(parte 1)
    Alle Direzioni regionali delle entrate
    Agli uffici delle entrate
    Agli uffici distrettuali delle imposte dirette
    Ai centri di servizio delle imposte dirette
    Alle direzioni centrali del Dipartimento delle entrate
    Alla Direzione generale degli affari generali e del personale
    Al segretariato generale
    Ai Ministeri
    Alle Ragionerie centrali dei Ministeri
    Alla Ragioneria generale dello Stato
    Alle Ragionerie provinciali dello Stato
    Alle Direzioni provinciali del Tesoro
    Alla Corte dei conti
    Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
    Al Senato della Repubblica
    Alla Camera dei Deputati
    Il Servizio centrale degli Ispettori tributari
    Al Comando generale della Guardia di finanza
    All'Istituto nazionale della previdenza a sociale
                              PREMESSA
    In attuazione delle disposizioni contenute nell'art. 3, commi  19
e  134,  della  legge  23  dicembre  1996,  n. 662, recanti delega al
Governo  ad  emanare  uno  o  piu'  decreti  legislativi   volti   ad
armonizzare,  razionalizzare e semplificare le disposizioni fiscali e
previdenziali concernenti i redditi di lavoro dipendente e i relativi
adempimenti da parte dei  datori  di  lavoro  e  a  semplificare  gli
adempimenti   dei   contribuenti  riguardanti  la  dichiarazione  dei
redditi, e' stato emanato il decreto legislativo indicato in  oggetto
con il quale sono stati:
    -  sostituiti  gli articoli 46, 47, comma 1, lettere e), f), g) e
l) e comma 3, e  48  del  testo  unico  delle  imposte  sui  redditi,
approvato  con  decreto  del  Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917 (TUIR);
    - modificati gli articoli 3, comma 3, 10, 16 e 62 del TUIR;
    - sostituito l'articolo 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153;
    - modificati o sostituiti gli articoli 1,  comma  quarto,  7-bis,
21,  23,  24  e  29  del  decreto  del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600;
    - sostituiti i commi quarto, quinto sesto dell'articolo unico del
decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre  1971,  n.  1388,
come  sostituiti  dall'articolo 6 del decreto-legge 23 febbraio 1995,
n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo  1995,  n.
85;
    -  soppressi  i  commi  2  e  3  dell'articolo 33 del decreto del
Presidente della Repubblica  4  febbraio  1988,  n.  42,  concernenti
l'applicazione delle ritenute sui redditi, diversi dai trattamenti di
fine  rapporto,  corrisposti  agli eredi del lavoratore dipendente, e
sulle rendite vitalizie e le  rendite  a  tempo  determinato  di  cui
all'articolo  47,  comma  1, lettera h), del TUIR. Le disposizioni in
questione sono state trasferite, rispettivamente, negli articoli 23 e
29 del D.P.R.  n. 600 del 1973, la prima, e  nell'articolo  24  dello
stesso decreto, la seconda;
    - soppresso l'art. 7 del D.P.R. n. 42 del 1988 sopra citato. Tale
disposizione  fissava  i  requisiti  dei  contratti  di assicurazione
stipulati dal datore di  lavoro  a  fronte  alle  spese  mediche  dei
dipendenti,  ai  fini  della  non  concorrenza  al  reddito di lavoro
dipendente  del  premio  assicurativo.  Considerato  che   e'   stato
confermato  quanto stabilito con la legge 23 dicembre 1996, n. 662 e,
cioe',  che,  a  decorrere  dal  primo  gennaio  1997,  non  e'  piu'
consentito  al  datore  di lavoro riconoscere una detrazione a fronte
del premio assicurativo per  spese  sanitarie  la  disposizione,  che
peraltro poteva considerarsi tacitamente abrogata, e' stata eliminata
espressamente dall'ordinamento tributario.
    Di  seguito  vengono  illustrate  le  disposizioni  contenute nel
decreto legislativo in commento al  fine  di  fornire  gli  opportuni
chiarimenti  e  gli  indirizzi  generali,  cosi'  da  consentirne una
uniforme interpretazione da parte degli Uffici.
    Tenuto conto, inoltre, che l'articolo 9,  comma  3,  del  decreto
legislativo   in   commento   ha   stabilito  che  sono  abrogate  le
disposizioni concernenti la  determinazione  dei  redditi  di  lavoro
dipendente  diverse  da  quelle  considerate  nel  testo  unico delle
imposte sui redditi,  approvato  con  decreto  del  Presidente  della
Repubblica   22  dicembre  1986,  n.  917,  evidentemente  nel  testo
risultante dopo la modifiche apportate con il decreto stesso, con  la
presente  circolare  s'intende  fornire un quadro organico e completo
dell'intera disciplina del reddito di lavoro dipendente e di quelli a
questo assimilati. A tal fine sono espressamente richiamate tutte  le
interpretazioni  fornite  dall'Amministrazione finanziaria attraverso
precedenti circolari e risoluzioni che restano ancora  applicabili  a
far  data  dal primo gennaio 1998. Da cio' discende che le precedenti
circolari e risoluzioni concernenti la determinazione dei redditi  di
lavoro  dipendente  e di quelli a questi assimilati non espressamente
richiamate nella presente circolare devono intendersi in via generale
revocate salvo riesame a seguito di specifica richiesta.  Per  quanto
riguarda  la  disciplina  delle  indennita'  di  fine rapporto, delle
indennita' equipollenti  e  delle  altre  indennita'  corrisposte  in
occasione  della cessazione del rapporto, illustrata con la circolare
n.2 (prot. n.8/040) del 5 febbraio 1986, si  fa  riserva  di  fornire
aggiornamenti delle interpretazioni in precedenza adottate.
    1. REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE. QUALIFICAZIONE
    1.1 Generalita'
    L'articolo  1  del  decreto legislativo 2 settembre 1997, n.  314
sostituisce il comma 2 dell'articolo 46 del  TUIR.    Resta,  quindi,
confermato  il  precedente  comma  1,  in base al quale costituiscono
redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da  rapporti  aventi
per  oggetto  la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle
dipendenze e sotto la  direzione  di  altri,  compreso  il  lavoro  a
domicilio  quando  sia  considerato  tale  in  base  alle norme sulla
legislazione  del  lavoro.  Al  riguardo,   si   ricorda   che   tale
formulazione  fu  inserita  dal legislatore del TUIR, in sostituzione
della precedente che faceva, invece, riferimento  "al  lavoro........
prestato...  alle  dipendenze  e  sotto  la direzione di altri", allo
scopo di rendere evidente che nella categoria dei redditi  di  lavoro
dipendente  rientra  tutto  cio'  che  e'  conseguito  sulla base del
rapporto, anche se indipendentemente dalla prestazione di lavoro.  La
relazione  di  accompagnamento del TUIR precisava, peraltro, che sono
in ogni caso esclusi dalla tassazione gli indennizzi risarcitori  del
danno   emergente  e  non  quelli  risarcitori  del  lucro  cessante.
Pertanto, dalla formulazione della norma, che  come  gia'  precisato,
non e' stata modificata, risulta chiaramente, come si vedra' anche in
sede  di  commento al nuovo testo dell'articolo 48, che costituiscono
redditi di lavoro dipendente tutte le somme e  i  valori  erogati  al
dipendente  anche  indipendentemente  dal  nesso  sinallagmatico  tra
effettivita' della prestazione di lavoro reso e le somme e  i  valori
percepiti.
    1.2 Nozione civilistica e fiscale
    Va  ricordato  che  gli elementi definitori del reddito di lavoro
dipendente  sono  mutuati  dall'articolo  2094  c.c.  che   qualifica
prestatore   di   lavoro   subordinato   chi   si  obbliga,  mediante
retribuzione, a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro
intellettuale  o  manuale  alle  dipendenze  e  sotto  la   direzione
dell'imprenditore.  Il  quadro  normativo  delineato  dal legislatore
civilistico si completa con la disposizione dell'articolo 2239  c.c.,
in  base  al  quale  la  stessa  disciplina  dettata  per  il  lavoro
nell'impresa si  rende  applicabile,  se  compatibile,  anche  per  i
rapporti di lavoro subordinato che non siano relativi ad un'attivita'
prestata  a  favore  di  un'impresa  (ad  esempio,  a  favore  di  un
professionista).  La  circostanza  che  il  legislatore   tributario,
allorche'  si e' trattato di definire il reddito di lavoro dipendente
abbia mutuato il contenuto dell'articolo  2094  c.c.  senza  tuttavia
citare  ne'  questo articolo del codice civile ne' altri dello stesso
codice, fa si' che  possano  essere  qualificati  redditi  di  lavoro
dipendente   tutti   quelli  che  derivano  da  un  rapporto  in  cui
oggettivamente sia possibile  individuare  un  prestatore  di  lavoro
dipendente.  A  tal  fine,  il  legislatore  tributano  precisa che i
requisiti oggettivi  devono  essere  ricercati  esclusivamente  nella
circostanza  che  un soggetto offra la propria prestazione di lavoro,
con qualsiasi qualifica, alle dipendenze  e  sotto  la  direzione  di
altri. Ai fini dell'inquadramento delle fattispecie concrete potranno
essere  di  ausilio  anche  i  principi  giuslavoristici.  Per quanto
riguarda le qualifiche dei lavoratori dipendenti, si ricorda che essi
generalmente si distinguono in dirigenti, quadri, impiegati e operai,
tuttavia, tale elencazione non e' tassativa e, quindi, possono essere
inquadrati fra i lavoratori dipendenti anche quei soggetti  che,  pur
non  assumendo nessuna di tali qualifiche, prestano la loro attivita'
di lavoro in posizione di dipendenza e sotto la direzione  di  altri.
La  locuzione  "alle  dipendenze  e  sotto  la  direzione  di  altri"
utilizzata dal legislatore tributario costituisce anche la chiave  di
distinzione del lavoro dipendente da quello autonomo.  Tale locuzione
presuppone,  infatti, la compresenza logica e giuridica di almeno due
soggetti e l'esistenza di un rapporto ineguale, in cui cioe' uno  dei
due  soggetti si trova in una posizione di subordinazione per ragioni
di organizzazione e divisione  del  lavoro.  La  direzione,  infatti,
qualifica   la   situazione  soggettiva  di  chi  si  contrappone  al
lavoratore dipendente  ed  ha  compiti  e  responsabilita'  direttive
nell'ambito  di  una  determinata  attivita',  mentre  la dipendenza,
presuppone  un  soggetto   la   cui   attivita'   e'   caratterizzata
dall'assenza di iniziativa economica e dalla preordinazione di mezzi.
