Agli uffici delle entrate
                                  Agli   uffici   distrettuali  delle
                                  imposte dirette
                                  Ai centri di servizio delle imposte
                                  dirette e indirette
                                     e, per conoscenza:
                                  Alle   direzioni    centrali    del
                                  dipartimento delle entrate
                                  Ai Ministeri
                                  Al Segretariato generale
                                  Al  dipartimento  della  ragioneria
                                  generale dello Stato
                                  Agli uffici centrali  del  bilancio
                                  dei Ministeri
                                  Ai   dipartimenti  provinciali  del
                                  tesoro, del   bilancio   e    della
                                  programmazione economica
                                  Alla Corte dei conti
                                  Alla  Presidenza  del Consiglio dei
                                  Ministri
                                  Al    servizio    centrale    degli
                                  ispettori tributari
                                  Al  comando  generale della Guardia
                                  di finanza
                                  All'Istituto    nazionale     della
                                  previdenza sociale
                                  Alla  commissione  di vigilanza sui
                                  fondi pensione
                                  Alla    Confederazione     generale
                                  dell'agricoltura italiana
                                  Alla    Confederazione    nazionale
                                  coltivatori diretti
                                  Alla    Confederazione    nazionale
                                  italiana dell'Artigianato-Cna
                                  All'Associazione          nazionale
                                  costruttori edili
                                  All'associazione bancaria italiana
                                  All'Associazione nazionale  fra  le
                                  imprese di assicurazione
                                  Alla   Confederazione   cooperative
                                  italiane
                                  All'Associazione  fra  le  societa'
                                  italiane per azioni - Assonime
                                  Alla     Confederazione    italiana
                                  dell'industria
                                  Alla  Confederazione  italiana  del
                                  commercio
Premessa.
  L'art. 1,  commi da 5 a  8, del decreto-legge 31  dicembre 1996, n.
669, convertito  dalla legge  28 febbraio 1997,  n. 30,  ha apportato
alcune   modifiche  alla   disciplina   delle  forme   pensionistiche
complementari contenuta  nel decreto  legislativo 21 aprile  1993, n.
124, come modificato  e integrato dalla legge 8 agosto  1995, n. 335,
recante  la   "Riforma  del  sistema  pensionistico   obbligatorio  e
complementare".
  Tali norme disciplinano gli effetti temporali del nuovo trattamento
fiscale delle prestazioni erogate in forma di capitale dalle predette
forme pensionistiche,  introdotto dalla  richiamata legge n.  335 del
1995 -  coordinando le nuove  disposizioni con quelle  gia' esistenti
nel testo unico delle imposte sui  redditi e con quelle in materia di
accertamento  -   e  correggono  alcuni  errori   materiali  di  tipo
redazionale contenuti nella predetta normativa.
  Cio'  premesso,  considerato  che le  suddette  disposizioni  hanno
risolto,   tra    l'altro,   importanti   questioni    di   carattere
interpretativo  (tenendo  anche  conto   del  decreto  legislativo  2
settembre  1997,  n.  314,  che,  con l'art.  3,  ha  riformulato  la
disposizione dell'art. 48 del testo  unico delle imposte sui redditi,
approvato con il decreto del  Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917 (Tuir) e con  l'art. 9 ha abrogato tutte le disposizioni
concernenti  la  determinazione  dei  redditi  di  lavoro  dipendente
diverse da quelle considerate nel  Tuir, cosi' come riformulate dallo
stesso  decreto  legislativo),  con  la  presente  circolare  vengono
forniti alcuni chiarimenti al fine  di riassumere la disciplina delle
forme  pensionistiche  complementari   con  esclusivo  riguardo  alle
disposizioni  di   carattere  tributario   relative  al   regime  dei
contributi e  delle prestazioni. Si  fa riserva di  fornire ulteriori
istruzioni con riferimento ai fondi pensione aperti di cui all'art. 9
del decreto legislativo n. 124 del 1993.
 1. La nuova disciplina della previdenza complementare.
  Com'e'  noto,  la legge  8  agosto  1995,  n. 335,  pubblicata  nel
supplemento ordinario  n. 101 alla  Gazzetta Ufficiale n. 190  del 16
agosto 1995,  ha apportato rilevanti modifiche  alla disciplina delle
forme pensionistiche complementari  contenuta nel decreto legislativo
21 aprile 1993, n. 124 -  emanato in attuazione della legge delega 23
ottobre  1992,  n.  421  -  successivamente  modificato  dal  decreto
legislativo 30 dicembre 1993, n. 585.
  Rispetto  al testo  originario del  provvedimento, le  modifiche di
maggior  rilievo  introdotte  dalla  citata legge  n.  335  del  1995
consistono:
  nell'abolizione dell'imposta del 15 per  cento che i fondi pensione
erano  tenuti  a corrispondere  sui  contributi  ad essi  annualmente
versati  e   nella  conseguente  abolizione  del   credito  d'imposta
riconosciuto ai fondi stessi in relazione a tale imposta;
  nella previsione di deducibilita', entro limiti predeterminati, dei
contributi  versati ai  fondi pensione  sia  da parte  dei datori  di
lavoro  che   dei  destinatari  delle  forme   di  previdenza,  cosi'
realizzando  un rinvio  della  imposizione del  reddito destinato  al
finanziamento previdenziale;
  nella concessione di un incentivo  alle imprese, volto ad agevolare
lo smobilizzo del  T.F.R. e la sua destinazione  al finanziamento dei
fondi di previdenza;
  nella fissazione di nuovi  criteri di imposizione delle prestazioni
previdenziali,  le  quali  possono   consistere  sia  in  trattamenti
periodici che in erogazioni "una tantum";
  nella  introduzione di  specifiche disposizioni  concernenti sia  i
lavoratori autonomi che gli esercenti attivita' produttive di reddito
d'impresa.
 2. Ambito di applicazione.
  E' opportuno sottolineare che  l'esercizio dell'attivita' dei fondi
pensione e' subordinato alla preventiva autorizzazione da parte della
commissione di  vigilanza sui fondi  pensione, la quale  trasmette al
Ministro  del lavoro  e della  previdenza sociale  e al  Ministro del
tesoro,  del bilancio  e della  programmazione economica  l'esito del
procedimento   amministrativo   relativo   a  ciascuna   istanza   di
autorizzazione. E' prevista, inoltre, l'iscrizione nell'apposito albo
tenuto  dalla  commissione  di  vigilanza anche  dei  fondi  pensione
preesistenti, comunque  risultino gli stessi configurati  nei bilanci
di  societa' o  enti ovvero  determinate le  modalita' di  erogazione
delle prestazioni, ivi compresi i  fondi che assicurano ai dipendenti
pubblici  prestazioni  complementari al  trattamento  di  base ed  al
trattamento di fine rapporto.
  Pertanto, la  disciplina civilistica  dei fondi  pensione, l'ambito
applicativo   della   previdenza    complementare   e   le   relative
interpretazioni  sono di  competenza  della  predetta commissione  di
vigilanza.  Va, quindi,  ricordato,  che  secondo quanto  specificato
dalla  citata  commissione  di  vigilanza sui  fondi  pensione  negli
"orientamenti  interpretativi" approvati  il  26  novembre 1997  (cui
naturalmente  si  fa  rinvio),   sono  da  escludere  dall'ambito  di
applicazione della normativa  concernente la previdenza complementare
quelle  forme  destinate  ad erogare  esclusivamente  prestazioni  di
carattere assistenziale  per le  quali la  componente infortunistica,
sanitaria o  assistenziale assume  rilievo tale  da collocarle  al di
fuori  della disciplina  in esame.  La commissione  di vigilanza  ha,
infatti, chiarito  che tale esclusione  vale, in particolare,  per le
forme  assistenziali volte  a soddisfare  bisogni sociali  o di  vita
degli  iscritti che  eroghino unicamente  rimborsi di  spese mediche,
rimborsi di  spese funerarie,  ma anche prestiti,  borse di  studio e
altre prestazioni similari.
  I  predetti "orientamenti"  della  commissione  di vigilanza  hanno
inoltre affermato che i fondi  che erogano prestazioni integrative al
T.F.R., in cui l'elemento costitutivo del diritto alla prestazione e'
rappresentato esclusivamente dalla cessazione  del rapporto di lavoro
e, quindi,  risulta indipendente  dal raggiungimento di  requisiti di
eta' anagrafica  e di anzianita' contributiva,  sono altresi' esclusi
dall'ambito di applicazione del decreto  legislativo n. 124 del 1993.
Tali  fondi  possono  essere   ricondotti  in  tale  ambito  soltanto
attraverso un  adeguamento delle previsioni statutarie  che trasformi
il  fondo   in  una  forma  pensionistica   complementare  sottoposta
all'autorizzazione di cui all'art. 4,  comma 3, del medesimo decreto.
Resta naturalmente  fermo che le posizioni  individuali previdenziali
di detti fondi possono altresi' essere trasferite, ai sensi dell'art.
18, comma 7, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 124 del 1993,
a  favore  di  forme pensionistiche  complementari  disciplinate  dal
medesimo decreto.
  Rientrano,  invece,  nell'ambito  applicativo  del  citato  decreto
legislativo n.  124 del 1993  tutte le forme di  previdenza, comprese
quelle consistenti nell'erogazione di indennita' rientranti nell'art.
16,  comma 1,  lettera  a),  del Tuir,  diverse  dal  T.F.R. e  dalle
indennita' equipollenti. Sono, altresi',  comprese le prestazioni per
vecchiaia  e   quelle  per  anzianita',  anche   se  riconosciute  al
verificarsi  di  condizioni  e  limiti  diversi  da  quelli  previsti
dall'art.  7  del  decreto  in  esame,  nonche'  quelle  collegate  o
accessorie a quelle previdenziali, quali in particolare l'invalidita'
o la  morte del  destinatario, espressamente menzionate  dall'art. 6,
comma 3, del decreto legislativo in oggetto.
