L'ASSESSORE per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione Visto lo statuto della regione; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1975, n. 673, recante norme di attuazione dello statuto della regione siciliana in materia di tutela del paesaggio, di antichita' e belle arti; Visto il testo unico delle leggi sull'ordinamento del Governo e dell'amministrazione della regione siciliana, approvato con decreto del presidente della regione 28 febbraio 1979, n. 70; Vista la legge regionale 1 agosto 1977, n. 80; Vista la legge regionale 7 novembre 1980, n. 116; Vista la legge 29 giugno 1939, n. 1497, sulla protezione delle bellezze naturali e panoramiche; Visto il regolamento di esecuzione della predetta legge n. 1497, approvato con regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357; Vista la legge 8 agosto 1985, n. 431; Esaminati i verbali redatti nelle sedute del 12 dicembre 1995 e del 10 febbraio 1996, nelle quali la commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali di Siracusa ha proposto di sottoporre a vincolo paesaggistico il centro urbano di Buscemi, delimitato secondo la descrizione che segue: il limite perimetrale parte dalla proiezione della croce di S. Antonio posta ad ovest di Buscemi sulla Mare-Monti, risale lungo un sentiero in direzione sudest includendo l'area del castello, fino ad incrociare la strada di ingresso al paese. Risale, poi, Monte S. Nicolo' verso est seguendo il tracciato di un sentiero e discendendo fino ad includere il santuario della Madonna del Bosco, attraversando Valle di Pietra. Da questo punto in linea ideale si ricongiunge al versante orientale del paese fino a ricongiungersi con il versante segnato dalla croce est sulla via Marconi. Il perimetro prosegue lungo via Cavour intercettando la croce nord e proseguendo in direzione ovest, giunge alla pendice forestata di proprieta' comunale; ne segue geograficamente il perimetro sino ad intercettare la vecchia strada per Buccheri, percorrendo un sentiero verso sud sino a ritornare alla strada provinciale Mare-Monti. Accertato che i verbali del 12 dicembre 1995 e 10 febbraio 1996 sono stati pubblicati all'albo pretorio del comune di Buscemi e depositati nella segreteria del comune stesso, per il periodo prescritto dalla legge n. 1497/1939, e, piu' precisamente, dal 1 aprile 1996, data di inizio pubblicazione, al 1 luglio 1996; Ritenuto che le motivazioni riportate nel succitato verbale del 12 dicembre 1995 a supporto della proposta di vincolo sono sufficienti e congrue e testimoniano di un ambiente singolarissimo che presenta tutti i requisiti per essere oggetto di una studiata e corrretta tutela che consenta alla comunita' di Buscemi di trarre i vantaggi derivanti dalla valorizzazione del suo centro urbano, che, allo stato attuale, rischia di subire alterazioni di degrado irreversibili. L'imposizione del vincolo potrebbe precedere gli opportuni interventi di valorizzazione dei luoghi da parte degli enti a cio' preposti, cosi' come scritto nel verbale ... con questo vincolo si pongono le basi oggettive per un piano regolatore ..., mantenendo le tipologie antiche con gli adeguamenti moderni, ammettendo le manutenzioni straordinarie degli immobili. Considerato che il problema della tutela di Buscemi presenta carattere di particolare urgenza ed attualita' dal momento che risulta in fase di elaborazione il piano regolatore comunale che contempla la possibilita' di destinare la zona sottostante al castello ad espansione edilizia residenziale. E', pertanto, necessario provvedere, alla migliore forma di tutela che permetta di disciplinare il corretto uso del centro urbano e del suo immediato intorno, ricco di particolari valenze culturali, antropologiche, architettoniche ed archeologiche. La perimetrazione dell'area da sottoporre a tutela e' nata proprio dalla necessita' di ricongiungere il tessuto urbano con la parte piu' antica del paese, percorrendo l'antica processione contrassegnata da quattro croci, capisaldi riconosciuti dall'usanza delle donne del paese che si spostavano con un fardello di sassi, dall'una all'altra, ogni 1 maggio, significato della riconsacrazione annuale di tale perimetro urbano. Il centro abitato di Buscemi, raggiungibile dalla strada provinciale "Mare-Monti", sorge sul versante meridionale del monte Vignitti, situato nella parte centrale dei monti Iblei, fra il rilievo di contrada Contessa ed il fiume Anapo, a 761 m.s.m. Caratteri prevalenti del centro urbano sono quelli tipici del borgo rurale di fondazione feudale, il cui successivo impianto settecentesco di rifondazione postterremoto del 1693, ha arricchito Buscemi di elementi architettonici singolari per qualita' e valore di ambiente e scenografia urbana barocca. Rispetto alla tipologia urbana, il disegno regolare del nucleo di impianto settecentesco appare disperdersi ai bordi, a causa della irregolarita' della giacitura orografica del sito; infatti "i posti di casa" si aggregano a schiera o a blocco irregolare su piani di posa a terrazzamenti di diversa quota. L'impianto urbanistico superiore settecentesco, piu' regolare e' determinato da due assi longitudinali estovest ed un asse piu' breve nordsud. In questa zona, in posizione centrale, e' posto un albero monumentale di rara bellezza per possanza e sviluppo vegetativo: bagolaro centenario. Nell'area centrale degli assi esiste un principio di regolarizzazione del tessuto a griglia ortogonale. Nelle aree di riempimento e di margine, e' invece utilizzata una disposizione a blocchi irregolari aderenti alla giacitura orografica del sito. All'intorno del perimetro urbano, sono posizionate quattro croci, presumibilmente posteriori al terremoto del 1693 in corrispondenza dei quattro punti cardinali. Le edicole sottostanti alle croci hanno avuto storicamente una funzione devozionale, attestata ancora oggi tradizionalmente il 3 maggio, giorno della Santa Croce. La tradizione orale tramanda che almeno fino alla fine del secolo le donne, andando in processione, trasportavano grosse pietre in ricordo del peso della croce che Gesu' sopportava nel recarsi al Calvario, e per tutto il mese di maggio, sempre le donne hanno l'abitudine di recarsi all'imbrunire alla croce di piazza Marconi (croce est) dove era dipinta un'immagine della Madonna, per recitarvi il Rosario siciliano. E' dunque evidente che la processione dei "sassi" conferma il carattere delimitativo del centro urbano, attestato dal posizionamento topografico delle croci ed avvalorato dall'itinerario sacro, perimetro abitativo riconosciuto dalla tradizione popolare. Lo sviluppo abitativo di Buscemi ha mantenuto nei secoli una caratteristica strettamente legata alle condizioni climatiche della montagna, che essendo sferzata nella stagione invernale da forti venti di direzione nord/nordovest, rendono invivibile il versante esposto a tramontana; pertanto tutte le facciate delle abitazioni sono armonicamente rivolte a mezzogiorno. Circa i dati socioeconomici, Buscemi vive una costante destabilizzazione e dispersione dei gruppi sociali residenti attivi, presumibilmente a causa della sua marginalita' rispetto ai centri costieri. Attivita' economica prevalente, oggi come in passato, e' l'agricoltura, certamente non ricca poiche' attestata su produzioni a basso reddito quali quelle tipiche della collina interna, ossia olivicoltura, cerealicoltura e mandorlicoltura. La sopraggiunta crisi del comparto produttivo olivicolo ha aggravato la situazione economica di Buscemi, che tenta oggi una