L'ASSESSORE PER I BENI CULTURALI ED AMBIENTALI E PER LA PUBBLICA ISTRUZIONE Visto lo statuto della regione; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1975, n. 637; Visto il testo unico delle leggi sull'ordinamento del Governo e dell'ammistrazione della Regione siciliana, approvato con decreto del Presidente della regione 28 febbraio 1979, n. 70; Vista la legge regionale 1 agosto 1977, n. 80; Vista la legge regionale 7 novembre 1980, n. 116; Vista la legge 29 giugno 1939, n. 1497; Visto il regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357; Visto il decreto del Presidente della Repubblica n. 805/1975; Vista la legge 8 agosto 1985, n. 431; Visto il decreto n. 5436 del 20 marzo 1995, con il quale e' stata ricostituita per il quadriennio 1995-99 la commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Palermo; Visto il verbale della seduta del 27 giugno 1996, nella quale la commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Palermo ha individuato come area di notevole interesse paesaggistico ai sensi e per gli effetti dell'art. 1, numeri 3 e 4 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, una porzione di territorio a ridosso della perimetrazione del Parco delle Madonie, ricadente tra i fiumi Imera Meridionale e Salso e comprendente i comuni di Alimena, Blufi, Bompietro, Castellana Sicula, Petralia Soprana e Petralia Sottana; Accertato che detto verbale e' stato pubblicato all'albo pretorio dei comuni di Alimena dall'8 luglio 1996 all'8 ottobre 1996; Blufi dal 10 luglio 1996 al 10 ottobre 1996; Bompietro dal 10 luglio 1996 al 10 ottobre 1996; Castellana Sicula dal 9 luglio 1996 al 9 ottobre 1996; Petralia Soprana dal 9 luglio 1996 al 9 ottobre 1996; Petralia Sottana dal 5 luglio 1996 al 3 ottobre 1996; Considerato che con decreto n. 1489 del 9 novembre 1989, e' stato istituito, ai sensi della legge regionale 6 maggio 1981, n. 98, e della legge regionale 9 agosto 1988, n. 14, il "Parco regionale naturale delle Madonie"; Considerato che con decreto n. 2272 del 17 maggio 1989 e' stata vincolata, ai sensi dell'art. 1, numeri 3 e 4 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, l'area delle Madonie compresa tra i fiumi Imera e Pollina; Considerato che con decreto n. 5479 del 6 marzo 1996 e' stata ugualmente dichiarata di notevole interesse paesaggistico, ai sensi della legge n. 1497/1939, l'area limitrofa a sudovest al Parco delle Madonie ricadente nei comuni di Caltavuturo, Castellana Sicula, Petralia Sottana e Polizzi Generosa; Considerato che l'area in esame presenta emergenze naturali, paesaggistiche e florofaunistiche di eccezionale rilievo e che, pertanto, essa rimane assoggettata alle disposizioni di cui all'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431; Ritenuto che l'anzidetta proposta assolve la funzione di uniformare dal punto di vista della tutela ambientale territori aventi caratteristiche ambientali equivalenti, il cui interesse pubblico paesaggistico viene dichiarato con modalita' identiche. In particolare, si intende assicurare adeguata tutela a un ambiente naturale compatto ed omogeneo, che ingloba gli interi territori comunali di Alimena, Blufi e Bompietro per intero e parte dei comprensori di Castellana Sicula, Petralia Soprana e Petralia Sottana, dichiarando il pubblico interesse ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 della porzione di territorio adiacente al Parco delle Madonie, non ancora aggredita da cospicui fenomeni di cementificazione, peraltro ben possibili, che, se incontrollati determinerebbero un'irreparabile alterazione dell'aspetto originario dei luoghi; Ritenute oltremodo congrue le motivazioni della proposta di vincolo, che comprende un'area che include il limite sud orientale della provincia di Palermo, lungo il confine con le provincie di Caltanissetta ed Enna. In particolare, la delimitazione del territorio in argomento, partendo da Castellana Sicula, percorre in senso orario una linea ideale che si distacca per 300 m a valle della s.s. 120 e che coincide in parte con il confine della zona vincolata ai sensi della legge n. 1497/1939 con il citato decreto n. 2272/1989. La perimetrazione procede sino all'intersezione con il confine comunale di Geraci Siculo al km 72 della s.s. 120 per seguire, quindi, il confine comunale che separa Petralia Soprana da Geraci Siculo fino a quota 881, Petralia Soprana da Gangi fino a quota 798, Alimena da Gangi fino a quota 831, e infine la frazione di Petralia Soprana da Gangi, fino ad intersecare il confine provinciale di Enna. Prosegue ancora lungo il confine provinciale che separa la frazione di Petralia Soprana da Enna fino a quota 362, e da qui fino ad incrociare il confine provinciale di Caltanissetta a quota 346, nei pressi della masseria Ficuzza; quindi corre lungo il confine tra la provincia di Caltanissetta e il comune di Alimena fino a raggiungere il confine tra Petralia Soprana e Caltanissetta. All'altezza di Portella dell'Inferno la perimetrazione dell'area in questione abbandona il confine provinciale di Caltanissetta e procede seguendo il tracciato della strada che attraversa il territorio di Petralia Sottana per giungere in contrada Portella del Morto, al confine tra Resuttano e Petralia Sottana; prosegue poi fino al vallone San Giorgio a quota 506 e, risalito questo vallone lungo il corso del torrente Avanella, interseca la s.s. 120 all'altezza della sorgente Frazucchi nel territorio di Castellana Sicula fino a ricongiungersi con il punto di partenza; Considerato che la suddetta perimetrazione corrisponde alle valli dell'Alto Salso e dell'Imera, le quali rappresentano un unicum, non soltanto dal punto di vista geomorfologico, ma anche da quello storicoantropologico: tangibilmente, infatti, le creste montuose che chiudono i valloni dell'Imera Meridionale e del Salso hanno conferito a detti territori uno sviluppo unitario, che nei secoli si e' connotato per la compattezza del tessuto sociale. Il paesaggio e' caratterizzato dai rilievi delle Madonie meridionali, che degradano dolcemente verso il Mare Mediterraneo: esso si manifesta in una sequenza di suggestivi quadri naturali, godibili dalle sommita' delle colline e dai numerosi percorsi che, districandosi da un vallone all'altro, consentono di apprezzare l'amenita' dei luoghi. Si propongono allo sguardo fonti d'acqua, torrenti e fiumi, mentre una vegetazione varia e differenziata in dipendenza delle altimetrie, degli ecosistemi, della vicinanza ai borghi e ai nuclei abitativi (tamerici, frassini, giunchi, rovi, querce, etc.), sia in forma spontanea che nei coltivi, lascia percepire la vitalita' di questo ambiente agreste, dove rimangono tangibili i trascorsi eventi storici e temporali. Sull'Imera, nel territorio comunale di Castellana Sicula, sorgono le borgate storiche di Calcarelli, Nociazzi e Catalani, nonche' una fitta catena di mulini ed abbeveratoi che origina un'immagine di acqua continuamente filtrante e rotante sul territorio, caduta giu' dagli alti rilievi che lo chiudono a nord per scorrere nella profonda valle dove i borghi si susseguono in una maglia invisibile di antropizzazione diffusa. Analogamente, ad est, si apre a ventaglio sul Salso la corona montuosa da dove esso scaturisce, arabescata di contrade e nuclei abitati direttamente legati allo scorrere del fiume, che e' il motivo conduttore della vita di queste comunita'. La viabilita' interna e' costituita in massima parte da una rete secondaria di strade e trazzere che collegano le numerosissime frazioni, contrade, borgate e case sparse per tutta l'estensione del territorio. Il paesaggio, prevalentemente agricolo, e' caratterizzato da colture di tipo cerealicolo ed in particolare fave, frumento e foraggi; diffuso e' l'allevamento di ovini, suini e bovini, sia nelle forme di grosse mandrie, che nella conduzione di aziende di tipo familiare. La valle ha con l'altopiano un rapporto antico, che si apprezza nel perdurare della transumanza, quando, nella stagione delle "restucce", i vaccari delle valli ormai brulle si trasferiscono con le loro mandrie nelle valli piu' alte e piu' umide, dove l'erba assicura un buon pascolo. La spazialita' dei campi, frazionati in un vasto mosaico le cui tessere corrispondono alle varie proprieta', viene accentrata dalla grande luminosita' irradiata puntualmente e il cui cromatismo muta con il susseguirsi delle stagioni; cosi' che le campagne si mostrano con un vivace colore porpora a maggio quando la pianta del fieno (sulla) e' fiorita, per poi assumere un luminosissimo giallo oro nel periodo estivo, quando i campi sono ricchi di messi, e quindi svelare il colore della terra, disegnata dai solchi degli aratri dopo il raccolto, infine i campi si colorano di verde quando sono ricoperti di erba e ricomincia il ciclo stagionale della crescita del grano. Il territorio preso in esame nella proposta di vincolo paesaggistico e' racchiuso tra l'Imera Meridionale ed il Salso (Acqua Amara), i quali, riunendosi, si chiudono ad imbuto e delimitano due ampie vallate aventi caratteri omogenei e che possono essere considerate come l'impluvio delle cime madonite: esse costituiscono un'entita' naturale, antropologica, storica, economica e sociale difficilmente scorporabile e scientificamente inscindibile. Il fiume Salso, un tempo ricco di anguille, e' lungo 144 km; esso nasce dalle Madonie, presso Portella dei Bifolchi a circa 1350 m di altitudine, con il nome di Fiume di Petralia, attraversa con un corso tortuoso la Piana di Licata e sfocia nel Mediterraneo a sud di Licata. Oltre ad essere il limite amministrativo di comuni e province, il Salso e' sempre stato ed e' ancora l'elemento geografico di confine tra la Sicilia orientale e l'occidentale. Il suo nome deriva dai terreni ricchi di salgemma in cui il fiume si addentra prima di giungere alle coste meridionali; esso era quindi la "via del sale" per le carovane arabe che seguendo il percorso del fiume lungo le trazzere parallele, andavano a rifornirsi nelle miniere di salgemma, e attraversato Raffo, punto obbligato di passaggio e di ristoro, giungevano dal "Passo della lettiga" nell'antichissima localita' detta "Pirina", oggi forse identificabile con la borgata di "Pira". Gli arabi hanno qui lasciato molte tracce della loro cultura come si puo' riscontrare nei manufatti, ma anche nel modo di vestire dei contadini, nel linguaggio, nel riserbo e nella sottomissione della donna all'uomo, nel modo di usare lo scialle e di pettinarsi, nei lamenti, nei canti e negli stessi nomi imposti alle terre dove essi si soffermavano. Prima ancora, il fiume Salso era stato l'autostrada percorsa dai mercanti di ossidiana prima e dai Greci poi, che ne fecero uno dei principali strumenti per la loro penetrazione; e, in epoca piu' recente, anche i normanni, gli angioini e gli aragonesi hanno lasciato tangibili testimonianze del loro passaggio. In particolare, si possono cogliere evidenti impronte della civilta' aragonese a Salici, a Addauro e a Principato Petralia Soprana): li' antiche residenze nobiliari in pietra con cipressi posti quasi a loro sentinella, qui balconi con splendide inferriate in ferro battuto e fiori di ferro agli angoli. Il Salso costituisce la massima emergenza paesaggistica dell'area presa in considerazione, cui fanno da sfondo naturale le alte e incombenti vette delle Madonie, che, con le loro candide cime innevate, creano nel periodo invernale uno straordinario e suggestivo scenario in conflitto con i verdissimi pascoli delle valli. La zona delimitata, oltre ad avere una notevole importanza dal punto di vista paesaggistico e naturalistico, anche per la presenza delle numerose balze che la caratterizzano, presenta numerose altre valenze di tipo architettonico e archeologico: sono infatti presenti numerosi siti archeologici, in parte evidenziati ed in parte ancora in fase di studio, specialmente nella zona piu' a sud, nel territorio di Alimena. Rilevante e' inoltre l'interesse antropologico del territorio, soprattutto per la massiccia presenza di borgate e di case sparse, caratteristiche semplici abitazioni in pietra che fanno parte integrante di un territorio nel quale sembrano esistere da sempre. Fanno parte del paesaggio anche i numerosi pozzi scavati nei campi e ricoperti in pietra ed i cumuli di pietre che denunziano la presenza continua dell'uomo che strappa alle zolle ogni centimetro per rendere la terra produttiva e trarne sostentamento, senza pero' alterare l'aspetto dei luoghi, cosi' che il paesaggio, pur mutando continuamente, sembra sempre rimanere lo stesso, sereno e silente. Anche i rapporti sociali ed economici rimangono legati strettamente alla fisicita' della valle, che diviene "piazza", luogo d'incontro e di scambio, di rapporti interpersonali che si concretizzano nello spostamento da una contrada all'altra per la conduzione dei propri poderi, nel susseguirsi delle feste di borgata, a cui partecipano in massa tutte le altre, nella fitta rete di matrimoni che legano a catena un borgo con un altro e via di seguito fino a chiudere