  Va,  inoltre,  precisato  che  sono   prive  di  rilievo,  ai  fini
qualificatori, sia  le modalita' con  le quali vengono  effettuate le
prestazioni - cioe',  in forma di capitale o in  forma di prestazione
periodica -  sia l'ambito di operativita'  della forma previdenziale,
che puo' essere riferita alla categoria, all'azienda o al gruppo.
  E'  opportuno sottolineare  che,  per quanto  riguarda gli  aspetti
fiscali, il legislatore ha  dettato un'organica e completa disciplina
della cosiddetta "previdenza integrativa", sia per quanto concerne il
regime  delle  contribuzioni  e  delle prestazioni,  sia  per  quanto
riguarda i  soggetti che possono  attuare le forme  previdenziali non
obbligatorie,  sfavorendo  dal  punto   di  vista  fiscale  forme  di
previdenza al  di fuori  del sistema  delineato dal  provvedimento in
rassegna.
 3. Destinatari della previdenza complementare.
  Per  quanto concerne  l'identificazione  dei  soggetti che  possono
fruire  della  previdenza   complementare  del  sistema  obbligatorio
pubblico, l'art. 2 del decreto  legislativo in oggetto stabilisce che
possono  essere istituite  forme pensionistiche  complementari per  i
lavoratori  dipendenti,  per  i  soci lavoratori  di  cooperative  di
produzione e  lavoro, nonche' per  i lavoratori autonomi ed  i liberi
professionisti.
  Piu' specificamente la norma prevede che ai fini suddetti:
  1)  i  lavoratori  dipendenti,  sia privati  che  pubblici,  devono
appartenere  ad una  medesima categoria,  comparto o  raggruppamento,
anche  territorialmente   delimitato,  e  devono  prestare   la  loro
attivita' presso la medesima impresa o gruppo di imprese;
  2)  i  lavoratori  autonomi  e i  liberi  professionisti  (cioe'  i
titolari  di  reddito di  lavoro  autonomo  o di  reddito  d'impresa,
iscritti obbligatoriamente ad un  forma di previdenza) possono essere
organizzati per aree professionali e per territorio;
  3) i soci  lavoratori di cooperative di produzione  e lavoro devono
appartenere  ad  un  medesimo  raggruppamento  e  possono  unirsi  ai
lavoratori dipendenti delle predette cooperative.
  Lo stesso articolo  dispone, altresi', che a partire  dal 28 aprile
1993, data  di entrata in vigore  del decreto legislativo n.  124 del
1993:
  i soggetti  indicati nei precedenti  punti 1 e 3  possono istituire
esclusivamente  forme  pensionistiche   complementari  in  regime  di
contribuzione definita;
  i soggetti indicati nel precedente  punto 2 possono istituire forme
pensionistiche complementari anche in  regime di prestazioni definite
volte ad  assicurare una  prestazione determinata con  riferimento al
livello  del reddito  ovvero a  quello del  trattamento pensionistico
obbligatorio.
 4. Finanziamento della previdenza complementare.
  L'art. 8, comma  1, del decreto legislativo  in oggetto stabilisce,
come  principio di  carattere  generale, che  il finanziamento  delle
forme pensionistiche complementari grava sui soggetti destinatari. La
stessa norma dispone, peraltro, che qualora questi soggetti rivestano
la  qualifica  di  lavoratori  dipendenti  o  risultino  titolari  di
rapporti d'agenzia, di rappresentanza commerciale o di altri rapporti
di  collaborazione  che  si  concretino in  una  prestazione  d'opera
coordinata e  continuativa, al suddetto finanziamento  possono essere
altresi'  tenuti i  datori  di  lavoro o  i  committenti, secondo  le
previsioni delle  fonti costitutive,  le quali determinano  la misura
dei contributi.
  L'ammontare  del  contributo  complessivo  da  destinare  al  fondo
pensione e'  determinato per i  lavoratori dipendenti - ai  sensi del
comma  2 dello  stesso  art. 8  - dalle  fonti  istitutive in  misura
percentuale alla retribuzione assunta a base della determinazione del
T.F.R. e tale contributo puo'  ricadere anche su elementi particolari
della  predetta  retribuzione   oppure  essere  individuato  mediante
destinazione integrale di alcuni di questi elementi al fondo.
  La  medesima disposizione  prevede  altresi' che  per i  lavoratori
autonomi ed i  liberi professionisti il contributo  viene definito in
misura  percentuale  del  reddito  d'impresa  o  di  lavoro  autonomo
dichiarato  ai fini  dell'imposta sul  reddito delle  persone fisiche
relativo  al   periodo  d'imposta  precedente,  mentre   per  i  soci
lavoratori di  cooperative di  produzione e  lavoro il  contributo e'
definito in una percentuale degli  imponibili considerati ai fini dei
contributi previdenziali obbligatori.
  Il  provvedimento   in  esame   esclude  comunque  ogni   forma  di
destinazione  obbligatoria del  T.F.R.  al  finanziamento del  fondo,
salvo che per gli assunti di  prima occupazione in data successiva al
28  aprile  1993:  all'autonomia  negoziale  delle  parti  e'  stata,
infatti, attribuita la facolta' di destinare al fondo anche una quota
dell'accantonamento annuale al T.F.R. In  tal caso, le predette fonti
istitutive determinano  la misura  della conseguente  riduzione della
quota degli accantonamenti annuali al trattamento di fine rapporto.
  Come gia' anticipato, per i lavoratori di prima occupazione assunti
in  data successiva  al 28  aprile 1993,  il comma  3 dell'art.  8 in
commento ha previsto l'integrale destinazione al fondo pensione degli
accantonamenti  annuali  al  T.F.R.,  posteriori  all'iscrizione  dei
lavoratori ai  fondi medesimi. Le stesse  fonti istitutive provvedono
altresi' a  fissare le  quote di  contributi a  carico del  datore di
lavoro e del lavoratore.
  Al riguardo, tuttavia, l'art. 8, comma 2, della citata legge n. 335
del 1995  ha previsto la  sospensione, per i quattro  anni successivi
alla data di entrata in  vigore della medesima legge, dell'obbligo di
destinare integralmente al fondo  pensione gli accantonamenti annuali
al  T.F.R.  nel caso  che  si  tratti di  imprese  con  un numero  di
dipendenti non superiore a 25.
  Inoltre, occorre tener  presente che il comma 25  dell'art. 3 della
medesima legge n.  335 del 1995 ha stabilito -  in deroga al disposto
dell'art. 8,  comma 2, del  decreto legislativo  in oggetto -  che le
forme  pensionistiche  gia'  istituite  alla  predetta  data  del  15
novembre 1992 (data di entrata in vigore della citata legge delega n.
421 del 1992)  possono continuare a prevedere  forme di contribuzione
in  cifra  fissa (piuttosto  che  in  percentuale della  retribuzione
assunta a base della determinazione  del T.F.R.), fermi restando, per
i soggetti iscritti successivamente al  28 aprile 1993, le condizioni
e  i  limiti alle  agevolazioni  fiscali  previste dall'art.  13  del
decreto  legislativo n.  124 del  1993 e  successive modificazioni  e
integrazioni.
  Le  disposizioni contenute  nell'art.  8 in  commento,  in tema  di
determinazione  del  contributo  complessivo da  destinare  al  fondo
pensione, non  si applicano  - ai  sensi dell'art.  18, comma  7, del
suddetto decreto legislativo - ai soggetti iscritti al 28 aprile 1993
alle forme pensionistiche complementari gia' istituite al 15 novembre
1992 (cosiddetti "vecchi iscritti a vecchi fondi"). Cio' tuttavia non
sta  a significare  che a  detti soggetti  sia impedito  di applicare
facoltativamente  tale nuova  disciplina, prevedendo  la destinazione
alle predette forme degli accantonamenti annuali al T.F.R. o di parte
di essi.
 5. Regime tributario dei contributi.
  5.1. Contributi dei lavoratori dipendenti.
  L'art.  11,  comma  1,  della  legge 8  agosto  1995,  n.  335,  ha
sostituito l'art. 13 del decreto  legislativo 21 aprile 1993, n. 124,
innovando profondamente  il previgente regime fiscale  dei contributi
previsto dall'art.  13, comma 3,  del decreto legislativo n.  124 del
1993, come modificato  dall'art. 3, comma 1,  del decreto legislativo
n. 585 del 1993.
  Com'e' noto,  ai sensi  della originaria formulazione  dell'art. 13
del  provvedimento  in esame,  i  contributi  versati dal  lavoratore
dipendente ad  enti o casse aventi  esclusivamente fine previdenziale
concorrevano a formare il reddito di lavoro dipendente e per essi era
riconosciuta  soltanto la  detrazione d'imposta  di cui  all'art. 13-
bis,  comma  1,  lettera  f),   del  Tuir;  il  limite  ivi  previsto
(comprensivo  anche dei  premi  assicurativi sulla  vita, contro  gli
infortuni e  gli altri  contributi previdenziali non  obbligatori per
legge) era stato elevato da L. 2.500.000 a L. 3.000.000, a condizione
che un importo pari all'incremento fosse destinato al fondo pensione.
  La nuova  disciplina contenuta nell'art.  48, comma 2,  lettera a),
del  Tuir,  introdotta  dalla  citata  legge n.  335  del  1995  -  e
recentemente confermata  nel nuovo  testo del  medesimo art.  48 come
modificato dall'art. 3, comma 1,  del decreto legislativo 2 settembre
1997, n.  314 - ha  invece previsto che  non concorrono a  formare il
reddito di lavoro dipendente:
  a)  i   contributi  previdenziali   e  assistenziali   versati  dal
lavoratore   dipendente  (oltre   che  dal   datore  di   lavoro)  in
ottemperanza a disposizioni di legge, senza alcun limite di importo;
  b)  i contributi  di  assistenza sanitaria  versati dal  lavoratore
dipendente (oltre  che dal datore di  lavoro) ad enti o  casse aventi
esclusivamente fine  assistenziale in  conformita' a  disposizioni di
contratto  o di  accordo o  di regolamento  aziendale per  un importo
complessivamente non superiore a L. 7.000.000
  c) i  contributi versati  dal lavoratore alle  forme pensionistiche
complementari di cui al decreto legislativo in oggetto per un importo
non superiore  al 2  per cento  della retribuzione  annua complessiva
assunta come  base per  la determinazione del  T.F.R. e  comunque non
superiore a L. 2.500.000, a condizione che le fonti istitutive di cui
all'art. 3 del decreto medesimo  prevedano la destinazione alle forme
pensionistiche complementari di quote del  T.F.R. per un importo pari
all'ammontare del contributo versato.  Quest'ultima condizione non si
applica,  tuttavia,  qualora  la   fonte  istitutiva  sia  costituita
unicamente da accordi tra  lavoratori promossi da sindacati firmatari
di contratti collettivi nazionali  di lavoro. Per espressa previsione
normativa,  ai fini  del computo  dei suddetti  limiti, non  si tiene
conto  delle quote  del T.F.R.  destinate al  finanziamento di  dette
forme pensionistiche;
  d) i  contributi versati dal  datore di lavoro alle  medesime forme
pensionistiche complementari, senza alcun limite di importo.