ripresa economica, puntando sul settore turistico. Infatti lo stato di buona conservazione dei valori paesaggistici, architettonici, urbanistici, archeologici, etnoantropologici ed agricoli locali, sono alla base della recente promozione turistica di Buscemi, piu' approfonditamente conosciuta grazie alla mostra svolta negli anni scorsi, sui "luoghi di lavoro". In tal senso, nell'ottica di una appropriata valorizzazione di Buscemi e nel contempo, a salvaguardia della sua integrita', si propone il vincolo paesaggistico de quo. Infatti, sconsiderati lavori di consolidamento e ristrutturazione del costone roccioso, inseriti in un piu' vasto programma di urbanizzazione di fondo valle, se accettati con le modalita' previste dalla progettazione originaria, produrrebbero modificazioni irreversibili e del tutto incompatibili all'ambiente naturale della cava "Valle di pietra", ed alle peculiarita' architettonicopaesistiche del complesso abitativo antico. A conferma di quanto premesso, la perimetrazione proposta si attesta su un confine che non interferisce con le zone di futura espansione edilizia identificabili nella zona nord del paese e si mantiene a salvaguardia delle aree di notevole valenza paesaggistica e culturale. La linea di perimetrazione intende ripercorrere il perimetro urbano antico attestato dai quattro caposaldi costituiti dalle croci, ma anche individuare gli orizzonti paesaggistici di rispetto della collina e delle prospettive panoramiche offerte dalla posizione orografica del centro abitato. Accertato che l'odierno abitato di Buscemi sorge sulle pendici di un'altura allungata dominante la profonda vallata di un affluente dell'Anapo, che raccoglie le acque ancor oggi copiose, di diverse sorgenti che scaturiscono a mezza costa. L'altura isolata da ogni lato e' collegata al vicino sistema montuoso di monte S. Nicolo', transito obbligato per l'accesso da Palazzolo Acreide, da una stretta sella, controllata dalle rovine di un palazzetto settecentesco, il cui nome improprio "castello" si richiama alla prima costruzione che ivi sorse, una fortificazione medievale attestata dai documenti d'archivio. La ricchezza d'acqua e la posizione particolarmente favorevole sotto il profilo difensivo dovettero essere all'origine del primitivo insediamento che ebbe inizio, secondo l'ipotesi recentemente sostenuta con buone prove (R. Acquaviva) in epoca notevolmente precedente al terremoto (che si pretendeva avesse distrutto il precedente abitato situato sul monte S. Nicolo', del quale, peraltro non e' mai stata rinvenuta alcuna traccia), sicuramente riferibile ad eta' araba e forse ancora anteriore. La morfologia dell'insediamento rispetta il canone piu' diffuso nell'ambiente montano del retroterra di Siracusa dall'eta' tardobizantina in poi; quello dell'abitato rupestre, costituito da una serie di grottoni scaglionati sulle pendici settentrionali dell'altura, aperti verso meridione, e situati su diversi livelli collegati da anguste stradette e scalinate intagliate nella roccia. I grottoni a pianta quadrata e piu' spesso irregolarmente rettangolare o subcircolare, sono di dimensioni differenti e molto variabili in dipendenza evidentemente dalle funzioni cui erano adibiti (abitativa o utilitaria) e dall'entita' dei nuclei familiari caratterizzati tutti da soffitto piano, presentano diverse nicchie sulle pareti e incavi per travature che anticamente sostenevano soppalchi lignei. Alcuni di essi sono stati sicuramente ricavati dall'ampliamento di originarie tombe protostoriche a grotticella artificiale, alcune delle quali del tutto simili a quelle riferibili alla prima eta' del bronzo, che si aprono sulle pendici meridionali dell'opposto monte S. Nicolo', sono oggi ancora individuabili fra un grottone e l'altro e attestano la presenza, in periodo castellucciano, di piccoli nuclei diffusi di insediamento di tutto il territorio buscemese. Due delle grotte - di cui una di ampie e belle proporzioni, riutilizzata in eta' recente come palmento - presentano caratteristiche architettoniche e decorative che ne rilevano l'originaria destinazione culturale, sicuramente riferibile ad eta' bizantina. Del nucleo rupestre tardobizantino e medievale, buona parte e' oggi difficilmente accessibile poiche' molti grottoni sono stati rinchiusi all'interno di recinzioni in muri a secco e, talora, riutilizzati come depositi di attrezzi o ambienti di lavoro per attivita' agricole o artigianali che ne hanno parzialmente modificato la struttura; ma ancora perfettamente conservata, nel suo assetto originario, si presenta la parte bassa dell'abitato, con alcune tortuose stradette di disimpegno e con l'ultimo filare di grottoni allineati sul livello piu' basso, intorno ad una sorgente, e prospicienti su un antico viottolo che conduceva al fondovalle. Gia' in parte compromessa risulta la viuzza su cui si affaccia l'ultimo filare di grottoni che, da piccolo viottolo serpeggiante sull'orlo di uno stretto terrazzo, quale era in origine, e' divenuta, per finalita' del tutto contingenti e legati alla temporanea necessita' di un cantiere di canalizzazione delle acque sorgive, una stradella a fondo battuto di 4-5 metri di larghezza ottenuta, in alcuni punti, a spese del costone roccioso che e' stato in parte tagliato. Il centro abitato di Buscemi sorge sul versante meridionale del monte Vignitti, alle origini di Cava Lordieri o Valle di Pietra ed interessa geologicamente due tipi di terreni costituiti da calcareniti a banchi e da un'alternanza calcareomarnosa entrambe facenti parte della formazione Palazzolo di eta' Serravalliano-Tortoniano (Miocene). Si ritiene esista una stretta relazione fra la geologia dei luoghi e la presenza di insediamenti umani; da una prima analisi delle caratteristiche geologiche, geomorfologiche, idrogeologiche e climatiche del sito si possono infatti fare le seguenti considerazioni: la presenza in affioramento dell'alternanza calcareomarnosa, costituita da una successione di strati calcarei duri di spessore compreso fra i 10 e i 40 cm e strati marnosi di consistenza argillosa e grosso modo di pari spessore ha favorito la veloce escavazione di abituri rupestri aventi sezione regolare (quadrata o rettangolare) e quindi massima volumetria disponibile; e' molto piu' facile, infatti, avanzare scavando l'argilla e rimuovendo il soprastante strato calcareo compatto che creare una cavita' nella roccia dura; inoltre il prodotto di scavo poteva essere riutilizzato quale materiale da costruzione poiche' costituito da blocchi di pietra di forma regolare (parallelepipedi). Venivano, comunque, riutilizzate anche la calcareniti a banchi probabilmente come materiale sciolto e/o di diversa pezzatura come e' testimoniato da qualche antica latomia sita nei dintorni di Buscemi; il contatto tra le due unita' stratigrafiche citate, che presentano differenti caratteristiche di permeabilita' ha determinato, anche a seguito di una rete di fratturazione che interessa l'ammasso roccioso, una serie di falde acquifere, piu' o meno in comunicazione fra loro, di cui e' testimonianza l'abbondanza di sorgenti particolarmente diffuse in tutto il comprensorio dell'abitato di Buscemi. La presenza costante dell'acqua ha presumibilmente costituito il fattore che ha portato all'instaurarsi e poi all'affermarsi delle prime colonie umane; e' interessante osservare le opere di raccolta e canalizzazione per un utilizzo domestico delle acque sorgive all'interno di qualche abituro; la gestione delle risorse idriche deve aver assunto