Elemento  caratterizzante della dipendenza e', dunque, la circostanza
che il dipendente fornisca la propria prestazione di lavoro nel luogo
ove  decidera'  il  datore di lavoro, negli orari da questi indicati,
usando strumenti o componenti di capitale forniti dallo stesso datore
di lavoro e seguendo le  prescrizioni  tecniche  di  questo.  Per  il
lavoratore  dipendente  l'esito  del  suo  lavoro non avra' rilevanza
esterna diretta e tutte le questioni economiche e  aziendali  faranno
capo  "all'impresa"  in  cui  e'  inserito  (costi,  spese,  ricavi o
compensi, etc.). La situazione di dipendenza del lavoratore  consegue
dall'essere inserito in una organizzazione di lavoro, cioe' di essere
parte  di  un  sistema nel quale agisce privo di autonomia per quanto
riguarda l'apporto dei mezzi propri e nel quale  ogni  aspetto  della
produzione,   che  non  consista  nel  prestare  le  proprie  energie
lavorative, materiali o intellettuali, non lo coinvolge direttamente.
    1.3 Lavoro a domicilio
    Per quanto riguarda il lavoro a domicilio,  come  gia'  rilevato,
quando  viene  considerato  lavoro  dipendente dalla legislazione sul
lavoro esso da' luogo a reddito di lavoro dipendente. Si  tratta  del
lavoro  a  domicilio  regolato  dalla legge 18 dicembre 1973, n. 877,
cioe' di quelle ipotesi in cui non si ha una  indipendente  attivita'
di  produzione al servizio dei consumatori, ma un'attivita' di lavoro
per un risultato che appartiene alle imprese che  hanno  commesso  il
lavoro  e fornito la materia e l'attrezzatura. Si ricorda che l'INPS,
con circolare n. 79 del 26 marzo 1997, recependo  anche  orientamenti
giurisprudenziali, ha individuato le linee di demarcazione tra lavoro
a domicilio che costituisce attivita' di lavoro dipendente e lavoro a
domicilio   che,   invece,   costituisce   attivita'   d'impresa.  In
particolare, e' stata esclusa la sussistenza del lavoro dipendente se
il  lavoratore  e'  iscritto  all'Albo  provinciale   delle   imprese
artigiane.  Inoltre,  si  puo'  accertare  la  qualifica  di  impresa
artigiana controllando piu' requisiti, quali, ad esempio, l'emissione
di  fattura,  la  mancanza  di  termini  rigorosi  per  la  consegna,
l'esecuzione  del lavoro in locali propri e con propri macchinari, lo
svolgimento della prestazione incentrata sul risultato  e  non  sulle
energie  lavorative, la presenza di un rischio d'impresa, con diretta
incidenza sulla quantita' del guadagno in  rapporto  alla  rapidita',
alla  precisione  e  all'organizzazione  del  lavoro,  sui  quali  il
committente non abbia il potere di  intervenire  (cfr.  al  riguardo,
anche circolari INPS n. 179/RCV dell'8 agosto 1989 e n. 74/RCV del 23
marzo 1990).
    1.4 Redditi equiparati a quelli di lavoro dipendente
    Nel  comma  2  del nuovo testo dell'articolo 46 del TUIR e' stato
ribadito che costituiscono altresi' redditi di lavoro dipendente,  e,
sono,  pertanto,  equiparati  a  tutti  gli  effetti  ai  redditi che
derivano da rapporti di lavoro dipendente, le pensioni di ogni genere
e gli assegni ad essi equiparati ed e' stata introdotta la previsione
che costituiscono redditi  di  lavoro  dipendente  le  somme  di  cui
all'articolo  429,  ultimo  comma,  del  codice  di procedura civile.
L'equiparazione comporta  che  ogni  qual  volta  il  legislatore  si
riferisce  ai  redditi derivanti da rapporti di lavoro dipendente, ad
esempio,  allorquando  fissa  le  modalita'  di  determinazione   del
reddito,   la   previsione   normativa  si  applica,  salvo  espressa
esclusione, anche alle  fattispecie  i  cui  redditi  sono  a  questi
equiparati.  Per  quanto  riguarda  la locuzione "le pensioni di ogni
genere e gli assegni ad essi equiparati", con tale previsione  si  e'
inteso  richiamare  anche  tutti  quegli  emolumenti  dovuti  dopo la
cessazione di un'attivita' che trovano genericamente la loro  causale
in  un  rapporto  diverso  da  quello  di lavoro dipendente, come, ad
esempio, le pensioni erogate ai professionisti o agli  artigiani,  le
pensioni  di  invalidita' etc., nonche' quelle di reversibilita'.  Si
precisa, per quanto riguarda le pensioni di reversibilita'  spettanti
al  coniuge  superstite  e  ai figli minori conviventi, che si tratta
sempre di pensioni  tra  loro  distinte,  poiche'  imputabili,  anche
relativamente ai figli minori conviventi, iure proprio, quale diritto
che sorge con la morte del de cuius e cio' anche con riferimento alle
pensioni  di  reversibilita'  erogate dalla Direzione Provinciale del
Tesoro (cfr. Consiglio di Stato,  parere  n.  1744  del  1985).    Si
ricorda, inoltre, che i redditi di lavoro dipendente e, quindi, anche
le  pensioni  percepite dai figli minori, sono esclusi dall'usufrutto
legale del genitore superstite, l'usufrutto legale, infatti, riguarda
in primo luogo i beni (e non tutti cfr. art. 324 cc ) e, soltanto  se
si  tratta  di  beni soggetti ad usufrutto legale, i relativi redditi
sono anch'essi soggetti ad usufrutto legale.
    Formalmente nuovo, e' l'inserimento nel comma 2 dell'articolo  46
delle  somme  di  cui  all'articolo  429, ultimo comma, del codice di
procedura civile, il quale prevede che il giudice,  quando  pronuncia
sentenza  di  condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di
lavoro, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il
maggior danno subito dal lavoratore per la diminuzione di valore  del
suo  credito,  condannando  al  pagamento  della  somma  relativa con
decorrenza dal giorno della maturazione del diritto.  Si  tratta,  in
sostanza, degli interessi su crediti di lavoro e della rivalutazione;
si  precisa  che  la  previsione normativa non ha portata innovativa.
Infatti, nessun dubbio e' stato mai posto per  la  rivalutazione,  la
quale sempre e' stata soggetta ad imposizione (conformemente anche la
Corte  di  Cassazione,  cfr.  ad  esempio, sentenze 1.2.1989, n. 621,
11.4.1990, n. 3067, 15.5.1991, n. 5441, Sezioni Unite 27.10.1993,  n.
10685),   mentre,   per   quanto  riguarda  gli  interessi,  la  loro
imponibilita',  benche'  teoricamente  possibile,  in  quanto   somme
derivanti  da  rapporti  di  lavoro  dipendente e, quindi, attratti a
tassazione in virtu' del principio generale in base  al  quale  tutto
cio' che il dipendente riceve in dipendenza del rapporto di lavoro e'
reddito  di  lavoro  dipendente,  e' stata esclusa, dopo l'entrata in
vigore del TUIR, in considerazione del fatto  che  per  gli  analoghi
interessi su crediti, diversi da quelli di lavoro dipendente, non era
prevista  alcuna  forma  di  tassazione  a causa del tenore letterale
dell'articolo 41 del TUIR (cfr. circolare n. 20, del 30 luglio  1988,
ora   superata).   Tuttavia,  detti  interessi,  per  effetto  di  un
contemporaneo intervento sull'articolo 6, comma  2,  e  sull'articolo
41,  comma  1,  lettera  h), del TUIR, operato dal legislatore con il
decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557,  convertito  dalla  legge  26
febbraio  1994,  n.  133,  erano  stati  ricondotti a tassazione, con
riferimento a quelli percepiti a decorrere dal 30 dicembre  1993.  Al
riguardo,  sussisteva,  pero',  qualche  contrasto  interpretativo. A
conferma che il richiamo a queste somme non ha natura innovativa,  e'
sufficiente osservare che la relazione illustrativa del provvedimento
afferma  testualmente:  "nel  comma  2  e'  stato  ribadito  che  gli
interessi su crediti di lavoro e la rivalutazione sono assoggettati a
tassazione quali redditi di lavoro dipendente". Del resto  lo  stesso
Consiglio  di  Stato,  mentre  in  un  primo momento non ha condiviso
l'assoggettamento a tassazione delle somme in questione quali redditi
di lavoro dipendente, privilegiando  un'interpretazione  strettamente
letterale  dell'articolo  6, comma 2 (cfr. consultiva n. 2466/94), in
un  secondo  tempo  ha  affermato,  rivedendo   il   suo   precedente
orientamento,  che  le  somme  dovute dalla pubblica amministrazione,
nella veste di datore di lavoro, ai propri dipendenti,  a  titolo  di
interessi   corrispettivi   e   di   rivalutazione   monetaria  sulle
retribuzioni corrisposte in ritardo, sono  elementi  costitutivi  del
credito  principale,  di  cui  costituiscono  altrettanti  addendi e,
quindi, ne ha riconosciuto la natura di redditi di lavoro  dipendente
(cfr.    sentenza  n.  121  del  2  febbraio  1996  - Sezione V). Va,
peraltro, precisato che, ai fini  dell'assoggettamento  a  tassazione
quali  redditi  di  lavoro  dipendente,  non  e'  necessario  che gli
interessi e la rivalutazione conseguano ad una sentenza  di  condanna
del  giudice,  essendo  sufficiente  il  fatto  oggettivo  della loro
corresponsione  e,  quindi,  anche  se  gli  stessi  derivano  da  un
adempimento  spontaneo  del datore di lavoro o da una transazione. E'
opportuno sottolineare, infatti, che  la  disposizione  in  esame  si
limita  a richiamare "le somme di cui all'art. 429, ultimo comma, del
codice di procedura civile" volendo chiaramente riferirsi alle  somme
comprese  nella  norma  citata;  se avesse voluto, invece, riferirsi,
soltanto alle somme dovute a seguito di pronuncia giurisdizionale  la
norma stessa avrebbe dovuto essere cosi' formulata:  "somme percepite
ai sensi dell'art. 429, ultimo comma del codice di procedura civile".