  Pertanto,  eventuali contribuzioni  a carico  del datore  di lavoro
superiori ai  predetti limiti del 2  per cento e di  L. 2.500.000 non
costituiscono in ogni  caso reddito per il  lavoratore, pur rimanendo
ferma l'indeducibilita'  dell'eccedenza ai fini  della determinazione
del  reddito  d'impresa,  come  si  precisera'  in  seguito.  Invece,
eventuali contribuzioni a carico del lavoratore superiori ai suddetti
limiti concorrono  a formare  il reddito  di lavoro  dipendente nella
misura pari all'eccedenza. E' appena  il caso di precisare, peraltro,
che per tale eccedenza non compete neppure la detrazione d'imposta di
cui  all'art. 13-bis,  comma 1,  lettera  f), del  Tuir, relativa  ai
contributi   previdenziali  non   obbligatori   per   legge  e   alle
assicurazioni sulla vita dei contribuenti  e contro gli infortuni. E'
evidente, infatti, che per i contributi per previdenza complementare,
pur trattandosi  comunque di  contributi previdenziali  volontari, il
legislatore  ha  inteso  stabilire  un'autonoma  diversa  e  completa
disciplina.
  Inoltre,  il primo  comma del  novellato  art. 13  prevede che,  in
deroga  al   comma  4   dell'art.  17   del  Tuir,   non  costituisce
anticipazione del  T.F.R., e  non e' quindi  imponibile, la  quota di
accantonamento  annuale al  T.F.R. destinata  a forme  pensionistiche
complementari.
  Cio' premesso,  come precisato anche nella  precedente circolare n.
326/E del  23 dicembre  1997, considerato  che la  nuova formulazione
dell'art.  48,  comma 1,  lettera  a),  del  Tuir ha  introdotto  una
differente disciplina fiscale dei contributi a seconda che gli stessi
siano destinati  a fini assistenziali ovvero  previdenziali, e tenuto
conto che i contributi per assistenza sociale facoltativa versati dal
lavoratore   dipendente   sono   integralmente   imponibili,   appare
necessario che,  ai suddetti  fini, i  fondi "misti"  (che perseguono
entrambe le  cennate finalita') distinguano le  contribuzioni versate
per  la  previdenza   da  quelle  versate  per   l'assistenza  e,  in
quest'ultimo ambito,  separino i contributi per  assistenza sociale e
quelli  per   assistenza  sanitaria.  Tale  soluzione   deriva  dalla
esclusivita'  dello scopo  delle forme  di previdenza  complementare,
stabilita  dall'art. 1  del decreto  legislativo  n. 124  del 1993  e
confermata dall'art. 3, comma 1, lettera d), del decreto del Ministro
del lavoro n. 211 del 14 gennaio 1997.
  A tale  riguardo si  ribadisce quanto gia'  espresso con  la citata
circolare  n.  326/E  in  merito  alla  distinzione  tra  "assistenza
sociale" e  "assistenza sanitaria"  e cioe' che  l'assistenza sociale
risponde  a  finalita'   fondate  esclusivamente  sulla  solidarieta'
collettiva verso soggetti che versano in uno stato di bisogno, mentre
l'assistenza sanitaria si rivolge alla  cura della malattia, anche se
determinata da infortunio, e al ristoro delle spese affrontate per il
recupero della salute compromessa da malattia o da infortunio.
  Si  fa presente,  infine, che  il decreto  legislativo 14  dicembre
1995, n. 579  - richiamato anche nel nuovo testo  dell'art. 48, comma
1, lettera  a), del Tuir -  ha disciplinato il trattamento  fiscale e
contributivo  della parte  eccedente  l'importo  del massimale  annuo
della base contributiva  e pensionabile di cui all'art.  2, comma 18,
della legge n.  335 del 1995, destinata al  finanziamento delle forme
pensionistiche complementari disciplinate  dal decreto legislativo n.
124 del 1993.
  L'importo del suddetto massimale annuo - inizialmente fissato in L.
132.000.000 - per il 1997 e'  stabilito in L. 137.148.000 per effetto
della rivalutazione sulla base dell'indice  dei prezzi al consumo per
le  famiglie  di  operai   e  impiegati  calcolato  dall'ISTAT  (cfr.
circolare INPS n. 23 del 30 gennaio 1997) e per il 1998 e' fissato in
L. 139.480.000 (cfr. circolare INPS n. 72 del 1 aprile 1998).
  L'art. 1, comma 2, del citato  decreto n. 579 del 1995 ha stabilito
che  i contributi  eccedenti i  limiti percentuali  di importo  della
contribuzione a  fondi pensione previsti  dall'art. 13, commi 2  e 3,
del decreto  legislativo n. 124  del 1993, versati ai  fondi pensione
dai  datori  di  lavoro  e   dai  lavoratori  appartenenti  a  regimi
pensionistici precedentemente  privi di massimale  contributivo, sono
deducibili in misura  complessivamente non superiore al  10 per cento
del  reddito  annuo  eccedente   il  predetto  massimale  della  base
contributiva  e,  comunque,  per  un ammontare  non  superiore  a  L.
16.800.000,  rivalutabile  con gli  stessi  criteri  previsti per  il
medesimo massimale. Conseguentemente, per il 1997 tale limite e' pari
a L. 17.455.200 e per il 1998 a L. 17.751.938.
  I  successivi commi  dell'articolo in  esame indicano,  inoltre, le
condizioni per la deduzione di  detti contributi per i lavoratori che
hanno  esercitato  l'opzione per  il  sistema  contributivo ai  sensi
dell'art.  1, comma  23, della  legge n.  335 del  1995 e  fissano la
misura della deduzione  a favore del datore di lavoro  per il caso in
cui il  versamento dei  contributi stessi superi  complessivamente la
predetta misura del 10 per cento.
   5.2. Contributi dei lavoratori soci delle cooperative.
  L'art. 48-bis del  Tuir, inserito dall'art. 4, comma  1, del citato
decreto  legislativo n.  314  del 1997,  disciplina  le modalita'  di
determinazione dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e
stabilisce  che si  applicano tutte  le disposizioni  previste per  i
redditi  di lavoro  dipendente  contenute nell'art.  48 dello  stesso
Tuir,  salvo quanto  espressamente specificato.  Tra le  deroghe, una
riguarda la determinazione  del reddito di cui all'art.  47, comma 1,
lettera a), del  Tuir che assimila ai redditi di  lavoro dipendente i
compensi percepiti, entro i limiti dei salari correnti maggiorati del
20 per cento,  dai lavoratori soci delle cooperative  di produzione e
lavoro, a  condizione che  la cooperativa  sia iscritta  nel registro
prefettizio o  nello schedario  generale della cooperazione,  che nel
suo statuto siano indicati  inderogabilmente i principi di mutualita'
stabiliti  dalla  legge  e  che tali  principi  siano  effettivamente
osservati.  In particolare,  la lettera  a) dell'art.  48-bis riporta
quanto inizialmente previsto  dall'art. 13, comma 3,  lettera b), del
decreto  legislativo  n. 124  del  1993.  Dispone, infatti,  che  non
concorrono a formare il reddito  i contributi versati, dai lavoratori
soci  o dalle  cooperative, alle  forme pensionistiche  complementari
previste  dal  medesimo  decreto  legislativo n.  124  del  1993.  La
deduzione e'  ammessa per  un importo  non superiore  al 6  per cento
dell'imponibile rilevante  ai fini della  contribuzione previdenziale
obbligatoria  e,  comunque,  per  un   importo  non  superiore  a  L.
5.000.000.
  5.3. Contributi dei lavoratori autonomi e liberi professionisti.
  Il comma 4 del novellato art. 13 del decreto legislativo in oggetto
ha aggiunto all'art.  10, comma 1, del Tuir la  lettera ebis) al fine
di consentire che dal reddito complessivo dei liberi professionisti e
dei  lavoratori  autonomi (ivi  compresi  i  titolari di  redditi  di
impresa)  possano essere  dedotti i  contributi dagli  stessi versati
alle predette forme pensionistiche complementari. La deducibilita' e'
ammessa per  un importo non superiore  al 6 per cento  del reddito di
lavoro autonomo  o d'impresa  dichiarato e  non puo'  essere comunque
superiore   a  L.   5.000.000.   Di   tale  disposizione,   peraltro,
l'Amministrazione  finanziaria  ha  tenuto conto  a  decorrere  dalle
dichiarazioni dei redditi relative all'anno 1995.
  5.4. Contributi del datore di lavoro.
  Ai  sensi del  comma  2  dell'art. 13  del  decreto legislativo  in
oggetto,  i contributi  versati dal  datore di  lavoro alle  predette
forme  pensionistiche complementari  sono deducibili,  ai fini  della
determinazione del  reddito d'impresa, per un  importo non superiore,
per  ciascun dipendente,  al  2 per  cento  della retribuzione  annua
complessiva  assunta come  base per  la determinazione  del T.F.R.  e
comunque  non superiore  a L.  2.500.000, a  condizione che  le fonti
istitutive  prevedano  la   destinazione  alle  forme  pensionistiche
complementari di quote  del T.F.R. per un  importo pari all'ammontare
del  contributo  erogato.  Il  superamento  dei  limiti  quantitativi
comporta  l'indeducibilita'  della   parte  eccedente.  Per  espressa
previsione normativa non si tiene conto delle quote annuali di T.F.R.
destinate al finanziamento delle forme pensionistiche in esame.