nel tempo proporzioni considerevoli in riscontro delle ingenti opere di drenaggio e canalizzazione sotterranee delle acque che si dipartono dalla zona del Castello dove esiste una grossa cisterna per raggiungere vari punti del paese attraverso cunicoli e gallerie che, tuttavia non si ha ancora avuto modo di riscontrare, ma che si ha notizia dalla memoria popolare; la prossimita' all'incisione valliva di cava di pietra doveva consentire un piu' ampio utilizzo delle risorse idriche, tanto che si hanno tracce di mulini, seppur di piu' tarda eta', in tutto il bacino idrogeologico dell'area; l'esposizione a mezzogiorno dei primi insediamenti era giustificata dalla necessita' di una piu' lunga esposizione all'irraggiamento solare in considerazione delle rigide temperature ed il forte vento di tramontana che caratterizzano questi luoghi collinari; la sistemazione a terrazze del versante meridionale di Cava di Pietra, consentita da un sufficiente spessore di humus, ha favorito la creazione di un'area agricola a stretta distanza dal centro abitato, quindi facilmente raggiungibile e controllabile dallo stesso. Oggi questa porzione di territorio costituisce un singolare e suggestivo scorcio paesaggistico cui si affaccia il paese di Buscemi e che fa parte integrante della sua storia; Accertato che lo storico Vito Amico, nel descrivere l'abitato di Buscemi prima del terremoto del 1693, da' una precisa dimensione storicourbanistica del centro abitato le cui case "erano a tramontana e dirimpetto alla rocca", riferendosi senz'altro al versante dove si trovava il nuovo centro urbano dello sviluppo seicentesco ed il primitivo insediamento rupestre delle grotte disposte l'una accanto all'altra su filari sovrapposti occupanti l'intero asse longitudinale sottostante l'attuale sito. Il luogo in cui sorgeva la rocca costruita secondo il Nicotra dagli Arabi, corrisponde alla posizione dove esisteva un antico fortilizio sulla collina a sudovest di Buscemi a cui venne nel settecento sovrapposta una nuova struttura attualmente in stato di rudere. A conferma che Buscemi prima del terremoto nel 1693, era situata sull'attuale posizione topografica e che la sua ricostruzione e' avvenuta in sito, e' avvalorata, secondo R. Acquaviva, da una serie di atti notarili, conservati presso l'archivio di Stato di Siracusa, relativi agli anni 1679/1695, che hanno permesso di rilevare la toponomastica delle contrade in cui era situato il centro abitato nel secolo XVII, corrispondenti al versante dell'attuale Buscemi e delle zone limitrofe; ma soprattutto nella descrizione delle case distrutte dal terremoto e della loro ricostruzione sullo stesso luogo, nonche' dalle numerose annotazioni effettuate in seguito all'evento sismico. Protagonista delle vicende storiche per il periodo precedente e seguente al terremoto del 1693 fu la nobile famiglia Requisenz, che ebbe il possesso della contea di Buscemi dal XVI secolo fino agli inizi del secolo XIX. Sempre secondo R. Acquaviva, sappiamo che gli edifici di culto che all'inizio del secolo XVII esistevano a Buscemi erano costituiti dalla chiesa Madre, dalla chiesa sacramentale di S. Antonio, coadiutrice della Matrice e dalle seguenti chiese: dello Spirito Santo, di S. Sebastiano di cui esisteva una confraternita, di S. Caterina, di S. Bartolomeo e dell'Ospedale, dell'Annunciazione della Beata Vergine, di S. Antonio Abate e di S. Giovanni Battista fuori le mura. A due chilometri circa dal paese esisteva l'antichissima chiesa di S. Giorgio. La chiesa di S. Francesco, inoltre, era annessa al convento dei padri conventuali e quella di S. Sebastiano come chiesa conventuale dei padri osservanti. Troviamo nel 1655, citata in una visita pastorale, la chiesa di Maria SS. del Bosco e la chiesa della Madonna degli Angeli, gia' diroccata. Successivamente, sempre nelle visite pastorali, vengono menzionate altre chiese: quella di S. Leonardo, quella del Calvario e della Madonna d'Itria. La documentazione archivistica oltre che darci un indubbio riferimento in merito all'ubicazione preterremoto, ci fornisce allo stesso tempo un'idea precisa in merito allo schema urbanistico che l'agglomerato urbano doveva costituire, il cui tracciato perimetrale dell'abitato comprendeva una zona molto piu' vasta rispetto all'attuale centro. Infatti, oltre a questo comprendente oggi un'area occupata allora dalle contrade Piazza, S. Leonardo, Fontanella, Pizzu, Vignitti, Curso, Casi Novi, S. Sebastiano e San Antonio, faceva parte di esso tutta la fascia sud con le contrade Milluzza, Grutti, Caliscio, S. Giovanni, Monte Mondizzarazzo e l'area attorno al castello. I punti di convergenza della vita sociale erano costituiti da due piazze: una adiacente al castello e la piazza centrale Principe Umberto e via Risorgimento. Il movimento di espansione del nucleo urbano avvenne, quindi, dalla primitiva zona sud e quella attorno al castello, alla zona nord e nordest; alla fine del secolo XVII, infatti, quest'ultima viene indicata con il termine di Casi Novi. Il paese comprendeva, dunque, fino a tutto il secolo XVII la collinetta denominata "Monte", sede della chiesa Madre e del castello, la vallata sottostante denominata "Caliro" o "Caliscio" e le rampe del costone a nord del vallone pubblico denominato "Coste" (allegato A del verbale 12 dicembre 1995). Delimitavano il vecchio sito le attuali chiese di S. Antonio di Padova e di S. Maria Annunziata con l'annesso convento di S. Domenico divenuto poi, Carmine. E' stato possibile stabilire, inoltre, che la chiesa di S. Sebastiano era posta sulle basse pendici del colle, precisamente sopra la fontana "Caliro" e che nella piazza sotto il castello si trovava la chiesa di S. Bartolomeo, presso la quale nell'anno 1577 venne edificato, per volere del duca Giuseppe Requisenz, il convento di S. Francesco. Per quanto riguarda la tipologia delle abitazioni per il periodo in questione esse erano costituite da strutture terranee monolocali fornite di una porta e finestra; non mancavano le case "solerate" (ad un piano) e le botteghe degli artigiani nella piazza e nelle immediate vicinanze della Fontana Grande. Numerosi erano i "dammusi" (stanze a pianterreno con volta), il cui uso era destinato a magazzino. Il sisma del 1693 non distrusse totalmente Buscemi. Determinanti invece, furono i suoi effetti ai fini di una nuova variante urbanistica che avrebbe interessato il sito medievale e in modo particolare la parte estrema sud. La ricostruzione postterremoto si concentro' nell'area circoscritta dalla chiesa Madre, dalla chiesa dell'Annunziata, dalla chiesa di S. Antonio di Padova e dalla chiesa di S. Sebastiano, provocando uno slittamento del sito conseguenziale all'abbandono progressivo delle contrade Milluzza, S. Giovanni, Grotte, Caliscio e la zona attorno al castello. Quindi solo una parte del sito medievale, quella di nordovest e una fascia della parte sud, rimase incorporata nel nuovo centro urbano. La differenza tra la vecchia area urbana e la zona centrale di nordest e' ancora perfettamente differenziata nel suo tessuto urbanistico. Le chiese che sopravvissero al terremoto furono le tre chiese maggiori: chiesa Madre, di S. Sebastiano, di S. Antonio di Padova e le tre chiese minori dell'Annunziata (attuale chiesa del Carmine), della Madonna del Bosco e di S. Giacomo. Pertanto, abbandonata la contrada "Monte" in seguito alla distruzione della chiesa Madre e del castello, nella nuova pianta la scelta del sito per questa chiesa ricadde nell'esistente quartiere "Pizzo", precisamente