa professionale
relativa  a un  atto di  pianificazione generale  particolareggiato o
esecutivo, sia  destinato alla  costituzione di  un fondo  interno da
ripartire tra il personale  degli uffici tecnici dell'amministrazione
aggiudicatrice o titolare dell'atto  di pianificazione - qualora esso
personale  abbia redatto  direttamente  i  progetti o  i  piani -  il
coordinatore unico, di  cui all'art. 7, il  responsabile del progetto
ed i loro collaboratori.
  Il  successivo  comma 13-bis,  prevede  che  il  fondo, di  cui  al
precedente  comma, sia  ripartito per  ogni singola  opera o  atto di
pianificazione,  sulla base  di  un regolamento  dell'amministrazione
aggiudicatrice o  titolare dell'atto di  pianificazione, riconducendo
alla  potesta' regolamentare  materie  precedentemente rinviate  alla
contrattazione collettiva.
  La  norma permette  agli enti  locali di  poter meglio  valorizzare
eventuali  professionalita' esistenti  all'interno dell'ente  stesso,
incentivando adeguatamente  il personale interessato, e,  allo stesso
tempo, conseguendo un notevole risparmio finanziario.
  I  successivi  commi  reintroducono, nell'ambito  dell'art.  6,  il
contenuto  di   parte  dei  decretilegge  che   ultimamente  si  sono
susseguiti in  tema di personale  degli enti locali, non  reiterati a
seguito della nota sentenza della Corte costituzionale in materia, ed
i cui effetti erano stati fatti salvi dal comma 170 dell'art. 1 della
legge 23 dicembre 1996, n. 662.
  Il comma 14, sostituendo il comma 11 dell'art. 3 della legge n. 537
/ 1993, esonera  gli enti locali non  strutturalmente deficitari, con
popolazione  inferiore  ai  15.000 abitanti,  dalla  rilevazione  dei
carichi di lavoro.
  Invece, per gli  enti con popolazione superiore,  si riconferma che
la   stessa    costituisce   presupposto   indispensabile    per   la
rideterminazione della dotazione organica.
  Si prevede, altresi',  che la metodologia sia adottata  con un atto
di  giunta che  ne attesti  la congruita',  nonche' l'esclusione  dai
meccanismi  di rilevazione  dei carichi  di lavoro  delle istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficienza.
  Il comma 15, riprendendo il contenuto dei gia' citati decretilegge,
non convertiti, sostituisce l'art. 16-bis del decretolegge 19 gennaio
1993,  n. 8,  come  convertito  nella legge  19  marzo  1993, n.  68,
prevedendo  la regionalizzazione  delle  procedure  di mobilita'  del
personale  in  esubero  degli  enti  locali  dissestati,  precisando,
altresi',  che le  stesse debbano  essere espletate  prioritariamente
nell'ambito della provincia e della regione di appartenenza dell'ente
interessato.
  A tal fine gli enti locali della regione in cui si trovino comuni o
province  che hanno  deliberato  il dissesto  (presenti  in tutte  le
regioni ad eccezione della Valle d'Aosta e del Friuli-Venezia Giulia)
danno comunicazione dei posti vacanti  di cui intendono assicurare la
copertura al Dipartimento della funzione pubblica.
  Entro  quarantacinque giorni  dalla comunicazione,  il Dipartimento
trasmette all'ente  l'elenco nominativo  del personale  da trasferire
mediante le procedure di mobilita' d'ufficio.
  In mancanza  di tale  trasmissione, l'ente  locale puo'  avviare le
procedure di selezione.
  Il   comma   16   esclude   l'applicazione   delle   procedure   di
disponibilita',  previste  dai  commi  da  47 a  52  della  legge  n.
537/1993,   agli  enti   locali   che  non   versino  in   situazioni
strutturalmente deficitarie.
  Pertanto, i  medesimi, qualora si  trovino a gestire  situazioni di
eccedenza di  personale, possono applicare l'istituto  generale della
mobilita', ma  non le  speciali procedure di  disponibilita' previste
dalle sopracitate norme.
