Alle Direzioni regionali delle entrate - Loro sedi Agli Uffici distrettuali delle imposte dirette Ai centri di servizio di Roma - Milano - Bari - Pescara - Venezia - Bologna - Genova - Palermo - Torino - Salerno - Trento Alle Direzioni centrali del Dipartimento delle entrate Alla direzione generale degli affari generali e del personale Al Dipartimento del territorio Al segretariato generale Ai Ministeri Alla ragioneria generale dello Stato Alle ragionerie provinciali dello Stato Alle direzioni provinciali del tesoro Alla Corte dei conti Alla Presidenza del consiglio dei Ministri Al servizio centrale degli ispettori tributari Agli uffici centrali del bilancio presso i Ministeri Al Comando generale della Guardia di finanza All'Associazione nazionale comuni d'Italia - A.N.C.I. All'Associazione fra le societa' italiane per azioni - Assonime All'Associazione bancaria italiana All'Assogestioni All'Assofiduciaria All'Assosim All'Acri Alla Federcasse Alla Confederazione cooperative italiane Alla Confederazione generale artigianato - Confartigianato Alla Confederazione nazionale italiana dell'artigianato - CNA Alla Confederazione italiana del commercio Al Consiglio nazionale del notariato Al Consiglio nazionale dell'ordine degli avvocati e procuratori Al Consiglio nazionale del collegio dei ragionieri e periti commerciali All'Unione petrolifera Premessa Nella Gazzetta Ufficiale n. 2 del 3 gennaio 1998 e' stato pubblicato il decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, concernente il riordino della disciplina tributaria dei redditi di capitale e dei redditi diversi. Tale normativa e' stata emanata - come specificato nella stessa titolazione del provvedimento in oggetto - sulla base della delega contenuta nell'art. 3, comma 160, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, le cui linee generali possono riassumersi nei seguenti punti: A) revisione della disciplina dei redditi di capitale e diversi sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi: a.1) definizione delle categorie dei redditi di capitale e dei redditi diversi secondo una nozione economico-strutturale, in luogo di una definizione strettamente giuridico-formale di esse. In base alla predetta delega, la definizione di reddito di capitale non deve piu' ripetere necessariamente la nozione civilistica di frutto civile, ma puo' solo poggiare su di essa, riprendendo i caratteri strutturali della categoria civilistica di frutto civile, definendo cioe' come redditi di capitale quei proventi che derivano da un impiego di capitale secondo uno schema produttivo analogo a quello civilistico di frutto. Tale scelta comporta necessariamente l'introduzione di norme di chiusura nella categoria dei redditi diversi, con funzione di eliminare forme di elusione e, ove necessario, di definirne la categoria in contrapposizione con quella dei redditi di capitale; a.2) revisione delle singole fattispecie di reddito di capitale previste dall'attuale articolo 41 del TUIR al fine di meglio definire il contenuto di ciascuna di esse in conformita' alla definizione generale della categoria come sopra indicata e, dunque, in base a una nozione economico-strutturale e non necessariamente giuridico-formale delle singole ipotesi reddituali; a.3) tassazione delle plusvalenze derivanti da qualunque forma di cessione di partecipazione in societa' o enti, residenti o non residenti; a.4) estensione dell'imposizione alle plusvalenze derivanti dalla cessione di ogni altro valore mobiliare, di valute e di metalli preziosi; a.5) estensione dell'imposizione ai proventi, redditi o differenziali derivanti dai nuovi strumenti finanziari, sia traslativi che non traslativi, sia con che senza attivita' sottostanti; a.6) introduzione, entro limiti di tempo e d'importo prestabiliti, di franchigie per le plusvalenze derivanti da cessioni di valute ed eventualmente di obbligazioni, onde evitare l'assoggettamento a imposizione di operazioni non significative; a.7) distinta definizione delle basi imponibili per i redditi di capitale e i redditi diversi di natura finanziaria (guadagni di capitale), prevedendosi la conferma, per i redditi di capitale, della tassazione al lordo e, per i redditi diversi (guadagni di capitale), della tassazione al netto delle spese di produzione del reddito, nonche' delle eventuali minusvalenze o perdite realizzate; B) distinzione, agli effetti della dichiarazione e del regime impositivo, delle plusvalenze e degli altri redditi diversi (guadagni di capitale) in due categorie: la prima comprendente le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate, individuate sia in ragione del diritto di voto sia in ragione dell'entita' della partecipazione; la seconda comprendente gli altri guadagni di capitale. Da tale distinzione derivano due "masse" in cui confluiscono separatamente tutte le plusvalenze, le minusvalenze e le perdite realizzate nell'anno. L'eventuale eccedenza delle minusvalenze o delle perdite rispetto alle plusvalenze realizzate puo' essere, sempre distintamente per le due "masse" sopra indicate, portata in deduzione dalle plusvalenze della stessa specie realizzate negli anni successivi, ma non oltre il quarto; C) previsione, sempre distintamente per le due "masse", di forme di imposizione sostitutiva per le plusvalenze nette realizzate nell'anno, applicando aliquote piu' elevate alle plusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni qualificate. Per quanto concerne, invece, le altre plusvalenze o guadagni di capitale, previsione della possibilita' di optare per una imposizione "a monte", senza obbligo di successiva dichiarazione, a condizione di avvalersi di intermediari autorizzati chiamati ad applicare l'imposta sostitutiva su ciascuna plusvalenza realizzata. Tale facolta' di opzione puo' essere concessa solo a certe condizioni volte ad evitare abusi quale in particolare la stabilita' del rapporto con l'intermediario incaricato del prelievo dell'imposta sostitutiva; D) con riferimento ai redditi della seconda "massa", previsione della possibilita' di optare per una forma di tassazione "a monte" nel caso di patrimoni affidati in gestione ai soggetti di cui alla legge 23 luglio 1996, n. 415, con applicazione della stessa imposta sostitutiva prevista nel precedente punto C) sui risultati netti maturati in ciascun periodo d'imposta. Previsione, anche nell'ambito di tale disciplina opzionale, della possibilita' di compensare i risultati negativi di un periodo d'imposta con quelli positivi dei successivi periodi, ovviamente non oltre il quarto; E) possibilita' di rendere compatibile il regime di tassazione sui redditi maturati di cui al precedente punto D) con la tassazione sui redditi realizzati di cui al precedente punto C). A tal fine sono previsti dei meccanismi correttivi di equivalenza (cosiddetto "equalizzatore")' tra i due momenti impositivi. Tali meccanismi vanno introdotti a carico dei redditi tassati in base al realizzo; F) estensione, per ovvie ragioni perequative, del regime di cui al punto D) agli organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari, con conseguente abolizione della disciplina "patrimoniale" attualmente vigente; G) revisione delle aliquote delle ritenute sui redditi di capitale e della imposizione sostitutiva sui redditi diversi secondo i seguenti criteri direttivi: g.1) per quanto concerne le ritenute sui redditi di capitale, previsione di aliquote comprese tra un minimo del 12,50 per cento ed un massimo del 27 per cento, anche ai fini di un loro accorpamento; g.2) differenziazione tra aliquote minima e massima in ragione della qualita' del reddito, nel rispetto dei principi costituzionali in materia di tutela del risparmio (art. 47 della Costituzione), favorendo gli investimenti a piu' lungo termine e i prodotti finanziari oggetto di offerta al pubblico; g.3) applicazione della ritenuta a titolo d'imposta sui redditi di capitale solo nei confronti dei soggetti (persone fisiche o meno) non esercenti imprese commerciali e dei soggetti non residenti; g.4) applicazione delle medesime aliquote per le imposte sostitutive di cui al precedente punto C) e, in particolare, dell'aliquota piu' elevata sulle plusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni qualificate e di quella minore su tutti gli altri guadagni di capitale, ivi compresi quelli conseguiti nelle forme di cui ai precedenti punti D) ed F); g.5) possibilita' per i soggetti non esercenti imprese commerciali di optare per l'applicazione di una ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, nella stessa misura prevista per l'aliquota piu' ridotta (12,50 per cento) sugli utili societari; H) completamento della disciplina attraverso la revisione della normativa sul cosiddetto monitoraggio fiscale, introducendo tutte le modifiche necessarie a realizzare un effettivo controllo dei redditi di capitale e diversi, sia di fonte interna che estera; I) coordinamento della nuova disciplina non solo con la legge 25 marzo 1991, n. 102, concernente la tassazione dei cc.dd. capiral gains - con particolare riguardo alle soluzioni dei problemi di carattere transitorio conseguenti al passaggio tra il nuovo e il precedente regime di tassazione - ma anche con le disposizioni del testo unico delle imposte sui redditi, con il decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, e con il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. In conformita' ai suddetti principi e criteri direttivi, il testo del decreto legislativo n. 461 del 1997 e' stato suddiviso in quattro titoli, riguardanti rispettivamente: ___ | | il titolo 1, la "riforma dei |___| redditi di capitale e dei redditi diversi" (articoli da 1 a 4); ___ | | il titolo II, la "disciplina dell'imposta sostitutiva sui |___| redditi di capitale e sugli altri redditi" (articoli da 5 a11); ___ | | il titolo III, il "riordino delle ritenute e delle imposte |___| sostitutive sui redditi di capitale" (articoli 12 e 13); ___ | | il titolo IV, le "disposizioni finali e transitorie" |___| (articoli da 14 a 16). Nella seduta del Consiglio dei Ministri del 3 giugno 1998 e' stato definitivamente approvato un ulteriore decreto legislativo con il quale, fermo restando l'impianto della riforma operata e l'entrata in vigore delle relative disposizioni, sono state introdotte alcune modifiche al decreto legislativo n. 461 del 1997 volte essenzialmente a: 1. semplificare gli adempimenti degli operatori e dei contribuenti interessati, in particolare per la scelta del regime di tassazione dei rapporti in corso alla data di entrata in vigore della riforma dei redditi di capitale e dei redditi diversi; 2. coordinare le disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 461 del 1997 con quelle contenute in altri provvedimenti con i quali e' stata attuata la riforma fiscale, e in particolare con il decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, per quanto riguarda il sistema delle comunicazioni degli intermediari previsto nel decreto in esame e quello delle dichiarazioni dei redditi, dell'Iva e dei sostituti d'imposta. Con la presente circolare viene illustrata la nuova disciplina dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria al fine di assicurare da parte degli Uffici una uniforme applicazione delle relative disposizioni. Capitolo I DISCIPLINA DEI REDDITI DI CAPITALE. INDIVIDUAZIONE E DETERMINAZIONE 1.1 LE FATTISPECIE COSTITUENTI REDDITI Di CAPITALE 1.1.1 Generalita' Come gia' accennato in premessa, nel fissare i principi e i criteri direttivi cui attenersi in tema di riordino della disciplina dei redditi di capitale, il legislatore delegante ha disposto, tra l'altro, che tale riordino deve essere realizzato mediante "una puntuale definizione delle singole fattispecie di reddito, prevedendo norme di chiusura volte a ricomprendere ogni provento derivante dall'impiego di capitale". La struttura della categoria dei redditi di capitale non ha quindi subito modifiche. Essa continua ad essere articolata in una elencazione di fattispecie tipiche produttive di redditi di capitale, che sono indicate nelle lettere da a) a g-quater) dell'art. 41, comma 1, del TUIR e in una disposizione finale " ... avente funzione definitoria della categoria e di chiusura", la quale e' contenuta nella lettera h) di tale articolo. L'attuazione del suddetto principio ha comunque comportato la revisione dell'elenco delle fattispecie attualmente contemplate dall'art. 41, comma 1, del TUIR e, nel contempo, una riformulazione della disposizione finale. Cio' impone un esame analitico delle singole fattispecie di reddito. 1.1.2 La fattispecie prevista dalla lettera a) del comma 1 dell'art. 41 del TUIR La lettera a) del comma 1 dell'art. 41, nel testo risultante anteriormente alle modifiche operate con il decreto legislativo n. 461 del 1997, stabilisce che sono redditi di capitale gli interessi e gli altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti compresa la differenza tra la somma percepita alla scadenza e quella data a mutuo o in deposito. La modifica apportata a tale disposizione e', esclusivamente di ordine sistematico poiche' e' stato soltanto eliminato il riferimento alla "differenza tra la somma percepita alla scadenza e quella data a mutuo o in deposito" che, essendo relativo alla determinazione della base imponibile, e' stato inserito nel comma 1 dell'art. 42. 1.1.3 La fattispecie prevista dalla lettera b) del comma 1 dell'art. 41 del TUIR La lettera b) del comma 1 dell'art. 41, nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate con il decreto legislativo n. 461 del 1997, stabilisce che sono redditi di capitale gli interessi e gli altri proventi delle obbligazioni e titoli similari e degli altri titoli diversi dalle azioni e titoli similari, compresa la differenza tra la somma percepita o il valore normale dei beni ricevuti alla scadenza e il prezzo di emissione. Anche con riferimento a questa fattispecie va segnalata l'eliminazione del riferimento ai proventi costituiti dalla "differenza tra la somma percepita o il valore normale dei beni ricevuti alla scadenza e il prezzo di emissione" che, essendo anche in questo caso relativo alla determinazione della base imponibile, e' stato inserito nel comma 1 dell'art. 42. La disposizione in esame e' stata modificata anche per includere, tra le fattispecie produttive di redditi di capitale, i "certificati di massa". La modifica ha carattere sistematico e tende a ricomprendere espressamente tra i redditi di capitale i proventi derivanti dai certificati di massa che, ai sensi dell'art. 5 del decreto-legge n. 512 del 1983, convertito dalla legge n. 649 del 1983, sono gia' soggetti ad uno specifico regime di imposizione alla fonte. Si ricorda che i certificati di massa sono documenti offerti in sottoscrizione al pubblico e che, pur essendo rappresentativi di crediti, non costituiscono titoli di credito. Per quanto riguarda, invece, la nozione di "titoli simulari alle obbligazioni" si ricorda che essa, nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate con il decreto legislativo n. 461 del 1997, e' desumibile dall'art. 41, comma 2, del TUIR, cosi' come modificato dall'art. 7, comma 11, del decreto-legge n. 323 del 1996, convertito dalla legge n. 425 del 1996 - che ha abrogato la lettera a) della norma in esame - e dall'art. 2, comma 159, della legge n. 662 del 1996 che ha modificato la lettera c) del comma 2, dello stesso art. 41 del TUIR. In base alla suddetta disposizione si consideravano similari alle obbligazioni; - i buoni fruttiferi emessi da societa' esercenti la vendita a rate di autoveicoli, autorizzate ai sensi dell'articolo 29 del regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510 (art. 41, comma 2, lettera b)); - i titoli in serie o di massa che contengono l'obbligazione incondizionata di pagare alla scadenza una somma non inferiore a quella in essa indicata, con o senza la corresponsione di proventi periodici, e che non attribuiscono ai possessori alcun diritto di partecipazione diretta o indiretta alla gestione dell'impresa emittente o dell'affare in relazione al quale siano stati emessi ne' di controllo sulla gestione stessa. Si tratta di titoli offerti in sottoscrizione al pubblico (art. 41, comma 2, lett. c). l'art. 1, comma 4, del. decreto legislativo n. 461 del 1997 ha sostituito la lettera c) del comma 2 dell'art. 41, eliminando l'espressione "titoli in serie o di massa" e sostituendola con quella "titoli di massa". Non si ritiene che la modifica abbia portata innovativa poiche' la categoria dei titoli in serie non e' diversa da quella dei titoli di massa. Sostanzialmente i due termini, "in serie" e "di massa", sono stati utilizzati come sinonimi per individuare i titoli emessi in notevoli quantita', con caratteri di omogeneita' e in base ad un'unica operazione economica e per contrapporli ai titoli individuali, cosi' denominati perche' emessi per operazioni singole. La modifica quindi e' volta esclusivamente ad individuare con maggior precisione l'ambito di applicazione della norma in esame, che deve considerarsi riferita ai titoli oggettivamente idonei alla circolazione presso il pubblico. Per completezza di trattazione si ricorda che la nozione di titoli similari alle azioni e' individuata dall'art. 41, comma 2, del TUIR la quale precisa che si considerano tali i titoli di partecipazione al capitale di enti, diversi dalle societa', soggetti aii'IRPEG. Tale disposizione non ha subito modifiche. 