la maglia, cosi' che ognuno sente come proprio l'intero territorio della valle. Gli stretti rapporti e scambi esistenti tra i vari centri, borghi e frazioni vengono istituzionalizzati appunto mediante i matrimoni, che tessono nel territorio una fitta rete di relazioni derivanti dagli interessi sorti per la cura dei poderi ereditati altrove e divenuti propri nella percezione visuale. Tutte le antiche borgate avevano con il loro centro un rapporto di stile medievale: la parte dominante della societa' era accentrata nel paese, mentre i ceti piu' poveri, erano relegati nelle borgate, in un rapporto di distinzione di qualita' dei rapporti sociali. La classe nobiliare ha legato storicamente a se' quella contadina in un rapporto apparentemente egualitario, ma di tipo funzionale, concedendo la possibilita' di edificare e di potere fruire, anche in quantita' minima, dei prodotti della terra. E' questo, quindi, un ambiente naturale in cui affiorano le caratteristiche di una antica cultura contadina che, attivamente presente, mostra la sua laboriosita', la solidarieta', la generosita', la semplicita' e le buone maniere, il rispetto per le persone, per le cose e per la natura, la condivisione dei sentimenti di gioia e di dolore caratteristiche queste che la rapida trasformazione sociale, avvenuta in tempi relativamente recenti, tende a sopprimere e relegare al ruolo di arretratezza. La valle del Salso e dell'Imera presenta inconfutabilmente un paesaggio luminoso e gradevole, fortemente caratterizzato e differenziato da altre zone brulle dell'entroterra siciliano: spazi e luci, vuoti e presenza umana tracciano una mappa che il tempo non ha ancora modificato, grazie anche alla distanza e all'isolamento rispetto ad aree fortemente antropizzate e degradate. Questo territorio merita, pertanto, un intervento di salvaguardia e tutela per il mantenimento di un'oasi naturale contrapposta al degrado generalizzato che minaccia inesorabilmente la storia, la tradizione e la cultura dei luoghi; tutela che tuttavia non deve risolversi nell'acritica ibernazione di tutto quanto il tempo e la storia hanno lasciato come loro testimonianza e di tutto quanto la naturale trasformazione ha determinato nella formazione della valle. Scopo di questa, cosi' come di ogni altra azione di salvaguardia ambientale, e' principalmente quello di prevenire l'eventuale dilagare di costruzioni prive di qualita' architettoniche, incompatibili con il notevole interesse paesaggistico del contesto ambientale perche' non corrispondenti alle caratteristiche originali dei materiali, alle tecniche costruttive e alla cultura tradizionale dei luoghi, che tuttavia certamente e inevitabilmente subiranno delle trasformazioni per mano dell'uomo. La futura trasformazione dell'ambiente dovra' quindi essere programmata, regolata e controllata in maniera congrua, evitando che le testimonianze storiche e le bellezze naturali possano subire quelle manomissioni irreversibili che hanno investito tante parti del territorio siciliano e in particolare, proprio i margini settentrionali, nei pressi del bivio Madonnuzza. Da qui, infatti, un insediamento dichiarato produttivo ha cominciato a dilagare nelle valli sottostanti, continuando a riproporre tipologie estranee al contesto e architettonicamente squalificate; e altre aree di espansione, seppure caratterizzate da volumetrie di proporzioni ridotte rispetto a quelle della sella di Madonnuzza, emergono purtroppo nel territorio sia per i materiali adottati che per il modo di rapportarsi coi nuclei storici preesistenti: si pensi all'espansione di Fasano' verso la valle di Saccu' oppure ai recenti insediamenti periferici di Alimena. Alcuni interventi costruttivi estranei alla cultura dei luoghi trovano ragione d'essere nella necessita' di adeguare i vecchi fabbricati alle attuali esigenze funzionali e statiche: ma cio' sovente si traduce in opere del tutto inadeguate alla realta' del territorio. I paramenti murari vengono cosi' sistematicamente sottoposti all'introduzione lacerante di cordoli in cemento armato di sopraelevazioni e di ampliamenti improntati alla massima approssimazione costruttiva, con l'effetto di squalificare i centri abitati, privati delle loro caratteristiche originarie; Viste le opposizioni ritualmente avanzate avverso la suddetta proposta, e precisamente: 1) opposizione avanzata dall'ing. Giuseppe Marino, nella qualita' di presidente e legale rappresentante della Soc. cons. a r.l. diga di Blufi, che, con atto datato 4 ottobre 1996, premesso di essere affidataria dei lavori di costruzione della c.d. diga di Blufi e quindi legittimata a proporre opposizione avverso la proposta di vincolo paesaggistico di tale localita', rileva il travisamento dei fatti in cui sarebbe incorsa la commissione proponente: essa infatti non ha considerato che, dall'inizio del 1991, e' stato impiantato il cantiere per la costruzione della c.d. diga di Blufi, opere rilevantissime, che sono immediatamente visibili e che daranno vita, a seguito della costruzione della diga a una radicale modificazione dell'asta dell'Imera Meridionale, da Mulino Oliva sino alla confluenza del torrente Maimone, che verra' coperta dall'invaso. La proposta e' carente anche riguardo alle cave dalle quali e' prevista l'estrazione del materiale necessario per la formazione dello sbarramento: viene infatti indicata solo quella in localita' Cozzo Celsi, in territorio di Petralia Sottana, mentre non sono menzionate altre cave dalle quali bisognera' approvvigionarsi del materiale per la diga; 2) opposizione avanzata con nota n. 4373 datata 4 ottobre 1996 dal sindaco di Blufi, il quale, premessa una ricostruzione delle competenze e delle funzioni esercitate nella Regione siciliana in materia di tutela dell'ambiente, rileva che rimane ancora incompresa, anche a causa della frammentazione dei poteri, la "filosofia" dei beni culturali e ambientali, dalla cui gestione rimangono incomprensibilmente esclusi gli enti locali. In particolare, la contestata proposta, che ha comportato il vincolo paesaggistico sull'intero territorio blufese senza alcun contatto preliminare con l'amministrazione comunale, sarebbe oltremodo lesiva degli interessi delle comunita' interessate. Risulterebbe infatti soggetto alle misure di salvaguardia della legge n. 1497/1939 l'intero abitato di Blufi, privo in realta' di qualsiasi valore estetico o tradizionale, e comunque gia' oggetto di specifica considerazione da parte dell'amministrazione comunale, la quale, se consultata, sarebbe