IL GARANTE PER LA PROTEZIONE 
                         DEI DATI PERSONALI 
 
  Nella riunione odierna, alla  quale  hanno  preso  parte  il  prof.
Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra  Cerrina  Feroni,
vicepresidente, l'avv. Guido Scorza,  componente  e  il  cons.  Fabio
Mattei, segretario generale; 
  Visto il regolamento (UE) 2016/679 del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio, del 27 aprile 2016 (di seguito, «Regolamento»); 
  Visto il Codice  in  materia  di  protezione  dei  dati  personali,
recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale  al
regolamento (UE) 2016/679 (decreto  legislativo 30  giugno  2003,  n.
196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n.  101,
di seguito «Codice»); 
  Visti in particolare l'art. 15 e i  considerando 27, 63  e  64  del
regolamento,  nonche'  l'art.  2-terdecies  del   codice,   rubricati
rispettivamente «diritto  di  accesso  dell'interessato»  e  «diritti
riguardanti le persone decedute»; 
  Ritenuto opportuno e non ulteriormente  procrastinabile  alla  luce
delle numerose istanze (segnalazioni, reclami e richieste di  parere)
pervenute nel corso del tempo  sul  tema  dell'accesso  da  parte  di
chiamati all'eredita' e di eredi ai dati dei beneficiari  di  polizze
assicurative  stipulate  in  vita  da   persone   decedute,   fornire
chiarimenti  e  indicazioni  di  carattere  generale  sulle  suddette
disposizioni, che hanno generato dubbi interpretativi,  incertezze  e
difficolta' applicative sia per le imprese assicurative sia  per  gli
interessati, anche in ragione delle  contrastanti  decisioni  assunte
dalla giurisprudenza di merito; 
  Viste le osservazioni formulate dal segretario  generale  ai  sensi
dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000; 
  Relatore la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni; 
 
                              Premesso: 
 