1.1.4 La fattispecie gia' prevista della lettera b-bis) del comma 1 dell'art. 41 del TUIR Un'ipotesi particolare di reddito di capitale, ricompresa espressamente nell'art. 41 del TUIR, nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate con il decreto legislativo n. 461 del 1997, era quella prevista dalla lettera b-bis) relativa ai proventi derivanti dalle cessioni a termine di obbligazioni e titoli similari, e in particolare da quelli derivanti dalle c.d. operazioni pronti contro termine. Questa fattispecie non era prevista nell'originaria formulazione del TUIR ma era stata in esso inserita successivamente per effetto dell'art. 2, comma 1, del decreto-legge n. 378 del 1992, convertito dalla legge n. 437 del 1992, relativamente ai contratti stipulati a decorrere dal 18 settembre 1992. Ai fini della determinazione della base imponibile, la lettera b-bis) dell'art. 41 distingueva due ipotesi: - la prima riguardava le vere e proprie operazioni pronti contro termine, quelle in cui la cessione a termine e' contestuale alla stipula dell'acquisto a pronti; - la seconda riguardava il caso in cui la cessione a pronti e quella a termine non sono contestuali. In questo secondo caso il legislatore poneva una sorta di presunzione assoluta in base alla quale la cessione a termine si considerava comunque attuata in collegamento con un acquisto a pronti. Nel primo caso la base imponibile era costituita dalla differenza tra il corrispettivo globale della cessione e quello dell'acquisto. Nel secondo caso la base imponibile era costituita dalla differenza tra il corrispettivo globale della cessione e il valore di mercato del titolo alla data della stipula del contratto a termine. Il valore di mercato doveva essere documentato dal venditore; in mancanza i proventi erano determinati in misura pari al 25 per cento su base annua applicato al corrispettivo globale della cessione. Dal corrispettivo globale di cessione erano comunque sottratti i redditi maturati nel periodo di valenza del contratto, soggetti a ritenuta alla fonte o ad imposta sostitutiva, al fine di evitare una doppia tassazione. Tale disposizione e' stata abrogata dal provvedimento di riforma. I proventi derivanti dalle operazioni di pronti contro termine su titoli obbligazionari sono comunque considerati redditi di capitale ai sensi della successiva lettera g-bis), mentre i redditi derivanti dalle operazioni di cessione a termine sono considerati redditi diversi ai sensi della lettera c- ter) del comma 1 dell'art. 81 del TUIR. 1.1.5 La fattispecie prevista dalla lettera c) del comma 1 dell'art. 41 del TUIR Sono redditi di capitale anche le rendite perpetue e le prestazioni annue perpetue di cui agli articoli 1861 e 1869 del codice civile. Tale disposizione non ha subito modifiche. 1.1.6 La fattispecie prevista dalla lettera d) del comma 1 dell'art. 41 del TUIR Un'altra fattispecie di redditi di capitale e' costituita dai compensi derivanti dalla prestazione di fideiussioni o altre garanzie. Tale disposizione non ha subito modifiche. 1.1.7 La fattispecie prevista dalla lettera e) del comma 1 dell'art. 41 del TUIR Sono redditi di capitale anche gli utili derivanti dalla partecipazione in societa' ed enti soggetti all'IRPEG, salvo il disposto della lettera d) del comma 2 dell'art. 49. Ai sensi di quest'ultima disposizione se la partecipazione agli utili spetta ai promotori ed ai soci fondatori di societa' per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilita' limitata, il reddito relativo costituisce un'ipotesi di reddito di lavoro autonomo. Va sottolineato che anche i compensi corrisposti ai lavoratori dipendenti sotto forma di partecipazione agli utili, ai sensi dell'art. 48 del TUIR, nonche' i compensi percepiti entro i limiti dei salari correnti maggiorati del 20 per cento, dai lavoratori soci delle cooperative di cui all'articolo 47, comma 1, lettera a), del TUIR, non costituiscono redditi di capitale, bensi', rispettivamente, redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Tale disposizione non ha subito modifiche. 1.1.8 La fattispecie prevista dalla lettera f) del comma 1 dell'art. 41 del TUIR La lettera f) della disposizione in esame, nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 461 del 1997, stabilisce che costituiscono redditi di capitale anche gli utili derivanti dai contratti di associazione in partecipazione e dai contratti indicati nel primo comma dell'art. 2554 del codice civile, compresa la differenza tra la somma percepita o il valore normale dei beni ricevuti alla scadenza e le somme o il valore normale dei beni apportati, salvo il disposto della lettera c) del comma 2 dell'art. 49. Tale disposizione risulta sostanzialmente immutata essendo stato semplicemente eliminato il riferimento ai proventi costituiti "dalla differenza tra la somma percepita o il valore normale dei beni ricevuti alla scadenza e le somme o il valore normale dei beni apportati" che, in quanto relativo alla determinazione della base imponibile, e' stato inserito nel comma 1 dell'art. 42. 1.1.9 La fattispecie prevista dalla lettera g) del comma 1 dell'art. 41 del TUIR La lettera g) del comma 1 dell'art. 41, nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate con il decreto legislativo n. 461 del 1997, include tra i redditi di capitale gli utili corrisposti ai mandanti o fiducianti e ai loro aventi causa dalle societa' o dagli enti che hanno per oggetto la gestione, nell'interesse, collettivo di pluralita' di soggetti, di masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi o provenienti ai relativi investimenti, compresa la differenza tra l'ammontare ricevuto alla scadenza e quello affidato in gestione. In sostanza, si assoggettano a tassazione come redditi di capitale gli utili derivanti dalle cosiddette gestioni collettive di masse patrimoniali di terzi. Anche in tal caso, il riferimento ai proventi costituiti dalla "differenza tra l'ammontare ricevuto alla scadenza e quello affidato in gestione" e' stato eliminato ed inserito nel comma 1 dell'art. 42. Tale disposizione e' stata riformulata al fine di individuare piu' compiutamente la fattispecie di reddito che si voleva attrarre a tassazione (quella dei proventi derivanti dalla gestione collettiva in monte di masse patrimoniali) prescindendo dalla configurazione civilistica del rapporto intercorrente tra il soggetto gestore ed i soggetti gestiti. Tale riformulazione e' stata operata per evitare che la qualificazione di questi redditi come redditi di capitale possa essere posta in dubbio ogniqualvolta il rapporto non sia configurabile come un rapporto di mandato. La fattispecie impositiva della lettera g) dell'art. 41, comma 1, del Tuir riveste notevole rilievo in quanto l'ipotesi principale di gestione collettiva in monte di masse patrimoniali e' costituita proprio dagli organismi d'investimento collettivo del risparmio. Peraltro, come meglio si vedra' piu' avanti, i redditi derivanti dalla partecipazione agli O.I.C.V.M., di diritto italiano e lussemburghese, non concorrono a formare il reddito complessivo del partecipante in quanto il risultato maturato attraverso la gestione e' assoggettato ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi direttamente in capo alla societa' di gestione. Pertanto, la predetta fattispecie impositiva e' rilevante soprattutto per i proventi derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo di valori mobiliari (O.I.C.V.M.) di diritto estero, diversi da quelli lussemburghesi storici, i quali non potendo essere assoggettati ad imposizione presso la societa' di gestione estera sono assoggettati ad imposizione a carico dei partecipanti. 1.1.10 Le fattispecie prevista dalla lettera g-bis) del comma 1 dell'art. 41 del TUIR La lettera g-bis) e' stata introdotta nel corpo dell'art. 41 dal provvedimento in esame ed ha ad oggetto i proventi derivanti dalle operazioni di pronti contro termine e riporto su titoli e valute. Essa trae, almeno parzialmente, origine da due fattispecie impositive gia' esistenti: quella della succitata lettera b-bis) del comma 1 dell'art. 41 del TUIR e quella della lettera c-ter) del comma 1 dell'art. 81 del medesimo testo unico. La prima di tali due fattispecie riconduceva infatti a tassazione come redditi di capitale i proventi derivanti dalla cessione a termine di obbligazioni e titoli similari non soltanto nel caso in cui la cessione fosse isolata in quanto le obbligazioni non erano state precedentemente acquistate o erano ancora da acquistare, ma anche nel caso in cui la cessione si inquadrava in un'operazione di pronti contro termine in quanto le obbligazioni fossero state acquistate contestualmente alla cessione. La seconda fattispecie impositiva riconduceva, invece, a tassazione tra i redditi diversi le plusvalenze derivanti dalla cessione a termine di valute, nonche' quelle derivanti da contratti che assumono a riferimento valori a termine delle valute per la determinazione del corrispettivo. Anche in questo caso le plusvalenze derivanti dalla cessione a termine delle valute erano tassate come redditi diversi, tanto nel caso in cui la cessione fosse stata posta in essere nel contesto di un'operazione di pronti contro termine, quanto nel caso in cui fosse invece isolata in quanto non fosse stata preceduta o seguita dall'acquisto della valuta. Con l'introduzione della nuova fattispecie impositiva della lettera g-bis) dell'art. 41, comma 1, del TUIR i proventi delle operazioni di pronti contro termine su valute non sono piu' ricondotti a tassazione tra i redditi diversi, ma tra i redditi di capitale, insieme ai proventi delle operazioni di pronti contro termine su obbligazioni e titoli similari. Attraverso le operazioni di pronti contro termine, infatti, le parti non intendono trasferire la proprieta' dei titoli e del denaro ovvero delle valute e delle lire a titolo definitivo, ma soltanto a titolo temporaneo. Pertanto, per i soggetti che non esercitano attivita' di impresa, esse non danno luogo ad una duplice cessione a titolo oneroso, bensi' ad una duplice operazione di impiego di capitale. Per converso, i proventi derivanti dalla cessione a termine di obbligazioni e titoli similari non sono piu' ricondotti a tassazione tra i redditi di capitale, ma, come si vedra', tra i redditi diversi, insieme alle plusvalenze derivanti dalla cessione a termine di valute. La cessione di titoli, anche quando l'esecuzione sia rinviata alla scadenza di un termine futuro, non costituisce una operazione d'impiego del capitale, ma una operazione di cessione a titolo oneroso in quanto comporta pur sempre il trasferimento contro corrispettivo della proprieta' dei titoli. Viceversa le plusvalenze derivanti dai contratti che prendono a riferimento valori a termine delle valute per la determinazione del corrispettivo rimangono tassabili come redditi diversi ma unicamente ai redditi derivanti dagli altri contratti derivati. Pur nascendo dall'accorpamento delle fattispecie impositive della lettera b-bis) dell'art. 41, comma 1, e della lettera c-ter) dell'art. 81 del TUIR la nuova fattispecie impositiva della lettera g-bis) dell'art 41, comma 1, del TUIR, presenta una portata piu' ampia di tali disposizioni in quanto e' volta ad attrarre ad imposizione i proventi delle operazioni di pronti contro termine, non piu' soltanto nel caso in cui abbiano ad oggetto valute ed obbligazioni e titoli similari, ma anche nel caso in cui abbiano ad oggetto ogni altro tipo di titolo di credito e, quindi, anche titoli rappresentativi di quote di fondi comuni d'investimento, titoli atipici, certificati di deposito e quant'altro. Tale scelta di carattere legislativo risponde evidentemente all'esigenza di non differenziare il trattamento fiscale delle operazioni di pronti contro termine in funzione del tipo i titoli di credito su cui siano state stipulate. Oltre alle operazioni di pronti contro termine su titoli e valute, la fattispecie impositiva della lettera g-bis) in- clude espressamente tra i redditi di capitale anche i proventi dei contratti di riporto su titoli e su valute. Tale inclusione si giustifica in quanto si e' ritenuto che anche il riporto, al pari del pronti contro termine, non dia luogo, per i soggetti che non esercitano attivita' di impresa, ad una duplice cessione a titolo oneroso, bensi' ad un duplice impiego di capitale. Anche in questo caso infatti le parti, impegnandosi a ritrasferire a termine le attivita' finanziarie ed il denaro che si siano trasferite a pronti, intendono assicurarsi in sostanza, l'una, la proprieta' temporanea dei titoli o delle valute, e l'altra la proprieta' temporanea del denaro. 1.1.11 La fattispecie prevista dalla lettera g-ter) del comma 1 dell'art. 41 del TUIR La fattispecie impositiva contenuta nella lettera 9-ter) dell'articolo 41, in base alla quale sono redditi di capitale i proventi derivanti dal mutuo di titoli garantito, e' stata anch'essa inserita nel citato articolo dal decreto legislativo n. 61 del 1997. L'inserimento dei menzionati proventi tra i redditi di capitale non ha portata innovativa in quanto gli stessi erano gia' inquadrabili in detta categoria reddituale sulla base della lettera a) dell'art. 41, comma 1, del TUIR, che assoggettava ad imposizione, insieme agli interessi ed altri proventi dei "depositi e conti correnti", anche gli "interessi e gli altri proventi dei mutui", o, comunque, sulla base della successiva lettera h) di tale articolo, che assoggettava ad imposizione i proventi in misura definita derivanti dall'impiego di capitale. La sua introduzione nasce dalla esigenza sistematica conseguente alla scelta di differenziare il trattamento fiscale dei proventi del mutuo di titoli garantito, rispetto ai proventi derivanti dai mutui di denaro, nonche' dai mutui di titoli non garantiti, assicurando ad essi un regime piu' favorevole. Come infatti si dira' nel prosieguo sui compensi derivanti dal mutuo garantito di titoli e' stata confermata l'applicabilita' della ritenuta a titolo d'imposta. 1.1.12 La fattispecie prevista dalla lettera g-quater) del comma 1 dell'art. 41 del TUIR La terza nuova fattispecie impositiva che e' stata inserita nell'art. 41, comma 1, del TUIR, concerne i redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione. Com'e' chiarito dalla relazione illustrativa al decreto legislativo n. 461 del 1997, anche tale previsione non ha portata innovativa essendo la stessa diretta ad ovviare all'imperfetto coordinamento esistente tra le disposizioni che individuano le figure tipiche di reddito di capitale e quelle che definiscono le regole di determinazione del reddito. Infatti, sebbene il comma 4 dell'art. 42 del TUIR stabilisca appositi criteri per la determinazione dei redditi compresi nei capitali corrisposti sulla base di contratti di assicurazione sulla vita, di tali redditi non era fatta specifica menzione nell'elencazione delle fattispecie imponibili di cui all'art. 41, comma 1, del TUIR. 1.1.13 La fattispecie prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'art. 41 del TUIR Ai sensi di tale disposizione, nel testo risultante a seguito della modifica effettuata dal decreto-legge n. 557 del 1993, erano redditi di capitale gli altri interessi non aventi natura compensativa e ogni altro provento in misura definita derivante dall'impiego di capitale. In base a cio' venivano inclusi nei redditi di capitale: - gli interessi, diversi da quelli espressamente previsti dalle lettere precedenti, che non avessero natura compensativa; - ogni altro provento in misura definita derivante dall'impiego di capitale. Relativamente agli interessi va sottolineato che con l'esclusione degli interessi di "natura compensativa" si era inteso evitare un'astratta e generalizzata imponibilita' di tutti gli interessi in quanto tali. Si ricorda che l'Amministrazione finanziaria ha sempre escluso l'imponibilita' degli interessi per ritardato rimborso d'imposta (cfr. circolare n. 40/8/403 del 22 dicembre 1980) e degli interessi sui depositi cauzionali (cfr. circolare n. 24 del 19 maggio 1979). La disciplina appena esaminata in materia di interessi andava e va tutt'ora comunque coordinata con quella posta dall'art. 6, comma 2, del TUIR secondo cui gli interessi moratori e gli interessi per dilazione di pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i crediti su cui tali interessi sono maturati. Cio' comporta che gli interessi appena citati sono redditi della stessa categoria dei crediti cui si riferiscono e ad essi si applica la medesima disciplina applicabile ai crediti: cosi, ad esempio, gli interessi per dilazione di pagamento maturati relativamente ad un credito vantato per una prestazione di lavoro autonomo sono redditi di lavoro autonomo e non redditi di capitale e pertanto, ai fini dell'imposta personale, sono sottoposti al regime della ritenuta proprio dei redditi di lavoro autonomo. Come sopra accennato, in attuazione di uno specifico criterio direttivo, la fattispecie di chiusura della lettera h) dell'art. 