L'ASSESSORE
                 per i beni culturali ed ambientali
                    e per la pubblica istruzione
  Visto lo statuto della regione;
  Visto il decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1975, n.
637;
  Visto  il  testo  unico  delle leggi sull'ordinamento del governo e
dell'amministrazione  della  regione siciliana, approvato con decreto
del presidente della regione 28 febbraio 1979, n. 70:
  Vista la legge regionale 1 agosto 1977, n. 80;
  Vista la legge regionale 7 novembre 1980, n. 116;
  Vista la legge 29 giugno 1939, n. 1497;
  Visto il regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357;
  Vista la legge 8 agosto 1985, n. 431;
  Visto il decreto n. 5007 del 7 gennaio 1995 parzialmente modificato
con  decreto  n.  6365  del  12  maggio  1995,  con  il  quale  si e'
ricostituita  per  il  quadriennio 1995-99 la commissione provinciale
per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Siracusa;
  Visti i verbali del 18 aprile 1996, 30 maggio 1996, 11 giugno 1996,
27 giugno 1996 e del 7 ottobre 1996, pubblicati all'albo pretorio dei
comuni  di  Buccheri  (dal  7 gennaio 1997 al 7 aprile 1997), Buscemi
(dal  1  aprile  1997 al 1 luglio 1997), Carlentini (dal 17 settembre
1997),  Cassaro (dal 30 dicembre 1996 al 30 marzo 1997), Ferla (dal 2
gennaio  1997  al  2  aprile 1997), Palazzolo Acreide (dal 10 gennaio
1997  al  10 aprile 1997), Sortino (dal 3 gennaio 1997), attraverso i
quali  la  commissione  provinciale  per  la  tutela  delle  bellezze
naturali  e  panoramiche  di  Siracusa  ha  proposto di dichiarare il
notevole  interesse  paesaggistico  dell'area della valle dell'Anapo,
classificandola "territorio di notevole interesse paesaggistico";
  Visto  il  decreto  n.  5475  del  24  marzo 1994, pubblicato nella
Gazzetta  ufficiale  della regione siciliana n. 22 del 7 maggio 1994,
con  il  quale  e'  stato  imposto  un  vincolo  di immodificabilita'
temporanea,  ex  art. 5, legge regionale 30 aprile 1991, n. 15, sulle
aree   dell'Alto  Vulcanico  monte  S.  Venere,  adesso  incluse  nel
perimetro della presente proposta;
  Vista  la  nota  n.  2127  del  13  maggio  1997,  con la quale, il
Ministero  delle  finanze  ha  attestato  che nell'area oggetto della
proposta  di  vincolo paesaggistico non esistono zone che interessano
aziende patrimoniali dello Stato, nonche' localita' riconosciute come
stazioni  di  soggiorno  di  cui  all'art. 13 della legge n. 1497 del
1939;
  Considerato che la valle dell'Anapo va necessariamente tutelata per
evitare  trasformazioni  tali  che  potrebbero  far  venire  meno, in
maniera   irreversibile,   le   caratteristiche   proprie  di  questo
territorio.
  E'  stato effettuato l'esame, presso la Sezione beni paesaggistici,
architettonici  ed  urbanistici della Soprintendenza di Siracusa, dei
piani  regolatori dei centri urbani inclusi nella proposta di vincolo
al fine di garantirne l'eventuale espansione edilizia o produttiva.
  Il  centro  urbano  di  Palazzolo, poiche' ben tutelato da un piano
regolatore  generale  e  da uno studio di piano particolareggiato del
centro storico, verra' escluso dalla proposta, comprendendo invece il
cimitero  poiche'  ricco  di  significativi elementi architettonici e
storici da salvaguardare.
  Per   quanto   concerne  altri  centri  rientranti  nella  zona  da
sottoporre   a  vincolo,  Ferla  e'  in  possesso  di  uno  strumento
urbanistico mentre invece Cassaro e Buscemi ne sono privi.
  Il  perimetro  proposto comprende a nord il monte S. Venere (m 869)
inseribile  sia  come  bellezza  individua  che  panoramica,  nonche'
sottoposto a vincolo biennale di immodificabilita' ai sensi dell'art.
5 della legge regionale n. 15/91.
  Obiettivo  del  presente  vincolo e' quello di sottoporre a tutela,
secondo  la  normativa  paesaggistica, la sorgente e l'alto corso del
fiume,  a  completamento delle misure di salvaguardia gia' apposte su
elementi del tutto identici.
  Nel  tener conto dei problemi economici e sociali dei centri urbani
che  gravitano  nella  zona  da sottoporre a vincolo si e' cercato di
trovare  una  soluzione  di compromesso tra le esigenze di tutela del
territorio e quella di sviluppo economico e sociale della zona.
  Particolare   considerazione   e'   stata  rivolta  alle  attivita'
produttive  di  cava,  in  quanto,  una  volta scaduta nell'anno 2002
l'autorizzazione  all'apertura  delle  cave,  se  la zona sara' tutta
sottoposta  a  vincolo  ai  sensi  della  legge  n. 1497/1939, quella
attivita',  ai  sensi della legge regionale n. 24/91, non potra' piu'
essere  rinnovata  con gravi conseguenze dal punto di vista economico
ed occupazionale.
  A  tal  fine  si  e'  provveduto a verificare quale sia l'attivita'
produttiva  effettivamente  svolta  dalle cave esistenti nella zona e
quali  siano i processi produttivi in atto, anche se l'estensione del
territorio  oggetto del presente vincolo e la sua natura giuridica di
atto   generale   non   consentono  di  attenzionare  aspetti  troppo
particolari.
  La   relazione   tecnicoscientifica   chiarisce  il  perche'  della
necessita'  di  tutelare  la  zona,  anche  perche'  accompagnata  da
specifiche   osservazioni  tematiche  relative  ai  singoli  aspetti:
geologico, archeologico, urbanisticoterritoriale, ecc.
  Il vincolo della legge n. 1497 /19 39, d'altra parte, non prescrive
divieti  assoluti  ma  cerca di dare delle prescrizioni per la tutela
dei valori paesaggistici dell'area da vincolare.
  Scopo  del vincolo e' quello di tutelare l'Alta valle dell'Anapo ed
il  suo  bacino  imbrifero,  allargandolo fino a comprendere monte S.
Venere  ed  il  torrente  Calcinara, allo scopo di evitare che l'area
subisca  stravolgimenti  tali da compromettere le valenze paesistiche
della zona.
  Il  vincolo  abbraccia  una  vasta area che comprende anche quattro
centri urbani e, quindi, si e' provveduto ad individuare i criteri di
scelta  delle  aree  urbane  da  inserire nel vincolo ed i criteri da
utilizzare  per  la perimetrazione, anche in considerazione del fatto
che  bisogna  scegliere  dei capisaldi certi visto che in questa area
corre il limite tra le due provincie di Siracusa e Ragusa.
  Alla  luce  di  un'attenta analisi del territorio e degli strumenti
urbanistici  gia'  vigenti  o  in  itinere,  si  sono estrapolati dal
vincolo  i  centri  urbani  di  Palazzolo  Acreide e Ferla, e le loro
periferie,  per  i  quali sarebbe auspicabile che venisse proposto un
vincolo  ad  hoc come e' stato fatto per Buscemi (decreto n. 7102 del
15 ottobre 1997).
  Invece,  in  assenza  di  un  piano  di  sviluppo  territoriale  di
coordinamento  e  di  uno  studio  demografico  del  territorio  o di
geografia  antropica,  ponendosi anche il problema della salvaguardia
degli  ambiti urbani, si e' scelto di includere nel vincolo il centro
urbano di Cassaro.
  Infatti, per Buscemi esiste il vincolo paesaggistico, per Palazzolo
Acreide  e  Ferla  risulta gia' vigente il piano regolatore generale,
per  Cassaro  esiste  solo  il piano di fabbricazione mentre il piano
regolatore  generale  e' ancora in itinere e, quindi, l'inclusione di
tale  area urbana nel vincolo paesaggistico ha un senso, in quanto e'
piu'  esposta  a  processi,  gia'  in  atto,  di cambiamento radicale
repentini   che   tendono  a  stravolgere  la  struttura  urbanistica
esistente.
  Cassaro risulta, cosi', meno tutelata rispetto agli altri centri e,
proprio   per   questo,  la  sua  inclusione  nel  vincolo  si  rende
necessaria,  al  fine  di  evitare che la struttura urbanistica venga
sovvertita  totalmente  con  la  demolizione  delle  costruzioni gia'
esistenti   per  crearne  delle  nuove,  destinate  ad  una  presunta
vocazione  turistica  della  zona  che  di fatto non corrisponde alla
realta' dei luoghi.
  Cio'  nel rispetto delle esigenze di espansione dei centri urbani e
di  quelle  di  tutela e di controllo del territorio, evitando che lo
stesso venga alterato.
  Considerato  che  l'area  per la quale si propone l'imposizione del
vincolo e' una delle piu' suggestive dal punto di vista paesaggistico
ed  e'  molto  ricca  anche  di  elementi  archeologici,  geologici e
botanici.
  Fra  le  emergenze  botaniche  va rilevata la singolarita' botanica
costituita  dal  bosco di Ferla che insiste sulle sponde del torrente
Calcinara.
  Infatti,  mentre  una  sponda  e'  costituita  da  terreno  di tipo
calcarenitico,  che  favorisce la crescita di una varieta' di quercia
(Quercus  Ilex),  sull'altra  sponda  e' stato individuato un diverso
tipo  di  vegetazione caratterizzata dal Quercus Virgiliana, favorita
dalla presenza di terreni vulcanici.
  Fra  i  segni  antropici storici piu' importanti presenti nell'Alta
valle  dell'Anapo  vi  e'  il  tracciato  della vecchia linea ferrata
Siracusa-Vizzini.
  La   qualita'  del  territorio  attraversato  dal  fiume  Anapo  e'
testimoniata  dalle  numerose  suggestive  visioni panoramiche che si
possono godere da differenti punti di vista o "belvedere".
  Percorrendo  la  s.s. Mare-Monti si giunge a Palazzolo Acreide e ci
si  ferma  al  belvedere  nella  zona nord della citta', dal quale si
apprezza  una  visione  panoramica  di  un'ampia porzione della valle
dell'Anapo.
  Da   questo   punto   e'   possibile   ammirare   una   delle  zone
paesaggisticamente  meglio  conservate  della Sicilia sud- orientale,
nonostante  le  inevitabili trasformazioni ambientali e culturali che
ha subito.
  A  questo  proposito  si  indica  l'elettrodotto  che  l'Enel aveva
chiesto  di  ubicare proprio nella valle dell'Anapo, attraversando il
territorio  compreso  fra Palazzolo e Buscemi; tale invasiva opera in
atto  e'  stata  riprogettata  proprio allo scopo di salvaguardare il
paesaggio dell'area in esame.
  Ai  margini  della  zona  archeologica  di  Akrai,  in direzione di
Buscemi, si ha modo di ammirare l'unicum botanico rappresentato da un
esemplare  di  Bagolaro  che  campeggia  imponente  in  pieno  centro
cittadino.
  Costeggiando  il  fiume  Calcinara, che rappresenta quasi un limite
naturale del vincolo, si scopre un paesaggio morfologicamente di gran
pregio, avvicinandosi all'emergenza di monte S. Venere.
  L'area  compresa  fra  Buccheri  e  monte  S.  Venere e' di origine
vulcanica e circa quindici milioni di anni fa la zona era interessata
da effusioni sottomarine, come e' testimoniato dalla presenza di lave
a  "cuscino",  la cui forma e' dovuta al fatto che le lave risalivano
in  superficie in ambiente subacqueo, attraverso fratture del terreno
e,  giunte  in  superficie,  a causa della differenza di temperatura,
costituivano   nuclei   che  erano  caratterizzati  da  desquamazione
cipollare.
  In zona Contessa, nei pressi di Buccheri, a margine della balza che
delimita  l'altro  lato  della  valle  si puo' ugualmente ammirare un
paesaggio  cosi'  bello  e  spettacolare che giustifica ampiamente la
imposizione del vincolo.
  Sul  posto  si  puo'  ammirare  la  presenza di alcuni esemplari di
rapaci   che   nidificano   nella  zona  di  alcune  essenze  arboree
particolari. Si tratta di agrifogli e querce, di tipo autoctono della
macchia mediterranea che si sono sviluppate proprio grazie all'azione
pioniera  garantita dalle colture forestali impiantate da una ventina
d'anni, dall'Azienda regionale foreste nella zona, costituita da pini
e abeti.
  Attraverso  la  zona delle "Neviere" di Buccheri, che, costruite in
pietre  a  secco  di  forma  quadrata  o  circolare, costituiscono un
esemplare  unico  di  architettura  nel  Mediterraneo, per una strada
tortuosa,  da  dove si ammira un paesaggio esaltante, si scende verso
contrada Cuffari, dove si trova la fonte dell'Anapo.
  Il  punto  da  cui si diparte il fiume Anapo e' proprio sotto monte
Lauro e lungo il crinale del monte corre il limite del vincolo; altro
limite  del vincolo e' il monte Erbesso, antico terrazzo di abrasione
marina, che in parte delimita naturalmente la valle.
  Costeggiando,  poi,  il  torrente  Calcinara, affluente dell'Anapo,
percorrendo  una  zona  paesaggisticamente molto suggestiva, e che in
quanto  tale  non  poteva non essere inclusa nel vincolo, si giunge a
Cassaro,  unico  centro  abitato  che,  come  risulta  dal verbale di
riunione  della commisione del 30 giugno 1996, si vuole includere nel
perimetro del vincolo.
  Visitando  il centro urbano, si nota come negli ultimi anni Cassaro
abbia  subito una notevole trasformazione edilizia, che attraverso le
demolizioni  e  ricostruzioni  exnovo  di  intere unita' edilizie, ha
modificato  buona  parte  del tessuto urbano antico. Ed un esempio di
cio' si ha modo di osservarlo in atto, infatti in un angolo della via
principale,  quasi  prospicente sulla piazza della chiesa Madre di S.
Pietro,  e'  stato  demolito  un  fabbricato,  certamente  per essere
ricostruito in maniera piu' moderna.
  Il  bordo  urbano  rivela  la presenza degli orti che si sviluppano
attorno  al  paese,  infatti  Cassaro  e'  uno  dei pochi paesi della
provincia che ha conservato gli "orti di margine" o suburbani.
  L'inclusione  di  Cassaro nel vincolo ha la funzione di indirizzare
l'urbanistica del centro, proprio per evitare che ai bordi del paese,
dove adesso insistono questi orti, magari vengano costruiti edifici a
piu'   piani.   Si  vuole  evitare  che  venga  stravolto  l'impianto
settecentesco   del   centro,  con  gli  allineamenti  del  grigliato
spagnolo, vicino a cui sono nate le prime case che hanno eliminato il
senso degli allineamenti.
  Inoltre  poiche' la popolazione del paese non e' cresciuta rispetto
al  momento  dell'impianto  urbano nel settecento, anzi e' diminuita,
non  si  giustifica  questa esigenza di espansione che, anzi, si deve
cercare  di  arginare,  magari  attraverso  una  azione  di indirizzo
urbanistico  del  piano  regolatore  generale, prima che questo venga
trasmesso    al    Consiglio    regionale   urbanistica   (CRU)   per
l'approvazione.
  A  Ferla,  attraversando la zona inclusa nel vincolo, il cui limite
si  attesta  proprio  a margine delle case, si prosegue attraverso la
riserva   naturale   dell'Anapo,  nel  suo  tratto  mediano.  Da  qui
percorrendo  l'ex tracciato della ferrovia che costeggia il fiume, da
dove   si   ammira   uno   dei  siti  naturali  meglio  conservati  e
paesaggisticamente  piu'  coinvolgenti,  si  arriva  a  Case Specchi,
"rifugio" dell'Ispettorato forestale.
  Tornando  alle problematiche sorte per l'inclusione nel vincolo del
centro  urbano  di  Cassaro,  e' importante sottolineare che, dopo il
terremoto  del  1693,  ci  fu la volonta' di non mantenere l'impianto
precedente e di ricostruire il paese su altro sito.
  Diversa  ed  articolata appare la problematica inerente il fenomeno
delle  cave  presenti  in  agro di Cassaro, che, con l'inclusione nel
perimetro   di  vincolo  vedrebbero  tramontare  la  possibilita'  di
ottenere  il  rinnovo dell'autorizzazione, la cui scadenza - prevista
per  il  2002  -  potrebbe  incidere sulle attivita' produttive della
comunita'.
  Si  chiarisce  comunque  che,  anche in presenza del vincolo, se le
cave  non  hanno esaurito il piano di coltivazione per il quale erano
state  autorizzate,  si  puo'  chiedere  una  proroga  fino  a che la
produzione   stessa  non  sara'  esaurita.  In  ogni  caso,  si  deve
evidenziare  che  l'area della valle dell'Anapo, e' sottoposta gia' a
vincolo  paesaggistico ai sensi della legge n. 431/1985, in quanto si
trova tra i due bracci del fiume.
  La commissione BB.NN.PP. ha effettuato un sopralluogo delle cave di
estrazione  e  frantumazione  di  calcare  che  ha  evidenziato  come
l'impianto   di   frantumazione   con  la  cava  annessa,  denominata
"Montegrosso-Italia"  sia  fuori dal perimetro dell'area che si vuole
sottoporre a tutela con il vincolo paesaggistico.
  L'altra  cava,  denominata  "Fontana del SignoreItalia", viceversa,
insiste  su  una  porzione  di  territorio  da risanare alla scadenza
dell'autorizzazione,   considerato  che  e'  ben  visibile  anche  da
Palazzolo Acreide.
  L'inclusione di quest'area nel perimetro del vincolo e' necessaria,
proprio  perche' cosi' si potra' esercitare sulla stessa un'azione di
tutela  e di controllo del territorio, dopo che la cava avra' cessato
la  sua  attivita'.  Il vincolo paesaggistico infatti puo' perseguire
anche  finalita'  di successive azioni di recupero ambientale di aree
specifiche  accidentalmente  degradate e ad un reinserimento armonico
delle stesse nell'ambiente circostante.
  In  quest'area  sono previsti, da parte dell'Ispettorato forestale,
progetti di forestazione sia lungo gli argini dell'Anapo che dei suoi
affluenti.
  Si  e'  inoltre  evidenziato che il previsto fronte di coltivazione
della  cava  si  estende  in  senso  nordest  per  circa  180 metri e
lateralmente  per  circa  80  metri  ancora,  secondo  il  limite  di
coltivazione,  essendo una cava a termine, anche per la conformazione
naturale  del  terreno; molto probabilmente la cava nel 2002, data di
scadenza  dell'autorizzazione,  non  avra'  esaurito le potenzialita'
estrattive  autorizzate,  per  cui  potra'  continuare ad operare, in
regime di proroga.
  Ai  fini di un futuro recupero ambientale dell'area, e' auspicabile
il  suo inserimento nell'ambito del vincolo: la commissione ha quindi
ritenuto  doveroso,  fatte  tutte  le opportune valutazioni, inserire
anche l'area de quo nel perimetro del vincolo paesaggistico dell'Alta
valle dell'Anapo.
  Considerata  l'analisi  paesaggistica  effettuata sui territori dei
comuni di Buccheri, Buscemi, Cassaro e Ferla, e riportata nei verbali
anzidetti,  dalla  quale  e'  dato  ricavare che sottoporre a vincolo
paesaggistico  l'Alta  valle  dell'Anapo  significa  riconoscere,  in
quanto   valori   collettivi  di  interesse  pubblico,  gli  elementi
culturali  e naturali presenti nel territorio compreso dal suo bacino
idrografico.
