L'ASSESSORE
                 PER I BENI CULTURALI ED AMBIENTALI
                    E PER LA PUBBLICA ISTRUZIONE
  Visto lo statuto della regione;
  Visto il decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1975, n.
637;
  Visto il  testo unico  delle leggi  sull'ordinamento del  Governo e
dell'ammistrazione della Regione siciliana, approvato con decreto del
Presidente della regione 28 febbraio 1979, n. 70;
  Vista la legge regionale 1 agosto 1977, n. 80;
  Vista la legge regionale 7 novembre 1980, n. 116;
  Vista la legge 29 giugno 1939, n. 1497;
  Visto il regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357;
  Visto il decreto del Presidente della Repubblica n. 805/1975;
  Vista la legge 8 agosto 1985, n. 431;
  Visto il decreto n.  5436 del 20 marzo 1995, con  il quale e' stata
ricostituita per  il quadriennio  1995-99 la  commissione provinciale
per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Palermo;
  Visto il  verbale della seduta del  27 giugno 1996, nella  quale la
commissione  provinciale  per la  tutela  delle  bellezze naturali  e
panoramiche di Palermo ha individuato come area di notevole interesse
paesaggistico ai  sensi e per gli  effetti dell'art. 1, numeri  3 e 4
della legge  29 giugno 1939,  n. 1497,  una porzione di  territorio a
ridosso della perimetrazione del Parco delle Madonie, ricadente tra i
fiumi Imera Meridionale  e Salso e comprendente i  comuni di Alimena,
Blufi,  Bompietro, Castellana  Sicula,  Petralia  Soprana e  Petralia
Sottana;
  Accertato che  detto verbale e' stato  pubblicato all'albo pretorio
dei comuni  di Alimena dall'8  luglio 1996 all'8 ottobre  1996; Blufi
dal 10 luglio  1996 al 10 ottobre 1996; Bompietro  dal 10 luglio 1996
al 10 ottobre 1996; Castellana Sicula  dal 9 luglio 1996 al 9 ottobre
1996; Petralia Soprana dal 9 luglio  1996 al 9 ottobre 1996; Petralia
Sottana dal 5 luglio 1996 al 3 ottobre 1996;
  Considerato che con  decreto n. 1489 del 9 novembre  1989, e' stato
istituito, ai  sensi della legge  regionale 6  maggio 1981, n.  98, e
della  legge regionale  9 agosto  1988,  n. 14,  il "Parco  regionale
naturale delle Madonie";
  Considerato che  con decreto n.  2272 del  17 maggio 1989  e' stata
vincolata, ai sensi  dell'art. 1, numeri 3 e 4  della legge 29 giugno
1939, n.  1497, l'area  delle Madonie  compresa tra  i fiumi  Imera e
Pollina;
  Considerato  che con  decreto n.  5479 del  6 marzo  1996 e'  stata
ugualmente dichiarata  di notevole interesse paesaggistico,  ai sensi
della legge n. 1497/1939, l'area  limitrofa a sudovest al Parco delle
Madonie  ricadente  nei  comuni di  Caltavuturo,  Castellana  Sicula,
Petralia Sottana e Polizzi Generosa;
  Considerato  che  l'area  in  esame  presenta  emergenze  naturali,
paesaggistiche  e  florofaunistiche  di eccezionale  rilievo  e  che,
pertanto, essa rimane assoggettata  alle disposizioni di cui all'art.
1 della legge 8 agosto 1985, n. 431;
  Ritenuto che l'anzidetta proposta assolve la funzione di uniformare
dal  punto   di  vista  della  tutela   ambientale  territori  aventi
caratteristiche  ambientali equivalenti,  il  cui interesse  pubblico
paesaggistico viene dichiarato con modalita' identiche.
  In particolare, si intende assicurare adeguata tutela a un ambiente
naturale  compatto  ed omogeneo,  che  ingloba  gli interi  territori
comunali  di  Alimena, Blufi  e  Bompietro  per  intero e  parte  dei
comprensori  di  Castellana  Sicula,   Petralia  Soprana  e  Petralia
Sottana, dichiarando  il pubblico interesse  ai sensi della  legge 29
giugno 1939, n. 1497 della  porzione di territorio adiacente al Parco
delle  Madonie,   non  ancora  aggredita  da   cospicui  fenomeni  di
cementificazione,  peraltro  ben  possibili,  che,  se  incontrollati
determinerebbero un'irreparabile  alterazione dell'aspetto originario
dei luoghi;
  Ritenute  oltremodo  congrue  le   motivazioni  della  proposta  di
vincolo, che  comprende un'area che  include il limite  sud orientale
della  provincia di  Palermo, lungo  il confine  con le  provincie di
Caltanissetta ed Enna.
  In  particolare,  la  delimitazione del  territorio  in  argomento,
partendo da  Castellana Sicula,  percorre in  senso orario  una linea
ideale  che si  distacca per  300  m a  valle  della s.s.  120 e  che
coincide in parte con il confine  della zona vincolata ai sensi della
legge  n.   1497/1939  con  il   citato  decreto  n.   2272/1989.  La
perimetrazione procede sino all'intersezione  con il confine comunale
di Geraci  Siculo al  km 72  della s.s. 120  per seguire,  quindi, il
confine comunale che separa Petralia  Soprana da Geraci Siculo fino a
quota 881,  Petralia Soprana da  Gangi fino  a quota 798,  Alimena da
Gangi fino a  quota 831, e infine la frazione  di Petralia Soprana da
Gangi, fino ad  intersecare il confine provinciale  di Enna. Prosegue
ancora  lungo  il  confine  provinciale che  separa  la  frazione  di
Petralia  Soprana  da  Enna fino  a  quota  362,  e  da qui  fino  ad
incrociare il confine  provinciale di Caltanissetta a  quota 346, nei
pressi della masseria  Ficuzza; quindi corre lungo il  confine tra la
provincia di Caltanissetta e il  comune di Alimena fino a raggiungere
il confine tra Petralia Soprana e Caltanissetta.
  All'altezza di Portella dell'Inferno la perimetrazione dell'area in
questione abbandona il confine provinciale di Caltanissetta e procede
seguendo il  tracciato della strada  che attraversa il  territorio di
Petralia  Sottana per  giungere in  contrada Portella  del Morto,  al
confine  tra  Resuttano e  Petralia  Sottana;  prosegue poi  fino  al
vallone San Giorgio  a quota 506 e, risalito questo  vallone lungo il
corso del torrente Avanella, interseca  la s.s. 120 all'altezza della
sorgente  Frazucchi  nel  territorio  di  Castellana  Sicula  fino  a
ricongiungersi con il punto di partenza;
  Considerato che  la suddetta perimetrazione corrisponde  alle valli
dell'Alto Salso e  dell'Imera, le quali rappresentano  un unicum, non
soltanto  dal  punto di  vista  geomorfologico,  ma anche  da  quello
storicoantropologico: tangibilmente, infatti,  le creste montuose che
chiudono i valloni dell'Imera Meridionale e del Salso hanno conferito
a  detti  territori uno  sviluppo  unitario,  che  nei secoli  si  e'
connotato per la compattezza del tessuto sociale.
  Il   paesaggio  e'   caratterizzato  dai   rilievi  delle   Madonie
meridionali,  che degradano  dolcemente verso  il Mare  Mediterraneo:
esso  si manifesta  in una  sequenza di  suggestivi quadri  naturali,
godibili dalle  sommita' delle colline  e dai numerosi  percorsi che,
districandosi  da  un  vallone all'altro,  consentono  di  apprezzare
l'amenita'  dei luoghi.  Si  propongono allo  sguardo fonti  d'acqua,
torrenti e  fiumi, mentre  una vegetazione  varia e  differenziata in
dipendenza  delle altimetrie,  degli ecosistemi,  della vicinanza  ai
borghi  e ai  nuclei  abitativi (tamerici,  frassini, giunchi,  rovi,
querce,  etc.),  sia  in  forma spontanea  che  nei  coltivi,  lascia
percepire  la vitalita'  di questo  ambiente agreste,  dove rimangono
tangibili i trascorsi eventi storici e temporali.