41, comma 1, del TUIR e' stata riformulata nel modo seguente: "h) gli interessi e gli altri proventi derivanti da altri rapporti aventi per oggetto l'impiego del capitale, esclusi i rapporti attraverso cui possono essere realizzati differenziali positivi¥ e negativi in dipendenza di un evento incerto.". Le modifiche apportate sono finalizzate ad assicurare che tale disposizione possa effettivamente esplicare una funzione di chiusura della categoria reddituale in esame considerato che la lettera h) dell'art. 41, comma 1, del TUIR vigente prima delle modifiche apportate con il decreto legislativo n. 467 del 1997 non riusciva pienamente ad esplicare questa funzione in quanto non riconduceva a tassazione tutti i redditi derivanti dall'impiego del capitale, ma soltanto quelli che si caratterizzavano per il fatto di essere stabiliti "in misura definita". Una prima modifica apportata alla fattispecie impositiva della lettera h) dell'art. 41, comma 1, del TUIR e' costituita dalla eliminazione del predetto requisito. Pertanto, sono inquadrabili tra i redditi di capitale sulla base di tale fattispecie impositiva non soltanto i redditi che siano determinati o predeterminabili, ma anche quelli variabili in quanto la relativa misura non sia collegata a parametri prefissati. L'eliminazione del requisito della misura definita, se indubbiamente consentiva di restituire alla fattispecie impositiva della lettera h) il rango di vera e propria disposizione di chiusura, rischiava peraltro di renderla eccessivamente ampia. Qualora si fosse apportata questa sola modifica, l'accertamento di che cosa e' reddito di capitale sarebbe venuto a dipendere esclusivamente dall'individuazione del significato del concetto di "impiego di capitale" che era eccessivamente indeterminato. Opportunamente, invece, il legislatore ha esplicitato il significato da attribuire a tale concetto, qualificando come redditi di capitale compresi nella lettera in esame quelli che comunque discendono da "rapporti" aventi per oggetto l'impiego di capitale. Costituiscono quindi redditi di capitale soltanto quei redditi derivanti da rapporti che trovano fonte in atti che abbiano come funzione obiettiva quella di impiego del capitale. Non possono ritenersi tassabili come redditi di capitale, ma lo sono come redditi diversi, le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso dei titoli e delle altre attivita' finanziarie indicate nelle lettere da c) a c-quinquies) dell'art. 81, comma 1, del TUIR in quanto i contratti attraverso i quali puo' essere posta in essere la cessione a titolo oneroso di tali attivita' non costituiscono contratti di impiego del capitale, ma contratti di scambio. Sulla base della nuova formulazione della lettera h) dell'art. 41, comma 1, del TUIR emerge oramai chiaro che per la configurabilita' di un reddito di capitale e' sufficiente l'esistenza di un qualunque rapporto attraverso il quale venga posto in essere un impiego di capitale e quindi anche rapporti che non siano a prestazioni corrispettive ovvero nei quali il nesso di corrispettivita' non intercorra tra la concessione in godimento del capitale ed il reddito conseguito. Conseguentemente, possono essere attratti ad imposizione sulla base di tale disposizione non soltanto quei proventi che sono giuridicamente qualificabili come frutti civili ai sensi dell'art. 820 del codice civile e cioe' quei proventi che si conseguono come corrispettivo del godimento che altri abbia di un capitale, ma anche tutti quei proventi che trovano fonte in un rapporto che, pur se non riconducibile tra quelli precedentemente menzionati, presenti come funzione obiettiva quella di consentire un impiego del capitale. Va, inoltre, rilevato che non tutti i rapporti che hanno ad oggetto l'impiego di capitale, sono considerati come produttivi di redditi di capitale ai sensi della lettera h) dell'art. 41, comma 1, del TUIR. Tale disposizione esclude, infatti, dal novero dei redditi di capitale i proventi derivanti da rapporti attraverso cui possono essere conseguiti differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto. Come emerge dalla relazione illustrativa la detta esclusione si e' resa necessaria per non attrarre a tassazione tra i redditi di capitale anche i proventi derivanti da rapporti che, pur comportando l'impiego del capitale, abbiano natura aleatoria in quanto diano luogo alla produzione di differenziali positivi e negativi. E' questo ad esempio il caso del cosiddetto contratto di "cross currency swap" e cioe' di quei particolare tipo di contratto attraverso il quale le parti si scambiano due capitali espressi in due valute diverse e si impegnano ad effettuare lo scambio in senso inverso a termine, liquidandosi a scadenze periodiche il differenziale esistente tra i tassi d'interesse delle due valute concambiate. Va, inoltre, osservato che la fattispecie impositiva della lettera h) dell'art. 41, comma 1, del TUIR non attrae piu' autonomamente ad imposizione anche "gli interessi non aventi natura compensativa". Sulla base della nuova formulazione della disposizione in esame le fattispecie di interessi che non siano inquadrabili in nessuna delle precedenti lettere del predetto articolo rimangono pertanto tassabili come redditi di capitale soltanto se ed in quanto derivino da rapporti che abbiano per oggetto l'impiego di capitale. Da cio' ne deriva che deve ritenersi esclusa la riconducibilita' in tale categoria degli interessi derivanti da rapporti che non trovino fonte in un atto di impiego del capitale, quali appunto gli interessi su crediti d' imposta. 1.2 DETERMINAZIONE DEI REDDITI DI CAPITALE 1.2.1 Generalita' Con l'art. 2 del provvedimento in esame si e' provveduto a revisionare l'art. 42 del TUIR, che ha ad oggetto la determinazione dei redditi di capitale. Tale revisione si sostanzia in modificazioni di carattere quasi esclusivamente tecnico-sistematico della norma in relazione alla tipologia dei singoli redditi individuati nell'art. 41 dello stesso testo unico. Sono rimaste sostanzialmente inalterate, pertanto, le regole fondamentali di determinazione dei redditi di capitale e, tra di esse, anche quella secondo cui i redditi di capitale sono costituiti dall'ammontare degli interessi, utili o altri proventi percepiti nel periodo d'imposta, senza alcuna deduzione. Rimangono quindi indeducibili dai redditi di capitale le spese che il contribuente abbia sostenuto per conseguire i redditi medesimi. Con la disposizione di cui all'art. 2, comma 1, lettera a), del provvedimento in oggetto sono stati aggiunti, dopo il primo periodo del comma 1 dell'art. 42 del TUIR, altri cinque periodi. Con il primo di essi (nuovo secondo periodo) si e' provveduto a racchiudere in una sola norma l'inciso - attualmente previsto nelle lettere a), b), f) e g) dell'art. 41 del TUIR - riguardante l'inclusione nei redditi di capitale anche della differenza tra il prezzo di emissione o la somma o il valore normale dei beni impiegati, apportati o affidati in gestione e la somma percepita o il valore normale dei beni ricevuti alla scadenza. Inoltre, sempre con il nuovo secondo periodo del comma 1 dell'articolo in esame si e' provveduto a confermare il criterio gia' presente nell'art. 5, comma 1, del decreto-legge 28 giugno 1995, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 agosto 1995, n, 349 - secondo cui qualora la differenza tra la somma percepita o il valore normale dei beni ricevuti alla scadenza e il prezzo di emissione dei titoli o certificati indicati nell'art. 41, comma 1, lettera b), del TUIR sia determinabile, in tutto o in parte, in funzione di eventi o paramenti non ancora certi o determinati alla data di emissione dei titoli o certificati, la parte di detto importo, proporzionalmente riferibile al periodo di tempo intercorrente tra la data di emissione e quella in cui l'evento o il parametro assumono rilevanza ai fini della determinazione della differenza in questione, si considera interamente maturata in capo al possessore a tale ultima data. 1.2.2 Determinazione dei redditi di capitale della lettera g) Particolare importanza assume la disposizione contenuta nel comma 4-bis dell'art. 42 del TUIR introdotta con la lettera b) del comma 1 dell'art. 2 del provvedimento in oggetto. Tale disposizione ha dettato appositi criteri in base ai quali stabilire per quale parte i redditi conseguibili attraverso O.I.C V.M. derivano dalla partecipazione a tali organismi e costituiscono, quindi, redditi di capitale, ai sensi della lettera g) dell'art. 41, comma 1, del TUIR e per quale parte derivano, invece, dalla negoziazione e costituiscono quindi plusvalenze, ai sensi della lettera c-ter) dell'art. 81, comma 1, del TUIR. In particolare, secondo tale disposizione le somme od il valore normale dei beni distribuiti dagli O.I.C.V.M., nonche' le somme o valore normale dei beni percepiti in sede di cessione delle partecipazioni costituiscono proventi e, quindi, redditi di capitale per un importo corrispondente alla differenza positiva tra l'incremento di valore registrato dalle azioni o quote, rilevato alla data della distribuzione, riscatto, liquidazione o cessione e l'incremento di valore registrato dalle medesime azioni o quote, rilevato alla data di sottoscrizione o acquisto. L'incremento delle azioni o quote alle date indicate e' desunto dall'ultimo prospetto predisposto dalla societa' di gestione o dalla SICAV. In tal caso, per incremento di valore deve intendersi il maggior valore assunto dalle azioni o quote rispetto al valore delle predette azioni o quote all'avvio dell'organismo. Sulla base della particolare regola cosi' stabilita il reddito di capitale e' commisurato quindi all'apprezzamento di valore che le quote degli O.I.C.V.M. abbiano subito rispetto al valore di emissione nel periodo intercorrente tra la data di acquisizione della partecipazione e la data della distribuzione ovvero della dismissione della stessa partecipazione. Soltanto per tale parte infatti i redditi conseguibili attraverso la sottoscrizione delle partecipazioni negli O.I.C.V.M. possono ritenersi ricollegabili al rapporto di impiego del capitale che lega il gestore ai singoli gestiti. Per la parte in cui eccedano l'apprezzamanto di valore subito dalle quote, tali redditi non costituiscono redditi di capitale, ma plusvalenze in quanto trovano fonte nel maggior valore di mercato delle quote. Qualora attraverso la partecipazione ad un O.I.C.V.M., di diritto italiano o lussemburghese storico sia conseguita una minusvalenza il partecipante dovra' stabilire per quale parte tale minusvalenza derivi dalla partecipazione all'O.I.C.V.M. e per quale parte derivi, invece, dalla negoziazione, utilizzando i criteri dettati dal comma 4-bis dell'art. 42 del TUIR. Tale distinzione si rende necessaria in quanto le minusvalenze derivanti dalla partecipazione a O.I.C.V.M., non possono ritenersi deducibili dalle plusvalenze e dagli altri redditi diversi conseguiti dal partecipante, essendo gia' deducibili nella determinazione del risultato maturato di gestione. Nella stesura originaria della disposizione, i particolari criteri di determinazione dei proventi derivanti dalle partecipazioni ad O.I.C.V.M. dettati dal comma 4-bis dell'art. 42 del TUIR volti ad individuare la quota di provento assoggettabile a tassazione quale reddito di capitale e quella che costituisce plusvalenza, non erano destinati a trovare applicazione, indistintamente, nei confronti di tutti gli O.I.C.V.M., ma soltanto nei confronti degli O.I.C.V.M., soggetti all'imposta sostitutiva sul risultato maturato di gestione. Per realizzare un maggior coordinamento tra il regime di tassazione di tali O.I.C.V.M. con gli O.I.C.V.M., di diritto estero, l'art. 1 del decreto che ha corretto il decreto legislativo n. 461 del 1997 ha eliminato il riferimento all'imposta sostitutiva sul risultato maturato di gestione ed ha reso quindi applicabile tale disposizione anche a tali ultimi organismi. In questo modo, e' stata resa omogenea l'imposizione dei proventi derivanti dalla partecipazione a fondi esteri con quella applicata ai fondi soggetti ad imposta sostitutiva, assoggettando a imposizione i redditi di capitale di cui all'articolo 41, comma 1, lettera g), del testo unico delle imposte sui redditi, in maniera distinta rispetto ai redditi diversi previsti dall'articolo 81, comma 1, lettera c-ter), dello stesso testo unico. Ne consegue che il reddito di capitale cosi' individuato deve seguire le regole impositive previste dall'articolo 42 del testo unico (tassazione con applicazione della ritenuta all'atto della percezione del provento medesimo senza alcuna deduzione e rilevanza del cambio soltanto in tale ultimo momento) ed il reddito diverso deve essere individuato solo se, per effetto del rimborso o della cessione, ricorre una delle fattispecie previste dal nuovo articolo 81, comma 1, lettera c-ter), del testo unico. Come gia' precisato, le disposizioni concernenti l'imposizione dei proventi degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari italiani consentono, infatti, di distinguere la parte di provento che costituisce reddito di capitale (art. 42, comma 4-bis, del TUIR inserito dall'art. 2, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 461 del 1997) da quella che costituisce reddito diverso (art. 81, comma 1, lett. c-ter), del TUIR, inserito dall'art. 3, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 461 del 1997). Per coerenza sistematica, quindi, la medesima distinzione e' stata estesa alle parti di O.I.C.V.M. esteri per i quali la parte di provento che e' reddito di capitale deve essere tassata con le disposizioni previste per tali redditi (nel caso delle imprese, comunque tassazione personale; in ogni altro caso, ritenuta a titolo d'imposta o imposizione sostitutiva per gli organismi di investimento conformi alle direttive comunitarie, ovvero ritenuta a titolo di acconto e comunque tassazione personale progressiva qualora si tratti di organismi di investimento non conformi alle direttive comunitarie) mentre la parte di provento, eventualmente conseguita, che costituisce reddito diverso, deve essere tassata secondo le disposizioni di cui agli articoli 5 e 6 del decreto legislativo n. 461 del 1997 e, quindi, mediante indicazione nella dichiarazione annuale dei redditi oppure, se ne ricorrono i presupposti, mediante l'applicazione dell'imposta sostitutiva da parte dell'intermediario. L'aver qualificato come reddito di capitale quello derivante dalla partecipazione all'organismo di investimento esclude che il soggetto tenuto ad operare la ritenuta ai sensi dell'articolo 10-ter, comma 1, della legge n. 77 del 1983 sia tenuto ad applicare anche il prelievo su eventuali plusvalenze. Qualora attraverso la partecipazione ad un O.I.C.V.M. di diritto estero sia conseguita una minusvalenza, tale minusvalenza anche per la parte in cui sulla base dei criteri dettati dal comma 4-bis dell'articolo 42 del TUIR sia riferibile alla partecipazione all'O.I.C.V.M., diversamente da quanto si e' precisato per le minusvalenze conseguite dalla partecipazione ad un O.I.C.V.M. di diritto italiano o lussemburghese storico, devono ritenersi integralmente deducibili ai sensi della lettera c-ter) dell'articolo 81, comma 1, del TUIR, essendo i proventi derivanti dalla partecipazione a tali organismi integralmente tassabili in capo al percipiente. Va precisato che l'aver individuato in modo unitario il reddito di capitale quale reddito che viene conseguito in relazione al rapporto di partecipazione all'organismo comporta che la fattispecie impositiva si realizza esclusivamente all'atto della percezione dei relativi proventi cosi' come previsto dal comma 1 dell'articolo 42 del TUIR. Quindi, in caso di percezione di un provento in valuta estera rileva soltanto il cambio alla data in cui il provento stesso e' percepito. Inoltre, eventuali passaggi all'interno dell'organismo stesso, non comportando la materiale percezione dei proventi, non realizzano alcun presupposto impositivo. D'altra parte, qualificare detti passaggi quali cessioni, e come tali suscettibili di imposizione, avrebbe comportato l'introduzione di una disciplina difforme rispetto a quella prevista negli ordinamenti di settore che regolano il rapporto di partecipazione a tali organismi e che risultano fissati sulla base anche di direttive comunitarie, alle quali l'ordinamento italiano si e' gia' adeguato fin dal 1992. 