  L'intero corso del fiume ed i suoi affluenti principali e secondari
risultano  gia'  sottoposti a vincolo opelegis, per gli effetti della
legge  n.  431/1985, per una superficie pari a m 150 dalle sponde; il
tratto   mediano,   e'   dichiarato   area   di   notevole  interesse
naturalistico,  ai sensi della legge regionale n. 14/88 sulle riserve
naturaliregionali, in attesa di decreto, nonche' proprieta' demaniale
dell'Azienda  regionale  foreste; il tratto comprendente la necropoli
di  Pantalica,  risulta inoltre sottoposto sia a vincolo archeologico
che  paesaggistico  ai  sensi  delle  normative  n.  1497/1939  e  n.
1089/1939;  la sua foce risulta assoggettata al vincolo paesaggistico
del porto grande di Siracusa, di cui al decreto del 1988.
  A proseguimento degli atti di tutela fin qui espressi ed a conferma
dell'unitarieta'   dei   valori   storici,  culturali,  archeologici,
geologici   e   naturalistici   rappresentati   nella  valle,  appare
necessario  ed urgente completare la tutela del territorio sotteso al
bacino del fiume.
  L'Anapo,  coprendo  una  superficie di bacino pari a kmq 180 ed una
lunghezza pari a km 52, per la sua notevole disponibilita' idrica, e'
stato  da  sempre  influenzato  dalla  presenza antropica, sia per la
derivazione  delle  sue  acque,  che, per l'utilizzazione dei fertili
suoli  alluvionali per scopi agricoli, fattore questo, che ha portato
a sostanziali alterazioni nella originaria vegetazione ripariale.
  La captazione delle sorgenti, la costruzione di bacini artificiali,
la  canalizzazione dei suoi affluenti, le trivellazioni incontrollate
della  falda  hanno  causato  la riduzione delle sue portate medie ed
estive;  l'immissione  a  tutt'oggi  prorogata  delle acque reflue di
almeno  cinque  centri  urbani  limitrofi,  comporta  il  progressivo
inquinamento  e  degrado specialmente nel tratto finale del fiume, in
corrispondenza della pianura di Siracusa.
  Rispetto  al  panorama montano delle colline della Sicilia interna,
il  massiccio  ibleo, appare distaccarsi, caratterizzando "la regione
nella regione" dove si trova Pantalica.
  Pur   essendo   composto  da  calcari  simili  agli  altri  rilievi
dell'isola,  questa  tipica conformazione lievemente inclinata, quasi
orizzontale,  conferisce  al  rilievo una piu' marcata dolcezza. Tale
superficie   viene  tipicizzata  ulteriormente  per  la  presenza  di
un'infinita serie di geometrie costituite da antichi muretti divisori
costruiti dalle fatiche secolari dei contadini iblei.
  In  stridente  opposizione  all'armonia  di  questa  superficie, si
susseguono  le tantissime valli dai pendii tali da assumere l'aspetto
di veri e propri canyons, definite cave.
  I millenni hanno profondamente scavato queste valli costituendo dei
veri   e   propri  drenaggi  che  contribuiscono  a  rendere  stabile
l'agricoltura   in   asciutto   delle   balze  iblee,  caratterizzate
soprattutto  dalle  colture  cerealicole,  ma anche arboricole, quali
l'olivo e il mandorlo.
  Nell'ottica   di   un   bilancio   ecologico   generale,   le  cave
costituiscono  dunque  un  grosso  vantaggio  per gli Iblei; infatti,
oltre  a  consentire il drenaggio necessario per i terreni limitrofi,
sono dei veri e propri serbatoi idrici perenni.
  E'   la  stessa  natura  calcarea  degli  Iblei  che  favorisce  la
penetrazione   delle   acque   meteoriche   attraverso   gli   strati
superficiali fortemente permeabili.
  Le acque infatti, incontrando strati piu' compatti interrompono, in
parte o totalmente, la loro penetrazione verticale e si incanalano in
direzioni  orizzontali,  scivolando  sugli strati di arresto trovando
spesso sfogo nelle cave, laddove la stratificazione naturale e' stata
profondamente  intaccata:  dando luogo dunque, alle numerose sorgenti
di  acqua fresca che rendono l'ambiente lussureggiante di vegetazione
sempre  verde,  oltre che contribuire alle risorse idriche dei centri
urbani  montani.  La  forte  dotazione idrica, oltre a costituire una
notevole   attrazione   per   le  civilta'  che  storicamente  vi  si
insediarono,  garantirono  da  sempre,  l'agricoltura, oltre a creare
altresi', una notevole copertura arbustiva e di conseguenza una ricca
oasi di fauna selvatica.
  Le   cave,   quindi,  costituirono  e  costituiscono  degli  ottimi
ecosistemi  storicizzati  dalla  presenza dei vari insediamenti della
civilta' siciliana.
  L'area  del  massiccio Ibleo e' caratterizzata da una articolazione
per  cave e valloni che ne determina sia il carattere morfologico che
quello della presenza umana.
  Le  cave  costituiscono  il  tramite  tra  la cultura della costa e
quella delle montagne e sono nello stesso tempo margine e confine.
  Anche  storicamente  due  culture  si  sono  confrontate  in questo
territorio:  quella  rupestre,  sopravvissuta  all'invasione  greca e
mantenutasi  sino  ad  oggi  in  alcune forme di insediamento; quella
costiera,  riccamente  articolata  nelle  numerose  colonie  e  nella
varieta' di forme insediative.
  Il  massiccio  Ibleo risulta quindi delimitato come area che non e'
costa  ne'  cave;  la  predominanza  dei valori storici, ambientali e
culturali  delle  due  altre  aree  che  compongono  la  regione  sud
orientale della Sicilia ha fatto a lungo perdere di vista i caratteri
propri dell'altopiano tabulare.
  Il  riconoscimento  di questa identita' espressa nei valori formali
del  reticolo dei muri delle chiuse dei pascoli e degli spietramenti,
dall'edilizia realizzata con muri a secco, dal paesaggio dell'olivo e
del  carrubo  e  del  pino  daleppo,  qui in gran parte endemico, del
paesaggio  umano  delle  grandi  distanze,  dei paesi nascosti dietro
creste  o  entro  valloni,  costituisce  la  radice  e il senso della
individuazione dell'area all'interno di un vero "parco degli Iblei".
  La  configurazione  di  questo  territorio spicca per un insieme di
elementi geografici fortemente caratterizzati: la costa e' disegnata,
attorno al massiccio Ibleo, da siti fortemente prominenti e da anditi
fortemente  ridossati;  i  promontori  o  le  isole si alternano alle
grandiose  insenature  di  cui  il porto megarese e quello Xifonio ad
Augusta,  il  porto  piccolo ed il porto grande a Siracusa, Vendicari
piu'  a  sud,  Augusta,  Ortigia,  il  Plemmirion,  rappresentano gli
elementi fisici piu' significativi.
  Questa  particolare  configurazione  si  ribalta all'interno con la
conformazione  a  terrazze  del  sistema  ibleo,  solcato dalle cave,
profonde e nascoste che si oppongono alla solarita' dell'altopiano.
  La  superficie interrotta dalle piccole corrugazioni dei muri delle
chiuse ed all'improvviso spezzata nelle cave, racchiude il patrimonio
delle  due  culture,  la  fascia  costiera,  parte integrante di tale
patrimonio,  margine  tra lo stesso ammasso dell'altopiano e il mare,
luogo  della  trasformazione  della  roccia  in  sabbia, possiede una
straordinaria  articolazione  morfologica  che  ne  ha determinato la
ricchezza  di  ambienti  e  di forme dell'insediamento, e' oggetto di
ampia  tutela nonostante gli scempi perpetrati negli anni 60 e 70; il
pedemonte  ha  visto modificarsi le forme dell'insediamento che dalle
forme  drammatiche  delle  cave  e  delle  creste  si e' gradualmente
evoluto in forme piu' stabili e distese, ma perde man mano le ragioni
del  proprio  esistere,  privo  di  immediati  riscontri economici ed
assiste  ad un lento polarizzarsi della popolazione e delle attivita'
verso  pochi  centri, una volta interrotta la capacita' di attrazione
di Siracusa.
  Le ragioni di una permanenza nei centri minori e di possibilita' di
accesso  ad  una  vita  sicura  e  a livelli di socialita' che queste
regioni  non  hanno  conosciuto  ed  hanno  perduto  prima  ancora di
sperimentarla,  risiedono  forse  nelle  forme  di  tutela dell'unico
patrimonio  oggi  costituito  dall'identita' iblea, espresso anche in
aree  ed  oggetti  materiali,  monumenti naturali ed artificiali e in
quelle   linee  che  attraverso  i  secoli  ne  hanno  costituito  la
continuita'  e  rispettato  le  risorse,  accrescendone  la dotazione
naturalistica e di cultura.
  La  Valle  dell'Anapo costituisce all'interno del sistema Ibleo una
unita'  ben  definita, determinata di particolari processi antropici,
che  hanno  trovato  in  quell'asta  fluviale  una collocazione e uno
sviluppo, una concentrazione particolare.
  La  Valle  dell'Anapo e' il luogo dei culti e nello stesso tempo la
cultura in esso sviluppatasi e' quella del culto dei luoghi.
  Rifugio  delle  genti  sicule schiacciate dall'invasione del popoli
ellenici, probabilmente fu interessata gia' da scambi culturali con i
popoli del mediterraneo, micenei, prima della colonizzazione greca.
  Cio'  che  in  altre  regioni  della  Sicilia si attesta attorno ai
grandi  santuari  collocati  sulle  montagne,  caratteristiche  della
fascia  settentrionale  come  Erice,  Scopello,  monte  Gallo,  monte
Pellegrino,  monte  Cofano,  Cefalu' sino a Gioiosa La guardia e' qui
esteso  all'interno  dell'intera vallata. Gli insediamenti umani sono
caratterizzati  da  un  oscillare  tra  la  cresta del monte e le sue
pendici,  senza  allontanarsi  dal  sito  originale,  salvo i casi di
drammatici abbandoni.
  Le  grotte e le cave sono anche rifugio, officina, sepolcro, chiesa
e  l'acqua,  che scorre abbondante nella valle, attesta la ragione di
tali  insediamenti  legati  alle  risorse energetiche del fiume e del
bosco  al  trasporto,  alla poca agricoltura che si puo' svolgere con
difficolta'  sui  terrazzamenti che dovettero essere antichi, al cibo
che si trova nel fiume.
  Agli insediamenti rupestri, che hanno nell'Anapo una propria epopea
ininterrotta  dalla  preistoria  ad  oggi,  si alternano insediamenti
sommitali  di vaste proporzioni come a Pantalica, ad Erbesso ad Akrai
per non citare gli insediamenti minori.
  L'intero   territorio  appare,  ad  una  lettura  diacronica,  come
completamente  occupato  da  una  estesa  organizzazione  che alterna
luoghi  di  culto  all'abitazione,  all'officina  alle necropoli, con
strade  di  collegamento  spesso  incassate  nella  roccia,  difese e
nascoste,  come  gli  accessi  a  Pantalica,  dove  una  architettura
militare assai antica raggiunge eccezionali risultati sia nelle opere
di fortificazione dell'isola abitata, sia nella struttura sommitale.
  Altro  carattere  hanno  gli  insediamenti  greci,  dotati di spazi
pubblici  collettivi, dedicati alla cultura, ampie vie processionali,
teatri, senati come il bouleuterion di Akrai.
  Un  lungo  medioevo  ricaccio'  forse  le  popolazioni piu' antiche
superstiti  e  quelle  greche  in  insediamenti ristretti ed isolati,
spesso  preda  di  razzie  concluse dalla conquista musulmana: non si
trovano  qui  evidenti  tracce  delle colture agricole come la manna,
mentre abbondano i toponimi nella radice busul, bufal, rahal relativi
certamente  ad  insediamenti agricoli; mancano Kasr, gebel e fawarah.
Vari  feudi  del  bacino  dell'Anapo  riportano il toponimo bufalefi,
bufalemi.
  Normanni  e  svevi dedicarono maggiore attenzione al controllo e al
ripopolamento   della   costa,   mostrando   come  evidentemente,  la
precedente  condizione di insicurezza aveva portato allo spopolamento
della  costa; a Federico II si intestano numerose fondazioni urbane e
il  mantenimento  dei  casali  e  delle possenti attivita' economiche
legate  all'allevamento  del pesce, alla produzione del sale, all'uso
delle  paludi  per  la produzione di torba ecc. ma la collocazione di
certi  castelli  o  palazzi  fa  pensare  ad  una attenta politica di
controllo  delle  foci  di  quei  fiumi  che  erano la via di accesso
all'interno, l'Anapo appunto.
  Il  lungo  periodo  dell'eta' di mezzo sembra come cancellato nella
memoria  collettiva  dal  terremoto  del  1693; solo oggi ricompaiono
certi  segnali  di  una presenza nobiliare che interessa fortemente i
centri  degli  Iblei,  si  ricostruisce  una  storia di infeudazioni,
baronie,  lasciti, acquisti, espropri legata alle citta' baronali che
quelle  demaniali  sono qui rare. Il terremoto del 1693 costituisce e
provoca  una  spinta alla trasformazione del territorio che interessa
piu'  i  modi di organizzazione della citta', sia fisica che politica
che  non  l'insediamento  agricolo,  che sara' stato oltre tutto piu'
profondamente  danneggiato  proprio  per  la  minore  qualita'  della
costruzione  agricola  anche  se  padronale.  Ma  di  tali situazioni
restano  scarsi  segnali:  la  cronaca e la storia si interessano dei
grandi  fatti  urbani spiegando con il numero dei morti i processi di
trasformazione,  attuatisi  invece  grazie alla frattura e alla crisi
indotta  dal  terremoto.  Il  sisma scatena il contrasto tra le forze
conservatrici   e   quelle  innovatrici,  favorisce  la  speculazione
edilizia, provocando la trasformazione generale dei tessuti urbani.
  E'  pero' anche l'epoca dell'oblio del passato in cui si perdono le
tracce  della  struttura urbana antica dell'agricoltura specializzata
che  viene  sostituita  da  sistemi  colturali  estensivi necessari a
produrre  grandi  quantita'  di  un  unico genere alimentare, utile a
sfamare masse di popolazione sempre piu' numerose e diseredate.
  I  fenomeni  sono  qui  non  diversi  da  quelli che interessano in
generale  il  Mezzogiorno,  causati  dalla marginalita' e dal mancato
compimento della modernizzazione della economia mercantile.
  I  processi che portano alla creazione delle prime fabbriche per la
trasformazione   dei  prodotti  alimentari  e  alla  creazione  della
necessaria  struttura  di  supporto  di officine ecc. non interessano
l'interno    dove    si    mantiene   l'allevamento,   caratterizzato
dall'adozione  sempre  piu'  specifica  di  ovini  e  bovini  a bassa
necessita'   nutrizionale  e  a  ridotta  resa;  di  scelte  agricole
estensive  che  distruggono  la  copertura boschiva naturale e quella
produttiva del carrubo.
  Questi  processi permangono sino ai giorni presenti con l'abbandono
progressivo  dei  centri urbani, non piu' legati se non a fenomeni di
sussistenza  e  sopravvivenza  e  del  territorio in cui la struttura
agricola  si  degrada  sempre  piu',  provocano  la distruzione delle
pendici.
  I dati stessi delle attivita' preminenti dimostrano per larga parte
una  economia  di  sussistenza  legata ai sussidi (a Buscemi il 38,2%
della  popolazione),  mentre  il  7,9%  e'  impiegata  e solo il 3,4%
salariata.
  Penalizzati dalla grande distanza dalle vie del traffico turistico,
non  hanno  avuto ne' il tempo ne' le risorse per costituire man mano
una  struttura ricettiva minima ma di qualita' ne' attrattive che non
siano limitate alla festa patronale o manifestazioni estive.
  Non esiste quindi alternativa alla conservazione se non nel consumo
progressivo  delle  risorse  e  del  patrimonio,  che,  solo permette
piccoli investimenti delle rimesse, della assistenza e dei sussidi.
  E' cosi' che il carattere originario di luogo dei culti si e' perso
anche nel processo di attrazione verso i poli industriali della costa
e che al momento del crollo di questi il ritorno al Centro interno si
e'  rivelato difficile se non impossibile; nel corso della espansione
industriale questo territorio ha anche espresso una classe politica e
amministrativa che ha assunto ruoli rilevanti a livello regionale, ma
i  processi  attuali  hanno  ridotto  la  formazione  di nuove elites
dirigenti,   nonostante   la   facilita'   di   accesso   agli  studi
universitari:    si    risente    la    mancata   infrastrutturazione
dell'istruzione,   con  scuole  basate  sul  precariato,  assenza  di
biblioteche  e  circoli,  crollo degli antichi istituti di istruzione
religiose.
  Il  patrimonio  intellettuale  legato specificatamente alla cultura
della Valle dell'Anapo si e' cosi' perso senza rinnovarsi.
  Il territorio e' oggi caratterizzato da una scarsissima dinamica.
  Gli Iblei in generale sono stati negli ultimi anni caratterizzati
dai  lenti  processi di abbandono della campagna e dei centri minori;
la  Valle  dell'Anapo  non  e'  sfuggita  a  tale  carattere ma a ben
guardare non e' possibile generalizzare questa osservazione.
  Accanto  a fenomeni di abbandono come a Buscemi, Cassaro, Ferla, vi
sono  centri  di ripopolamento come Palazzolo che costituiscono anche
centri  di  attivita'  turistiche  limitate ma in sviluppo, oltre che
centri  culturali  di  notevole fermento; vi e' un abbandono di certe
aree  agricole  ma  il concentrarsi di investimenti e insediamenti in
altre  aree  o  in  piccoli  borghi;  sono  sorte strutture inutili o
sovradimensionate ma anche piccole strutture di agricoltura biologica
e naturale, di agriturismo; si e' sviluppata una coscienza ambientale
che  ha  permesso la creazione e lo sviluppo di un'area di riserva di
grandi  dimensioni  di eccezionale consistenza e valore, attrezzata e
capace di offrire occasioni di lavoro e di accoglienza, essendo ormai
conosciuta ben al di fuori del confine provinciale.
  In  questo  senso la rinascita del territorio o la conservazione di
valori  eccezionali,  naturali  e paesistici si e' concentrata in due
grandi  incisioni,  l'Anapo  e il Cassibile e in una fascia costiera,
Vendicari che costituiscono modello e museo dell'assetto corretto del
territorio.
  La  riserva  dell'Anapo  e  di  Pantalica  costituisce poi anche il
prototipo  di  quel  confronto tra struttura ambientale, paesistica e
storica  del  territorio  che con altre valenze si affronta in citta'
come Siracusa.
  L'area   iblea   e'   rimasta  caratterizzata  da  una  assenza  di
pianificazione urbanistica con la redazione dei piani territoriali di
coordinamento,  con  l'assenza  del  piano di sviluppo economico e di
programmazione  della  provincia  di  Siracusa  e  con una gravissima
carenza di pianificazione urbanistica locale.
  Quest'area   ha   pesantemente   pagato  anche  lo  scotto  di  una
separazione  in  due  provincie assolutamente immotivata dal punto di
vista geoantropico. La creazione di due centri capoluogo di provincia
a  scapito  di alcuni centri di notevole peso amministrativo, storico
ed  economico, come Noto e Modica, ha poi squilibrato la dislocazione
umana e degli interessi.
  Solo  recentemente un processo di reidentificazione delle comunita'
dell'interno    attraverso    alcuni    fenomeni   associativi   come
l'Associazione   per  la  proposta  del  parco  degli  Iblei  e  come
l'U.T.R.A.S   (Unita'   territoriale   di   recupero   ambientale   e
storicoculturale)  del  bacino canicattinese, permette di intravedere
la prospettiva di uno sviluppo autocentrato.