nella parte piu' alta dell'arteria principale del paese. Sulle rovine dell'antica chiesa venne, poi, edificato il convento dei padri Cappuccini, che venne in seguito abbandonato dai frati alla prima meta' del secolo XIX (allegato B del verbale 12 dicembre 1995). E' ipotizzabile che la famiglia Requisenz abbia avuto una parte importante nel nuovo assetto urbanistico della citta' postterremoto; non e' da escludere che il duca di Buscemi abbia avvertito l'esigenza di dare un assetto al paese assegnando le nuove aree di sviluppo. Il nuovo assetto venne realizzato attraverso una distribuzione delle nuove aree abitative in spazi regolari intersecati da strade rettilinee e parallele. L'immagine dell'architettura nobiliare si concentro', dopo il sisma, principalmente nelle attuali vie Principe Umberto e Risorgimento, unica via nel 1850 con il nome di via S. Antonio con un susseguirsi di palazzi settecenteschi e ottocenteschi e con la presenza della piazza centrale. Successivamente, in concomitanza con il progressivo espandersi del paese ancora verso la zona nord, l'asse centrale del sito si sposto' verso l'attuale corso Vittorio Emanuele, determinando l'abbandono della piazza seicentesca e la creazione di una nuova piazza in detta via. Quasi completamente distrutta nell'ultimo trentennio e' la tipologia costruttiva tipicamente contadina che costituiva principalmente l'organismo edilizio, con la sua forma rettangolare ed il lato minore rivolto alla strada, risolta quasi completamente in un unico ambiente per sfruttare al massimo lo spazio; Considerato che dal punto di vista delle attivita' economiche, quella agricola specialmente vitivinicola e' stata per Buscemi l'attivita' principale e trainante. Infatti la situazione orografica e pedologica delle colline intorno al paese, ben si presta alla coltivazione dell'uva da vino, da sempre concentrata su un monte, chiamato Monte Vignitti, la cui denominazione conferma proprio la diffusione della vite sulle sue pendici. D'altra parte la notevole presenza di palmenti annessi alle abitazioni del centro urbano ed extraurbano rende testimonianza della "monocultura" praticata dai buscemesi, che adoperavano un vitigno locale molto apprezzato per la qualita' liquorosa del vino ottenuto. E' tradizione locale, in parte oggi abbandonata, utilizzare il mosto per cuocerlo insieme a carrube e scorze d'arancia in "quartare", ottenendo cosi' un vino molto insaporito e liquoroso. Purtroppo, cosi' come e' avvenuto in tutte le coltivazioni italiane, nel secolo scorso l'avvento di un patogeno dell'uva, la fillossera importata dall'estero, distrusse totalmente la produzione locale, costringendo i contadini all'abbandono dell'attivita' viticola; da allora, probabilmente anche per la scelta economica, l'orientamento culturale si rivolse alla coltivazione del grano sugli altipiani delle colline dei dintorni, in direzione del centro di Palazzolo Acreide. La coltivazione della vite ad "alberello" si ritrova ancora oggi in quel lembo del paese di Buscemi esposto a sud in corrispondenza della zona archeologica, ove si trovano tipologie di "hortus conclusus" ovvero orti familiari, ritenuti indispensabili dai buscemesi anche se di dimensioni piccolissime (in media pari a m. 4 x 8) ma che assicuravano l'autonomia alimentare per famiglie da sempre gravate da una grande poverta'. Questi orti ben delimitati da muretti a secco per singola proprieta' hanno all'interno tralci di vite e ficodindia come siepe di protezione, che assieme all'allevamento del bestiame tuttora custodito in grotte, costituivano la proprieta' agricola familiare. Le pendici del Monte S. Nicolo' anch'esse una volta coltivate a vite sono state poi sfruttate ad ortaggi, produzione questa, che si attesta sempre nell'immediata periferia del paese facilmente raggiungibile e soprattutto "controllabile a vista" poiche' situata sul versante che sta di fronte al paese; la coltivazione di ortaggi di vario genere e' condotta sempre su terrazze predisposte per lavorazioni agricole, ma senza posa in opera di muretti di contenimento, cosi' da formare un gradevole paesaggio a gradoni. Altra caratteristica della viticoltura buscemese del secolo scorso, come attestato dalle ricerche condotte, sta nel fatto che la coltivazione della vite si concludeva con la raccolta dell'uva e la preparazione del mosto nei vari palmenti situati nelle abitazioni paesane, mentre non risulta tradizione locale la vinificazione in botte, poiche' era usanza la vendita presso i centri vicini del meso anzicche' del vino; a conferma di cio' vi e' l'assenza in paese di antiche botteghe di "bottaioli" dato che la vendita del prodotto non avveniva in botti di legno bensi' in canestri. Linea d'orizzonte fondamentale per il paese e' stato il corso d'acqua del versante meridionale del paese denominato Valle di Pietra affluente di Cava Lordieri, che per la sua ricchezza in quantita' di acque superficiali ha permesso in passato la diffusione di parecchi mulini utilizzati per la coltivazione del grano proveniente in special modo dalla contrada Contessa. I vari caratteri sopradescritti, riflettono una tipologia contadina poco residente sui luoghi di abitazione, bensi' organizzata per provvedere alle operazioni agricole nel tempo che restava libero al contadino occupato altrove da lavori a giornata. Infatti la popolazione agricola buscemese e' stata da sempre migrante, identificata dai cosiddetti "jurnatari" che svolgevano gran parte del lavoro dietro pagamento "a giornata" nei grandi latifondi cerealicoli della Piana di Catania. Infatti a conferma di cio', il catanese e' stata per i buscemesi la principale area di gravitazione lavorativa e commerciale, mentre la coltivazione agricola praticata nei pressi del paese veniva svolta dalle donne, dagli anziani e dai bambini, molto di piu' che dagli uomini impegnati altrove. D'altra parte vi sono altre coltivazioni tipicamente affidate alle donne di Buscemi ed al suo artigianato, ad esempio vi si coltivava la canapa in riva al fiume che veniva poi lavorata sul posto, mentre, invece, tipica coltivazione di Palazzolo era il lino, prodotto piu' pregiato richiesto da un ceto sociale piu' abbiente. L'indirizzo agricolo oggi prevalente a Buscemi consiste nella coltivazione dell'olivo, del mandorlo e del grano; colture queste, tipiche di situazioni orografiche di declivio collinare e di assenza di apporti idrici, seppure marginalmente e' mantenuta anche una tradizionale pastorizia di tipo non stanziale, che preferisce produrre formaggio (pecorino) per soli sei mesi all'anno anziche' ricorrere a tecniche di allattamento artificiale degli agnelli. La zona della collina interna, della provincia di Siracusa, si identifica soprattutto con lacoltivazione dell'olivo il un'area compresa fra Sortino, Buccheri, Buscemi, Cassaro, Ferla e Palazzolo Acreide. L'eta' degli impianti risale all'inizio del secolo, e la produzione e' diretta all'oleificazione. La forma di allevamento piu' utilizzata a Buscemi e' quella a terrazza o a gradoni, la migliore per sfruttare le pendici scoscese collinari, mentre la conduzione aziendale odierna piu' diffusa e' la piccola proprieta' coltivatrice. L'agricoltura buscemese, molto povera, ci ha lasciato tracce significative sia nel paesaggio immediatamente circostante il paese, con i suoi numerosissimi muretti a secco per la coltivazione della vite, che nella sua periferia nell'antica zona delle "grotte", che all'interno delle sue abitazioni, con i palmenti e gli altri luoghi di lavoro, quali