Agli Uffici centrali del bilancio  presso
                            le Amministrazioni centrali dello  Stato,
                            loro sedi 
                            Alle Ragionerie territoriali dello Stato,
                            loro sedi 
                            Ai Revisori dei conti  in  rappresentanza
                            del  Ministero  dell'economia   e   delle
                            finanze presso enti e organismi pubblici,
                            loro sedi 
                                e, p.c.: 
                            Alla   Presidenza   del   Consiglio   dei
                            ministri, Roma 
                            Alle   Amministrazioni   centrali   dello
                            Stato, loro sedi 
                            Al Consiglio di Stato, Roma 
                            Alla Corte dei conti, Roma 
                            All'Avvocatura generale dello Stato, Roma 
                            All'Agenzia delle entrate -  Riscossione,
                            Roma 
 
Premessa. 
  A decorrere dal 1° marzo 2018, per i pagamenti di importo superiore
a  cinquemila  euro  (diecimila  euro  per  il  periodo  antecedente)
disposti  dalle   pubbliche   amministrazioni   (e   dalle   societa'
interamente  partecipate  dalle  stesse),   occorre   rispettare   le
prescrizioni stabilite dall'art. 48-bis del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 - introdotto dall'art.  2,
comma 9, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n.  262,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286 - nonche'  quelle
recate dal relativo regolamento di attuazione, adottato  con  decreto
del Ministro dell'economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40. 
  Orbene, ancorche' la disciplina di cui  all'art.  48-bis  -  almeno
nella sua struttura di base e  al  netto  delle  modifiche  normative
intervenute - sia in vigore da circa un decennio  e  sebbene  in  via
interpretativa,  attraverso  documenti   di   prassi,   siano   stati
affrontati e risolti vari aspetti critici, nel corso  del  tempo,  in
disparte dalle accennate modifiche normative, sono emerse fattispecie
nuove o particolari, per cui, allo  scopo  di  fornire  un  ulteriore
ausilio orientativo, soprattutto ai soggetti  preposti  ai  controlli
amministrativi e contabili presso gli enti, principalmente  pubblici,
interessati, si e' ravvisata l'opportunita' di  diramare  chiarimenti
aggiuntivi a quelli sinora diffusi. 
  Pertanto, nella presente circolare -  il  cui  contenuto  e'  stato
condiviso con il Dipartimento delle finanze che ne e' co-firmatario -
nel dare ovviamente  conto  delle  novita'  legislative  recentemente
sopravvenute, sono analizzati  taluni  profili  critici,  tra  quelli
ritenuti piu' interessanti  e  di  maggiore  rilevanza,  presentatisi
spesso ultimamente, onde offrire le soluzioni interpretative reputate
corrette. 
  Cio'  premesso,  si  rivela  decisamente  funzionale,   oltre   che
doveroso, riproporre preliminarmente  una  breve  ricognizione  della
disciplina di settore e delle istruzioni  diramate,  accennando  pure
alle disposizioni normative che,  in  qualche  modo,  presentano  dei
riflessi significativi per la tematica trattata, pur non incidendo in
via diretta sulla stessa. 
1. Principali riferimenti normativi e documenti di prassi 
  Il  riferimento  normativo  cardine  e'   costituito,   ovviamente,
dall'art. 48-bis del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
602/1973, che, per pronta consultazione, e' di seguito trascritto nel
testo attualmente vigente, come modificato, da ultimo,  dall'art.  1,
comma 986, della legge 27 dicembre 2017, n. 205. 
  «1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento  di
cui al comma 2, le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma
2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,  e  le  societa'  a
prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a  qualunque
titolo, il pagamento di  un  importo  superiore  a  cinquemila  euro,
verificano,  anche  in  via  telematica,  se   il   beneficiario   e'
inadempiente all'obbligo di versamento derivante  dalla  notifica  di
una o piu' cartelle di pagamento per un  ammontare  complessivo  pari
almeno a tale importo  e,  in  caso  affermativo,  non  procedono  al
pagamento e segnalano la  circostanza  all'agente  della  riscossione
competente per territorio, ai fini dell'esercizio  dell'attivita'  di
riscossione delle somme iscritte a ruolo.  La  presente  disposizione
non si applica alle  aziende  o  societa'  per  le  quali  sia  stato
disposto il sequestro o la confisca ai sensi dell'art. 12-sexies  del
decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, ovvero della legge 31 maggio 1965,
n. 575, ovvero che abbiano ottenuto la  dilazione  del  pagamento  ai
sensi dell'art. 19 del presente decreto. 
  2. Con regolamento del Ministro dell'economia e delle  finanze,  da
adottare ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto  1988,
n. 400, sono stabilite le modalita' di attuazione delle  disposizioni
di cui al comma 1. 
  2-bis.  Con  decreto  di  natura  non  regolamentare  del  Ministro
dell'economia e delle finanze, l'importo  di  cui  al  comma  1  puo'
essere aumentato, in misura comunque non superiore al doppio,  ovvero
diminuito.». 
  Il comma 988 dell'art. 1 della legge n. 205/2017  fissa,  altresi',
la decorrenza dell'applicazione  della  nuova  soglia  di  cinquemila
euro, rispetto a quella precedente di diecimila  euro,  al  1°  marzo
2018. 
  Come accennato, la specifica disciplina attuativa e' contenuta  nel
regolamento  di  cui  al  decreto  ministeriale  n.   40/2008,   pure
interessato da modifiche direttamente operate dall'art. 1, comma 987,
della legge n. 205/2017. Al riguardo, e' imprescindibile  mettere  in
luce la novita' recata dalla lettera b) dell'anzidetto comma 987, con
cui, a far data dal 1° marzo 2018, la sospensione  del  pagamento  al
beneficiario,  nel  caso  risultasse  inadempiente   all'obbligo   di
versamento, vede il termine fissato dall'art. 3, comma 4, del decreto
ministeriale n. 40/2008, aumentare da trenta a  sessanta  giorni.  Va
parimenti evidenziato che,  in  disparte  dalle  modifiche  normative
apportate, il successivo comma  989  statuisce  che  resta  fermo  il
potere regolamentare  previsto  dal  comma  2  dell'art.  48-bis  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973. 
  In aggiunta, poi, varie altre disposizioni  di  legge  prendono  in
considerazione, in modo piu' o meno diretto, la  fattispecie  esposta
nel nominato art. 48-bis. Cosi', senza pretesa  di  esaustivita',  di
seguito si da' cenno delle norme apparse maggiormente  meritevoli  di
menzione, riportate secondo un criterio meramente cronologico. 
  In primo luogo, e' da rimarcare la prescrizione recata dall'art. 1,
comma 4-bis, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, secondo  il  quale,
in presenza della segnalazione di  cui  al  citato  art.  48-bis,  il
soggetto pubblico deve comunque procedere al pagamento in favore  del
beneficiario delle somme eccedenti  l'ammontare  del  debito  oggetto
dell'inadempimento - comprensivo delle spese  e  degli  interessi  di
mora dovuti - salvo quanto disposto dall'art. 72-ter  del  menzionato
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 e  dall'art.  545
del codice  di  procedura  civile.  Il  successivo  comma  4-ter  del
ricordato art. 1 sancisce, in particolare, come il mancato  pagamento
dell'eccedenza in parola costituisca violazione dei doveri d'ufficio. 
  In secondo luogo - con  puntuale  riferimento  ai  crediti  «certi,
liquidi  ed  esigibili  maturati  nei   confronti   delle   pubbliche
amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del  decreto  legislativo
30 marzo 2001, n. 165, per somministrazioni, forniture ed  appalti  e
per obbligazioni relative a prestazioni professionali alla  data  del
31 dicembre  2013»,  crediti  certificabili  tramite  la  piattaforma
elettronica di cui all'art. 7, comma 1, del  decreto-legge  8  aprile
2013, n. 35, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  6  giugno
2013, n. 64 - l'art. 37 del decreto-legge  24  aprile  2014,  n.  66,
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, nel
disciplinare la cessione dei  crediti  certificati,  dispone  che  la
verifica ai sensi  dell'art.  48-bis  deve  essere  effettuata  dalle
pubbliche amministrazioni all'atto della certificazione  dei  crediti
esclusivamente nei confronti dei soggetti creditori e,  all'atto  del
pagamento, unicamente nei confronti del cessionario (comma 7-ter). 
  Di rilievo sono pure talune previsioni  del  codice  dei  contratti
pubblici di cui al decreto legislativo 18  aprile  2016,  n.  50.  In
particolare, l'art. 80, comma 4 - modificato dall'art. 49,  comma  1,
lettera d), del decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56 -  annovera
tra  le  cause  di  esclusione  di  un  operatore   economico   dalla
partecipazione a una procedura  d'appalto  la  commissione  di  gravi
violazioni,  definitivamente  accertate  (in  quanto   contenute   in
sentenze o atti amministrativi non piu'  soggetti  ad  impugnazione),
rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse  o
dei contributi previdenziali,  secondo  la  legislazione  italiana  o
quella dello Stato in cui sono stabiliti, affermando,  altresi',  che
costituiscono gravi  violazioni  «quelle  che  comportano  un  omesso
pagamento di imposte e tasse superiore all'importo  di  cui  all'art.