1.2.3 Determinazione dei redditi di capitale di cui alle lettere g-bis) e g-ter) Con i periodi dal terzo al quinto inseriti nel comma 1 dell'art. 42 del TUIR sono stati dettati appositi criteri per la determinazione dei proventi derivanti dalle operazioni di pronti contro termine e riporto su titoli e su valute (terzo e quarto periodo), nonche' di quelli derivanti dal mutuo di titoli garantito (quinto periodo). Tali criteri ricalcano, ma solo parzialmente, quelli gia' dettati per il pronti contro termine su obbligazioni e titoli similari nonche' su valute, rispettivamente, dalla lettera b-bis) dell'art. 41, comma 1, del TUIR e dalla lettera c-ter) dell'art. 81, comma 1, del medesimo testo unico. Essi sono stati infatti debitamente rivisti in quanto sulla base della nuova lettera g-bis) dell'art. 41, comma 1, del TUIR sono divenuti tassabili come redditi di capitale non piu' soltanto i proventi che il cedente a termine consegue cedendo i titoli o la valuta ad un prezzo, a corso secco, superiore al prezzo di acquisto a pronti, ma anche quelli che consegue il cessionario a termine, acquistando i titoli o la valuta ad un prezzo, a corso secco, inferiore a quello di cessione a pronti. Tale disposizione e' infatti formulata nel senso di attrarre ad imposizione i proventi dei riporti e dei pronti contro termine su titoli e su valute indipendentemente da quale delle due parti consegue un guadagno attraverso l'operazione. In accoglimento di una richiesta avanzata dalla Commissione parlamentare dei Trenta la tassabilita' dei proventi conseguiti dal compratore a termine e' stata tuttavia esclusa quando il pronti contro termine ed il riporto sono stipulati con titoli non rappresentativi di partecipazioni, quali principalmente obbligazioni e' titoli similari. La Commissione ha, infatti, ritenuto che diversamente, si sarebbe dato luogo ad una doppia imposizione economica in quanto tali proventi si sarebbero resi tassabili in capo al compratore a termine, nonostante che il cedente a termine non sarebbe stato legittimato a portarli in deduzione dall'importo degli interessi ed altri proventi tassabili a suo carico, per affetto del divieto di deducibilita' dei costi dai redditi di capitale. Sulla base dei nuovi criteri dettati dal comma 1 dell'art. 42 del TUIR i proventi delle operazioni di pronti contro termine e riporto su titoli e su valute devono essere determinati calcolando la differenza positiva tra i prezzi globali di trasferimento dei titoli e delle valute. Qualora tali operazioni siano poste in essere su titoli non rappresentativi di partecipazioni, dalla differenza cosi' ottenuta devono essere scomputati gli interessi e gli altri proventi maturati nel periodo di durata del rapporto, con esclusione dei redditi esenti dalle imposte sui redditi. Per effetto di questo particolare meccanismo di determinazione della base imponibile gli eventuali proventi conseguiti dal cessionario a termine, sono destinati a rimanere intassabili, ogniqualvolta il pronti contro termine ed il riporto siano stipulati su titoli non rappresentativi di partecipazioni. Qualora infatti tali titoli siano acquistati a termine ad un prezzo a corso secco, inferiore al prezzo a corso secco a cui siano stati ceduti a pronti, il risultato che si ottiene, scomputando dalla differenza tra i prezzi globali di trasferimento gli interessi ed altri proventi maturati nel periodo di durata del rapporto, e' sempre negativo. Per quanto attiene all'individuazione degli interessi e altri proventi che, in quanto esenti dalle imposte sui redditi, devono essere scomputati dalla differenza tra i prezzi globali di trasferimento si precisa che per tali devono intendersi soltanto i proventi che siano oggettivamente esenti e non anche, quindi, quelli esenti nei confronti dei soggetti non residenti. Per quanto concerne le operazioni di prestito di titoli garantito di cui all'art. 41, comma 1, lettera g-ter), del TUIR, la disposizione contenuta nel quinto periodo del comma 1, dell'art. 42 del TUIR stabilisce che nei relativi proventi si comprende, oltre al compenso del mutuo, anche il controvalore degli interessi e degli altri proventi dei titoli, non rappresentativi di partecipazioni, maturati nel periodo di durata del rapporto. Al riguardo, la relazione illustrativa precisa che tale disciplina trova applicazione con riferimento sia ai titoli rientranti nella normativa recata dal decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, che ai titoli esclusi da tale normativa; inoltre, qualora nel corso dell'operazione venga a scadenza una cedola ed il mutuatario provveda a retrocede al mutuante l'intero valore della cedola medesima, nessuna ritenuta deve essere effettuata sulla quota parte della somma retrocessa al mutuante corrispondente agli interessi maturati prima dell'accensione del prestito. In tal modo la nuova normativa ribadisce quella attuale, in quanto conferma che se nella operazione in parola il soggetto che presta i titoli e' un nettista, secondo la disciplina recata dal decreto legislativo da ultimo richiamato, questi continua ad essere soggetto all'imposta sostitutiva anche sui ratei di interessi maturati durante tutta la durata del prestito, anche se di fatto non avviene alcuno scambio di ratei. Con tale disciplina viene eliminata, quindi, ogni possibilita' di utilizzare questa operazione con finalita' elusive. Nello stesso tempo, per i prestiti che hanno ad oggetto obbligazioni, se l'operazione si svolge a cavallo della cedola, l'importo della stessa deve essere retrocesso al lordo e anche in questo caso gli interessi maturati durante il periodo di valenza del contratto vengono assoggettati ad imposta se il soggetto che ha prestato i titoli e' un nettista. Con riferimento alla garanzia che il soggetto che prende in prestito i titoli (borrower) offre al soggetto che li cede in prestito (lender) la nuova disposizione recata dal comma 2 dell'articolo 2 del provvedimento in oggetto - che riproduce nella sostanza la norma di cui all'articolo 7, comma 3, del decreto-legge 8 gennaio 1996, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 marzo 1996, n. 110, concernente il regime fiscale dei beni dati in garanzia nell'ambito dell'operazione di prestito titoli - mantiene inalterata l'attuale disciplina riguardante il pegno irregolare. Viene infatti ribadito che nel caso in cui le somme o i beni offerti in garanzia dal borrower siano costituiti in pegno irregolare e su di essi non vengano compiuti atti di disposizione, il regime fiscale applicabile sui proventi dei beni dati in garanzia rimane quello del borrower. La disposizione in commento chiarisce, tra l'altro, che non si considera atto di disposizione tanto l'immissione di somme o di titoli in conti o depositi vincolati intestati al creditore pignoratizio (lender), ove risulti chiaro che le somme o i titoli siano esplicitamente riferibili al soggetto costituente il pegno (borrower), quanto l'utilizzo di tali somme o beni da parte del mutuante ai fini della costituzione di garanzie nell'ambito di altri contratti di prestito titoli, sempre a condizione comunque che la controparte non compia atti di disposizione sui beni costituiti in pegno. Si segnala inoltre che la disposizione antielusiva contenuta nel comma 3 dell'articolo del provvedimento in esame stabilisce che nei rapporti sopra considerati - cioe' pronti contro termine, riporto e prestito titoli - il cessionario a pronti, il riportatore e il mutuatario hanno diritto al credito d'imposta sui dividendi soltanto qualora tale diritto sarebbe spettato al cedente a pronti, al riportato e al mutuante. 1.2.4 Determinazione dei redditi di capitale di cui alle lettere a), b), c), d), e), f), g-quater e h) Per quanto concerne le fattispecie costituenti redditi di capitale di cui alle lettere a), b),c), d), e), f), g-quater) e h), si precisa che il decreto legislativo n. 461 del 1997, salvo quanto gia' detto nel paragrafo 1.2.1 relativamente alle differenze tra il prezzo di emissione o la somma o il valore normale dei beni impiegati, apportati o affidati¥ in gestione e la somma percepita o il valore normale dei beni ricevuti alla scadenza, non ha apportato modifiche alla determinazione della base imponibile. Con riferimento alla determinazione degli interessi e altri proventi che maturano "pro rata temporis" sui titoli obbligazionari e similari si precisa che essi vanno calcolati seguendo i correnti usi di mercato. Capitolo II DISCIPLINA DEI REDDITI DIVERSI DI NATURA FINANZIARIA. INDIVIDUAZIONE E DETERMINAZIONE 2.1 LE FATTISPECIE COSTITUENTI REDDITI DIVERSI 2.1.1 Generalita' Come gia' precisato, la legge di delega ha imposto una nuova definizione dei redditi di capitale e dei redditi diversi dando prevalenza, nell'individuazione delle fattispecie imponibili, piu' agli effetti giuridici sostanziali che alla configurazione civilistica formale. Pertanto, la nuova definizione di reddito di capitale qualifica come redditi di capitale tutti quei proventi che derivano da rapporti aventi per oggetto l'impiego di capitale secondo uno schema produttivo analogo a quello civilistico (art. 820, comma 3o del codice civile, cioe' i corrispettivi periodici che si ritraggono dalla cosa per il godimento che altri ne abbia). Nella categoria dei redditi diversi, che, come noto, assume una funzione complementare anche con riferimento ai redditi di capitale, sono, invece, stati inquadrati tutti i redditi che costituiscono guadagni di capitale. A tal fine, e' stato previsto, tra l'altro, con riferimento alla categoria dei redditi diversi: a) la revisione della disciplina dei redditi derivanti da cessioni di partecipazioni in societa' o enti, di altri valori mobiliari, nonche' di valute e metalli preziosi; b) l'introduzione di norme volte ad assoggettare ad imposizione i proventi derivanti da strumenti finanziari, con o senza attivita' sottostanti; c) la possibilita' di prevedere esclusioni, anche temporanee, dalla tassazione oppure franchigie; d) l'introduzione di norme di chiusura volte ad evitare arbitraggi fiscali tra fattispecie produttive di redditi di capitali o diversi e quelle produttive di risultati economici equivalenti. In aderenza a tali principi, il legislatore ha provveduto, quindi, ad ampliare la sfera di imponibilita' dei redditi diversi di cui all'art. 81 del TUIR, articolando le varie tipologie reddituali su quattro disposizioni di tipo analitico ed una quinta disposizione con funzione di chiusura. Per meglio comprendere la nuova disciplina e' opportuno prendere le mosse da quella vigente anteriormente all'entrata in vigore della riforma. 2.1.2 La disciplina dei redditi diversi di natura finanziaria in vigore prima della riforma operata con il D.Lgs. n. 461 del 1997 Come noto, il regime tributario delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni sociali e' stato per la prima volta specificamente disciplinato dall'articolo 3 del decreto-legge 19 dicembre 1984, n. 853, convertito dalla legge 17 febbraio 1985, n. 17, che ha inquadrato le plusvalenze stesse tra i redditi diversi di cui all'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597. La anzidetta norma e' stata illustrata con circolare della soppressa Direzione Generale delle imposte dirette n. 16 del 10 maggio 1985. In seguito, la menzionata previsione normativa e' stata riprodotta, con alcune modifiche, nell'articolo 81 del TUIR, recante l'elencazione tassativa delle fattispecie reddituali che costituiscono redditi diversi. In tale categoria rientrano, come e' noto, i redditi che non sono compresi nelle altre categorie reddituali di cui all'articolo 6 del medesimo testo unico. Si tratta di una disposizione di carattere residuale, che raccoglie una tipologia variegata ed eterogenea di redditi, privi di collegamento fra loro perche' accomunati solo: - dalla circostanza che tutti determinano un incremento di ricchezza; - dalla carenza dei requisiti che caratterizzano le altre categorie reddituali. Nel comma 1 dell'articolo 81 e' contenuto un principio di carattere generale in base al quale le fattispecie ivi elencate costituiscono redditi diversi se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni e di imprese commerciali o da societa' in nome collettivo e in accomandita semplice, ne' in relazione alla qualita' di lavoratore dipendente. Pertanto, possono essere possessori di redditi diversi: le persone fisiche residenti, purche' il reddito non sia conseguito nell'esercizio di attivita' d'impresa, arti o professioni o in qualita' di lavoratore dipendente; le societa' semplici e i soggetti ad essi equiparati ai sensi dell'articolo 5 del TUIR; gli enti non commerciali indicati nella lettera c) del comma 1 dell'articolo 87 del TUIR, se l'operazione da cui deriva il reddito non e' effettuata nell'esercizio di impresa commerciale; le persone fisiche non residenti senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, quando il reddito si considera prodotto nel medesimo territorio ai sensi dell'articolo 20 del TUIR; le persone fisiche non residenti con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, se il reddito e' prodotto nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 20 del TUIR al di fuori dalla stabile organizzazione; le societa' semplici e i soggetti ad esse equiparati ai sensi dell'articolo 5 del TUIR non residenti, se il reddito e' prodotto, ai sensi dell'articolo 20 del TUIR, nel territorio dello Stato; le societa' e gli enti commerciali non residenti senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, se il reddito si considera prodotto nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 20 del TUIR; le societa' e gli enti commerciali non residenti con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, per il reddito prodotto al di fuori della stabile organizzazione; gli enti non commerciali non residenti senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, se il reddito, ai sensi dell'articolo 20 del TUIR, si considera prodotto nel territorio dello Stato; gli enti non commerciali non residenti con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, per il reddito prodotto al di fuori della stabile organizzazione. Va ricordato che una delle novita' concernenti i redditi diversi nel sistema delineato con l'entrata in vigore del TUIR era costituita dalla soppressione della precedente previsione concernente la presunzione relativa (che cioe' ammette la prova contraria) riguardante le plusvalenze conseguite mediante operazioni specula- tive. Tale soppressione era stata operata proprio per disancorare la tassabilita' dalla verifica dell'intento speculativo ed ha consentito un progressivo allargamento del concetto di plusvalenza e, quindi, delle fattispecie contenute nell'articolo in questione. Tra le plusvalenze elencate tassativamente nell'articolo 81 del TUIR assumevano particolare rilievo quelle derivanti dalla cessione di partecipazioni sociali di cui alla lettera c) del comma 1 del citato articolo; si ricorda che detta disposizione ha subito nel corso del tempo numerose modifiche. L'originaria lettera c) disciplinava "le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni sociali, escluse quelle acquisite per successione o donazione, superiori al 2, al 10 o al 25 per cento del capitale della societa' secondo che si tratti di azioni ammesse alla borsa o al mercato ristretto, di altre azioni o di partecipazioni non azionarie, se il periodo intercorso tra la data dell'ultimo acquisto a titolo oneroso, o dell'ultima sottoscrizione per ammontare superiore a quello spettante in virtu' del diritto di opzione, e la data della cessione non e' superiore a cinque anni. La percentuale di partecipazione e' determinata tenendo conto di tutte le cessioni effettuate nel corso di dodici mesi ancorche' nei confronti di soggetti diversi; si considerano cedute per prime le partecipazioni acquisite in data piu' recente". Le percentuali del 10 e del 25 per cento furono ridotte al 5 e al 15 per cento con l'articolo 7, comma 5, della legge n. 67 del 1988. Successivamente, l'articolo 3, comma 6, del decreto-legge 28 gennaio 1991, n. 27 (sostitutivo dei D.L. 27 novembre 1990, n. 350 e 28 settembre 1990, n. 267, entrambi non convertiti), convertito dalla legge 25 marzo 1991, n. 102, ha sostituito la lettera c) dell'articolo 81 con due distinte disposizioni contraddistinte dalle lettere c) e c-bis). La lettera c) cosi' sostituita differiva dalla precedente in quanto era stata eliminata la previsione esonerativa relativa al periodo di detenzione della partecipazione (se il periodo intercorso tra la data dell'ultimo acquisto a titolo oneroso, o dell'ultima sottoscrizione per ammontare superiore a quello spettante in virtu' del diritto di opzione, e la data della cessione non e' superiore a cinque anni). Va peraltro, precisato che il limite della percentuale del 15 per cento e' stato poi ridotto al 10 per cento dall'articolo 1, comma 1, lettera I), del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133. La lettera c-bis), invece, prevedeva "le plusvalenze diverse da quelle imponibili ai sensi della lettera c), realizzate mediante cessione a titolo oneroso di azioni, quote rappresentative del capitale o del patrimonio e di altre partecipazioni analoghe, nonche' di certificati rappresentativi di partecipazioni in societa', associazioni, enti ed altri organismi nazionali ed esteri, di obbligazioni convertibili, diritto di opzione ed ogni altro diritto, che non abbia natura di interesse, connesso ai predetti rapporti, ancorche' derivanti da operazioni a premio e da compravendita a pronti o a termine. Non si tiene conto delle plusvalenze realizzate se il periodo di tempo intercorso tra la data dell'acquisto o della sottoscrizione per ammontare superiore a quello spettante in virtu' del diritto di opzione e la data della cessione e' superiore a quindici anni; si considerano cedute per prime le partecipazioni acquisite in data piu' recente". Le disposizioni concernenti le modalita' di determinazione delle plusvalenze