  La  pianificazione paesaggistica regionale, in corso di emanazione,
riconosce  nell'area  caratteri  unitari  separando  solo  la  fascia
costiera  in  ragione  dei processi di aggressionetrasformazione gia'
accaduti e possibili.
  La   precedente   pianificazione  di  tutela  ha  gia'  individuato
nell'Anapo  una unita' territoriale estesa, morfologicamente unitaria
tutelata  alla  foce nel vincolo del Porto Grande, delle Saline e del
Ciane,  costituenti anche riserva naturale orientata; nel corso medio
con  il vincolo dei monti Climiti e della media valle dell'Anapo, nel
corso  alto  con  il  vincolo  di  Pantalica, con la riserva naturale
orientata e con la tutela paesaggistica dell'alta media valle.
  Vi e' pero' una evidente controtendenza rappresentata da ipotesi di
urbanizzazione  presenti  nelle proposte di piano regolatore generale
di Buscemi, Ferla e Cassaro, in parte gia rigettate, ed altri sistemi
di   comunicazione   sicuramente  sovradimensionati  come  la  strada
provinciale  maremonti, le cui opere faraoniche sfigurano a tratti il
paesaggio dell'Anapo.
  Piu'  minutamente  vi  e'  una tendenza a sfigurare i centri urbani
minori   ancora   unitariamente   intessuti,   con   la   sistematica
sostituzione  edilizia  all'interno  e  con  la costruzione di bordo,
secondo  modelli di periferia urbana settentrionali, e con dimensioni
ed  estensioni  che  fanno  ben  presagire  come  la popolazione stia
abbandonando il centro tradizionale per nuovi modelli di insediamento
che  non  si  staccano  pero' dall'aggregato centrale che costituisce
comunque il riferimento amministrativo, sociale, culturale, familiare
(spesso  quest'ultimo  caratterizzato  dalla  permanenza nei bassi di
genitori o parenti anziani).
  Le  finalita'  della  tutela  dovranno  essere  caratterizzate  dal
riconoscimento  del  valore culturale della stratificazione antropica
di  caratteri  originali  i  cui  segni sono frequenti nel territorio
anche  se non sempre riconoscibili nelle loro caratteristiche e nelle
loro  relazioni  e valenze; l'impossibilita' di incidere sui processi
economici  deve  spingere  pero'  alla  conservazione di questi segni
anche oltre il loro significato funzionale come semantica costituente
in  definitiva  una  risorsa  futura  di  ordine  e  di  progetto del
territorio.
  Il  rispetto  dei  materiali  e  delle forme, la valorizzazione del
patrimonio   ambientale   e   naturalistico,   la  conservazione  del
patrimonio   monumentale,   artistico  e  documentario  elementi  che
costituiscono  il  paesaggio  dei  segni  materiali e dei significati
immateriali, deve indirizzare verso scelte di sviluppo e crescita che
assegnino  un diverso valore alla centralita' della cultura; i centri
urbani  potranno  indirizzare la crescita sia nella conservazione del
patrimonio   edilizio   tradizionale,   sia  verso  la  creazione  di
infrastrutture,  oggi  assenti,  di nuova collocazione, integrando la
ridottissima  strutturazione  dei  servizi,  creando  ampie  aree  di
distacco  tra  espansione  e  vecchio  centro  ed adottando tipologie
edilizie  adatte  al  paesaggio,  quindi meno ingombranti, morfologie
dove  possibile  che  siano evoluzione della morfologia esistente per
non  spezzare  la  continuita'  tra  vecchio e nuovo, soprattutto nei
centri  minori,  incentrando  su queste scelte la infrastrutturazione
capace  di offrire risorse ed occasioni che non sono state realizzate
nel corso del precedente ventennio.
  La  scelta  della  creazione  di  aree  urbane esterne al perimetro
inteso  come  fatto  paesaggistico,  dedicate  soprattutto  a  quelle
strutture  irrealizzabili  nel  patrimonio  edilizio esistente e alla
integrazione residenziale, dovra' essere il presupposto di ipotesi di
crescita turistica dedicata non ai grandi flussi, captati dalle fasce
costiere  che offrono un obiettivo servizio e che posseggono maggiori
attrattive immediate.
  Il paesaggio della "villeggiatura" o l'esperienza dei paesi albergo
capaci  di  offrire  una qualita' del soggiorno superiore a qualsiasi
altra  allocazione,  dovra'  integrarsi nello sviluppo delle economie
locali, entro le quali le trasformazioni colturali, infrastrutturali,
residenziali, acquisteranno una misura ed un significato diverso.
  Viste   le  valenze  naturalistiche  del  paesaggio  da  vincolare,
riportate  negli  anzidetti verbali, dalle quali e' dato rilevare che
il  notevole dinamismo proprio di un corso d'acqua e del suo ambiente
circostante  e  le  rapide  trasformazioni antropiche, motivate dalla
presenza dell'acqua, da sempre elemento essenziale degli insediamenti
urbani,  rendono estremamente precario il mantenimento di quei valori
naturalistici,  che  invece  vanno  conservati,  in quanto patrimonio
relitto di un paesaggio storicamente diffuso sull'altopiano ibleo.
  I  corsi  d'acqua  sono  degli  ecosistemi  aperti,  che  scambiano
continuamente  materia  ed energia, con il resto del bacino imbrifero
di  cui  si  possono  considerare  parte integrante. Le biocenosi dei
corsi  d'acqua, come quelle piu' prettamente terrestri, sono dominate
dalla  componente  autotrofa,  per  la  notevole  biomassa  presente,
costituita  essenzialmente  dalla  vegetazione  ripariale e sommersa,
caratterizzando in modo appariscente gli ambienti fluviali.
  L'elevato  valore  paesaggistico  dell'Anapo  e' legato dunque alla
presenza   di  specie  vegetali  molto  peculiari  che  solo  qui  si
rinvengono.
  In  particolare  e'  la  vegetazione  golenale, che se attentamente
studiata, corrisponde a determinare i caratteri peculiari di un corso
d'acqua.
  La  presenza  di  acque  correnti,  per  effetto  della loro azione
idrodinamica,  condiziona  una  certa  parte  del  territorio,  detta
appunto  golena,  considerata  come  il  prodotto di questo dinamismo
idrico di superficie, fisicamente compresa dalla zona di contatto con
le acque correnti fino a dove l'ambiente non risente piu' delle piene
massime del corso d'acqua.
  La  vegetazione  golenale sia arborea che arbustiva, periodicamente
inondata,   costituisce   la   ripisilva,  che  assume  caratteri  di
peculiarita' propri per ciascun corso d'acqua.
  L'altopiano ibleo occupa l'estremo sud orientale della Sicilia, che
culmina con il monte Lauro.
  Caratteristica di quest'area sono le cosiddette cave, rappresentate
da strette e profonde valli fluviali, che si dipartono a raggiera dal
suddetto monte.
  Dall'analisi  dei  dati  climatici,  si  evince  che, se la Sicilia
risulta  compresa  nella  fascia  climatica del Mediterraneo, in base
alla  durata  del  periodo  di  aridita',  Siracusa e' classificabile
nell'area   climatica   relativa  alla  fascia  costiera  dell'isola,
presentando  cinque  mesi  di  aridita'  annui;  in  particolare,  e'
compresa nella fascia termometrica denominta Termomediterranea secca,
secondo  il  sistema  Rivas-Martines  o  secondo  Daget, nella fascia
subumido  calda.  Questa  classificazione  corrispondente alla fascia
costiera   del  Siracusano,  non  si  adatta  all'ambiente  climatico
dell'interno  degli  Iblei,  in  corrispondenza dell'area oggetto del
vincolo,  che si differenzia per essere compresa in una zona definita
come   Mesomediterranea   subumida  ed  umida,  per  la  presenza  di
precipitazioni superiori ai 600 mm. di pioggia annui.
  Rispetto  poi  alla  rete idrografica, nell'altopiano ibleo i fiumi
sono  poco  ramificati  e  decorrono radialmente alla vetta del monte
Lauro, incassati in stretti valloni.
  Le  portate  di  questi  corsi  d'acqua,  tra i quali l'Anapo, sono
piuttosto  limitate  ma  senza  eccessive  variazioni  tra  estate ed
inverno.   Tuttavia   da  rilevare  e'  la  portata  minima  assoluta
relativamente  alta dell'Anapo (0,31 mc./sec.) nonostante una modesta
portata media, pari a 0,99 mc./sec.
  Il   regime   delle   acque  e'  comunque  torrentizio,  in  quanto
l'alimentazione  oltre  l'apporto  della  sorgente perenne, e' dovuta
principalmente alle piogge che si concentrano solitamente nel periodo
invernale.  Inoltre,  la breve distanza tra l'origine e la fine delle
cave e' spesso causa di inondazioni.
  Le  sorgenti  ed  il  tratto iniziale dell'Anapo, mantengono ancora
quei   caratteri   naturalistici,  biogenetici  e  geomorfologici  di
notevole  valenza  paesaggistica,  che  attraverso  l'apposizione del
vincolo, s'intende tutelare.
  Le  numerosissime sorgenti individuabili nella carta idrogeologica,
pur non caratterizzate da notevoli portate, risultano captate per uso
civile  da  una  serie  di acquedotti che approvvigionano i centri di
Ferla, Cassaro, Palazzolo Acreide e Buscemi.
  Le  sorgenti  dell'Alta  valle  dell'Anapo, si rinvengono sul monte
Lauro  e  monte  Contessa,  e  da  esse  si  dipartono due acquedotti
principali:  il  Guffari  che alimenta il centro di Palazzolo Acreide
(pari  a  circa  10  l/s,  nel  1989  su  14 sorgenti) e l'acquedotto
Maiorana  che  dalle falde di monte Contessa arriva a Buscemi (pari a
circa 2 l/s).
  L'estrema suddivisione delle acque in numerose polle sorgentizie e'
causa  di  una  dispersione  delle stesse che infiltrandosi nel suolo
agrario  ed in generale nella porzione piu' superficiale del terreno,
risultano interessate dall'evapotraspirazione.
  Tra  le  altre  sorgenti  vi  sono:  Bibbinello, Adifalca e Pubella
(captate  ad  uso  di  Palazzolo),  Fontana  del  Signore (captata da
Cassaro),  S.  Pietro e S. Calogero (captate da Buscemi), Buglia e S.
Giorgio (captate da Cassaro) S. Giovanni, Grotte e Canalucci (captate
da Ferla).
  Il  ritorno  delle  acque  captate  e'  dato  al fiume attraverso i
deflussi  delle  condotte  fognarie. Questo ritorno si aggira intorno
all'80%  in  uscita  dai  centri abitati di Cassaro, Ferla, Buscemi e
Palazzolo Acreide. In particolare mentre per Cassaro e Ferla esistono
condizioni di sufficiente capacita' filtrante del ricettore, nel caso
di  Palazzolo  e  Buscemi,  essendo i torrenti ricettori piu' incisi,
l'apporto  e'  piu'  diretto.  Tali  apporti  indiretti,  in costante
aumento  nel tempo, influenzano negativamente l'equilibrio del fiume,
danneggiando soprattutto in prospettiva di tempi lunghi, le biocenosi
acquatiche presenti.
  A questo proposito, uno studio commissionato dall'ENEL nel 1991, ha
tra  l'altro  eseguito  un  mappaggio  biologico  del fiume Anapo, in
prossimita'  della  presa  S.  Nicola,  che delimita l'omonimo invaso
utilizzato  a  fini idroelettrici; le conclusioni dello studio, hanno
evidenziato,  che  nell'arco  di un solo anno di osservazione, che il
fiume  sta  subendo  una  costante  pressione da parte dell'attivita'
antropica che si svolge nel suo bacino.
  Poiche' le attivita' agricole e zootecniche presenti nella zona non
sono   intensive,   le   principali   cause  d'inquinamento  derivano
principalmente dalle acque di dilavamento delle discariche di rifiuti
solidi urbani, soprattutto in periodo invernale.
  A  fronte  di  questo  dato,  vi  e' comunque un quadro generale di
ambiente  fluviale ancora ben conservato con un alveo non regimentato
artificialmente,   una  vegetazione  ripariale  ben  sviluppata,  che
alimenta  gli  scambi  di  energia e di materia con il fiume e con un
substrato   di   trasporto,   che  crea  una  serie  di  microhabitat
indispensabili per l'insediamento delle comunita' microbentoniche.
  Ambiente  dunque  dalle  grandi  potenzialita',  sia  nell'ospitare
organismi  viventi,  tra  cui  numerose  specie  terrestri  animali e
vegetali  strettamente  legate  all'acqua  per  l'alimentazione  o la
riproduzione,   sia   nella  capacita'  di  tamponare  sollecitazioni
esterne.
  L'analisi  svolta nel corso del 1990-91, ha rilevato una situazione
latente,  di forte inquinamento nel tratto medioalto del fiume Anapo,
imputabile  ad  una  cattiva  gestione  territoriale, e che il potere
autodepurante  del  fiume non e' sufficiente, a migliorarne la classe
di qualita'.
  A  tale  proposito  viene  sottolineato e specificato l'alto valore
ambientale costituito dal substrato a massi e ciottoli caratteristico
del  fiume,  che  garantisce  la  sopravvivenza  delle  comunita'  di
invertebrati,  fra i primi autori del processo di autodepurazione dei
corsi d'acqua.
  Dallo studio condotto dall'Universita' di Catania, a firma Brullo e
Spampinato  (1990),  si  evince  il  seguente  quadro sinottico della
vegetazione in atto osservabile lungo l'Anapo:
  Querco-Fagetea:
   1. Populetalia Albae;
   1.1. Platanion Orientalis.
  I boschi ripari, sebbene attualmente rari in Sicilia, si presentano
nel  complesso  ben  tipizzati soprattutto se compresi all'interno di
cave strette e profonde.
  La  ripisilva e' composta da alberi decidui ad alto fu- sto, legati
alla  presenza  di  suoli  umidi  quasi in tutto l'anno; si tratta di
fanerofite  estremamente  specializzate, costituenti strette fasce di
vegetazione sviluppantesi lungo le rive dei corsi d'acqua perenni.
  Le   specie  arboree  ripali  presenti  sull'Anapo  sono:  Sa-  lix
pedicellata,  Platanus orientalis, Salix alba, Poputus nigra, Tamarix
gallica, Ficus carica.
  Il  denso  ed  intricato sottobosco presente e' costituito da Rubus
ulmifolius,  Hypericum  hircinum,  Nerium  oleandei;  Vitis vinifera,
Hedera  helix, Crategus monogina, Rubia perearina, Rosa sempervirens,
Mirtus communis.
  Fra le specie erbacee si rinvengono: Brachypodium sylvaticum, Carex
pendula, Symphytum tuberosum, Equisetum ramosissimum, ecc.
  Questa    vegetazione,    localizzata    su    suoli    alluvionali
ciottolosilimosi,  in  condizioni  ottimali occupa una striscia larga
mediamente  10-50  m.  abbastanza  continua lungo il corso dei fiumi.
L'altezza dello strato arboreo raggiunge anche i 15 m.
  L'essenza  caratterizzante  il  corso  dell'Anapo e' costituita dal
Platano  (Platanus  orientalis), il cui arcale gravita principalmente
sui  territori del Mediterraneo nordorientale ed ha in Sicilia il suo
limite occidentale.
  Dimostra  maggiori  affinita'  con  il  platano  individuato  nelle
formazioni  ripali  descritte nei territori mediterraneoorientali che
non con quelle del Mediterraneo occidentale.
  In  corrispondenza  dell'alveo  fluviale,  nelle  stazioni sommerse
tutto   l'anno  o  buona  parte  di  esso,  si  impianta  una  tipica
vegetazione  igrofila erbacea, rappresentata in genere dalla presenza
di Cypereturn longi.
  Nei  tratti  sempre  sommersi  e'  sostituita  dall'Helosciadietum,
abbastanza   frequente,  mentre  nei  tratti  di  basso  fondale,  la
vegetazione sommersa rinvenuta e' lo Zannichellietum palustris.
  La   ripisilva   e'   strettamente   connessa   con   i   caratteri
geomorfologici  delle cosiddette cave, ossia ad ambienti fluviali con
alvei  localizzati sul fondo di valli piu' o meno profonde e strette.
I  bacini  dei  corsi  d'acqua del sistema dell'Anapo, appartengono a
questa categoria e sono caratterizzati da una certa pendenza, per cui
prevale  l'azione  di  erosione  delle acque correnti sui processi di
sedimentazione  dei  materiali trasportati. Queste valli assumendo il
tipico  aspetto  a  "V", sono caratterizzate dallo ombreggiamento dei
versanti  e  da  abbondanza  di  acqua  nel suolo, creando quindi, le
condizioni   microclimatiche   nettamente   piu'  umide  rispetto  al
territorio  circostante,  consentendo l'insediamento delle fitocenosi
igrofile dei Populetalia albae.
  In  questa  situazione  orografica, il bosco ripale occupa tutto lo
spazio  golenale  fluviale,  lasciando  poco spazio ad altre fasce di
vegetazione.
  Al  diminuire  dell'umidita' edafica, la ripisilva viene sostituita
da   formazioni   boschive,   sia  di  tipo  xerofilo  che  mesofilo,
appartenenti ai Quercetalia ilicis.
  I  boschi  a Quercus ilex rappresentano anch'essi uno degli aspetti
piu'   tipici   e  peculiari  fra  quelli  presenti  nel  bacino  del
Mediterraneo,  in  Sicilia  poco  diffusi  e  localizzati; formazioni
relitte  conservate  in  quanto  ubicate  in zone impervie e rocciose
pertanto poco interessate da trasformazioni antropiche oppure perche'
presenti  in  stazioni  montane quindi non idonee climaticamente allo
sfruttamento agricolo.
  Rilevantissimo   e'  comunque  il  ruolo  rivestito  dalle  leccete
nell'ambito del paesaggio naturale del territorio.
  La  lecceta  presente  nel territorio compreso dal bacino imbrifero
dell'Anapo,  rilevata  da  Barbagallo  (1979),  e'  di  tipo mesofilo
circoscritta  nelle fasce superiori delle incisioni fluviali, poiche'
non  ascrivibile ad altre associazioni, il Barbagallo la inquadro' in
una nuova associazione:
  Doronico-Quercetum   ilicis,   comprendente   le   seguenti  specie
caratteristiche:
  Doronicum  orientale,  individuata  prima solo a quote superiori ai
1.000  m.  frequente  nei  faggeti  dell'Italia  meridionale  e della
Sicilia  occidentale,  nel  siracusano  e'  stata individuata a quote
comprese fra i 300 ed i 700 m.;
  Scutellaria rubicunda, endemismo circoscritto alla Sicilia;
  Aristolochia   longa  var.  microphilla,  endemismo  della  Sicilia
sudorientale.
  Floristicamente   si  individua  l'associazione  Doronico-Quercetum
ilicis,  che  in  condizioni  di  elevata  umidita'  edafica,  prende
contatto   con   il   Platanosalicetum  pedicellatae,  ripisilva  del
Platanion orientale.
  Essendo  la  fascia  vegetazionale prossima ai suoli occupati dalle
attivita'    antropiche,    viene    spesso    distrutta,   favorendo
l'insediamento  di  una  macchia  molto  peculiare, rappresentata dal
Salvio-Phlomides    fruticosae,   alla   quale   successivamente   si
sostituisce,  con  il  perdurare  dei  processi  di  degradazione, la
prateria  ad Ampelodesmos mauritanicus. Di grande rilievo e' stata la
scoperta  di una associazione floristica, in precedenza nota solo per
la  Provenza, la Dalmazia e l'Appennino centromeridionale, denominata
Ostryo-Quercetum  ilicis.  Si  localizza  nei versanti settentrionali
fluviali piu' ombreggiati e riparati, come le aree di compluvio, dove
vi corrisponde una maggiore umidita' edafica.