  L'art. 6,  comma 17, permette agli  enti locali di far  fronte alle
situazioni  di illegittimita'  eventualmente esistenti  nei medesimi,
derivanti da  applicazioni non  legittime del decreto  del Presidente
della  Repubblica   n.  347/1983,   e  successive   modificazioni  ed
integrazioni.
  Tale  norma,  che  si  caratterizza  come  normativa  speciale,  e,
pertanto,  non   applicabile  analogicamente,  si  pone   nella  scia
interpretativa  ed applicativa  dettata  dalla  sentenza della  Corte
costituzionale n. 1/1996 che ha dichiarato l'illegittimita' del comma
6-bis dell'art. 3 della legge n. 537/1993.
  Il predetto comma 17 stabilisce che  gli enti locali sono tenuti ad
annullare, entro e non oltre tre mesi dalla data di entrata in vigore
della  citata legge  n.  127, i  provvedimenti  di inquadramento  del
personale  adottati in  modo difforme  dalle disposizioni  di cui  al
predetto decreto del  Presidente della Repubblica 25  giugno 1983, n.
347, e successive modificazioni ed integrazioni.
  Gli stessi  enti sono tenuti  a bandire contestualmente  i concorsi
per   la   copertura   dei   posti   resisi   vacanti   per   effetto
dell'annullamento.
  Fino  alla  data  di  copertura   dei  posti  resisi  in  tal  modo
disponibili,   il  personale   destinatario   dei  provvedimenti   di
inquadramento  continua a  svolgere le  mansioni corrispondenti  alla
qualifica attribuita con detti  provvedimenti, mantenendo il relativo
trattamento economico.
  Alla   copertura    dei   posti   resisi   vacanti    per   effetto
dell'annullamento, si provvede mediante  concorsi interni per titoli,
integrati  da  colloqui,  ai  quali  sono  ammessi  a  partecipare  i
dipendenti appartenenti alla  qualifica immediatamente inferiore, che
abbiano  svolto  almeno  cinque   anni  di  servizio  nella  medesima
qualifica, nonche' i  dipendenti di cui al comma  in questione, anche
se provvisti  del titolo di studio  immediatamente inferiore previsto
per l'accesso alla qualifica corrispondente.
  La  norma presenta  alcune problematiche  interpretative che  cosi'
possono riassumersi:
 1) Identificazione delle norme violate.
  Si  riterrebbe che  in relazione  alla terminologia  adottata dalla
legge:  "inquadramenti  adottati in  modo  difforme  dal decreto  del
Presidente della Repubblica n. 347/1993, e successive modificazioni e
integrazioni", la norma si estenda a tutti gli inquadramenti difformi
operati dagli enti locali nel  susseguirsi dei contratti (decreto del
Presidente della Repubblica n. 268/1987, decreto del Presidente della
Repubblica n.  494/1987, decreto  del Presidente della  Repubblica n.
333/1990, Contratto collettivo nazionale  di lavoro sottoscritto il 6
luglio  1995)  e  comprenda  anche le  violazioni  per  inquadramenti
difformi alla tipologia dell'ente cosi' come previsto dall'art. 2 del
decreto del Presidente della Repubblica n. 347/1983.
  La  norma, poiche'  fa riferimento  al termine  "inquadramento" del
personale, si estende anche  a tutte quelle disposizioni contrattuali
che hanno portato ad inquadramenti difformi in relazione ad eventuali
posizioni   personali  nascenti   dalla  errata   applicazione  della
normativa  di accesso  prevista dagli  stessi decreti  del Presidente
della Repubblica (art. 24 decreto  del Presidente della Repubblica n.
347/1983;  art.   5  decreto  del  Presidente   della  Repubblica  n.
268/1987), e pertanto fa riferimento  sia a violazioni soggettive che
di tipo oggettivo.
 2) Termine di applicazione.