  Sull'Imera, nel  territorio comunale di Castellana  Sicula, sorgono
le borgate storiche  di Calcarelli, Nociazzi e  Catalani, nonche' una
fitta  catena di  mulini ed  abbeveratoi che  origina un'immagine  di
acqua continuamente  filtrante e rotante sul  territorio, caduta giu'
dagli alti rilievi che lo chiudono a nord per scorrere nella profonda
valle  dove  i borghi  si  susseguono  in  una maglia  invisibile  di
antropizzazione diffusa.
  Analogamente,  ad est,  si apre  a  ventaglio sul  Salso la  corona
montuosa da  dove esso  scaturisce, arabescata  di contrade  e nuclei
abitati direttamente legati allo scorrere del fiume, che e' il motivo
conduttore della vita di queste comunita'.
  La viabilita'  interna e' costituita  in massima parte da  una rete
secondaria  di  strade  e  trazzere che  collegano  le  numerosissime
frazioni, contrade, borgate e case  sparse per tutta l'estensione del
territorio.
  Il  paesaggio,  prevalentemente   agricolo,  e'  caratterizzato  da
colture  di  tipo cerealicolo  ed  in  particolare fave,  frumento  e
foraggi; diffuso e' l'allevamento di ovini, suini e bovini, sia nelle
forme  di grosse  mandrie, che  nella conduzione  di aziende  di tipo
familiare.
  La valle ha con l'altopiano un rapporto antico, che si apprezza nel
perdurare della transumanza, quando, nella stagione delle "restucce",
i  vaccari delle  valli ormai  brulle  si trasferiscono  con le  loro
mandrie nelle valli  piu' alte e piu' umide, dove  l'erba assicura un
buon  pascolo.  La spazialita'  dei  campi,  frazionati in  un  vasto
mosaico  le cui  tessere corrispondono  alle varie  proprieta', viene
accentrata dalla  grande luminosita' irradiata puntualmente  e il cui
cromatismo  muta con  il  susseguirsi delle  stagioni;  cosi' che  le
campagne si mostrano con un vivace  colore porpora a maggio quando la
pianta  del   fieno  (sulla)   e'  fiorita,   per  poi   assumere  un
luminosissimo  giallo oro  nel periodo  estivo, quando  i campi  sono
ricchi di  messi, e quindi  svelare il colore della  terra, disegnata
dai solchi degli aratri dopo il  raccolto, infine i campi si colorano
di  verde  quando  sono  ricoperti  di erba  e  ricomincia  il  ciclo
stagionale della crescita del grano.
  Il   territorio  preso   in   esame  nella   proposta  di   vincolo
paesaggistico e' racchiuso tra l'Imera Meridionale ed il Salso (Acqua
Amara), i quali,  riunendosi, si chiudono ad imbuto  e delimitano due
ampie  vallate  aventi  caratteri   omogenei  e  che  possono  essere
considerate come  l'impluvio delle cime madonite:  esse costituiscono
un'entita'  naturale,  antropologica,  storica, economica  e  sociale
difficilmente scorporabile e scientificamente inscindibile.
  Il fiume Salso,  un tempo ricco di anguille, e'  lungo 144 km; esso
nasce dalle Madonie,  presso Portella dei Bifolchi a circa  1350 m di
altitudine, con il nome di Fiume di Petralia, attraversa con un corso
tortuoso  la Piana  di  Licata e  sfocia nel  Mediterraneo  a sud  di
Licata.  Oltre  ad  essere  il  limite  amministrativo  di  comuni  e
province, il Salso e' sempre stato ed e' ancora l'elemento geografico
di confine tra la Sicilia orientale e l'occidentale.
  Il suo nome  deriva dai terreni ricchi di salgemma  in cui il fiume
si addentra prima di giungere alle coste meridionali; esso era quindi
la "via del sale" per le  carovane arabe che seguendo il percorso del
fiume  lungo  le  trazzere  parallele, andavano  a  rifornirsi  nelle
miniere  di  salgemma,  e  attraversato  Raffo,  punto  obbligato  di
passaggio  e  di  ristoro,   giungevano  dal  "Passo  della  lettiga"
nell'antichissima localita' detta "Pirina", oggi forse identificabile
con la borgata  di "Pira". Gli arabi hanno qui  lasciato molte tracce
della loro cultura  come si puo' riscontrare nei  manufatti, ma anche
nel  modo di  vestire dei  contadini, nel  linguaggio, nel  riserbo e
nella  sottomissione  della donna  all'uomo,  nel  modo di  usare  lo
scialle e di  pettinarsi, nei lamenti, nei canti e  negli stessi nomi
imposti alle terre dove essi si soffermavano.
  Prima ancora,  il fiume Salso  era stato l'autostrada  percorsa dai
mercanti di  ossidiana prima e dai  Greci poi, che ne  fecero uno dei
principali  strumenti per  la  loro penetrazione;  e,  in epoca  piu'
recente,  anche  i  normanni,  gli angioini  e  gli  aragonesi  hanno
lasciato tangibili testimonianze del loro passaggio.
  In  particolare,  si  possono   cogliere  evidenti  impronte  della
civilta'  aragonese  a Salici,  a  Addauro  e a  Principato  Petralia
Soprana):  li' antiche  residenze  nobiliari in  pietra con  cipressi
posti quasi a  loro sentinella, qui balconi  con splendide inferriate
in ferro battuto e fiori di ferro agli angoli.
  Il Salso  costituisce la massima emergenza  paesaggistica dell'area
presa  in considerazione,  cui fanno  da  sfondo naturale  le alte  e
incombenti  vette  delle  Madonie,  che, con  le  loro  candide  cime
innevate, creano nel periodo invernale uno straordinario e suggestivo
scenario in conflitto con i verdissimi pascoli delle valli.
  La  zona delimitata,  oltre ad  avere una  notevole importanza  dal
punto di vista  paesaggistico e naturalistico, anche  per la presenza
delle numerose  balze che la caratterizzano,  presenta numerose altre
valenze di tipo architettonico  e archeologico: sono infatti presenti
numerosi siti archeologici,  in parte evidenziati ed  in parte ancora
in fase di studio, specialmente nella zona piu' a sud, nel territorio
di  Alimena.  Rilevante  e'  inoltre  l'interesse  antropologico  del
territorio, soprattutto  per la  massiccia presenza  di borgate  e di
case sparse, caratteristiche semplici  abitazioni in pietra che fanno
parte  integrante di  un territorio  nel quale  sembrano esistere  da
sempre.
  Fanno parte del paesaggio anche  i numerosi pozzi scavati nei campi
e  ricoperti in  pietra  ed  i cumuli  di  pietre  che denunziano  la
presenza continua  dell'uomo che  strappa alle zolle  ogni centimetro
per rendere la  terra produttiva e trarne  sostentamento, senza pero'
alterare l'aspetto  dei luoghi, cosi'  che il paesaggio,  pur mutando
continuamente, sembra sempre rimanere lo stesso, sereno e silente.