    1.5 Indennita', proventi e somme sostitutive di reddito di lavoro
dipendente
    E'  opportuno  ricordare  che  l'articolo  6,  comma 2, del TUIR,
stabilisce che i proventi  conseguiti  in  sostituzione  di  redditi,
anche  per  effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennita'
conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento  di
danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti
da  invalidita'  permanente  o  da morte, costituiscono redditi della
stessa categoria di quelli sostituiti o perduti. In forza  di  questa
disposizione  tutte  le indennita' e le somme o i valori percepiti in
sostituzione di redditi di lavoro dipendente o  equiparati  a  questi
(ad  esempio,  la cassa integrazione, l'indennita' di disoccupazione,
la mobilita', la indennita' di maternita', etc.), comprese quelle che
derivano da transazioni di  qualunque  tipo  e  l'assegno  alimentare
corrisposto  in  via  provvisoria  a  dipendenti per i quali pende il
giudizio innanzi all'autorita'  giudiziaria,  sono  assoggettabili  a
tassazione  come  redditi  di lavoro dipendente.   Conseguentemente a
dette  somme  si  applichera'  l'articolo  48  del   TUIR,   per   la
determinazione   del  reddito  e,  se  corrisposte  da  un  sostituto
d'imposta,  questi   dovra'   operare   le   ritenute   di   acconto.
Naturalmente, qualora le indennita' o le somme sostitutive di reddito
di  lavoro  dipendente  si riferiscano a redditi che avrebbero dovuto
essere percepiti in un  determinato  periodo  d'imposta  e,  in  loro
sostituzione, vengono percepite in un periodo d'imposta successivo si
rendera'  applicabile  anche  la tassazione separata, se ricorrono le
condizioni previste dall'articolo 16, comma 1, lettera b), del  TUIR,
altrimenti  saranno tassabili secondo i criteri ordinari. Ad esempio,
le somme e i valori percepiti a seguito di  transazioni,  diverse  da
quelle  relative  alla cessazione del rapporto di lavoro, allorquando
non  e'  rinvenibile  alcuna delle condizioni richieste dall'articolo
16, comma 1, lettere b), saranno soggetti a tassazione ordinaria.  Si
ricorda, invece, che le somme e i valori comunque percepiti, al netto
delle  spese  legali  sostenute, anche se a titolo risarcitorio o nel
contesto  di  procedure  esecutive,  a   seguito   di   provvedimenti
dell'autorita' giudiziaria o di transazioni relativi alla risoluzione
del rapporto di lavoro sono sempre assoggettati a tassazione separata
ai sensi dell'articolo 16, comma 1, lettera a), ultima parte.
    1.6 Attivita' illecite e simulazioni
    Va, inoltre, sottolineato che l'articolo 14, comma 4, della legge
24  dicembre  1993, n. 537, dispone che nelle categorie di reddito di
cui all'articolo 6, comma 1, del TUIR devono  intendersi  ricompresi,
se  in  essi  classificabili,  i  proventi derivanti da fatti, atti o
attivita' qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo
se non gia' sottoposti a sequestro o confisca penale e che i relativi
redditi sono determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna
categoria. Tale disposizione si rende, ovviamente, applicabile  anche
in materia di redditi di lavoro dipendente.
    Cosi' delineati gli elementi caratteristici dei redditi di lavoro
dipendente  e  le  disposizioni  che  prevedono  l'assoggettamento  a
tassazione, quali redditi di questa categoria, dei redditi  a  questi
equiparati,  dei  proventi,  in  denaro  o  in natura, sostitutivi di
questi, nonche' di quelli della stessa specie derivanti da  attivita'
illecite,   e'   opportuno   ricordare   che  l'ordinario  potere  di
accertamento dell'Amministrazione finanziaria  consente  alla  stessa
rettificare   eventuali  simulazioni  oggettive  o  soggettive  poste
eventualmente in  essere  dai  contribuenti.  Pertanto,  laddove  sia
evidente,  sulla  base  di quanto sopra precisato, che le parti hanno
posto in essere un rapporto di lavoro dipendente e,  tuttavia,  hanno
simulato  i relativi redditi ricomprendendoli tra quelli appartenenti
ad altre categorie reddituali ovvero hanno  fatto  si'  che  tutti  o
taluni proventi siano privi di rilevanza reddituale, o, infine, hanno
imputato  i  detti  redditi  ad interposte persone, l'Amministrazione
finanziaria potra' adottare tutti i conseguenti provvedimenti.
    1.7 Circolari e risoluzioni confermate
    Restano confermate:
    - le circolari n. 29, (prot. 8/1206) del 31 maggio 1979, n.    38
(prot.  8/2004)  del  26  ottobre  1979  e n. 23 (prot. 8/870) del 20
giugno  1986  con  le  quali  e'  stata  riconosciuta  la  natura  di
indennita' sostitutiva del reddito di lavoro dipendente e, quindi, la
tassabilita',  della  indennita'  giornaliera  erogata dall'INAIL per
inabilita' temporanea assoluta, nonche' la natura  di  reintegro  del
danno  alla  salute  e della perdita o diminuzione dell'attitudine al
lavoro  e,  quindi,  la  intassabilita'  e  l'irrilevanza   ai   fini
reddituali ogni qual volta una disposizione di carattere tributario o
extra-tributario  subordini la possibilita' di fruire di un beneficio
al possesso di un reddito non superiore ad un importo predeterminato,
delle rendite di inabilita' permanente (assoluta e  parziale),  degli
assegni  per  l'assistenza  personale  continuativa, delle rendite in
caso di morte, degli assegni di morte (cosiddetti assegni funerari) e
delle rendite di passaggio;
    - la risoluzione n.8/021 del 18 febbraio  1982,  che  confermando
altre   precedenti  risoluzioni,  ha  ribadito  la  natura  meramente
risarcitoria e, quindi,  la  totale  non  imponibilita',  sia  per  i
dipendenti pubblici che per quelli privati, delle somme corrisposte a
titolo  di  "equo  indennizzo"  (ai sensi dell'articolo 48 del D.P.R.
3.5.1957, n. 686,  dell'articolo  68  del  D.P.R.  10.1.1957,  n.  3,
dell'articolo  11  della  legge  6.10.1981,  n.  564) per menomazioni
dell'integrita' fisica, riconosciute come derivanti da  attivita'  di
servizio;
    - la risoluzione n. 39/E del 3 marzo 1997 e la circolare n. 302/E
del  25 novembre 1997 con le quali e' stata affermata l'equiparazione
alle  rendite  di  inabilita'  permanente  erogate  dall'INAIL  delle
pensioni   pagate   da  Organismi  Previdenziali  esteri  a  soggetti
residenti,  in  dipendenza  di  incidente  sul  lavoro   o   malattia
professionale contratta durante la vita lavorativa;
    - la voce di Appendice delle istruzioni per la compilazione delle
dichiarazioni  dei redditi intitolata:  "Redditi esenti e rendite che
non costituiscono reddito.";
    - la risoluzione n. 8/1478 del 16 ottobre 1988, con la  quale  e'
stata riconosciuta la natura di indennita' sostitutiva del reddito di
lavoro dipendente, alle indennita' corrisposte ai marittimi per fermo
di navi;
    -  la  risoluzione  n.  8/625, del 19 marzo 1993, con la quale e'
stata riconosciuta la natura di indennita' sostitutiva del reddito di
lavoro dipendente alla indennita' di temporanea inabilita' al  lavoro
corrisposta ai lavoratori del settore marittimo;
    -  la risoluzione 76/E, del 24 maggio 1996, con la quale e' stata
riconosciuta la natura  di  indennita'  sostitutiva  del  reddito  di
lavoro dipendente alla indennita' corrisposta ai cittadini colpiti da
tubercolosi;
    -  la  circolare  n.  150/E,  del 10 agosto 1994, con la quale e'
stata  illustrata,  fra  l'altro,  la  disposizione  concernente   la
tassabilita' dei proventi derivanti da attivita' illecite;
    -  la  risoluzione  n.  10/529  del 19 luglio 1975, con la quale,
preso atto che la legge 2.4.1952, n. 212, attribuisce "uno  stipendio
pari  al trattamento economico complessivo previsto, rispettivamente,
per il personale dei gradi I e  II  dell'ordinamento  gerarchico"  ai
Ministri   Segretari   di   Stato   e  ai  Sottosegretari  di  Stato,
l'emolumento  in  questione  e'  stato  qualificato   quale   reddito
rientrante nella nozione di reddito di lavoro dipendente e sono state
impartite  le istruzioni per l'applicazione delle ritenute di acconto
e l'effettuazione delle operazioni di  conguaglio  relative  a  detti
redditi;
    -  la  risoluzione  n.  8/126  del 1 febbraio 1977, con la quale,
preso atto che la legge regionale 27 giugno 1949, n.   2,  modificata
con  successiva  legge  dell'8 giugno 1954, n.   10, con l'articolo 4
attribuisce   al   Presidente   della   Giunta    regionale,    oltre
all'indennita'   spettantegli   come  Consigliere  (assoggettabile  a
tassazione quale reddito assimilato a quello di lavoro dipendente  di
cui  all'articolo  47, comma 1, lettera g), del TUIR) "il trattamento
economico previsto dall'art. 2 della legge 8 aprile 1952, n. 212, per
i Sottosegretari di Stato" e che la medesima disposizione legislativa
regionale  all'art.  2  riconosce   agli   Assessori   regionali   il
trattamento  economico attribuito al Presidente della Giunta, ridotto
del 25 per cento, e' stato precisato  che  le  retribuzioni  connesse
alla  carica  di Presidente della Giunta e di Assessore regionale, al
pari  di  quelle  relative   alle   funzioni   di   Ministro   e   di
Sottosegretario devono essere assoggettate a tassazione quali redditi
di lavoro dipendente;
    -  la  risoluzione n. 8/329, del 10 giugno 1976, con la quale gli
emolumenti  corrisposti  ai  detenuti  ed  internati  per  il  lavoro
penitenziario  sono  stati  inquadrati  tra  i  redditi  derivanti da
rapporti di lavoro dipendente;
    - la risoluzione 8/883, del 26 luglio 1976, con la quale e' stato
precisato che  gli  artisti  lirici  non  assumono  la  qualifica  di
lavoratori dipendenti;
    -  la risoluzione n. 8/153, del 17 aprile 1980, con la quale sono
stati classificati quali redditi  derivanti  da  rapporti  di  lavoro
dipendente  i  compensi  corrisposti dalla Universita' ai docenti con
incarico annuale di insegnamento che  siano  legati  da  rapporto  di
lavoro  dipendente con altre Universita' o altri organismi pubblici e
privati, ovvero liberi professionisti o pensionati;
    - la risoluzione n. 8/1400, del 5 dicembre  1981,  con  la  quale
sono  stati qualificati redditi di lavoro dipendente quelli derivanti
da prestazioni didattiche rese presso scuole superiori da docenti che
rivestono la qualifica  di  Magistrati  amministrativi  e  funzionari
dello  Stato  autorizzati  dall'Ufficio  di appartenenza ad accettare
l'incarico;
    - la risoluzione n. 234/E, del 18 ottobre 1996, con la quale sono
stati  qualificati  redditi  di  lavoro  dipendente  gli   emolumenti
percepiti dai biologi operanti nelle Unita' sanitarie locali;
    -  la risoluzione n. 121/E, del 19 maggio 1997, con la quale sono
stati  qualificati  redditi  di  lavoro  dipendente  gli   emolumenti
percepiti   dagli   psicologi  ambulatoriali  operanti  nelle  Unita'
sanitarie locali ai sensi del D.P.R. 13 marzo 1992, n. 261;
    2. REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE. DETERMINAZIONE
    L'articolo  3   sostituisce   l'articolo   48,   concernente   la
determinazione  dei redditi di lavoro dipendente e di quelli a questi
equiparati ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del TUIR. E' opportuno
osservare, preliminarmente, che nel comma 1 dell'articolo 48 e' stata
conservata ed, anzi, rafforzata, la precedente impostazione  in  base
alla  quale  si afferma la onnicomprensivita' del concetto di reddito
di lavoro dipendente e, quindi, della totale imponibilita'  di  tutto
cio'  che  il  dipendente  riceve.  Nei successivi commi dello stesso
articolo 48 vengono stabilite specifiche deroghe al  principio  della
totale  tassabilita', prevedendo alcuni componenti che non concorrono
a formare il reddito o vi concorrono soltanto  in  parte.  In  merito
alle  previsioni  in  cui  e'  stabilito  che  alcune  somme o valori
concorrono a formare il reddito soltanto per la  parte  eccedente  un
importo  complessivo predeterminato ovvero che concorrono interamente
se il loro ammontare supera una soglia determinata, va precisato  che
i   predetti   limiti  sono  stabiliti  con  riferimento  al  singolo
dipendente e all'intero periodo d'imposta dello stesso, pertanto, non
va fatto alcun ragguaglio allorquando il  rapporto  di  lavoro  abbia
durata  inferiore al periodo d'imposta e, in caso di interruzione del
rapporto stesso prima della fine del suddetto periodo  d'imposta,  il
datore  di  lavoro  e'  tenuto  ad  attestare distintamente i singoli
importi che non hanno concorso a formare il reddito (tenendo presente
che relativamente ai contributi sanitari va indicata anche la quota a
carico del datore di lavoro), cosi' da consentire al  dipendente  che
inizi  un  altro  rapporto  di  lavoro nel corso dello stesso periodo
d'imposta  (e, quindi, eventualmente, al sostituto che effettuera' il
conguaglio di  fine  anno),  di  calcolare  correttamente  le  soglie
complessivamente a propria disposizione nel periodo d'imposta.