1. Il quadro normativo di riferimento 
  L'art. 4 del regolamento,  contiene  una  nozione  estesa  di  dato
personale, costituito  da  «qualsiasi  informazione  riguardante  una
persona fisica identificata o  identificabile»  anche  indirettamente
mediante riferimento a qualsiasi altra informazione. 
  L'obiettivo  generale  del  diritto  di  accesso   previsto   dalla
disciplina di protezione dati e' quello di fornire  agli  interessati
informazioni sufficienti, trasparenti e facilmente  accessibili,  sul
trattamento dei dati personali che li riguarda. 
  Occorre tenere presente che tale diritto,  a  differenza  di  altre
forme di accesso previste dall'ordinamento, non consente,  di  norma,
di ottenere informazioni personali riferite a  terzi,  cioe'  a  dati
riferiti a soggetti diversi dall'interessato. E' peraltro  lo  stesso
art. 15, par. 4, del regolamento a prevedere  espressamente  che  «Il
diritto di ottenere una copia [dei dati] di cui al  paragrafo  3  non
deve ledere i diritti  e  le  liberta'  altrui»  (art.  15,  par.  4,
regolamento (UE) 2016/679). 
  La normativa nazionale in materia di protezione  dati,  avvalendosi
della facolta' prevista dal considerando n. 27  del  regolamento,  ha
disciplinato anche  la  possibilita'  di  esercitare  il  diritto  di
accesso in relazione ai dati riguardanti le persone decedute. 
  In questo ambito, infatti, l'art. 2-terdecies, comma 1  del decreto
legislativo n.  196/2003  -  in  linea  di  continuita'  con   quanto
stabilito dal previgente art. 9, comma 3, del Codice - prevede che «i
diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del regolamento  riferiti  ai
dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati
da chi ha un interesse proprio, o agisce a  tutela  dell'interessato,
in qualita' di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli  di
protezione». 
  La disciplina dell'art. 2-terdecies prevede dunque l'esercizio, nei
confronti dei titolari del  trattamento,  dei  diritti  previsti  dal
regolamento (artt. 12-22), anche dopo  il  decesso  dell'interessato,
stabilendo che possono essere esercitati, tra l'altro, da «chi ha  un
interesse  proprio  [...]  o  per  ragioni  familiari  meritevoli  di
protezione». La portata e l'ampiezza dei diritti esercitabili non  e'
pero' (ne' sarebbe possibile, in ragione della gerarchia tra le fonti
normative) incisa dalla disposizione: con  riferimento  all'esercizio
del diritto di accesso, previsto  dall'art.  15  del  regolamento,  i
soggetti legittimati a esercitarlo hanno quindi diritto di  conoscere
le stesse informazioni che avrebbe potuto conoscere l'interessato. 
  In questo senso assume rilevanza anche l'art. 52  della  Carta  dei
diritti fondamentali dell'Unione europea, il cui comma  1  stabilisce
che  «[e]ventuali  limitazioni  all'esercizio  dei  diritti  e  delle
liberta' riconosciuti dalla [...] Carta devono essere previste  dalla
legge e  rispettare  il  contenuto  essenziale  di  detti  diritti  e
liberta'. Nel rispetto del  principio  di  proporzionalita',  possono
essere  apportate  limitazioni  solo  laddove  siano   necessarie   e
rispondano  effettivamente  a   finalita'   di   interesse   generale
riconosciute dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e  le
liberta' altrui.» 
2. La giurisprudenza di merito  sulla  conoscibilita'  dei  dati  dei
beneficiari di polizze assicurative 
  Su questo tema, nel corso  del  tempo,  si  sono  espressi  diversi
giudici di merito, con pronunce ora  favorevoli  ora  contrarie  alla
conoscibilita' dei dati del terzo beneficiario di  polizze  stipulate
in vita da persona deceduta. 
  Gli indirizzi che si sono delineati, anche vigente l'attuale quadro
normativo, muovono da istanze di esercizio del diritto di accesso  ai
dati del de  cuius  rivolte  alle  imprese  assicuratrici,  ai  sensi
dell'art. 2-terdecies del Codice, da soggetti chiamati all'eredita' o
da eredi e sono riconducibili a due filoni interpretativi: 
    1) quello (1) che  ha  ritenuto  che  la  compagnia  assicurativa
dovesse comunicare al richiedente i nominativi dei soggetti designati
dal de cuius quali beneficiari  della  polizza  perche'  in  concreto
funzionali alla tutela dei diritti ereditari dell'istante e  pertanto
necessari per accertare, esercitare o difendere un  diritto  in  sede