  Anche i rapporti sociali ed economici rimangono legati strettamente
alla fisicita' della valle, che  diviene "piazza", luogo d'incontro e
di  scambio, di  rapporti interpersonali  che si  concretizzano nello
spostamento da  una contrada all'altra  per la conduzione  dei propri
poderi, nel susseguirsi delle feste  di borgata, a cui partecipano in
massa tutte  le altre,  nella fitta  rete di  matrimoni che  legano a
catena un  borgo con  un altro e  via di seguito  fino a  chiudere la
maglia, cosi' che ognuno sente come proprio l'intero territorio della
valle. Gli  stretti rapporti  e scambi esistenti  tra i  vari centri,
borghi  e  frazioni  vengono istituzionalizzati  appunto  mediante  i
matrimoni, che  tessono nel  territorio una  fitta rete  di relazioni
derivanti  dagli interessi  sorti per  la cura  dei poderi  ereditati
altrove e divenuti propri nella percezione visuale.
  Tutte le antiche borgate avevano con  il loro centro un rapporto di
stile medievale: la parte dominante della societa' era accentrata nel
paese, mentre i ceti piu' poveri, erano relegati nelle borgate, in un
rapporto di distinzione di qualita' dei rapporti sociali.
  La classe nobiliare  ha legato storicamente a  se' quella contadina
in  un rapporto  apparentemente egualitario,  ma di  tipo funzionale,
concedendo la possibilita' di edificare  e di potere fruire, anche in
quantita' minima, dei prodotti della terra.
  E'  questo,  quindi,  un  ambiente naturale  in  cui  affiorano  le
caratteristiche  di una  antica  cultura  contadina che,  attivamente
presente,   mostra  la   sua   laboriosita',   la  solidarieta',   la
generosita', la  semplicita' e le  buone maniere, il rispetto  per le
persone, per le cose e per  la natura, la condivisione dei sentimenti
di  gioia   e  di  dolore   caratteristiche  queste  che   la  rapida
trasformazione  sociale,  avvenuta  in tempi  relativamente  recenti,
tende a sopprimere e relegare al ruolo di arretratezza.
  La  valle  del Salso  e  dell'Imera  presenta inconfutabilmente  un
paesaggio   luminoso  e   gradevole,   fortemente  caratterizzato   e
differenziato da altre zone brulle dell'entroterra siciliano: spazi e
luci, vuoti e presenza umana tracciano  una mappa che il tempo non ha
ancora  modificato,  grazie  anche  alla  distanza  e  all'isolamento
rispetto ad aree fortemente antropizzate e degradate.
  Questo territorio merita, pertanto, un intervento di salvaguardia e
tutela  per  il  mantenimento  di un'oasi  naturale  contrapposta  al
degrado  generalizzato che  minaccia  inesorabilmente  la storia,  la
tradizione  e la  cultura dei  luoghi; tutela  che tuttavia  non deve
risolversi nell'acritica  ibernazione di tutto  quanto il tempo  e la
storia hanno  lasciato come loro  testimonianza e di tutto  quanto la
naturale trasformazione ha determinato nella formazione della valle.
  Scopo di  questa, cosi' come  di ogni altra azione  di salvaguardia
ambientale,  e'   principalmente  quello  di   prevenire  l'eventuale
dilagare   di   costruzioni   prive  di   qualita'   architettoniche,
incompatibili con  il notevole  interesse paesaggistico  del contesto
ambientale perche' non  corrispondenti alle caratteristiche originali
dei materiali, alle tecniche  costruttive e alla cultura tradizionale
dei luoghi, che tuttavia certamente e inevitabilmente subiranno delle
trasformazioni per mano dell'uomo.
  La  futura   trasformazione  dell'ambiente  dovra'   quindi  essere
programmata, regolata e controllata  in maniera congrua, evitando che
le  testimonianze  storiche e  le  bellezze  naturali possano  subire
quelle manomissioni irreversibili che hanno investito tante parti del
territorio   siciliano   e   in  particolare,   proprio   i   margini
settentrionali, nei pressi del bivio  Madonnuzza. Da qui, infatti, un
insediamento  dichiarato produttivo  ha cominciato  a dilagare  nelle
valli  sottostanti, continuando  a riproporre  tipologie estranee  al
contesto  e   architettonicamente  squalificate;  e  altre   aree  di
espansione,  seppure  caratterizzate  da  volumetrie  di  proporzioni
ridotte  rispetto  a  quelle  della  sella  di  Madonnuzza,  emergono
purtroppo nel territorio sia per i materiali adottati che per il modo
di   rapportarsi   coi   nuclei  storici   preesistenti:   si   pensi
all'espansione di Fasano' verso la  valle di Saccu' oppure ai recenti
insediamenti periferici di Alimena.
  Alcuni  interventi costruttivi  estranei  alla  cultura dei  luoghi
trovano  ragione  d'essere  nella  necessita' di  adeguare  i  vecchi
fabbricati  alle  attuali esigenze  funzionali  e  statiche: ma  cio'
sovente si  traduce in  opere del tutto  inadeguate alla  realta' del
territorio.  I   paramenti  murari  vengono   cosi'  sistematicamente
sottoposti all'introduzione lacerante di cordoli in cemento armato di
sopraelevazioni   e   di    ampliamenti   improntati   alla   massima
approssimazione costruttiva,  con l'effetto di squalificare  i centri
abitati, privati delle loro caratteristiche originarie;
  Viste  le  opposizioni  ritualmente avanzate  avverso  la  suddetta
proposta, e precisamente:
  1) opposizione  avanzata dall'ing. Giuseppe Marino,  nella qualita'
di presidente e legale rappresentante della Soc. cons. a r.l. diga di
Blufi,  che, con  atto  datato  4 ottobre  1996,  premesso di  essere
affidataria  dei lavori  di costruzione  della c.d.  diga di  Blufi e
quindi  legittimata a  proporre  opposizione avverso  la proposta  di
vincolo paesaggistico  di tale localita', rileva  il travisamento dei
fatti in cui sarebbe incorsa  la commissione proponente: essa infatti
non ha considerato che, dall'inizio  del 1991, e' stato impiantato il
cantiere  per  la  costruzione  della   c.d.  diga  di  Blufi,  opere
rilevantissime, che sono immediatamente  visibili e che daranno vita,
a seguito della  costruzione della diga a  una radicale modificazione
dell'asta  dell'Imera   Meridionale,  da   Mulino  Oliva   sino  alla
confluenza del torrente Maimone, che verra' coperta dall'invaso.
  La  proposta e'  carente anche  riguardo alle  cave dalle  quali e'
prevista  l'estrazione del  materiale  necessario  per la  formazione
dello sbarramento:  viene infatti  indicata solo quella  in localita'
Cozzo  Celsi, in  territorio  di Petralia  Sottana,  mentre non  sono
menzionate  altre cave  dalle quali  bisognera' approvvigionarsi  del
materiale per la diga;
  2) opposizione avanzata con nota n.  4373 datata 4 ottobre 1996 dal
sindaco  di  Blufi,  il   quale,  premessa  una  ricostruzione  delle
competenze  e delle  funzioni esercitate  nella Regione  siciliana in
materia di tutela dell'ambiente, rileva che rimane ancora incompresa,
anche a  causa della  frammentazione dei  poteri, la  "filosofia" dei
beni   culturali  e   ambientali,   dalla   cui  gestione   rimangono
incomprensibilmente esclusi gli enti locali.
  In  particolare,  la  contestata  proposta, che  ha  comportato  il
vincolo  paesaggistico  sull'intero  territorio blufese  senza  alcun
contatto   preliminare   con  l'amministrazione   comunale,   sarebbe
oltremodo lesiva degli interessi delle comunita' interessate.