    2.1 Componenti che concorrono a formare il reddito
    Entrando nel dettaglio del nuovo articolo 48, si precisa  che  il
comma  1  conferma  espressamente che costituiscono reddito di lavoro
dipendente tutte le somme e i valori (intendendo con tale espressione
la  quantificazione  dei  beni  e  dei  servizi)  che  il  dipendente
percepisce  nel  periodo  d'imposta,  a qualunque titolo, anche sotto
forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro,  e,
quindi,  tutti  quelli  che  siano in qualunque modo riconducibili al
rapporto di lavoro, anche se non provenienti direttamente dal  datore
di  lavoro.  Lo  stesso comma stabilisce, inoltre, che si considerano
percepiti nel periodo d'imposta anche le somme e i valori  in  genere
corrisposti entro il 12 del mese di gennaio, dell'anno successivo, se
riferiti all'anno precedente.
    Tenuto conto di quanto gia' precisato a commento dell'articolo 46
e  del  tenore  del  comma  1  dell'articolo  48,  a titolo meramente
esemplificativo, e' possibile la  seguente  elencazione  di  somme  e
valori  che  sono soggetti ad imposizione, in quanto riconducibili al
rapporto di lavoro:
    - gli stipendi, i salari, i superminimi, i guadagni di cottimo  e
le  indennita'  di  mancato  cottimo,  le  pensioni  e  ogni  tipo di
trattamenti  accessori,  quali  gli   straordinari,   le   mensilita'
aggiuntive, le gratifiche natalizie e pasquali, e tutti quei compensi
comunque  denominati  che  adempiono  la  funzione  delle  mensilita'
aggiuntive e delle gratifiche e premi corrisposti una tantum e quelli
periodici,  come,  ad  esempio,  le  duecento  ore  degli  edili,  le
gratifiche  annuali  di  bilancio,  i premi trimestrali, semestrali e
annuali, i compensi incentivanti, i compensi in natura, le erogazioni
liberali, in denaro e in natura, etc.;
    - le indennita'  comunque  denominate,  ivi  comprese  quelle  di
trasferta  (sia  pure con il limite previsto nel successivo comma 5),
per ferie non godute, di cassa o di maneggio di denaro, di  residenza
e  alloggio,  di  vestiario  e  rappresentanza,  per  lavori nocivi e
pericolosi,  sostitutiva  del  servizio  di  trasporto,   integrativa
speciale   dei  dipendenti  pubblici,  di  contingenza,  di  missione
continuativa di cui all'art. 16, comma 18, della  legge  24  dicembre
1993, n.  537, di salvataggio di cui agli articoli 491 e 983 del R.D.
30  marzo  1942,  n.  327,  "una tantum" dei dipendenti dei Ministeri
trasferiti ad altre amministrazioni  a  seguito  delle  procedure  di
mobilita',   etc.,  nonche'  tutte  quelle  connesse  alle  peculiari
modalita' di svolgimento della prestazione come quelle relative  alla
sede  disagiata,  al  rischio,  al  luogo  sempre variabile e diverso
dell'attivita' o al volo o navigazione  (con  il  limite  di  cui  al
successivo  comma  6) o ai trasferimenti della sede di lavoro (con il
limite di cui al successivo comma 7);
    - gli assegni di sede e  le  altre  indennita'  percepite  per  i
servizi  prestati  all'estero  (salvo  quanto  disposto al successivo
comma 8);
    - le somme e i valori percepiti  sotto  forma  di  partecipazione
agli  utili; - i rimborsi di spese, con esclusione soltanto di quanto
disposto a proposito delle trasferte e dei trasferimenti. Si ricorda,
al  riguardo,  che  ai  lavoratori  dipendenti  e'  riconosciuta  una
apposita  detrazione  anche in funzione delle spese di produzione del
reddito e,  pertanto,  ogni  rimborso  di  spesa  ricollegabile  alla
produzione  del  reddito  del  dipendente  deve essere assoggettato a
tassazione. Si ritiene possano essere  esclusi  da  imposizione  quei
rimborsi  che  riguardano  spese,  diverse  da  quelle  sostenute per
produrre il reddito, di competenza del datore  di  lavoro  anticipate
dal  dipendente per snellezza operativa, ad esempio per l'acquisto di
beni strumentali di piccolo valore, quali la carta della fotocopia  o
della stampante, le pile della calcolatrice, etc.;
    -  i contributi versati dal datore di lavoro (o dal dipendente) a
casse o enti con finalita' di assistenza  sociale,  indipendentemente
dal   loro  importo,  nonche'  quelli  con  finalita'  di  assistenza
sanitaria o per  previdenza  complementare,  superiori  all'ammontare
fissato dalla lettera a) del successivo comma 2;
    -  le  mance, nella integrale misura corrisposta, salvo che per i
croupiers, per i quali e' stata mantenuta  la  riduzione  della  base
imponibile del 25%;
    -  i  premi  per  assicurazioni  sanitarie,  sulla  vita  e sugli
infortuni extra professionali (quelli relativi ad  assicurazioni  per
infortuni  professionali  sono, invece, esclusi da tassazione) pagati
dal datore di lavoro e i rimborsi effettuati dal datore di  lavoro  a
fronte  di  spese  sanitarie che danno diritto alla detrazione di cui
all'articolo 13-bis, del TUIR, sostenute dal lavoratore dipendente;
    - la maggiorazione retributiva da valere a titolo  di  indennita'
di anzianita' spettante ai lavoratori a domicilio;
    -  i  decimi  di  senseria corrisposti al personale delle agenzie
marittime; - le somme e i valori, comunque percepiti,  a  seguito  di
transazioni,  anche  novative, intervenute in costanza di rapporto di
lavoro o alla cessazione dello stesso;
    - le indennita' per licenziamento ingiustificato  dei  lavoratori
dipendenti;
    -  i  premi  percepiti  per  operazioni  a premio organizzate dal
datore di lavoro o da altri per suo conto  (si  fa  presente  che  il
disegno  di  legge collegato alla legge finanziaria 1998, attualmente
in corso di approvazione, contiene una modifica all'articolo  30  del
D.P.R.  29  settembre  1973,  n.   600, in base alla quale i proventi
derivanti da concorsi a premio  saranno  soggetti  ad  imposta  quali
redditi  di  lavoro  dipendente, e, quindi, con le modalita' per essi
previsti);
    - i proventi conseguiti in  sostituzione  di  redditi  di  lavoro
dipendente,  anche  per effetto di cessione dei relativi crediti e le
indennita' conseguite, anche in forma assicurativa, anche a titolo di
risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi di  lavoro
dipendente,  esclusi quelli dipendenti da invalidita' permanente o da
morte. Rientrano  tra  i  proventi  conseguiti  in  sostituzione  dei
redditi,  a  titolo  di  esempio,  le indennita', le integrazioni e i
trattamenti previdenziali e assistenziali,  quali  la  mobilita',  la
cassa  integrazione  guadagni, la disoccupazione ordinaria e speciale
(ad  esempio,  quella  dell'agricoltura,  quella  degli  edili),   la
malattia,   la   maternita'   e   l'allattamento,   la   TBC   e   la
post-tubercolare, la donazione di sangue,  il  congedo  matrimoniale,
l'inabilita'  temporanea  assoluta,  di  attesa e quella compensativa
della parziale perdita di salario,  entrambe  disciplinate  dall'art.