giudiziaria di quest'ultimo,  rinvenendo,  nel  quadro  normativo  in
materia di  protezione  dati  personali,  indici  che  consentono  la
prevalenza del diritto di  difesa  giudiziale  (art.  24  Cost.)  sul
diritto alla riservatezza del soggetto al quale i dati afferiscono, a
condizione che  questi  ultimi  vengano  effettivamente  prodotti  in
giudizio e che risultino necessari, pertinenti  e  non  eccedenti  al
perseguimento della finalita' difensiva.  Piu'  precisamente,  si  e'
ritenuto che: 
      l'interesse alla riservatezza dei dati personali debba  cedere,
a fronte della tutela di altri  interessi  giuridicamente  rilevanti,
dall'ordinamento  configurati   come   prevalenti,   nel   necessario
bilanciamento operato, fra i quali l'interesse, ove autentico  e  non
surrettizio,  all'esercizio  del  diritto  di  difesa  in   giudizio,
precisando che, il controllo «in negativo», da svolgere, consista nel
verificare che non si tratti di  un'istanza  del  tutto  pretestuosa,
come sarebbe ove il richiedente non vanti, neppure in  astratto,  una
posizione  di  diritto  soggettivo  sostanziale,  che  si  ricolleghi
all'esigenza di conoscenza dei dati per farlo valere; 
      il diritto alla difesa giudiziale non possa essere interpretato
in senso restrittivo, correlato,  cioe',  alla  conoscenza  dei  soli
«dati personali del de cuius», atteso che l'art.  4  del  regolamento
prevede una nozione ampia di dato  personale,  nella  quale  appaiono
riconducibili  anche  i  dati  dei   beneficiari   di   una   polizza
assicurativa stipulata da un soggetto defunto; 
    2) quello (2) che ha  statuito  che  l'impresa  assicuratrice  ha
l'obbligo di fornire all'erede tutte le  informazioni  relative  alle
polizze stipulate dal de cuius, ma esclusivamente con riferimento  ai
dati personali di  quest'ultimo  e  con  esclusione  dell'obbligo  di
fornire i dati dei terzi beneficiari, a meno che questi ultimi non vi
consentano. 
  Tale linea interpretativa, trova il suo fondamento nel principio di
diritto formulato dalla suprema Corte nel 2015  (3) (e affermato piu'
volte dallo stesso garante, vigente  l'abrogato  codice)  secondo  il
quale, tra i  dati  concernenti  persone  decedute  accessibili  agli
eredi, a  norma  dell'abrogato  art.  9,  comma  3  del  codice  (ora
2-terdecies del codice), non rientrano quelli identificativi di terze
persone, quali i beneficiari della polizza sulla vita  stipulata  dal
de cuius (in quanto soggetti terzi rispetto al rapporto  contrattuale
assicurativo  che   hanno   diritto   alla   tutela   della   propria
riservatezza), ma soltanto quelli riconducibili alla sfera  personale
di quest'ultimo. Al riguardo si e' altresi' affermato  che  non  puo'
ritenersi legittimata un'indifferenziata e generica  possibilita'  di
accesso a dati di terzi con finalita' meramente esplorativa. 
  In base a tale orientamento, inoltre, mentre  la  conoscenza  delle
polizze assicurative sottoscritte da un de cuius e dell'ammontare dei
premi  versati  e'  indispensabile  al  fine  di  ricostruire  l'asse
ereditario (atteso che, nei contratti  di  assicurazione  sulla  vita
stipulati in favore di  terzi,  i  premi  assicurativi  costituiscono
oggetto di donazione indiretta  e  come  tali  sono  suscettibili  di
riduzione),  l'interesse  a  conoscere   anche   i   nominativi   dei
beneficiari  delle  polizze,  sussiste  solo  qualora   si   dimostri
l'entita'  della  lesione  della  propria  quota   di   legittima   e
l'insufficienza   a   reintegrarla   con   le    sole    disposizioni
testamentarie. Soltanto in tale ipotesi infatti,  sarebbe  necessario
identificare  i  terzi  designati  cosi'  da  poter  agire  nei  loro
confronti. 
3. L'orientamento della Corte di cassazione 
  La suprema Corte, con pronuncia dell'8 settembre 2015 nel  rivedere
la decisione del Tribunale di Verona n. 53/2011, ha affermato che «il
diritto di accesso riconosciuto dalle predette disposizioni [artt.  7
e 8 del Codice all'epoca vigente] ha ad oggetto i dati personali  che
riguardano direttamente la persona richiedente  che,  per  legge,  e'
l'unica titolare dell'interesse, meritevole  di  tutela,  a  ricevere
quelle informazioni» e che «l'accesso ai dati di terze  persone,  non