  A  differenza  delle  altre leccete calcicole, e' stata individuata
Ostrya   carpinifolia,  rilevata  da  Bartolo,  Brullo,  Minissale  e
Spampinato (1990), proprio nella valle dell'Anapo.
  Trattandosi  di una formazione prettamente mesofila, e' presente in
condizioni  di  ottimali  disponibilita'  idriche  del  suolo; la sua
degradazione  favorisce  l'insediamento  di  aspetti  del Prunorubion
ulmifolii,  che  costituisce dei densi ed intricati arbusteti lianosi
ai margini delle aree boschive.
  A  causa  della  sua  instabilita',  questa  associazione  vegetale
necessita di un'attenta ricognizione e mantenimento del regime idrico
dei suoli, per garantirne il suo mantenimento.
  Ai  margini  delle  formazioni boschive piu' mesofilesi si rinviene
una   densa   vegetazione  arbustiva  lianosa,  caratterizzata  dalla
presenza  di  Rubus  ulmifolius,  normalmente  associato  a  Clematis
vitalba, Hedera helix, Calystegia sepium e Ficus carica.
  Altra  associazione  legata  allo stillicidio di acqua dalle pareti
umide   e   soggette   spesso   a   disseccamento   estivo,   risulta
caratterizzata  da  diverse briofite igrofile, che formano un tappeto
piu' o meno continuo su cui si insedia Adiantum capillus veneris, che
caratterizza il peculiare paesaggio delle pareti rocciose che
  affiancano     il     vecchio     tracciato    ferroviario    della
  Siracusa-Pantalica.
Tale associazione denominata Eucladio-Adianteum, particolarmente
esigente,  legata  ad  equilibri  molto  precari,  e'  specie ad alto
rischio perche' il prosciugamento della faida freatica, ne causerebbe
la rapida scomparsa.
  Influenzata  dalle  vicissitudini  paleogeografiche,  nonche' dalla
notevole  varieta'  di  substrati  e  dalla topografia molto varia ed
accidentata,  le  diversificate  condizioni climatiche del territorio
siciliano,  corrispondono  nel  territorio,  ad  una flora abbastanza
ricca e caratterizzata da numerose presenze endemiche. Da una analisi
fitogeologica  condotta  da Brullo, Minissale e Spampinato (1995), si
perviene  ad  una divisione per sottosettori e distretti, all'interno
della   quale  l'Anapo  e'  compreso  nel  sottosettore  meridionale,
distretto ibleo.
  Fra  le  specie localizzate in quest'area ci sono diversi endemismi
tra   i  quali:  Calendula  suffruticosa,  Myosotis  humilis,  Urtica
rupestris, Zelkova sicula.
  Uno  degli  endemismi piu' rari ed interessanti e' rappresentato da
Urtica  rupestris, specieo suffruticosa, appartenente alla paleoflora
terziaria:  si  rifugia  in  stazioni  di sottobosco umide e fresche,
interessate    da    affioramenti    calcarei,   nelle   leccete   di
Doronico-Quercetum.
  Altro  endemismo  di  enorme  importanza  scientifica,  e' dato dal
rinvenimento  della Zelkova sicula, specie ritenuta ormai estinta; in
questo  vincolo,  non si ritiene comunque di includere il sito ove e'
ubicata perche' appartenente ad un altro sistema imbrifero.
  Esclusive  di  questo  distretto  sono  pure  specie  a  piu' ampia
distribuzione:  Salvia  fruticosa,  Sarcopoterium  spinosum, Ferulago
nodosa, ecc.
  Nelle  stazioni  semirupestri  che  orlano il fiume Anapo ed i suoi
affluenti,  e'  spesso  frequente  una  gariga  ricca  di  Rosmarinus
officinalis,  Erica multiflora, Cistus criticus, Coronilla valentina;
essa   si   differenzia   dalle  altre  associazioni,  segnalate  nel
mediterraneo centrale, per la presenza di Helichrisum scadens.
  Il  bosco  di  Ferla, noto anche come foresta Calcinara, si estende
per  44  ha.  circa  su entrambi i versanti della cava percorsa da un
ramo del fiume Calcinara, affluente dell'Anapo.
  L'area  appartiene  al  comune  di  Sortino,  che ne ha affidato la
gestione all'Ispettorato forestale di Siracusa.
  Il  fiume  Calcinara  nasce  ad  una  quota prossima agli 800 metri
s.l.m. in localita' Montagna, nelle vicinanze di Ferla.
  Si tratta di un piccolo corso d'acqua perenne, suddiviso nel tratto
iniziale  in  due rami, uno dei quali, quello piu' a nord percorre la
cava in oggetto.
  Caratteristica  dei  suoli  della  cava  e'  di  avere  suoli bruni
calcarei  nel  versante a nord, ed andosuoli, di origine vulcanica, a
sud.
  Lo  studio  condotto da Fichera, Furnari, Scelsi (1988) ha permesso
di  individuare  che  sul  versante  a  nord,  costituito  da calcari
miocenici,  lo  strato  arboreo  e'  costituito  da  Quercus  ilex in
prevalenza,  costituente  una  lecceta  a  carattere mesofilo, tipica
dell'associazione Doronico-Quercetum ilicis.
  Mentre  nel  versante  esposto  a  sud, limitatamente alle aree con
affioramenti calcarei, nella parte piu' bassa della cava, si rinviene
una  lecceta  piu'  termofila, con la presenza di Pistacia lentiscus,
che  costituisce  gran  parte  dello  strato  arbustivo.  Infatti  si
classifica questa associazione come Pistacio Quercetum ilicis.
  Nell'area  occupata  dalle  vulcaniti,  sempre nel versante sud, si
ritrova   una   formazione   vegetale   ben   differente   da  quella
sopradescritta,  caratterizzata  da  un  bosco di querce caducifolie:
Quercus  virgiliana  e Quercus amplifolia, spesso associata a Quercus
ilex;  ad esse si accompagnano numerose specie acidofile, costituendo
nell'insieme una singolarita' botanica.
  Inoltre  la  presenza  di  Mespilus  germanica conferisce rilevante
importanza  al  sito,  in quanto specie ormai molto rara, rinvenibile
solo sui versanti piu' impervi di monte Lauro.
  Infine  la  presenza  di  Urtica  rupestris,  raro endemismo ibleo,
aggiunge  un'altra  peculiarita'  di enorme interesse naturalistico a
questo bosco.
  Il  fondo della cava percorso da un corso d'acqua perenne, presenta
una  vegetazione  ripale  con  predominanza  di Platanus orientalis e
Salix  pedicellata,  accanto  a  Ficus carica, Popolus nigra, Popolus
alba  e  Fraxinus  oxycarpa. Il bosco di Ferla rappresenta dunque uno
degli  ambienti piu' interessanti di tutto il comprensorio ibleo, sia
perche'   contiene  associazioni  vegetali  ormai  rare  sia  perche'
costituisce un ambiente relativamente integro; il maggiore rischio di
degrado  e'  rappresentato dal pascolo, che deve sicuramente vietarsi
nell'area.
  Sussistono quindi le motivazioni per una puntuale, specifica tutela
del bosco di Ferla.
  Da   una   disamina   dell'attivita'  agricola  nel  tempo,  e'  da
evidenziare  nell'area  dell'Alta  valle  dell'Anapo  la mancanza del
latifondo  in  senso classico pur esistendo vaste estensioni di terra
interrette  da  colture  arboree,  ove  esistevano  medie  e  piccole
proprieta'.
  Mentre  si consolidano nelle aree interne della Sicilia gli immensi
latifondi  che  nemmeno  le  leggi  dei  primi  dell'800  riescono  a
separare,  per  la  ricomposizione  dei  poderi  nelle  mani di pochi
proprietari  terrieri della nuova classe borghese; nel siracusano non
risulta  esservi grande differenziazione tra grandi colture estensive
quali  cereali, pascoli ed intensive, quali ortive e vigne, poiche' i
feudi  baronali ed ecclesiastici non raggiungono le grandi estensioni
di quelli della Sicilia centrale ed occidentale.
  La  forma di proprieta' in genere piu' diffusa era l'enfiteusi o la
mezzadria  data  ai  contadini,  che davano vita alle borgate, veri e
propri  centri  agricoli,  formati da piccole abitazioni da uno o due
piani unite fra loro.
  Dal  Balsamo  si  apprende che nel 1808 la situazione fondiaria del
siracusano   era  caratterizzata  da  una  elevata  distribuzione  di
proprietari, che coltivavano con grande cura le piccole proprieta'.
  Rinomate  nei  censimenti  borbonici,  sono  le maggiori produzioni
delle  aree  collinari del siracusano, ossia grano, orzo, olio, vino,
noci (Ferla) e ghiande (Sortino, Palazzolo, Cassaro).
  Intorno  alla  bassa falda degli Iblei, la razionale organizzazione
di   colture   di   mandorli  e  viti  irrigue  ha  consentito  anche
l'insediamento di masserie piu' agili e diversificate.
  Tali  attivita'  produttive  non  risultavano  pero'  favorite  dal
sistema  viario,  che  nel  1852, veniva differenziato tra strade fra
"rotabili costruite", "rotabili in costruzione" e strade "per cavalli
e  pedoni",  riscontrandosi  nella  zona  collinare solo quest'ultima
tipologia,  a testimonianza dell'arretratezza sociale ed economica in
cui versavano le popolazioni, peraltro molto esigue numericamente (ad
es.  Cassaro  contava  1.739  abitanti,  Buscemi  3.093, Ferla 3.937,
ecc.).
  Alla  fine  del  1880,  una  crisi agraria mondiale, che danneggio'
soprattutto  la  Sicilia,  provocando  la  diminuzione dei prezzi del
grano,   modifico'   l'indirizzo  produttivo  prevalente  nella  zona
interna,  a  favore  dell'incremento  delle  superfici occupate dalla
viticoltura;   questa  venne  pero'  a  sua  volta  annientata  dalla
diffusione  di  una  patologia  allora sconosciuta, il cui agente, la
fillossera, distrusse ogni produzione.
  Solo  alla  fine del secolo, con il trapianto della vite europea su
quella americana, la viticoltura riprese a produrre redditi.
  La  situazione  odierna ha mantenuto diffuso l'indirizzo produttivo
tipico  delle  zone  collinari, ossia la frutticoltura asciutta senza
intervento  di  mezzi meccanici, riscontrandosi nella valle, oliveti,
mandorleti  e  vigneti  oltre  alla  cerealicoltura;  di pregio viene
considerata la produzione di olio di Cassaro e Ferla.
  Laddove invece risultano eseguite trasformazioni fondiarie relative
ad  invasi  per  l'acqua  di  irrigazione  e  sistemi  automatici  di
irrigazione   e   lavorazioni  meccanizzate,  insistono  coltivazioni
intensive o semintensive di agrumi e vite.
  La  vocazione  forestale del territorio dell'Alta valle dell'Anapo,
e'  datata con precisione dalla proposta di rimboschimento degli anni
del  fascismo. Infatti nel 1930, viene proposto il rimboschimento del
monte  Lauro  al  fine  di  ottenere  una  bonifica "integrale" della
Sicilia  sudorientale,  a  partire  dunque  dal  complesso orografico
dominante.
  Consolidandone  le  pendici  con  essenze  boschive  opportune,  si
sarebbe   ottenuta  "la  stabilizzazione  della  portata  idrica  dei
torrenti  che  dal  monte  si  dipartono"  cosi' si esprimeva Gaetano
Navarra  Crimi  sulla  rivista della "Rassegna economica di Siracusa"
all'interno dell'iniziativa denominata "I boschi del Littorio".
  Il tentativo fu pero' contrastato da taluni proprietari delle parti
pianeggianti  dell'acrocoro  che  temevano  la  compromissione  delle
rendite  derivanti  dalla  coltivazione delle graminacee, a causa del
rimboschimento.
  Il  Navarra Crimi sottolinea l'interesse per il monte Lauro nel suo
insieme,  nella  sua portata oroidrografica e nella sua potenzialita'
agronomica,  nella convinzione che tale intervento avrebbe senz'altro
regolarizzato  le portate dei fiumi che a valle, erano indispensabili
per le colture irrigue di piano, quali il cotone della vasta piana di
Gela, unico centro produttivo italiano.
  Lo  studioso teorizzo' la costituzione di un consorzio obbligatorio
che  in  virtu'  di  leggi  speciali,  nell'arco  di  30 anni avrebbe
acquisito   tutte   le   pendici  incolte  da  rimboschire,  oltre  a
realizzarvi   una   strada  panoramica  turistica,  ed  una  "borgata
alpestre" rifornita di acqua potabile.
  Cio'  che  veniva  allora  auspicato e' oggi realta': in pochi anni
l'Azienda  regionale  delle foreste ha impiantato nel territorio piu'
di  2.396  ha.  di  bosco  esclusivamente  a  fini  idrogeologici. La
forestazione  viene  favorita  dal  processo  di  crisi  del  settore
agricolo   montano,  determinato  sia  dall'abbandono  delle  colture
cerealicole,  sia  dal  mancato adeguamento degli assetti produttivi,
alle  moderne  tecnologie.  La  necessita'  di  una  migliore  tutela
dell'ambiente  e  del  paesaggio  attraverso  la  salvaguardia  e  la
valorizzazione  delle  sue  componenti naturali e' ormai riconosciuta
come  valore  nella  zona. Il rimboschimento con essenze resinose, il
bosco   monofita  che  ha  finora  modificato  l'antico  aspetto  del
paesaggio  agricolo  e  naturale  della  valle, si va sostituendo con
impianti  polifiti  disetanei, ossia boschi formati da diverse specie
di  varia  eta'  che  restituiranno negli anni, gli antichi equilibri
all'ecosistema, come gia' esemplificato nella riserva di Pantalica.
  La  dimensione  grave  e imponente del fenomeno dell'emigrazione ha
caratterizzato  le  popolazioni  dei  centri  urbani  dell'Alta valle
dell'Anapo.
  L'emigrazione  ha  inoltre  prodotto  un  accentuato invecchiamento
demografico, con aumento dell'eta' media e riduzione della natalita'.
Di  conseguenza  si  e' verificato una diminuzione della forza lavoro
con  conseguente  compromissione  del futuro demografico ed economico
della zona.
  Cio'  ha  comportato  l'accentuarsi  della dipendenza dalle risorse
esterne;  tra esse occupano un posto di primo piano, le rimesse degli
emigrati  che,  tuttavia,  in  presenza  di un uso consumistico delle
proprie  rendite,  non  hanno  saputo  sostenere  stabili processi di
sviluppo.
  La  maggior  parte  delle  risorse esterne perviene dai sussidi nei
settori  produttivi, specie quello agricolo, ove pero' il processo di
senilizzazione  ha  accentuato le condizioni di submarginalita' delle
risorse interne produttive.
  In  questo  senso,  l'esperienza  negativa  dalla Comunita' montana
Iblea,  comprendente  i  comuni di Buccheri, Buscemi, Ferla, Cassaro,
Giarratana,  Monterosso, Carlentini, Chiaramonte, Sortino, Palazzolo,
Vizzini,  Licodia,  Ragusa,  costituita a partire dal 1972, ma il cui
esercizio  finanziario si e' limitato a pochi anni, compresi dal 1975
al   1983,   ha   fortemente   caratterizzato   il  mancato  rilancio
socioeconomico dell'area montana.
  Se  infatti  un  tentativo  di  organizzazione  dei comuni montani,
motivato  dall'autonomia  gestionale e finanziaria era stato avviato,
con la soppressione delle comunita' montane nella regione siciliana a
favore  del  potenziamento delle funzioni dell'ente intermedio, ossia
la  provincia  regionale,  si  e'  determinato  il  fallimento di una
possibile ripresa economica nell'area.
  Viste  le  valenze  geologiche, geomorfologiche, idrogeologiche del
territorio  della  valle  dell'Anapo,  riportate  nei  verbali  della
commissione  sopra menzionati, che hanno evidenziato come la proposta
di  vincolo  trae  spunto dalla considerazione delle indubbie valenze
paesaggistiche  dei  luoghi che dalla necessita' della loro tu- tela,
in  quanto  costituenti  una  vasta  area  dell'entroterra siracusano
rimasta,  sotto  molti  aspetti,  ancora  integra.  Qui  e' possibile
riconoscere  quelle  che  sono le sorgenti del maggiore corso d'acqua
degli  Iblei,  l'Anapo,  e  dei  suoi  principali affluenti, ma anche
individuare  i  luoghi  dove  nascono  gli altri due principali corsi
d'acqua  iblei,  che  sono  l'Irminio  ed  il  Tellaro;  sono  ancora
identificabili forme di paesaggio, che non hanno subito obliterazioni
di  sorta,  risultando  collocate  dove  gli eventi naturali ne hanno
previsto   la  sede.  E'  possibile  ancora  osservare  i  resti  del
vulcanismo  ibleo  degli ultimi 25 milioni di anni, riconoscendo, fra
l'altro,  il  paleocono  vulcanico  di monte S. Venere e tutte quelle
forme  minori  (pillows,  colate  laviche,  depositi  ialoclastitici)
testimoni  di  un  vulcanismo  sia  subacqueo  che subaereo che si e'
evoluto nel tempo.
  Il  fiume  Anapo  e'  il  maggiore  dei  numerosi corsi d'acqua che
solcano  l'Altopiano  Ibleo e, per caratteristiche paesaggistiche, e'
probabilmente il piu' interessante e ricco.
  In  una  suddivisione della Sicilia in settori orogeografici l'area
montana  del  siracusano  si colloca, unitamente ai rilievi ragusani,
nel cosiddetto "Avanpaese Ibleo", vasta area terrazzata, attraversata
da  una  fitta  rete  di  faglie  e  fratture.  Nel  corso delle fasi
orogeniche  terziarie,  ovvero quell'insieme di movimenti che a causa
dello  scontro fra la placca crostale africana e quella europea hanno
portato   in  Sicilia  alla  formazione  delle  catene  montuose  dei
Peloritani,  delle  Madonie  e  dei Nebrodi e nel resto d'Italia alle
catene   Alpina   ed   Appenninica,   suddetta  area  fu  interessata
esclusivamente  da  processi dinamici di tipo disgiuntivo, ancor oggi
responsabili  di  una sensibile attivita' sismica, che hanno prodotto
profonde incisioni secondo direttrici principali nordest - sudovest e
secondarie  nordnordest  -  sudsudovest, nordnordovest - sudsudest ed
estovest.  Lungo  tali  linee  tettoniche  si  sviluppa oggi l'intero
reticolo idrografico dell'area Iblea.
  E' possibile operare una individuazione di due distinti settori:
  un   settore   orientale  o  "Siracusano",  caratterizzato  da  una
successione  litostrafica tipica di un ambiente deposizionale di mare
poco  profondo  e  spesso  interessato da fenomeni vulcanici di varia
natura;
  un  settore occidentale o "Ragusano" contrassegnato da sedimenti di
mare aperto.
  La  regione iblea e' interessata nella sua fascia settentrionale da
estesi  affioramenti  di  vulcaniti basiche, risultato di una intensa
attivita'  magmatica  che  ha  coinvolto  l'Altopiano  dal Miocene al
Quaternario,   e  che  risulta  strettamente  legata  alla  tettonica
distensiva ed alle dislocazioni da essa create.
  I  caratteri  deposizionali  e  giaciturati,  della  regione  iblea
presentano  sia  manifestazioni  sottomarine che subaeree, variamente
intercalate  ad  episodi  sedimentari  di  eta'  da  supramiocenica a
pleistocenica.  Il  vulcanismo  del Miocene superiore si distingue da
quello  Pliopleisticenico per avere uno spiccato carattere esplosivo.