di cui alle citate lettere c) e c-bis) e i criteri di tassazione erano contenuti nel predetto decreto-legge n. 27 del 1991. La disciplina relativa alla cessione di partecipazioni, cosi come modificata del citato decreto-legge n. 27 del 1991, e' stata illustrata con circolari della soppressa Direzione Generale delle imposte dirette n. 22 del 22 ottobre 1990 e n. 14 dell'11 aprile 1991. Va precisato, inoltre, che ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge 9 settembre 1992, n. 372, convertito dalla legge 5 novembre 1992, n. 429, l'imposta sostitutiva sulle plusvalenze non era dovuta per le plusvalenze realizzate ai sensi della lettera c- bis) dell'art. 81 mediante cessione a titolo oneroso di valori mobiliari quotati nei mercati regolamentati italiani a decorrere dal 9 novembre 1992 e fino alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dall'articolo 18 della legge 29 dicembre 1990, n. 408. Successivamente era stato previsto che in ogni caso la sospensione delle imposte in questione non potesse andare oltre una certa data (31 dicembre 1992); l'articolo 1, comma 1, del decreto- legge 23 maggio 1994, n. 308, convertito dalla legge 22 luglio 1994, n. 458, ha stabilito che la disposizione contenuta nel citato articolo 7 del decreto-legge n. 372 del 1992 si dovesse applicare fino all'entrata in vigore dei provvedimenti di riordino dei redditi di capitale e diversi (quindi fino al 1o luglio 1998, data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 461 del 1997). Per le cessioni qualificate, invece, e' sempre rimasta in vigore la disciplina recata dal predetto decreto-legge n. 27 del 1991 L'articolo 3 del decreto-legge 17 settembre 1992, n. 378, convertito dalla legge 14 novembre 1992, n. 437, ha, poi, inserito nel comma 1 dell'articolo 81, la lettera c-ter), subito sostituita con l'articolo 67, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331 (che reiterava i precedenti decreti nn. 513 del 1992, 47 e 131 del 1993), convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, nella quale sono state previste le plusvalenze realizzate mediante cessione a termine di valute estere ovvero conseguite attraverso altri contratti che assumono, anche in modo implicito, valori a termine di valute come riferimento per la determinazione del corrispettivo. Nella stessa lettera e' stato precisato che per le cessioni a termine le suddette plusvalenze erano costituite dalla differenza tra il corrispettivo della cessione e quello dell'acquisto della valuta ceduta, se l'acquisto e' contestuale alla stipula del contratto a termine, e, negli altri casi, dalla differenza tra il corrispettivo della cessione e il valore della valuta ceduta, al cambio a pronti vigente alla data della stipula del contratto. Per gli altri contratti le plusvalenze erano costituite dalla differenza tra il valore a termine della valuta assunto come riferimento e il corrispettivo dell'acquisto della valuta, se l'acquisto e' contestuale alla stipula del contratto, e negli altri casi, dalla differenza tra il suddetto valore e quello a pronti della valuta, al cambio vigente alla data di stipula del contratto. Non erano consid- erate plusvalenze quelle conseguite attraverso contratti uniformi a termine negoziati nei mercati regolamentati di cui all'articolo 23 della legge 2 gennaio 1991, n. 1. Infine, i'articolo 4 del decreto-legge 29 settembre 1997, n. 328, convertito dalla legge 29 novembre 1997, n. 410, ha apportato alcune modifiche al decreto-legge n. 27 del 1991 e ha sostituito, con effetto dal 1o Ottobre 1997, la lettera c) dell'articolo 81, comma 1, del TUIR, riguardante il regime tributario delle plusvalenze, conseguite da soggetti non esercenti attivita' di impresa, derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate. In quest'ultima formulazione (antecedente, dunque, alle modifiche del decreto legislativo n. 461 del 1997) la lettera c) del comma 1 dell'articolo 81 prevedeva le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni sociali nonche' di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni, qualora le partecipazioni, i diritti o i titoli ceduti rappresentino complessivamente una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 2, al 5 o al 10 per cento, secondo che si tratti di azioni negoziate in mercati regolamentati, altre azioni o di partecipazioni non azionarie. Per i diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite partecipazioni si tiene conto delle percentuali potenzialmente ricollegabili alle predette partecipazioni. La percentuale di partecipazione e' sempre determinata tenendo conto di tutte le cessioni effettuate nel corso di dodici mesi, ancorche' nei confronti di soggetti diversi; si considerano cedute per prime le partecipazioni, i diritti o i titoli acquisiti in data piu' recente. Sono escluse le partecipazioni, i diritti o i titoli acquistati per successione. Ricostruita l'evoluzione normativa delle disposizioni concernenti i guadagni di capitale, e' opportuno esaminare i regimi di tassazione concernenti le plusvalenze realizzate fino al 30 giugno 1998 in quanto gli stessi si rendono applicabili anche ai corrispettivi ad esse riferibili percepiti successivamente a tale data (cfr. art. 14, comma 4, D.Lgs. n. 461 del 1997). 2.1.2.1 Regime analitico Il regime analitico, disciplinato dall'articolo 2 del decreto-legge n. 27 del 1991, prevede l'obbligo di indicare nella dichiarazione dei redditi le plusvalenze e/o le minusvalenze, diverse da quelle conseguite nell'esercizio di imprese commerciali, realizzate mediante la cessione a titolo oneroso di azioni, quote rappresentative del capitale o del patrimonio e di altre analoghe partecipazioni, nonche' dei certificati rappresentativi di partecipazione in societa', associazioni, enti o altri organismi nazionali ed esteri, di obbligazioni convertibili, diritti di opzione e ogni altro diritto, che non abbia la natura di interesse, connesso ai predetti rapporti, anche se derivanti da operazioni a premio e da compravendita a pronti o a termine. Il regime analitico e' obbligatorio per le partecipazioni "qualificate" ossia per quelle partecipazioni sociali superiori al 2, al 5 o al 10 per cento del capitale della societa', a seconda che si tratti di azioni ammesse alla borsa o al mercato ristretto, di altre azioni o di partecipazioni non azionarie. Le predette plusvalenze sono assoggettate ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 25 per cento; detta imposta deve essere versata dal contribuente nei termini e con le modalita' previsti per il pagamento a saldo delle imposte derivanti dalla dichiarazione stessa. A seguito delle modifiche operate dall'articolo 4, comma 2, del decreto legge n. 328 del 1997, le plusvalenze da indicare in dichiarazione non sono solo quelle derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni sociali qualificate ma anche quelle derivanti dalla cessione di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni. Pertanto, ai fini del computo di dette percentuali si deve tenere conto non solo delle partecipazioni cedute, ma anche dei diritti (es. diritti di opzione, warrant) o titoli (es. obbligazioni convertibili) ceduti attraverso cui possono essere acquisite le partecipazioni medesime. La percentuale di partecipazione e' determinata tenendo conto di tutte le cessioni effettuate nel corso dei dodici mesi che precedono l'ultima cessione di titoli o diritti anche se le cessioni sono effettuate nei confronti di soggetti diversi. Considerato che l'articolo 21, comma 23, della legge n. 449 del 1997 ha stabilito che l'articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 328 del 1997 si applica alle operazioni effettuate a decorrere dal 1o ottobre 1997, con specifico riferimento al calcolo della percentuale rilevante in caso di cessioni, effettuate a partire dal 1o ottobre 1997, di titoli o diritti attraverso i quali possono essere potenzialmente acquisite le partecipazioni di cui all'articolo 81, comma 1, lettera c), del TUIR, si precisa che detti titoli o diritti devono essere sommati alle partecipazioni cedute prima del 1o ottobre 1997, sia nel caso in cui alla medesima data risultino gia' superate le percentuali che qualificano le partecipazioni, sia nel caso in cui dette percentuali vengano superate per effetto di ulteriori cessioni poste in essere a partire dal 10 ottobre 1997. Si ricorda che, secondo la disciplina vigente prima della riforma operata con il decreto legislativo n. 461 del 1997 (e di fatto anticipata, con effetto dal 1o ottobre 1997, dal piu' volte citato art. 4, comma 2, del decreto-legge n. 358 del 1997), le cessioni di diritti d'opzione, warrant e obbligazioni convertibili erano ricomprese nella lettera c-bis) del comma 1 dell'articolo 81 e quindi erano imponibili mediante l'applicazione del regime analitico o di quello forfetario, indipendentemente dalla quota di capitale rappresentata dal diritto ceduto (cfr. circolare n. 73/E del 27 maggio 1994). La lettera c) dell'articolo 81, anche dopo le modifiche del decreto-legge n. 328 del 1997, ribadisce che: "Sono escluse le partecipazioni, i diritti o i titoli acquisiti per successione". Pertanto, come avveniva prima di tale intervento normativo, la cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate ottenute a seguito di successione ricade nella previsione della lettera c-bis) del medesimo articolo 81. L'imposta sostitutiva non e' dovuta, fino all'entrata in vigore del riordino del trattamento tributario dei redditi di capitale e diversi, per le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di valori mobiliari quotati nei mercati regolamentati italiani di cui alla lettera c-bis), comma 1, dell'articolo 81 del TUIR, nonche' per le cessioni di partecipazioni, titoli o diritti di cui al medesimo articolo 81, comma 1, lettera c-bis), diversi da quelli negoziati nei mercati regolamentati italiani, detenute per un periodo superiore a 15 anni. La plusvalenza relativa alle cessioni delle partecipazioni di cui alle lettere c) e c-bis) del comma 1 dell'articolo 81, e' costituita dalla differenza tra il corrispettivo percepito, comprensivo degli interessi per dilazioni di pagamento, ed il prezzo pagato all'atto del precedente acquisto ovvero, se l'acquisto e' avvenuto per successione, il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato ai fini della relativa imposta; per le partecipazioni ricevute in donazione, si fa riferimento al prezzo che e' stato pagato all'atto dell'ultimo acquisto avvenuto a titolo oneroso, ovvero al valore definito dal precedente titolare o in mancanza, a quello da lui dichiarato agli effetti dell'imposta di successione. In ogni caso, il prezzo e' aumentato di ogni altro costo inerente alla partecipazione ceduta (bolli, commissioni, imposte, con esclusione degli oneri finanziari) ed e' diminuito delle somme o del valore normale dei beni ricevuti a titolo di ripartizione delle riserve e altri fondi di cui all'articolo 44, comma 1, del TUIR. Ai fini della determinazione delle plusvalenze o delle minusvalenze, ai sensi dell'articolo 2, comma 5, del citato decreto- legge n. 27 del 1991, il costo fiscalmente riconosciuto puo' essere adeguato in base ad un coefficiente pari al tasso di variazione della media dei valori dell'indice mensile dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati rilevati nell'anno in cui e' avvenuto l'acquisto, a condizione che, tra la cessione e l'acquisto, siano intercorsi non meno di 12 mesi. Tuttavia, limitatamente alle plusvalenze divenute imponibili per effetto del decreto-legge n. 27 del 1991, comprese le plusvalenze su partecipazioni sociali possedute al 28 gennaio 1991 da meno di cinque anni e cedute dopo il compimento del quinquennio, a richiesta dell'interessato, puo' essere assunto per la determinazione del prezzo di acquisto di titoli, quote o diritti quotati in borsa o negoziati al mercato ristretto, quello risultante dalla media dei prezzi di compenso o dei prezzi fatti nel corso dell'anno 1990, della borsa valori di Milano, o, in difetto, delle borse presso cui i titoli sono quotati; per gli altri titoli, quote o diritti non quotati puo' essere assunto, a richiesta dell'interessato, il valore alla data del 28 gennaio 1991, risultante da apposita valutazione peritale. L'imposta sostitutiva del 25 per cento e' commisurata all'ammontare delle plusvalenze al netto delle minusvalenze. Se l'ammontare di queste ultime supera quello delle plusvalenze, la differenza puo' essere computata in diminuzione dei redditi della stessa specie realizzati nei successivi periodi d'imposta, ma non oltre il quinto. 2.1.2.2 Regime forfetario Il regime forfetario, disciplinato dall'articolo 3 del decreto-legge n. 27 del 1991, rappresenta il regime opzionale di tassazione delle plusvalenze realizzate in ciascuna operazione qualora il contribuente si avvalga di intermediari. Tale regime prevede l'applicazione di un'imposta sostitutiva nella misura del 15 per cento su una plusvalenza presuntivamente fissata originariamente dal citato decreto-legge n. 27 del 1991 pari al 7 per cento del corrispettivo pattuito. Il decreto-legge n. 328 del 1997 ha innalzato la percentuale del 7 per cento al 14 per cento per le operazioni poste in essere dal 30 settembre 1997. La predetta opzione, da esercitare all'atto della prima cessione effettuata nel periodo d'imposta, e' valida per tutte le operazioni che vengono poste in essere nello stesso periodo d'imposta, ma non puo' essere esercitata per le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni sociali di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 81 del TUIR, ad eccezione di quelle acquisite per successione. L'opzione e' pertanto ammessa nei seguenti casi: 1. per le cessioni di partecipazioni non qualificate; 2. per le cessioni di partecipazioni, titoli o diritti anche se rappresentano una partecipazione qualificata acquisiti per successione Le plusvalenze relative alle partecipazioni per le quali si e' verificato il superamento delle predette percentuali di cui alla lettera c) devono essere assoggettate al regime analitico. L'eventuale imposta sostitutiva pagata in misura forfetaria sulle cessioni effettuate anteriormente al superamento delle percentuali costituisce un credito d'imposta da portare, in sede di dichiarazione dei redditi, in diminuzione dall'imposta sostitutiva calcolata secondo il metodo ordinario. 2.2 LA DISCIPLINA IN VIGORE CON LA RIFORMA OPERATA CON IL D.LGS. N. 461 DEL 1997 Come si e' gia' avuto modo di rilevare, il decreto legislativo. 461 del 1997 ha mantenuto l'inserimento dei guadagni di capitale nell'ambito dell'articolo 81 del TUIR e, pertanto, resta fermo l'ambito dei soggetti, indicati nel paragrafo 2.2, che possono esserne possessori. Al riguardo, si precisa che nel caso in cui le operazioni di cui trattasi sono poste in essere per il tramite di societa' fiduciarie continuano a trovare applicazione i chiarimenti forniti con la circolare n. 22 del 1990. Si segnala, inoltre, che anche le organizzazioni non lucrative di utilita' sociale (ONLUS), di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, possono essere comprese tra i destinatari delle disposizioni in discorso qualora siano inquadrabili tra i soggetti elencati nel precedente paragrafo 2.2. Come gia' anticipato, le disposizioni del decreto legislativo in commento introducono le seguenti fattispecie imponibili: ___ | | plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo |___| oneroso di titoli diversi da quelli partecipativi e dai certificati di massa; ___ | | plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di |___| valute immesse in depositi e conti correnti; ___ | | plusvalenze derivanti dalla cessione di metalli preziosi, |___| allo stato grezzo o monetato; ___ | | redditi derivanti dalla cessione a titolo oneroso di crediti |___| pecuniari, di rapporti produttivi di redditi di capitale e di strumenti finanziari, nonche' proventi realizzati mediante rapporti attraverso i quali possono essere conseguiti differenziali positivi o negativi in dipendenza di un evento incerto. Per quanto concerne, in particolare, le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di titoli partecipativi - la cui impossibilita' e' stata ovviamente confermata - le differenze di maggior rilievo, che verranno nel prosieguo analiticamente esaminate, consistono: - nell'abolizione del regime forfetario di determinazione della plusvalenza. Anche le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate sono soggette alla determinazione analitica della base imponibile; - nell'adozione di nuovi criteri per individuare le cessioni di partecipazioni qualificate. Al riguardo si osserva che, in aggiunta al criterio della percentuale di partecipazione al capitale o al patrimonio della societa' o dell'ente, e' stato introdotto anche quello della percentuale di voto esprimibile nelle assemblee ordinarie. Inoltre, tra le cessioni rilevanti ai fini di cui trattasi sono state incluse anche quelle riguardanti i titoli o i diritti attraverso i quali possono essere acquisite le partecipazioni. Infine, e' stata soppressa la norma che escludeva da tassazione le plusvalenze realizzate mediante cessione di partecipazioni non