  Considerato che l'utilizzo delle quote annuali di accantonamento al
T.F.R. determina una riduzione dell'autofinanziamento per i datori di
lavoro,  con  eventuali  costi  aggiuntivi di  reperimento  di  fonti
esterne, il comma 6 dell'art. 13 ha previsto la deducibilita' ai fini
della  determinazione  del  reddito  d'impresa,  di  un  importo  non
superiore al  3 per  cento delle quote  di accantonamento  annuale al
T.F.R. destinate a forme  pensionistiche complementari. Tale importo,
accantonato in un apposita riserva di utili in sospensione d'imposta,
designata con riferimento al decreto legislativo in oggetto, concorre
a  formare  il reddito  nell'esercizio  e  nella  misura in  cui  sia
utilizzato   per   scopi   diversi   dalla   copertura   di   perdite
dell'esercizio.  Nel  caso di  passaggio  a  capitale della  predetta
riserva si applica l'art. 44, comma 2, del Tuir e qualora l'esercizio
si sia  chiuso in perdita  la deduzione puo' essere  effettuata negli
esercizi  successivi, ma  non  oltre il  quinto,  fino a  concorrenza
dell'ammontare complessivamente maturato.
  5.5. Decorrenza delle nuove disposizioni relative ai contributi.
  La legge 8 agosto  1995, n. 335, e' entrata in  vigore il 17 agosto
1995  -  giorno  successivo  alla sua  pubblicazione  nella  Gazzetta
Ufficiale  - ma  non ha  fissato specifiche  decorrenze in  merito al
nuovo regime fiscale dei contributi in questione.
  Al  riguardo,  come specificato  nella  circolare  n. 46/E  del  22
febbraio 1996,  rispettando il  principio di unitarieta'  del periodo
d'imposta,   si  deve   ritenere  che   tale  regime   abbia  trovato
applicazione dal 1 gennaio 1995 (coerentemente sono stati predisposti
i  modelli  di dichiarazione  dei  redditi  e le  certificazioni  dei
redditi  di  lavoro dipendente  e  assimilati  del periodo  d'imposta
1995).  Tale  scelta  interpretativa  e' suffragata  dal  parere  del
Consiglio di Stato n. 202 del 1996, prot. n. 1084 del 19 aprile 1996.
  5.6. Regime transitorio.
  L'art. 18,  comma 7,  del decreto  legislativo n.  124 del  1993 ha
previsto  che per  i destinatari  iscritti  alla data  di entrata  in
vigore del decreto medesimo  alle forme pensionistiche gia' istituite
al 15  novembre 1992  - forme  che possono  qui essere  definite come
"vecchi fondi" - non si applicano le disposizioni di cui ai commi 2 e
3  dell'art.   13  dello   stesso  decreto,  continuando   a  trovare
applicazione  le disposizioni  di  legge vigenti  fino  alla data  di
entrata  in vigore  dello stesso  provvedimento e  cioe' soltanto  la
parte dell'art. 48,  comma 2, lettera a), del Tuir  relativa alla non
concorrenza alla  formazione del  reddito di lavoro  dipendente degli
importi versati a titolo di contribuzione previdenziale.
  In tal modo si e' voluto evitare che la nuova disciplina andasse ad
incidere negativamente  sulle forme  di finanziamento adottate  per i
"vecchi iscritti", per tali intendendosi  quelli che alla data del 28
aprile 1993 erano destinatari di  prestazioni di tipo previdenziale a
carico dei "vecchi fondi". Al riguardo - come anticipato dalla citata
circolare  ministeriale n.  326/E -  si precisa  che la  qualifica di
"vecchio  iscritto" viene  conservata anche  dal soggetto  iscritto a
tale  data che  ha  successivamente trasferito  la propria  posizione
previdenziale in altri fondi, a  condizione che non si sia verificato
il riscatto.
  Per espressa previsione dell'art. 18, comma 8, del medesimo decreto
legislativo n.  124 del  1993, analoga deroga  non e'  applicabile ai
"nuovi  iscritti" ai  "vecchi  fondi",  cioe' a  coloro  che si  sono
iscritti  dopo  il  28  aprile  1993   o  che  a  tale  data  avevano
semplicemente maturato  il diritto a partecipare  alle predette forme
pensionistiche.
 6. Regime tributario delle prestazioni.
  Prima di affrontare lo specifico argomento del regime fiscale delle
prestazioni e' opportuno illustrare, sia  pure in estrema sintesi, la
nuova disciplina  dei requisiti di accesso  alle prestazioni prevista
nell'art. 7 del decreto legislativo n. 124 del 1993, il quale traccia
le regole  che le  fonti istitutive devono  osservare nel  definire i
requisiti  di  accesso  alle  forme  pensionistiche,  nonche'  quella
contenuta  negli   articoli  6  e  10   del  medesimo  provvedimento,
riguardante,  rispettivamente,  il  regime delle  prestazioni  e  dei
modelli  gestionali  e  la  disciplina  della  permanenza  nel  fondo
pensione e della cessazione dei requisiti della partecipazione.
  Secondo quanto  stabilito dal predetto  art. 7, le  prestazioni dei
fondi pensione possono consistere  nella erogazione di un trattamento
periodico oppure di una somma "una tantum".
  Infatti, nell'art. 7, commi 2 e 3, e' stato espressamente stabilito
che:
  1) le prestazioni pensionistiche per vecchiaia sono consentite solo
al compimento dell'eta' pensionabile,  cosi' come previsto nel regime
obbligatorio   di   appartenenza,   purche'  il   beneficiano   abbia
partecipato al finanziamento del fondo  pensione con almeno 5 anni di
contribuzione;
  2)  le prestazioni  pensionistiche per  anzianita' sono  consentite
solo nel caso di  cessazione dell'attivita' lavorativa comportante la
partecipazione  al  fondo  pensione,  purche'  il  beneficiano  abbia
partecipato a finanziare il fondo pensione con non meno di 15 anni di
contribuzione  e sempreche'  detto beneficiano  abbia un'eta'  di non
piu' di 10  anni inferiore a quella prevista  dal regime obbligatorio
di appartenenza per  fruire della pensione di vecchiaia.  In deroga a
tali  requisiti  e  condizioni,   le  fonti  istitutive  delle  forme
pensionistiche  complementari possono  consentire al  lavoratore, che
non   possegga  per   intero  i   predetti  requisiti,   di  accedere
gradualmente    alle    prestazioni   previdenziali    in    funzione
dell'anzianita' maturata.
  L'entita'  delle   prestazioni  erogate   dal  fondo   pensione  e'
determinata - ai sensi del comma 5 del medesimo art. 7 - dalle scelte
statutarie e  contrattuali effettuate all'atto della  costituzione di
ciascun fondo, secondo criteri  di corrispettivita' ed in conformita'
al  principio della  capitalizzazione, in  base al  quale l'ammontare
delle  prestazioni   erogate  dal  fondo  dipende   dall'entita'  dei
versamenti effettuati, dai  criteri con i quali  sono state investite
le disponibilita' e dal rendimento dei relativi investimenti.
  Il  comma 4  dell'art. 7  in commento  consente al  lavoratore, che
abbia partecipato al finanziamento del fondo pensione con non meno di
8 anni di  contribuzione consistente in quote di  trattamento di fine
rapporto, di  conseguire, nei  limiti e  secondo le  previsioni delle
fonti  costitutive, un'anticipazione  in  misura  non superiore  alla
quota    della     sua    posizione     individuale    corrispondente
all'accumulazione delle quote del T.F.R. di sua pertinenza.
  Il comma 6, lett. a), del  medesimo art. 7 stabilisce che le stesse
fonti  costitutive  possono  prevedere,  altresi',  la  facolta'  del
titolare del  diritto di  chiedere la liquidazione  della prestazione
pensionistica  complementare  sotto  forma di  capitale,  secondo  il
valore attuale,  per un importo non  superiore al 50 per  cento della
prestazione maturata alla data della richiesta.
  Inoltre, il comma 3 dell'art.  6 prevede la possibilita' di erogare
prestazioni   correlate   all'ipotesi    dell'invalidita'   e   della
premorienza, mentre  il comma  1, lett. c),  dell'art. 10  prevede il
riscatto  della posizione  individuale per  l'ipotesi in  cui vengano
meno  i  requisiti  della  partecipazione  alla  forma  pensionistica
complementare,  stabilendo  che  lo  statuto del  fondo  pensione  ne
disciplini  le misure,  le modalita'  e  i termini  di esercizio  del
relativo diritto.
  Per espressa  previsione dell'art. 18,  comma 7, primo  periodo, di
detto  decreto legislativo,  le suddette  norme non  si applicano  ai
vecchi iscritti ai vecchi fondi.
  Riepilogando, le prestazioni che il  fondo pensione puo' erogare in
base  alle   disposizioni  sopra  richiamate  possono   essere  cosi'
riassunte:
  prestazioni consistenti  in trattamenti periodici per  anzianita' o
vecchiaia (art. 7, commi 2 e 3);
  prestazioni in forma di capitale (art. 7, comma 6, lett. a);
   anticipazioni (art. 7, comma 4);
  prestazioni per invalidita' e premorienza (art. 6, comma 3);
  riscatti (art. 10, comma 1, lett. c).
  Cio' premesso, vengono ora prese in esame le disposizioni dell'art.
13  del  provvedimento  in  oggetto  onde  precisare  il  trattamento
tributario   delle  prestazioni   previdenziali  erogate   dal  fondo
pensione.