48-bis, commi 1 e 2-bis del decreto del Presidente  della  Repubblica
29 settembre 1973, n. 602.» (su siffatta previsione «espulsiva» -  in
vigenza della disposizione, di analogo tenore, di  cui  all'art.  38,
comma 1, lettera g, e comma 2,  del  decreto  legislativo  12  aprile
2006, n. 163 - Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 4606 del  3
novembre 2016). 
  Oltre alla normativa citata, occorre ricordare i vari documenti  di
prassi diramati  in  ordine  all'applicazione  dell'art.  48-bis  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, dei quali si  e'
dato sinora solo incidentalmente cenno. 
  Piu' nello specifico, si rappresenta  che  i  documenti  di  prassi
tuttora da ritenere validi - fatte salve minime  parziali  eccezioni,
dovute fondamentalmente a interventi normativi sopravvenuti  e  delle
quali si dara' conto nel prosieguo - sono i seguenti: 
    circolare 29 luglio 2008, n. 22/RGS,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale - Serie generale - n. 186 del 9 agosto 2008; 
    circolare 8 ottobre 2009, n. 29/RGS,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale - Serie generale - n. 246 del 22 ottobre 2009; 
    circolare 23 settembre 2011, n. 27/RGS, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale - Serie generale - n. 253 del 29 ottobre 2011. 
  E' appena il caso di soggiungere  che  detti  documenti,  oltre  ad
essere stati pubblicati nella Gazzetta  ufficiale,  sono  liberamente
consultabili on-line sul sito istituzionale  del  Dipartimento  della
Ragioneria generale  dello  Stato,  all'indirizzo  www.rgs.mef.gov.it
nella sezione «Consulta l'archivio circolari». 
2. Ambito soggettivo 
  L'art. 48-bis  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
602/1973,  quanto  alla  delimitazione  del  perimetro  inerente   ai
soggetti tenuti alla sua  applicazione,  indica  «le  amministrazioni
pubbliche di cui all'art. 1, comma  2,  del  decreto  legislativo  30
marzo 2001,  n.  165,  e  le  societa'  a  prevalente  partecipazione
pubblica»,  mentre  l'art.  1,  comma  1,  lettera  a),  del  decreto
ministeriale n. 40/2008,  ricomprende  tra  i  soggetti  obbligati  a
eseguire  la  verifica  di  inadempienza  solo  «le   Amministrazioni
pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n.  165
del 2001, e le societa' a totale partecipazione pubblica», stante  il
rinvio, operato dal successivo art. 6,  ad  altro  regolamento  -  al
momento non ancora adottato - per la  disciplina  applicabile  «anche
nei confronti delle societa' a prevalente partecipazione pubblica.». 
  Cio'  premesso,  nel  corso  del   tempo   sono   insorte   diverse
perplessita' circa la precisa  delimitazione  dell'ambito  soggettivo
«attivo», cioe' degli enti e delle  societa'  tenuti  ad  ottemperare
agli obblighi di verifica di cui  al  cennato  art.  48-bis,  sia  in
ordine a talune particolari tipologie di enti sia  in  ragione  della
disciplina  sopravvenuta  in  tema,   genericamente,   di   pubbliche
amministrazioni e di finanza pubblica (il riferimento  principale  e'
al conto economico  consolidato  delle  pubbliche  amministrazioni  e
all'elenco delle unita' istituzionali appartenenti al  settore  delle
amministrazioni  pubbliche   redatto   dall'Istituto   nazionale   di
statistica - ISTAT, ai sensi dell'art. 1, commi 2 e 3, della legge 31
dicembre 2009, n. 196, tra l'altro piu' volte oggetto di modifiche  e
integrazioni). 
  Cosicche' - in disparte dalle esclusioni  esplicite  contenute  nel
medesimo art. 48-bis, comma 1, riguardanti le aziende e  le  societa'
per le quali sia stato disposto il sequestro o la confisca  ai  sensi
dell'art. 12-sexies del decreto-legge n. 306/1992 - se non sono sorti
dubbi, ad  esempio,  in  ordine  all'assoggettamento  all'obbligo  in
argomento per quanto attiene alle amministrazioni statali e agli enti
pubblici non economici, qualche criticita' e' stata  manifestata  con
riguardo alle societa' interamente partecipate e, soprattutto, a  una
serie di soggetti, numericamente contenuta, ma  di  tipologia  varia,
quali gli enti pubblici economici, le aziende  speciali,  le  aziende
speciali  consortili,  le  fondazioni  di  «diritto   pubblico»,   le
associazioni e gli enti a struttura associativa. 
  In proposito, si rammenta che alcune indicazioni circa l'obbligo di
ottemperare alla disciplina recata dall'art. 48-bis del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 602/1973 sono state fornite nei citati
documenti di prassi. Cosi', segnatamente  alle  societa'  interamente
partecipate, si conferma quanto esposto nella circolare n. 22/RGS del
2008 secondo  cui  «le  societa'  tenute  a  dare  applicazione  alla
disciplina  in  discorso  sono   esclusivamente   quelle   a   totale
partecipazione pubblica diretta.». 
  Quanto alle altre tipologie di enti,  stante  pure  il  progressivo
sviluppo  nel  corso  del  tempo   di   piu'   approfondite   analisi
interpretative - attente a rispettare la lettera  e  la  ratio  della
disciplina specifica, senza comprometterne la coerenza di fondo -  si
rappresenta di seguito il frutto delle conclusioni maturate. 
  Circa gli enti pubblici economici  -  tra  i  quali  rientrano,  ad
esempio, i consorzi di sviluppo industriale (art. 36  della  legge  5
ottobre 1991, n. 317) -  va  chiaramente  rilevato  come,  a  rigore,
l'art.  48-bis,  nel  richiamare  espressamente  le  «amministrazioni
pubbliche di cui all'art. 1, comma  2,  del  decreto  legislativo  30
marzo 2001,  n.  165,  e  le  societa'  a  prevalente  partecipazione
pubblica», non li annoveri esplicitamente tra i soggetti obbligati. 
  Tuttavia, ragioni  sostanziali  e  di  ordine  logico  e  giuridico
militano a far ritenere che l'obbligo in discorso sussista  anche  in
capo agli enti pubblici economici. 
  In  primo  luogo,  infatti,   si   profilerebbe   come   gravemente
disarmonico un sistema dove, nell'applicazione dell'art.  48-bis  del
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  602/1973,  gli  enti
pubblici economici risultassero esclusi da un obbligo legale, fissato
a  tutela  della  pronta  riscossione  di  crediti  aventi  rilevanza
pubblica (in massima parte di  natura  tributaria  e  previdenziale),
posto a carico, invece, oltre che delle amministrazioni dello Stato e
degli enti pubblici non economici, delle  societa'  -  a  prescindere
dalle  dimensioni  e   dalla   forma   giuridica   -   a   prevalente
partecipazione pubblica, alle quali, evidentemente,  partecipano  nel
capitale di rischio  pure  soggetti  privati  (ai  fini  dell'analisi
ermeneutica svolta, non rileva il fatto che dette societa', in virtu'
del rinvio operato dall'art. 6 del decreto ministeriale n. 40/2008  a
un  regolamento  ancora  da   emanare,   non   siano,   al   momento,
concretamente assoggettate all'obbligo de  quo).  In  altri  termini,
apparirebbe come poco ragionevole che una previsione di legge ponesse
un obbligo, per la tutela di ragioni di credito pubbliche,  a  carico
di societa' pubbliche partecipate  anche  da  privati,  escludendone,
invece, gli enti pubblici economici i quali, ad ogni modo, perseguono
ontologicamente interessi pubblici. 
  In secondo luogo, non puo' essere trascurato che gli enti  pubblici
economici,  pur  agendo   prevalentemente   secondo   la   disciplina
privatistica, dispongono sempre di un potere pubblicistico -  il  cui
livello  minimo  e'  costituito  dal  potere  di  autoorganizzazione,
esercitato attraverso l'emanazione di regolamenti o statuti,  assente
nell'ambito giuridico societario -  e  sono  sottoposti  a  controlli
specifici, tra cui spicca l'esercizio  della  vigilanza  (soprattutto
sugli organi) da parte dell'amministrazione pubblica  di  riferimento
nonche', talora, della Corte dei conti. 