56,  paragrafo  2,  lett.  b) del Trattato istitutivo della Comunita'
europea del carbone e dell'acciaio, etc., con esclusione soltanto  di
quelli  che, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 o di altre
disposizioni  di  legge  sono  esenti  da  imposizione.  Si   ritiene
inquadrabile   tra   i   proventi   sostitutivi  di  reddito,  e,  in
particolare, sostitutivo del trattamento pensionistico,  l'indennizzo
per  la cessazione definitiva dell'attivita' commerciale corrisposto,
ai sensi  del  decreto  legislativo  28  marzo  1996,  n.  207.  Tale
indennizzo  spetta,  infatti, agli esercenti attivita' commerciale in
sede fissa,  anche  abbinata  ad  attivita'  di  somministrazione  al
pubblico  di  alimenti  e  bevande,  ovvero  che esercitano attivita'
commerciale su aree pubbliche  o  anche  su  area  pubblica,  che  ne
abbiano  fatto,  o  facciano,  domanda  nel  periodo dall'1.1.1996 al
31.12.1998.  La  corresponsione  dell'indennizzo  e'  subordinata  ad
alcune  condizioni,  tra  cui:  che i richiedenti abbiano 62 anni, se
uomini, e 57, se donne, che risultino iscritti da almeno 5 anni  alla
gestione  previdenziale  degli  esercenti  attivita' commerciali, che
abbiano definitivamente chiuso l'attivita' e la  partita  IVA,  etc..
L'indennizzo e' corrisposto, sotto forma di pensionamento anticipato,
in  misura  pari  all'importo  del  trattamento  di  pensione  minimo
previsto per gli iscritti alla gestione previdenziale degli esercenti
attivita' commerciale, e' erogato con  le  stesse  modalita'  e  alle
scadenze  previste per le pensioni a carico della predetta gestione e
spetta fino a tutto il mese in cui il beneficiario compie 65 anni  di
eta', se uomo, ovvero 60 anni di eta', se donna.
    E'  opportuno  precisare,  altresi',  che vanno considerate quali
redditi  sostitutivi   del   trattamento   pensionistico   le   somme
corrisposte  ai sensi dell'art. 3 del D.L.Lgt. 18 gennaio 1945, n. 39
(la cui applicazione e' stata estesa anche al  settore  pubblico  per
effetto dell'art. 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335), in
base  al  quale  al  coniuge  che cessi dal diritto alla pensione per
sopravvenuto matrimonio spetta un assegno per una volta tanto pari  a
due  annualita'  della sua quota di pensione, compresa la tredicesima
mensilita', nella misura spettante alla data  di  passaggio  a  nuove
nozze. Le somme in questione vanno, dunque, assoggettate a tassazione
con  gli  stessi  criteri  e  modalita'  previsti  per il trattamento
pensionistico che sostituiscono,
    - gli interessi e la rivalutazione su crediti di lavoro.
    E' appena il caso di precisare che, per effetto dell'articolo  3,
comma  3,  lettera d), del TUIR, anche nel testo sostituito dall'art.
5, comma 1, lettera a), numero 1, del decreto legislativo  in  esame,
continuano  a rimanere esclusi da imposizione gli assegni familiari e
l'assegno pe; il nucleo familiare, nonche', con gli stessi  limiti  e
alle  stesse  condizioni,  gli  emolumenti  per  carichi  di famiglia
comunque denominati, erogati nei casi consentiti dalla legge.
    Si ricorda, inoltre, che i redditi  di  lavoro  dipendente  vanno
determinati   al   netto  delle  somme  trattenute  in  relazione  ad
astensioni dal lavoro per "sciopero".
    Va evidenziato che e' stato confermato il criterio di cassa quale
criterio di imputazione al periodo d'imposta, con  la  gia'  prevista
estensione  al  12 di gennaio per le somme e i valori percepiti entro
il 12 di gennaio, ma riferiti al precedente periodo  d'imposta.  Tale
estensione,  che  in  precedenza  costituiva  una  facolta'  prevista
soltanto per i sostituti d'imposta che  avessero  effettuato  in  tal
senso  le  operazioni  di  conguaglio di fine anno e avessero versato
entro il 15 di gennaio le ritenute relative a detti redditi, e' stata
generalizzata (e, quindi, riguarda anche i lavoratori  che  non  sono
alle  dipendenze di un soggetto che riveste la qualifica di sostituto
d'imposta), ha perso il carattere di facolta', in quanto il principio
e'  obbligatorio  per  tutti,  e  non  comporta   piu'   l'anticipato
versamento  delle corrispondenti ritenute, che, invece, per principio
generale, saranno versate entro il 15 o il 20 del mese  successivo  a
quello dell'effettuazione, cioe' a febbraio.
    Va,  infine,  osservato,  in  merito al criterio di cassa, che il
momento di percezione e' quello in cui il provento esce  dalla  sfera
di   disponibilita'   dell'erogante   per   entrare   nel   compendio
patrimoniale del percettore.
    2.2 Componenti che non concorrono a formare il reddito
    Il comma 2 reca l'elencazione tassativa delle somme e dei valori,
percepiti in relazione al rapporto  di  lavoro  dipendente,  che,  in
deroga al comma 1, non concorrono a formare il reddito.
    2.2. 1. Contributi
    La   lettera   a)  modifica  i  criteri  vigenti  in  materia  di
contributi. Per effetto della nuova formulazione:
    1. i contributi previdenziali e assistenziali versati dal  datore
di  lavoro  o  dal lavoratore in ottemperanza a disposizione di legge
non concorrono, senza alcun limite, alla formazione del reddito. Come
e' agevole rilevare, e' stata riprodotta  la  formulazione  contenuta
nell'articolo  10  del  TUIR,  sostituendo  la  piu' ampia previsione
contenuta  nella  precedente  formulazione  della  lettera  a),   che
consentiva  la  non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro
dipendente  dei  contributi  versati   ad   enti   o   casse   aventi
esclusivamente  fine  previdenziale  in conformita' a disposizione di
legge e di quelli versati a enti o casse aventi  fine  esclusivamente
assistenziale  in conformita' a disposizione di legge, di contratto o
di accordo o regolamento aziendale. La modifica comporta che tutti  i
contributi   la   cui   obbligatorieta'   non  e'  stabilita  da  una
disposizione di legge si trovano attratti nella disciplina  riservata
ai    "contributi   facoltativi"   (ad   esempio,   quelli   la   cui
obbligatorieta'  discende  da  contratto,   accordo   o   regolamento
aziendale, come quelli versati al FASI dai dirigenti di azienda);
    2.  i  contributi per assistenza sociale facoltativa, non essendo
stata  riprodotta  l'attuale  non  concorrenza  alla  formazione  del
reddito di lavoro dipendente, sono integralmente imponibili;
    3. i contributi per assistenza sanitaria, versati ad enti o casse
aventi  esclusivamente  fine assistenziale dal datore di lavoro o dal
dipendente, in conformita' a disposizioni di contratto o di accordo o
di regolamento aziendale, non concorrono alla formazione del  reddito
di  lavoro dipendente per un importo complessivamente non superiore a
7 milioni di lire. Il suddetto limite e' fissato cumulativamente  per
i  contributi  versati  dal  datore di lavoro e dal lavoratore, ma e'
comunque  irrilevante  la  circostanza  che  il  versamento   avvenga
eventualmente  da  parte soltanto di uno soltanto dei soggetti, cioe'
solo dal datore di lavoro o solo dal lavoratore. Eventuali contributi
versati  in  eccedenza  al  predetto  limite  complessivo  concorrono
(soltanto per l'eccedenza) a formare il reddito di lavoro dipendente,
    4.  i  contributi per previdenza complementare, salvo il disposto
dell'articolo 18 del decreto legislativo 21 aprile  1993,  n.  124  e
successive  modificazioni  (si  ritiene che il riferimento al comma 1
dell'articolo 18 contenuto due volte nella norma in commento  sia  un
errore  materiale,  cio'  in  quanto nella relazione illustrativa del
provvedimento  e'  precisato  "per  i   contributi   per   previdenza
complementare  viene  mantenuto  il  sistema  attuale"),  versati dal
datore di lavoro alle forme pensionistiche complementari  di  cui  al
decreto   legislativo   21   aprile   1993,   n.  124,  e  successive
modificazioni e integrazioni, non concorrono, senza alcun  limite,  a
formare  ii  reddito  del dipendente (tuttavia, sono deducibili nella
determinazione del reddito d'impresa soltanto fino al limite previsto
per la non concorrenza dei contributi versati allo  stesso  fine  dal
lavoratore  dipendente), mentre i contributi, diversi dalle quote del
TFR destinate al medesimo fine, versati  dal  lavoratore  alle  forme
pensionistiche  complementari non concorrono a formare il reddito per
un importo non superiore al 2  per  cento  della  retribuzione  annua
complessiva  assunta  come  base  per  la  determinazione  del  TFR e
comunque a lire 2 milioni e 500  mila,  a  condizione  che  le  fonti
istitutive   prevedano  la  destinazione  alle  forme  pensionistiche
complementari  di  quote  del  TFR  almeno  pari  all'ammontare   dei
contributi  versati,  salvo  quanto  disposto  dall'articolo  18  del
medesimo decreto 21 aprile 1993, n. 124. Quest'ultima condizione  non
si  applica  nel  caso  in  cui  la  fonte  istitutiva sia costituita
unicamente da accordi tra lavoratori. In sostanza, per  i  contributi
per previdenza complementare e' stato mantenuto il medesimo regime in
vigore  a decorrere dal primo gennaio 1995, inserendo nel corpo della
norma il richiamo  alla  disposizione  di  cui  all'articolo  18  del
decreto   legislativo   21   aprile   1993,   n.   124  e  successive
modificazioni. Come e' noto, la disposizione richiamata,  cosi'  come
modificata   dalla  legge  n.  335  del  1995,  prevede,  che  per  i
destinatari iscritti alla data del 28 aprile 1993  (vecchi  iscritti)
alle forme pensionistiche gia' istituite al 15 novembre 1992, data di
entrata  in vigore della legge delega 23 ottobre 1992, n. 421 (vecchi
fondi),  i  contributi  del  datore  di  lavoro  sono   integralmente
deducibili  ai  fini  della  determinazione  del  reddito d'impresa e
quelli versati dal lavoratore non concorrono in ogni caso  a  formare
il  reddito  di  lavoro  dipendente.  Al  riguardo  si precisa che la
qualifica di "vecchio iscritto" viene conservata anche  dal  soggetto
iscritto  a  tale  data  che ha successivamente trasferito la propria
posizione previdenziale in altri fondi, a condizione che non  si  sia
verificato  il riscatto. Per espressa previsione dell'articolo 18 del
medesimo decreto legislativo n. 124 del 1993, analoga deroga  non  e'
applicabile  ai nuovi iscritti ai vecchi fondi, cioe' a coloro che si
sono  iscritti  dopo  il  28  aprile  o  che  a  tale  data   avevano
semplicemente  maturato  il diritto a partecipare alle predette forme
pensionistiche. Il  regime  appena  descritto  si  applica  anche  ai
contributi  versati  ai  fondi  pensione  gestiti  in  via prevalente
secondo il sistema tecnico-finanziario della ripartizione, che  hanno
presentato domanda al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale
per usufruire di tale disciplina per un periodo transitorio di 8 anni
necessario   per   consentire   al   fondo   di  passare  al  sistema
contributivo. In tale periodo transitorio questo regime  fiscale  dei
contributi  si  applica,  fino al termine del suddetto periodo, anche
con riferimento agli iscritti dopo il 28 aprile 1993. Va rilevato che
non  e'  stata,  invece, riprodotta, ne' richiamata (e, pertanto deve
ritenersi non piu' in vigore), la disposizione  di  cui  all'articolo
15,  comma  8,  della  legge  8  agosto  1995, n. 335, che, sempre in
materia  di  disciplina  transitoria  dei  contributi   versati   per
previdenza  complementare,  ha stabilito che i contributi versati dal
datore di lavoro e dal lavoratore a fondi  costituiti  ai  sensi  del
D.Lgs. n. 124 del 1993, definiti da accordi collettivi antecedenti il
17  agosto 1995, mantengono, limitatamente agli iscritti al 31 maggio
1993,  il  trattamento  fiscale   previsto   dallo   stesso   decreto
legislativo,  fino  al rinnovo degli accordi stessi e comunque per un
periodo massimo di 4 anni. Per  tali  soggetti  la  disposizione  non
richiamata  prevedeva  l'applicazione  di  una  detrazione  d'imposta
relativamente ai contributi versati, e, per i datori  di  lavoro,  la
deducibilita'    nella    determinazione    del   reddito   d'impresa
limitatamente al 50% della quota di TFR destinata nell'anno ai  fondi
medesimi.