  6.1. Prestazioni erogate in forma di trattamento periodico.
  Integrando  la  previgente  disciplina,  l'art. 13,  comma  7,  del
provvedimento  in oggetto,  come  modificato dall'art.  11, comma  1,
della legge n. 335 del 1995,  ha introdotto nell'art. 47 del Tuir una
nuova ipotesi  reddituale, costituita dalla lettera  hbis), avente ad
oggetto  "le prestazioni  comunque  erogate in  forma di  trattamento
periodico" ai sensi del decreto legislativo in oggetto.
  La nuova  previsione reddituale si  colloca, quindi, tra  i redditi
assimilati a quelli di lavoro dipendente. Contestualmente, l'art. 13,
comma 8,  dello stesso provvedimento  ha introdotto nell'art.  48 del
Tuir un  nuovo comma  (comma 7-bis),  il cui  contenuto e'  stato poi
trasferito nell'art. 48-bis, comma 1,  lettera d), in forza del quale
tali  prestazioni periodiche  costituiscono reddito  per l'87,50  per
cento dell'ammontare corrisposto.
  Il medesimo  trattamento tributario si  applica in capo  agli eredi
nel caso di reversibilita' delle predette prestazioni periodiche.
  6.1.1.   Decorrenza   della   nuova  disposizione   relativa   alle
prestazioni periodiche.
  La legge  8 agosto 1995,  n. 335, nell'introdurre nell'art.  47 del
testo  unico   delle  imposte  sui  redditi   la  nuova  disposizione
contraddistinta dalla  lettera hbis),  non ha  previsto una  norma di
carattere transitorio con la quale  disciplinare gli effetti di detta
disposizione.
  Considerato che  bisogna far  riferimento alla  data di  entrata in
vigore stabilita dall'art.  17 della citata legge, si  ritiene che la
nuova  disciplina si  applichi alle  prestazioni periodiche  comunque
erogate, sia  ai nuovi  che ai  vecchi iscritti,  a decorrere  dal 17
agosto 1995.
  6.1.2. L'evoluzione normativa.
  Il successivo decreto legislativo 2  settembre 1997, n. 314, non e'
intervenuto sulla specifica lettera hbis del comma 1 dell'art. 47 del
Tuir. Pertanto,  le prestazioni  periodiche ivi previste  sono sempre
qualificate come redditi assimilati a  quelli di lavoro dipendente e,
come  gia' accennato,  la  previsione contenuta  nell'art. 48,  comma
7-bis, e' stata trasferita nel nuovo art. 48-bis, al comma 1, lettera
d), dove si precisa che, in deroga al criterio generale fissato nella
prima parte dello  stesso articolo, per le  prestazioni periodiche in
questione non si  applicano le disposizioni contenute  nell'art. 48 e
le stesse costituiscono reddito  per l'87,50 per cento dell'ammontare
lordo   corrisposto.   Va   peraltro   osservato   che   l'esclusione
dell'applicabilita'  delle disposizioni  contenute  nell'art. 48  del
Tuir va riferita soltanto  all'ammontare da assoggettare a tassazione
che, come gia'  precisato e' pari all'87,50  per cento dell'ammontare
lordo corrisposto. Si  ritiene, quindi, che anche  con riferimento ai
trattamenti periodici sia applicabile il criterio in base al quale si
considerano   percepiti  nell'anno   precedente,  se   a  questo   si
riferiscono,  anche le  somme e  i valori  percepiti entro  il 12  di
gennaio dell'anno successivo.
  Va inoltre evidenziato che  a tali prestazioni periodiche competono
le detrazioni di cui all'art. 13  del Tuir - attribuibili a richiesta
dell'interessato  - in  quanto  le  stesse non  sono  comprese tra  i
redditi per i quali il  comma 3 dell'art. 47 stabilisce espressamente
che l'assimilazione ai  redditi di lavoro dipendente  non comporta la
possibilita' di attribuire le detrazioni in parola.
  Si deve infine precisare che, per effetto delle modifiche apportate
dall'art. 5,  comma 1, lettera  c), del citato decreto  legislativo 2
settembre 1997, n.  314, all'art. 16, comma 1, lettera  b), del Tuir,
alle  prestazioni  in rassegna  e'  applicabile,  a decorrere  dal  1
gennaio 1998  e in  presenza delle  condizioni previste  dalla stessa
lettera  b)  dell'art. 16,  il  particolare  regime della  tassazione
separata, come  gia' chiarito  con la citata  circolare n.  326/E del
1997.
  Si ricorda, inoltre, che  trattandosi di redditi imputabili secondo
il criterio  di cassa, ai  sensi dell'art. 7,  comma 3, del  Tuir, in
caso  di morte  dell'avente diritto  alla prestazione,  i trattamenti
periodici corrisposti  agli eredi, determinati a  norma dell'art. 48-
bis  del Tuir,  sono assoggettati  a  tassazione separata  in capo  a
questi ultimi.  In tale  ipotesi l'aliquota  si determina  secondo le
disposizioni  contenute nei  commi 2  e 3  dell'art. 18  del medesimo
testo unico.
  Al  riguardo,  e'  opportuno  ricordare che,  come  chiarito  nella
circolare  n.  3/E  del  9  gennaio  1998,  sui  redditi  soggetti  a
tassazione separata  non e' dovuta l'addizionale  regionale all'Irpef
di cui all'art. 50 del decreto  legislativo 15 dicembre 1997, n. 446,
ne' in autotassazione ne' in  sede di tassazione alla fonte. Inoltre,
ai sensi dell'art. 66, comma 2, del citato decreto legislativo n. 446
del 1997,  per gli  emolumenti arretrati di  lavoro dipendente  e per
quelli  a  questi  assimilati  corrisposti agli  eredi  degli  aventi
diritto, la revisione degli scaglioni  e delle aliquote dell'Irpef di
cui  all'art. 46  del  medesimo decreto  legislativo  ha effetto  dai
periodi d'imposta che hanno inizio dopo il 31 dicembre 1999.
  6.1.3. L'applicazione delle ritenute d'acconto.
  Per  quanto riguarda  l'assoggettamento  a  tassazione alla  fonte,
l'art. 1 comma 6, lettera a),  del decreto-legge 31 dicembre 1996, n.
669, convertito dalla legge 28 febbraio  1997, n. 30, ha integrato le
norme  concernenti l'applicazione  delle ritenute  alla fonte,  e, in
particolare, l'art. 24 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973,  n. 600, prevedendo  che per le  suddette prestazioni
valgono le  disposizioni di  cui al precedente  art. 23  dello stesso
decreto del  Presidente della  Repubblica oltre  a confermare  che la
ritenuta  su dette  prestazioni  e' commisurata  all'87,50 per  cento
dell'ammontare corrisposto.
  Successivamente, il citato decreto legislativo n. 314 del 1997, con
l'art. 7,  comma 1, lettera  e), ha  sostituito il predetto  art. 24.
Nella nuova formulazione e' ora stabilito che i soggetti dell'art. 23
del  decreto del  Presidente della  Repubblica n.  600 del  1973, che
corrispondono  redditi  assimilati  a quelli  di  lavoro  dipendente,
devono operare  all'atto del pagamento,  con obbligo di  rivalsa, una
ritenuta  di  acconto  sulla   parte  imponibile  di  detti  redditi,
determinata  a  norma  dell'art.  48-bis   del  Tuir  (cioe',  per  i
trattamenti periodici  in esame, sull'87,50 per  cento dell'ammontare
lordo  corrisposto).  Qualora la  ritenuta  da  operare sui  predetti
redditi  non trovi  capienza, in  tutto o  in parte,  sui contestuali
pagamenti in denaro, o in assenza  di questi ultimi, il sostituito e'
tenuto a versare al  sostituto l'importo corrispondente all'ammontare
della  ritenuta.  Si  applicano,  in  quanto  compatibili,  tutte  le
disposizioni dell'art. 23 del decreto del Presidente della Repubblica
n. 600 del 1973.
  Il contenuto  del nuovo  art. 24 del  decreto del  Presidente della
Repubblica n. 600 del 1973 e' stato illustrato nella citata circolare
n.  326/E  del 1997  cui  si  rinvia  per gli  approfondimenti  circa
l'applicazione della ritenuta d'acconto sui trattamenti periodici nei
diversi periodi  di paga,  le modalita' per  l'eventuale attribuzione
delle detrazioni  per carichi  di famiglia  e per  lavoro dipendente,
nonche'  per  l'effettuazione  del  conguaglio di  fine  anno  o,  se
antecedente, alla  cessazione del rapporto. Ai  chiarimenti contenuti
nella  circolare  n.  3/E  del  1998 si  rinvia,  invece,  in  merito
all'applicazione della menzionata addizionale regionale all'Irpef.
  In questa sede  e', invece, opportuno ribadire  quanto precisato in
linea generale con la stessa circolare  n. 326/E del 1997 a proposito
del sostituto  d'imposta tenuto ad effettuare  la ritenuta d'acconto.
Nella  citata circolare  e' stato  chiarito che  i soggetti  elencati
nell'art. 23 del  decreto del Presidente della Repubblica  n. 600 del
1973 sono tenuti  ad effettuare le ritenute d'acconto  ogni volta che
corrispondono somme  o valori  determinati a  norma dell'art.  48 del
Tuir ed anche se il percipiente non riveste la qualifica di "proprio"
dipendente  o pensionato.  Inoltre,  e' stato  chiarito che,  poiche'
costituiscono redditi di lavoro dipendente  non soltanto le somme e i
valori che  il datore  di lavoro  corrisponde direttamente,  ma anche
quelli  che  in relazione  al  rapporto  di  lavoro sono  erogate  da
soggetti  terzi, ne  discende che  il  datore di  lavoro -  sostituto
d'imposta e' tenuto ad effettuare le ritenute a titolo di acconto con
riferimento a tutte le somme e  i valori che il dipendente percepisce
in relazione  al rapporto  di lavoro intrattenuto  con lui,  anche se
taluni di queste somme e valori sono erogate da altri in virtu' di un
qualunque  collegamento  esistente   con  quest'ultimo  (ad  esempio,
diritto ad ottenerli  da terzi, accordo o  convenzione, stipulato dal
datore  di lavoro  con un  terzo).  Nella stessa  circolare e'  stato
altresi' chiarito che, in questa ipotesi, tra il datore di lavoro, il
terzo  erogatore e  il dipendente  sara' obbligatorio  un sistema  di
comunicazione che consenta di assoggettare correttamente a tassazione
alla  fonte  il reddito.  Inoltre,  a  titolo  di esempio,  e'  stato
prospettato il caso  del datore di lavoro che stipula  un accordo con
un istituto  di credito affinche'  vengano concessi prestiti  a tassi
agevolati ai propri dipendenti, con o senza oneri a carico del datore
di lavoro  e si  e' concluso  per l'obbligo del  datore di  lavoro di
applicare  la  ritenuta  d'acconto  sul  corrispondente  compenso  in
natura, liberando  contestualmente la banca dal  medesimo obbligo. In
senso analogo si e' disposto per l'ipotesi di distacco del dipendente
presso  un altro  datore di  lavoro nel  caso in  cui alcune  somme e
valori siano corrisposti dal datore di lavoro distaccante e altri dal
datore di lavoro presso cui e' stato distaccato il dipendente.