  La norma  pone un termine  finale di  applicazione, e cioe'  3 mesi
dalla data di entrata in vigore della legge.
  Tale termine deve considerarsi perentorio.
  Poiche'  la   normativa  fa   riferimento  al  termine   finale  di
applicazione, ma non a un termine  iniziale, si ritiene che la stessa
sia applicabile a  tutti quei casi in cui  gli enti, antecedentemente
alla data  di entrata in vigore  del comma 17, abbiano  annullato, in
sede  di autotutela,  i provvedimenti  di inquadramento  difforme del
personale.
  Pertanto,  la norma  risulterebbe applicabile  anche in  tutti quei
casi in cui gli enti hanno  dato esecuzione alla sentenza della Corte
costituzionale n. 1/1996, reinquadrando  il personale negli originari
profili e qualifiche.
  Si   ritiene,  altresi',   che  la   disposizione  sia   riferibile
esclusivamente agli inquadramenti difformi, presenti nell'ordinamento
degli  enti  locali, in  data  antecedente  alla pubblicazione  nella
Gazzetta Ufficiale della legge, e, cioe', al 16 maggio 1997.
 3) Consolidamento delle mansioni svolte.
  La norma prevede che, fino alla  data di copertura dei posti resisi
disponibili per effetto  dell'annullamento, il personale destinatario
dei provvedimenti di inquadramento  ivi indicato "continui a svolgere
le mansioni corrispondenti alla qualifica attribuita".
  Conseguentemente, si  ritiene che  pur potendo applicare  la stessa
alle  ipotesi  di  annullamento  verificatesi  antecedentemente  alla
entrata in vigore, non  sia possibile reinquadrare provvisoriamente i
soggetti  destinatari nella  qualifica funzionale  superiore, poiche'
l'espressione  "continua  a   svolgere",  adottata  dal  legislatore,
presuppone    l'attuale    effettivo   esercizio    delle    mansioni
illegittimamente attribuite.
 4) Campo di applicazione.
  Presupposto  di applicazione  e'  l'esistenza  di un  inquadramento
difforme che  abbia portato alla  creazione, di un nuovo  posto nella
pianta organica - dotazione organica dell'ente.
  E  cio' in  quanto  operando  in un  sistema  rigido di  qualifiche
funzionali,  l'attribuzione  di  un certo  inquadramento  ha  portato
automaticamente alla creazione nella  struttura dell'ente di un posto
corrispondente, di differenziata posizione giuridica, in relazione al
fatto che non possono  esistere nelle strutture organizzative ipotesi
di  inquadramento con  esercizio delle  relative mansioni,  senza che
esistano, nello strumento organizzatorio, le corrispondenti caselle.
  Pertanto, mentre risulterebbero  sanabili le posizioni individuali,
che  avendo  operato  mediante  una trasformazione  del  posto  hanno
portato alla  creazione nella struttura della  corrispondente ipotesi
organizzatoria, non  sembra che  possano essere  considerate sanabili
tutte quelle situazioni in cui, non variando il profilo professionale
e  le  relative  mansioni,  risultino  attribuiti  livelli  economici
superiori   o  differenziati   rispetto  a   quelli  previsti   dalla
contrattazione collettiva, senza  l'esercizio delle relative mansioni
o   la  creazione   di  un   corrispondente  posto   nella  struttura
organizzativa.
 5) Partecipazione alle procedure concorsuali.
  Si rappresenta che nella fattispecie ci troviamo in presenza di una
vera e propria procedura interna,  per titoli, integrata da colloqui,
cui sono ammessi  a partecipare tutti i  dipendenti appartenenti alla
qualifica immediatamente  inferiore che abbiano svolto  almeno 5 anni
di  effettivo  servizio  nella  medesima qualifica  (e  pertanto  gli
stessi, ai fini  della partecipazione, devono essere  in possesso dei
requisiti di accesso cosi' come previsto dalla vigente normativa).