  A margine, poi, non va dimenticato che storicamente non poche delle
societa' oggi  partecipate  dallo  Stato  erano,  inizialmente,  enti
pubblici economici di afferenza statale, assumendo la veste giuridica
societaria nel corso  del  tempo  (e'  il  caso,  ad  esempio,  della
trasformazione in societa' per  azioni  delle  Ferrovie  dello  Stato
italiane - FS o anche FSI, delle Poste italiane, di Cassa depositi  e
prestiti - CDP). 
  Dagli  esempi  ricordati   emerge   abbastanza   nitidamente   che,
nell'ambito dell'evoluzione dell'assetto organizzativo pubblico,  non
e' certo raro riscontrare il passaggio della trasformazione giuridica
da ente pubblico economico a societa'  di  capitali  (talvolta  anche
viceversa, come e' accaduto dal 1° luglio 2017 per Equitalia  servizi
di riscossione S.p.a., societa'  interamente  posseduta  dall'Agenzia
delle entrate e dall'Istituto nazionale della  previdenza  sociale  -
INPS, divenuta ente pubblico economico, con il nome di Agenzia  delle
entrate - Riscossione, di seguito, per brevita', anche AdER), per cui
apparirebbe singolare, relativamente agli  aspetti  qui  d'interesse,
ritenere che un ente nella sua «fase» di ente pubblico economico  non
risulti assoggettato agli obblighi di natura pubblicistica scaturenti
dalle previsioni dell'art. 48-bis del decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 602/1973, mentre siffatti obblighi scatterebbero  nella
sua successiva «fase» di sostanziale evoluzione privatistica, con  la
trasformazione  in  societa'  commerciale,   o,   all'opposto,   che,
assoggettato all'obbligo di verifica nella sua veste  societaria,  ne
risultasse escluso dal momento di  trasformazione  in  ente  pubblico
economico. 
  Per quanto sopra, si esprime l'avviso, in sintesi, che una corretta
interpretazione delle finalita' della disciplina  in  argomento,  non
disgiuntamente da ragioni sistematiche e dalla maggiore rispondenza a
principi di ragionevolezza, conduca  a  far  ritenere  che  gli  enti
pubblici  economici,  prima  di  effettuare  pagamenti   di   importo
superiore alla soglia individuata dalla legge, debbano  svolgere  nei
confronti dei beneficiari la verifica  di  cui  all'art.  48-bis  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973. 
  In  buona  sostanza,  si  e'  dell'opinione  che   -   segnatamente
all'ambito pubblico - tutte le amministrazioni pubbliche,  statali  o
meno, e gli enti pubblici,  anche  economici,  siano  tenuti  a  dare
seguito e  rispettare  la  disciplina  recata  dall'art.  48-bis  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973  e  dal  relativo
regolamento di attuazione adottato con  il  decreto  ministeriale  n.
40/2008. 
  Siffatta conclusione permette,  altresi',  di  sciogliere  i  dubbi
profilati nei confronti delle aziende speciali, anche  consortili,  e
delle  altre  aziende  pubbliche   in   considerazione   della   loro
riconducibilita' nell'ambito degli enti pubblici (Consiglio di Stato,
sezione IV, sentenza n. 820 del 20 febbraio 2014; Autorita' nazionale
anticorruzione - ANAC,  orientamento  n.  15/2015/AC  del  30  aprile
2015), indipendentemente dal fatto che le  stesse  siano  qualificate
come  enti  pubblici  economici   o   meno,   rientrando   egualmente
nell'obbligo di effettuare, ricorrendone gli  altri  presupposti,  la
verifica contemplata dall'art.  48-bis  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 602/1973. 
  Per quanto concerne, poi, altri soggetti,  quali,  ad  esempio,  le
fondazioni  e  le  associazioni  di  enti  pubblici  (queste   ultime
denominate, in alcune classificazioni, enti a struttura associativa),
e' da ritenere che  all'interno  del  perimetro  sinora  delineato  -
comprensivo delle amministrazioni pubbliche individuate dall'art.  1,
comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001,  dagli  enti  pubblici,
anche economici, nonche' dalle societa' interamente partecipate e, in
prospettiva, dalle societa' a prevalente  partecipazione  pubblica  -
non siano riconducibili le  fondazioni  e  le  associazioni,  benche'
fondate e costituite da soggetti pubblici. Infatti, si tratterebbe di
una   dilatazione   eccessiva   dell'area   dei    soggetti    tenuti
all'effettuazione della verifica  contemplata  dall'art.  48-bis  del
decreto del Presidente della Repubblica n.  602/1973,  giuridicamente
non fondata. 
  Da quanto esposto discende, ad esempio, che gli enti di  previdenza
e assistenza sociale - aventi natura di associazione o  fondazione  e
personalita' di diritto privato, giusta previsioni  dell'art.  1  del
decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 - non rientrino cosi'  tra
i soggetti tenuti, al ricorrere delle altre condizioni, ad effettuare
la verifica contemplata dall'art. 48-bis del decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 602/1973, ne' vi rientrino gli enti  a  struttura
associativa, sempreche' non abbiano personalita' giuridica di diritto
pubblico, ancorche' indicati  nell'elenco  ISTAT,  stante  lo  schema
civilistico   sostanzialmente   osservato,   a   prescindere    dalla
circostanza  di  essere  costituiti,  interamente  o  meno,  da  enti
pubblici. 
  Infine, sempre in ordine all'ambito soggettivo «attivo»,  un  cenno
va dato anche alle gestioni commissariali, previste non  di  rado  da
norme, statali o regionali, in relazione  a  settori  specifici  o  a
situazioni particolari. In proposito, non sembra  possano  sussistere
dubbi circa  la  loro  riconducibilita'  nell'alveo  delle  pubbliche
amministrazioni,  non  solo  per  la  fonte  che  le   istituisce   o
disciplina, ma soprattutto per i poteri che le  connotano.  Pertanto,
anche le gestioni commissariali, ricorrendone i presupposti di legge,
sono tenute ad  effettuare,  prima  di  procedere  al  pagamento,  la
verifica contemplata dall'art.  48-bis  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 602/1973. 
  Esemplificando, le amministrazioni pubbliche  di  cui  all'art.  1,
comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001, e  gli  enti  pubblici,
economici e non economici, e  le  societa'  interamente  direttamente
partecipate  soggiacciono  all'obbligo  di   effettuare   l'anzidetta
verifica, al ricorrere dei presupposti  di  legge,  mentre  risultano
esclusi dal medesimo obbligo, pure se presenti nell'elenco ISTAT,  le
fondazioni e le associazioni. 
  Per completezza,  relativamente  all'ambito  soggettivo  «passivo»,
rappresentato dai soggetti beneficiari dei pagamenti, si rammenta che
tale tema e' stato gia' affrontato  nella  circolare  n.  22/RGS  del
2008,   nel   paragrafo   Rapporti   nell'ambito    della    pubblica
amministrazione, al quale pure si rimanda. Sul punto,  pero',  appare
conveniente svolgere qualche ulteriore considerazione, atteso che  in
detta circolare si e' espresso l'avviso che il menzionato art. 48-bis
del decreto del Presidente della Repubblica  n.  602/1973  non  trovi
applicazione per i pagamenti disposti a favore delle  amministrazioni
pubbliche ricomprese nell'elenco ISTAT, poiche', in generale, tra  le
diverse amministrazioni pubbliche - essendo tutte  riconducibili,  in
modo piu' o meno diretto, all'unico soggetto  pubblico  originario  e
sovrano sul territorio,  cioe'  lo  Stato  -  non  sussistono  quegli
obblighi di garanzia  e  cautela  in  materia  di  adempimento  delle
cartelle di pagamento sottesi alla ratio dell'art.  48-bis.  Infatti,
non sembra superfluo soggiungere che, per ragioni  di  simmetria,  le
amministrazioni pubbliche  che  risultano  tenute  ad  effettuare  la
verifica prescritta dall'art. 48-bis del decreto del Presidente della
Repubblica n. 602/1973, non possono a loro volta,  quando  risultanti
beneficiarie  dei  pagamenti,  essere  sottoposte  alla  verifica  in
discorso. 
  In  definitiva,  onde  chiarire  i  rapporti  tra   amministrazioni
pubbliche,  enti  e  societa'   rientranti   nell'ambito   soggettivo
dell'art. 48-bis del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
602/1973, si ritiene non ricorra  l'obbligo  dell'espletamento  della
verifica, prevista all'art. 2 del decreto  ministeriale  n.  40/2008,
nelle ipotesi di pagamenti disposti da tutti i suddetti soggetti  tra
loro: amministrazioni  di  cui  all'art.  1,  comma  2,  del  decreto
legislativo  n.  165/2001,  nonche',   per   le   motivazioni   sopra
illustrate, gli enti pubblici,  anche  economici,  e  le  societa'  a
totale partecipazione pubblica diretta. 