frantoi e mulini e merita, dunque, un piu' attento studio ed approfondimento delle sue origini. Considerato che il centro abitato di Buscemi, come si presenta oggi, riflette la ricostruzione postterremoto 1693. Gli assi principali, la piazza, i palazzi nobiliari, le chiese danno l'impronta gerarchica del paese; tutte le case del ceto agiato si rispecchiano sui due assi portanti, corso Vittorio Emanuele e via P. Umberto. Il paese e' raggomitolato sull'altura del monte e rispecchia la struttura dei centri abitati delle zone montane dove la necessita' primaria e' di sfruttare al massimo il territorio, cercando di ricavare il nucleo abitativo nel minimo spazio per assicurarsi la fruizione agricola del territorio circostante che si sviluppa in pendio. L'economia agricola basata un tempo sulla coltura della vite e' testimoniata dalla presenza di palmenti all'interno dei palazzi del centro abitato postterremoto, struttura di lavoro inglobata nell'unita' abitativa legata al diradarsi negli alti iblei della masseria di tipo siracusano con grande atrio e piu' luoghi di lavoro attorno. La presenza di questi luoghi di lavoro all'interno delle case richiama ancora la conformazione del territorio montano e la necessita' di espletare il lavoro in uno spazio ridotto per lasciarne uno piu' ampio alle colture. Da qui deriva la presenza continua del massaro e del contadino nel centro abitato, che si sposta nei campi, ma che ritorna nel centro per lavorare il prodotto agricolo. Accanto alle aree dei palazzi borghesi si snodano le aree subalterne caratterizzate dai tipi cellulari seriali a uno o due piani con scala interna o esterna a lato corto sulla strada. L'impronta abitativa rurale tipica dell'economia del centro agricolopastorale resta nella fascia esterna del paese interessata da un continuo spopolamento che, iniziato dopo il terremoto del 1693, continua ancora oggi verso il nord del centro abitato, nella fascia di nuova espansione edilizia. Nella parte occidentale interessante e' la struttura delle case contadine piu' semplici, di cui si trova un esempio nella "Casa ru iurnaturu", abitazione monocellulare all'estremita' della quale viene ricavata l'alcova, in alto un solaio, all'ingresso lo spazio per gli animali. Queste piccole strutture abitative sono sottolineate da chiavi, chiavistelli e serrature, testimonianze di un artigianato in ferro battuto oggi scomparso e validamente custodito nella "Casa del fabbro", ancora uno dei luoghi di lavoro dell'itinerario antropologico di Buscemi che cerca di tramandare la memoria del passato, ricostruendone vari aspetti in un momento di dominio del terziario e di crisi postindustrializzazione, responsabili del declino delle attivita' economiche tradizionali e dello spopolamento dei centri urbani. Interessante e' la struttura dei comignoli di queste case contadine che sono costituiti da colonnine di pietra locale sormontate da pietra lavica. Un'altra fascia abitativa di Buscemi, oggi abbandonata e sicuramente da rivalutare, e' quella prospiciente gli horti suburbani dove le abitazioni troglodite testimoniano un antico sfruttamento abitativo ed economico della zona anteriormente al terremoto del 1693 dovuto alla presenza dell'acqua e alla possibilita' di sfruttare il terreno dei terrazzamenti prospicienti le case. L'utilizzo odierno di queste abitazioni continua in alcune con le "mandre" che rispecchiano l'economia pastorale del luogo e si riscontrano anche nel territorio circostante. Si utilizzano le antiche grotte come riparo naturale per gli animali costruendovi nello spazio circostante dei recinti in pietra. Una tutela conservativa ed una edilizia mirata al rispetto delle strutture abitative di questo centro degli alti Iblei sarebbero auspicabili prima che questi esempi di architettura locale legati alla storia del centro abitato siano del tutto cancellati da ulteriori costruzioni edilizie che annullano i segni del suo passato. Lungo il centro abitato di Buscemi l'itinerario "etnoantropologico", che racchiude gli aspetti tipici dell'economia agropastorale, cerca di tutelare tutte quelle manifestazioni artigianali e produttive che hanno caratterizzato l'economia locale. La casa ru iurnaturu, la casa ru massaro, la bottega del fabbro, il palmento e il frantoio dislocati lungo il centro abitato con gli oggetti che conservano e con la sistemazione degli ambienti, frutto dell'opera di persone che cercano di fare sopravvivere le tradizioni, permettono un traind'union tra generazioni per la memoria, la conoscenza e la divulgazione di oggetti e forme di lavoro oggi parzialmente caduti in disuso, ma che costituiscono il patrimonio culturale dal quale si e' partiti; Considerato che il precitato verbale e' stato redatto con la massima scrupolosita', avendo la commissione delle bellezze naturali e panoramiche effettuato un sopralluogo, utile alla osservazione del sito tutelando, ed uno studio archivistico (tra tutti i testi consultati: "Buscemi prima e dopo il terremoto del 1693" - Lidia Messina Turibio - 1995), volto ad identificare il sito primitivo dell'insediamento di Buscemi, nei periodi pre epost terremoto, acquisendo cosi' la certezza di essere di fronte ad un ambiente singolarissimo che presenta tutti i requisiti per essere oggetto di una studiata e corretta tutela che consentira' alla comunita' di Buscemi di trarre grandi vantaggi dalla valorizzazione del suo centro urbano. Grandi vantaggi ha prodotto la conoscenza dei contratti di compravendita delle case, ricavati dagli atti dei notai di Buscemi dal 1572, i quali, indicando i quartieri dove queste costruzioni ricadevano, hanno consentito di tracciare il perimetro dell'antico abitato di Buscemi, quindi di procedere alla valutazione dei danni avvenuti al momento del sisma del 1693, ed infine avanzare alcune ipotesi sui criteri di ricostruzione che furono applicati subito dopo il terremoto. Ad esempio il quartiere di S. Sebastiano e' stato fissato nell'area circostante alla fonte Caliro posta sulla base delle pendici del colle avvalendosi delle seguenti indicazioni: "contrada S. Sebastiano appresso a la fontana lu caliru" (doc. 1.8); "contrada di costa supra Sambastiano" (doc. 1.9); "contrada di lo valluni appresso lu hospitali sutta la ecclesia Sambastiano" (doc. 1.10); "contrada di lu valluni sutta Sambastiano" (doc. 1.11); "contrada supra Sambastiano, sutta lo Trappeto" (doc. 1.12). Altrettanto significativi si sono rivelati altri documenti contenenti precisi riferimenti circa il luogo dove era ubicata l'antica chiesa madre (doc. 42/45). In particolare, si segnala l'atto di fondazione del convento di S. Francesco del 1707 (doc. II.201/210), in cui il principe Francesco Requiesenz, quale feudatario di Buscemi, assegno' per l'identificazione del convento "... locum matricis ecclesiae di rutae totunque terrenum quod circundat dictus locus nominatus lo Monte..." (doc. II.201). I ruderi di questo convento costruito parecchi anni dopo sono tutt'ora visibili in contrada Monte (doc. II.206/210). Come si puo' osservare attraverso questo minuzioso lavoro di ricostruzione e' stato possibile stabilire che l'antico paese comprendeva la collinetta denominata Monte, dove erano ubicate la chiesa Madre e il castello, la vallata sottostante denominata Caliro o Caliscio e le falde del costone a nord del vallone denominato Coste. Alcuni quartieri ricadevano in prossimita' delle fonti: Fontana Grande, Caliro e Milluzza, altre nelle aree circostanti le chiese. Delimitavano il vecchio centro le attuali chiese