Verso  sud  e  sudest  l'area in cui si ritrovano gli affioramenti di
vulcaniti   passa   piuttosto  bruscamente  al  tavolato  carbonatico
dell'Altopiano  Ibleo  propriamente  detto,  di  eta'  da cretacica a
miocenica, attraverso il reticolato di faglie prima menzionato.
  La  descrizione  stratigrafica  del  territorio  illustra il quadro
litologico presente nell'area, partendo dai complessi piu' profondi e
procedendo  verso  quelli  piu'  superficiali. Essa comprende terreni
sedimentari  e  vulcanici  di  eta'  compresa  fra il Miocene medio e
l'Olocene, appartenenti ai due settori precedentemente illustrati.
  Dall'alto verso il basso si distinguono:
   formazione Ragusa (Aquitaniano-Langhiano);
   formazione Tellaro (Langhiano-Messiniano);
   formazione Palazzolo (Serravalliano-Tortoniano);
   formazione dei Monti Climiti (Miocene mediosuperiore);
   calcari a Clypeaster e molluschi (Tortoniano);
   marne siltose (Pliocene inferiore);
   vulcaniti (Pleistocene mediosuperiore);
   alluvioni terrazzate (Pleistocene sup. - Olocene);
  alluvioni recenti ed attuali (Pleistocene superiore Olocene);
   detriti di falda.
  Successione occidentale:
  Le  facies  Mioceniche  del  settore  centrale  ed  occidentale del
plateaux  ibleo  consistono  in  sedimenti  carbonatici  di  ambiente
pelagico. Dal basso verso l'alto si distinguono:
  1) formazione Ragusa (Aquitaniano-Langhiano): si tratta di depositi
di  shelf  carbonatico con materiale parzialmente risedimentato dalle
aree  orientate,  come  dimostrano  alcuni  corpi  canalizzati  e  la
stratificazione  incrociata  dei  livelli  grossolani.  La formazione
interessa  soltanto  marginalmente  l'area  di  studio  nei  limitati
affioramenti  di contrada S. Margherita e lungo l'incisione del Fosso
Mastica nell'estremo settore sud occidentale della carta;
  2)  formazione  Tellaro  (Langhiano  inferiore  -  Messiniano):  in
continuita'         di         sedimentazione         sull'alternanza
calcareocalcareniticomarnosa  si sovrappone la formazione Tellaro. Si
tratta  di  un  complesso  marnoso caratterizzato da un tipico colore
grigioazzurro  sulla  superficie  di erosione. Le marne della Tellaro
sono presenti in affioramento nel settore sudoccidentale dell'area in
argomento,  ma  si estendono verso est incuneandosi tra le formazioni
calcaree  piu'  antiche  (formazione  Ragusa)  e  quelle piu' recenti
(formazione  Palazzolo),  per  poi sfumare per eteropia di facies con
queste ultime. Il loro spessore va da 200-300 metri fino a zero nella
media valle dell'Anapo.
  Alla  sommita'  delle marne calcaree della formazione Tellaro nelle
aree  centrali  e nordoccidentali del plateaux ibleo sono intercalate
delle  grosse  lenti  di  brecce  vulcanoclastiche  o sporadici corpi
lavici  sottomarini  basici  di  spessore  tra zero e 100 metri. Sono
inoltre  presenti  sottili  corpi  lentiformi  di brecce con pillows,
interi  od  in  frammenti, a testimonianza di una attivita' vulcanica
subacquea  di  eta'  miocenica.  Tali vulcaniti affiorano nel settore
nordoccidentale dell'area in descrizione alle pendici di monte Lauro,
monte Erbesso e monte Chiusa Grande;
  3)   formazione  Palazzolo  (Serravalliano-Langhiano):  successione
prevalentemente  calcarenitica al cui interno sono state distinte due
litofacies:  una  costituita  da  un'alternanza  di  calcari  marnosi
teneri,  l'altra  caratterizzata  da  calcareniti  spesso  in  grandi
bancate.
  Suddetto  litotipo  ha uno spessore variabile da 0 a 250 metri, per
effetto  di  etropia  con  la  formazione Tellaro, ad ovest, e con la
successione   miocenica   orientale.  Affiora  nel  settore  centrale
dell'area  di  studio, interessando gli abitati di Palazzolo Acreide,
Buscemi, Cassaro e Ferla.
  Successione orientale:
  In  contrapposizione  alle aree del settore centrale ed occidentale
dell'altopiano  Ibleo  la  successione orientale e' caratterizzata da
una  sequenza  stratigrafica,  spesso  lacunosa,  di facies marine di
acque  poco  profonde,  alla  quale  si  intercalano due orizzonti di
vulcaniti basiche.
  Dal basso verso l'alto si distinguono:
  1)  formazione  dei  Monti  Climiti  (Miocene  mediosuperiore):  e'
suddivisa nei membri di Melilli in basso e dei Calcari di Siracusa in
alto.
  Nell'area  in  argomento  e'  presente  in affioramento soltanto il
membro superiore dei Calcari di Siracusa, che e' rappresentato da una
sequenza  di calcareniti e calciruditi algali del Miocene inferiore e
medio,  spesso  carsificate.  La  pendenza generale, debole, e' verso
estsudest,  con  una giacitura monoclinalica disturbata da un'intensa
tettonica   distensiva.   Nel   settore   orientale  dell'Alta  valle
dell'Anapo  affiorano  estesi lembi della suddetta formazione a piano
Bibbinello ed in contrada Giambra;
  2)   Calcari  a  Clypeaster  e  molluschi  (Tortoniano):  orizzonte
calcareo   costituito   da   calcareniti   e  calciruditi  di  colore
biancogrigiastro,  caratterizzato  da  un'abbondante  macrofauna  con
individui che raggiungono talvolta dimensioni vistose. Piu' frequenti
sono  le  alghe  calcaree  ed i Clypeaster cui si associano Pecten ed
altri Lamellibranchi. La giacitura e' in strati di circa mezzo metro,
lo  spessore  e'  variabile  da  10  a  50  metri.  Affiorano  ad est
dell'abitato   di   Ferla   ed   in  contrada  Giambra  e  Vallefame,
nell'estremo  settore  orientale del territorio in trattazione. Al di
sopra   della   successione   dei  terreni  appartenenti  ai  settori
occidentale   ed   orientale   dell'altopiano  Ibleo,  si  vengono  a
sovrapporre depositi sedimentari di vulcaniti di eta' compresa tra il
Pliocene ed il Quaternario;
  3)  marne siltose giallastre (Pliocene inferiore): si tratta di una
varieta' della facies dei Trubi, che risultano invece essere presenti
lungo tratti della costa siracusana. Se ne rinvengono sporadici lembi
limitati   al  margine  occidentale  dell'area  in  questione  ed  in
particolare  nel  versante occidentale del monte Erbesso ed in quello
meridionale  di  monte  Chiusa  Grande,  ove  risultano  associate  a
sovrastanti calcareniti, appartenenti allo stesso ciclo sedimentario.
Contengono  una  microfauna  che  denota un ambiente deposizionale di
mare aperto, raramente costiero;
  4)   vulcaniti   (Pliocene   mediosuperiore-Pleistocene):   potente
successione di espandimenti basaltici sia subaerei che sottomarini. I
prodotti  sottomarini  sono  dati  da brecce a pillows immerse in una
matrice  ialoclastitica  ocracea  per  alterazione e sono distribuiti
prevalentemente  alla  base  delle  coperture laviche di monte Lauro.
Quelli  subaerei  sono  costituiti  da prevalenti colate basaltiche a
fessurazione  colonnare e spesso con vistose desquamazioni globulari,
di  colore  nero  antracite  (alcalibasalti) o grigiastri (tholeiti).
Affiorano  a  sud  di  Buccheri  e  ad  est  fino  a monte S. Venere;
quest'ultimo  riveste  un  particolare  interesse geologico in quanto
risulta  essere  un  antico  centro  eruttivo  subaereo  a  carattere
prevalentemente  effusivo.  I  prodotti  vulcanici ivi presenti hanno
dapprima  caratteristiche  di  ialoclastiti  e lave a pillows, tipici
prodotti    di    ambiente    subacqueo,   mentre,   successivamente,
l'accumularsi  dei  suddetti materiali ne ha provocato un progressivo
ampliamento  che  ne ha comportato l'inevitabile emersione. Da questo
momento  le  vulcaniti  presentano gli aspetti tipici delle effusioni
laviche  subaeree  con  colate  basaltiche compatte ed a fessurazione
colonnare.
  Una  caratteristica  del  vulcanismo  degli  Iblei  e'  data  dalla
mancanza  di  grandi  edifici  centrali,  mentre  e' riconoscibile la
presenza  del  piccolo  edificio  vulcanico  di  monte  Santa Venere,
allineato  secondo  le  direttrici  nordest  -  sudovest  del sistema
principale di faglie dell'Avanpaese Ibleo.
 I successivi episodi litostratigrafici rivestono scarso interesse.
  Nella  successione  stratigrafica descritta si puo' distinguere una
parte  inferiore,  una  media  ed  una  superiore  a seconda del loro
comportamento  tettonico. La parte inferiore comprende le marne della
Tellaro,  che,  avendo  un comportamento plastico, generano strutture
sinclinali  ed anticlinali a prevalente direzione nordest - sudovest.
La  parte  intermedia  comprende  la  serie  calcarea  ed  affiora in
corrispondenza della parte centroorientale dell'area in argomento; e'
caratterizzata,  da  un punto di vista tettonico, da un comportamento
rigido,  che determina la formazione di una serie di faglie orientate
in  prevalenza  da  nordest verso sudovest. Le vulcaniti soprastanti,
che  costituiscono  la  parte  superiore  della sere, hanno giacitura
tabulare  e  si  sviluppano  lungo  estese  monoclinali  nella  parte
nordoccidentale dell'area trattata, quest'ultima e' caratterizzata da
una  tettonica  di tipo disgiuntivo le cui direttrici prevalenti sono
nordovest - sudest e loro coniugate.
  L'eta' delle faglie e' postmiocenica, appartenendo a questo periodo
geologico  i terreni interessati dalle suddette discontinuita' alcune
di  esse  hanno probabilmente subito una ripresa di attivita' in eta'
pliopleistocenica,  avendo  le  stesse  dislocato terreni appena piu'
antichi.  Suddetta  fase  tettonica, a prevalente direzione nordest -
sudovest,  ha difatti interessato le coperture basaltiche, conferendo
loro ampi rigetti.
  La  natura e le caratteristiche intrinseche dei terreni, unitamente
agli   effetti   prodotti   sia  dalla  tettonica  che  dagli  agenti
atmosferici  sono  i principali elementi responsabili delle forme del
territorio  e  delle loro variazioni nel tempo. Di solito gli effetti
dell'antropizzazione  possono generare modifiche anche rilevanti alla
morfologia  dei luoghi; si pensi alle grandi trasformazioni agricole,
ai disboscamenti, alle bonifiche, alle cave ed ai grossi insediamenti
urbani o industriali.
  Per  una serie di fortunate concause l'Alta valle dell'Anapo non ha
subito  la  pressione  demografica, e gli effetti ad essa legati, che
invece   si  e'  sviluppata  lungo  la  fascia  costiera  siracusana.
L'entroterra   della   provincia   di  Siracusa,  di  cui  l'area  in
trattazione  costituisce il cuore, conserva pertanto quasi per intero
le   caratteristiche   geomorfologiche   dell'altopiano  Ibleo,  oggi
perfettamente  riconoscibili  nei  profondi  canyons  che  solcano il
tavolato  carbonatico miocenico, perfettamente allineati a quelle che
sono  le principali linee tettoniche regionali che li hanno generati,
nelle  forme  aspre,  versanti  ripidi,  scarpate  subverticali,  che
assumono  invece  profili  morbidi  ove  la stratigrafia contempla la
presenza di rocce tenere ed erodibili.
  Occorre  sottolineare  che  in quest'area della Sicilia le profonde
incisioni  fluviali  scavate  dall'azione delle acque all'interno del
tavolaio  calcareo,  attverso  le  principali linee di discontinuita'
regionale,  assumono il nome di cave, mentre cugni vengono denominate
quelle  testate  collinari  che  si  incuneano un sistema vallivo (di
solito in corrispondenza di una confluenza di due corsi d'acqua); con
il  termine  fosso  si  intende  una  cava  particolarmente stretta e
profonda.
  Procedendo  da  nord verso sud, le cave piu' importanti individuate
sono:  cava della Montagna, cava Caviglia, fosso S. Giorgio, fosso S.
Rosalia,   cava   Lordieri,  fosso  Nocilla,  fosso  Fiumarola,  cava
Cugnarelli,  cava  Goncaro,  cava  del Mulino, oltre a cava Grande (o
torrente Calcinara), importante affluente dell'Anapo.
  La  profondita'  che  contraddistingue  questi  valloni  dal tipico
aspetto  a canyon la relativa scarsa presenza di terrazzi fluviali fa
pensare  ad  un sollevamento rapido di tutta la zona, fenomeno questo
del   tutto   coerente   con   le   vicissitudini  tettoniche  subite
dall'altopiano Ibleo da Pliocene in poi.
  Il  bacino dell'Anapo costituisce una precisa unita' geomorfologica
ad  ampia  scala, ben definita e confinata dagli spartiacque naturali
che la cingono. L'area totale del bacino idrografico misura 302,2 kmq
e  comprende  i  territori  amministrativi  dei  comuni  di Buccheri,
Palazzolo   Acreide,  Buscemi,  Ferla,  Cassaro,  Sortino,  Solarino,
Floridia e Siracusa.
  La  presente  proposta  di  vincolo  si  riferisce  pero'  solo  al
territorio   dei   primi   cinque   comuni,   in   quanto   i  tratti
rispettivamente  mediano  e  parte del terminale dell'Anapo sono gia'
stati precedentemente sottoposti a tutela paesaggistica, con separati
procedimenti, negli anni passati.
  Lo  sviluppo  altimetrico  e'  compreso  fra quota 986 metri (monte
Lauro)  e  la quota 362 metri (a sud dell'abitato di Cassaro), mentre
le  alture che delimitano il bacino sono: monte Lauro (986 m.), Cozzo
Buscica  (946  m.), monte Erbesso (821 m.), Cozzo San Sebastiano (726
m.),  monte  Neviera (723 m.), monte Casale (910 m.), monte Ebro (821
m.) e piu' a nord, monte S. Venere (870 m.).
  Il  fenomeno carsico, peraltro influenzato dai lineamenti tettonici
della  zona  e dai caratteri giaciturali e stratigrafici delle rocce,
e'  caratterizzato  dall'associazione  di tre principali categorie di
forme:
  1) forme di superficie (campi carreggiati, lapiez, doline, ecc.);
  2) forme sotterranee (caverne, inghiottitoi, cunicoli, ecc.);
   3) forme fluviali subaeree (sorgenti carsiche).
  In  zona si possono osservare forme di primo tipo (cavita' carsiche
interstratali)  soprattutto  lungo  i  fondovalle  sia dell'Anapo che
degli  affluenti  principali, in corrispondenza di rocce carbonatiche
tenere  e  stratificate,  quali  le  marne  calcaree  alternate  alle
calcareniti  della  F.ne  Palazzolo  (membro  inferiore) e della F.ne
Ragusa;  ove  le  rocce  si  presentano  piu'  dure  e resistenti, ma
contestualmente  piu'  fratturate,  sono riscontrabili forme carsiche
denominate  "di  frattura"  e cio' avviene di solito nella parte alta
della  valle  dell'Anapo  e  lungo gli impluvi che presentano profili
tipici  di  un  reticolo fluviale giovane; ove invece la genesi delle
cavita'  carsiche  risulta  essere  attribuibile  ad  un  concorso di
fattori  stratigrafici  e  dislocativi,  si  puo'  parlare  di  forme
"composte",  come  per  esempio  e' possibile osservare lungo cava di
pietra  e  fosso Nocilla. Si evidenziano inoltre numerose altre forme
carsiche,  quali  cavita'  attribuibili  a  carsismo fossile, cavita'
vadose,  freatiche, miste, policicliche, o anche docce, lapiez, campi
solcati, e campi carreggiati, ecc., molto diffusi nella zona.
  Il  fiume  Anapo nasce dalle falde del massiccio vulcanico di monte
Lauro e nei 52 chilometri del suo corso riceve da destra e a sinistra
vari  affluenti  a  regime  torrentizio  e con deflussi limitati alla
stagione piovosa. Il sistema idrografico risulta caratterizzato oltre
che  dai principali fiumi, anche da una serie di affluenti minori che
scendono a ventaglio, lungo le incisioni dei rilievi circostanti.
  Le  unita'  idrografiche  principali  comprese  nella  zona,  o che
comunque interessano la delimitazione in bacini idrografici, sono:
  cava   della   Montagna,   cava  Caviglia  e  torrente  Ferla,  che
interessano  la  zona  settentrionale  dell'area  e vanno a confluire
nell'Anapo;
  fosso  S. Giorgio, fosso Rosalia, cava Lardieri e confluenti, nella
zona  centro  orientale  dell'area,  nel  fosso  Nocilla  che,  a sud
dell'abitato di Cassaro, si immette nell'Anapo;
  cava  dei  Molini, cava Goncaro, cava Cugnarelli, confluenti, nella
zona sud orientale, nel fiume Anapo.
  Le  incisioni  secondarie ed i tratti montani dell'alveo principale
dell'Anapo  sono  profondamete  incassati nella struttura morfologica
tabulare  dell'altopiano  Ibleo  e  sono  delimitati da fianchi molto
ripidi  ed  accidentati;  la  rete idrografica si presenta abbastanza
matura  con  segmenti  uniformemente  distribuiti e ben spaziati: non
indifferente  e' stata, inoltre, la tettonica, se si considera che lo
stesso  corso principale risulta su una linea di faglia che passa per
monte Lauro.
  Considerato  che  il  complesso  panorama archeologico che fa della
valle  dell'Anapo  nel  suo  insieme  un  punto  nodale  della storia
dell'insediamento  umano  nel  territorio  siracusano  e' radicato in
alcune   peculiarita'   geomorfologiche   che   possono  essere  cosi
sintetizzate:
  1)  habitat  che  offre condizioni di vita ed ampie possibilita' di
sussistenza  a gruppi umani dall'economia basata esclusivamente dalle
risorse  agricole e naturali offerte dal territorio, il che determina
l'antropizzazione  fin  dall'eta'  preistorica,  con  un addensamento
dell'occupazione  nella  prima  eta'  del  bronzo  (grotta  Masella a
Buscemi,  necropoli  castellucciana  di S. Martino presso Ferla) e lo
stanziamento  diffuso,  di carattere agricolo, dall'eta' greca fino a
quella bizantina (contrada Pantano a Palazzolo Acreide, Boscorotondo,
Piano  di  Fata  e  monte  S. Nicolo' a Buscemi; contrada Campanino a
Ferla);
  2)  naturale  via  di  penetrazione e di comunicazione fra costa ed
entroterra,  come  tale  usato  soprattutto durante il bronzo medio e
tardo  e  in  eta'  greca, fin dal primo impianto di Siracusa (Akrai,
Kasmene)  che  non  a  caso  ripercorre  la  via  gia'  segnata dalla
penetrazione  dei materiali micenei durante il bronzo medio (contrada
Maiorana a Buscemi);
  3)  condizioni defensive ottimali con possibilita' di sopravvivenza
in  economia  chiusa, il che fa della valle un luogo privilegiato nei
periodi  storici piu' turbolenti, quando maggiore e' la necessita' di
sicurezza di isolamento dalla costa troppo aperta.