3. Scissione dei pagamenti 
  Il regime della scissione dei pagamenti,  c.d.  «split  payment»  -
disciplinato  dall'art.  17-ter  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633,  introdotto  dall'art.  1,  comma
629, lettera b), della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e recentemente
modificato prima dall'art. 1, comma 1, del  decreto-legge  24  aprile
2017, n. 50, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  21  giugno
2017, n. 96, e ancora dall'art. 3,  comma  1,  del  decreto-legge  16
ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  4
dicembre 2017, n.  172  -  ha  comportato,  per  i  soggetti  che  ne
risultano  destinatari,  la  suddivisione  dei  pagamenti  dovuti  in
adempimento  di  contratti  di  lavori,  servizi  o  forniture,   tra
l'imponibile ai fini dell'Imposta sul valore aggiunto -  IVA,  da  un
lato, e il relativo tributo,  dall'altro.  Si  tratta  di  un  regime
transitorio che, in deroga agli articoli 206 e  226  della  direttiva
2006/112/CE  del  Consiglio,  del  28  novembre  2006,  il  Consiglio
dell'Unione europea ha accordato all'Italia, accettando la  richiesta
avanzata in proposito, con la decisione n.  2017/784  del  25  aprile
2017, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione  europea  n.  L
118 del 6 maggio 2017, e che terminera' il 30 giugno 2020. 
  Nello specifico, l'art. 17-ter, comma 1, del decreto del Presidente
della Repubblica n. 633/1972, stabilisce, per quanto qui d'interesse,
che le pubbliche amministrazioni - nonche' altri  soggetti,  solo  in
parte riconducibili all'ambito di applicazione dell'art.  48-bis  del
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  602/1973,  quali  le
societa' interamente partecipate da amministrazioni pubbliche  -  che
non sono debitrici d'imposta ai sensi delle disposizioni  in  materia
di  IVA  devono,  in  ogni  caso,  versare  direttamente  all'erario,
anziche' al fornitore, l'imposta indicata in fattura. 
  Si tratta di un regime secondo il  quale,  in  buona  sostanza,  le
amministrazioni pubbliche (e, come detto, talune  societa'  oltre  ad
alcune   fondazioni)   interessate,   anziche'    provvedere,    come
ordinariamente previsto, ad eseguire un unico  pagamento  al  proprio
fornitore, ne dovranno effettuare due distinti: un primo, concernente
il corrispettivo dei lavori, prestazioni o forniture, direttamente al
fornitore; un secondo, anche dal punto di vista  temporale,  inerente
alla relativa IVA, da compiere a favore dell'erario. 
  Tale circostanza ha, quindi,  rimesso  in  discussione,  per  certi
versi, quanto esposto nella circolare n. 22/RGS del 2008, laddove  e'
affermato che «la soglia di diecimila euro  (cinquemila  a  decorrere
dal 1° marzo 2018, n.d.r.), fissata dall'art. 48-bis per far scattare
l'obbligo di verifica, deve ritenersi al lordo  dell'IVA»  (paragrafo
Determinazione dell'importo del pagamento in ordine all'IVA). 
  Ne discende che, allorquando soggette al regime della scissione dei
pagamenti, le  amministrazioni,  ai  fini  dell'individuazione  della
soglia dei cinquemila euro  di  cui  all'art.  48-bis,  non  dovranno
considerare l'IVA, bensi' dovranno tener conto, quindi,  soltanto  di
quanto effettivamente spettante in via diretta al proprio  fornitore,
cioe' dell'importo al netto dell'IVA. 
4. Pagamento e giudizio di ottemperanza 
  L'obbligazione di pagamento da assoggettare alla verifica  ex  art.
48-bis puo' derivare da contratto ovvero da fatto illecito o da «ogni
altro atto o fatto idoneo a produrla in  conformita'  all'ordinamento
giuridico», giusta statuizioni  dell'art.  1173  del  codice  civile,
«atti» nel cui novero rientrano anche i provvedimenti giurisdizionali
esecutivi (su tali profili, si rinvia, per ulteriori approfondimenti,
alla circolare n. 27/RGS del 2011). 
  Quanto sopra e' da ritenere valido -  fatte  salve  le  ipotesi  di
esclusione dall'obbligo della verifica come declinate nella normativa
di settore e come enucleate in  via  interpretativa  nei  piu'  volte
ricordati documenti di prassi  -  anche  relativamente  ai  pagamenti
scaturenti  da  un  giudizio  di  ottemperanza,  ivi  inclusi  quelli
disposti,  ricorrendone  i  presupposti,  dal  commissario  ad   acta
nominato dal giudice. 
  Infatti, a fronte dell'obbligo dell'amministrazione di  conformarsi
al giudicato e agli altri provvedimenti equiparati per soddisfare  la
pretesa  del  creditore,  sussiste  il  correlato  potere-dovere   di
procedere alla verifica postulata dall'art. 48-bis  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.  602/1973.  L'esercizio   di   tale
potere-dovere,  fondato  su  una  norma  primaria,  appare  idoneo  a
limitare l'obbligo dell'amministrazione di procedere al pagamento  di
somme dovute anche  qualora  lo  stesso  si  fondi,  appunto,  su  un
giudicato. 
  Ne' puo' rivelarsi funzionale a superare l'intervenuto pignoramento
- disposto, a seguito della verifica di cui all'art. 48-bis, ai sensi
dell'art. 72-bis del medesimo decreto del Presidente della Repubblica
n. 602/1973 - un eventuale  giudizio  di  ottemperanza  promosso  dal
creditore  e  volto  ad  ottenere  il  pagamento   di   quanto   gia'
riconosciuto in sede giudiziale, ma a dispetto  della  situazione  di
inadempienza concernente  l'obbligo  di  versamento  derivante  dalla
notifica di una o piu' cartelle di pagamento per  un  ammontare  pari
almeno alla soglia fissata dalla legge. 
  Invero,  l'esame  del  giudice  dell'ottemperanza  in  ordine  agli
effetti  sull'obbligo  dell'amministrazione   di   conformarsi   alle
sentenze passate in giudicato e agli altri provvedimenti alle  stesse
equiparati non puo' prescindere ne' puo'  ignorare  l'altro  obbligo,
incombente alla medesima amministrazione e fondato  sulla  legge,  di
procedere alla verifica contemplata dall'art. 48-bis, che  come  piu'
volte  indicato  comporta,  alla  sussistenza  di  un   inadempimento
all'obbligo di versamento  scaturente  da  una  o  piu'  cartelle  di
pagamento di importo pari  o  superiore  alla  soglia  di  legge,  di
sospendere il pagamento e  di  segnalare  l'inadempimento  all'agente
della riscossione, affinche' si attivi per  riscuotere  coattivamente
il debito iscritto a ruolo, nel rispetto  delle  condizioni  previste
dall'art. 3 del decreto ministeriale n. 40/2008  (sostanzialmente  in
tal senso, Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, sezione I,
sentenza n. 23 del 3 gennaio 2014, nella quale, peraltro,  sono  pure
tracciate le analogie del procedimento previsto dall'art. 48-bis  del
decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  602/1973  con  quello
contenuto nell'art. 4 del decreto  del  Presidente  della  Repubblica
2010, n. 207, che «prevede il pagamento delle inadempienze  accertate
mediante il documento unico di regolarita' contributiva "direttamente
agli enti previdenziali e  assicurativi,  compresa,  nei  lavori,  la
cassa  edile",  previa  trattenuta  dall'importo  corrispondente  dal
certificato di pagamento.»). 
5. Pagamento agli eredi del beneficiario originario 
  Puo' accadere che, nelle  more  dell'effettuazione  del  pagamento,
avvenga il decesso del beneficiario, per cui si e'  posto  il  dubbio
circa  l'eventuale   sottoposizione   degli   eredi   alla   verifica
disciplinata  dall'art.  48-bis  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 602/1973,  soprattutto  allorche'  gli  stessi  abbiano
acquisito il diritto di  credito  a  titolo  ereditario  e  non  iure
proprio (e' il caso, ad esempio, delle indennita'  liquidate  per  il
decesso del lavoratore dante causa, ai sensi degli  articoli  2118  e
2120 del codice civile). Cio'  precisato,  non  si  ravvisano,  fatte
salve specifiche  ipotesi  di  esclusione  legale,  motivi  idonei  a
giustificare un'esclusione dagli obblighi  di  verifica  posti  dalla
disciplina in discorso: infatti, in una simile evenienza, la verifica
sara' eseguita nei confronti degli eredi  separatamente  considerati,
invece che nei riguardi del  loro  dante  causa.  Al  limite,  potra'
accadere che l'importo originariamente dovuto, a seguito del subentro
di una pluralita' di eredi con  il  conseguente  frazionamento  delle
somme spettanti a ciascuno, non  raggiunga  piu'  la  soglia  fissata
dall'art. 48-bis del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
602/1973 (potrebbe essere il  caso,  ad  esempio,  di  un  canone  di
locazione  da  pagare   frazionatamente   in   favore   degli   eredi
dell'originario titolare del relativo contratto, essendo  gli  stessi
subentrati ex lege nel rapporto locativo). Nello specifico, si reputa
che la verifica vada effettuata nei  confronti  di  ciascun  coerede,
ovviamente per la  parte  allo  stesso  spettante  in  ragione  della
singola  quota  ereditaria,  sempreche'  detta  quota   singolarmente
considerata, e non la somma delle quote spettanti a tutti i  coeredi,
superi la soglia fissata dalla legge. 