qualificate di cui alla lettera c-bis) dell'art. 81 del TUIR possedute da piu' di 15 anni; - nella fissazione di nuove aliquote dell'imposta sostitutiva in misura pari al 27 per cento, se trattasi di cessione di partecipazioni qualificate, e al 12,50 per cento, se trattasi di cessione di partecipazioni non qualificate; - nella possibilita' di compensare le plusvalenze con le minusvalenze nell'ambito delle due masse; - nella soppressione del criterio della rivalutazione del costo o del valore di acquisto, tranne quanto e' stabilito per il regime transitorio; - nella irrilevanza, ai fini del computo delle partecipazioni qualificate, della circostanza che le partecipazioni siano state acquisite per successione; - nella introduzione, ai fini dell'applicazione del criterio della rilevanza delle cessioni nell'arco dei dodici mesi, del principio in base al quale si deve riferimento al momento in cui il contribuente, anche per un sol giorno, possieda una percentuale superiore a quelle previste nella lettera c). In relazione a quanto sopra, con l'art. 3 del provvedimento in oggetto sono state apportate le conseguenti modifiche all'art. 81 del TUIR. Le disposizioni riguardanti la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso, rispettivamente, di partecipazioni sociali qualificate (art. 81, comma 1, lett. c)) e di ogni altra partecipazione o diritto di natura partecipativa (art. 81, comma 1, lett. c-bis)), pur avendo conservato l'originario ambito applicativo, sono state riformulate. E' stata inoltre soppressa la disposizione che, nel testo antecedente alle modifiche apportate con il decreto legislativo n. 461 del 1997, era volta a sottoporre a imposizione i proventi derivanti dalla cessione a termine di valute e dai contratti che prendono a riferimento valori a termine delle valute per la determinazione del corrispettivo (trattasi dell'attuale lettera c- ter)). Al posto di tale disposizione sono state introdotte tre nuove norme contraddistinte rispettivamente dalle lettere c-ter), c-quater) e c-quinquies) allo scopo di ricondurre a tassazione tra i redditi diversi le plusvalenze derivanti dalla cessione di titoli non partecipativi, di certificati di massa, di quote di partecipazione a O.I.C.V.M., di valute e di metalli preziosi (la prima), i redditi conseguiti attraverso contratti derivati ed altri contratti a termine (la seconda) e, infine, i proventi derivanti dalla cessione a titolo oneroso di contratti produttivi di redditi di capitale, crediti pecuniari e strumenti finanziari, nonche' i redditi derivanti da contratti attraverso cui possono essere conseguiti differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto (la terza). Scopo precipuo di tali modifiche e' quello di rendere omogeneo il trattamento tributario dei redditi in questione con quello dei redditi di capitale. Per completezza di trattazione si ritiene opportuno ricordare che l'art. 37-bis, introdotto nel D.P.R. n. 600 del 1973 dall'art. 7 del decreto legislativo 8 ottobre 1997, n. 358, stabilisce al comma 1 che sono inopponibili all'Amministrazione finanziaria gli atti fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi e divieti previsti dall'ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi altrimenti indebiti, e al comma 3, lettera f), individua tra le fattispecie rilevanti a tali fini anche le operazioni aventi ad oggetto i beni e i rapporti di cui all'art. 81, comma 1, lettere da c) a c-quinquies) del TUIR. Al riguardo, ai fini della valorizzazione dei titoli e degli strumenti, - anche per quanto concerne quelli posseduti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 461 del 1997 l'Amministrazione finanziaria potra' assumere anche criteri analoghi a quelli gia' individuati dalla Consob per quanto attiene lo scostamento massimo dai prezzi di borsa. Si rinvia, per ulteriori chiarimenti, in ordine all'applicazione della norma antielusiva al contenuto della circolare del 19 dicembre 1997, n. 320/E. 2.2.1 Plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate La nuova formulazione dell'art. 81, comma 1, lettera c), del TUIR considera cessioni di partecipazioni qualificate le cessioni a titolo oneroso di partecipazioni al capitale o al patrimonio di: - societa' di persone ed equiparate residenti nel territorio dello Stato di cui all'articolo 5 del TUIR (con la sola esclusione delle associazioni tra artisti e professionisti); - societa' ed enti commerciali residenti nel territorio dello Stato (art. 87, comma 1, lettere a) e b), del TUIR). Sono in ogni caso esclusi dalla previsione normativa in esame gli enti non commerciali residenti nel territorio dello Stato; pertanto, le cessioni di partecipazione al patrimonio di tali soggetti, indipendentemente dalla quota percentuale di esso, sono ricomprese nella lettera c-bis); - societa' ed enti non residenti nel territorio dello Stato (art. 87, comma 1, lett. d), del TUIR), nel cui ambito sono compresi anche le associazioni tra artisti e professionisti e gli enti non commerciali. Si rileva che la cessione di partecipazioni e' da considerare cessione di partecipazione qualificata allorquando la stessa abbia ad oggetto partecipazioni, titoli e diritti che rappresentino una percentuale superiore al 2 o al 20 per cento dei diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria, ovvero al 5 o al 25 per cento del capitale o del patrimonio, secondo che si tratti, rispettivamente, di titoli quotati in mercati regolamentati italiani o esteri o di altre partecipazioni. Analogo criterio si applica in caso di partecipazioni al capitale o al patrimonio di societa' ed enti non residenti nel territorio dello Stato. Si ricorda che sono considerate cessioni a titolo oneroso le compravendita (sia a pronti che a termine) e le permute; inoltre, ai sensi dell'articolo 9, comma 5, del TUIR, ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso si applicano anche agli atti che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e ai conferimenti in societa'. Per quanto riguarda, invece, il riferimento ai mercati regolamentari si ricorda che tale previsione normativa e' gia' presente nel TUIR e precisamente negli articoli 9, comma 4, lett. c), e 61, comma 3, e 66, comma 1-bis). In tale nozione vanno ricompresi non solo la borsa ed il mercato ristretto, ma ogni altro mercato disciplinato da disposizioni normative; piu' specificamente, si intende far riferimento ai mercati regolamentati di cui al decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415, nonche' a quelli di Stati appartenenti all'OCSE, istituiti, organizzati e disciplinati da disposizioni adottate o approvate dalle competenti autorita' in base alle leggi in vigore nello Stato in cui detti mercati hanno sede. Si precisa, inoltre, che speciali disposizioni sono dettate relativamente alle plusvalenze e alle minusvalenze nelle ipotesi di scissioni di societa', per le quali l'articolo 123-bis, comma 3, del TUIR stabilisce che le azioni o le quote ricevute in concambio non costituiscono corrispettivo delle azioni annullate per effetto dell'operazione. Sono parimenti irrilevanti ai fini di cui trattasi le azioni o quote ricevute in concambio in relazione ad operazioni di fusioni societarie. Le medesime precisazioni valgono anche nel caso di operazioni infracomunitarie di cui all'art. 2, comma 5, del decreto legislativo n. 544 del 1992 (fusione, scissione, conferimenti di attivo, ecc.). Non costituiscono, inoltre, atti di realizzo gli scioglimenti della comunione con divisione in natura e senza conguaglio in denaro (articolo 1111 del codice civile). Va, inoltre, ricordato che, a norma dell'articolo 41 del TUIR, costituiscono redditi di capitale (e, quindi, non sono compresi nella disciplina dei redditi diversi) i proventi derivanti da riporto, operazioni di pronti contro termine e mutuo di titoli garantito. A norma, invece, dell'articolo 44, comma 3, del TUIR danno luogo a redditi di capitale (e non a redditi diversi) quelli compresi nei rimborsi degli investimenti aventi natura partecipativa a seguito di recesso o esclusione del socio o della liquidazione della societa', in quanto le lettere c) e c-bis) dell'art. 81, a differenza della successiva lettera c-ter), non comprendono tra i presupposti di realizzo delle plusvalenze anche il rimborso di partecipazioni. E' opportuno sottolineare che innovando-rispetto alla formulazione della norma vigente ante riforma - che fa esclusivo riferimento alle "partecipazioni sociali"- il legislatore menziona nel nuovo testo normativo le partecipazioni al capitale o al patrimonio con la conseguenza che, a far data dal 1o luglio 1998, potranno dar luogo a cessioni di partecipazioni qualificate, qualora siano superate le predette percentuali, anche quelle in enti commerciali diversi dalle societa'. Si rileva, inoltre, che il legislatore, avvalendosi della facolta' concessagli dalla delega, ha adottato come criterio base per l'individuazione delle partecipazioni qualificate quello del diritto di voto esercitabile nell'assemblea ordinaria. Nella relazione illustrativa del provvedimento in esame viene chiarito che tale scelta (che vale, ovviamente, solo per i soggetti forniti di organo assembleare, applicandosi, invece, per quelli privi di detti organi, il criterio della partecipazione al capitale o al patrimonio) si giustifica in considerazione del fatto che il criterio del diritto di voto e' quello che meglio consente di identificare le partecipazioni che, assicurando il comando o il controllo sulla gestione della societa' o dell'ente partecipato, non possono essere considerate come un mero investimento di carattere finanziario, in quanto comportano un effettivo coinvolgimento nella gestione. Infatti, e' solo attraverso l'esercizio dei diritti di voto, e non attraverso la semplice partecipazione al capitale, che tale controllo o comando puo' essere esercitato. E' appena il caso di ricordare che per l'esercizio del diritto di voto non e' indispensabile la piena proprieta' del titolo, essendo sufficiente anche il possesso del solo diritto di usufrutto, sempreche' ovviamente non sia stato espressamente convenuto, ai sensi dell'art. 2352 del codice civile, che il diritto di voto debba essere esercitato dal nudo proprietario. Per contro, sempre nella citata relazione, viene sottolineato come i soggetti che acquistano azioni di risparmio (le quali sono state espressamente escluse dall'ambito delle partecipazioni qualificate, anche per corrispondere ad una espressa raccomandazione della Commissione parlamentare) pongano in essere soltanto un investimento di carattere meramente finanziario, anche nel caso in cui tali azioni rappresentino una percentuale di partecipazione al capitale superiore ai limiti stabiliti dalla norma. Conseguentemente, le cessioni di azioni di risparmio o di diritti che consentono l'acquisizione di azioni di risparmio non si cumulano con le cessioni di azioni ordinarie o di diritti che consentono l'acquisizione di azioni ordinarie: dette cessioni, quindi, non solo rimangono sempre soggette all'imposta sostitutiva del 12,50 per cento, ma non rilevano ai fini del calcolo delle cessioni riguardanti le partecipazioni qualificate, salvo che, naturalmente, non ne sia stata consentita la convertibilita'. Come gia' accennato in precedenza, in via succedanea e concorrenziale al citato criterio del diritto di voto, il legislatore ha inoltre disposto che costituiscono in ogni caso cessioni di partecipazioni qualificate quelle che rappresentano una percentuale di partecipazione al capitale o al patrimonio della societa' partecipata particolarmente consistente: tale percentuale e' stata fissata in misura superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli quotati in mercati regolamentati, italiani o esteri, o di altre partecipazioni, azionarie e non. Cio' consente di assoggettare alla disciplina in esame anche le partecipazioni in societa' che sono prive dell'organo assembleare (societa' di persone, enti commerciali e societa' o altri organismi esteri). Alla stregua di quanto precede, per aversi cessione di partecipazione qualificata e' sufficiente che la partecipazione ceduta superi, nell'arco di dodici mesi, anche uno soltanto dei due limiti percentuali sopra indicati. Tale disposizione assume particolare rilievo con riferimento alle azioni privilegiate (solo nel caso in cui danno diritto al voto nell'assemblea straordinaria), le quali possono comunque consentire un controllo della compagine sociale. E' per tale motivo che, a differenza delle azioni di risparmio - le cui cessioni, come gia' accennato, sono comunque escluse dalla disposizione in esame per inquadrarsi nella disposizione di cui alla lettera c-bis) dell'art. 81 - per le azioni privilegiate si puo' verificare l'ipotesi della cessione di partecipazione qualificata qualora essa rappresenti una percentuale di partecipazione al capitale superiore al 5 o al 25 per cento. Alle cessioni di partecipazioni qualificate sono equiparate le cessioni di titoli o diritti (ad esempio: warrants di sottoscrizione e di acquisto, opzioni di acquisto di partecipazioni, diritti d'opzione ex artt. 2441 e 2495 del codice civile, obbligazioni convertibili, ecc.) attraverso cui possono essere acquistate le predette partecipazioni e cioe' quelle che rappresentino almeno il 2 o il 20 per cento dei diritti di voto ovvero una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli quotati o di altre partecipazioni. Pertanto, si puo' verificare un'ipotesi di cessione di partecipazione qualificata anche nel caso in cui vengano ceduti titoli o diritti che, autonomamente considerati o che insieme alle altre partecipazioni cedute, rappresentino una percentuale di diritti di voto e di partecipazione superiori ai limiti indicati. Per espressa previsione della disposizione in esame, nel caso di cessione di titoli o diritti attraverso cui possono essere acquisite le partecipazioni, la percentuale dei diritti di voto e di partecipazione dev'essere calcolata prendendo a riferimento la percentuale dei diritti di voto e di partecipazione potenzialmente ricollegabile alle partecipazioni che possono essere acquisite attraverso i predetti titoli o diritti. Per quanto riguarda le cessioni di diritti reali di godimento e, in particolare, del diritto di usufrutto e della nuda proprieta', si conferma quanto in passato chiarito dalla soppressa Direzione Generale delle imposte dirette con la circolare n. 16 del 1985, nella quale e' stato precisato che in tali casi la percentuale di capitale sociale rappresentata dalla partecipazione ceduta va calcolata con riferimento alla parte del valore nominale delle partecipazioni corrispondente al rapporto tra il valore dell'usufrutto o della nuda proprieta' e il valore della piena proprieta'. Percentuale ceduta= valore nominale azioni x valore usufrutto o nuda proprieta' ---------------------------------- valore piena proprieta' Il valore dell'usufrutto e quello della nuda proprieta' si determinano secondo i criteri indicati dagli articoli 46 e 48 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro). Sempre per quanto attiene alla percentuale di diritti di voto e di partecipazione, e' stata riprodotta, anche nella formulazione della nuova norma, la regola secondo cui agli effetti della sua determinazione si deve tener conto di tutte le cessioni effettuate neii'arco di dodici mesi, ancorche' nei confronti di soggetti diversi. Pertanto, in occasione di ogni cessione si devono considerare tutte le cessioni che hanno avuto luogo nei dodici mesi dalla data di essa, anche se ricadenti in periodi d'imposta diversi. L'applicazione della regola che impone di tener conto di tutte le cessioni effettuate nei 12 mesi e' stata tuttavia subordinata alla condizione che il contribuente possieda, almeno per un giorno, una partecipazione superiore alle percentuali sopra indi- cate. E' stati in tal modo recepita una raccomandazione della Commissione parlamentare, oltre che per esigenze di semplificazione, anche per quel che concerne i rapporti con gli intermediari che gestiscono patrimoni. Conseguentemente, fintanto che il contribuente non possieda una partecipazione superiore alle suddette percentuali, tutte le cessioni effettuate nel corso dei dodici mesi, anche se complessivamente superiori alle predette percentuali per effetto di reiterate operazioni di acquisto e di vendita, non possono considerarsi cessioni di partecipazioni qualificate. Per contro, dal momento in cui sia stata superata, come possesso, una delle predette percentuali, le cessioni effettuate nei dodici mesi successivi sono considerate cessioni di partecipazioni qualificate se a loro volta sono superiori alle percentuali stesse, e cio' fino a quando non siano trascorsi dodici mesi dal momento in cui il possesso-della partecipazione da parte del contribuente sia sceso al di sotto della percentuale prevista dalla norma. Come gia' accennato, con la riforma sono configurabili come cessioni di partecipazioni qualificate, anche le cessioni di partecipazioni, diritti, e titoli acquisiti per successione. 