  Quanto  sopra premesso,  tenuto conto  che i  trattamenti periodici
costituiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, per i
quali, a  norma del comma 1  dell'art. 48-bis del Tuir,  si applicano
tutte le  disposizioni dell'art.  48 (anche se  per i  trattamenti in
questione  e'   poi  prevista  una  speciale   riduzione  della  base
imponibile), che  per l'effettuazione  delle ritenute  d'acconto come
gia' precisato, l'art. 24 del decreto del Presidente della Repubblica
n. 600  del 1973  prevede l'applicabilita'  di tutte  le disposizioni
contenute nell'art. 23 dello stesso decreto e che proprio tale ultima
disposizione  contiene l'elencazione  dei  soggetti  che assumono  la
qualifica di  sostituti d'imposta, ne consegue  che l'inquadramento e
la disciplina  di tale figura  dettata con riferimento ai  redditi di
lavoro  dipendente  si rende  applicabile  anche  a tutti  i  redditi
assimilati a quelli di  lavoro dipendente. Pertanto, relativamente ai
trattamenti  periodici  il  fondo  pensione assume  la  qualifica  di
sostituto  d'imposta,  indipendentemente  dalla forma  prescelta  per
l'erogazione  della prestazione,  direttamente  o  tramite terzi,  ad
esempio tramite  forme assicurative.  In questa ipotesi,  infatti, la
stipula del contratto di  assicurazione crea un rapporto obbligatorio
tra fondo  pensione e  impresa assicuratrice e,  conseguentemente, un
rapporto obbligatorio tra impresa assicuratrice e avente diritto alla
prestazione. Per effetto della  stipula del contratto quest'ultimo ha
diritto di pretendere l'erogazione  della prestazione dall'impresa di
assicurazione, diritto che non sarebbe sorto se il fondo pensione non
avesse  posto in  essere il  collegamento  con il  soggetto terzo  e,
cioe',  con l'impresa  assicuratrice. In  applicazione dei  suesposti
principi, quindi, il fondo pensione rimane obbligato ad effettuare le
ritenute   di   acconto   sui   trattamenti   periodici   corrisposti
dall'impresa assicuratrice.
  Tenuto  conto delle  incertezze interpretative  manifestatesi prima
dell'entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 314 del 1997
relativamente a questo  aspetto, e' possibile che  siano stati tenuti
comportamenti  difformi.  Pertanto, nel  presupposto  che  non si  e'
verificato alcun pregiudizio per l'erario  in quanto le ritenute sono
state in ogni  caso versate, ancorche' da soggetto  diverso da quello
cui tale  obbligo incombe,  si ritiene  di convalidare  il menzionato
comportamento  adottato  ove beninteso  il  versamento  da parte  del
soggetto non obbligato  sia stato correttamente eseguito.  A tal fine
gli   interessati   provvederanno   mediante   i   necessari   scambi
d'informazioni   per   consentire   l'indicazione   dei   trattamenti
corrisposti  e delle  ritenute  gia' versate  nella dichiarazione  di
sostituto d'imposta del fondo pensione.
  Va, infine, ricordato che la citata circolare n. 326/E del 1997, ha
illustrato  la  disposizione  contenuta nell'art.  8  del  richiamato
decreto legislativo  n. 314 del  1997, concernente il  casellario dei
trattamenti pensionistici,  la cui disciplina e'  stata integrata con
le   disposizioni   fiscali   necessarie   a   consentire   l'esonero
dall'obbligo  di presentazione  della dichiarazione  dei redditi  dei
possessori  di due  o  piu' trattamenti  pensionistici.  A tal  fine,
infatti, a decorrere dal 1  gennaio 1998, sono state introdotte nuove
modalita' di  applicazione delle ritenute di  acconto relativamente a
detti  trattamenti pensionistici.  A tale  proposito, si  ricorda che
nella   predetta  circolare   e'  stato   chiarito  che   nell'ambito
applicativo  della disposizione  contenuta nell'art.  8, in  funzione
della  analoga natura,  sono compresi  anche i  trattamenti periodici
corrisposti  dai  fondi pensione  e  che,  quindi, detti  trattamenti
devono essere gestiti unitamente  ai trattamenti pensionistici veri e
propri,  tenendo  conto  della   riduzione  di  imponibile  per  essi
prevista.
   6.2. Prestazioni erogate in forma di capitale.
  6.2.1.  Prestazioni  erogate  in  forma di  capitale  a  lavoratori
dipendenti.
  Modificando  la  previgente  disciplina  riguardante  l'imposizione
delle altre indennita'  di cui all'art. 16, comma 1,  lettera a), del
Tuir, il comma 9 dell'art. 13 del decreto legislativo 21 aprile 1993,
n. 124  - introdotto dall'art.  11, comma 1,  della legge n.  335 del
1995 - ha stabilito che le prestazioni in forma di capitale (per tali
dovendosi intendere le altre indennita' e somme, diverse dal T.F.R. e
dalle   indennita'  equipollenti,   spettanti   in  occasione   della
cessazione  del rapporto  di  lavoro) e  i  riscatti della  posizione
individuale di  cui all'art.  10, comma 1,  lettera c),  dello stesso
decreto,  erogate a  lavoratori  dipendenti e  a  soci lavoratori  di
cooperative  di  produzione  e   lavoro,  sono  comunque  soggetti  a
tassazione separata ai  sensi dell'art. 16, comma 1,  lettera a), del
Tuir.
  La  medesima disposizione  stabilisce inoltre  l'applicabilita' del
comma 3 dell'art. 16 del Tuir  in base al quale gli uffici provvedono
a  iscrivere a  ruolo le  maggiori  imposte dovute  con le  modalita'
previste nell'art. 17 dello stesso  Tuir ovvero facendo concorrere il
reddito in questione in quello  complessivo. Infatti, i redditi della
specie, essendo corrisposti da un soggetto obbligato ad effettuare le
ritenute d'acconto, non devono mai essere dichiarati poiche', ai fini
della tassazione,  l'Amministrazione finanziaria ritrae i  dati dalle
dichiarazioni presentate dai sostituti d'imposta.
  Ai fini dell'applicazione dell'imposta  sui redditi in questione la
disposizione in  rassegna stabilisce che  le prestazioni in  forma di
capitale "sono imponibili per il loro ammontare netto complessivo con
l'aliquota determinata con  i criteri di cui al comma  1 dell'art. 17
del medesimo testo unico, e successive modificazioni ed integrazioni,
applicando la  riduzione annuale ivi prevista  proporzionalmente alle
quote  di  accantonamento  annuale  al T.F.R.  destinato  alla  forma
pensionistica  complementare  e  l'ammontare della  riduzione  stessa
applicabile al T.F.R. e'  diminuito proporzionalmente al rapporto fra
quota  destinata alla  forma pensionistica  complementare e  quota di
accantonamento".
  La stessa norma prevede, altresi',  l'applicazione dei commi 2, 5 e
6 del medesimo art. 17 del Tuir. In particolare:
  il  comma 2  di  detto articolo  stabilisce  che l'ammontare  netto
imponibile  e'  costituito  dall'importo dell'indennita'  che  eccede
quello complessivo dei contributi  versati dal lavoratore, sempreche'
l'importo dei contributi a carico del lavoratore stesso non ecceda il
4 per  cento dell'importo annuo in  denaro o in natura,  al netto dei
contributi  obbligatori  per  legge,   percepito  in  dipendenza  del
rapporto di lavoro;
  il comma  5 disciplina l'obbligazione tributaria  sui redditi della
specie nei casi di decesso del prestatore di lavoro;
  il  comma  6 si  occupa  dello  scambio  delle informazioni  tra  i
soggetti tenuti  alla corresponsione  delle indennita' e  delle altre
somme in dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro.
  La  norma  in  rassegna  attua   quindi  un  coordinamento  tra  le
disposizioni concernenti il T.F.R. e  le prestazioni erogate in forma
di  capitale,  prevedendo che  la  riduzione  annuale di  L.  500.000
prevista dall'art.  17, comma 1, del  Tuir, - aumentata a  L. 600.000
dall'art. 48, comma  2, del decreto legislativo 15  dicembre 1997, n.
446, con effetto per i periodi  d'imposta che hanno inizio dopo il 31
dicembre 1997  - si applica  anche a tali prestazioni  in proporzione
alle quote di accantonamento annuale  del T.F.R. destinate alla forma
pensionistica complementare.
  Cio' premesso,  per quanto concerne specificamente  le modalita' di
determinazione   dell'aliquota    d'imposta   applicabile    a   tali
prestazioni, attesa la lettera della trascritta disposizione, si deve
fare riferimento al numero degli  anni preso a base di commisurazione
per  la determinazione  del capitale  da erogare,  anche se  maturati
presso fondi diversi e sempreche' nel passaggio da un fondo all'altro
la posizione  individuale del lavoratore  sia stata trasferita  e non
riscattata.