    5.  i  contributi  versati ai sensi dell'articolo 2 della legge 8
agosto 1995, n. 335, eccedenti l'importo del  massimale  annuo  della
base  contributiva  e  pensionabile  destinata al finanziamento delle
forme pensionistiche complementari, stabilito dal decreto legislativo
14 dicembre 1995,  n.  579  non  concorrono  a  formare  il  reddito.
L'importo  del suddetto massimale annuo, inizialmente fissato in lire
132.000.000, e' oggetto di rivalutazione sulla base  dell'indice  dei
prezzi  al  consumo  per  le famiglie di operai e impiegati calcolato
dall'ISTAT (l'ultimo importo attualmente disponibile e' quello per il
1997, fissato in lire 137.148.000, cfr. circolare INPS n. 23  del  30
gennaio 1997).
    Va  osservato  che  la  disposizione  contenuta  nella lettera a)
dell'articolo 48, gia' prima delle  modifiche  ora  apportate,  aveva
differenziato  la  disciplina fiscale dei contributi a seconda che si
trattasse di contributi destinati a fini previdenziali ovvero a  fini
assistenziali   ed   aveva  comportato  l'obbligo  per  i  fondi  che
perseguono entrambe le finalita' di dotarsi di una gestione e di  una
contabilita'  separata  per  le  due  tipologie  di  prestazioni.  Le
ulteriori differenziazioni da ultimo introdotte  nel  regime  fiscale
dei  contributi,  per  effetto della nuova formulazione della lettera
a),  impongono  ora,  in  aggiunta  alle  precedenti,   anche   altre
suddivisioni e, cioe', l'istituzione, da parte di enti, fondi e casse
che  perseguono  finalita'  assistenziali, di gestioni e contabilita'
separate, al fine di distinguere nettamente i contributi che vanno ad
alimentare prestazioni di carattere assistenziale sociale  da  quelli
che,   invece,   vanno   ad   alimentare   prestazioni  di  carattere
assistenziale sanitario,  nonche'  le  conseguenti  erogazioni.    Al
riguardo,  si  fa  presente  che rientra nell'assistenza sanitaria la
cura della malattia, anche se determinata da infortunio, e il ristoro
delle spese affrontate per il recupero della  salute  compromessa  da
malattia  o  infortunio.  E'  possibile,  quindi, fare riferimento ai
provvedimenti del Ministero della Sanita' che disciplinano la materia
sanitaria per  individuare  le  prestazioni  che  assumono  carattere
sanitario  (e' irrilevante la circostanza che dette prestazioni siano
o meno dispensate dal  servizio  sanitario  nazionale).  L'assistenza
sociale  risponde,  invece,  a  finalita'  fondate  unicamente  sulla
solidarieta' collettiva a  soggetti  che  versano  in  uno  stato  di
bisogno.   In   merito   all'individuazione   delle  prestazioni  che
rispondono  a  tali  finalita'  e'  necessario  fare riferimento agli
orientamenti del Ministero del Lavoro  e  della  Previdenza  Sociale,
competente  in materia di assistenza sociale (anche in questa ipotesi
e' irrilevante la circostanza che la  prestazione  in  questione  sia
prevista   o   meno   tra  quelle  erogabili  a  carico  del  sistema
assistenziale pubblico).
    Cosi' delineata la disciplina dei diversi tipi di contributi,  e'
opportuno  precisare  che  il  trattamento  fiscale  delle successive
erogazioni  dovra'  essere  determinato  autonomamente  in  base   ai
principi generali che regolano l'imposizione sui redditi e, pertanto,
dette  prestazioni  saranno  assoggettabili  a tassazione soltanto se
inquadrabili in una delle categorie di reddito previste nell'articolo
6 del TUIR. Da cio' consegue, ad esempio, che se  la  prestazione  si
sostanzia  nell'erogazione  di  rimborsi  per  spese sanitarie, detti
rimborsi non potranno essere assoggettati a tassazione in quanto  non
compresi  in  alcuna  delle citate categorie di reddito, mentre se la
prestazione  consiste  in  una  indennita'  inquadrabile  tra  quelle
sostitutive di reddito, questa sara' assoggettata a tassazione con le
stesse  modalita' previste per il reddito che va a sostituire, oppure
se si tratta di prestazioni periodiche corrisposte da fondi  pensione
complementare,  la  stessa  sara'  tassata  come reddito assimilato a
quello di lavoro dipendente.
    Inoltre, tenuto conto che il legislatore ha fissato la disciplina
dei contributi distinguendo soltanto i contributi obbligatori versati
in ottemperanza a una disposizione di legge da  quelli  che,  invece,
tali  non  sono,  si deve ritenere che sia irrilevante la circostanza
che detti contributi, obbligatori o "facoltativi", siano  versati  in
Italia,   sempreche'  le  somme  e  i  valori  cui  i  contributi  si
riferiscono siano assoggettate a tassazione in Italia.
    Va, infine, chiarito che il lavoratore dipendente, presentando la
dichiarazione dei redditi, puo'  portare  in  deduzione  dal  reddito
complessivo eventuali contributi che, secondo quanto sopra precisato,
non  avrebbero  dovuto  concorrere  a  formare  il  reddito di lavoro
dipendente dell'anno per il quale si presenta la dichiarazione stessa
e che, invece, erroneamente sono stati assoggettati  a  tassazione  o
che  sono stati pagati in base ad un reddito figurativo non percepito
effettivamente dal dipendente. Le  suindicate  circostanze  dovranno,
ovviamente,  essere  comprovate  da una certificazione rilasciata dal
soggetto che ha trattenuto i contributi in questione.
    2.2.2 Erogazioni liberali e sussidi
    Con la lettera b) del comma 2 del  nuovo  articolo  48  e'  stata
sostituita la precedente formulazione della lettera f).  La relazione
illustrativa  del  provvedimento  precisa  che  la  modifica e' stata
apportata "al fine di superarne la attuale ambiguita',  dovuta  anche
all'ampiezza terminologica, che offre un pretesto per escludere dalla
ritenuta   erogazioni   sostanzialmente   reddituali   di   ammontare
significativo. La nuova formulazione e' diretta,  per  l'appunto,  ad
evitare  strumentalizzazioni,  regolando  in modo piu' preciso e piu'
aderente alle finalita' della norma, la fattispecie  in  esame.    In
questo  senso  si e' stabilito che rimangono escluse da ritenuta solo
le  erogazioni  liberali  concesse  in  occasione  di  festivita'   o
ricorrenze  alla  generalita'  o categorie di dipendenti e, comunque,
per un importo non superiore, nel periodo d'imposta, a  lire  500.000
(erogazioni  di importo o di valore superiore, saranno assoggettate a
tassazione  per  la parte eccedente l'importo escluso per legge dalla
formazione del reddito di lavoro dipendente) e i sussidi  occasionali
corrisposti   in   relazione   a   esigenze   personali  o  familiari
particolarmente rilevanti. Sono state, altresi',  esclusi  i  sussidi
corrisposti  alle  vittime  dell'usura  e di richieste estorsive." In
merito  alla  presente  disposizione   si   osserva   quanto   segue.
Relativamente  alle  erogazioni liberali, tenuto conto della volonta'
espressa  dal  legislatore   delegato   nella   riportata   relazione
illustrativa  del  provvedimento e del limite massimo complessivo per
tutto il periodo d'imposta, fissato espressamente con  riferimento  a
ciascun  dipendente, si deve ritenere che l'espressione "festivita' o
ricorrenze" si debba intendere nel senso  piu'  ampio  possibile,  e,
quindi,  comprensivo di tutte quelle situazioni in cui oggettivamente
si e' soliti celebrare lietamente un evento. Rientrano, pertanto,  in
questa  previsione non soltanto le festivita' religiose e civili e le
ricorrenze in senso proprio, ma anche le festivita' del dipendente  e
quelle   dell'azienda,   quali  il  cinquantenario  dell'azienda,  il
raggiungimento di una particolare anzianita', l'apertura di una nuova
sede, la fusione con un'altra societa', ed anche il matrimonio  o  la
nascita  di  un figlio, sempreche' analogo comportamento il datore di
lavoro assuma nei confronti di tutti  i  dipendenti  o  categorie  di
dipendenti  che  si  trovano  nella  stessa  situazione e, quindi, ad
esempio, nei casi in cui il datore di lavoro e' solito fare un regalo
a tutti i dipendenti che si sposano o a tutti quelli ai  quali  nasce
un   figlio.   Non   possono  essere  comprese,  invece,  nell'ambito
applicativo  di  questa  disposizione  le  erogazioni  effettuate  in
relazione   al   raggiungimento   di  un  certo  fatturato  da  parte
dell'azienda.  Tale  evento,  infatti,  non  puo'  configurarsi  come
festivita' o ricorrenza in quanto e' collegato alla normale attivita'
di  qualunque impresa, il cui obiettivo naturale e' rappresentato dal
miglioramento della propria gestione e produttivita'.