stata in grado di collaborare alla definizione delle aree meritevoli di tutela. Queste, per il comune di Blufi, coinciderebbero con le zone territoriali omogenee "E" - verde agricolo, nonche' con l'area circostante il complesso monumentale santuario Madonna dell'Olio, da proteggere come preminente emergenza architettonica e storicoreligiosa delle Madonie. Da rigettare e' invece la proposta di tutela ai sensi della legge n. 1497/1939 dell'intero territorio comunale, dalla quale debbono essere stralciate quelle aree degli agglomerati urbani costituenti le zone territoriali omogenee, come delimitate nelle previsioni dello strumento urbanistico ai sensi del decreto ministeriale n. 1444/1968, in conformita' a, quanto del resto disposto dal secondo comma dell'art. 1 della legge n. 431/1985. Il comune di Blufi, che chiede di essere sentito e di collaborare alla ridefinizione del perimetro del vincolo, fa presente di potere introdurre nelle norme di attuazione dello strumento urbanistico norme d'uso e di valorizzazione ambientale idonee a assicurare, in sede di rilascio della concessione ad edificare, il rispetto delle valenze paesaggistiche presenti nelle aree considerate; 3) osservazioni avanzate con nota n. 17380 del 4 ottobre 1996 dal prof. Vincenzo Liguori, nella qualita' di commissario straordinario protempore dell'Ente acquedotti siciliano, detentore per il demanio della Regione siciliana dei siti occorrenti alla realizzazione della diga e del serbatoio di Blufi. L'E.A.S. ha in avanzato corso di esecuzione la realizzazione del sistema acquedottistico di Blufi, interventi assai rilevanti e complessi. In particolare, la costruzione della diga di Blufi e' stata dichiarata opera di pubblica utilita' urgente ed indifferibile con decreto lavori pubblici 29 marzo 1989, n. 360/6; la diga e l'acquedotto di Blufi sono stati dichiarati dalla Giunta regionale con delibera 9 agosto 1994, n. 369 opera strategica e priva di alternative per l'alimentazione idropotabile di una zona critica della Sicilia. In questa veste, l'ente rileva preliminarmente che la commissione che ha formulato la proposta di vincolo risulta irregolarmente costituita, perche' di essa dovevano far parte, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 1497/1939, i sindaci dei comuni interessati, nonche' i rappresentanti di particolari categorie professionali, soggetti istituzionali della cui presenza non vi e' traccia nei verbali della presenza ne' di questi soggetti istituzionali, con la conseguente nullita' della proposta adottata da tale organo. Gli elementi del territorio da vincolare, cosi' come elencati nelle relazioni allegate alla proposta contestata, non coincidono con quelli previsti dall'art. 1 della legge n. 1497/1939: infatti, i beni archeologici e paleontologici sono tutelati dalla legge n. 1089/1939, e cosi' pure i bagli storici e i beni di interesse storico e artistico; mentre la geomorfologia e la idrografia sono protette dalla normativa sulla difesa del suolo, contenuta nella legge 18 maggio 1989, n. 183, che non attribuisce alcuna funzione alla commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche. Anche la tutela geoambientale, sulla quale si diffonde la proposta contestata, sembra esulare dalle funzioni della protezione del paesaggio: in ogni caso, la descrizione dell'attivita' estrattiva assunta dalla commissione non corrisponde alla realta' dei fatti ed e' quindi paradigmatica dell'inattendibilita' degli accertamenti su cui si fonda la proposta di vincolo, la cui motivazione risulterebbe quindi retorica, ricca di argomenti tecnicoscientifici, che pero' non coincidono con gli elementi di notevole interesse pubblico richiesti dalla legge n. 1497/1939 per l'apposizione di un vincolo di tutela. La relazione risulterebbe tra l'altro quanto mai svincolata dallo stato dei luoghi: essa esalta la organizzazione arcadica della vita sociale ed economica all'interno della valle, ma tace della presenza dell'autostrada A19 che attraversa il territorio che si vuole tutelare e tace parimenti della disoccupazione, che avrebbe raggiunto valori superiori al 50% della forza lavoro. Il vincolo, insieme alla disposizione contenuta nella legge regionale n. 24/1991, che vieta il rilascio di autorizzazioni a cavare in siti ove e' apposto il vincolo della legge n. 1497/1939, renderebbe ineseguibile il completamento dell'acquedotto e della diga di Blufi e l'apertura delle cave occorrenti per la sua costruzione, opera di interesse generale, dichiarata di pubblica utilita' e urgenza. Il pubblico interesse affermato dalla proposta si porrebbe cosi' in aperta contraddizione con quello, altrettanto rilevante, all'esecuzione di tale importante infrastruttura dichiarata di valore strategico dal Governo regionale; e cio' in aperto dispregio dell'art. 13 della legge n. 1497/1939; 4) opposizione avanzata dal sindaco di Bompietro con nota n. 5519 datata 7 ottobre 1996. L'opponente rileva che tutti i comuni delle Madonie sono stati gia' interessati dal vastissimo vincolo pesaggistico precedentemente adottato e, in larga parte, essi sono ricompresi all'interno del Parco delle Madonie; i vincoli della c.d. legge Galasso e quelli urbanistici di protezione delle coste dei boschi concorrono a definire un vasto quadro di divieti, ai quali sia aggiunge la proposta di vincolo contestata, che, inopinatamente, contraddicendo il precedente vincolo paesistico delle Madonie, comprende anche il territorio di Bompietro. La proposta di vincolo non corrisponderebbe ad alcun particolare carattere di pregio del paesaggio, spopolato da un'emigrazione massiccia, frutto della depressione dell'economia rurale, che mal puo' sopportare i costi indotti dalla tutela paesaggistica ai limitati, ma pur sempre necessari, interventi edilizi. Il comune opponente osserva quindi che il vincolo d'insieme di cui al decreto assessoriale del 17 maggio 1989 aveva espressamente escluso un'isola formata dai territori dei comuni di Blufi, Bompietro, Alimena e dalle contigue cimose di terreni marginali di Castellana Sicula, Petralia Soprana e Sottana; in tal modo veniva espresso, sostanzialmente, un giudizio di non esteticita' di tali territori, che, al contrario vengano adesso dichiarati di pubblico interesse paesaggistico senza che la commissione abbia ritenuto di fornire un'ampia e dettagliata motivazione dei motivi di questa inversione di tendenza, decisamente contraddittoria e illogica rispetto agli atti precedenti. La relazione storicotecnica posta a fondamento della