2.2.2 Plusvalenze realizzate mediante la cessione a titolo oneroso di partecipazioni non qualificate Nel caso in cui, le partecipazioni, i titoli o i diritti ceduti rappresentino una percentuale complessiva di diritti di voto ovvero una percentuale di partecipazione al capitale o al patrimonio - determinata con i criteri precedentemente' illustrati - pari o inferiore alle indicate percentuali, le plusvalenze realizzate attraverso la foro cessione, pur non essendo inquadrabili tra le partecipazioni qualificate, rimangono, come nella disciplina in vigore prima della riforma, comunque imponibili sulla base della disposizione contenuta nella lettera c-bis) dell'art. 81, comma 1, del TUIR. Tale disposizione, infatti, e' volta a ricondurre a tassazione tra i redditi diversi le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di tutte quelle partecipazioni, titoli o diritti, che attribuiscono li diritto di acquistare partecipazioni, che non risultino imponibili in base alla disposizione di cui alla lettera c) del medesimo articolo a causa del mancato raggiungimento delle percentuali minime di diritti di voto e di partecipazione al capitale o al patrimonio ivi previste, ovvero perche' la cessione ha ad oggetto azioni di risparmio non convertibili e quote di partecipazione in enti non commerciali residenti,indipendentemente, per queste ultime due ipotesi, dalla percentuale di partecipazione al capitale o al patrimonio che le stesse rappresentano. Dal combinato disposto delle lettere c) e c-bis) dell'art. 81 del TUIR risulta evidente, ancorche' cio' non risulti espressamente come richiesto dalla commissione parlamentare, che l'eventuale cessione di partecipazioni in enti non commerciali residenti ricade esclusivamente nella disposizione in esame e non puo' quindi mai rientrare nell'ambito applicativo della lettera c) del predetto art. 81. Va osservato, inoltre, che per espressa previsione normativa restano escluse anche dalla lettera c-bis) le plusvalenze realizzate mediante cessioni di partecipazioni al capitale o al patrimonio delle associazioni tra artisti e professionisti di cui all'articolo 5, comma 3, del TUIR, residenti nel territorio dello Stato. Al riguardo si precisa che restano comunque assoggettate a tassazione, sia pure ad altro titolo, le somme attribuite ai soci o agli associati in caso di recesso dalla societa' o associazione. 2.2.3 Plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso o dal rimborso di titoli e certificati di massa non aventi natura partecipativa. Plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute o rivenienti da depositi o conti¥ correnti. Plusvalenze derivanti dalla cessione e titolo oneroso di metalli preziosi e di quote di partecipazione ad organismi d'investimento collettivo In attuazione della disposizione recata dalla lettera b) della legge delega citata in premessa, nell'art. 81 del TUIR e' stata sostituita la lettera c-ter). Con la nuova formulazione della lettera in esame vengono inclusi tra i redditi diversi anche le plusvalenze realizzate mediante: a) la cessione a titolo oneroso, ovvero il rimborso, di titoli o certificati di massa, diversi da quelli di natura partecipativa, con esclusione del titoli rappresentativi di merci; b) la cessione; a termine o il prelievo da depositi e conti correnti di valute estere; c) la cessione a titolo oneroso di metalli preziosi allo stato grezzo o monetato; d) la cessione a titolo oneroso o il rimborso di quote di partecipazione ad organismi di investimento collettivo. Per quanto riguarda le cessioni di cui alla precedente lettera a) va osservato che l'uso strumentale del termine "titoli" in contrapposizione a quello di "certificati di massa" lascia intendere che il legislatore ha inteso riferirsi ai titoli di credito. Pertanto, vengono assoggettate a imposizione, come redditi diversi, le plusvalenze derivanti dalla cessione di ogni tipo di titolo non avente natura partecipativa (esclusi soltanto, come gia' precisato, i titoli rappresentativi di merci), e quindi sia i titoli di massa (ad esempio, le obbligazioni e i titoli similari, ivi compresi i certificati di partecipazione ad organismi d'investimento, aperti o chiusi, mobiliari o immobiliari, ed i titoli atipici, quali i certificati rappresentativi di contratti di associazione in partecipazione, ecc.), sia i titoli individuali (quali, ad esempio, i certificati di deposito, le cambiali e le accettazioni bancarie, ecc.). Peraltro, ribadendo un criterio gia' adottato nella formulazione del comma 1 dell'art. 41 del TUIR, il legislatore ha inoltre equiparato ai titoli veri e propri anche i "certificati di massa" che sono documenti offerti in sottoscrizione al pubblico o comunque potenzialmente idonei alla circolazione presso il pubblico e che, pur essendo rappresentativi di crediti, non costituiscono titoli di credito. La ragione di tale equiparazione va ricercata nel fatto - posto in evidenza nella relazione illustrativa del provvedimento in o getto - che la cessione di tali certificati costituisce, generalmente lo strumento per far circolare i crediti da essi rappresentati, senza l'osservanza delle forme previste per la loro cessione. Per quanto concerne l'esclusione dei titoli rappresentativi di merci dal novero dei titoli di cui cessione da luogo a plusvalenze, imponibili, nella relazione illustrativa e' stato precisato che tale esclusione trova giustificazione nel fatto che, dal momento in cui il legislatore ha previsto di non sottoporre a imposizione come redditi diversi le plusvalenze derivanti dalla Cessione a titolo oneroso di merci, sarebbe stato illogico attrarre ad imposizione le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso dei predetti titoli, essendo evidente che tali plusvalenze trovano fonte nel maggior valore assunto dalle merci. Attesa la formulazione della norma in esame, si osserva che l'emergenza di una plusvalenza (o di una minusvalenza) puo' verificarsi non solo in caso di cessione a titolo oneroso, ma anche a seguito del rimborso dei titoli e dei certificati suddetti, come accade, ad esempio, quando un titolo o certificato sia stato acquistato a un prezzo inferiore (per l'ipotesi della plusvalenza) o superiore (per l'ipotesi della minusvalenza) al valore nominale e sempreche' il rimborso sia avvenuto a tale valore. Con riferimento alle valute estere (lettera b) dell'elencazione che precede), anch'esse, come gia' detto, previste nella nuova lettera c-ter), il legislatore ha inteso assoggettare a imposizione solo le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso delle valute di cui sia stata acquisita e mantenuta la disponibilita' per fini di mero investimento. Considerato tuttavia che sarebbe stato alquanto problematico accertare di volta in volta quando la disponibilita' della valuta sia stata acquisita e mantenuta per finalita' d'investimento finanziario, il legislatore ha stabilito che tale finalita' deve ritenersi esistente per presunzione assoluta di legge in due diverse ipotesi e cioe' nelle ipotesi in cui la valuta sia stata ceduta a termine ovvero immessa su depositi o conti correnti. Alla cessione a titolo oneroso della valuta il legislatore ha equiparato anche il prelievo dal conto corrente o dal deposito. L'introduzione di tale equiparazione e' giustificata dalla considerazione che quando la valuta e' uscita dal conto corrente o dal deposito, non e' piu' possibile stabilire se e in che momento essa e' stata successivamente ceduta. Per evitare tuttavia di attrarre a tassazione fattispecie non significative, con la disposizione di cui al comma 1-ter dell'art. 81 del TUIR e' stato, previsto - in attuazione della norma di delega che consentiva l'introduzione di franchigie - che la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di valute rivenienti da depositi e conti correnti si ha solo nel caso in cui la giacenza in valuta nei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente sia superiore a 100 milioni di lire per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d'imposta in cui la plusvalenza e' stata realizzata. Il valore in lire della giacenza in valuta va calcolato secondo il cambio vigente all'inizio del periodo di riferimento, e cioe' al 1o gennaio dell'anno in cui si verifica il presupposto di tassazione (prelievo), verificando altresi' che in tale anno la anzidetta giacenza si sia protratta per almeno sette giorni lavorativi continui. Resta inteso che, qualora non risulti integrata la condizione precedentemente individuata, non si rendono deducibili neppure le minusvalenze eventualmente realizzate. Relativamente, infine, alle plusvalenze realizzate mediante cessioni di metalli preziosi (ad esempio, oro, argento o platino), si sottolinea che il legislatore ha posto la condizione che gli stessi siano allo stato grezzo o monetato (ad esempio, lingotti, pani, verghe, bottoni e granuli). Sono, quindi, escluse le cessioni di metalli preziosi lavorati come, ad esempio, i gioielli. 2.2.4 Redditi derivanti da contratti derivati e da altri contratti a termine di natura finanziaria Con la disposizione di cui alla lettera c-quater) dell'art. 81 del TUIR vengono, per la prima volta in modo unitario, attratti a imposizione i redditi realizzati mediante l'utilizzo dei contratti derivati e degli altri contratti a termine di natura finanziaria. La particolarita' della disposizione in esame e' che la stessa identifica le fattispecie che intende sottoporre a tassazione sulla base degli effetti giuridici che i contratti sono volti a produrre, anziche' mediante le denominazioni con le quali vengono di solito individuati nella prassi corrente, denominazioni che sovente generano incertezza, essendo stato acclarato che talvolta con le stesse denominazioni vengono individuate tipologie di contratti fra loro differenti e che, per contro, con denominazioni diverse sono individuate identiche tipologie di contratti. Per questi motivi il legislatore ha ritenuto opportuno distinguere - sulla base degli effetti giuridici che ne scaturiscono - due diverse categorie di contratti a termine e cioe': - quella dei contratti a termine di tipo traslativo, che sono quelli da cui deriva l'obbligo di cedere o acquistare a termine strumenti finanziari, valute estere, metalli preziosi o merci. Rientrano, ad esempio, in questa categoria: a) i futures su titoli, merci, valute, ecc., e cioe' quei contratti derivati standardizzati con i quali le parti si impegnano a vendere o comprare a termine determi- nate attivita'; b) le options su titoli e valute e cioe' quei contratti derivati che attribuiscono ad una delle parti, dietro pagamento di un premio la facolta', da esercitare entro un dato termine o alla scadenza di esso, di acquistare o vendere determi- nate attivita' a un prezzo prestabilito; c) i contratti derivati su altri contratti derivati (ad esempio: opzioni su futures, "swap options", ecc.); d) le vendite a termine, sempreche' naturalmente eseguibili in forma differenziale; - quella dei contratti a termine di tipo differenziale, che sono quelli da cui deriva l'obbligo di effettuare o ricevere a termine uno o piu' pagamenti commisurato a tassi d'interesse, a quotazioni o valori di strumenti finanziari, di valute estere, di metalli preziosi, di merci e ad ogni altro parametro di natura finanziaria. Rientrano, ad esempio, in tale categoria: a) i futures su indici; b) le options su indici; c) i contratti di swap su interessi (cross currency swap e interest rate swap) e il contratto di swap indicizzato alla lira (index lira swap). 2.2.5 Plusvalenze ed altri proventi realizzati mediante la cessione di crediti pecuniari, rapporti produttivi di redditi di capitale e strumenti finanziari, nonche' redditi derivanti da contratti aleatori La disposizione in esame risponde ad una funzione di chiusura, essendo volta a includere tra i redditi diversi tutte quale plusvalenze e quei proventi di natura finanziaria che potrebbero altrimenti sfuggire all'imposizione perche' non inquadrabili in alcuna delle disposizioni dell'art. 81 del TUIR precedentemente esaminate. La norma in rassegna contempla due distinte fattispecie. La prima riguarda le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante la cessione a titolo oneroso ovvero la chiusura di rapporti produttivi di redditi di capitale e mediante la cessione a titolo oneroso ovvero il rimborso di crediti pecuniari o di strumenti finanziari. Questa disposizione si pone con funzione di chiusura rispetto alla lettera c-ter) dell'art. 81 del TUIR, in quanto volta a evitare che il contribuente si possa sottrarre a quella previsione impositiva ricorrendo all'espediente di far circolare, in luogo dei titoli e certificati ivi previsti, i crediti pecuniari ed i rapporti rappresentati da detti titoli e certificati. La seconda fattispecie ha ad oggetto i differenziali positivi o negativi in dipendenza di un evento incerto e si pone quale norma di chiusura rispetto alla lettera c-quater) dell'art. 81 del TUIR, in quanto finalizzata ad evitare che i differenziali positivi dei contratti derivati, conseguiti mediante la cessione o l'estinzione anticipata di tali contratti, o degli altri contratti aleatori di natura finanziaria, non inquadrabili nella stessa lettera c-quater) perche' privi delle caratteristiche richieste da tale disposizione, possano sfuggire a imposizione. 2.3 DETERMINAZIONE DELLE PLUSVALENZE E DEGLI ALTRI REDDITI DI CUI ALL'ART. 81, COMMA 1, LETTERE DA C) A C-QUINQUIES), DEL TUIR 2.3.1. Generalita' Per quanto concerne la determinazione dei redditi diversi di natura finanziaria il legislatore delegato ha dettato una disciplina alquanto articolata, includendola nell'art. 82 del TUIR, sebbene i redditi in questione non siano soggetti all'imposizione ordinaria, ma ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi. Conseguentemente, con l'art. 4, comma 1, del provvedimento in rassegna sono state apportate all'articolo 82 del predetto testo unico le modifiche necessarie per fissare i criteri di determinazione delle plusvalenze e degli altri redditi di natura finanziaria esaminati nei precedenti paragrafi. A tal fine, il comma 1-bis e' stato soppresso e i commi 3 e 4 sono stati sostituiti con sei nuovi commi, nei quali sono state in parte trasfuse anche alcune delle disposizioni ora presenti nel decreto-legge 28 gennaio 1991, n. 27, convertito dalla legge 25 marzo 1991, n. 102, che, come gia' detto, a far data dal 1o gennaio 1998, e' abrogato. Cio' premesso, si ritiene di dover preliminarmente sottolineare che il legislatore ha ripartito - come gia' anticipato in premessa e come emerge, chiaramente dalla formulazione dei nuovi commi 3 e 4 dell'art. 82 del TUIR - i redditi di natura finanziaria di cui alle lettere da c) a c-quinquies) dell'art. 81, comma 1, del medesimo testo unico in due masse distinte ai fini del pertinente re- gime impositivo. La prima di tali masse e' disciplinata dal nuovo comma 3 dell'art. 82 dei TUIR ed e' costituita dalla somma algebrica delle plusvalenze e delle minusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso delle partecipazioni qualificate di cui alla lettera c) del comma 1 dell'art. 81 del medesimo testo unico. La seconda delle suddette masse e' disciplinata dal comma 4 del predetto art. 82 ed e' costituita dalla somma algebrica delle plusvalenze e delle minusvalenze di cui alle lettere c-bis) e c-ter) del citato art. 81, derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni non qualificate (art. 81, lett. c-bis) e dalla cessione a titolo oneroso ovvero dal rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di quote di partecipazione ad organismi d'investimento collettivo, di metalli preziosi allo stato grezzo o monetato e dalla cessione a termine di valute estere o rivenienti da depositi e conti correnti (art. 81, lett. c-ter) anche' dai redditi e dalle perdite derivanti da contratti derivati (art. 81, lett. c-quater) e dalle plusvalenze e altri proventi derivanti dalla cessione di crediti pecuniari, di contratti produttivi di redditi di capitale e di strumenti finanziari e, infine, dai proventi costituiti dai differenziali positivi dei contratti aleatori (art. 81, lett. c-quinquies). Nel caso in cui all'interno di ciascuna delle due predette masse l'ammontare delle minusvalenze (o perdite) sia superiore a quello delle plusvalenze, (o redditi) l'eccedenza e' portata in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze dei periodi d'imposta successivi, ma non oltre il quarto, a condizione che tale situazione sia evidenziata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in cui essa si e' verificata. Per effetto di questa distinzione, quindi, le minusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate (quelle cioe' della prima massa) non possono essere, portate in deduzione dalle plusvalenze e dagli altri redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate, di titoli non partecipativi, certificati, valute, metalli preziosi, crediti pecuniari e altri strumenti finanziari (quelli cioe' della seconda massa) e viceversa. Va, inoltre, precisato, in via generale, che ogni qual volta le disposizioni utilizzano il termine "corrispettivo" o quello di rimborso, deve intendersi ovviamente il corrispettivo o il rimborso in denaro o in natura e che, in quest'ultimo, caso per la determinazione dell'equivalente in denaro si rendono applicabili i