  Risulterebbe  infatti soggetto  alle misure  di salvaguardia  della
legge n.  1497/1939 l'intero  abitato di Blufi,  privo in  realta' di
qualsiasi valore estetico o tradizionale,  e comunque gia' oggetto di
specifica considerazione  da parte dell'amministrazione  comunale, la
quale,  se consultata,  sarebbe stata  in grado  di collaborare  alla
definizione delle aree meritevoli di tutela.
  Queste,  per  il  comune  di Blufi,  coinciderebbero  con  le  zone
territoriali  omogenee  "E"  -  verde agricolo,  nonche'  con  l'area
circostante il complesso monumentale  santuario Madonna dell'Olio, da
proteggere    come    preminente     emergenza    architettonica    e
storicoreligiosa delle Madonie.
  Da rigettare e'  invece la proposta di tutela ai  sensi della legge
n.  1497/1939 dell'intero  territorio comunale,  dalla quale  debbono
essere stralciate quelle aree degli agglomerati urbani costituenti le
zone territoriali  omogenee, come  delimitate nelle  previsioni dello
strumento urbanistico ai sensi del decreto ministeriale n. 1444/1968,
in  conformita'  a,  quanto  del resto  disposto  dal  secondo  comma
dell'art. 1 della legge n. 431/1985.
  Il comune di  Blufi, che chiede di essere sentito  e di collaborare
alla ridefinizione del  perimetro del vincolo, fa  presente di potere
introdurre  nelle norme  di  attuazione  dello strumento  urbanistico
norme d'uso  e di valorizzazione  ambientale idonee a  assicurare, in
sede di  rilascio della concessione  ad edificare, il  rispetto delle
valenze paesaggistiche presenti nelle aree considerate;
  3) osservazioni avanzate  con nota n. 17380 del 4  ottobre 1996 dal
prof. Vincenzo  Liguori, nella qualita' di  commissario straordinario
protempore dell'Ente  acquedotti siciliano, detentore per  il demanio
della Regione siciliana dei  siti occorrenti alla realizzazione della
diga e del serbatoio di Blufi.
  L'E.A.S. ha  in avanzato corso  di esecuzione la  realizzazione del
sistema  acquedottistico  di  Blufi,  interventi  assai  rilevanti  e
complessi.
  In  particolare,  la  costruzione  della diga  di  Blufi  e'  stata
dichiarata opera  di pubblica  utilita' urgente ed  indifferibile con
decreto  lavori  pubblici  29  marzo   1989,  n.  360/6;  la  diga  e
l'acquedotto di  Blufi sono  stati dichiarati dalla  Giunta regionale
con  delibera 9  agosto  1994, n.  369 opera  strategica  e priva  di
alternative  per l'alimentazione  idropotabile  di  una zona  critica
della Sicilia.
  In questa  veste, l'ente rileva preliminarmente  che la commissione
che  ha  formulato  la  proposta di  vincolo  risulta  irregolarmente
costituita, perche' di essa dovevano  far parte, ai sensi dell'art. 2
della legge n. 1497/1939, i sindaci dei comuni interessati, nonche' i
rappresentanti  di  particolari   categorie  professionali,  soggetti
istituzionali della cui presenza non  vi e' traccia nei verbali della
presenza  ne' di  questi soggetti  istituzionali, con  la conseguente
nullita' della proposta adottata da tale organo.
  Gli elementi del territorio da vincolare, cosi' come elencati nelle
relazioni  allegate  alla  proposta contestata,  non  coincidono  con
quelli previsti dall'art. 1 della legge n. 1497/1939: infatti, i beni
archeologici e paleontologici sono tutelati dalla legge n. 1089/1939,
e  cosi'  pure i  bagli  storici  e i  beni  di  interesse storico  e
artistico;  mentre la  geomorfologia  e la  idrografia sono  protette
dalla  normativa sulla  difesa del  suolo, contenuta  nella legge  18
maggio  1989,  n.  183,  che non  attribuisce  alcuna  funzione  alla
commissione  provinciale  per la  tutela  delle  bellezze naturali  e
panoramiche.
  Anche la tutela geoambientale, sulla  quale si diffonde la proposta
contestata,  sembra  esulare  dalle  funzioni  della  protezione  del
paesaggio:  in ogni  caso, la  descrizione dell'attivita'  estrattiva
assunta dalla commissione  non corrisponde alla realta'  dei fatti ed
e' quindi  paradigmatica dell'inattendibilita' degli  accertamenti su
cui si fonda la proposta  di vincolo, la cui motivazione risulterebbe
quindi retorica, ricca di argomenti tecnicoscientifici, che pero' non
coincidono con gli elementi  di notevole interesse pubblico richiesti
dalla legge n. 1497/1939 per l'apposizione di un vincolo di tutela.
  La relazione  risulterebbe tra l'altro quanto  mai svincolata dallo
stato dei luoghi:  essa esalta la organizzazione  arcadica della vita
sociale ed economica all'interno della  valle, ma tace della presenza
dell'autostrada  A19  che  attraversa  il  territorio  che  si  vuole
tutelare e tace parimenti della disoccupazione, che avrebbe raggiunto
valori superiori al 50% della forza lavoro.
  Il  vincolo,  insieme  alla   disposizione  contenuta  nella  legge
regionale  n. 24/1991,  che  vieta il  rilascio  di autorizzazioni  a
cavare in  siti ove e' apposto  il vincolo della legge  n. 1497/1939,
renderebbe ineseguibile il completamento dell'acquedotto e della diga
di Blufi e  l'apertura delle cave occorrenti per  la sua costruzione,
opera  di  interesse  generale,  dichiarata di  pubblica  utilita'  e
urgenza. Il  pubblico interesse affermato dalla  proposta si porrebbe
cosi'  in aperta  contraddizione con  quello, altrettanto  rilevante,
all'esecuzione di tale importante infrastruttura dichiarata di valore
strategico  dal  Governo  regionale;   e  cio'  in  aperto  dispregio
dell'art. 13 della legge n. 1497/1939;
  4) opposizione avanzata  dal sindaco di Bompietro con  nota n. 5519
datata 7 ottobre 1996.
  L'opponente rileva che tutti i comuni delle Madonie sono stati gia'
interessati  dal  vastissimo   vincolo  pesaggistico  precedentemente
adottato  e, in  larga parte,  essi sono  ricompresi all'interno  del
Parco  delle Madonie;  i vincoli  della c.d.  legge Galasso  e quelli
urbanistici  di  protezione  delle  coste  dei  boschi  concorrono  a
definire  un  vasto quadro  di  divieti,  ai  quali sia  aggiunge  la
proposta di  vincolo contestata, che,  inopinatamente, contraddicendo
il precedente  vincolo paesistico  delle Madonie, comprende  anche il
territorio di Bompietro.
  La proposta  di vincolo  non corrisponderebbe ad  alcun particolare
carattere  di  pregio  del  paesaggio,  spopolato  da  un'emigrazione
massiccia,  frutto della  depressione dell'economia  rurale, che  mal
puo'  sopportare  i  costi  indotti  dalla  tutela  paesaggistica  ai
limitati, ma pur sempre necessari, interventi edilizi.
  Il comune opponente osserva quindi  che il vincolo d'insieme di cui
al  decreto  assessoriale  del  17 maggio  1989  aveva  espressamente
escluso  un'isola   formata  dai  territori  dei   comuni  di  Blufi,
Bompietro, Alimena  e dalle contigue  cimose di terreni  marginali di
Castellana Sicula,  Petralia Soprana  e Sottana;  in tal  modo veniva
espresso,  sostanzialmente, un  giudizio di  non esteticita'  di tali
territori, che,  al contrario  vengano adesso dichiarati  di pubblico
interesse paesaggistico  senza che  la commissione abbia  ritenuto di
fornire  un'ampia  e dettagliata  motivazione  dei  motivi di  questa
inversione  di  tendenza,   decisamente  contraddittoria  e  illogica
rispetto agli atti precedenti.