  Si puo'  derogare al titolo  di studio, in  relazione all'effettivo
esercizio delle mansioni superiori, peraltro di fatto conferite, solo
per i soggetti  destinatari della norma di  autoannullamento, i quali
possono  partecipare  ai concorsi  interni  purche'  in possesso  del
titolo  di  studio immediatamente  inferiore  a  quello previsto  per
l'accesso alla qualifica corrispondente.
  6)Applicabilita' della norma alle qualifiche inferiori alla 4.
  Si ritiene  che il  disposto normativo  sia applicabile  anche alle
qualifiche  inferiori alla  4 in  quanto viene  posta in  essere, "ex
lege", una procedura concorsuale interna e, in virtu' dell'art. 1 del
decreto del Presidente del Consiglio  dei Ministri 18 settembre 1987,
n.  392, disciplinante  modalita'  e criteri  per  l'avviamento e  la
selezione  dei  lavoratori  ai  sensi dell'art.  16  della  legge  n.
56/1987, e'  in ogni caso  fatta salva  la facolta' di  non procedere
alla richiesta dagli uffici di collocamento, relativamente alle quote
riservatarie nell'ambito del pubblico impiego.
  Il  comma 18  apporta alcune  modifiche all'art.  1 della  legge 28
dicembre 1995,  n. 549  (legge di  accompagno alla  finanziaria 1996)
prevedendo:  alla lettera  a) l'introduzione  di alcune  modifiche al
comma 14 della medesima, la quale, cosi', prevede che gli enti locali
non dissestati e non strutturalmente  deficitari - i quali, alla data
del  30   novembre  1996,   utilizzino  personale  assunto   a  tempo
determinato  mediante prove  selettive,  ai sensi  dell'art. 7  della
legge 29 dicembre  1988, n. 554, indette entro il  31 dicembre 1994 -
possono bandire,  entro il 31  dicembre 1997, concorsi  riservati per
titoli per la trasformazione dei predetti rapporti di lavoro da tempo
determinato  a tempo  indeterminato, secondo  le procedure  stabilite
dall'art. 4-bis del  decretolegge 20 maggio 1993,  n. 148, convertito
con modificazioni nella legge 15 giugno 1993, n. 236.
  La  lettera b),  intervenendo sul  comma 15  della citata  legge n.
549/1995, prevede che  gli enti non dissestati  e non strutturalmente
deficitari, per i servizi connessi ad attivita' didattiche, educative
e formative, per la sola  copertura dei corrispondenti posti vacanti,
possono, nei limiti delle proprie disponibilita' di bilancio, bandire
concorsi riservati  al personale  gia' in  servizio presso  lo stesso
ente  che  abbia prestato  servizio,  anche  non continuativo,  negli
anzidetti settori per periodi  complessivi lavorativi non inferiori a
24 mesi.
  Il  comma  19,  riprendendo   una  norma  inserita  nei  precedenti
decretilegge non convertiti, prevede che gli enti non strutturalmente
deficitari,  in caso  di sospensione  cautelare nei  confronti di  un
impiegato  sottoposto  a  procedimento  penale,  possano  coprire  la
temporanea vacanza, con assunzioni a tempo determinato.
  Il  successivo comma  20 modifica  il comma  3-bis, primo  periodo,
dell'art. 1  del decreto-legge 27  ottobre 1995, n.  444, convertito,
con modificazioni, nella legge 20  dicembre 1995, n. 549, prevede che
le  nuove  amministrazioni,  elette  a seguito  di  scioglimento  dei
consigli  comunali per  infiltrazioni  mafiose,  sono autorizzate  ad
utilizzare contributi  statali di  natura corrente, nei  limiti delle
disponibilita' dei relativi bilanci,  per coprire vacanze di organico
attraverso il bando di  appositi concorsi, qualora abbiano l'organico
del personale scoperto in misura pari al 20% della pianta organica.
  Possono essere  messi a concorso posti  nella misura corrispondente
alla differenza tra la copertura  della pianta organica e l'80% della
pianta organica stessa, vigente prima della data del 31 agosto 1993.