proposta, se illustrare i vari lineamenti del territorio, non da' conto delle modalita' attraverso le quali il vincolo intende incidere positivamente su tali elementi di pregio, che la proposta si limita quindi a elencare. Resta ad esempio inspiegato in che modo il vincolo paesaggistico possa incidere su un territorio che viene descritto in stato di diffuso dissesto, situazione questa che giustificherebbe l'intervento del competente ufficio del Genio civile, ma che rende viziata per sviamento di potere una proposta di vincolo cosi' motivata. Le due cave in esercizio, evocate nella relazione come concause del dissesto geologico, non giustificano la proposta di vincolo, perche' la soprintendenza sarebbe potuta intervenire comunque, anche senza apporre un vincolo di bellezza d'insieme, per arginare i dissesti creati da quelle attivita' estrattive (articoli 8 e 11 della legge n. 1497/1939). La citata relazione sarebbe poi carente di una scheda dalla quale poteva evincersi la critica realta' socioeconomica del territorio da vincolare e, in particolare, l'as- senza di una concreta attivita' edilizia o industriale e, quindi, l'insussistenza di possibili manomissioni del territorio agricolo. Sotto questo profilo, la proposta di vincolo comporterebbe limiti esiziali alle attivita' economiche, che necessitano invece di incentivazioni e sostegni; 5) osservazioni avanzate dal sindaco di Alimena, che, con nota n. 6238 datata 7 ottobre 1996, ripete e ribadisce quanto rappresentato dal sindaco del comune di Bompietro; 6) opposizione avanzata dal sindaco di Petralia Soprana, che, con nota n. 10482 datata 4 ottobre 1996, afferma che l'apposizione di un vincolo indiscriminato su tutto il territorio si risolverebbe nell'istituzione di un centro di potere assolutamente sterile, e, riteniamo senza alcuna valenza di efficacia. Art. 1 Secondo l'opponente, infatti, le comunita' madonite sono le migliori garanti della conservazione del loro territorio, nel quale non si sono mai riscontrati grandi fenomeni di abusivismo; al contrario, sono state le grandi infrastrutture, realizzate dallo Stato o dalla Regione, ad arrecare danni gravissimi al paesaggio, ai quali nessun vincolo e' mai stato in condizione di porre argine o rimedio. In realta', l'indiscriminato vincolo paesaggistico sarebbe quanto mai penalizzante per l'economia locale, incentiverebbe l'esodo che ha colpito la comunita' di Petralia, che perde circa 70 residenti l'anno, e soprattutto costituirebbe una grave lesione dei poteri della amministrazione locale, delegata per legge alla pianificazione territoriale: infatti la soprintendenza diverrebbe la pianificatrice dell'assetto territoriale comunale, mortificando con ritardi, pastoie e vessazioni le popolazioni madonite. Viste le controdeduzioni della soprintendenza di Palermo, prodotte con la nota n. 962 del 25 luglio 1997, dove tra l'altro e' cenno di alcune istanze mirantialla salvaguardia paesaggistica o monumentale del territorio in argomento, e precisamente: nota prot. n. 264 del 25 ottobre 1993 del comune di Blufi, contenente la richiesta di apporre un vincolo ai sensi della legge n. 1089/1939 sull'area in cui ricade il complesso monastico della Madonna dell'Olio; nota del 21 settembre 1993, con la quale l'associazione culturale Nuciforo di Alimena ha richiesto di apporre un vincolo paesaggistico ai sensi della legge n. 1497/1939 su una porzione del territorio di Alimena a ridosso del centro abitato, e successivi solleciti della stessa associazione; nota prot. n. 2711 del 2 marzo 1994, con la quale il comune di Castellana Sicula ha richiesto l'apposizione del vincolo paesaggistico di cui alla legge n. 1497/1939 su una porzione del territorio del suddetto comune che non era stata inglobata nel vincolo di cui al decreto n. 1489 del 9 novembre 1989; Accertato che per la definizione della proposta di vincolo i tecnici della soprintendenza hanno effettuato diversi sopralluoghi e acquisito molteplici studi del territorio, miranti alla conoscenza dei diversi aspetti del territorio, considerato dal punto di vista geomorfologico, naturalistico, etnoantropologico, storicoartistico e archeologico. Anche i componenti della commissione per la protezione delle bellezze naturali hanno effettuato una ricognizione dell'area da vincolare; Ritenute infondate le argomentazioni e le censure alla proposta di vincolo palesate nelle suesposte opposizioni e osservazioni. In particolare si rileva che: A) come ebbe modo di osservare la Corte costituzionale con la nota decisione n. 15 del 1968, i provvedimenti dichiarativi del pubblico interesse paesaggistico di una data area non hanno natura espropriativa, perche' rientrano tra gli atti con i quali la pubblica amministrazione, accertata una qualita' insita in un determinato bene, che preesiste all'insorgere di qualsiasi pretesa giuridica sullo stesso, ne fa' discendere le conseguenze previste dall'ordinamento, che ha posto la protezione del paesaggio tra i principi fondamentali della Costituzione. E le conseguenze del vincolo si risolvono, per legge, nella subordinazione degli interventi che possono modificare l'aspetto dei luoghi al preventivo nulla osta dell'autorita' sovraordinata: non si tratta quindi di un divieto assoluto di edificazione, ma di un vincolo di controllo, che in linea di principio non impedisce la realizzazione di nessun tipo di progettualita', fermo restando che gli interventi sottoposti al parere della sovraintendenza dovranno rispettare la qualita' del paesaggio protetto, secondo quanto espresso dalle motivazioni della proposta di vincolo. Nessun divieto impedisce, per le stesse ragioni, la prosecuzione delle opere e delle attivita' legittimamente intraprese prima dell'entrata in vigore del vincolo, siano esse di rilevante interesse pubblico o meno. Ne discende che la circostanza che la descrizione del paesaggio effettuata nella proposta avanzata dalla Commissione non abbia adeguatamente considerato l'esistenza del cantiere di una grande opera infrastrutturale e di tutte le cave esistenti, attive o meno, non incide affatto sulla congruita' e legittimita' della proposta medesima. Essa infatti costituisce uno strumento di analisi e di salvaguardia dei valori paesistici del territorio, che sussistono comunque, anche con la pur incombente presenza dell'invaso in fase di realizzazione e con la negativa incidenza di pesanti detrattori ambientali quali le cave esercite, che la proposta di vincolo non manca peraltro di sottolineare. Essa, in particolare, da' conto