  La relazione  storicotecnica posta a fondamento  della proposta, se
illustrare  i vari  lineamenti del  territorio, non  da' conto  delle
modalita'   attraverso  le   quali   il   vincolo  intende   incidere
positivamente su tali  elementi di pregio, che la  proposta si limita
quindi a elencare.
  Resta ad  esempio inspiegato in  che modo il  vincolo paesaggistico
possa  incidere su  un territorio  che  viene descritto  in stato  di
diffuso dissesto, situazione questa che giustificherebbe l'intervento
del competente  ufficio del  Genio civile, ma  che rende  viziata per
sviamento di potere una proposta di vincolo cosi' motivata.
  Le due cave in esercizio, evocate nella relazione come concause del
dissesto geologico, non giustificano  la proposta di vincolo, perche'
la soprintendenza  sarebbe potuta  intervenire comunque,  anche senza
apporre un  vincolo di  bellezza d'insieme,  per arginare  i dissesti
creati da quelle attivita' estrattive (articoli 8 e 11 della legge n.
1497/1939).
  La citata relazione  sarebbe poi carente di una  scheda dalla quale
poteva evincersi la critica  realta' socioeconomica del territorio da
vincolare e,  in particolare, l'as-  senza di una  concreta attivita'
edilizia  o  industriale  e,  quindi,  l'insussistenza  di  possibili
manomissioni del territorio agricolo.
  Sotto questo  profilo, la proposta di  vincolo comporterebbe limiti
esiziali  alle  attivita'  economiche,   che  necessitano  invece  di
incentivazioni e sostegni;
  5) osservazioni avanzate  dal sindaco di Alimena, che,  con nota n.
6238 datata 7  ottobre 1996, ripete e  ribadisce quanto rappresentato
dal sindaco del comune di Bompietro;
  6) opposizione avanzata  dal sindaco di Petralia  Soprana, che, con
nota n. 10482 datata 4 ottobre  1996, afferma che l'apposizione di un
vincolo  indiscriminato  su  tutto   il  territorio  si  risolverebbe
nell'istituzione  di un  centro di  potere assolutamente  sterile, e,
riteniamo senza alcuna valenza di efficacia.
                               Art. 1
  Secondo  l'opponente,  infatti,  le   comunita'  madonite  sono  le
migliori garanti  della conservazione del loro  territorio, nel quale
non  si  sono  mai  riscontrati grandi  fenomeni  di  abusivismo;  al
contrario,  sono state  le  grandi  infrastrutture, realizzate  dallo
Stato o dalla Regione, ad  arrecare danni gravissimi al paesaggio, ai
quali nessun  vincolo e' mai  stato in  condizione di porre  argine o
rimedio.
  In realta',  l'indiscriminato vincolo paesaggistico  sarebbe quanto
mai penalizzante per l'economia locale, incentiverebbe l'esodo che ha
colpito  la  comunita' di  Petralia,  che  perde circa  70  residenti
l'anno,  e soprattutto  costituirebbe  una grave  lesione dei  poteri
della amministrazione locale, delegata  per legge alla pianificazione
territoriale: infatti la  soprintendenza diverrebbe la pianificatrice
dell'assetto territoriale comunale, mortificando con ritardi, pastoie
e vessazioni le popolazioni madonite.
  Viste le controdeduzioni della  soprintendenza di Palermo, prodotte
con la nota n.  962 del 25 luglio 1997, dove tra  l'altro e' cenno di
alcune istanze  mirantialla salvaguardia paesaggistica  o monumentale
del territorio in argomento, e precisamente:
  nota  prot.  n. 264  del  25  ottobre  1993  del comune  di  Blufi,
contenente la richiesta di apporre un vincolo ai sensi della legge n.
1089/1939  sull'area  in  cui  ricade il  complesso  monastico  della
Madonna dell'Olio;
  nota del 21  settembre 1993, con la  quale l'associazione culturale
Nuciforo di Alimena ha richiesto  di apporre un vincolo paesaggistico
ai sensi della  legge n. 1497/1939 su una porzione  del territorio di
Alimena a  ridosso del centro  abitato, e successivi  solleciti della
stessa associazione;
  nota prot.  n. 2711  del 2 marzo  1994, con la  quale il  comune di
Castellana   Sicula   ha    richiesto   l'apposizione   del   vincolo
paesaggistico  di cui  alla legge  n. 1497/1939  su una  porzione del
territorio  del  suddetto comune  che  non  era stata  inglobata  nel
vincolo di cui al decreto n. 1489 del 9 novembre 1989;
  Accertato  che  per la  definizione  della  proposta di  vincolo  i
tecnici della soprintendenza hanno  effettuato diversi sopralluoghi e
acquisito molteplici  studi del  territorio, miranti  alla conoscenza
dei diversi  aspetti del territorio,  considerato dal punto  di vista
geomorfologico, naturalistico,  etnoantropologico, storicoartistico e
archeologico. Anche i componenti  della commissione per la protezione
delle bellezze  naturali hanno effettuato una  ricognizione dell'area
da vincolare;
  Ritenute infondate le argomentazioni e  le censure alla proposta di
vincolo palesate nelle suesposte opposizioni e osservazioni.
  In particolare si rileva che:
  A) come ebbe modo di osservare  la Corte costituzionale con la nota
decisione n. 15  del 1968, i provvedimenti  dichiarativi del pubblico
interesse   paesaggistico  di   una  data   area  non   hanno  natura
espropriativa, perche' rientrano tra gli atti con i quali la pubblica
amministrazione,  accertata una  qualita'  insita  in un  determinato
bene,  che preesiste  all'insorgere  di  qualsiasi pretesa  giuridica
sullo   stesso,   ne   fa'   discendere   le   conseguenze   previste
dall'ordinamento,  che ha  posto la  protezione del  paesaggio tra  i
principi fondamentali della Costituzione.
  E  le  conseguenze  del  vincolo si  risolvono,  per  legge,  nella
subordinazione degli interventi che  possono modificare l'aspetto dei
luoghi al preventivo nulla  osta dell'autorita' sovraordinata: non si
tratta  quindi di  un  divieto  assoluto di  edificazione,  ma di  un
vincolo  di controllo,  che in  linea di  principio non  impedisce la
realizzazione di  nessun tipo  di progettualita', fermo  restando che
gli interventi  sottoposti al  parere della  sovraintendenza dovranno
rispettare  la  qualita'  del   paesaggio  protetto,  secondo  quanto
espresso dalle motivazioni della proposta di vincolo.
  Nessun divieto  impedisce, per  le stesse ragioni,  la prosecuzione
delle  opere  e  delle   attivita'  legittimamente  intraprese  prima
dell'entrata in vigore del vincolo, siano esse di rilevante interesse
pubblico o meno.
  Ne discende  che la  circostanza che  la descrizione  del paesaggio
effettuata  nella  proposta  avanzata  dalla  Commissione  non  abbia
adeguatamente  considerato l'esistenza  del  cantiere  di una  grande
opera infrastrutturale e  di tutte le cave esistenti,  attive o meno,
non  incide affatto  sulla congruita'  e legittimita'  della proposta
medesima.
  Essa infatti costituisce uno strumento di analisi e di salvaguardia
dei valori paesistici del  territorio, che sussistono comunque, anche
con la pur incombente presenza dell'invaso in fase di realizzazione e
con la negativa  incidenza di pesanti detrattori  ambientali quali le
cave  esercite, che  la proposta  di  vincolo non  manca peraltro  di
sottolineare.