  In  tal  modo vengono  ad  essere  facilitate le  assunzioni  nelle
predette nuove  amministrazioni, le  quali possono  fare riferimento,
nei  limiti  previsti  dalla   stessa  norma,  alla  pianta  organica
preesistente  al  31 agosto  1993,  e,  pertanto, non  ridimensionata
dall'art.  3, comma  6,  della  legge n.  537/1993,  che ha  previsto
l'abbattimento, ai  fini della nuova riorganizzazione  degli uffici e
dei servizi, di tutti i posti vacanti esistenti a tale data.
  Il comma 21  del citato art. 6  , infine, prevede che  per gli enti
locali,  in deroga  a quanto  previsto dall'art.  3, comma  22, della
legge n. 537/1993, le  graduatorie concorsuali rimangono efficaci per
un termine  di 3  anni dalla data  di pubblicazione,  per l'eventuale
copertura  dei posti  successivamente  vacanti  e disponibili,  fatta
eccezione   per  quelli   istituiti  o   trasformati  successivamente
all'indizione del concorso medesimo.
  La disposizione di cui al citato  comma 20 ha efficacia a decorrere
dal 4 dicembre 1996.
  Tale  ultima precisazione  e' legata  al fatto  che i  preesistenti
decretilegge in tema di gestione di personale degli enti locali, e da
ultimo il  decreto-legge 4  ottobre 1996,  n. 516,  di cui  l'art. 1,
comma 170, della  legge 23 dicembre 1996, n. 662,  ha reso validi gli
atti  e i  provvedimenti adottati  ed ha  fatto salvi  i procedimenti
instaurati, hanno avuto efficacia fino al 4 dicembre 1996.
  In tal modo si verifica  una continuita' normativa che permette, in
virtu' del  susseguirsi ininterrotto  delle norme aventi  un identico
contenuto e contestuale efficacia,  di attribuire valenza triennale a
tutte le graduatorie gia' esistenti e non ancora scadute.
  Ulteriori  norme  in  tema  di   personale  degli  enti  locali  si
rinvengono  all'art.  17,  comma  18, il  quale,  nell'ultima  parte,
prevede che i dipendenti degli  enti locali a tempo parziale, purche'
autorizzati  dall'amministrazione di  appartenenza, possono  prestare
attivita' lavorativa presso altri enti.
  La  norma, pertanto,  innovando sulla  preesistente disciplina  del
parttime, permette  ai dipendenti degli  enti locali, che  optino per
tale regime, di  poter contestualmente avere piu'  rapporti di lavoro
con altri enti locali, purche' autorizzati.
  Il successivo comma 22 dell'art.  17 della citata legge, estende al
personale dirigenziale ed equiparato delle pubbliche amministrazioni,
e, pertanto,  anche al personale  degli enti locali, la  normativa di
cui all'art. 12 della legge 5 luglio 1982, n. 441, avente ad oggetto:
"Disposizioni  per la  pubblicita' della  situazione patrimoniale  di
titolari di cariche elettive e di cariche direttive di alcuni enti".
  Il  comma 47  dello stesso  art. 17,  interviene sull'art.  1 della
legge  28 dicembre  1995,  n. 549,  apportando  alcune modifiche.  In
particolare,  la lettera  a) prevede  che le  disposizioni limitative
sulle assunzioni,  previste dal  comma 4 della  stessa norma,  non si
applichino al personale degli enti locali, limitatamente a quelli che
non versino in situazioni strutturalmente deficitarie.
  Viene, pertanto,  ribadito che  gli unici limiti  assunzionali, per
gli enti non strutturalmente deficitari, sono quelli che derivano dal
proprio bilancio.
  La  lettera b)  dello stesso  comma  47 prevede,  altresi', che  il
divieto, esistente  fino al  30 giugno  1997 di cui  al comma  10 del
citato  art. 1  della legge  n.  549/1995, di  individuare uffici  di
livello dirigenziale ulteriori rispetto  a quelli gia' esistenti alla
data  del  10  agosto  1995  non si  applica  agli  enti  locali  non
strutturalmente deficitari.