criteri indicati nell'articolo 9 del TUIR. 2.3.2 Base imponibile dei redditi derivanti della cessione di partecipazioni, titoli, certificati, valute e metalli preziosi Per quanto concerne le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni, qualificate e non qualificate, di diritti e titoli attraverso i quali possono essere acquistate le partecipazioni (cfr. art. 81, comma 1, lettere c) e c-bis) del TUIR), nonche' di titoli non rappresentativi di partecipazioni, di certificati di massa, di valute, di quote di partecipazione a O.I.C.V.M. e di metalli preziosi di cui alla lettera c-ter) del comma 1 dell'art. 81 del medesimo testo unico, il legislatore ha stabilito criteri comuni per la loro determinazione. Ai sensi del comma 5 dell'art. 82 del TUIR, le plusvalenze da assoggettare all'imposta sostitutiva devono essere determinate in modo analitico. Esse sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito (ovvero la somma o il valore normale dei beni rimborsati) ed il costo (ovvero il valore) d'acquisto, aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione, compresa l'imposta di successione e donazione, con esclusione degli interessi passivi. Dal raffronto di tali elementi emerge innanzitutto come il legislatore abbia inteso confermare il principio di cassa ai fini dell'imponibilita' dei redditi in questione, principio che trova ulteriore conferma nella disposizione contenuta nella lettera f) del nuovo comma 6 dell'art. 82 del TUIR, secondo cui nei casi di dilazione o rateazione del pagamento del corrispettivo la plusvalenza e' determinata con riferimento alla parte del costo o del valore di acquisto proporzionalmente corrispondente alle somme percepite nel periodo d'imposta. In secondo luogo, il legislatore ha altresi' confermato il criterio - gia' presente nell'art. 2 del citato decreto-legge n. 27 del 1991- secondo cui nel caso di acquisto per successione si assume come costo di acquisto il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti di tale imposta. La nuova disposizione stabilisce tuttavia che a detti valori il contribuente deve aggiungere il valore normale dei titoli esenti dal tributo successorio ad essi attribuibile alla data di apertura della successione. Nel caso di acquisto per donazione il contribuente deve assumere il costo del donante e, cioe', quello che il donante avrebbe assunto come costo o valore di acquisto se, invece di donare l'attivita' finanziaria di cui abbia il possesso, l'avesse ceduta a titolo oneroso. E' stata quindi mantenuta la disciplina attualmente vigente prevista per i casi di acquisto a titolo gratuito, cio' al fine di evitare che la donazione possa essere utilizzata come strumento per aumentare il costo di carico delle attivita' finanziarie. Altro criterio desunto dal citato decreto-legge n. 27 del 1991 e' quello concernente tentazioni, quote ed altre partecipazioni acquisite a seguito di delibere di aumento gratuito del capitale. Par tale ipotesi e' stata infatti confermata la regola, gia' enunciata nell'art. 2, comma 2, del decreto-legge teste' citato, secondo cui il costo unitario e' determinato ripartendo il costo originario sul numero complessivo delle azioni, quote o partecipazioni di compendio. In pratica, il costo delle azioni possedute prima dell'aumento va ripartito anche sulle azioni ricevute gratuitamente in modo che tutte le partecipazioni del compendio (quelle acquistate prima dell'aumento e quelle acquistate dopo) abbiano un identico costo unitario. Qualora, invece, l'aumento di capitale sia avvenuto a pagamento, se le azioni sono state sottoscritte in virtu' dell'esercizio di un diritto di opzione gia' spettante sulla base delle azioni possedute e quindi gia' incorporato nel titolo originariamente posseduto, si ritiene sia applicatile il criterio del riparto prima esposto per gli aumenti gratuiti di capitale. Se invece, le nuove azioni sono state sottoscritte in seguito all'acquisto separato di diritti di opzione, il costo e' costituito da quanto pagato in sede di sottoscrizione, aumentato del costo del diritto di opzione, entrambi determinati in base ad idonea documentazione. Ai fini della determinazione della plusvalenza derivante dalla cessione di diritti di opzione il costo di questi si determina con le modalita' indicate nella circolare n. 16 del 1985. Per quanto concerne il riferimento al "valore di acquisto", nella relazione illustrativa viene precisato che con esso il legislatore ha inteso chiarire che, qualora le attivita' finanziarie oggetto di cessione al momento dell'acquisto sono state assoggettate a tassazione quale reddito in natura, ai fini del calcolo della plusvalenza o della minusvalenza derivante dalla successiva cessione si deve assumere quale valore di acquisto li valore che e' stato considerato ai fini della determinazione del reddito in natura. In tal modo si evita di assoggettare a imposizione, sotto forma, di plusvalenza, redditi che sono gia' stati sottoposti a tassazione presso lo stesso soggetto ad altro titolo. Un discorso analogo va fatto per le ipotesi di successiva cessione da parte di lavoratori dipendenti di azioni ricevute in relazione al rapporto di lavoro. Si ricorda che in base all'articolo 48, comma 1, del TUIR costituiscono reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori percepiti in relazione al rapporto di lavoro dipendente e che per la determinazione in denaro dei beni e dei servizi offerti ai dipendenti o ai familiari dei dipendenti si deve far ricorso ai criteri di determinazione del valore normale contenuti nell'articolo 9 del TUIR, salvo alcune deroghe espressamente contenute nei commi 3 e 4 dello stesso articolo 48. Si ricorda, inoltre, che ai sensi del comma 1, lettera g), del medesimo articolo 48, ferma restando la qualificazione di "compenso in natura", non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il valore delle azioni di nuova emissione sottoscritte dai dipendenti ai sensi degli articoli 2349 e 2441, ultimo comma, del codice civile. Analoga esclusione e' prevista se tali azioni sono emesse da societa' che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa societa' che controlla l'impresa. A questo riguardo, nella circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997, cui si rinvia per ulteriori chiarimenti in merito alla disciplina dei redditi di lavoro dipendente, e' stato precisato che la previsione della non concorrenza alla formazione del reddito in caso di sottoscrizione di azioni di societa' che direttamente o indirettamente controllano l'impresa o sono controllate dalla stessa societa' che controlla l'impresa, va intesa nel senso che deve trattarsi delle medesime azioni disciplinate nelle due norme citate del codice civile, ma che, in deroga alle stesse disposizioni del codice civile richiamate, vengano offerte in sottoscrizione ai dipendenti delle societa' controllate o controllanti e che ad analoga conclusione si deve pervenire quando il soggetto che emette le azioni nuove non sia tenuto al rispetto delle norme del codice civile, ad esempio, perche' residente all'estero. In quest'ultimo caso, l'esclusione dalla tassazione come reddito di lavoro dipendente sara' possibile soltanto con riferimento alle azioni che sulla base della legislazione estera vigente costituiscono l'equivalente di quelle emesse ai sensi dell'articolo 2349 e 2441, ultimo comma, del codice civile. E' ora opportuno precisare che in caso di successiva cessione da parte del dipendente delle azioni di qualunque tipo acquisite in relazione al rapporto di lavoro dipendente, ai fini della determinazione della plusvalenza o minusvalenza, va assunto il valore delle azioni alla casa in cui sono state acquisite dal dipendente quale reddito in natura, determinato a norma dell'articolo 9 del TUIR, senza attribuire alcun rilievo alla circostanza che l'importo relativo abbia o meno concorso a formare il reddito di lavoro dipendente. Come gia' anticipato, sempre il comma 5 dell'art. 82 del TUIR stabilisce che ai fini della determinazione della plusvalenza o della minusvalenza il costo o valore d'acquisto deve essere aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione. Cio' implica che il contribuente puo' imputare ad incremento del costo di acquisto tutte le spese e gli oneri strettamente inerenti all'acquisto delle attivita' finanziarie della cui cessione si tratta (ad esempio: l'imposta di successione e donazione, le spese notarili, le commissioni d'intermediazione, la tassa sui contratti di borsa, ecc.), ad eccezione degli interessi passivi dei quali il legislatore ha espressamente sancito l'esclusione; devono, pertanto, assumersi ai fini della determinazione del costo, a differenza di quanto affermato con circolare n. 14 del 1991, gli oneri finanziari diversi dagli interessi. Al riguardo e' utile sottolineare come, con specifico riferimento al costo di acquisto dei titoli partecipativi, nella relazione illustrativa sia stato chiarito che tale costo deve intendersi comprensivo anche dei versamenti, in denaro o in natura, a fondo perduto o in conto capitale, nonche' della rinuncia ai crediti vantati nei confronti della societa' da parte dei soci o partecipanti. Per espressa previsione normativa (art. 82, comma 6, lettera b)), qualora vengano superate le percentuali di diritti di voto o di partecipazione indicate nella lettera c), i corrispettivi percepiti anteriormente al periodo d'imposta si considerano percepiti nel periodo d'imposta in cui le percentuali sono superate. Per le partecipazioni nelle societa' indicate dall'articolo 5 del TUIR, diverse da quelle immobiliari o finanziarie, il comma 5 dell'articolo 82, nel riprodurre il contenuto del comma 1-bis dello stesso articolo vigente fino alla data del 30 giugno 1998, stabilisce che il costo e' aumentato o diminuito dei redditi e delle perdite imputate al socio e dal costo si scomputano, fino a concorrenza dei redditi gia' imputati, gli utili distribuiti al socio. In tal modo i redditi della societa' gia' tassati per trasparenza in capo ai soci non sono assoggettati nuovamente a tassazione quali plusvalenze da cessione. Poiche' la soppressione della disciplina contenuta nella citata legge n. 102 del 1991 - riguardante la tassazione dei capital gains - comporta altresi' la soppressione della disposizione contenuta nell'art. 2, comma 5 di tale legge (la quale stabiliva che, ai fini della determinazione delle plusvalenze o delle minusvalenze, il costo fiscalmente riconosciuto poteva essere rivalutato in base al tasso di variazione della media dei valori dell'indice mensile dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati rilevati nell'anno in cui si e' verificata la cessione rispetto a quella dei medesimi valori rilevati nell'anno in cui e' avvenuto l'acquisto, sempreche' tra la cessione e l'acquisto siano trascorsi almeno dodici mesi), ne deriva che per la tassazione delle plusvalenze secondo la nuova disciplina il costo o valore d'acquisto delle partecipazioni va assunto nel suo importo effettivo e, quindi, senza procedere al predetto adeguamento. Nella fattispecie, l'unica eccezione e' rappresentata dalle disposizioni di carattere transitorio di cui all'art. 14 del provvedimento in esame, concernente il regime fiscale delle partecipazioni che il contribuente gia' possiede alla data di entrata in vigore del provvedimento medesimo. Per quanto concerne la determinazione della base imponibile delle plusvalenze derivanti dalla cessione a termine di valute, il legislatore ha confermato l'attuale normativa secondo cui la plusvalenza e' pari alla differenza tra il corrispettivo percepito a fronte della cessione (determinato in funzione del cambio a termine) ed il valore delle valute calcolato in base al cambio a pronti vigente alla data di stipula del contratto di cessione. In pratica, la plusvalenza (o minusvalenza) e' costituita dalla differenza tra il corrispettivo percepito e il costo della valuta come sopra determinato. Nel caso, invece, di cessione a pronti di valute estere prelevate da depositi e conti correnti, la base imponibile e' pari alla differenza tra il corrispettivo della cessione ed il costo della valuta, rappresentato dal cambio storico calcolato sulla base del criterio "L.I.F.O.", costo che deve essere documentato dal contribuente. Qualora non sia possibile determinare il costo per mancanza di documentazione, si deve far riferimento al minore dei cambi mensili determinati con decreto del Ministro delle finanze nel periodo d'imposta in cui la plusvalenza e' stata conseguita. Per quanto concerne la determinazione. della base imponibile della cessione a titolo oneroso di titoli diversi da quelli partecipativi essa e' determinata per differenza tra il prezzo di cessione ed il costo di acquisto calcolato sulla base del criterio del "L.I.F.O." ed incrementato degli oneri strettamente inerenti. Qualora la cessione derivi dall'esercizio in forma specifica di una "opzione", la plusvalenza e' determinata tenendo conto del premio pagato o incassato, il cui importo deve essere, quindi, dedotto o aggiunto al corrispettivo percepito. Sempre in tema di determinazione della base imponibile delle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di titoli non partecipativi si fa presente che ai sensi del nuovo comma 6 dell'art. 82 del TUIR, dal corrispettivo percepito (o dalla somma rimborsata) si scomputano i redditi di capitale maturati ma non ancora riscossi e quindi sia quelli a maturazione periodica (gli interessi) che quelli a maturazione non periodica (i proventi degli organismi d'investimento collettivo del risparmio). Questa disposizione si giustifica in base al fatto che i redditi di capitale rimangono imponibili come tali ed e' coerente con il principio affermato dall'art. 6, comma 2, ultimo periodo, del medesimo testo unico, ai sensi del quale l'incasso si deve considerare intervenuto anche quando il relativo controvalore economico non sia conseguito presso il debitore originario ma dal cessionario sotto forma di maggior corrispettivo di cessione dei titoli o dei certificati di massa su cui esso sia maturato. Per espressa statuizione di tale disposizione, Il suddetto principio non si applica tuttavia agli utili derivanti dalla cessione di partecipazioni in societa' ed enti soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche in quanto - come emerge chiaramente anche dal comma 6-bis dell'art. 14 del TUIR -tali utili sono sempre imponibili a carico del soggetto che li ha materialmente riscossi, anche se tale soggetto non rivestiva la qualifica di socio al momento di approvazione della delibera di distribuzione. E' questa l'unica fattispecie di reddito di capitale per la quale non trova applicazione la suddetta disposizione. Qualora il costo di acquisto delle attivita' finanziarie in- dicate nelle lettere c), c-bis) e c-ter) dell'art. 81 del TUIR ovvero il corrispettivo percepito attraverso la loro cessione o rimborso sia espresso in valuta, agi effetti del calcolo delle plusvalenze e minusvalenze derivanti dalla negoziazione delle predette attivita' finanziarie, devono ritenersi applicabili i criteri dettati dal comma 2 dell'art. 9 del medesimo testo unico. Per le valute estere prelevate da depositi e conti correnti si assume come corrispettivo il valore normale della valuta alla data di effettuazione del prelievo. Per quanto concerne, infine, la determinazione della base imponibile delle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di metalli preziosi, in mancanza della documentazione del costo di acquisto le stesse sono determinate in misura pari al 25 per cento del corrispettivo della cessione. 2.3.3 Base imponibile dei redditi derivanti dai contratti derivati e da altri contratti a termine di natura finanziaria La disciplina riguardante la determinazione dei redditi e delle perdite derivanti dai rapporti di cui all'art. 81, comma 1, lettera c-quater), del TUIR e' contenuta nell'art. 82, comma 7, del medesimo testo unico, che non ha precedenti nell'attuale legislazione, in quanto la tassazione in forma unitaria dei redditi in esame rappresenta una novita' assoluta della delega in materia di riordino del regime fiscale delle rendite finanziarie. La disposizione da ultimo citata stabilisce che i predetti redditi sono costituiti dal risultato che si ottiene facendo la somma algebrica sia dei differenziali, positivi. o negativi,- che degli altri proventi ed oneri che il contribuente ha percepito o ha sostenuto in relazione a ciascuno dei rapporti di cui alla citata disposizione dell'art. 81, lett. c-quater). Cio' implica una compensazione sia dei differenziali positivi e negativi che dei redditi e delle perdite relativi a ciascun contratto rientrante nell'ambito della disposizione in rassegna. Analogamente a quanto previsto per la determinazione delle plusvalenze e minusvalenze, anche per la determinazione dei redditi e delle perdite realizzati mediante i contratti a termine di natura finanziaria rientranti nell'ambito applicativo della disposizione in esame si deve far riferimento al periodo di imposta in cui ne avviene la percezione. Cio' si desume chiaramente, dalla disposizione di cui al comma 7 dell'art. 82 del TUIR che al riguardo stabilisce che i