dell'esistenza della cava in locali Cannatello Garrasia, autorizzata ai sensi dell'art. 9 della legge regionale n. 127/1980, previo parere favorevole rilasciato nel 1994 dalla soprintendenza, e di recente in attivita'; di quella in localita' Serra S. Filippo, anch'essa a suo tempo regolarmente autorizzata ai sensi della legge regionale n. 127/1980, ma da poco fuori esercizio; e infine della cava di sabbia da utilizzare per la costruzione della diga, ricadente in localita' Cozzo Gelsi ed esercita dalla diga di Blufi soc. cons. a r.l., che e' stata autorizzata dalla soprintendenza, ai sensi dell'art. 9 della legge regionale n. 127/1980, con parere del 1994 e risulta in attivita'. Altri progetti di coltivazione di cava, ricadenti nella valle dell'Imera e del Salso, sono stati a suo tempo rigettati dalla soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Palermo, e in particolare quello destinato a incidere in localita' Fasano' nel comune di Petralia Soprana, predisposto dalla diga di Blufi soc. cons. a r.l. e rigettato dalla soprintendenza ai sensi dell'art. 9 della legge regionale n. 127/1980, con parere del 1991; e la cava prevista dalla diga di Blufi soc. cons. a r.l. in localita' Balza Areddula nei comuni di Alimena e Bompietro, sulla quale la soprintendenza si e' espressa negativamente con parere del 1993. In sede di elaborazione della proposta di vincolo non si e' tenuto conto di questi progetti, che non sono stati approvati, e neppure dell'intendimento frattanto manifestato dalla societa' diga di Blufi di aprire una cava di conglomerati in localita' Cozzo Serre Rosse nel comune di Castellana Sicula. Non si sono parimenti considerate le attivita' estrattive esercitate abusivamente, e comunque senza il prescritto parere vincolante della soprintendenza, tra le quali rileva quella ricadente in localita' Salaci. Al di la' del riferimento ai vari progetti approvati o respinti, la pesante incidenza dell'attivita' estrattiva sul delicato assetto paesistico e geologico della valle e' compiutamente valutata nella proposta di vincolo, che, in particolare, rileva come "le cave producono, inevitabilmente, effetti dequalificanti sull'ambiente; gli scavi spesso realizzati nella piu' assoluta noncuranza del valore estetico del paesaggio, deturpano versanti ben visibili". E' da ritenersi che il sopraggiungere del vincolo non manchera' di introdurre migliori forme di controllo tanto sulle cave in esercizio quanto su quelle non attive. E' noto, a questo riguardo, che la legge regionale n. 24/1991 impedisce l'apertura di nuovi fronti di cava in aree dichiarate di interesse paesaggistico, fino all'approvazione del piano regionale dei materiali di cave, la cui predisposizione quella legge voleva presumibilmente sollecitare. E' evidente peraltro che la potesta' di dichiarare il notevole interesse pubblico del paesaggio di una determinata area non e' e non puo' essere impedita ne' dal perdurante ritardo nella redazione del piano delle cave, ne' dalle conseguenze che cio' determina sulle attivita' estrattive, ne', infine, dal collegamento tra l'apertura di nuove cave impedita dalla legge regionale n. 24/1991 e la realizzazione della diga di Blufi. Non sfugge la complessita' di questo progetto, approvato nel 1987 dal C.T.A.R. ai sensi dell'art. 19 della legge regionale n. 21/1985, la cui esecuzione, dichiarata di rilevante pubblico interesse, e' rimasta peraltro a lungo sospesa, ne' tanto meno l'incidenza sul paesaggio dell'opera ultimata: ma gli opponenti non spiegano perche' la preesistenza del cantiere di un'opera pubblica debba escludere l'adozione di misure di salvaguardia di quell'ambiente, esigenza che da questa e altre concomitanti situazioni riesce anzi rafforzata: una precedente situazione di degrado e' stata infatti ritenuta (Cons. St. VI, 13 febbraio 1976, n. 87, Cons. St., VI, 11 giugno 1990, n. 600) circostanza che legittima, piuttosto che escludere, l'adozione di provvedimenti atti a porre fine a quella sizione di degrado (opposizioni sub 1 e 3); B) la tutela paesistica del territorio regionale e' espressamente conferita all'assessorato dei beni culturali, mentre la disciplina urbanistica rimane nelle attribuzioni comunali. Questo assunto scaturisce dall'esame delle disposizioni di legge intervenute nel tempo e che hanno comportato l'attribuzione al suddetto assessorato della esclusiva competenza nel settore del paesaggio, e in particolare dell'art. 3 della legge regionale n. 80/1977, che intesta tutte le attribuzioni della Regione nella materia dei beni culturali ed ambientali all'assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruzione, il quale e' titolare delle funzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 30 ago- sto 1975, n. 637. Con la legge regionale n. 80/1977 e' stato quindi individuato un ambito esclusivo di competenza, scelta questa che non appare casuale ed e' funzionale al particolare grado di autonomia di cui gode la Regione siciliana, nonche' al rango di legge costituzionale dello Statuto, che, all'art. 14, lett. n), enuclea la disciplina del paesaggio tra le materie rimesse in via esclusiva al legislatore regionale. La tutela del paesaggio e' dunque demandata all'assessorato e ai suoi organi periferici competenti per materia, le soprintendenze per i beni culturali e ambientali, e, piu' precisamente, alle loro competenti articolazioni, e cioe' le sezioni per i beni paesistici architettonici e ambientali (articoli 2 e 16 della legge regionale n. 116/1980), le quali svolg ono le funzioni attribuite alle soprintendenze dal decreto del Presidente della Repubblica n. 805/1975. A questi uffici e' dunque affidata (art. 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 805/1975) la tutela dei beni di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497 e successive modificazioni, nonche' di quelli contemplati da leggi speciali. Il primato dell'interesse pubblico alla conservazione dell'ambiente, fondato sull'art. 9 della Costituzione e specificatamente affermato dalla legge n. 431/1985, comporta che alla tutela del paesaggio viene rimesso di determinare norme minime inderogabili per la gestione del territorio, con funzione di limite ed indirizzo rispetto ai piani urbanistici. Il vincolo non impedisce tuttavia un successivo approfondimento e recepimento delle problematiche che esso pone da parte degli strumenti urbanistici, i quali sono peraltro del tutto autonomi, anche se la garanzia costituzionale apprestata all'interesse pubblico alla conservazione del paesaggio conferisce priorita' ed urgenza all'adeguamento della pianificazione urbanistica ai suesposti criteri; adempimento questo che non manchera' di essere colto da questa amministrazione, il cui ufficio periferico manterra' evidentemente con gli enti locali interessati ogni possibile forma di collaborazione, cio' che non e' in alcun modo impedito dal vincolo paesistico (opposizione sub 2); C) la composizione della commissione per la protezione delle bellezze naturali e panoramiche di Palermo, riunitasi nella seduta del 27 giugno 1996, e' da ritenersi senza meno legittima, in quanto corrispondente ai soggetti che ne fanno parte ai sensi dell'art. 