  In tema di  pagamenti  agli  eredi,  poi,  vanno  svolte  ulteriori
precisazioni. 
  In primo luogo, occorre operare una riflessione sulle  ipotesi  che
non sono state ritenute assoggettate all'obbligo di verifica  sancito
dall'art. 48-bis del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
602/1973,  allorquando  sia  stata  la  particolare  condizione   del
beneficiario a far propendere per una siffatta esclusione. 
  Invero, si espone l'avviso che in talune evenienze - tra  le  quali
possono essere ricomprese genericamente le  fattispecie  risarcitorie
«personali» - venendo meno le ragioni  che,  in  via  interpretativa,
sono state  enucleate  per  sostenere  un'esclusione  dal  menzionato
obbligo di verifica, i pagamenti disposti agli eredi risultino a buon
diritto, ferma restando la sussistenza  degli  altri  presupposti  di
legge, da assoggettare alla disciplina di  cui  all'art.  48-bis  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973. Cosi', in ordine
alle indennita' connesse allo stato di salute  o  al  ristoro  di  un
danno biologico subito, con la circolare n. 22/RGS del 2008 e'  stato
chiarito come esse debbano essere escluse dall'obbligo di verifica di
cui al  citato  art.  48-bis,  poiche'  trovano  il  loro  fondamento
giuridico nella tutela costituzionalmente garantita del diritto  alla
salute e all'integrita' fisica, espressione di  diritti  fondamentali
della persona umana. 
  Coerentemente, una siffatta  esclusione  puo'  ritenersi  valevole,
qualora il  pagamento  debba  essere  effettuato  nei  confronti  del
diretto beneficiario, cioe' della persona il cui diritto alla  salute
sia stato leso - pure nella  ragionevole  presupposizione  che  siano
somme destinate a curare o, quantomeno, ad alleviare i postumi  delle
lesioni subite - ma non allorche' il pagamento sia erogato in  favore
degli eredi del danneggiato, stante la non immediata riconducibilita'
alla tutela del diritto  fondamentale  alla  salute  del  diritto  di
credito  da  loro  vantato  in  qualita'  di  eredi,  vertendosi,  in
definitiva, di semplice prestazione patrimoniale. 
  Pertanto,  nel  caso,  ad  esempio,  di  una  «pensione   tabellare
privilegiata» riconosciuta con sentenza  in  esito  ad  un  processo,
iniziato dalla persona avente diritto, deceduta in  corso  di  causa,
successivamente riassunto dai suoi eredi, magari dapprima dal coniuge
e, a seguito della sua morte, dal figlio, non si  appalesano  ragioni
idonee a sostenere l'esclusione della verifica de qua. 
  Un'altra  tematica  da  analizzare  attiene  alle   indennita'   da
liquidare in caso di morte del prestatore di  lavoro,  peraltro  gia'
affrontata nella  circolare  n.  29/RGS  del  2009,  segnatamente  al
pagamento delle indennita' di  cui  agli  articoli  2118  del  codice
civile (indennita' di mancato preavviso) e  2120  del  codice  civile
(indennita' di fine rapporto) da parte del datore di lavoro in favore
di un soggetto, diverso dal prestatore di lavoro, a causa del decesso
di quest'ultimo, secondo quanto statuito dall'art.  2122  del  codice
civile. 
  Al riguardo, nella circolare teste' citata e' stato chiarito che la
verifica prevista dall'art. 48-bis deve svolgersi in capo al soggetto
(o ai soggetti) cui, in base all'art. 2122 codice civile, spettano le
indennita' in discorso: segnatamente il coniuge,  i  figli  e,  se  a
carico del lavoratore, i parenti entro il terzo grado  e  gli  affini
entro il secondo  grado  (art.  2122,  primo  comma,  codice  civile)
nonche',  in  mancanza  delle  predette  persone,  coloro  che   sono
individuati secondo le norme della successione legittima (art.  2122,
terzo comma, codice civile). 
  Cio' nondimeno, sono state sollevate perplessita' circa l'eventuale
esistenza di limiti alla pignorabilita' delle indennita' in argomento
da parte dell'agente della riscossione per il recupero  coattivo  dei
crediti iscritti  a  ruolo,  specificatamente  alla  sussistenza  dei
limiti - fissati dall'art. 72-ter del decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 602/1973 - alla pignorabilita' delle  «somme  dovute  a
titolo di stipendio, di salario o di  altre  indennita'  relative  al
rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute  a  causa  di
licenziamento». Orbene, anche se l'ampiezza  della  locuzione  «somme
dovute a titolo di  stipendio,  di  salario  o  di  altre  indennita'
relative al rapporto di  lavoro  o  di  impiego»  sembrerebbe,  prima
facie, poter ricomprendere anche le indennita' di cui  all'art.  2122
codice civile, non puo' sottacersi come queste  ultime  non  appaiano
«relative al rapporto di lavoro», trovando piuttosto il loro autonomo
fondamento in un diritto  acquisito  dal  beneficiario  iure  proprio
(primo comma) ovvero iure successionis (terzo comma). 
  Inoltre, si rammenta che, alla luce del  principio  generale  della
responsabilita'  patrimoniale  del  debitore  inadempiente   di   cui
all'art. 2740 codice civile  -  secondo  cui  «Il  debitore  risponde
dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti  e
futuri. Le limitazioni della responsabilita' non sono ammesse se  non
nei casi stabiliti dalla legge»  -  le  ipotesi  di  impignorabilita'
assoluta o relativa sono da considerarsi eccezionali  e,  come  tali,
appaiono  insuscettibili  di  interpretazione  analogica   ai   sensi
dell'art.  14  delle  disposizioni  sulla  legge  in  generale,  c.d.
«preleggi». 
  A tal proposito, la  Corte  costituzionale  ha  affermato  che  «la
tutela della certezza dei rapporti  giuridici,  in  quanto  collegata
agli strumenti di protezione del credito personale, non  consente  di
negare in radice la pignorabilita' degli emolumenti ma di  attenuarla
per particolari situazioni la cui individuazione  e'  riservata  alla
discrezionalita' del legislatore» (sentenza n.  248  del  3  dicembre
2015). 
  In definitiva, considerata la portata e la ratio  della  disciplina
in discorso, in merito alla corresponsione,  a  favore  dei  soggetti
indicati dall'art. 2122 codice civile, di somme dovute  a  titolo  di
indennita' in caso di morte del prestatore di  lavoro,  non  emergono
elementi idonei - in linea con i  criteri  interpretativi  illustrati
nelle circolari diramate in materia (n. 22/RGS del  2008,  n.  29/RGS
del 2009, e soprattutto, n. 27/RGS  del  2011)  -  per  escludere  la
sussistenza dell'obbligo di verifica a  norma  dell'art.  48-bis  del
decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  602/1973  e  l'intero
assoggettamento di tali somme alle disposizioni recate dal successivo
art. 72-bis. Conseguentemente, qualora le somme erogate ex art.  2122
codice civile siano oggetto  di  pignoramento  da  parte  dell'agente
della  riscossione,  si  ritiene  che  non  possano   applicarsi   le
limitazioni alla  pignorabilita'  contemplate  dall'art.  72-ter  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973. 
6. Mandato con rappresentanza e procura all'incasso 
  Non  pochi  dubbi  sono  stati   espressi   dalle   amministrazioni
interessate, laddove il beneficiario, anziche' procedere direttamente
ad incassare il credito vantato, si sia avvalso di un terzo. 
  Caso tipico e' il mandato  con  rappresentanza  (art.  1704  codice
civile) - quello senza rappresentanza,  per  intuibili  ragioni,  non
puo' neppure essere preso in considerazione, mancando la possibilita'
per il mandatario di spendere il nome  del  mandante  -  per  cui  il
mandatario agisce in nome  e  per  conto  del  mandante  e  gli  atti
conclusi dal  primo  (rappresentante)  con  il  terzo  producono  gli
effetti giuridici direttamente in capo al secondo (rappresentato). Si
tratta di un negozio giuridico per mezzo del quale un  soggetto,  per
compiere atti che riguardano direttamente la propria sfera giuridica,
si avvale di un terzo che, quindi, agisce in suo nome e conto. 