  Essa, in particolare, da' conto dell'esistenza della cava in locali
Cannatello  Garrasia, autorizzata  ai sensi  dell'art. 9  della legge
regionale n.  127/1980, previo parere favorevole  rilasciato nel 1994
dalla  soprintendenza,  e  di  recente in  attivita';  di  quella  in
localita'  Serra  S.  Filippo,  anch'essa a  suo  tempo  regolarmente
autorizzata ai  sensi della legge  regionale n. 127/1980, ma  da poco
fuori esercizio; e  infine della cava di sabbia da  utilizzare per la
costruzione  della  diga,  ricadente  in  localita'  Cozzo  Gelsi  ed
esercita  dalla  diga di  Blufi  soc.  cons.  a  r.l., che  e'  stata
autorizzata dalla  soprintendenza, ai  sensi dell'art. 9  della legge
regionale n. 127/1980, con parere del 1994 e risulta in attivita'.
  Altri  progetti  di coltivazione  di  cava,  ricadenti nella  valle
dell'Imera  e del  Salso,  sono  stati a  suo  tempo rigettati  dalla
soprintendenza per  i beni  culturali e ambientali  di Palermo,  e in
particolare  quello destinato  a  incidere in  localita' Fasano'  nel
comune  di Petralia  Soprana, predisposto  dalla diga  di Blufi  soc.
cons. a  r.l. e rigettato  dalla soprintendenza ai sensi  dell'art. 9
della legge  regionale n. 127/1980,  con parere  del 1991; e  la cava
prevista dalla  diga di Blufi  soc. cons.  a r.l. in  localita' Balza
Areddula  nei  comuni   di  Alimena  e  Bompietro,   sulla  quale  la
soprintendenza si e'  espressa negativamente con parere  del 1993. In
sede di elaborazione della proposta di vincolo non si e' tenuto conto
di  questi  progetti,  che  non   sono  stati  approvati,  e  neppure
dell'intendimento frattanto manifestato dalla  societa' diga di Blufi
di aprire una cava di conglomerati in localita' Cozzo Serre Rosse nel
comune di Castellana Sicula.
  Non  si   sono  parimenti   considerate  le   attivita'  estrattive
esercitate  abusivamente,  e  comunque  senza  il  prescritto  parere
vincolante della soprintendenza, tra le quali rileva quella ricadente
in  localita' Salaci.  Al di  la'  del riferimento  ai vari  progetti
approvati o respinti, la  pesante incidenza dell'attivita' estrattiva
sul  delicato   assetto  paesistico   e  geologico  della   valle  e'
compiutamente   valutata  nella   proposta   di   vincolo,  che,   in
particolare, rileva come "le cave producono, inevitabilmente, effetti
dequalificanti sull'ambiente; gli scavi  spesso realizzati nella piu'
assoluta  noncuranza del  valore  estetico  del paesaggio,  deturpano
versanti ben  visibili". E'  da ritenersi  che il  sopraggiungere del
vincolo non manchera' di introdurre migliori forme di controllo tanto
sulle  cave in  esercizio quanto  su quelle  non attive.  E' noto,  a
questo  riguardo,  che  la   legge  regionale  n.  24/1991  impedisce
l'apertura di  nuovi fronti di  cava in aree dichiarate  di interesse
paesaggistico,   fino  all'approvazione   del  piano   regionale  dei
materiali  di  cave,  la  cui  predisposizione  quella  legge  voleva
presumibilmente sollecitare.
  E'  evidente peraltro  che la  potesta' di  dichiarare il  notevole
interesse pubblico del paesaggio di una determinata area non e' e non
puo' essere impedita  ne' dal perdurante ritardo  nella redazione del
piano  delle cave,  ne' dalle  conseguenze che  cio' determina  sulle
attivita' estrattive, ne', infine, dal collegamento tra l'apertura di
nuove  cave   impedita  dalla  legge   regionale  n.  24/1991   e  la
realizzazione della diga di Blufi.
  Non sfugge la  complessita' di questo progetto,  approvato nel 1987
dal C.T.A.R. ai sensi dell'art.  19 della legge regionale n. 21/1985,
la  cui esecuzione,  dichiarata di  rilevante pubblico  interesse, e'
rimasta  peraltro a  lungo sospesa,  ne' tanto  meno l'incidenza  sul
paesaggio dell'opera ultimata: ma  gli opponenti non spiegano perche'
la  preesistenza del  cantiere di  un'opera pubblica  debba escludere
l'adozione di misure di  salvaguardia di quell'ambiente, esigenza che
da questa e altre concomitanti situazioni riesce anzi rafforzata: una
precedente situazione di degrado e' stata infatti ritenuta (Cons. St.
VI, 13 febbraio 1976,  n. 87, Cons. St., VI, 11  giugno 1990, n. 600)
circostanza  che legittima,  piuttosto che  escludere, l'adozione  di
provvedimenti  atti  a  porre  fine   a  quella  sizione  di  degrado
(opposizioni sub 1 e 3);
  B) la  tutela paesistica del territorio  regionale e' espressamente
conferita all'assessorato  dei beni  culturali, mentre  la disciplina
urbanistica rimane nelle attribuzioni comunali.
  Questo assunto  scaturisce dall'esame  delle disposizioni  di legge
intervenute  nel  tempo  e  che hanno  comportato  l'attribuzione  al
suddetto  assessorato  della  esclusiva competenza  nel  settore  del
paesaggio,  e in  particolare dell'art.  3 della  legge regionale  n.
80/1977,  che  intesta  tutte  le attribuzioni  della  Regione  nella
materia dei  beni culturali  ed ambientali  all'assessorato regionale
dei  beni culturali  ed ambientali  e della  pubblica istruzione,  il
quale e' titolare delle funzioni  previste dal decreto del Presidente
della Repubblica 30 ago- sto 1975,  n. 637. Con la legge regionale n.
80/1977  e'   stato  quindi   individuato  un  ambito   esclusivo  di
competenza, scelta questa che non  appare casuale ed e' funzionale al
particolare  grado di  autonomia di  cui gode  la Regione  siciliana,
nonche' al rango di legge costituzionale dello Statuto, che, all'art.
14,  lett. n),  enuclea la  disciplina del  paesaggio tra  le materie
rimesse in via esclusiva al legislatore regionale.
  La tutela  del paesaggio e'  dunque demandata all'assessorato  e ai
suoi organi periferici competenti  per materia, le soprintendenze per
i  beni  culturali e  ambientali,  e,  piu' precisamente,  alle  loro
competenti articolazioni,  e cioe' le  sezioni per i  beni paesistici
architettonici e ambientali (articoli 2 e 16 della legge regionale n.
116/1980),   le  quali   svolg  ono   le  funzioni   attribuite  alle
soprintendenze  dal  decreto  del   Presidente  della  Repubblica  n.
805/1975. A questi uffici e' dunque affidata (art. 31 del decreto del
Presidente della  Repubblica n. 805/1975)  la tutela dei beni  di cui
alla  legge  29 giugno  1939,  n.  1497 e  successive  modificazioni,
nonche'  di   quelli  contemplati  da  leggi   speciali.  Il  primato
dell'interesse  pubblico  alla conservazione  dell'ambiente,  fondato
sull'art.  9 della  Costituzione e  specificatamente affermato  dalla
legge  n. 431/1985,  comporta  che alla  tutela  del paesaggio  viene
rimesso di determinare norme minime  inderogabili per la gestione del
territorio, con  funzione di  limite ed  indirizzo rispetto  ai piani
urbanistici.