e' giustificabile alla  luce  del  citato  art.  9,  comma  3  [norma
antecedente  corrispondente  all'attuale  2-terdecies],   il   quale,
attribuendo al richiedente il diritto di accedere ai «dati  personali
concernenti persone decedute», fa chiaro ed esclusivo riferimento  ai
dati della persona deceduta» e aggiunge  altresi'  che  «quindi  tale
diritto non autorizza l'accesso ai dati personali non riferiti al  de
cuius, come i terzi beneficiari dei contratti stipulati dal primo». 
  Recentemente la Corte ha  esaminato  nuovamente  la  questione  con
l'ordinanza del 13 dicembre 2021. 
  In tale occasione, la Corte ha osservato  che  la  fattispecie  non
riguardasse l'esercizio del diritto di accesso a dati riferiti al  de
cuius (come  invece  quella  di  cui  alla  precedente  pronuncia  n.
17790/2015), in quanto  aveva  a  oggetto  una  chiara  ed  esplicita
istanza di conoscere i dati  di  terzi,  motivata  dall'esigenza  «di
intraprendere una controversia giudiziale di natura ereditaria  o  di
annullamento degli atti dispositivi  del  de  cuius  per  incapacita'
naturale». 
  In tale caso, pertanto,  nel  bilanciamento  tra  i  diritti  e  le
liberta' dell'interessato (a cui i dati  si  riferiscono,  ovvero  il
terzo beneficiario) e l'esercizio di un diritto in  sede  giudiziaria
da parte del richiedente, si e' richiamato l'art. 6, par. 1, lett. f)
del regolamento (legittimo interesse) del titolare o di terzi. 
  La Corte ha infatti osservato che l'art. 6, par. 1,  lett.  f)  del
regolamento prevede che il trattamento e' lecito  se  e'  «necessario
per  il  perseguimento  del  legittimo  interesse  del  titolare  del
trattamento o di terzi, a condizione che non prevalgano gli interessi
o  i  diritti  e  le  liberta'  fondamentali   dell'interessato   che
richiedono  la  protezione  dei  dati  personali».   Secondo   quanto
affermato   dalla   giurisprudenza   di    legittimita',    pertanto,
«l'interesse alla riservatezza  dei  dati  personali  deve  cedere  a
fronte della tutela di altri interessi giuridicamente rilevanti,  tra
i quali l'interesse, ove autentico e non  surrettizio,  all'esercizio
del diritto di difesa in giudizio». 
4. Le Linee guida n. 1/2022 in tema  di  «esercizio  del  diritto  di
accesso» 
  Con riferimento al tema in esame, il 18 gennaio 2022,  lo  European
Data Protection Board (EDPB) ha adottato le linee guida  relative  al
diritto di accesso dell'interessato ai propri dati personali  (varate
in via definitiva  il  28  marzo  2023  a  seguito  di  consultazione
pubblica), sancito dall'art. 8 della Carta dei  diritti  fondamentali
dell'UE e dall'art. 15 del regolamento UE  2016/679  dalle  quali  e'
rilevabile un orientamento in ordine alla possibilita' di accesso  ai
dati dei terzi. 
  In relazione alla tematica oggetto dell'odierno  provvedimento,  si
richiama l'attenzione, in particolare, sui seguenti punti: 
    4.2.1, par. 104: «Il diritto di accesso  puo'  essere  esercitato
esclusivamente in relazione ai dati  personali  dell'interessato  che
chiede  l'accesso  o,  se  del  caso,  di  una  persona   o   di   un
rappresentante autorizzato. Vi sono anche situazioni in  cui  i  dati
non hanno un legame  con  la  persona  che  esercita  il  diritto  di
accesso, ma con un'altra persona. L'interessato ha  tuttavia  diritto
soltanto ai dati personali che lo riguardano, escludendo i  dati  che
riguardano solo qualcun altro»; 
    4.2.1. par. 105: «La classificazione dei dati come dati personali
che riguardano l'interessato non dipende tuttavia dal fatto che  tali
dati personali si  riferiscano  anche  a  qualcun  altro.  E'  quindi
possibile  che  i  dati  personali  si  riferiscano  a  piu'  persone
contemporaneamente. Cio' non significa automaticamente che  l'accesso
ai dati personali relativi anche a terzi debba  essere  concesso,  in
quanto il titolare del trattamento deve  attenersi  all'art.  15  (4)
GDPR»; 
    6.2 par. 168: «Ai sensi dell'articolo 15, paragrafo 4, del  RGPD,
il diritto di ottenere una  copia  non  pregiudica  i  diritti  e  le
liberta' altrui. Le spiegazioni  di  tale  limitazione  sono  fornite
nella quinta e nella sesta frase del considerando 63; 
    6.2 par. 173: «In linea con il considerando 4 del RGPD e  con  la
ratio sottesa all'articolo 52, paragrafo 1, della Carta  europea  dei