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 805/1975, norma che e' intervenuta, modificandola, sulla previgente disposizione contenuta nella legge n. 1497/1939 (opposizione sub 3); D) le motivazioni addotte nella relazione allegata alla proposta di vincolo, riferite agli aspetti etnoantropologici, e alle emergenze archeologiche o storicoarchitettoniche presenti nella valle non sono state le sole a determinare la necessita' di tutelare l'ambiente in questione. La descrizione di quei valori infatti rappresenta soltanto una parte delle argomentazioni prese in esame al fine di motivare la validita' della proposta. La legge 8 agosto 1985, n. 431 ha sancito l'espresso superamento del concetto di "bellezza naturale" fatto proprio dalla legge n. 1497/1939. Mentre la concezione sociale, essenzialmente statica, contenuta negli enunciati di quest'ultima legge, comportava una tutela espressa in giudizi di valore estetici e puntuali, e quindi quanto mai astratti e discrezionali, il concetto dinamico di paesaggio espresso dalla legge n. 431/1985 determina un'azione di salvaguardia incentrata sulla pianificazione delle trasformazioni assentibili del territorio. Oggetto di tutela e' il paesaggio, inteso come la forma del territorio creata dalla societa' umana che vi si e' insediata, e quindi frutto della continua interazione tra la natura e l'uomo; valore dunque che comprende il fatto fisico, oggettivo, ma, al tempo stesso, richiama e postula il continuo processo creativo con il quale viene a configurarsi la percezione visibile del territorio. In tal modo la legge Galasso ha anche introdotto il principio che l'oggetto della tutela debba essere il territorio complessivamente considerato e non piu' unicamente le bellezze naturali ivi contenute, .." tenendo conto che l'insieme dei beni, oggetto del piano, costituisce un patrimonio non solo naturale, ma anche culturale e, come tale, meritevole di tutela e di valorizzazione congiuntamente intese" (circolare Ministero beni culturali ed ambientali n. 7472 del 31 agosto 1985, applicazione legge 8 agosto 1985, n. 431). Ne discende che la tutela paesaggistica deve promuovere i valori ambientali del territorio, con la determinazione non solo di limiti di segno negativo ma anche di prescrizioni positive, di usi privilegiati dei beni. Essa tende quindi a risolversi nella regolamentazione delle scelte d'uso del territorio, considerato nella sua interezza e globalita' sotto il profilo morfologico e strutturale. Il superamento del modello "staticoconservativo" che caratterizzava la legge del 1939 e la opzione della legge n. 431/1985 per forme di salvaguardia gestionaledinamica comporta l'evidente necessita' di pervenire a una analisi complessiva dell'intero territorio protetto, del quale debbono enuclearsi tutte le componenti paesistiche con le loro interconnessioni e i loro reciproci condizionamenti, al fine di delineare una trama che consenta la effettiva valorizzazione dei beni ambientali. Si rende necessario a tal fine un completo monitoraggio di tipo ambientalepaesaggistico idoneo a indirizzare le scelte che dovranno incidere, direttamente, sulla preservazione e la riscoperta degli elementi strutturali del territorio meritevoli di tutela per il loro valore esteticoculturale, e, indirettamente, sulle opzioni di sviluppo economico e sociale. Per fare cio' occorre procedere il piu' possibile su vasta scala e per ambiti territoriali omogenei, con una considerazione dell'intero ecosistema: flora, fauna, regime delle acque, elementi climatici e atmosferici, suolo e sottosuolo, ecc. (opposizione sub 3); E) il precedente vincolo dell'area delle Madonie, approvato con decreto n. 2272 del 27 giugno 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della regione siciliana n. 42 del 2 settembre 1989, non ha inglobato i territori di Blufi, Bompietro e Alimena, non perche' essi furono ritenuti in quella sede non meritevoli di tutela e privi di elementi di pregio paesaggistico, ma probabilmente perche' le caratteristiche ambientali e geomortologiche di questi territori risultavano differenti da quelle presenti nel versante ma donita, oggetto di quel provvedimento, caratterizzato da un ambiente montano piu' che collinare (opposizioni sub 4 e 5); F) nell'analizzare il paesaggio e le sue trasformazioni le motivazioni del vincolo prendono in considerazione anche la realta' socioeconomica della valle. Ma tale valutazione, in corrispondenza ai limiti del potere esercitato da questa amministrazione, e' incentrata sulle risorse naturali e culturali del territorio e sulle loro migliori uti lizzazioni, che, trattandosi di beni infungibili, deve avere ad oggetto principale la conservazione delle caratteristiche essenziali dei beni stessi, senza disattendere tuttavia tutte le loro potenzialita'. Spetta ad altri e piu' specifici strumenti di programmazione indirizzare lo sviluppo socioeconomico in modo compatibile con le realta' culturali e paesaggisti- che, mediante studi, analisi e raffronti atti a specificare i dati economici del territorio in questione e a proporre concrete soluzioni per lo sviluppo della valle; ed e' altrettanto chiaro che ciascun piano o programma deve obbedire alle funzioni che ad esso assegna l'ordinamento. Da questo punto di vista, la meticolosa elencazione degli studi economici dei quali difetterebbe la motivazione della proposta di vincolo, non corrisponde ad alcun criterio, ne' di legge, non essendo essi imposti da nessuna specifica normativa, ne' di logica, essendo detti studi del tutto inafferenti la causa del potere esercitato da questa amministrazione, chiamata a definire l'interesse pubblico alla conservazione del paesaggio e, quindi, tenuta a individuare secondo criteri scientifici tali risorse, la cui economicita', come beni infungibili di interesse pubblico, comporta la necessita' di