  Il vincolo  non impedisce tuttavia un  successivo approfondimento e
recepimento  delle  problematiche  che   esso  pone  da  parte  degli
strumenti  urbanistici, i  quali  sono peraltro  del tutto  autonomi,
anche se la garanzia costituzionale apprestata all'interesse pubblico
alla  conservazione del  paesaggio  conferisce  priorita' ed  urgenza
all'adeguamento   della  pianificazione   urbanistica  ai   suesposti
criteri;  adempimento questo  che non  manchera' di  essere colto  da
questa   amministrazione,  il   cui   ufficio  periferico   manterra'
evidentemente con gli enti locali interessati ogni possibile forma di
collaborazione, cio'  che non e'  in alcun modo impedito  dal vincolo
paesistico (opposizione sub 2);
  C)  la  composizione  della  commissione per  la  protezione  delle
bellezze naturali  e panoramiche  di Palermo, riunitasi  nella seduta
del 27 giugno  1996, e' da ritenersi senza meno  legittima, in quanto
corrispondente ai soggetti  che ne fanno parte ai  sensi dell'art. 31
del decreto del Presidente della Repubblica n. 805/1975, norma che e'
intervenuta, modificandola,  sulla previgente  disposizione contenuta
nella legge n. 1497/1939 (opposizione sub 3);
  D) le motivazioni addotte nella relazione allegata alla proposta di
vincolo, riferite  agli aspetti  etnoantropologici, e  alle emergenze
archeologiche o storicoarchitettoniche presenti  nella valle non sono
state le sole  a determinare la necessita' di  tutelare l'ambiente in
questione. La descrizione di quei valori infatti rappresenta soltanto
una parte delle argomentazioni prese in  esame al fine di motivare la
validita' della proposta.
  La legge  8 agosto 1985,  n. 431 ha sancito  l'espresso superamento
del  concetto di  "bellezza naturale"  fatto proprio  dalla legge  n.
1497/1939.  Mentre  la  concezione sociale,  essenzialmente  statica,
contenuta  negli  enunciati  di quest'ultima  legge,  comportava  una
tutela espressa  in giudizi di  valore estetici e puntuali,  e quindi
quanto  mai  astratti  e   discrezionali,  il  concetto  dinamico  di
paesaggio  espresso dalla  legge n.  431/1985 determina  un'azione di
salvaguardia  incentrata  sulla pianificazione  delle  trasformazioni
assentibili del territorio. Oggetto di tutela e' il paesaggio, inteso
come la forma del territorio creata dalla societa' umana che vi si e'
insediata, e quindi frutto della continua interazione tra la natura e
l'uomo; valore dunque  che comprende il fatto  fisico, oggettivo, ma,
al tempo stesso, richiama e postula il continuo processo creativo con
il quale viene a configurarsi  la percezione visibile del territorio.
In tal  modo la legge  Galasso ha  anche introdotto il  principio che
l'oggetto della  tutela debba  essere il  territorio complessivamente
considerato e non piu' unicamente le bellezze naturali ivi contenute,
 .." tenendo  conto  che  l'insieme  dei  beni,  oggetto  del  piano,
costituisce un  patrimonio non solo  naturale, ma anche  culturale e,
come tale,  meritevole di  tutela e di  valorizzazione congiuntamente
intese" (circolare Ministero beni culturali ed ambientali n. 7472 del
31 agosto 1985, applicazione legge 8 agosto 1985, n. 431).
  Ne discende  che la tutela  paesaggistica deve promuovere  i valori
ambientali del territorio,  con la determinazione non  solo di limiti
di  segno  negativo  ma  anche   di  prescrizioni  positive,  di  usi
privilegiati  dei   beni.  Essa  tende  quindi   a  risolversi  nella
regolamentazione delle scelte d'uso del territorio, considerato nella
sua   interezza  e   globalita'  sotto   il  profilo   morfologico  e
strutturale.  Il superamento  del  modello "staticoconservativo"  che
caratterizzava la legge del 1939 e la opzione della legge n. 431/1985
per  forme  di  salvaguardia gestionaledinamica  comporta  l'evidente
necessita'  di  pervenire  a   una  analisi  complessiva  dell'intero
territorio protetto, del quale debbono enuclearsi tutte le componenti
paesistiche  con   le  loro  interconnessioni  e   i  loro  reciproci
condizionamenti,  al fine  di  delineare una  trama  che consenta  la
effettiva valorizzazione  dei beni ambientali. Si  rende necessario a
tal  fine un  completo monitoraggio  di tipo  ambientalepaesaggistico
idoneo a  indirizzare le scelte che  dovranno incidere, direttamente,
sulla preservazione  e la  riscoperta degli elementi  strutturali del
territorio meritevoli di tutela per il loro valore esteticoculturale,
e, indirettamente, sulle opzioni di sviluppo economico e sociale. Per
fare cio'  occorre procedere il piu'  possibile su vasta scala  e per
ambiti  territoriali  omogenei,  con una  considerazione  dell'intero
ecosistema: flora,  fauna, regime  delle acque, elementi  climatici e
atmosferici, suolo e sottosuolo, ecc. (opposizione sub 3);
  E)  il precedente  vincolo dell'area  delle Madonie,  approvato con
decreto  n.  2272  del  27 giugno  1989,  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale della regione siciliana n. 42  del 2 settembre 1989, non ha
inglobato i territori di Blufi, Bompietro e Alimena, non perche' essi
furono ritenuti  in quella sede non  meritevoli di tutela e  privi di
elementi  di  pregio  paesaggistico,   ma  probabilmente  perche'  le
caratteristiche  ambientali  e  geomortologiche di  questi  territori
risultavano  differenti da  quelle presenti  nel versante  ma donita,
oggetto di quel provvedimento,  caratterizzato da un ambiente montano
piu' che collinare (opposizioni sub 4 e 5);
  F)  nell'analizzare  il  paesaggio   e  le  sue  trasformazioni  le
motivazioni del  vincolo prendono in considerazione  anche la realta'
socioeconomica della valle. Ma tale valutazione, in corrispondenza ai
limiti del potere esercitato da questa amministrazione, e' incentrata
sulle  risorse  naturali e  culturali  del  territorio e  sulle  loro
migliori uti  lizzazioni, che, trattandosi di  beni infungibili, deve
avere ad  oggetto principale  la conservazione  delle caratteristiche
essenziali dei beni stessi, senza disattendere tuttavia tutte le loro
potenzialita'.
  Spetta  ad  altri  e  piu' specifici  strumenti  di  programmazione
indirizzare  lo sviluppo  socioeconomico in  modo compatibile  con le
realta'  culturali  e paesaggisti-  che,  mediante  studi, analisi  e
raffronti  atti a  specificare  i dati  economici  del territorio  in
questione  e a  proporre  concrete soluzioni  per  lo sviluppo  della
valle; ed  e' altrettanto chiaro  che ciascun piano o  programma deve
obbedire alle funzioni  che ad esso assegna  l'ordinamento. Da questo
punto di vista,  la meticolosa elencazione degli  studi economici dei
quali  difetterebbe la  motivazione  della proposta  di vincolo,  non
corrisponde ad alcun criterio, ne' di legge, non essendo essi imposti
da nessuna  specifica normativa, ne'  di logica, essendo  detti studi
del  tutto  inafferenti la  causa  del  potere esercitato  da  questa
amministrazione,  chiamata  a   definire  l'interesse  pubblico  alla
conservazione del  paesaggio e, quindi, tenuta  a individuare secondo
criteri  scientifici tali  risorse,  la cui  economicita', come  beni
infungibili di interesse pubblico, comporta la necessita' di impedire
la loro  compromissione a causa di  altre confliggenti considerazioni
poste in essere da operatori pubblici  o privati (opposizioni sub 4 e
5);
  G) la necessita' di  salvaguardare la configurazione del territorio
delle  valli  dell'Imera  e  del Salso  emerge  dalla  relazione  che
accompagna  la  proposta  di  vincolo,  dove  e'  evidenziato  l'alto
interesse  paesaggistico del  contesto ambientale  in argomento,  che
deve  essere protetto  da modificazioni  incontrollate. La  proposta,
prendendo le mosse dall'analisi degli aspetti geologici, morfologici,
vegetazionali  e  storicotestimoniali, nonche'  delle  trasformazioni
antropiche,  definisce i  corretti  criteri tecnicoscientifici  dello
sviluppo  compatibile  di una  zona  a  rischio  dal punto  di  vista
geomorfologico,  il  cui  dissesto  puo'  essere  evitato  grazie  ad
un'azione  di  tutela  preventiva  che  valga  a  impedire  i  rischi
costituiti da un'eventuale ed incontrollata urbanizzazione.