di S. Antonio di Padova e di S. Maria Annunziata con l'annesso convento di S. Domenico divenuto, poi, del Carmine, mentre la chiesa di S. Sebastiano era posta sulle basse pendici del colle, nella vicina piazza si trovava la chiesa di S. Bartolomeo che nel 1577 venne ceduta al convento di S. Francesco (doc. I.96). Per quanto riguarda i quartieri di S. Leonardo e di S. Maria d'Itria, poiche' e' scomparsa ogni traccia di queste chiese, anche nella memoria storica della gente del luogo non e' stato possibile darne l'esatta ubicazione. Si puo' apprendere soltanto dal registro delloStato delle sezioni del vecchio catasto di Buscemi che il quartiere S. Leonardo fino alla prima meta' del secolo XIX, ricadeva dentro il quartiere della chiesa Madre. Numerose erano anche le vie di collegamento fra i quartieri; si ricordano quelle indicate dai documenti: "strada di S. Antonio, strada sopra la chiesa di S. Maria d'Itria, strada sopra la chiesa di S. Leonardo, strada sopra la piazza, strada che congiunge la piazza con la chiesa di S. Maria Annunziata". Tracce di alcune di queste viuzze esistono ancora nella parte sud e sudovest del paese ancora oggi abitate. Rilevato che sono state prodotte ritualmente n. 184 opposizioni corredate da una relazione comune del comitato infrascritto, oltre a n. 107 osservazioni (schede di reclamo) avverso il vincolo de quo: Comitato per la difesa dei diritti dei cittadini di Buscemi (relazione di accompagnamento a n. 184 opposizioni di privati cittadini): 1) un appunto e' doveroso muovere a chi ha impostato tutto il lavoro circa il fatto, rilevante ed indicativo, di come si voglia imporre ad un'intera popolazione un vincolo in barba ai piu' elementari principi della pratica democratica, senza considerare la difficile gestazione del piano regolatore generale il cui schema di massima, in data 10 novembre 1995, ha avuto l'approvazione del Co.Re.Co. La Soprintendenza non si e' interessata delle zone meritevoli di tutela individuate come "costruzioni da inserire in zona A". La Soprintendenza in sovrapposizione ha realizzato la proposta di vincolo che vanifica gli sforzi compiuti dai progettisti del piano e dal consiglio comunale per ammodernare e, contemporaneamente, conservare il centro abitato di Buscemi; 2) e' priva di fondamento l'affermazione del soprintendente secondo il quale "... il problema della tutela di Buscemi presenta carattere di particolare urgenza ed attualita' dal momento che risulta in fase di elaborazione il piano regolatore comunale che contempla la possibilita' di destinare, con irreversibili alterazioni dell'attuale skyline del centro, la zona sottostante al castello a espansione edilizia residenziale.", mentre nell'attuale programma di fabbricazione la zona attorno al castello, precedentemente inserita in zona C, e' stata riqualificata inserendola in zona A1 (zona archeologica). Si precisa, inoltre, che i lavori di consolidamento del costone roccioso sono stati eseguiti a cura dell'ufficio del genio civile di Siracusa senza i rischi paventati dalla Soprintendenza di Siracusa bensi' inseriti in un piu' vasto programma di urbanizzazione di fondo valle; 3) dall'ampia documentazione si evidenzia come non sia rispondente al vero l'affermazione che "... caretteri prevalenti del centro urbano sono quelli tipici del borgo rurale di fondazione feudale ..." A parte il fatto lapidario che i valvassori e i valvassini sono ormai figure tipiche solo delle pagine scolastiche e' evidente e documentabile che le abitazioni buscemesi, per loro buona fortuna sono rifornite di impianti idricofognari dotate di luce, telefono, fax e apparecchiature di estrema avanguardia. La "scenografia urbana barocca" non si configura nel paesaggio di Buscemi se non per lo svettare delle due chiese settecentesche (chiesa Madre e chiesa di S. Antonio) ai due punti opposti del paese; tutto il resto era fino agli anni quaranta un susseguirsi di umili casupole costruite con estrema semplicita', con materiali poveri, da maestranze del posto, senza alcun influsso della scuola barocca che tanti splendidi monumenti conserva in quel di Noto. L'imposizione di questo vincolo risulta oggi tardiva visto che la legge, risalente al 1939 non potrebbe oggi salvaguardare un patrimonio edilizio antico seppur misero, dal momento che ben poco resta di tanta miseria: le costruzioni risultano ristrutturate se non ricostruite nella percentuale molto alta del 70%, e solo qualche zona della cittadina e' meritevole di essere dichiarata antica e quindi suscettibile di vincolo di tutela, come bene ha indicato il consiglio comunale. A riprova di quanto affermato, l'ampia documentazione catastale disponibile, la rendita media catastale delle abitazioni di Buscemi, il numero di licenze e concessioni edilizie rilasciate dal comune di Buscemi negli ultimi quarant'anni attestano di una situazione in continua evoluzione, di un tessuto urbano che nell'ultimo cinquantennio si e' profondamente trasformato; 4) quando nella relazione della soprintendenza si afferma che "... lo stato di buona conservazione dei valori paesaggistici, architettonici, urbanistici, archeologici, etnoantropologici ed agricoli locali, sono alla base della recente promozione turistica di Buscemi meglio conosciuta attraverso la mostra svolta negli anni scorsi, sui luoghi di lavoro..." si tende ad esagerare una realta' composta di piccole costruzioni, disabitate perche' abbandonate dai proprietari, che la lodevole iniziativa di un gruppo di giovani ha reso visitabili, attrezzandole con gli arnesi e gli attrezzi, ormai in disuso, della quotidianita' di una volta, reperiti con la difficolta' derivante dal loro esiguo valore collezionistico. Questa mostra itinerante, validissima per la riscoperta delle origini, per la valorizzazione dell'antico, potrebbe essere riproposta nel caso in cui, individuata una zona da sottoporre a tutela, tali luoghi fossero ricostruiti nella loro sede naturale e raggruppati in un unico quartiere. Invece, il turista che vuole visitare tali "luoghi di lavoro contadino" deve essere guidato per ogni parte del paese, da un "luogo" all'altro con evidente disagio fisico e mentale, dovendo muoversi da una "casa antica" all'altra, attraversando strade dalle caratteristiche ultra moderne; 5) nella relazione della soprintendenza, la' dove vengono trattati gli aspetti archeologici, e' faziosa l'affermazione dell'ultimo capoverso che censura l'opera di canalizzazione delle acque sorgive effettuata sull'ultimo filare di grottoni che, da piccolo viottolo serpeggiante sull'orlo di uno stretto terrazzo, si e' trasformato in collettore di defluizione. Le finalita' di detta opera erano quelle di dotare Buscemi di un collettore fognante che ha il compito di convogliare verso il depuratore comunale del fondo valle, tutte le condutture della rete fognante cittadina, per la alvaguardia della salute dei cittadini e per la salvaguardia della "Valle di Pietra" che tanto sta a cuore alla cittadinanza, cosi' come alla soprintendenza. Fino a quindici anni fa, tutte le fognature di Buscemi arrivavano fino al costone che si erge a sud dell'abitato e da li' sfociavano a cielo aperto in tanti rigagnoli che andavano ad ingrossare le acque sorgive di detto costone, formando un torrentello che costituisce poi il Fosso Lordieri; 6) alla fine del paragrafo riguardante gli aspetti geologici della relazione si fa cenno ad "... un singolare e suggestivo scorcio paesaggistico cui si affaccia il paese di Buscemi e che fa parte integrante della sua