  Ne discende abbastanza agevolmente che in una simile fattispecie la
verifica di cui all'art. 48-bis  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 602/1973 non puo' che essere  espletata  nei  confronti
del solo mandante, trattandosi dell'unico effettivo  beneficiario,  a
prescindere dai rapporti sottostanti tra lo stesso e il mandatario. 
  Cio' chiarito, le maggiori perplessita' sono sorte con  riferimento
alle somme liquidate a seguito di un giudizio  il  cui  «percipiente»
risulti, infine, l'avvocato difensore. 
  Sul  tema  puntuale   occorre   distinguere   se   l'avvocato   sia
antistatario o semplice incaricato all'incasso. 
  Per  quanto  attiene  alle  spese  legali   distratte   in   favore
dell'avvocato difensore della  parte  vincitrice  nell'ambito  di  un
processo, l'art. 93 c.p.c. dispone che «Il difensore con procura puo'
chiedere che il giudice, nella stessa sentenza in cui  condanna  alle
spese, distragga in favore suo e degli altri  difensori  gli  onorari
non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipate». Dal  canto
suo, la giurisprudenza ha precisato che il credito sorge direttamente
a favore del  difensore  nei  confronti  del  soccombente,  dovendosi
escludere che si verta in un'ipotesi di cessione di credito, da parte
del cliente, al proprio difensore (Cassazione, sez. lavoro,  sentenza
n. 15639 del 18 ottobre 2003). 
  Conseguentemente, ove l'amministrazione sia parte soccombente,  con
riferimento al pagamento delle somme distratte ai sensi dell'art.  93
c.p.c., si e' dell'avviso che solo in capo al difensore debba  essere
effettuata la verifica prevista  dall'art.  48-bis  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 602/1973, in quanto effettivo titolare
del diritto di credito. 
  Al contrario, nel caso della procura all'incasso, pure rilasciata a
favore del proprio difensore, si rimarca che il mandato conferito  ad
un terzo non produce il trasferimento della titolarita'  del  diritto
di  credito  che  rimane,  cosi',  in  capo  al  mandante,  effettivo
beneficiario del pagamento, per cui si e' dell'avviso che la verifica
in  questione  debba  essere  effettuata  esclusivamente  in  capo  a
quest'ultimo. 
  D'altro  canto,  una  diversa  interpretazione   che   conduca   ad
effettuare la verifica  nei  confronti  del  soggetto  delegato  alla
riscossione   potrebbe   generare   prevedibili   effetti    elusivi,
vanificando, quindi, le  finalita'  perseguite  dall'art.  48-bis  in
ordine alla tutela dell'interesse erariale. 
7. Verifica ex articolo  48-bis  del  decreto  del  Presidente  della
  Repubblica n. 602/1973 e inadempienza contributiva 
  L'obbligo di verifica scaturente dall'art. 48-bis del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 602/1973 va pure  posto  in  relazione
alla presenza degli elementi  legittimanti  l'intervento  sostitutivo
previsto dall'art. 30, comma 5, del decreto legislativo n. 50/2016  -
come recentemente modificato dall'art. 20, comma 1, lettera  b),  del
decreto legislativo n. 56/2017  -  in  base  al  quale  «In  caso  di
inadempienza  contributiva  risultante   dal   documento   unico   di
regolarita'   contributiva   relativo    a    personale    dipendente
dell'affidatario o del subappaltatore  o  dei  soggetti  titolari  di
subappalti e cottimi di cui all'art. 105,  impiegato  nell'esecuzione
del contratto, la stazione appaltante trattiene  dal  certificato  di
pagamento l'importo corrispondente all'inadempienza per il successivo
versamento diretto agli enti previdenziali e assicurativi,  compresa,
nei  lavori,  la  cassa  edile.».   Peraltro,   siffatto   intervento
sostituivo, benche' con  un  orizzonte  in  parte  diverso,  e'  pure
previsto dall'art. 31, commi  3  e  seguenti,  del  decreto-legge  21
giugno 2013, n. 69, convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  9
agosto 2013, n. 98. 
  Infatti, puo' porsi un problema  di  potenziale  conflitto  tra  le
norme appena richiamate,  allorche',  in  sede  di  pagamento,  siano
riscontrate contemporaneamente entrambe le  ipotesi  di  inadempienza
considerate: contributiva e «fiscale». 
  In siffatta circostanza, quindi,  deve  essere  stabilito  se  vada
prioritariamente effettuato il  pagamento,  in  via  sostituiva,  dei
contributi dovuti dal beneficiario inadempiente, giusta  lettera  del
nominato art. 30, comma 5, del decreto legislativo n. 50/2016, ovvero
disposto il pagamento nei confronti dell'agente della  riscossione  a
fronte della verifica di cui  all'art.  48-bis  -  e  del  successivo
pignoramento ex art.  72-bis  -  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 602/1973. 
  Come accennato, l'art. 30, comma  5,  del  decreto  legislativo  n.
50/2016 - ma l'obbligo era stato gia' introdotto dall'art.  4,  comma
2, del decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  207/2010  -  in
sintesi prevede  che,  qualora  il  Documento  unico  di  regolarita'
contributiva - DURC relativo a personale dipendente  dell'affidatario
o del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e  cottimi
non  risultasse  regolare,  la  stazione  appaltante  e'   tenuta   a
trattenere   l'importo   corrispondente   all'inadempienza   per   il
successivo versamento diretto  ai  competenti  enti  previdenziali  e
assicurativi, mentre l'art. 48-bis del decreto del  Presidente  della
Repubblica  n.  602/1973,  in  presenza  di  cartelle  di   pagamento
inadempiute per un importo pari  almeno  alla  soglia  fissata  dalla
legge, concede all'agente della riscossione di procedere,  osservando
il procedimento delineato dal successivo art. 72-bis, al pignoramento
presso terzi. 
  Senonche', si reputa che,  a  fronte  della  possibilita'  concessa
all'agente  della  riscossione,  sussista  a  carico  della  stazione
appaltante un obbligo preciso, fissato ora pure da una norma di rango
primario - attuativa, in  particolare,  delle  direttive  dell'Unione
europea 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 26 febbraio 2014  -  in  ordine  all'effettuazione
dell'intervento sostituivo, in presenza di DURC irregolare. 
  Ne discende, cosi', che la verifica  di  cui  all'art.  48-bis  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973  dovrebbe  essere
eseguita con  riferimento  all'importo  residuo,  come  risultante  a
seguito   dell'intervento   sostitutivo,    ancora    spettante    al
beneficiario,  ove  superiore  alla  soglia  prevista  dal   medesimo
articolo. D'altro canto,  una  diversa  soluzione  presenterebbe  non
poche  criticita'.  Infatti,  va  considerato   che   l'irregolarita'
contributiva,  al  netto  dei  tempi  procedimentali  occorrenti,  e'
destinata a sfociare in un'iscrizione a  ruolo,  per  cui  effettuare
prima la verifica ai sensi dell'art. 48-bis potrebbe condurre  a  una
duplicazione di versamenti a  danno  del  beneficiario,  poiche',  in
prima battuta,  interverrebbe  il  pignoramento  dei  contributi  non
versati e iscritti a ruolo (per il quale, a  norma  dell'art.  72-bis
del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, e'  previsto
un  termine  di  sessanta  giorni  per   versare   all'agente   della
riscossione l'importo pignorato)  e,  successivamente,  all'atto  del
pagamento  della  differenza,  scatterebbe  l'intervento  sostitutivo
proprio per la medesima irregolarita' contributiva. 
  E' appena il  caso  di  soggiungere  che  l'interpretazione  teste'
prospettata e' in linea con l'orientamento formulato nella  circolare
n. 3/2012 diramata in data 16 febbraio 2012 dal Ministero del  lavoro
e delle politiche sociali, nonche' con  l'avviso  espresso  dall'INPS
nella circolare n. 54/2012 del 13 aprile 2012. 
  Nello specifico, nella circolare n. 3/2012 e' stato fatto  presente
che  le  finalita'  sottostanti  all'art.  48-bis  del  decreto   del
Presidente  della  Repubblica  n.   602/1973   non   sembrano   poter
interferire  con  l'attuazione  dell'intervento   sostitutivo   della
stazione   appaltante   in   caso   di   riscontrata    irregolarita'
contributiva,  atteso  che  l'intervento  sostitutivo,  anche   nelle
ipotesi  di  inadempienza  verificata  ai  sensi  dell'art.   48-bis,
impedisce il pagamento dell'appaltatore, in quanto le somme spettanti
originariamente a quest'ultimo sono versate  direttamente  agli  enti
previdenziali, senza intaccare il principio  contenuto  nel  medesimo
art. 48-bis. 