  Tale  aliquota deve  essere  applicata sul  capitale erogato  dalle
forme pensionistiche  complementari al netto della  contribuzione del
lavoratore non eccedente il 4  per cento dell'importo annuo percepito
in dipendenza del  rapporto di lavoro, con esclusione  delle quote di
T.F.R.  destinate  alle   forme  pensionistiche  complementari,  come
stabilito dall'art. 11, comma 2, della legge n. 335 del 1995.
  Considerato che, ai sensi dell'art.  7, comma 6, del citato decreto
legislativo n. 124 del 1993, le fonti istitutive possono prevedere la
facolta'  del   beneficiario  di   chiedere  la   liquidazione  della
prestazione pensionistica complementare in capitale secondo il valore
attuale, per  un importo non  superiore al 50 per  cento dell'importo
maturato, l'ammontare dei contributi versati dal lavoratore - ai fini
della  predetta  esclusione  dall'imponibile fiscale  -  deve  essere
proporzionalmente  ridotto in  base alla  percentuale di  trattamento
erogato  sotto forma  di rendita.  Quindi, nel  caso di  liquidazione
della prestazione in forma di capitale in misura pari al 50 per cento
dell'importo  maturato,  supponendo  che  i  contributi  versati  dal
lavoratore in  esenzione di imposta siano  pari al 2 per  cento della
retribuzione   annua   complessiva   assunta   come   base   per   la
determinazione del T.F.R., l'ammontare netto imponibile e' costituito
dall'importo  della prestazione  che  eccede  quello complessivo  dei
contributi versati dal  lavoratore in misura non  superiore all'1 per
cento della predetta retribuzione.
  Resta  fermo,   naturalmente,  che  qualora  il   lavoratore  abbia
effettuato  versamenti in  misura  superiore  al 2  per  cento -  con
conseguente  tassazione dei  contributi  eccedenti  quale reddito  di
lavoro  dipendente  - in  sede  di  determinazione della  prestazione
imponibile  si deve  tener conto  anche di  detti contributi  ai fini
della predetta esclusione.
  Ad esempio,  ipotizzando il  caso di  un lavoratore  dipendente che
abbia un'anzianita' di lavoro di 35  anni e risulti iscritto al fondo
pensione da 9  anni, che abbia devoluto al fondo  pensione il 100 per
cento delle quote annue di accantonamento al T.F.R. e abbia diritto a
percepire  una  prestazione  pensionistica complementare  pari  a  L.
150.000.000,  di cui  il 50  per cento  (L. 75.000.000)  richiesta in
forma di capitale e un  T.F.R. di 100.000.000, si dovranno effettuare
i seguenti calcoli:
    a) calcolo della prestazione imponibile:
  supponendo  che il  contributo  da dedurre  sia  pari all'1%  della
retribuzione annua e ammonti a lire
  10.000.000, si ha:
            75.000.000 - 10.000.000 = 65.000.000
    b) calcolo del reddito di riferimento:
             65.000.000 x 12 = 86.667.000
             ---------------
                   9
    c) imposta relativa al reddito di riferimento: 27.333.000
    d) calcolo dell'aliquota media:
             27.333.000 x 100 = 31,53%
             ----------------
               86.667.000
    e) calcolo   della   riduzione  proporzionale   alle   quote   di
accantonamento annuale del T.F.R. destinate al fondo pensione:
  la  riduzione  delle quote  di  accantonamento  annuale del  T.F.R.
destinate al fondo pensione va riferita  al 100 per cento al capitale
in  quanto l'intera  quota del  T.F.R.  e' stata  destinata al  fondo
pensione. Complessivamente, si ha:
                    600.000 x 9 = 5.400.000
    f) calcolo dell'imponibile netto:
       65.000.000 - 5.400.000 = 59.600.000
    g) calcolo dell'imposta dovuta sul capitale:
       59.600.000 x 31,53% = 18.792.400
  Ai fini  della liquidazione  del T.F.R.,  si dovranno  effettuare i
seguenti calcoli:
    a) calcolo del reddito di riferimento:
             100.000.000 x 12 = 34.285.714
             ----------------
                    35
    b) imposta relativa al reddito di riferimento: 7.885.000
    c) calcolo dell'aliquota media:
            7.885.000 x 100 = 23%
            ---------------
              34.285.714
    d)   calcolo   della   riduzione      riferibile  alle  quote  di
accantonamento annuale del T.F.R. destinate al fondo pensione:
       600.000 x (35 - 9) = 15.600.000
    e) calcolo dell'imponibile netto:
       100.000.0000 - 15.600.000 = 84.400.000
    f) calcolo dell'imposta dovuta sul T F. R.:
       84.400.000 x 23% = 19.412.000
  L'esclusione dei  contributi versati dal lavoratore  dipendente nei
limiti sopra  richiamati, si  applica - secondo  quanto espressamente
disposto dal citato art.  11, comma 2, della legge n.  335 del 1995 -
anche nel caso in cui  il fondo eroghi "anticipazioni" in conformita'
a quanto  previsto dall'art. 7,  comma 4, del decreto  legislativo n.
124 del 1993.  In tal caso, si ritiene che  l'imposta si applichi con
l'aliquota determinata  a norma  del citato art.  13, comma  9, dello
stesso decreto legislativo n. 124 del 1993 - come dianzi illustrato -
salvo  conguaglio   all'atto  della  liquidazione   definitiva  della
prestazione.
  6.2.2.  Prestazioni  in  forma  di capitale  derivanti  da  polizze
assicurative.
  L'art.  11,  comma 3,  della  citata  legge  n.  335 del  1995,  ha
stabilito che la  disposizione prevista dal comma 4  dell'art. 42 del
Tuir non si applica "in ogni  caso" alle prestazioni erogate in forma
di capitale ai sensi del decreto in oggetto, quale che sia il modello
gestionale adottato dal fondo pensione.
  La citata disposizione  dell'art. 42 del Tuir stabilisce  che per i
capitali  corrisposti in  dipendenza  di  contratti di  assicurazione
sulla vita il reddito e'  costituito dalla differenza tra l'ammontare
del capitale corrisposto  e quello dei premi riscossi,  ridotta del 2
per  cento per  ogni  anno successivo  al decimo  se  il capitale  e'
corrisposto dopo almeno 10 anni dalla conclusione del contratto.
  La  richiamata disciplina  modifica quindi  in modo  sostanziale il
previgente  regime fiscale  dei capitali  percepiti in  dipendenza di
contratti di assicurazione o di capitalizzazione, ai sensi dei rami I
o V  del punto  A della  tabella allegata  al decreto  legislativo 17
marzo 1995,  n. 174, per  i quali l'art.  6 della legge  26 settembre
1985,  n.  482,  prevedeva  l'applicazione della  ritenuta  a  titolo
d'imposta del 12,50  per cento secondo le  modalita' illustrate nella
circolare n. 14 del 17 giugno 1987.
  Pertanto, le predette  somme rimangono definitivamente assoggettate
al  trattamento  previsto  dall'art.  13,  comma  9,  precedentemente
illustrato,  considerato  che  la  nuova disciplina  ha  in  sostanza
stabilito che la componente  di rendimento finanziario ricompresa nel
capitale erogato  assume in  ogni caso natura  di reddito  di' lavoro
dipendente (e  non di  reddito di  capitale) analogamente  alla parte
imponibile costituita dai  contributi versati dal datore  di lavoro e
dal lavoratore al fondo pensione.
  6.2.3.  La  nuova  decorrenza   delle  disposizioni  relative  alle
prestazioni in forma di capitale.
  La suesposta disciplina si applica, in base all'art. 17 della legge
n.  335 del  1995, dal  giorno successivo  a quello  di pubblicazione
della stessa nella Gazzetta Ufficiale  e, quindi, alle prestazioni in
forma di capitale il cui diritto alla percezione e' sorto a decorrere
dal 17 agosto 1995.
  Al  riguardo va  tuttavia  precisato  che l'art.  1,  comma 5,  del
decreto-legge 31  dicembre 1996,  n. 669,  convertito dalla  legge 28
febbraio  1997, n.  30, ha  stabilito che  la disposizione  contenuta
nell'art. 13,  comma 9, del  decreto legislativo  n. 124 del  1993, e
quella contenuta  nell'art. 42,  comma 4,  ultimo periodo,  del Tuir,
introdotta dall'art. 11, comma 3, della legge n. 335 del 1995, devono
intendersi riferite esclusivamente ai destinatari iscritti alle forme
pensionistiche complementari successivamente al 28 aprile 1993.
  In  forza  di tale  disposizione  e'  stato quindi  stabilito,  con
effetto  retroattivo, che  nei confronti  dei soggetti  che risultano
iscritti alle predette forme pensionistiche  entro il 28 aprile 1993,
indipendentemente  dalla  data  in  cui  e'  sorto  il  diritto  alla
percezione,  deve  applicarsi  il  previgente  regime  fiscale  delle
prestazioni erogate in forma di capitale.
  Alla stregua di quanto sopra, ai "vecchi iscritti" deve applicarsi:
  1) alle prestazioni  in forma di capitale, al  netto dei contributi
versati dal lavoratore  in misura non eccedente il 4  per cento della
retribuzione  annua, la  medesima  aliquota applicata  al T.F.R.,  ai
sensi dell'art. 17, comma 2,  del Tuir. Sulle anticipazioni erogate a
tale  titolo  l'imposta si  applica  a  norma  del medesimo  comma  2
dell'art.   17,   salvo   conguaglio  all'atto   della   liquidazione
definitiva, ai sensi dell'art. 17, comma 4, dello stesso testo unico,
nel  testo modificato  dall'art. 5,  comma  1, lett.  d), del  citato
decreto  legislativo n.  314 del  1997; pertanto,  alle anticipazioni
corrisposte a partire  dal 1 gennaio 1998 (data di  entrata in vigore
del  predetto decreto  legislativo  n. 314/97)  non  si applica  piu'
l'aliquota stabilita dall'art. 11 del  Tuir per il primo scaglione di
reddito, ma  si applica, invece, l'aliquota  corrispondente alla base
imponibile espressa  dall'ammontare dell'anticipazione  (non operando
la riduzione annuale di L.  600.000) con gli stessi criteri stabiliti
per il T.F.R. dal primo comma dell'art. 17 del Tuir;
  2) alle prestazioni in forma  di capitale corrisposte in dipendenza
di contratti di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione:
  sulla parte relativa al rendimento,  la ritenuta a titolo d'imposta
del 12,50 per  cento di cui al  citato art. 6 della legge  n. 482 del
1985;
  sull'importo  dei contributi  versati dal  datore di  lavoro e  dal
lavoratore  eccedenti  il  4  per  cento  della  retribuzione  annua,
l'aliquota prevista per la tassazione del T.F.R.