diritti fondamentali, il diritto alla protezione dei  dati  personali
non e' un diritto assoluto. Pertanto, anche l'esercizio  del  diritto
di accesso deve essere  bilanciato  con  altri  diritti  fondamentali
conformemente al principio di proporzionalita'. Quando la valutazione
ai sensi dell'articolo 15 (4) del RGPD dimostra che il rispetto della
richiesta ha effetti negativi sui  diritti  e  sulle  liberta'  degli
altri soggetti in causa (fase 1), gli interessi di tutte le parti  in
causa  devono  essere  ponderati  tenendo  conto  delle   circostanze
specifiche del caso e  in  particolare  della  probabilita'  e  della
gravita'  dei  rischi  presenti  nella  comunicazione  dei  dati.  Il
titolare del trattamento dovrebbe cercare  di  conciliare  i  diritti
confliggenti (fase  2),  ad  esempio  attuando  misure  adeguate  per
attenuare il rischio  per  i  diritti  e  le  liberta'  altrui.  Come
sottolineato al considerando 63, la protezione dei  diritti  e  delle
liberta' altrui in virtu' dell'articolo 15, paragrafo 4, del RGPD non
dovrebbe comportare il  rifiuto  di  fornire  tutte  le  informazioni
all'interessato. Cio' significa, ad  esempio,  nei  casi  in  cui  si
applica la limitazione in oggetto, che  le  informazioni  riguardanti
terzi devono essere rese illeggibili per quanto possibile  invece  di
rifiutare di fornire una copia dei dati personali.  Tuttavia,  se  e'
impossibile trovare una soluzione che riconcili i diversi  interessi,
il titolare del trattamento deve decidere in una seconda  fase  quale
dei diritti e delle liberta' confliggenti prevalga (fase 3)». 
5. La posizione del Garante 
  Dal quadro  sopra  delineato,  emerge  l'esigenza  che  il  Garante
esprima  un  proprio  orientamento,  volto  a  ridurre   l'incertezza
interpretativa che si e' determinata in materia. 
  Al riguardo, si ritiene che  tra  i  dati  ai  quali  e'  possibile
accedere ai  sensi  del  combinato  disposto  tra  gli  art.  15  del
regolamento  e  2-terdecies  del  codice,  rientrino  anche  i   dati
personali dei beneficiari di polizze assicurative accese in  vita  da
una persona deceduta, in presenza di determinati presupposti e previa
attenta valutazione comparativa tra gli interessi in gioco effettuata
dall'impresa assicuratrice titolare del trattamento. 
  Considerato che la tutela della riservatezza dei dati personali non
ha un valore assoluto, il titolare del trattamento deve  contemperare
tale diritto con quello di difendersi in giudizio esercitato da colui
che accede ai dati personali del de cuius. 
  Secondo   quanto   affermato   dalla   stessa   giurisprudenza   di
legittimita',  infatti,  «l'interesse  alla  riservatezza  dei   dati
personali deve cedere  a  fronte  della  tutela  di  altri  interessi
giuridicamente rilevanti, tra i quali l'interesse,  ove  autentico  e
non surrettizio, all'esercizio del diritto di difesa in giudizio». 
  Cio'  significa  che  a  fronte  del   dichiarato   interesse   del
richiedente a conoscere anche  i  nominativi  dei  beneficiari  delle
polizze, il titolare deve eseguire un «controllo in negativo», che si
risolve nel verificare che non si  tratti  di  un'istanza  del  tutto
pretestuosa. 
  In questo senso il titolare dovra' verificare  la  sussistenza  dei
presupposti di seguito indicati: 
    1) che il soggetto che esercita il diritto di accesso ai dati del
defunto  sia  portatore  di  una  posizione  di  diritto   soggettivo
sostanziale in ambito successorio, corrispondente  alla  qualita'  di
chiamato all'eredita' o di erede; 
    2) che l'interesse  perseguito  sia  concreto  e  attuale,  cioe'
realmente esistente al momento dell'accesso ai  dati,  strumentale  o
prodromico alla difesa di un  proprio  diritto  successorio  in  sede
giudiziaria. 
  Si invitano i titolari del  trattamento  a  valutare  l'adeguatezza
dell'informativa resa sia al contraente che al/i beneficiario/i delle
polizze (rispettivamente ai sensi dell'art. 13 e dell'art. 14, par. 1
lett. e) del regolamento) alle  indicazioni  contenute  nel  presente
provvedimento. 
  Il soggetto che riceve i dati dell'interessato dovra', a sua volta,
nel trattare i dati ricevuti, rispettare rigorosamente  la  finalita'
di tutela dei propri diritti successori in sede giudiziaria sottesa a
tale comunicazione. 
 