  In  conclusione,  quindi,  sulla  scorta  anche  di   una   lettura
costituzionalmente orientata delle disposizioni in  rassegna,  tenuto
conto, in particolare, dei principi enucleabili  dall'art.  38  della
Costituzione, si ritiene che la verifica di cui all'art.  48-bis  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973  vada  effettuata
con riferimento all'importo che  residua  a  seguito  dell'intervento
sostitutivo, sempreche' detto importo risulti superiore, a  decorrere
dal 1° marzo 2018, alla soglia di cinquemila euro. 
8. Cessione del credito 
  La tematica afferente alla cessione del credito e' da ritenere,  in
relazione  all'applicazione  dell'art.   48-bis   del   decreto   del
Presidente della Repubblica n. 602/1973, tra quelle  rivelatesi  piu'
complesse. 
  Cio' premesso, si ricorda che  varie  indicazioni  in  merito  sono
state gia' illustrate nelle circolari n. 22/RGS del 2008 e n.  29/RGS
del 2009, alle quali si rinvia. 
  In buona sostanza e a titolo esemplificativo, volendo schematizzare
i termini del problema, nell'ipotesi di cessione del credito,  quanto
all'applicazione dell'art. 48-bis del decreto  del  Presidente  della
Repubblica  n.  602/1973,  possono  fondamentalmente  verificarsi  le
seguenti situazioni: 
    a) il cedente presta il proprio assenso, secondo il  procedimento
descritto nella circolare  n.  29/RGS  del  2009,  a  far  effettuare
immediatamente la verifica di inadempienza a proprio carico da  parte
dell'amministrazione ceduta che, conseguentemente, dara' notizia  dei
relativi esiti al cessionario. Soltanto nel caso,  poi,  che  l'esito
risulti di  «non  inadempimento»,  l'amministrazione  provvedera'  ad
effettuare,  al  momento  del   pagamento,   una   seconda   verifica
esclusivamente nei confronti del cessionario; 
    b) il cedente, al contrario, non presta il proprio assenso a  far
effettuare la verifica prevista dall'art. 48-bis, con l'effetto  che,
a prescindere  dall'accettazione  anche  tacita  dell'amministrazione
ceduta, quest'ultima sara' tenuta a effettuare la verifica de qua nei
confronti  del  solo  cedente,  originario  creditore,  all'atto  del
pagamento  a  favore  del   cessionario,   da   ritenere,   peraltro,
consapevole del rischio  che  il  cedente  possa  risultare,  infine,
inadempiente agli obblighi di versamento di cartelle di pagamento. 
  E' appena il caso di  soggiungere  che  nell'evenienza  prospettata
alla lettera b), si reputa opportuno, oltre  ad  essere  maggiormente
trasparente, che l'amministrazione ceduta si adoperi per non prestare
il proprio consenso alla cessione del credito, anche per  scongiurare
possibili contestazioni. 
9. Verifica ex articolo  48-bis  del  decreto  del  Presidente  della
  Repubblica n. 602/1973 e fermo amministrativo 
  Un  problema  di  compatibilita'  normativa  si  e'  posto  tra  la
verifica, e i suoi effetti, di cui all'art. 48-bis  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 602/1973  e  il  fermo  amministrativo
disciplinato dall'art. 69, sesto e settimo comma, del  regio  decreto
n. 2440/1923, secondo  il  quale  «Qualora  un'amministrazione  dello
Stato che abbia, a qualsiasi titolo, ragione di credito verso  aventi
diritto  a  somme  dovute  da  altre  amministrazioni,  richieda   la
sospensione del pagamento, questa deve essere eseguita in attesa  del
provvedimento definitivo. 
  Tra le amministrazioni dello Stato devono intendersi le Agenzie  da
esso istituite, anche quando dotate di personalita'  giuridica.  Alle
predette amministrazioni devono intendersi equiparate  l'Agenzia  del
demanio  e  l'Agenzia  per   le   erogazioni   in   agricoltura,   in
considerazione sia della natura delle funzioni svolte,  di  rilevanza
statale e riferibili direttamente allo  Stato,  sia  della  qualita',
relativamente  all'Agenzia  per  le  erogazioni  in  agricoltura,  di
rappresentante dello Stato italiano nei confronti  della  Commissione
europea ai sensi del decreto legislativo 27 maggio 1999,  n.  165,  e
successive modificazioni.». 
  Il problema che si e' presentato  attiene,  piu'  nello  specifico,
alla vigenza dell'istituto del fermo amministrativo dopo l'entrata in
vigore dell'art. 48-bis del decreto del Presidente  della  Repubblica
n.  602/1973,  attese  le  non   trascurabili   analogie   esistenti,
soprattutto   con   riguardo   all'esigenza    per    le    pubbliche
amministrazioni di non pagare chi, per altro verso, risulta essere un
proprio debitore. 
  Tuttavia, una disamina attenta  delle  richiamate  disposizioni  fa
emergere una serie di differenze sostanziali  che,  quindi,  porta  a
concludere per la vigenza della disciplina del fermo amministrativo. 
  A dispetto delle aree di sovrapposizione, va inizialmente  rilevato
come l'art. 69, sesto comma, del regio decreto  n.  2440/1923,  abbia
presupposti e finalita' distinte rispetto all'art. 48-bis del decreto
del Presidente della Repubblica n. 602/1973, il quale,  si  rammenta,
presuppone l'esistenza di ruoli gia' emessi e tradotti in cartelle di
pagamento rimaste senza esito, a prescindere  dal  soggetto  titolare
del credito espresso nelle stesse, ed e' norma  volta  a  rafforzarne
l'esecutivita', con l'effetto di escludere che i debitori  morosi  di
somme iscritte a ruolo possano beneficiare,  grazie  al  pignoramento
azionabile dall'agente della riscossione, di  pagamenti  disposti  da
pubbliche amministrazioni. 
  Il  fermo  amministrativo,  invece,  e'   azionabile   dalle   sole
amministrazioni creditrici appartenenti allo Stato o rientranti nelle
agenzie istituite dallo Stato stesso, essendo  loro  riconosciuta  la
facolta' di chiedere alle  amministrazioni  debitrici,  se  anch'esse
appartenenti allo Stato, di sospendere i propri pagamenti  quando  le
prime ritengano di avere verso il beneficiario del pagamento medesimo
ragioni di credito, anche se non ancora confermate da titoli  che  vi
attribuiscano certezza, liquidita' ed esigibilita'. In  concreto,  la
norma  mira  evidentemente  a  tutelare,   in   via   cautelare,   la
possibilita' di soddisfare, in un prossimo futuro, un  credito  dello
Stato, una volta divenuto certo, liquido ed esigibile,  eventualmente
anche attraverso la compensazione legale con i  crediti  vantati  dal
soggetto debitore dei primi. 
  Fermo amministrativo e verifica disciplinata dall'art.  48-bis  del
decreto del Presidente della Repubblica  n.  602/1973  costituiscono,
dunque,  istituti  aventi  un  diverso  raggio  d'azione  e   diversi
presupposti  e  finalita',  benche'  possano  risultare,  in  qualche
misura, complementari tra loro  (Cassazione,  sez.  5,  ordinanza  n.
15017 del 16 giugno 2017). 
10. Aggiornamenti sul trattamento delle irregolarita' 
  Riguardo al  trattamento  di  eventuali  irregolarita',  in  ordine
all'effettuazione della  verifica  prescritta  dall'art.  48-bis  del
decreto del Presidente della Repubblica n.  602/1973  e  dal  decreto
ministeriale  n.  40/2008,  sono  state  fornite  indicazioni   nella
circolare n. 27/RGS del 2011, alla quale si rinvia. 
  Tuttavia, come noto, dal 1° luglio 2017 e' stato  istituito  l'ente
pubblico economico Agenzia delle  entrate-Riscossione,  in  luogo  di
Equitalia  servizi  di  riscossione  S.p.a.,  per  cui  e'   maturata
l'esigenza di aggiornare il modello denominato allegato A, unito alla
predetta circolare n. 27/RGS del 2011,  il  quale  e'  da  intendersi
sostituito con il nuovo allegato A  accluso  alla  presente.  Tra  le
modifiche di maggior rilievo, si segnala l'eliminazione del numero di
telefax dell'agente della riscossione, dovendo l'anzidetto Allegato A
essere trasmesso, al ricorrere  dei  presupposti  previsti  e  previa
trasformazione in  documento  digitale  (file  .pdf),  esclusivamente
tramite     posta     elettronica      certificata      all'indirizzo
sospensione.mandati@pec.agenziariscossione.gov.it    -    utilizzando
necessariamente una casella di posta istituzionale. 
  Il procedimento da seguire puo' essere cosi' compendiato. 