    Anche per quanto riguarda l'espressione "generalita' o  categorie
di  dipendenti"  si  ritiene  che  la  prassi  aziendale  deve essere
riferita a tutti i dipendenti di un certo tipo (ad esempio,  tutti  i
dirigenti,  o  tutti  quelli  che  hanno un certo livello o una certa
qualifica) mentre il momento dell'erogazione puo' essere diverso.  In
pratica,  mentre  in occasione delle festivita' natalizie la cassetta
natalizia sara' distribuita a tutti i dipendenti  contemporaneamente,
l'eventuale  regalo  di  matrimonio sara' dato soltanto ai dipendenti
che in quell'anno si sposano. Relativamente ai sussidi, si sottolinea
che il sussidio fa fronte ad uno stato  di  bisogno  del  dipendente,
deve  trattarsi,  quindi,  di soggetti che si trovano in momentanee e
difficili condizioni  economiche  a  causa  di  "rilevanti"  esigenze
personali   o   familiari.   Per   familiari  s'intendono,  ai  sensi
dell'articolo 5 del TUIR, il coniuge, i parenti entro il terzo  grado
e  gli  affini  entro  il  secondo  grado,  mentre "rilevanti" devono
ritenersi  quegli  eventi  che,  in  relazione  alla  situazione  del
soggetto  o  al  fatto  oggettivamente considerato, possono ritenersi
importanti e, quindi, tali che il datore di lavoro, spontaneamente  o
a  seguito  di  richiesta del dipendente, sia disposto a concedere un
sussidio del tutto occasionale, il cui importo,  pur  non  avendo  un
tetto  massimo di esenzione imposto dalla legge, deve essere coerente
con l'entita' dell'evento e con le condizioni economiche dei soggetti
interessati (datore e dipendente).  A titolo di esempio, si  potrebbe
pensare  che  il datore di lavoro possa concedere un sussidio per far
fronte alle spese sostenute in occasione di un lutto del  dipendente,
di  una  malattia  del dipendente o di un familiare che richieda cure
molto costose e a carico del  dipendente,  a  seguito  della  perdita
della casa o di tutto il mobilio, per un evento eccezionale, naturale
o  meno  (incendio,  furto, alluvione o terremoto, etc.), in funzione
del sostenimento di considerevoli spese per la nascita di un  figlio,
etc..  Si  ritiene,  inoltre,  che possano essere considerati sussidi
esclusi dalla formazione del reddito anche alcuni piccoli prestiti di
breve durata, cioe' inferiori al  periodo  d'imposta,  quali  quelli,
inferiori  a  12  mesi,  corrisposti  a  dipendenti  in  contratto di
solidarieta' o in cassa integrazione  guadagni,  o  alle  vittime  di
richieste  estorsive  o  di  usura,  nonche'  quelli che il datore di
lavoro concede per far fronte ad esigenze  di  semplificazione  della
propria gestione, come ad esempio l'anticipo delle imposte dovute dal
dipendente, comprese quelle dovute in sede di assistenza fiscale.
    E' appena il caso di precisare che sia le erogazioni in occasione
di  festivita' o di ricorrenze sia i sussidi occasionali, trattandosi
di liberalita',  non  devono  essere  previsti  come  obbligatori  da
contratti collettivi, accordi o regolamenti aziendali.
    2.2.3.   Somministrazioni   in   mense  aziendali  e  prestazioni
sostitutive
    Con la lettera c) e' stata  razionalizzata  la  disciplina  delle
spese per i pasti dei dipendenti. In particolare, la novita' consiste
nell'avere  esteso  il  trattamento fiscale delle somministrazioni in
mense  aziendali,  gestite  direttamente  o  da  terzi,  anche   alle
somministrazioni  di  vitto da parte del datore di lavoro e nell'aver
previsto una soglia complessiva giornaliera, pari a lire  10.240,  di
non  concorrenza  alla  formazione  del  reddito di lavoro dipendente
anche per le  indennita'  di  mensa  oltre  che  per  le  prestazioni
sostitutive  del  servizio di mensa, ad esempio, i ticket restaurant,
per le quali l'articolo 3, comma 6, della legge 23 dicembre 1996,  n.
662 aveva gia' fissato un importo massimo complessivo giornaliero, da
calcolarsi  con  riferimento  a  ciascun  giorno lavorativo, oltre il
quale  dette  prestazioni  sostitutive  concorrevano  a  formare   il
reddito.  In tal modo, non costituiscono compensi in natura, a titolo
di esempio, i pasti  consumati  dai  camerieri  o  dal  cuoco  di  un
ristorante,  dai collaboratori domestici, mentre concorrono a formare
il reddito solo per la parte che eccede lire 10.240 le indennita'  di
mensa corrisposte, ad esempio, ai lavoratori delle imprese edili o la
panatica   dei   marittimi  a  terra.     Tenuto  conto  della  nuova
formulazione  della  norma,  e'  opportuno  precisare  che   tra   le
prestazioni  di vitto e le somministrazioni in mense aziendali, anche
gestite da terzi, sono comprese le convenzioni con i ristoranti e  la
fornitura   di   cestini  preconfezionati  contenenti  il  pasto  dei
dipendenti.
    Si  ritiene  che  la  prestazione  in  questione  debba  comunque
interessare la generalita' dei dipendenti o intere categorie omogenee
di  essi.  Relativamente  ai  ticket  restaurant (per i quali ai fini
dell'esclusione si fa riferimento al valore  nominale)  va  precisato
che  negli  stessi  deve  essere  individuabile un collegamento fra i
tagliandi ed il tipo di prestazione cui danno  diritto;  i  tagliandi
devono  recare  sul  retro  la  precisazione  che  non possono essere
cedibili, ne' cumulabili, ne' commerciabili  e  ne'  convertibili  in
denaro;    gli   stessi,   quindi,   dovranno   consentire   soltanto
l'espletamento  della  prestazione  sostitutiva  nei  confronti   dei
dipendenti  che  ne  hanno  diritto,  ed  essere debitamente datati e
sottoscritti.
    Va ricordato che l'art. 4 della legge 25 marzo 1997, n.   77,  ha
precisato  che  per  servizi  sostitutivi di mensa resi a mezzo buoni
pasto di cui al D.M.  lavoro  e  previdenza  sociale  3  marzo  1994,
pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale n. 66, del 21 marzo 1994, devono
intendersi le somministrazioni di alimenti e bevande  effettuate  dai
pubblici  esercizi,  nonche'  le  cessioni di prodotti di gastronomia
pronti per il  consumo  immediato,  effettuate  da  mense  aziendali,
interaziendali,   rosticcerie  e  gastronomie  artigianali,  pubblici
esercizi e dagli esercizi commerciali muniti di autorizzazione per la
vendita, per la produzione,  la  preparazione  e  vendita  di  generi
alimentari,  anche  su  area  pubblica  e  operate dietro commessa di
imprese  che  forniscono  servizi  sostitutivi  di  mensa  aziendale.
Benche'  la norma sembrasse assumere, all'epoca della sua emanazione,
valore esclusivamente a fini previdenziali, non v'e' motivo  per  non
ritenerla  ancora  valida anche ai fini fiscali, tenuto conto che ora
e' stata effettuata l'unificazione delle basi imponibili.
    Va, infine, precisato che il legislatore non  ha  dettato  regole
particolari  in merito alle diverse opzioni disponibili per escludere
il pasto del dipendente, in tutto o in parte,  dalla  formazione  del
reddito,  si ritiene, pertanto, che il datore di lavoro sia libero di
scegliere la modalita' che  ritiene  piu'  facilmente  adottabile  in
funzione delle proprie esigenze organizzative e dell'attivita' svolta
e  che  possa  anche  prevedere  piu'  sistemi contemporaneamente. Ad
esempio, puo' istituire il servizio di mensa  per  una  categoria  di
dipendenti, il sistema dei ticket restaurant per un'altra categoria e
provvedere  all'erogazione di una indennita' sostitutiva per un'altra
ancora, oppure puo' istituire il servizio di  mensa  e  nello  stesso
tempo  corrispondere  un'indennita' sostitutiva o i ticket restaurant
ai dipendenti che per esigenze di servizio non possono usufruire  del
servizio  mensa.  Tenuto  conto del tenore letterale della norma, e',
invece, da escludere che lo stesso dipendente, con  riferimento  alla
medesima  giornata  lavorativa,  possa  fruire  del  servizio mensa e
utilizzare anche il ticket restaurant o ricevere  anche  l'indennita'
sostitutiva  del  servizio  di  mensa,  fruendo dell'esclusione dalla
formazione del reddito di lire 10.240. Analogamente, in  presenza  di
indennita'  sostitutiva  pari  a  lire  3.000 e ticket restaurant con
valore nominale di lire 6.000, non e' possibile, con riferimento alla
stessa giornata, cumulare  le  due  prestazioni  sostitutive  fino  a
raggiungere  la  predetta  soglia  di  esclusione,  ma  e' necessario
assoggettare a tassazione integralmente una delle due.
    2.2.4. Prestazioni di servizi di trasporto
    Nella lettera d) e' confermata l'irrilevanza ai  fini  reddituali
per   il   dipendente  delle  prestazioni  di  servizi  di  trasporto
collettivo per lo spostamento dei dipendenti dal luogo di  abitazione
o  da un apposito centro di raccolta alla sede di lavoro o viceversa.
Ai fini dell'irrilevanza reddituale  del  servizio  di  trasporto  e'
necessario  che lo stesso sia rivolto alla generalita' dei dipendenti
o  a  intere  categorie  di  dipendenti,  mentre  resta   del   tutto
indifferente la circostanza che il servizio sia prestato direttamente
dal  datore  di  lavoro, attraverso l'utilizzo di mezzi di proprieta'
dell'azienda  o  da  questi  noleggiati,  ovvero sia fornito da terzi
sulla base di apposita convenzione o accordo stipulato  dallo  stesso
datore  di  lavoro, purche' il dipendente resti del tutto estraneo al
rapporto con il vettore. E' stato espressamente precisato che, tra  i
soggetti  terzi che possono fornire la prestazione di trasporto, sono
compresi  anche   gli   esercenti   servizi   pubblici   allo   scopo
evidentemente  di  chiarire  che  il  datore di lavoro puo' stipulare
apposita  convenzione  anche  con  esercenti  servizi  pubblici,   ad
esempio,  con  la societa' che gestisce il servizio pubblico urbano o
extra-urbano del luogo in  cui  si  trova  l'azienda  oppure  con  il
servizio   taxi,   rimanendo  comunque  fermo  il  principio  che  la
prestazione, ai fini della  non  concorrenza  al  reddito  di  lavoro
dipendente,  deve  essere  resa  in  modo collettivo. Resta fermo che
eventuali indennita'  sostitutive  del  servizio  di  trasporto  sono
assoggettate  interamente  a  tassazione,  cosi'  come e' interamente
assoggettato a  tassazione  l'eventuale  rimborso  al  lavoratore  di
biglietti  o  di tessere di abbonamento per il trasporto mancando, in
questa ipotesi, il requisito dell'affidamento a terzo del servizio di
trasporto da parte del datore di lavoro.