                     Tanto premesso, il Garante: 
 
  ai sensi dell'art. 57, par. 1, lett. b) e d) e v) del  regolamento,
nonche' dell'art. 154, comma 1 del Codice, il  quale,  in  attuazione
della lett. v) dell'art.  57,  prevede  che  «il  Garante,  anche  di
propria iniziativa [...] e nei confronti di uno o piu'  titolari  del
trattamento, ha il compito di: [...]  f)  assicurare  la  tutela  dei
diritti e delle liberta' fondamentali degli  individui  dando  idonea
attuazione al  regolamento  e  al  presente  codice»;  g)  provvedere
altresi' all'espletamento dei compiti ad esso attribuiti dal  diritto
dell'Unione europea o dello Stato e svolgere  le  ulteriori  funzioni
previste  dall'ordinamento»,  invita  i  titolari  del   trattamento,
limitatamente  alla  fattispecie  esaminata,  nell'interpretazione  e
applicazione dell'art. 15 del regolamento e dell'art. 2-terdecies del
Codice,  ad  attenersi  alle  indicazioni  fornite  con  il  presente
provvedimento. 
  Si dispone che copia del presente provvedimento  sia  trasmessa  al
Ministero della giustizia - Ufficio pubblicazione  leggi  e  decreti,
per la sua pubblicazione nella Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica
italiana  e  sia  resa  disponibile  nel  sito   web   dell'autorita'
https://www.gpdp.it 
    Roma, 26 ottobre 2023 
 
                            Il Presidente 
                              Stanzione 
 
                             Il relatore 
                           Cerrina Feroni  
 
                       Il segretario generale 
                               Garante 
 

(1) Tribunale di  Verona,  sentenza  n.  53  del  1°  febbraio  2011,
    Tribunale di Rovereto  sentenza  n.  39  del  13  febbraio  2019,
    Tribunale di Treviso, sentenza del 27 febbraio 2020, Tribunale di
    Marsala, sentenza del 3 novembre  2020,  Tribunale  Forli',  Sez.
    lavoro, n. 440 del 27 gennaio 2022, Tribunale di Milano, Sez.  I,
    sentenza del 10 novembre 2021, Tribunale di Firenze, con sentenza
    del 25 febbraio 2022, Tribunale di  Roma,  con  sentenza  del  22
    novembre 2022 

(2) Tribunale  di  Roma,  I  sez.,  sentenza  del  12  gennaio  2016,
    Tribunale di Enna sentenza n.320 del 30 settembre 2021, Tribunale
    di Brescia, sentenza n. 25 del  08  ottobre  2021,  Tribunale  di
    Bologna terza sez. civile, sentenza del 29 gennaio 2022  

(3) Cass. Civ. n. 17790 dell'8 settembre 2015