  La ritenuta  d'imposta del  12,50 per  cento deve  essere applicata
sulla parte  relativa al  rendimento anche  in caso  di trasferimento
della posizione previdenziale da un fondo assicurativo ad un fondo di
tipo  diverso (o  ad altro  fondo assicurativo),  con il  conseguente
trasferimento al nuovo fondo:
  a) della parte corrispondente  ai contributi versati dal lavoratore
e dal datore di lavoro, che viene trasferita in neutralita' fiscale;
  b)  della  parte  corrispondente ai  rendimenti  assicurativi  gia'
definitivamente assoggettati ad imposta.
  Ai "nuovi iscritti"  invece, alle prestazioni in  forma di capitale
si deve applicare il trattamento previsto dall'art. 13, commi 9 e 10,
precedentemente  illustrato,  qualunque  sia  il  modello  gestionale
utilizzato dal fondo.
  Da cio' deriva  che, con riferimento a tali  soggetti, la compagnia
di assicurazione deve astenersi  dall'effettuare la ritenuta a titolo
d'imposta  del  12,50  per  cento all'atto  del  trasferimento  della
provvista al fondo, il quale  deve assoggettare le somme a tassazione
separata secondo quanto previsto dal citato art. 13.
  Analogo  comportamento  deve  essere   tenuto  dalla  compagnia  di
assicurazione nel caso di  passaggio della posizione previdenziale da
un fondo assicurativo ad un altro fondo.
  6.2.4. Casi particolari.
  Posto che per i capitali corrisposti a "vecchi iscritti" si applica
la stessa aliquota del T.F.R., si pongono alcuni problemi allorquando
le fonti istitutive prevedano l'utilizzo del T.F.R. per finanziare la
previdenza complementare.
  Ricorrendo  tale   ipotesi,  considerato  che  il   legislatore  ha
individuato nell'aliquota  applicata sul T.F.R. la  misura dell'onere
tributario cui sono soggetti detti  capitali, si ritiene che, ai fini
del calcolo dell'aliquota applicabile,  i sostituti d'imposta debbano
in ogni caso  procedere alla ricostruzione del  T.F.R., tenendo conto
anche delle quote devolute al fondo pensione. Conseguentemente, e' in
tale   sede  ricostruttiva   che  devono   essere  riconosciuti   gli
abbattimenti annuali di cui al comma 1 dell'art. 17 del Tuir.
  Qualora  ad uno  stesso soggetto  siano stati  liquidati nel  corso
degli anni piu' trattamenti di  fine rapporto, si deve applicare alle
quote  del capitale  maturate  alla data  della  cessazione dei  vari
rapporti di lavoro l'aliquota del T.F.R. ad esse corrispondente.
  6.2.5.  Capitali   corrisposti  a  lavoratori  autonomi   e  liberi
professionisti.
  Per le  prestazioni in forma  di capitale e  per i riscatti  di cui
all'art. 10, comma 1, lettera  c), erogate ai liberi professionisti e
ai  lavoratori  autonomi  (ivi  compresi i  titolari  di  redditi  di
impresa)  l'art. 13,  comma 10,  del decreto  legislativo n.  124 del
1993, come sostituito  dall'art. 11, comma 1, della legge  n. 335 del
1995,  ne prevede  l'assoggettamento a  tassazione separata  ai sensi
dell'art. 16, comma 1, lettera c), del Tuir. La medesima disposizione
stabilisce, inoltre,  l'applicabilita' del  comma 3 dell'art.  16 del
Tuir in  base al quale gli  uffici provvedono a iscrivere  a ruolo le
maggiori imposte dovute con le modalita' previste nell'art. 17 ovvero
facendo concorrere il reddito in  questione in quello complessivo, se
piu' favorevole per il contribuente. Infatti, i redditi in questione,
essendo  corrisposti  da  un  soggetto  obbligato  ad  effettuare  le
ritenute di  acconto non devono  mai essere dichiarati  poiche', come
evidenziato  in precedenza,  l'Amministrazione  finanziaria ritrae  i
dati, ai  fini' della tassazione, dalle  dichiarazioni presentate dai
sostituti d'imposta.
  Pertanto,  nei casi  di  specie  si applica  la  disciplina di  cui
all'art. 18,  comma 1,  del citato  testo unico,  in forza  del quale
l'imposta   e'   determinata   applicando   all'ammontare   percepito
l'aliquota corrispondente  alla meta'  del reddito  complessivo netto
del contribuente  nel biennio anteriore  all'anno in cui e'  sorto il
diritto alla loro percezione.
  Tale disciplina si applica alle prestazioni erogate a decorrere dal
17 agosto  1995 in quanto  la legge n. 335  del 1995 non  ha disposto
diversamente.
  6.2.6. Prestazioni per invalidita' e premorienza.
  Alle   prestazioni  per   invalidita'  e   premorienza,  menzionate
dall'art. 6,  comma 3, del  decreto legislativo  n. 124 del  1993, si
rendono applicabili le ordinarie  disposizioni contenute nell'art. 6,
comma 2, del Tuir.
  Come  noto, tale  norma  stabilisce che  i  proventi conseguiti  in
sostituzione di redditi,  anche per effetto di  cessione dei relativi
crediti, e le  indennita' conseguite, anche in  forma assicurativa, a
titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi,
esclusi  quelli  dipendenti da  invalidita'  permanente  o da  morte,
costituiscono redditi  della stessa categoria di  quelli sostituiti o
perduti. Pertanto, come gia' chiarito nella citata circolare n. 326/E
del  1997, sono  in ogni  caso esclusi  da tassazione  gli indennizzi
risarcitori  del danno  emergente,  tra i  quali  rientrano le  somme
erogate  per  premorienza  e   invalidita'  permanente,  mentre  sono
soggetti a tassazione gli  indennizzi risarcitori del lucro cessante,
quali ad esempio le somme  erogate per invalidita' temporanea, attesa
la loro  natura sostitutiva del  mancato conseguimento di  reddito di
lavoro per il periodo di invalidita'.
 7. Altre disposizioni.
  Con le disposizioni di  cui ai commi 7 e 8  dell'art. 1 della legge
n. 30 del 1997, sono stati  corretti alcuni errori di redazione delle
disposizioni contenute, rispettivamente, nell'art.  13, comma 10, del
decreto  legislativo in  rassegna  - che  impropriamente richiama  la
disposizione  dell'art.   17,  comma  2,  del   Tuir,  riguardante  i
lavoratori dipendenti che percepiscono le altre indennita' e somme di
cui  all'art. 16,  comma 1,  lett. a),  seconda parte,  del Tuir  - e
nell'art. 11, comma 2, della legge  n. 335 del 1995, che erroneamente
richiama  il  comma   10  dell'art.  13,  essendo   evidente  che  il
riferimento esatto e' al comma 9 di detto articolo.
 8. Disposizioni finali.
  L'art. 18 del decreto in  oggetto, sotto la rubrica "norme finali",
detta,  come gia'  anticipato, una  sorta di  regime transitorio  che
interessa  i fondi  di  previdenza  gia' operanti  alla  data del  15
novembre 1992, identificati con l'espressione "vecchi fondi".
  Di  tale disciplina  interessano, in  particolare, le  disposizioni
contenute nei commi 7, 8-bis ed  8-quater, alcune delle quali gia' in
parte esaminate.
  Il comma 7  dell'articolo in commento stabilisce,  tra l'altro, che
ai destinatari iscritti al 28 aprile 1993 - data di entrata in vigore
del decreto legislativo  n. 124 del 1993 -  alle forme pensionistiche
complementari gia' istituite  alla data del 15 novembre  1992, non si
applicano  le  disposizioni   di  cui  agli  articoli  7   ed  8  del
provvedimento in oggetto. Cio' significa che in tema di finanziamento
delle predette forme pensionistiche e di erogazione delle prestazioni
ai  predetti destinatari  continuano  ad applicarsi  i  criteri e  le
modalita' operative in essere in data antecedente al 28 aprile 1993 e
che, quindi, ad  esempio, detti fondi pensione  possono continuare ad
erogare prestazioni  in forma di  capitale in misura superiore  al 50
per cento dell'importo maturato.
  Come  gia' anticipato,  ai predetti  destinatari non  si applicano,
altresi', le disposizioni di' cui all'art.  13, commi 2 e 3, relative
al  nuovo regime  tributario  dei contributi,  continuando a  trovare
applicazione le disposizioni vigenti anteriormente alla predetta data
del  28 aprile  1993. Conseguentemente,  i contributi  del datore  di
lavoro  sono in  ogni caso  completamente deducibili  ai fini'  della
determinazione del reddito d'impresa mentre quelli del lavoratore non
concorrono in ogni caso a formare il reddito di lavoro dipendente.
  Ai  sensi del  comma 8-bis  dell'articolo in  commento, il  cennato
regime tributario piu' favorevole  si applica, inoltre, ai contributi
versati  ai fondi  pensione,  gestiti in  via  prevalente secondo  il
sistema tecnicofinanziario della ripartizione  - che hanno presentato
apposita istanza al  Ministero del lavoro e  della previdenza sociale
per usufruire della particolare  disciplina ivi prevista, consistente
nell'applicazione della normativa previgente per un periodo di 8 anni
- anche con riferimento ai soggetti  iscritti dopo il 28 aprile 1993,
fino al termine del suddetto periodo transitorio.
  Gli uffici in indirizzo sono  pregati di dare la massima diffusione
al contenuto della presente circolare.
                                            Il direttore generale
                                       del Dipartimento delle entrate
                                                   Romano