  Cio'  si  riscontra in modo particolare durante l'eta' di Pantalica
nord  (contrade  Calcinara  e  Calanca a Ferla) e soprattutto in eta'
tardoromana  e bizantina, quando si registra un incremento di piccoli
stanziamenti  in  posizioni  riparate, con prevalente uso del modello
insediativo rupestre, che spesso si reimpiantano, dopo un lunghissimo
hiatus,  sugli  stessi  siti  degli insediamenti preistorici (vallone
Arancio  e S. Martino a Ferla; Bidiclo - Casacce a Palazzolo; Madonna
del  Bosco,  Boscorotondo,  S. Pietro, cave S. Rosalia e S. Giorgio a
Buscemi, Cozzo Bianco e Cozzo Nitta a Cassaro).
  Rilevato  che,  come  esposto  nei  verbali di cui sopra, un rapido
esame  della  carta  degli  insediamenti e dei resti finora accertati
(peraltro  estremamente parziale, perche' a tutt'oggi la valle non e'
mai  stata fatta oggetto di una ricognizione sistematica) permette di
evidenziare  le  modalita'  di  occupazione  nei  vari  periodi  e di
individuarne le ragioni in relazione alle condizioni storiche.
  La  prima  fase  di  cui  si  possieda  una  evidenza  archeologica
significativa   e'   rappresentata,  come  nella  maggior  parte  del
territorio siracusano, dalla prima meta' del bronzo, durante la quale
una  serie  di insediamenti a carattere diffuso si scagliona lungo il
ciglio montuoso che sovrasta il limite settentrionale della valle. Si
tratta  di  nuclei  di  cultura  castellucciana,  di  modesta entita'
demografica,  attestati  da gruppi di tombe a grotticella scavati nei
fianchi  dell'altopiano:  il  piu'  cospicuo  e' quello di S. Martino
presso Ferla.
  Piu'  frequenti  sono  le  testimonianze relative agli insediamenti
della  media  e  tarda  eta'  del bronzo. Nel primo caso, la valle fu
utilizzata  come  accadra'  piu' tardi, quale via di accesso verso il
territorio  interno  e quindi in funzione di scambi e commerci, in un
periodo di attivi traffici transmarini, come attestano i manufatti di
importazione  micenea  rinvenuti  in contrada Maiorana a Buscemi, che
costituiscono  la  proiezione  piu' interna di quel fiorire di centri
costieri   di   cultura   thapsiana  scaglionata  intorno  alla  foce
dell'Anapo.
  Durante  la  tarda  eta' del bronzo (contrade Calanca e Calcinara),
prevalente  e' l'intento difensivo, che perdura durante la successiva
eta'  del  Ferro.  Di  questa,  poco  si  conosce:  ma la densita' di
occupazione  e' testimoniata dai numerosi gruppi di tombe a forno che
non  solo  accompagnano  in ogni caso i gruppi necropolari della fase
precedente  ma  che  si  rinvengono anche in aree precedentemente non
occupate,  e'  il  caso  della  poco nota necropoli di M. Pavone, che
annovera  molte tombe a grotticella con camera a pianta rettangolare,
e  che  corrispondeva  probabilmente  ad  un insediamento di notevole
entita'.
  La  valle  e' intimamente legata alla storia della colonia greca di
Siracusa  fin  dal  suo  primo  impianto;  ed anzi ne condiziona e ne
determina la modalita' della penetrazione e la forma dei rapporti con
l'entroterra.  Come gia' in eta' preistorica, il corso del fiume, che
dal  fondo del porto grande si apre allo sguardo di chi si approssima
dal  mare  alla  spiaggia  falcata  con  la sua larga foce sabbiosa e
riparata che invita all'approdo e le acque lente che scintillano fino
ai  monti sull'orizzonte, costituisce la naturale via d'accesso verso
la  regione  interna;  e  non  a  caso uno del piu' antichi templi ne
presidia  la  parte  terminale  del  corso,  conferendo  sicurezza  e
sacralita'  a  un  lembo di territorio extraurbano rivolto alla terra
degli indigeni, area privilegiata di scambio e di incontro, come gia'
nei secoli precedenti.
  Lungo   il   corso   dell'Anapo   i  nuovi  coloni  risalgono  fino
all'interno,  fino  al massiccio del Lauro, nel cuore del dominio dei
Siculi,  e  alle  radici  di  questa  valle che rappresenta l'arteria
principale  nel  corpo  del  territorio  conquistato  impiantano  due
capisaldi,  Akrai  (664  a.C.)  e  Kasmene  (644  a.C.), destinati ad
assicurare,  da  terra, il possesso del triangolo di regione compresa
tra Siracusa, Eloro e il Lauro. La vita di Kasmene, sulla sommita' di
monte Casale, e' relativamente breve; nella seconda meta' del IV sec.
a.C., essa non piu' funzionale alle ragioni strategiche, che ne hanno
determinato   la   nascita,  scompare;  ma  ne  restano,  eccezionali
testimonianze  proprio  perche'  del  tutto  indisturbate nei secoli,
l'abitato,  le  mura di fortificazione, le aree sacre e le necropoli.
Solo  in  minima  parte  esplorata,  Kasmene  e' oggi per larga parte
acquisita  al  demanio regionale, e destinata a divenire uno dei piu'
ricchi  ed  estesi  parchi  archeologici  della  regione. Lo stato di
azione, che promette agli studiosi un'eccezionale messe di dati, e la
suggestiva  posizione  di  dominio  su  un succedersi ininterrotto di
valli  e  montagne fanno della piccola citta' militare ancora sepolta
uno  dei  punti focali su cui dovranno appuntarsi, nei prossimi anni,
la ricerca e gli interventi di valorizzazione.
  Piu'  conosciuta,  e  ormai  inserita  nel  circuito corrente della
fruizione  archeologica  l'antica Acre, sulla sommita' dell'Acremonte
alle  spalle  dell'odierna Palazzolo Acreide e' nondimeno, anch'essa,
quasi  tutta  da  mettere  in  luce;  anche  qui,  gli  interventi di
acquisizione  hanno  oculatamente  preceduto  quelli  di  scavo,  per
assicurare   la   necessaria   conservazione   al  patrimonio  ancora
esistente.
  La  vita  della valle, in eta' greca, gravita intorno ai due centri
principali;  i  rinvenimenti  di  superficie  attestano  una  confusa
occupazione  a  scopo  agricolo  dei  lembi  di  terreno maggiormente
pianeggianti   e  piu'  atti  alle  coltivazioni.  Resti  di  piccole
fattorie,  spesso attestate soltanto da gruppi di tombe a fossa su di
una  spianata  rocciosa  accanto  a  qualche  vecchia  fattoria  e da
frammenti  di  tegole  e  vasellame  d'uso  comune  sparsi nei campi,
costellano  i  pianori  sulle  due  sponde  del  fiume, cosi' come le
campagne   del   comprensorio   fra   Palazzolo  e  Noto.  Tali  sono
probabilmente   gli   insediamenti   cui  si  riferiscono  le  tracce
individuate  in  localita'  Campanino,  presso  Ferla,  e  a contrada
Pantano, presso Palazzolo; ma non mancano indizi di insediamenti piu'
cospicui,  sotto  il  profilo dell'estensione e densita' demografica,
altrimenti  del  tutto  ignoti.  E'  il  caso dell'ancora inesplorato
insediamento  di Boscorotondo, presso Buscemi, nel quale ricognizioni
di superficie hanno accertato la presenza, per largo tratto, di lembi
di mura pertinenti a diverse abitazioni.
  In  questo  territorio abitato e coltivato, fioriscono anche luoghi
di culto, legati alla terra ed alle divinita' protettrici delle forze
della natura e della feracita'.
  Uno  di  questi, il piu' famoso per la sua singolarita', e' il c.d.
santuario  di Anna e delle Paides, dedicato alle ninfe: a mezza costa
sul  fianco  impervio  del monte S. Nicolo', impendenti sulla vallata
del  fiume,  una  serie  di  grotte  a pianta squadrata, comunicanti,
conservano  iscrizioni e graffiti. L'unica esplorazione condottavi e'
stata  quella,  parziale,  di  P.  Orsi; allo stato attuale, il tetto
semicrollato  di  una  delle  grotte  e la quasi totale scomparsa del
sentiero d'accesso proteggono questo che e' uno del piu' interessanti
monumenti  dell'architettura  religiosa coloniale, ancora da studiare
compiutamente.
  Nel  complesso, poco rappresentati appaiono, a livello insediativo,
l'eta'  ellenisticoromana e i primi secoli dell'impero, anche a tener
conto  dell'episodicita'  della ricerca, suscettibile di delineare un
quadro parziale della realta' storica.
  Evidentemente,   l'utilizzazione   agricola   ha   prevalso   sugli
insediamenti  storici;  le  fattorie  disseminate  sul  territorio si
dislocano  per  la  maggior  parte infatti nelle fasce piu' agevoli e
aperte dell'altopiano, evitando le aree scoscese delle cave intono al
fiume e ai suoi affluenti.
  La situazione muta radicalmente negli ultimi due secoli dell'impero
e  nella prima eta' bizantina. L'occupazione diffusa si intensifica e
si  assiste,  soprattutto,  ad  un  ritorno  insediativo negli stessi
luoghi, non di rado appartati e di difficile accesso, che erano stati
sede  di stanziamenti preistorici, prevalentemente situati sul ciglio
e lung o i fianchi della valle. Appare evidente l'intento definitivo,
quello  di  evitare  contatti  troppo immediati con la costa e con le
piu' battute vie di collegamento interno. Soprattutto dopo il VI sec.
d.C.,  gli  insediamenti in posizioni aperte (come quello, accentrato
intorno  ad una piccola chiesa e ancora da sottoporre ad indagine, di
Piano  di  Fata presso Buscemi, o la fattoria sulla sommita' di M. S.
Nicolo', attestata da una piccola necropoli di tombe a Fossa) vengono
preferiti  gli  abitati  in grotta scaglionati lungo le cave (cava S.
Giorgio, cava S. Rosalia presso Buscemi).
  Uno dei piu' cospicui, successivamente rimasto in uso fino all'eta'
moderna,  e'  quello  di  Madonna  del  Bosco, che diverra' l'odierna
Buscemi, in gran parte conservato e gia' sottoposto a tutela.
  Spesso  i  nuclei  insediativi sono attestati soltanto da gruppi di
tombe,  piu'  o  meno  numerose,  che  danno  vita  a quel suggestivo
panorama  di  escavazioni  che  articola  i fianchi delle cave: ampie
fosse   sub  divo  dalla  caratteristica  forma  campanata,  arcosoli
monosomi  o  bisomi,  ipogei  cruciformi  o a galleria longitudinale,
catacombe,  talora anche di grandi dimensioni, intimamente articolate
intorno ad uno o piu' sepolcri a baldacchino, tipologia ricorrente ed
esclusiva  delle  catacombe  rurali. Non di rado si riutilizzano, per
gli  arcosoli  isolati,  le  grotticelle preistoriche, opportunamente
modificate  (S.  Pietro  di  Buscemi,  vallone Arancio e S. Martino a
Ferla).
  Una  delle  piu'  cospicue  fra  le  necropoli di questo periodo e'
quella  di  S. Anna a Ferla, recentemente rimessa in luce e rilevata,
che  annovera  numerosi  arcosoli ed una piccola catacomba con cinque
sepolcri   a   baldacchino:  qui  si  conserva  una  delle  rarissime
iscrizioni  finora rinvenute (il panorama dell'architettura funeraria
rurale   del   territorio   siracusano   e'   pressoche'  anepigrafe)
menzionante  un  Dionisio  presbitero  della  chiesa  erghitana,  che
costituisce  uno  dei primi dati storici sull'assetto delle chiese in
eta' paleocristiana.
  L'architettura  religiosa  rupestre  mostra lungo la valle, diversi
esempi  di  grotte  (S.  Anna,  con  affreschi; Madonna del Bosco; S.
Rosalia)   e,  soprattutto,  uno  dei  monumenti  piu'  noti  e  piu'
significativi,  la chiesa di S. Pietro a Buscemi. Scoperta da P. Orsi
durante   l'esplorazione   di   un  sepolcreto  castellucciano  nelle
vicinanze,  e  situata  a  mezza costa nel punto di confluenza fra la
cava S. Giorgio e la cava S. Rosalia; costituita da un vasto ambiente
rettangolare   tripartito   da  due  coppie  di  pilastri  sostenenti
archeggiature,   conservava,   oggi  molto  deteriorati  e  in  parte
distrutti,  un  altare a mensa ed una cattedra ricavati nella roccia,
con le pareti decorate da un ciclo di affreschi di diverse epoche. La
tipologia  anomala  della  ripartizione  dello  spazio  interno fa di
questo  monumento  uno  dei  piu' discussi nel pur variegato panorama
dell'architettura   religiosa   rupestre,  probabilmente  ispirato  a
prototipi di area siriaco palestinese.
  Recentemente   e   solo   parzialmente  scavato  e'  l'insediamento
bizantino  di  Giarranauti, uno dei pochissimi siti che ha conservato
strutture pertinenti all'abitato di questa eta', e che riveste quindi
un  interesse del tutto particolare per la quantita' di dati che puo'
fornire   in  ordine  all'assetto  abitativo,  alla  tipologia  dello
strumentario,  al vasellame di produzione locale, agli scambi ed alle
risorse economiche.
  E'  stato  messo  in  luce  un vicus costituito da poco piu' di una
decina  di case, dislocate intorno ad una piccola chiesa mononave. Le
case presentano un'organizzazione molto semplice, basata su un modulo
comprendente  due  vani,  affiancati  o  disposti  l'uno  di  seguito
all'altro; il vano principale ospita il forno ed un piccolo fornello,
mentre  quello  secondario  era utilizzato per attivita' agricole (in
uno  e'  stato  localizzato un rudimentale palmento scavato nel banco
roccioso)  o  per  deposito.  Probabili  soppalchi  lignei  nel  vano
principale  costituivano  gli  spazi per la notte. Tra le varie case,
disposte  senza  alcun  criterio  preordinato  di distribuzione degli
spazi,  si  articolano  vari recinti chiusi da muretti, probabilmente
per  il  ricovero  del  bestiame,  e  cortiletti  che  assolvono alla
funzione di viabilita' interna. A circa 500 m. dal villaggio, e forse
a esso pertinente, presso una profonda cisterna scavata nella roccia,
ancora  oggi  utilizzata  e  alimentata  da  una  complessa  rete  di
canalette  di  drenaggio  dell'acqua  piovana, e' stata rinvenuta una
serie   di  vasche  rettangolari,  anch'esse  scavate  nella  roccia,
disposte  su  due livelli lungo le pendici del colle, larghe, basse e
comunicanti, collegate a canalette e a lunghe teorie di fossette.
  Si  tratta  forse,  piu'  che  di  un semplice abbeveratoio o di un
lavatoio,  di un impianto per la lavorazione di qualche prodotto (una
conceria?).
  Monete  e  materiali  ceramici  collocano l'ultima fase di vita del
villaggio  al  VI  sec.  d.C.,  in  significativa  coincidenza con il
sorgere  degli  insediamenti  rupestri  della vicina Pantalica, prova
evidente di sopraggiunte necessita' difensive.
  Considerato  che  nel  territorio  dell'Alta  valle  dell'Anapo  la
trasformazione del sistema insediativo, connota i nuovi caratteri del
patrimonio edilizio.
  Nel  territorio  dell'Alta valle dell'Anapo, le trasformazioni piu'
evidenti,  sono quelle che stanno avvenendo nelle zone periferiche ai
margini  degli  insediamenti urbani che si affacciano verso la valle.
Una  parte  di  queste trasformazioni riguarda le seconde case, ma il
grosso  dell'attivita' edilizia riguarda le espansioni vere e proprie
cioe'  quelle  con  piu'  marcato  carattere urbano. Il problema piu'
grave  per cio' che riguarda gli aspetti paesaggistici e' determinato
dalle  periferie  urbane,  le  quali si affacciano direttamente sulle
aree  di  maggiore  pregio,  come  nei  comuni  di  Cassaro,  Ferla e
Palazzolo.
  Lo squallore di queste periferie e' tale che non si puo' immaginare
un vero futuro della zona senza mettere in essere radicali interventi
di restauro urbano e territoriale.
  Questi intenti sono possibili attraverso una totale revisione degli
strumenti  urbanistici locali i quali dovranno essere tutti connotati
da  una  forte  attenzione  verso  i  problemi  del  controllo  della
morfologia  urbana  nei processi di trasformazione, oltre che verso i
problemi  della  tutela  dell'ambiente  territoriale.  Per  cio'  che
riguarda  i  caseggiati storici, si ritiene che questi siano inseriti
attraverso  uno  studio  specifico  e puntuale nelle previsioni degli
strumenti  urbanistici,  i  quali  attraverso  una normatizzazione li
tutelino e li valorizzino.
  Il  sistema  storico  dei  caseggiati agricoli assieme al paesaggio
urbano  dei  centri  dell'Alta  valle  dell'Anapo,  costituisce senza
dubbio, una ricchezza economica da valorizzare e salvaguardare per lo
sviluppo della zona stessa.
  Lo  studio  delle  carte  storiche,  le piu' antiche risalenti agli
inizi  dell'800,  ha  permesso  di  individuare  le masserie storiche
(quelle  appunto  presenti  nel  territorio  agli  inizi dell'800) ed
ancora oggi esistenti anche se abbandonate o semiutilizzate.
  Trattasi   di   edifici   con   tipologia   articolata,   costruiti
probabilmente  nel  periodo  che  va tra la fine del '700 e gli inizi
dell'800,   appartenenti  originariamente  ai  feudi  della  nobilta'
siracusana.
  Si  incontrano  continuamente,  nelle mappe analizzate i nomi delle
grandi  famiglie gentilizie come: Specchi, Caetani, Judica, Politi ed
i nomi dei grandi feudi come quello di Bauli' o delle contrade famose
da cui prendono il nome molte ville gentilizie come Bibbia S. Alfano.
Le  tipologie  piu'  ricorrenti  sono quelle a corte chiusa e a corte
aperta,  per  i  caseggiati  piu'  importanti,  e  quelle ad elementi
giustapposti, per quelle meno importanti.
  Le prime sono composte da una serie di alloggi fra cui spesso anche
quello  del  proprietario,  ed  una serie di locali di servizio quali
magazzini,   stalle,  cantine.  Negli  organismi  piu'  importanti  e
complessi e' sempre presente una piccola chiesetta.
  Le  seconde,  di  organizzazione  piu'  semplice,  sono comprese in
un'area  recintata,  nella  quale  possono  trovarsi  anche stalle ed
ovili, e contengono un alloggio ed alcuni locali di servizio.
  L'organismo,   per   il   particolare   movimento   dei   tetti   e
l'articolazione  delle  masse, rivela un indubbio interesse dal punto
di   vista   architettonico,  risultando,  nella  sua  configurazione
formale, di grande attualita'.
  I  problemi  che emergono riguardo lo stato del patrimonio edilizio
rurale  sono chiaramente legati alle trasformazioni dell'economia del
territorio  e  al  grado  di  cultura della popolazione locale. Da un
lato,  un'agriocoltura sempre piu' in stato di crisi, con gli addetti
che  abbandonano  campi  e  case per trasferirsi in citta' (da qui il
continuo  processo  di degrado che alla fine determina l'inagibilita'
degli  edifici  per  mancanza  di  manutenzione),  dall'altro lato un
rapporto  con  l'edificio da parte dei nuovi proprietari o affittuari
dei  caseggiati  con  utilizzazione degli stessi solo per gli aspetti
funzionali  e  quindi  senza  quella  necessaria  attenzione  che  le
strutture e la sua tipologia e la sua storia richiederebbero.
  In  sostanza  l'assenza  di  consapevolezza  da  parte  delle nuove
gestioni,    unitamente    alla   loro   capacita'   di   determinare
trasformazioni violente in tempi brevi che fa si che questi edifici o
sono  abbandonati  al loro degrado o sono sottoposti ad interventi di
manutenzione   o  di  trasformazione  e  di  ampliamento  impropri  e
devastanti.