storia". Tale zona non risulta minimamente minacciata da eventuali "urbanizzazioni selvagge" o da altri incombenti pericoli che non siano l'abbandono del territorio o il fuoco che si erge maestoso nella calura estiva a bruciare tutte le sterpaglie che nascono incontrollate, data la mancanza di quelle opere agricole e di coltura cui si riferisce la relazione. Tale zona ricade anch'essa nella parte che il redigendo piano regolatore generale destina a zona protetta, confermando con cio' la necessita' di una effettiva tutela del paesaggio e della natura, senza tuttavia inghiottire quelle aree che abbiano inconsistente valenza paesaggistica. E' opportuno salvaguardare il paesaggio di Buscemi, ma nel rispetto della realta' attuale e delle esigenze di chi rimane a vivere nel paese; 7) resta un forte dubbio sulla localizzazione dell'antica piazza centrale, indicata nella relazione, alla confluenza tra le vie Risorgimento, Principe Umberto e Garibaldi. Tenuto conto che il termine piazza, in gergo buscemese sta per piano, non si vede come potesse essere considerata piana una superficie sulla quale confluiscono strade a diversa pendenza, come facilmente rilevabile da un sopralluogo. Tale localizzazione sembra arbitraria e non supportata da prove certe, o comunque, determinanti; 8) a conclusione della relazione l'affermazione che cosi' recita: "...interessante e' la struttura dei comignoli di queste case contadine che sono costituiti da colonnine di pietra locale sormontate da pietra lavica" appare faziosa, dal momento che non si vede quale interesse possa destare un lavoro artigianale povero dal punto di vista artistico e poco utile perche' non convoglia adeguatamente il fumo proveniente dai focolari. I comignoli antichi (pochissimi, comunque) che si vedono in qualche tetto sono realizzati con quattro lastre di pietra calcarea disposte a rettangolo e sormontate da un'altra lastra orizzontale, in una conformazione che nulla ha di caratteristico o di singolare, ma che richiama alla mente soltanto l'ingegno umano nella realizzazione del massimo utile con il minimo dispendio di risorse, tanto piu' che la maestranza impiegata nella ricostruzione post -terremoto era costituita da semplici artigiani del posto che ripristinavano le opere danneggiate con semplici e rudimentali ricostruzioni. La deduzione logica e' che, se si eccettuano gli edifici religiosi e i palazzi nobiliari, nella ricostruzione post terremoto di Buscemi c'e' molto poco barocco perche' forte era l'esigenza di ricostruirsi un tetto sotto cui potere abitare e vivere una vita piu' possibile dignitosa. Se le inesattezze contenute nella relazione dovranno servire per imporre ad un'intera comunita' un vincolo generalizzato che creera' difficolta' e lungaggini burocratiche, non si sara' reso un buon servigio ne' alla comumta' di questo paese montano, ne' alla memoria delle sue vestigia storiche. Viste le controdeduzioni della soprintendenza di Siracusa (nota n. 5577 del 29 luglio 1996), che con riferimento al merito delle argomentazioni opposte alla proposta di vincolo del centro urbano di Buscemi ritengono errato il presupposto iniziale, ossia l'assenza di riferimento normativo che supporta giuridicamente la proposta del vincolo paesaggistico. Queste conclusioni debbono senza meno condividersi. La commissione delle bellezze naturali, infatti, ha proposto all'assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali, nell'ambito delle proprie competenze istituzionali, l'assoggettamento a vincolo paesaggistico di un'area, in applicazione della legge n. 1497 / 39, poiche' il paesaggio e' riconosciuto patrimonio di interesse collettivo gia' nella stessa Carta Costituzionale che all'art. 9 recita: "La Repubblica tutela il paesaggio". Un'autorevole dottrina include nella definizione di paesaggio non soltanto il paesaggio naturale, agricolo o di belvedere, ma anche il paesaggio urbano, poiche' insieme di elementi tra di loro in relazione dinamica, soggetta a continue trasformazioni ad opera sia delle leggi naturali che antropiche. Paesaggio come processo, dunque, creativo continuo, incapace di essere configurato come realta' immobile, statica, bensi' forma dell'intero paese soggetto alla dinamica dei processi viventi, biotici ed abiotici. In tal senso, e' compito degli organi competenti provvedere alla sua tutela, accompagnandone gli inevitabili processi di trasformazione. La legge sulla protezione delle bellezze naturali ha specificato che il sistema cautelare in essa contenuto, completamente, ed esclusivamente affidato all'amministrazione dei beni culturali, presuppone come motivo della tutela giuridica dei beni stessi, l'interesse pubblico, nonche' la presenza di valori estetici, ambientali, architettonici, urbanistici e tradizionali, ossia del paesaggio. Nel caso del centro urbano di Buscemi, risultano con evidenza, contemporaneamente presenti ed ancora ben riconoscibili, nonostante le trasformazioni avvenute, tutti quei valori culturali che, descritti nel verbale della commissione, si intende tutelare attraverso lo strumento legislativo della legge n. 1497/39. Si ribadisce infatti che, nel caso di un centro urbano in cui a causa della sua crescita demografica od in assenza di pianificazione urbanistica, si ravvisi una distribuzione di beni paesaggistici localizzati "a macchia di leopardo", verrebbe conseguentemente prescelto quale strumento di tutela la zonizzazione delpatrimonio attraverso l'emanazione di vincoli sulle singole cose di interesse storico - artistico, come previsto dalla legge n. 1089/39; nel caso di Buscemi invece, poiche' l'intero centro urbano, compreso nell'antico perimetro di fondazione, costituisce un patrimonio collettivo meritevole di tutela, e' conseguenziale confermare quale strumento normativo la legge n. 1497/39. La commissione provinciale delle bellezze naturali in tal senso, nell'ambito delle procedure previste dalla legge, ha deliberato la proposta di vincolo paesaggistico di Buscemi, sulla base della relazione approntata dalla soprintendenza, premurandosi di preferire gli aspetti legati all'obiettivo di limitare la perimetrazione del vincolo a condizione di una corretta individuazione della prevista zona di espansione edilizia, che infatti risulta esclusa dalla proposta, nel rispetto delle competenze affidate ai comuni ed all'amministrazione dei beni culturali ed ambientali, non interferendo nel merito dello sviluppo furo indicato nello strumento urbanistico vigente. E', peraltro, stato confermato il perimetro prescelto, le cui motivazioni sono chiaramente indicate nella proposta di vincolo, anche nel caso dell'acquisizione della proposta di nuovo P.R.G. che, in ogni caso, esaminato in sede di C.R.U., sara' esaminato dal soprintendente in tempi successivi. Si vuole precisare che il vincolo paesaggistico opera in virtu' di criteri di compatibilita' paesaggistica con il territorio e non di musealizzazione di un paesaggio, proprio in virtu' della definizione dinamica di paesaggio. La proposta non riporta infatti condizioni prescrittive prefiguranti una maniera univoca di intervento nel tessuto urbano, proprio perche' essa non e' in alcun modo, assimilabile alla perimetrazione di una zona A di piano regolatore; pertanto, le preoccupazioni di musealizzazione avanzate appaiono frutto di ingiustificato allarmismo e di una disinformazione diffusa, anziche' di una corretta lettura della normativa. Deve, inoltre, precisarsi che l'interesse pubblico relativo alla bellezza naturale e panoramica, di cui