  I vizi  motivazionali della  proposta non  hanno in  realta' ragion
d'essere: soccorre, sul  punto, la sentenza del TAR di  Palerrno n. 9
del  16  gennaio  1998,  dove  tra l'altro  si  rileva  che  "...  la
motivazione non  costituisce per l'ordinamento  un valore in  se', ma
solo uno  strumento attraverso  il quale  e' possibile  perseguire il
controllo  dell'amministrazione tutte  le  volte in  cui la  medesima
disponga di un potere di scelta piu' o meno ampio ... l'obbligo della
motivazione viene meno nei confronti degli atti normativi e di quelli
a contenuto  generale, con  una disposizione che  trova la  sua ratio
nell'intendimento di  separare la regola  posta da tale  categoria di
atti, astrattamente  idonea a disciplinare una  pluralita' indefinita
di casi, dalle ragioni storiche contingenti del soggetto emanante ...
non  puo essere  revocato  in  dubbio che  ...  un  atto a  contenuto
generale  (si  sottrae) gia'  solo  per  questo aspetto  al  generale
obbligo di motivazione (T.G.A Trento  14 dicembre 1992, n. 456; Cons,
St.,  Sez. IV  13 maggio  1992, n.  511). Peraltro  ... e'  possibile
rinvenire  ...  una  motivazione,  la quale,  nella  specie,  non  e'
contenuta nel solo  atto conclusivo del procedimento,  ma puo' essere
ricavato  anche   dagli  elaborati   tecnici  che   lo  accompagnano"
(opposizioni sub 4 e 5);
  H) in  conformita' alle  leggi numeri  1497/1939 e  431/1985, dalla
proposta di vincolo emergono le valenza paesaggistiche ambientali del
territorio, e,  conseguentemente, le ragioni di  una disciplina d'uso
del territorio  compatibile con il  rispetto e la promozione  di tali
valori;  che, nel  rispetto  delle norme  anzidette  non puo'  essere
lasciato alla  capacita' e alla sensibilita'  delle comunita' locali,
ma richiede l'intervento dell'autorita' a cio' deputata, la quale non
manchera'  peraltro, durante  la gestione  del vincolo,  di porre  in
essere utili momenti di confronto e  di verifica con la popolazione e
con gli enti locali.
  A questo riguardo, e' stato precisato che le disposizioni contenute
nella legge n. 241/1990 non conferiscono ai cittadini, come pure agli
enti  esponenziali, una  indiscriminata facolta'  di controllo  sugli
organi e sui procedimenti amministrativi (TAR Toscana, III, 30 giugno
1995, 167; TAR  Lazio, II, 10 ottobre 1995, n.  1945): tali norme non
sono  applicabili  nei   casi  in  cui  la   disciplina  dettata  per
particolari   settori  sia   strutturata   in   modo  da   soddisfare
diversamente le stesse specifiche esigenze  avute di mira col modello
procedimentale disegnato  dalla legge medesima (TAR  Milano, 3 giugno
1995, n. 778). Cio' vale con  riferimento alla tutela del paesaggio e
alle procedure per il suo esercizio (TAR Palermo, 16 gennaio 1998, n.
9):  ma non  significa che  gli uffici  di questa  amministrazione si
sottrarranno all'obbligo generale di  motivare adeguatamente gli atti
che daranno attuazione al vincolo, e a quello, altrettanto rilevante,
di assicurare concretamente il  rispetto del principio di trasparenza
dell'azione di amministrativa (opposizione n. 6);
  I) la proposta  in esame non e' lesiva  dell'autonomia comunale, ma
corrisponde  alle  funzioni  proprie  del  vincolopaesaggistico,  che
infatti  serve   a  impedire   usi  pregiudizievoli   della  bellezza
panoramica  dei   luoghi.  Cio'   comporta,  evidentemente,   che  le
prescrizioni dell'autorita'  sovraordinata si sovrappongono  a quella
comunale in tema di controllo urbanistico del territorio, ma cio' non
e' affatto  arbitrario (Cons. St., II,  28 giugno 1995, n.  6195; Tar
Puglia, I, 11  aprile 1990, n. 282; TAR Liguria,  26 ottobre 1993, n.
356; TAR Puglia,  I, 17 novembre 1993, n. 845;  TAR Trento, 27 maggio
1994, n.  212; TAR Calabria, 27  maggio 1996, n. 564)  ma costituisce
bensi' l'applicazione delle disposizioni  di legge che demandano alla
soprintendenza  di  individuare  criteri  di  tutela  delle  aree  di
pubblico interesse paesaggistico (opposizione n. 6);
  Rilevato  che l'imposizione  di un  vincolo paesaggistico  ai sensi
della  legge n.  1497/1939 non  determina la  imposizione di  limiti,
specifici  alle   proprieta',  ma  comporta  soltanto   l'obbligo  di
acquisire  la  preventiva  autorizzazione  soprintendentizia  per  le
modificazioni che  si intendano  apportare all'aspetto  esteriore dei
beni  protetti,  indipendentemente  dalla  natura  delle  innovazioni
stesse (T.A.R.  Campania 17  maggio 1994, n.  197; T.A.R  Calabria, 9
marzo 1994, n. 283, T.A.R Lombardia,  21 novembre 1988, n. 927; T.A.R
Campania, V 28 luglio 1992, n. 249);
  Ritenuto, per quanto sopra esposto, di dovere approvare la proposta
avanzata dalla commissione per  la protezione delle bellezze naturali
e  panoramiche di  Palermo  nella  seduta del  27  giugno  1996 e  di
dichiarare il rilevante interesse pubblico, ai sensi dell'art. 1, nn.
3  e  4, della  legge  n.  1497/39,  dell'area meglio  perimetrata  e
descritta  nel  verbale della  seduta  anzidetta,  che si  allega  al
presente decreto sub 1;
  Per questi motivi;
                              Decreta:
                               Art. 1.
  Per le  motivazioni di  cui in  premessa, al  fine di  garantire le
migliori condizioni  di tutela,  e' dichiarata di  notevole interesse
pubblico, ai sensi e per gli effetti  dell'art. 1) numeri 3 e 4 della
legge  n.  29 giugno  1939,  n.  1497,  come  bellezza di  insieme  e
panoramica,  l'area a  ridosso della  perimetrazione del  Parco delle
Madonie,  ricadente   nei  comuni   di  Alimena,   Blufi,  Bompietro,
Castellana  Sicula,  Petralia  Soprana  e  Petralia  Sottana,  meglio
descritta  nel   verbale  del   27  giugno  1996   della  commissione
provinciale per  la tutela delle  bellezze naturali e  panoramiche di
Palermo (allegato  1), all'interno  del perimetro  visualizzato nelle
planimetrie denominate tavola  I e tavola II  (allegato 2), documenti
ai  quali  si  rimanda,  quali parti  integranti  e  sostanziali  del
presente decreto.