  Quindi,  anche  se  il  territorio  in  esame non e' sotto- posto a
pesanti pressioni di carattere edilizio, gli interventi capillari sul
costruito,  in  assenza  di  una  normativa  idonea  a  governare  le
trasformazioni,  possono provocare grave danno al patrimonio edilizio
rurale  storico e di conseguenza all'ambiente di cui ormai sono parte
integrante.
  Intensi  studi  sono  stati  dedicati di recente alle dimore rurali
anche  sotto l'aspetto tipologico, tanto che oggi esiste una discreta
letteratura  sul  tema che consente di conoscere tutti i tentativi di
catalogazione  e  tipizzazione  fatti  da  vari autori per molte aree
geografiche italiane.
  La masseria puo' essere identificata nelle tipologie piu' comuni in
una  serie  di corpi di fabbrica per lo piu' disposti a quadrilatero,
articolati da spazi recintati, innestati in una viabilita' irregolare
e da terreni coltivati.
  E'  certo  che  il  fulcro  di  questo  organismo architettonico e'
rappresentato  dal  cortile centrale denominato in letteratura "corte
rurale":  uno  spazio parzialmente o totalmente chiuso che svolge una
funzione  centrale  nell'organismo  sia  sotto  l'aspetto  funzionale
distributivo che sotto l'aspetto morfologico configurativo.
  Gli elementi della masseria della valle dell'Anapo sono costituiti:
  1) dal recinto, costituito da un muro a secco che delimita l'ambito
di pertinenza del caseggiato;
  2)  dal cortile (baglio o bagghiu): uno spazio centrale pavimentato
nel  quale venivano realizzati la cisterna o il pozzo, adornato da un
grande  albero posizionato al centro o marginalmente intorno al quale
ruotava tutto il sistema funzionale della masseria;
  3)  dalla  casina  padronale  che  era  l'abitazione temporanea del
padrone  utilizzata  durante il periodo del raccolto o per il periodo
delle vacanze della famiglia;
  4) da magazzini di conservazione, cantine, granaio, ecc.;
   5) dal trappeto, locale per la lavorazione dell'olio;
   6) dal palmento, locale per la lavorazione del vino;
  7) dal fumeri, locale per l'accumulo del concime organico;
   8) dal pagghiaru, locale per l'accumulo della paglia;
  9)  dalla  cisterna  o pozzo, in genere posizionata al centro della
corte;
   10) dalle stalle, ovili o "mannara";
   11) dalla gebbia dell'acqua per irrigazione.
  Rilevato  che,  come  esposto  nei  verbali della Commissione sopra
cennati, il territorio dell'altopiano ibleo, in ragione delle antiche
origini  della  sua  popolazione, e' ricco di testimonianze storico -
antiche   che  se  non  rappresentano  dei  capolavori  costituiscono
tuttavia   un'ampia  e  insostituibile  documentazione  del  passato.
Capanni  antichi,  nevai,  arcate  di  antichi  acquedotti,  muri  di
terrazzamento,   fontanili  ecc.  sono  i  documenti  di  un  passato
ingiustamente  dimenticato  e  abbandonato.  Su  questi  monumenti di
campagna,   spesso   veri  e  propri  gioielli  dal  punto  di  vista
tecnicostrutturale,  non  e'  mai stato tentato uno studio che avesse
come  obiettivo  la  loro  valorizzazione e conservazione. Ora che la
tecnologia   del   cemento   armato  ha  sostituito  i  materiali  da
costruzione   tradizionali,  forse  si  guarda  alle  pietre  vissute
dell'architettura  contadina  con  senso di distacco dimenticando e/o
sottovalutando  i valori umani e storici che essi racchiudono, valori
che vanno prontamente recuperati prima che sia troppo tardi.
  Un  tempo, quando nelle case e nei bar non c'erano i frigoriferi si
faceva  uso di un ingegnoso quanto rustico refrigeratore: la neviera.
Le neviere oramai sono tutte in disuso ma, in quel contesto, erano di
grande  importanza e fornivano neve per tutto l'anno a tutti i comuni
della zona.
  La  neve  veniva sistemata dentro la neviera a solai misti a strati
di  paglia in modo da avere lastre facilmente estraibili. La neviera,
di  cui  esistono  diversi esemplari nella zona, veniva realizzata in
due  modi:  1)  incassata  nella  roccia  di  forma  circolare  e con
copertura  a  capanno; 2) incassata nella roccia, di forma quadrata o
rettangolare   con  conci  squadrati  di  pietra  bianca  disposta  a
ventaglio.
  Del  primo  tipo  si  ha  un  esempio ancora quasi intatto sopra il
quartiere  nord  di  Buccheri  a  ridosso della strada che conduce al
bivio di Palazzolo Acreide - Ferla - Giarratana.
  Lo  schema  costruttivo,  nelle  strutture  di  elevazione  e nella
copertura, ricorda il capanno pastorale di questi monti.
  Il  secondo tipo e' maggiormente diffuso e se ne hanno buoni esempi
a  Buccheri,  Buscemi  e a Palazzolo Acreide (nella zona archeologica
dell'antica Akrai).
  Altro  caratteristico elemento puntuale dell'architettura contadina
della valle dell'Anapo e' il Capanno dei pastori.
  Il  territorio  che si estende a sudovest di Buccheri va elevandosi
fino a raggiungere quote superiori 900 metri s.l.m. Data l'altitudine
e  considerata la sterilita' del terreno, l'unica vocazione possibile
nel  territorio sembra essere quella pastorale. Tale e' stata infatti
nel passato.
  In  certi  punti  del  territorio il mondo pastorale e' ancora vivo
anche se molte abitudini sono cambiate. Tuttavia alcune testimonianze
del mondo pastorale della zona sono ancora oggi presenti.
  Il  capanno  pastorale  arcaico  a  pianta  rotonda  della piana di
Buccheri  e'  un esempio di tipologia architettonica riscontrabile in
altre zone della Sicilia.
  Il  tipo  consiste  in una forma cilindrica leggermente imbutiforme
ottenuta  con  filari concentrici di blocchi grossolanamente sbozzati
disposti secondo un principio statico antichissimo (mensola sporgente
autoportante).
  La  copertura e' ottenuta con lastre di pietra disposte ad anello e
bloccate  da  una  lastra  centrale  che  ha  inoltre  la funzione di
chiudere costruttivamente il capanno.
  Le  lastre  di  copertura hanno una lieve pendenza verso l'estemo e
cio'  per consentire lo smaltimento delle acque piovane. L'interno e'
di pochi metri quadrati e spesso presenta anche delle nicchiette.
  L'ingresso  e'  di  limitate  dimensioni  e  non presenta tracce di
incardinature di eventuale chiusino.
  Altra  evidente  testimonianza della cultura tradizionale di valore
antropico,  residente  lungo  la  valle  dell'Anapo,  e'  la ferrovia
Siracusa - Vizzini.
  In  epoca remota, in una fase databile tra il 1270 ed il 1000 a.C.,
la  valle  era  abitata  da  popolazioni  che,  abbandonate  le piane
costiere,  si rifugiarono nelle zone interne sulle impervie montagne,
come  testimoniano  le  vaste necropoli di grotticelle artificiali di
Pantalica  e  gli  importanti resti archeologici tuttora visibili che
dimostrano  l'esistenza  di centri urbani abbastanza popolosi. Oggi i
centri  urbani  esistenti  nella  zona  non  sono piu' importanti ne'
popolosi.
  Un  lungo sentiero bianco che percorre l'intera valle a mezza costa
ora  da  un  lato  ora  dall'altro ci ricorda che anche in un passato
recente  il  sistema  insediativo  della  valle  era  importante  nel
contesto   dell'economia   del   tavolato   Ibleo:   questo  sentiero
corrisponde  al  vecchio  tracciato  della  linea  ferrata Siracusa -
Ragusa - Vizzini.
  Lungo il suo percorso, dopo la stazione di Sortino, la valle assume
valori morfologici paesaggistici e naturalistici eccezionali.
  La  lingua  scorre serpeggiante sugli stretti argini. Fiancheggiati
sempre  da  pareti  a  picco  che  sospendono sul capo la minaccia di
grossi blocchi, fermi sui ciglioni come per miracoli di statica.
  Inaugurata  il  19  luglio  1915,  dopo  oltre trent'anni di accese
discussioni  (il  primo progetto di massima redatto da Mauceri e' del
1884),  la  linea  ferrata  raggiunse il culmine della notorieta' nel
1933 quando il re V. Emanuele III si reco', facendo uso del "trenino"
alla Necropoli di Pantalica.
  Dopo  oltre  quarant'anni  di attivita' alle ore 9,30 del 30 giugno
1956  l'ultimo  treno,  cedendo  il  passo  ai  mezzi di trasporto su
strada,  giunse  alla  stazione  di  Simma  Nuova:  furono smontate e
portate  via  tutte  le  traversine  di legno, i binari, i bulloni, e
rimase  solo  quel  lungo sentiero bianco, acquistato successivamente
dalla azienda delle foreste demaniali della regione siciliana.
  Interamente   percorribile  in  automobile,  anche  se  con  grosse
difficolta',  offre  la  possibilita'  di  immergersi  in un ambiente
ancora  integro  che  ha  bisogno  pero'  di  essere  necessariamente
tutelato e salvaguardato.
  Gli  edifici  che  ospitavano  le stazioni sono stati trasformati e
adattati  ai  diversi  usi  e,  qui  e li', lungo l'antico tracciato,
vecchi  caselli  affiorano come fantasmi a testimoniare di una storia
che e' gia' leggenda.
  Poco  oltre  sorge Cassaro, che, nel tardo medioevo, era un piccolo
borgo chiuso dentro le mura del suo castello.
  L'edificazione  extra  moenia inizio' nel sec. XIV in seguito ad un
incremento  demografico  che  comporto'  la  nascita  di un quartiere
attaccato  alle  mura esterne del vecchio maniero. Alla fine del sec.
XVI  Cassaro  si  presentava  composta da tre quartieri: il primo era
attaccato  al  castello; il secondo era chiamato quartiere di sopra e
si  trovava  nella  parte  inferiore dell'attuale abitato, nei pressi
della chiesa Madre; il terzo era chiamato quartiere di mezzo.
  Nel  1598  nel quartiere di sopra, era in costruzione la chiesa San
Pietro in Vincoli.
  Nel  sec.  XVII  il paese tende ad estendersi nella parte inferiore
dell'attuale    abitato,    cioe'    nel    quartiere    di    sopra.
Contemporaneamente sorgono altre chiese e alla vigilia del disastroso
terremoto  del  1693 nel piccolo centro se ne contano sette: tre piu'
antiche erano ubicate nelle vicinanze del castello, quelle piu'
  recenti  erano  situate  negli  stessi luoghi in cui sorgono ancora
  oggi.
Nella stessa eta' il castello era ancora frequentato dai principi
di  Cassaro  ed  era  perfettamente funzionante. Cio' si evince da un
bando del 3 settembre 1656.
  Il terremoto causo' enormi danni ma i morti non furono tanti (15 ne
annota il Boccone).
  La ricostruzione delle case e delle chiese fu sollecita ed impegno'
maestranze locali ed esterne per circa cinquanta anni.
  Cassaro  si sposto' dal nucleo originario sorto intorno al castello
e  si sviluppo' in un area pianeggiante intorno ad alcune chiese gia'
esistenti nello stesso sito.
  Il  settore  piu' rappresentativo fu progettato intorno alla chiesa
Madre; da esso si dipartono le direttrici viarie principali dei nuovo
assetto urbanistico.
  Invece  di ricostruire il paese sui vecchi allineamenti si preferi'
cancellare  ogni  segno  precedente eliminando tutte le macerie; cio'
per  dare vita ad un impianto regolare a scacchiera caratterizzato da
un  ampio  asse  orientale a nordest e collegare le due vie d'accesso
principali.
  La  composizione  urbanistica  dell'abitato  prevista non si e' mai
conclusa,  sia  ad ovest che a sud sembra infatti aperta ad ulteriori
sviluppi.  Tale  smagliatura  deriva  certamente da una previsione di
espansione   pensata   agli   inizi   del  settecento.  Il  piano  di
edificazione  non fu ai completato perche' il centro urbano nell'arco
dell'ottocento non supero' il contorno perimetrale settecentesco.
  La  nuova  architettura del sec. XIX invece di aggiungersi a quella
antica  la  sostitui'  secondo quello stesso discutibile principio in
base  al  quale  oggi tetri volumi in cemento armato sostituiscono le
graziose abitazioni neoclassiche e liberty.
  Si  e'  voluto  includere il centro di Cassaro nella perimetrazione
del  vincolo  dell'Alta  valle  dell'Anapo  al fine di scongiurare il
ricorso  alla "sostituzione edilizia", favorita da una strumentazione
urbanistica  vigente obsoleta (piano di fabbricazione) e non in grado
di  indirizzare  gli  interventi  edilizi  verso  la  conservazione e
valorizzazione  di  quei  beni,  che le civilta' del passato ci hanno
tramandato.
  Il  comune  di  Cassaro  e' dotato di un programma di fabbricazione
ancora operante.
  In  data  18  settembre  1995  il consiglio comunale ha adottato la
nuova previsione del piano regolatore generale.
  In  data  22  marzo  1996  il  piano  regolatore  generale e' stato
trasmesso  all'assessorato  regionale del territorio e dell'ambiente,
ma a tutt'oggi non e' stato ancora approvato.
  Il  modello  di  crescita  delle  periferie  dei  centri urbani che
insistono  nell'area  interessata e' in realta' quanto mai opinabile:
per  scongiurarlo,  si  ritiene  imprescindibile  una  programmazione
urbanistica  ragionata,  finalizzata  ad  un maggiore controllo della
qualita'  edilizia per i nuovi interventi e ad un restauro per quanto
possibile  dell'ambiente urbano delle aree di margine prospicienti la
valle.  Infatti  se  il  metodo della "sostituzione edilizia" dovesse
estendersi all'intero patrimonio presente, si rischierebbe di perdere
preziose  testimonianze  della  storia  del  territorio  e  della sua
popolazione,  ancora  prima  di  averne  potuto effettuare un'analisi
conoscitiva  ed esauriente, necessaria altresi', a fronte del degrado
e  dell'abbandono  che minacciano alcune emergenze storiche sparse in
tutto il territorio.
  Viste   le  opposizioni  alla  proposta  di  vincolo  paesaggistico
dell'Alta  valle  dell'Anapo,  che  sono  pervenute  nei  termini,  e
precisamente:
  1)  consiglio  comunale di Palazzolo Acreide, che, con nota n. 4621
del  17  aprile  1997  osserva  che:  la  proposta  di  vincolo della
commissione blocca ogni iniziativa produttiva immobilizzando tutte le
attivita' su un'area di 180 km quadrati.
  Il  consiglio  comunale  esprime  le  proprie preoccupazioni per un
modello  di  pianificazione,  imposto autoritativamente dall'alto, di
dubbia  costituzionalita'  e fondato su leggi che risalgono al 1939 e
che  determinano  un  vincolo  assoluto, statico, che non tiene conto
della presenza dell'uomo nell'ambiente.
  I vincoli devono tener conto delle caratteristiche dell'ambiente ed
essere  conseguenti  a  studi  approfonditi  sull'aspetto antropico e
naturalistico dei luoghi.
  L'antitesi all'idea del vincolo e' l'idea del Parco che tiene conto
delle  decisioni  delle  popolazioni  e  scaturisce  dallo studio del
territorio  e  dalle  vocazioni  naturali  del  territorio siano esse
agricole, artigianali o altro.
  Viene  citato  all'uopo, un parere del professor Bruno Ragonese che
vede nell'idea del Parco degli Iblei lo strumento amministrativo piu'
idoneo  per  la rifondazione di una civilta' perduta che aveva saputo
ottimizzare  il  rapporto  uomonatura,  e  per  superare  (in maniera
democratica  e  consentendo  alla  comunita' locale di individuare il
tipo  di  sviluppo dell'area) precedenti carenze di normazione che si
riflettono in alcuni piani di lottizzazione, legali ma non pienamente
condivisibili.
  Il  vincolo  proposto dalla commissione non va rigettato in toto ma
va  trasformato da impedimento a processo di sviluppo. Per realizzare
cio'  occorrono  idee-  guida  e  studi che consentano di conoscere e
valorizzare il territorio.
  Viene  sottolineato  che  il  comune di Cassaro ha rilevato come la
commissione  provinciale  per  la  tutela  delle  bellezze naturali e
panoramiche  di Siracusa abbia usato una carta del 1966, naturalmente
non  corrispondente  alla  realta'  della  zona, non tenendo conto di
altra  carta  aggiornata esistente all'Universita' di Catania. Cio' a
riprova   che   la  proposta  di  vincolo  e'  inesatta,  intimamente
contraddittoria   e   priva   di   studi   di  supporto  accurati  ed
approfonditi.
  Mentre   nella   sua  parte  introduttiva  la  proposta  pre-  vede
l'esclusione del vincolo sulle zone urbane dei centri dotati di piano
regolatore  generale, la parte deliberativa include nel vincolo anche
le zone urbane di Palazzolo.
  Il    vincolo   imposto   rischia   di   mutilare   le   intenzioni
dell'imprenditoria  e  le  potenzialita'  turistiche  del  territori,
meglio  valorizzabili attraverso un Parco, strumento questo che viene
ritenuto  preferibile  per  la  tutela  delle  realta'  agricole gia'
esistenti.
  Il  consiglio comunale di Palazzolo Acreide manifesta di non essere
contrario  al  rispetto  di  regole  e  di  norme cautelari, e quindi
propone  non  di  rigettare  il vincolo sic et simpliciter, bensi' di
avviare  l'istituzione di un Parco, che consentirebbe ai residenti di
diventare  protagonisti  dello  sviluppo della zona, mettendo in moto
diversi meccanismi di finanziamento.
  Il  sindaco  concorda con il consiglio nel sostenere che il vincolo
e'  una  pianificazione  del  territorio imposta dall'alto. Invita ad
approfittare dell'occasione per proporre una pianificazione che venga
dal  basso.  Proponendo  l'istituzione  del  Parco Palazzolo potrebbe
costituire  un  esempio  trainante, uno stimolo per gli altri sindaci
interessati.  Conclusivamente,  il  consiglio  comunale  di Palazzolo
Acreide,    nell'esprimere    l'apprezzamento    per   l'intento   di
pianificazione    territoriale    manifestato    dall'Amministrazione
regionale,  ed  anzi, auspicando l'attivazione di un piano paesistico
con precise strategie mirate al rilancio dell'economia del territorio
ibleo,  rileva  che  il  territorio di Palazzolo Acreide e' dotato di
piano  regolatore  generale fin dal 1989 ed e' tutelato da uno studio
di  piano  particolareggiato  del centro storico, e quindi rigetta il
vincolo  cosi'  come proposto dalla commissione provinciale in quanto
appare come principio di rigida conservazione che non tiene conto dei
normali  sviluppi  socioeconomici  di una comunita'. Propone altresi'
l'istituzione di un'area naturale protetta cosi' come recita la legge
n.  394/1991  fondata  sulla  "zonizzazione",  che  scaturisca da uno
studio analitico del territorio.