all'art. 1, n. 3 e 4, della legge n. 1497 /39, acquista rilevanza con l'inclusione del bene stesso nell'elenco compilato dalla commissione; nel momento in cui tale giudizio e' reso noto al pubblico, il bene stesso deve ritenersi vincolato per i proprietari, in quanto la presentazione di opposizioni fa parte di un procedimento che concorre al progressivo consolidamento del vincolo (o, ugualmente, alla sua eliminazione), ma il vincolo sorge con la pubblicazione all'albo pretorio del comune. L'atto amministrativo emanato dall'assessore regionale per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione conferma in modo definitivo gli obiettivi di tutela del paesaggio del centro urbano di Buscemi e, aconclusione del previsto iter procedurale, una volta accolte o respinte tutte le opposizioni, assoggetta a vincolo paesaggistico il territorio sotteso dal perimetro individuato. Si presuppone erroneamente che la proposta di vincolo debba essere concertata tra piu' soggetti, ritenendo inoltre che, nell'ambito dell'attivita' di programmazione del territorio, il comune risulti essere l'unico ente competente preposto, con cio' volutamente ignorando il sistema di controllo e coordinamento degli enti regionali rispetto agli enti locali: anche se la gestione amministrativa attuale della pianificazione urbanistica appare assai in ritardo, non avendo la regione predisposto il piano territoriale di coordinamento, cio' non esclude che sia previsto e dovuto quale compito istituzionale dell'assessorato regionale del territorio e dell'ambiente. Allo stesso modo, questo assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali e' competente a predisporre il piano paesistico regionale, le cui linee guida risultano gia' pubblicate, che, coordinandosi al piano territoriale di coordinamento, costituisce il livello superiore di una scala gerarchica di pianificazione del territorio, da cui discendono interventi corretti relativamente all'uso ed alla gestione del paesaggio a scala comunale. Considerato che, relativamente ai 107 reclami presentati irritualmente da altrettanti cittadini, e anch'essi accompagnati da una relazione comune redatta dal comitato per la difesa dei diritti dei cittadini di Buscemi, che, presentati in data 1 ottobre 1996, ribadiscono nella sostanza quanto precedentemente esposto in sede di opposizioni, si ritiene di doverli esaminare, anche se inoltrati in difformita' dall'art. 3 della legge n. 1497/39. Vista, al riguardo, la nota n. 1729 dell'11 marzo 1997 della competente soprintendenza, si rileva quanto segue: 1) il comitato indica le ragioni della necessita' della tutela nello stato di degrado del centro urbano, nel disinteresse dimostrato in occasione del sisma, che nel dicembre 1990 aveva colpito Buscemi; nello stato comatoso dell'economia locale e nella lettura della curva demografica, tutta volta al negativo con un saldo passivo di 1.500 abitanti in 70 anni e con un processo di delocalizzazione attivissima proprio negli ultimi anni. Da tale analisi emerge la mancanza di servizi, di terziario di esercizi per la ristorazione posti letto per turisti e persino di impianti di rifornimento di benzina; cio' nonostante si ipotizza la necessita' di un'impressionante attivita' edilizia raffigurante nel programma di fabbricazione da una vastissima area di espansione realizzata proprio grazie alle rimesse degli emigranti, che hanno preferito una nuova casa di modello teutonico al recupero delle antiche abitazioni per le quali si ipotizza una sola soluzione: la demolizione| 2) dove questo non e' stato possibile, si e' provveduto agli "aggiornamenti" necessari quali: serbatoi in materiali resinosi color blu cielo, sostituzione dei rivestimenti delle pareti esposte a nord, prima in coppi ed ora eseguite in cartone ondulato ovvero in lamierino zincato. E' fin troppo ovvio che l'intervento della commissione delle bellezze naturali, attraverso la proposta di vincolo, ha come conseguenza di indirizzare i cittadini a rilocalizzarsi nell'area di sviluppo non compresa nel vincolo, perche' priva di significativo valore paesistico, mentre si auspica per il nucleo dell'edificato storico, il recupero come paese - albergo, viste le favorevoli condizioni climatiche, le buone condizioni sociali, il ricco patrimonio storico, culturale e paesaggistico, il degrado non ancora completato; a cio' non osta il vincolo paesistico anche se occorrerebbero volonta' imprenditoriali che, secondo quanto affermato dallo stesso comitato non sarebbero attive cosi' come inerte, al riguardo, la pubblica amministrazione: il comune non ha predisposto alcun progetto per adire alle fonti di finanziamento quali legge regionale n. 26 /1989 ed altre e ha aderito e solo di recente al Consorzio della Valle dell'Anapo, che e' stato ammesso alla fase esecutiva di 49 progetti di valorizzazione e tutela del patrimonio endogeno dei comuni coinvolti; 3) entrando nel dettaglio dei contenuti delle singole contestazioni si osserva: il travisamento dei termini amministrativi relativi all'applicazione del regolamento approvato con regio decreto n. 1357 / 40, modificato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 805 / 1975, il quale, all'art. 31, esclude chiaramente la partecipazione del sindaco alle riunioni della commissione provinciale delle bellezze naturali e panoramiche (cfr. T.A.R. Sicilia, I, 5 maggio 1993, n. 412); i ricorrenti contestano la perimetrazione delle aree urbanistiche che non potra' che rimanere invariata nel nuovo piano regolatore: i progettisti del nuovo P.R.G. hanno avuto con funzionari della soprintendenza di Siracusa un incontro per la valutazione del piano, ma, in seguito, nessuna altra notizia e' stata fornita dal comune sul redigendo strumento urbanistico; Considerato che, per quanto sopra espresso, sono da rigettare integralmente tutte le opposizioni e i reclami; Considerato quindi, nel confermare la proposta di vincolo in argomento, di potere accogliere nella loro globalita' le suaccennate motivazioni, sufficienti e congrue, correttamente approfondite dalla relazione tecnica, disegni e stralci planimetrici che formano parte integrante del presente decreto, e per le quali si rimanda al verbale del 10 febbraio1996; Ritenuto pertanto, che, nella specie ricorrono evidenti motivi di pubblico interesse che suggeriscono l'opportunita' di sottoporre a vincolo paesaggistico l'intero centro urbano di Buscemi, in conformita' alla proposta del 10 febbraio 1996, verbalizzata dalla commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Siracusa; Rilevato che l'apposizione del vincolo comporta soltanto l'obbligo per i proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, degli immobili ricadenti nella zona vincolata, di presentare alla competente Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali, per la preventiva autorizzazione, qualsiasi progetto di opere che possa modificare l'aspetto esteriore della zona stessa; Decreta: Art. 1. Per le motivazioni espresse in premessa, l'area descritta nel verbale del 10 febbraio 1996 della commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Siracusa e delimitata, con pallinato colore nero, nelle planimetrie allegate che formano parte integrante del presente decreto e' dichiarata di notevole interesse pubblico, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1, numeri 3 e 4, della legge 29 giugno 1939, n. 1497 e dell'art. 9, numeri 4 e 5, del relativo regolamento di esecuzione, approvato con regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357.