impedire la loro compromissione a causa di altre confliggenti considerazioni poste in essere da operatori pubblici o privati (opposizioni sub 4 e 5); G) la necessita' di salvaguardare la configurazione del territorio delle valli dell'Imera e del Salso emerge dalla relazione che accompagna la proposta di vincolo, dove e' evidenziato l'alto interesse paesaggistico del contesto ambientale in argomento, che deve essere protetto da modificazioni incontrollate. La proposta, prendendo le mosse dall'analisi degli aspetti geologici, morfologici, vegetazionali e storicotestimoniali, nonche' delle trasformazioni antropiche, definisce i corretti criteri tecnicoscientifici dello sviluppo compatibile di una zona a rischio dal punto di vista geomorfologico, il cui dissesto puo' essere evitato grazie ad un'azione di tutela preventiva che valga a impedire i rischi costituiti da un'eventuale ed incontrollata urbanizzazione. I vizi motivazionali della proposta non hanno in realta' ragion d'essere: soccorre, sul punto, la sentenza del TAR di Palerrno n. 9 del 16 gennaio 1998, dove tra l'altro si rileva che "... la motivazione non costituisce per l'ordinamento un valore in se', ma solo uno strumento attraverso il quale e' possibile perseguire il controllo dell'amministrazione tutte le volte in cui la medesima disponga di un potere di scelta piu' o meno ampio ... l'obbligo della motivazione viene meno nei confronti degli atti normativi e di quelli a contenuto generale, con una disposizione che trova la sua ratio nell'intendimento di separare la regola posta da tale categoria di atti, astrattamente idonea a disciplinare una pluralita' indefinita di casi, dalle ragioni storiche contingenti del soggetto emanante ... non puo essere revocato in dubbio che ... un atto a contenuto generale (si sottrae) gia' solo per questo aspetto al generale obbligo di motivazione (T.G.A Trento 14 dicembre 1992, n. 456; Cons, St., Sez. IV 13 maggio 1992, n. 511). Peraltro ... e' possibile rinvenire ... una motivazione, la quale, nella specie, non e' contenuta nel solo atto conclusivo del procedimento, ma puo' essere ricavato anche dagli elaborati tecnici che lo accompagnano" (opposizioni sub 4 e 5); H) in conformita' alle leggi numeri 1497/1939 e 431/1985, dalla proposta di vincolo emergono le valenza paesaggistiche ambientali del territorio, e, conseguentemente, le ragioni di una disciplina d'uso del territorio compatibile con il rispetto e la promozione di tali valori; che, nel rispetto delle norme anzidette non puo' essere lasciato alla capacita' e alla sensibilita' delle comunita' locali, ma richiede l'intervento dell'autorita' a cio' deputata, la quale non manchera' peraltro, durante la gestione del vincolo, di porre in essere utili momenti di confronto e di verifica con la popolazione e con gli enti locali. A questo riguardo, e' stato precisato che le disposizioni contenute nella legge n. 241/1990 non conferiscono ai cittadini, come pure agli enti esponenziali, una indiscriminata facolta' di controllo sugli organi e sui procedimenti amministrativi (TAR Toscana, III, 30 giugno 1995, 167; TAR Lazio, II, 10 ottobre 1995, n. 1945): tali norme non sono applicabili nei casi in cui la disciplina dettata per particolari settori sia strutturata in modo da soddisfare diversamente le stesse specifiche esigenze avute di mira col modello procedimentale disegnato dalla legge medesima (TAR Milano, 3 giugno 1995, n. 778). Cio' vale con riferimento alla tutela del paesaggio e alle procedure per il suo esercizio (TAR Palermo, 16 gennaio 1998, n. 9): ma non significa che gli uffici di questa amministrazione si sottrarranno all'obbligo generale di motivare adeguatamente gli atti che daranno attuazione al vincolo, e a quello, altrettanto rilevante, di assicurare concretamente il rispetto del principio di trasparenza dell'azione di amministrativa (opposizione n. 6); I) la proposta in esame non e' lesiva dell'autonomia comunale, ma corrisponde alle funzioni proprie del vincolopaesaggistico, che infatti serve a impedire usi pregiudizievoli della bellezza panoramica dei luoghi. Cio' comporta, evidentemente, che le prescrizioni dell'autorita' sovraordinata si sovrappongono a quella comunale in tema di controllo urbanistico del territorio, ma cio' non e' affatto arbitrario (Cons. St., II, 28 giugno 1995, n. 6195; Tar Puglia, I, 11 aprile 1990, n. 282; TAR Liguria, 26 ottobre 1993, n. 356; TAR Puglia, I, 17 novembre 1993, n. 845; TAR Trento, 27 maggio 1994, n. 212; TAR Calabria, 27 maggio 1996, n. 564) ma costituisce bensi' l'applicazione delle disposizioni di legge che demandano alla soprintendenza di individuare criteri di tutela delle aree di pubblico interesse paesaggistico (opposizione n. 6); Rilevato che l'imposizione di un vincolo paesaggistico ai sensi della legge n. 1497/1939 non determina la imposizione di limiti, specifici alle proprieta', ma comporta soltanto l'obbligo di acquisire la preventiva autorizzazione soprintendentizia per le modificazioni che si intendano apportare all'aspetto esteriore dei beni protetti, indipendentemente dalla natura delle innovazioni stesse (T.A.R. Campania 17 maggio 1994, n. 197; T.A.R Calabria, 9 marzo 1994, n. 283, T.A.R Lombardia, 21 novembre 1988, n. 927; T.A.R Campania, V 28 luglio 1992, n. 249); Ritenuto, per quanto sopra esposto, di dovere approvare la proposta avanzata dalla commissione per la protezione delle bellezze naturali e panoramiche di Palermo nella seduta del 27 giugno 1996 e di dichiarare il rilevante interesse pubblico, ai sensi dell'art. 1, nn. 3 e 4, della legge n. 1497/39, dell'area meglio perimetrata e descritta nel verbale della seduta anzidetta, che si allega al presente decreto sub 1; Per questi motivi; Decreta: Art. 1. Per le motivazioni di cui in premessa, al fine di garantire le migliori condizioni di tutela, e' dichiarata di notevole interesse pubblico, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1) numeri 3 e 4 della legge n. 29 giugno 1939, n. 1497, come bellezza di insieme e panoramica, l'area a ridosso della perimetrazione del Parco delle Madonie, ricadente nei comuni di Alimena, Blufi, Bompietro, Castellana Sicula, Petralia Soprana e Petralia Sottana, meglio descritta nel verbale del 27 giugno 1996 della commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Palermo (allegato 1), all'interno del perimetro visualizzato nelle planimetrie denominate tavola I e tavola II (allegato 2), documenti ai quali si rimanda, quali parti integranti e sostanziali del presente decreto.