  Formula  voti  al  governo regionale affinche', attui un intervento
finalizzato  allo  sviluppo economico degli Iblei e sottolinea che la
proposta  di  vincolo non e' rispettosa del diritto alla democrazia e
alla partecipazione dei cittadini;
  2)  consiglieri comunali di Buccheri, i quali, con nota n. 3200 del
10  aprile  1997,  ricorrono avverso la perimetrazione riguardante il
territorio comunale di Buccheri per i seguenti motivi:
  a)   parte  del  territorio  comunale  di  Buccheri  incluso  nella
delimitazione  ed  in  particolar  modo  la parte che va dalla strada
Sortino-Buccheri   dal   km   13,500   fino  al  confine  provinciale
Siracusa-Ragusa  non  tiene  conto  dell'esistenza  di  una  serie di
complessi  edilizi  gia'  realizzati  ed  in  fase di realizzazione a
seguito di una serie di lottizzazioni private gia' approvate;
  b)  tale  area  e'  fornita di una serie di opere di urbanizzazione
(rete   idrica,  fognaria,  illuminazione)  eseguite  dal  comune  di
Buccheri;
  c)  da  una  attenta  lettura  dei  resoconti  delle riunioni della
commissione  provinciale per la tutela della valle dell'Anapo, non si
evince  che  essa abbia preso visione degli strumenti urbanistici del
comune  di  Buccheri,  cosi' come invece ha fatto per tutti gli altri
comuni ricadenti nel comprensorio della valle dell'Anapo;
  d)   l'area  di  cui  sopra  non  interessa  ne'  direttamente  ne'
indirettamente  il bacino imbrifero della valle dell'Anapo, in quanto
si   trova   in  posizione  marginale  rispetto  alla  perimetrazione
individuata;
  e)   il  confine  individuato  sembra  essere  dettato  piu'  dalla
praticita' di individuare un confine certo - la strada -, che dalla
  effettiva   esigenza   di   delimitare  una  bellezza  naturale  da
  proteggere.
La commissione provinciale non avrebbe tenuto conto che l'area di
cui   si   propone   il   vincolo  risulta  interessata  da  numerose
lottizzazioni  convenzionate  gia'  eseguita  da  privati o in via di
esecuzione, nonche' da numerose costruzioni edili.
  L'estensione  dell'area  che  la commissione provinciale propone di
sottoporre a vincolo appare sproporzionata rispetto al bene tutelato,
atteso  che  la  zona  urbanizzata  di  contrada  Piana  non  risulta
minimamente interessata dal bacino ibrifero della valle dell'Anapo.
  L'arbitraria  delimitazione  dell'area  da  sottoporre a vincolo e'
gravemente    pregiudizievole   delle   legittime   aspettative   dei
proprietari delle zone suindicate, nonche' in stridente contrasto con
tutte    le    delimitazioni    adottate   nel   corso   degli   anni
dall'amministrazione comunale.
  Il piano regolatore generale in itinere prevedendo in detta zona di
espansione  le aree destinate a servizi e ad insediamenti artigianali
ed  industriali, sarebbe completamente stravolto dall'imposizione del
vincolo,  misura  sostanzialmente  indiscriminata  ed ingiustificata,
ancorata  a  giudizi  empirici  ed emotivi come quelli espressi nella
relazione  posta  a  fondamento  della  proposta dai componenti della
commissione provinciale;
  3)   44  cittadini  di  Buccheri,  con  nota  dell'11  marzo  1997,
premettono  che  nella  proposta  di vincolo traspare l'intenzione di
vincolare  il  comune  di Cassaro in quanto privo di piano regolatore
generale:  l'inclusione  dell'area  urbana  nel vincolo paesaggistico
avrebbe  il  senso di fare fronte all'insufficiente livello di tutela
apprestato sul programma di fabbricazione vigente.
  Partendo  dalla premessa che identica e' la situazione di Buccheri,
quanto  allo  strumento urbanistico vigente (piano di fabbricazione),
non si capisce e soprattutto non si condivide la reticenza nei lavori
della commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e
panoramiche di Siracusa rispetto alla situazione predetta. Infatti in
data  27  febbraio  1997  il  consiglio comunale di Buccheri e' stato
convocato  dal presidente con all'ordine del giorno la adozione dello
strumento urbanistico generale che e' in itinere.
  Detta  situazione,  che  preoccupa  la commissione per il comune di
Cassaro,   non  sembra  preoccupare  altrettanto  per  Buccheri,  ove
attualmente  vige  il  piano  di  fabbricazione  del  1979, del tutto
carente  di misure atte a tutelare l'assetto urbanistico preesistente
e  del  centro  urbano in particolare, che non e' normato da un piano
particolareggiato,  previsto  invece  per  la  zona  di espansione in
contrada Pozzanghera ricompresa nella proposta di vincolo.
  La  commissione  BB.NN.PP.  si  sarebbe  preoccupata  di tutelare e
vincolare una parte del territorio di Buccheri, gia' urbanizzata come
zona di espansione e interessata da alcune microlottizzazioni, ma non
si  sarebbe  curata di tutelare il territorio urbano di Buccheri, ove
l'assalto  alle  bellezze  naturali  e'  in  atto,  posto  il nutrito
campionario  di  ditte  di Buccheri abusive e/o non autorizzate, che,
con i loro interventi, hanno arrecato grave danno al paesaggio.
  La  proposta  di vincolo in quanto strumento organico di tutela che
non potrebbe ignorare quella parte di territorio che dista appena 500
m  dalla  delimitazione  della  proposta  di vincolo, e che invece e'
quella che andrebbe realmente tutelata.
  Proprio  in  quell'area,  il  piano  regolatore in itinere, avrebbe
individuato   le   zone   relative   a   servizi  e  ad  insediamenti
artigianaliindustriali.
  I  sottoscrittori  invitano  a riconsiderare l'area da sottoporre a
vincolo paesaggistico, valutando meglio i rapporti e le relazioni con
gli  strumenti  di  pianificazione  territoriale,  come  lo strumento
urbanistico  che  e'  assolutamente  in  disarmonia con quello che e'
possibile leggere dal carteggio e dalle planimetrie della proposta di
vincolo.
  Viste  le  controdeduzioni  rese  dalla  Soprintendenza  per i beni
culturali  ed  ambientali  di  Siracusa, che, con nota n. 5001 del 24
giugno 1997 ha rilevato che:
  la  perimetrazione  del  vincolo  interessa i territori comunali di
Buccheri,  Palazzolo  Acreide, Ferla, Cassaro, Buscemi e Sortino e lo
scopo della proposta e' quello di tutelare un'area paesaggisticamente
omogenea,  che riveste caratteristiche peculiari sia sotto il profilo
geomorfologico  che  sotto quello naturalistico e del paesaggio degli
Iblei,  cosi  come  ampiamente rappresentato nella relazione generale
contenuta negli atti del verbale della commissione provinciale BB.NN.
Quanto agli specifici rilievi mossi dagli opponenti, e in particolare
alle  perplessita'  mosse da alcuni componenti del consiglio comunale
di  Palazzolo  Acreide,  circa  il  paventato  blocco delle attivita'
produttive  della  zona, la Soprintendenza di Siracusa sottolinea che
la  natura  giuridica  del  vincolo di legge n. 1497/1939 e' tale che
esso  non  pregiudica  ne'  inibisce a priori le attivita' produttive
pubbliche  e/o  private esistenti nel territorio, ne' quelle di nuova
formazione,   trattandosi   di   vincolo   paesaggistico   e  non  di
immodificabilita'.
  Le  indubbie  valenze  paesaggistiche  e  naturalistiche della zona
interessata  sono  riconosciute  da  parte  degli  stessi consiglieri
comunali,  i  quali  ritengono  che  la  stessa  area sia "ideale per
l'istituzione di un Parco degli Iblei" o per essere classificata come
un'area naturale protetta.
  Il   centro   urbano  di  Palazzolo  Acreide,  ricade  fuori  dalla
perimetrazione   del   vincolo,   fatta  eccezione  per  alcune  aree
periferiche a margine di localita' paesaggisticamente rilevanti, come
ad esempio la zona archeologica di "Serra Palazzo".
  Viene  sottolineato che le iniziative comunali e/o intercomunali di
valorizzazione   dell'area  in  trattazione  (istituzione  di  parchi
urbani,   di   aree  protette  ecc.)  potranno  trovare  luogo  nella
formazione  o revisione degli strumenti di pianificazione urbanistica
(piano    regolatore   generale   comunali   o   intercomunali).   In
considerazione  di  quanto  sopra rappresentato, si puo' asserire che
l'imposizione  del  vincolo paesaggistico non pregiudica ne' inibisce
le  iniziative  produttive  della  zona, ma segue, di concerto con la
pianificazione paesaggistica (piani paesistici) ed urbanistica (piano
regolatore  generale),  lo  sviluppo  e  la  valorizzazione di ambiti
territoriali di particolare pregio paesaggistico meritevoli di essere
maggiormente attenzionati e salvaguardati.
  Circa  le  opposizioni promosse dai cittadini di Buccheri in ordine
all'imposizione  del vincolo ex legge n. 1497/1939, relativo all'Alta
valle  dell'Anapo,  in  territorio  comunale  di: Buccheri, Palazzolo
Acreide,  Ferla,  Cassaro, Buscemi e Sortino, la Soprintendenza per i
beni  culturali  ed  ambientali  di  Siracusa, premesso che scopo del
vincolo  e'  quello  di tutelare un'area paesaggisticamente omogenea,
che   riveste   caratteristiche   peculiari   sia  sotto  il  profilo
geomorfologico  e  naturalistico sia nell'ambito del paesaggio rurale
degli  Iblei,  cosi'  come  del  resto ampiamente rappresentato nella
relazione generale contenuta negli atti del verbale della commissione
provinciale   BB.NN.,  rappresenta  che,  sia  il  centro  urbano  di
Palazzolo  Acreide  che  quello  di  Buccheri  risultano  fuori dalla
perimetrazione  del  vincolo in argomento, fatta eccezione per alcune
aree periferiche a margine di localita' paesaggisticamente rilevanti,
che  a  Palazzolo  alcune  aree  si trovano in prossimita' della zona
archeologica di "Serra Palazzo", mentre a Buccheri le stesse ricadono
nelle  vicinanze delle perimetrazioni del demanio forestale di "monte
Contessa" e della Piana di Buccheri.
  In  ordine  alle  obiezioni mosse sui criteri di perimetrazione del
settore  nord  occidentale  del  vincolo, nella fattispecie l'area di
Contrada  Piana,  occorre  precisare  che  sebbene  in questo caso il
perimetro  non coincide perfettamente con lo spartiacque superficiale
del  bacino  idrografico, e' anche vero che la scelta di attestare lo
stesso  lungo  la  strada  provinciale, viene giustificato da un lato
dalla  necessita'  di  includere  le  ampie  superfici boscate che si
affacciano   direttamente   sulla   valle  dell'Anapo  e  localizzate
soprattutto  a  coronamento della contrada menzionata, (peraltro gia'
comprese  nel  demanio  forestale e pertanto vincolate ai sensi della
legge  regionale  n.  16/1996),  dall'altro  dall'opportunita' che la
strada  offre  a chi la percorre ponendosi come naturale raccordo tra
il  suo  tratto piu' orientale e quello piu' occidentale, sicuramente
con caratteristiche piu' marcatamente panoramiche.
  Parte  di  quest'area  risulta gia' in regime di vincolo forestale,
nonche'   nella   fascia   di   rispetto  di  quest'ultimo  (zona  di
immodificabilita',  ex  legge  regionale n. 15/1991, di 200 metri dal
confine del vincolo forestale).
  Il  vincolo  paesaggistico  ha  sinteticamente  dato  omogeneita' a
quanto  illustrato  sinora, ponendo maggiore attenzione a quelle aree
periferiche  dei  centri  urbani che si affacciano in prossimita' del
perimetro,  tanto  e' vero che in tutto il territorio dell'Alta valle
dell'Anapo  le trasformazioni piu' evidenti sono quelle nelle zone di
margine,  nelle  quali necessitano sostanziali interventi di restauro
urbano e territoriale.
  La  perimetrazione  proposta  in alternativa dal comune di Buccheri
appare  se non altro strumentale, in quanto taglia fuori praticamente
dal vincolo tutto il territorio comunale.
  In  relazione a quanto rilevato circa l'opportunita di estendere il
vincolo  alle  restanti  porzioni del territorio comunale di Buccheri
meritevoli  di  tutela  paesaggistica,  occorre precisare che oggetto
della  proposta  di vincolo della commissione BB.NN. era l'Alta valle
dell'Anapo;  gli  studi  e  la  proposta di vincolo riguardavano solo
tutto cio' che e' omogeneamente afferente al suddetto bacino e le sue
immediate   vicinanze,   sotto   i   vari   aspetti  (geomorfologico,
idrogeologico,   vegetazionale,  architettonico,  rurale,  ecc.);  il
territorio  comunale  edificato  di Buccheri ricade solo in parte nel
suddetto perimetro.
  Inoltre, atteso che risulta in itinere la predisposizione del piano
regolatore generale del comune di Buccheri, nulla vieta che la stessa
amministrazione  comunale  possa  porre maggiore attenzione in quella
sede  all'opportunita'  della  salvaguardia  delle  valenze storiche,
culturali e paesaggistiche del territorio comunale.
  Non  appare  superfluo  ricordare  che  l'imposizione di un vincolo
paesaggistico  non pregiudica affatto la possibilita' di edificazione
ma  segue  la  finalita'  di guidare e indirizzare di concerto con la
pianificazione paesaggistica (piani paesistici) ed urbanistica (piano
regolatore  generale),  lo  sviluppo  e  la  valorizzazione  di  aree
sicuramente meritevoli di una attenzione particolare.
  Visto  il  perimetro  del vincolo, che si diparte dalla s.s. n. 287
denominata   "Maremonti"  all'altezza  del  bivio  con  la  s.s.  124
"Siracusana",  percorre  quest'ultima  verso  nordest,  per imboccare
sulla  sinistra, poco prima del km. 91, il bivio per Cassaro e Ferla,
percorre  la  strada  provinciale  n.  59  e,  dal  km  1+500  circa,
coincidendo con il preesistente vincolo della Media valle dell'Anapo,
ne  ricalca  il  perimetro  e,  fra il km. 2 ed il km. 3, devia sulla
destra   seguendo   un  sentiero,  avente  direzione  ovestest,  che,
scendendo  progressivamente  di  quota, riprende di nuovo la suddetta
provinciale  poco  prima  del ponte sul fiume Anapo e la percorre fin
oltre  il  ponte  medesimo; da qui devia sulla destra in direzione di
Ferla  per  circa  un  chilometro,  gira  ancora  a destra e segue un
sentiero che corrisponde con il confine comunale di Ferla, fino a che
questi non si innesta nella s.p. Ferla-Sortino in prossimita' del km.
4;  segue  questa  strada  fin  poco  oltre  il km. 8, per deviare in
coincidenza  della  linea  dell'alta  tensione dell'Enel in direzione
nordnordest,  al  punto in cui la suddetta linea incrocia un sentiero
in  contrada Prita, nei pressi di case S. Antonio. Il perimetro devia
sulla  sinistra, abbandonando il tracciato del predetto vincolo della
media  valle  dell'Anapo,  percorrendo  il  sentiero  citato  fino  a
contrada  Cugni  e si innesta a sinistra sulla s.p. Sortino-Buccheri;
segue  questa  strada fino al km 11 circa, dove gira intorno al monte
Santo Venere deviando sulla destra in prossimita' di case Taruddu, in
direzione  nord, lungo la strada per Pedagaggi-Francofonte, per quasi
1  chilometro  e  mezzo circa. Il perimetro imbocca un sentiero sulla
sinistra,  che  arriva  a  case  Ceusa e da qui, percorrendo un altro
sentiero  che segue le linee di livello, passa sotto Costa Castagna e
Cozzo Castagna, si reinnesta sulla s.p. Sortino-Buccheri, all'altezza
del  km.  13+500 circa e percorre questa strada in direzione Buccheri
fino  all'incrocio  con  la  "Maremonti",  oltrepassa quest'ultima in
direzione  Giarratana  fino  a  poco  oltre  il km. 4, sotto il monte
Lauro,  dove  la  suddetta  strada  incrocia  il  confine provinciale
Siracusa-Ragusa.  Il  perimetro segue in direzione sud sino a toccare
nuovamente  la  strada  Buccheri-Giarratana  poco  oltre il km. 9, in
contrada  Liequa, e, seguendo una linea retta ideale avente direzione
sudest,  incontra  un  sentiero,  un  tempo  sede  della ferrovia per
Vizzini,  e lo segue fino alla strada Palazzolo-Garratana, poco oltre
il  km.  1; segue quest'ultima verso nordest e, poco prima che questa
si  innesti  sulla  Maremonti, gira a destra lungo un sentiero che la
raccorda con la vecchia strada Palazzolo-Noto; arriva a quest'ultima,
devia  sulla  sinistra  fino  a  raccordarsi  con  la  Maremonti, che
percorre sino all'incrocio con la s.s. n. 124.
  Dalla  presente  perimetrazione  restano  escluse le aree urbane di
Ferla  e  Buscemi  e  le  aree  di  espansione  di questi ultimi e di
Cassaro,  cosi'  come  definite dagli strumenti urbanistici in vigore
e/o  in  itinere  ed  individuate  nell'allegata  planimetria e nella
planimetria  tematica allegata al verbale della commissione BB.NN.PP.
di   Siracusa   del  7  ottobre  1996,  facente  parte  integrante  e
sostanziale del presente provvedimento.
  Ritenuto  che  la  imposizione  di un vincolo di paesaggio ai sensi
della  legge  n.  1497/1939,  non  determina la imposizione di limiti
specifici   se  non  per  quanto  riguarda  i  criteri  generali  del
mantenimento  delle  caratteristiche originali, dei materiali e delle
tecniche costruttive e, in questo caso, della cultura materiale.
  Ritenuto sulla scorta degli atti anzidetti, delle motivazioni della
proposta   avanzata   dalla   commissione  provinciale  BB.NN.PP.  di
Siracusa,  delle  controdeduzioni  rese dalla Soprintendenza dei beni
culturali  ed  ambientali di Siracusa avverso le opposizioni prodotte
contro   la  proposta  medesima,  di  dovere  respingere,  in  quanto
infondate,  dette  opposizioni  e  di  dovere  quindi  ratificare  la
dichiarazione di notevole interesse paesaggistico, ai sensi dell'art.
1, numeri 3 e 4, della legge 29 giugno 1939, n. 1497, sussistendone i
presupposti,  del  territorio dell'Alta valle dell'Anapo, descritto e
delimitato  come nei verbali della commissione provinciale anzidetta,
che  si allegano al presente atto, unitamente alla cartografia, quale
parte integrante e sostanziale.
  Per quanto sopra esposto;
                              Decreta:
                               Art. 1.
  Al  fine  di  garantire  le  migliori  condizioni  di  tutela, sono
dichiarate di notevole interesse pubblico, ai sensi e per gli effetti
dell'art.  1, numeri 3 e 4, della legge 29 giugno 1939, n. 1497, come
bellezze   di  insieme  e  panoramiche,  la  porzione  di  territorio
comprendente  i  comuni  di  Buccheri,  Buscemi, Carlentini, Cassaro,
Ferla,   Palazzolo  Acreide  e  Sortino,  ricadente  all'interno  del
perimetro  visualizzato  nell'allegata  cartografia;  carta  d'Italia
dell'I.G.M.  scala  1:25.000 (allegato 1), secondo i limiti descritti
in  premessa,  per  le  motivazioni anche riportate nei verbali delle
sedute  del 18 aprile 1996, 30 maggio 1996, 11 giugno 1996, 27 giugno
1996 e del 7 ottobre 1996 della commissione provinciale per la tutela
delle  bellezze  naturali e panoramiche di Siracusa (allegato 2), che
si  allegano al presente atto come parte integrante, rigettata, sulla
scorta  delle  controdeduzioni  rese  dalla Soprintendenza per i beni
culturali  e  ambientali  di  Siracusa,  ogni  opposizione presentata
avverso detto vincolo paesaggistico.