  Allorche' in sede di  controllo  di  regolarita'  amministrativa  e
contabile uno dei soggetti di cui all'art. 2, comma  1,  del  decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 286, rilevi l'omissione della verifica
prescritta  dall'art.  48-bis  del  decreto  del   Presidente   della
Repubblica n. 602/1973, senza che ricorra una  delle  fattispecie  di
esclusione dall'obbligo della stessa, l'amministrazione dovra' essere
invitata ad effettuare - entro un termine che puo'  utilmente  essere
fissato in dieci giorni lavorativi - una verifica  «ora  per  allora»
finalizzata a riscontrare se la mancata verifica  in  discorso  abbia
aggravato  o  compromesso   per   l'agente   della   riscossione   la
possibilita'  di  recuperare  quanto  dovuto  dal  beneficiario   per
cartelle di pagamento scadute e  inevase.  Ad  ogni  buon  fine,  non
sembra  fuori  luogo   richiamare   l'attenzione   sul   fatto   che,
nell'espletamento  di  simili  riscontri,  occorre  tener  conto  dei
diversi importi indicati dall'art. 48-bis e  succedutisi  nel  tempo,
per cui va presa in considerazione la soglia applicabile  al  momento
in cui si e' compiuta la  rilevata  irregolarita',  non  gia'  quella
vigente al momento del controllo. 
  Cosi', nelle more dell'implementazione di un sistema telematico che
renda  possibile  effettuare  on  line  il   predetto   accertamento,
l'amministrazione - attraverso l'operatore incaricato di procedere al
servizio di verifica ai sensi  dell'art.  4,  comma  1,  del  decreto
ministeriale  n.  40/2008  -  dovra'  formulare  apposita  richiesta,
secondo il facsimile unito alla presente circolare (allegato  A),  da
inviare all'AdER esclusivamente per  posta  elettronica  certificata,
secondo le indicazioni poc'anzi esposte. 
  Sulla scorta della predetta richiesta, l'agente  della  riscossione
sara' in grado di accertare se il beneficiario del pagamento si trova
attualmente in posizione  di  inadempienza  rispetto  all'obbligo  di
versamento derivante  dalla  notifica  di  una  o  piu'  cartelle  di
pagamento per un ammontare complessivo pari o superiore  alla  soglia
legalmente individuata - sino, ovviamente, all'importo del  pagamento
- e, nel solo caso affermativo, se tale posizione di inadempienza era
gia' esistente, sulla  base  dell'obbligo  derivante  dalle  medesime
cartelle, all'epoca in cui e' stato  effettuato  dall'amministrazione
il pagamento al beneficiario. 
  L'esito  del  suddetto  accertamento  sara'  comunicato   da   AdER
direttamente all'amministrazione interessata, nel termine  di  trenta
giorni, sempre attraverso posta elettronica certificata. 
  Laddove l'esito dell'accertamento palesi  un  perdurante  stato  di
inadempimento a carico del  beneficiario,  gli  organi  di  controllo
provvederanno senza indugio - e, comunque, nel rispetto  dei  termini
di prescrizione indicati dall'art. 1 della legge 14 gennaio 1994,  n.
20,  e  dall'art.  66  del  decreto  legislativo  n.  174/2016  -   a
trasmettere apposita denuncia alla competente Procura regionale della
magistratura contabile. 
  Va da se' che, in presenza di uno specifico invito del  soggetto  o
dei soggetti preposti al controllo di  regolarita'  amministrativa  e
contabile, qualora  l'Amministrazione  non  provveda  ad  effettuare,
secondo il procedimento  delineato,  il  dovuto  accertamento  presso
AdER, inevitabilmente, dovra' essere inoltrata, a  causa  del  palese
contegno  omissivo,  la  relativa  segnalazione   alla   magistratura
contabile, denunciando i fatti occorsi. 
11. Pagamento di tributi a favore di societa' di capitali 
  In virtu' di rapporti concessori, essenzialmente  con  riguardo  al
settore degli enti territoriali, puo'  accadere  che  taluni  tributi
locali dovuti da una  pubblica  amministrazione  siano  materialmente
riscossi  da  una  societa'  di  capitali,  cioe'  da   un   soggetto
formalmente di natura privata. Avviene, ad esempio,  che  la  Tariffa
rifiuti - TARI spettante  ai  Comuni  sia  in  concreto  riscossa  da
societa' di capitali partecipate dagli  stessi  (attualmente,  e'  il
caso, tra gli altri, di Roma Capitale, dove la TARI  e'  riscossa  da
AMA S.p.a., del Comune di Venezia, dove la riscossione e'  curata  da
Veritas S.p.a., del Comune di Firenze  con  Alia  servizi  ambientali
S.p.a. e del Comune di Ancona con Ancona entrate s.r.l.), per cui  e'
sorto  il  dubbio  se,  all'atto  del  pagamento,  occorra  procedere
preliminarmente  ad  effettuare  la  verifica  contemplata  dall'art.
48-bis del decreto del Presidente della Repubblica  n.  602/1973  nei
confronti della societa' beneficiaria. 
  In merito, come si e' avuto modo di  chiarire  nella  circolare  n.
22/RGS del 2008, e' da ritenere che  non  rientrino  nell'obbligo  di
verifica  in  discorso  i  versamenti   di   tributi   o   contributi
assistenziali e previdenziali, e  cio'  a  prescindere  dalla  natura
giuridica del soggetto  deputato  alla  gestione  della  riscossione,
trattandosi  di  versamenti  direttamente  sanciti  dalla  legge,  in
sostanziale applicazione  degli  obblighi  tributari  scaturenti  dai
principi costituzionali in materia (principalmente, articoli 23 e  53
della Costituzione). 
12. Frazionamento dei pagamenti 
  Nella circolare n. 22/RGS del 2008, alla quale pure si rimanda  per
altri approfondimenti, si e' avuto modo di esplicitare come si  ponga
in contrasto con la disciplina recata dall'art.  48-bis  del  decreto
del Presidente della Repubblica  n.  602/1973  il  frazionamento  dei
pagamenti, poiche', tra l'altro, si  avrebbe  l'effetto  di  disporre
piu' rimesse finanziarie al di sotto della soglia  prevista,  con  la
conseguenza di eludere i vincoli di legge sulla prescritta verifica. 
  Tale artificioso frazionamento, ovviamente,  va  considerato  tanto
con riguardo alle eventuali esigenze del beneficiario quanto a quelle
dell'amministrazione debitrice. 
  In pratica, il divieto di artificioso  frazionamento  comporta  che
nessuna rilevanza puo' avere, ad esempio, un'istanza del beneficiario
volta a diluire nel tempo il proprio credito a fronte di  un  credito
unitario il quale, almeno ai fini in discorso, non  puo'  che  essere
considerato indivisibile. 
  Parimenti senza effetti,  sempre  in  relazione  agli  obblighi  di
verifica     in     argomento,     deve     ritenersi      l'esigenza
dell'amministrazione, in  presenza  di  una  liquidazione  unica,  di
procedere a una suddivisione dei  pagamenti,  magari  per  motivi  di
cautela  in  ragione  di  prestazioni  o  forniture  non  del   tutto
soddisfacenti, dovendo, in siffatta evenienza, agire per  tutelare  i
propri interessi con l'esercizio dei pertinenti diritti  riconosciuti
dall'ordinamento (quali, ad esempio, il diritto di recesso,  l'azione
di risoluzione, ecc.), senza optare per «scomporre» l'importo dovuto. 
  E' appena il caso di soggiungere  che  in  ipotesi  di  artificioso
frazionamento e' stata riconosciuta, da parte del giudice  contabile,
l'esistenza di un danno  erariale  in  misura  pari  alla  somma  dei
pagamenti frazionatamente  eseguiti  (Corte  dei  conti,  sez.  giur.
Calabria, sentenza n. 66 del 1° aprile 2016). 
13. Considerazioni conclusive 
  L'analisi di nuove fattispecie e l'esperienza maturata nel tempo ha
permesso, anche attraverso il continuo e proficuo  confronto  con  il
Dipartimento  delle  finanze,  di   approfondire   ulteriormente   le
problematiche   rivenienti   dall'applicazione    della    disciplina
introdotta  dall'art.  48-bis  del  decreto  del   Presidente   della
Repubblica n.  602/1973  e  dalle  novita'  legislative  succedutesi,
consentendo di giungere alla formulazione del presente  documento  di
prassi che va ad arricchire le indicazioni gia' diffuse in merito. 
  Nel convincimento che lo strumentario cosi' fornito possa essere di
significativo aiuto nello svolgimento delle attivita'  di  controllo,
si auspica una fattiva  e  proficua  collaborazione  nel  seguire  le
indicazioni  diramate,  promuovendo  pure  la  loro  conoscenza  agli
operatori delle pubbliche amministrazioni interessate. 
    Roma, 21 marzo 2018 
 
                           Il Ragioniere generale dello Stato: Franco 
Il direttore generale delle finanze: Lapecorella