  Infine,  il  comma  49  dello   stesso  art.  17,  prevede  che  le
disposizioni  di cui  all'intero  art. 6  della legge  n.  127 e  del
precitato comma 47 si applichino agli enti locali che hanno ottenuto,
entro il  31 dicembre  1996, l'approvazione dell'ipotesi  di bilancio
stabilmente riequilibrato, nei limiti  previsti dall'art. 1, comma 7,
della  citata  legge  n.  549/1995  e, cioe',  a  condizione  che  la
percentuale della spesa per il personale sulle spese correnti risulti
ridotta o invariata.
  Ulteriori  norme  in tema  di  gestione  del personale  degli  enti
locali, sono previste dai commi 132, 133 e 134 del citato art. 17.
  Il comma  132 prevede che  i comuni possono, con  provvedimento del
sindaco,  conferire funzioni  di  prevenzione  ed accertamento  delle
violazioni,  in  materia di  sosta,  a  dipendenti comunali  o  delle
societa' di  gestione dei parcheggi, limitatamente  alle aree oggetto
di concessione.
  Purtuttavia,   la   procedura    sanzionatoria   amministrativa   e
l'organizzazione  del  relativo  servizio sono  di  competenza  degli
uffici o dei comandi a cio' preposti.
  Comunque, i gestori possono esercitare tutte le funzioni necessarie
al recupero  delle evasioni tariffarie  e dei mancati  pagamenti, ivi
compreso il rimborso delle spese.
  Il  comma 133  stabilisce,  altresi',  che le  funzioni  di cui  al
precedente  comma 132  sono  conferite al  personale ispettivo  delle
aziende esercenti  il trasporto  pubblico nelle forme  previste dagli
articoli 22 e 25 della legge n. 142/1990.
  A  tale  personale  sono,   altresi',  conferite  con  le  medesime
modalita' di  cui al  precedente comma le  funzioni di  prevenzione e
accertamento  in  materia  di   circolazione  e  sosta  sulle  corsie
riservate al trasporto pubblico.
  Da ultimo, il comma 134, intervenendo sul comma 5 dell'art. 5 della
legge 7 marzo 1986, n. 65 (leggequadro sull'ordinamento della polizia
municipale),  prevede   che  gli  addetti  al   servizio  di  polizia
municipale, ai quali e' conferita  la qualifica di agente di pubblica
sicurezza,  possono portare,  previa deliberazione  in tal  senso del
consiglio comunale,  senza licenza, le  armi in relazione al  tipo di
attivita',  nei termini  e  nelle modalita'  previste dai  rispettivi
regolamenti,   anche   fuori   dal  servizio,   purche'   nell'ambito
territoriale dell'ente di  appartenenza e nei casi di cui  al comma 4
dello stesso art. 5.
  Tale  norma precisa  quanto  era gia'  vigente nell'ordinamento  e,
cioe', che,  per gli  addetti al servizio  di polizia  municipale, il
porto  senza  licenza  delle  armi  e'  possibile  nell'ambito  della
disciplina dettata  in tal senso  dal consiglio comunale  ed inserita
nel relativo regolamento, che  peraltro puo' prevedere lo svolgimento
di servizi non armati.
  In relazione alle complessita'  delle problematiche prospettate, al
fine di instaurare un sempre piu' proficuo rapporto di collaborazione
con le autonomie locali intende istituire uno "sportello di servizio"
per i temi della gestione del personale, cui gli enti locali potranno
far capo per i profili interpretativi.
  Tale  sportello  rispondera'  ai  numeri  telefonici:  06-46548101,
06-46548102, 06-46548103.
  Si  prega  portare,  con  cortese  sollecitudine,  quanto  sopra  a
conoscenza degli  enti locali interessati, fornendo  un cortese cenno
di assicurazione.
                                              Il Ministro: Napolitano