    E' altresi' da assoggettare a tassazione, con i criteri  relativi
alla   valutazione   dei  beni  e  dei  servizi,  la  concessione  di
facilitazioni sui prezzi dei biglietti  di  viaggio  o  di  trasporto
offerte  ai  dipendenti, per se stessi e per i familiari, da parte di
imprese esercenti pubblici servizi di trasporto o di viaggio.
    2.2.5. Compensi reversibili
    La lettera e) conferma che i compensi  reversibili  di  cui  alle
lettere  b)  ed  f) del comma 1 dell'articolo 47 del TUIR, non devono
essere  compresi  nelle  somme  da  assoggettare  a  tassazione.   Al
riguardo,  si  ricorda che la richiamata lettera b) qualifica reddito
assimilato a quello di lavoro dipendente le indennita' e  i  compensi
percepiti  a  carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per
incarichi svolti in relazione a tale qualita' e precisa espressamente
che sono esclusi quelli che per clausola contrattuale  devono  essere
riversati  al  datore  di lavoro e quelli che per legge devono essere
riversati allo Stato. La citata lettera f), invece, qualifica redditi
assimilati a quelli di lavoro dipendente le indennita', i gettoni  di
presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni,
dalle  province e dai comuni per l'esercizio di pubbliche funzioni ed
esclude espressamente quelli che per legge  devono  essere  riversati
allo  Stato.  La  disposizione  in esame ha evidentemente lo scopo di
chiarire espressamente che i compensi reversibili in  questione,  non
solo  non  costituiscono reddito assimilato a quello dipendente, come
risulta dal tenore letterale delle norme richiamate,  ma  non  devono
essere  assoggettati  a  tassazione  neanche  quali redditi di lavoro
dipendente in quanto sono imputati direttamente al soggetto al quale,
per legge o clausola contrattuale (per quelli  della  lettera  b))  o
soltanto  per  legge  (per  quelli  della  lettera f)), devono essere
riversati. E' appena  il  caso  di  precisare,  pertanto,  che  detti
compensi devono essere esclusi anche dall'applicazione della ritenuta
a titolo di acconto.
    2.2.6. Somme erogate ai dipendenti per le  finalita'  di  cui  al
comma  1  dell'articolo  65,  con  esclusione  di  quelle  sociali  e
sanitarie, e utilizzazione da parte degli stessi delle relative opere
e servizi.
    La lettera f) riproduce, con alcune sostanziali  innovazioni,  la
lettera  e)  dell'articolo  48  nel  precedente  testo.  Nella  nuova
formulazione viene previsto che non concorrono a formare  il  reddito
di  lavoro  dipendente  le  somme  erogate  dal datore di lavoro alla
generalita' dei  dipendenti  o  a  categorie  di  dipendenti  per  le
finalita' di cui al comma 1 dell'articolo 65 del TUIR, con esclusione
di  quelle  di  assistenza  sociale  e  sanitaria, e l'utilizzo delle
relative opere e servizi da parte  dei  dipendenti  e  dei  familiari
indicati  nell'articolo  12  del  TUIR.  Al  riguardo, si ricorda che
l'articolo 65, comma 1, del TUIR, dispone, per le spese  relative  ad
opere  e  servizi  utilizzabili  dalla  generalita'  dei dipendenti o
categorie di  dipendenti  volontariamente  sostenute  per  specifiche
finalita'  di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale
e sanitaria o  culto,  la  deducibilita',  nella  determinazione  del
reddito d'impresa, di un ammontare complessivo non superiore al 5 per
mille dell'ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente
risultante  dalla  dichiarazione  dei  redditi.  Va  precisato che il
riferimento contenuto nella lettera f) dell'articolo 48 del  TUIR  al
riportato  comma  1  dell'articolo  65,  e'  effettuato  soltanto per
individuare le finalita' in esso previste, tra  le  quali,  peraltro,
sono  state  escluse  quelle di assistenza sociale e sanitaria, senza
che questo comporti anche, ai fini dell'esclusione  dalla  formazione
del  reddito  di  lavoro  dipendente,  l'osservanza  delle  ulteriori
condizioni in esso contenute e cioe' il limite del 5 per mille e  che
le  opere  e i servizi siano stati realizzati (direttamente o tramite
terzi) volontariamente, potendo anche  essere  frutto  di  accordo  o
regolamento  aziendale, ovvero contratto collettivo. Atteso il tenore
letterale della disposizione si deve ritenere, in  primo  luogo,  che
l'esclusione,  competa  per le somme corrisposte al dipendente per se
stesso o per i familiari indicati nell'articolo 12 del TUIR; inoltre,
l'utilizzo delle opere e dei servizi puo'  riguardare  oltre  che  il
dipendente  anche i suoi familiari indicati nel predetto articolo 12.
In entrambe le ipotesi sopra  delineate  non  e'  necessario  che  il
familiare  in  questione  sia fiscalmente a carico del lavoratore; la
disposizione in commento, infatti, si riferisce ai familiari indicati
nell'articolo 12 del TUIR senza richiamare anche  le  condizioni  ivi
previste,  come,  invece,  avviene  a  proposito  delle indennita' di
trasferimento, disciplinate  nel  successivo  comma  7  dello  stesso
articolo  48  nella  nuova  formulazione.  Cio' costituisce una delle
differenze  rispetto  alla  corrispondente   previsione   legislativa
contenuta  nella  lettera  e) del precedente articolo 48, nella quale
non era disciplinata l'esclusione con riferimento all'utilizzo  delle
opere  o servizi da parte di nessuno dei familiari del dipendente. Le
altre differenze si rinvengono nella previsione della non concorrenza
alla  formazione  del  reddito  anche  con  riferimento  alle   somme
corrisposte  e  all'esclusione  delle  finalita' sociali e sanitarie.
Tale  esclusione  trova  giustificazione nell'opportunita' di evitare
che i contributi assistenziali, limitati dalla precedente lettera a),
potessero ritenersi  ricompresi  in  questa  disposizione  e  che  il
termine  "somme"  potesse  far escludere dalla formazione del reddito
anche indennita' sostitutive percepite individualmente.  Infatti,  e'
bene ribadire che:
    -  l'esclusione  non  spetta  in  alcun  caso  con riferimento al
perseguimento di finalita' di assistenza sociale e sanitaria, ne' per
le somme ne' per le relative opere  e  servizi.  In  tal  modo  viene
esplicitamente  chiarito, ad esempio, che con riferimento alle somme,
non  possono  rientrare  nella  previsione  in  esame  i   contributi
assistenziali  con finalita' sociali e sanitarie per i quali, come si
e' visto a commento della lettera a) del nuovo articolo  48  (cui  si
rinvia  per i criteri distintivi) e' stata prevista, rispettivamente,
la totale concorrenza al reddito imponibile (per quelli con finalita'
sociale) e la concorrenza parziale, se superiori ad un certo  importo
(per quelli con finalita' sanitaria). Con riferimento alle opere e ai
servizi,  l'esclusione  non  compete,  ad esempio, per le prestazioni
sanitarie  rese  ai  familiari  del  dipendente  attraverso  apposito
gabinetto  medico  costituito  dal  datore di lavoro presso l'azienda
(salvo quanto  disposto  per  le  spese  mediche  deducibili  di  cui
all'art.  10  del  TUIR),  mentre  per  quanto  riguarda  le medesime
prestazioni rese,  pero',  direttamente  al  dipendente,  si  ritiene
debbano  rimanere  sempre  escluse  dalla  formazione  del reddito di
lavoro dipendente quelle che discendono dall'osservanza di specifiche
disposizioni  di  legge  relative  alla  tutela  della   salute   del
dipendente  o  dei  soggetti  terzi,  come  ad esempio, quelle di cui
all'articolo 33 del D.P.R. n. 303 del 1956 o agli articoli  16  e  17
del  decreto legislativo n. 626 del 1994, nonche', ovviamente, quelle
conseguenti ad infortuni sul lavoro: in  questo  caso  si  tratta  di
costi  di  produzione  del datore di lavoro, come tali non imponibili
per il dipendente;
    - deve trattarsi di somme corrisposte,  o  utilizzo  di  opere  e
servizi, per la generalita' dei dipendenti o categorie di dipendenti,
intendendo  anche  in questo caso la generica disponibilita' verso un
gruppo  omogeneo  di  dipendenti  (anche  se  alcuni  di  questi  non
fruiscono  di  fatto  delle  opere o servizi o delle somme), poiche',
invece, qualunque somma attribuita ad personam costituisce reddito di
lavoro   dipendente.   Va,   peraltro,   precisato   che,   ai   fini
dell'esclusione  delle  somme  dall'ammontare  del  reddito di lavoro
dipendente, il datore  di  lavoro  deve  acquisire  e  conservare  la
documentazione  comprovante  l'utilizzo  delle  somme in questione da
parte del dipendente per la finalita' per la quale dette  somme  sono
state corrisposte (ad esempio, l'iscrizione all'asilo nido, etc.).
    A   titolo  di  esempio,  si  ritiene  che  rientrino  in  questa
previsione, oltre agli asili nido, gli impianti sportivi e,  piu'  in
generale, tutte le strutture ricreative, di proprieta' dell'azienda o
affittati   (CRAL,   campi  da  tennis,  etc.)    utilizzabili  dalla
generalita' dei dipendenti o da categorie di dipendenti,  inoltre  la
disposizione  esonerativa  si  applica anche alle somme destinate dal
datore di lavoro alla costituzione di spacci aziendali (i  successivi
acquisti  da  parte  dei  dipendenti  costituiscono  mere  operazioni
commerciali e, quindi, sono irrilevanti ai fini della tassazione  del
reddito  di lavoro dipendente, anche se avvengono a prezzi scontati),
alle  somme corrisposte dal datore di lavoro, sempre alla generalita'
di dipendenti o a categorie di  dipendenti,  al  fine  di  consentire
l'iscrizione agli asili nido e ai soggiorni climatici per i figli dei
dipendenti,  quelle per iscrizione gratuita a circoli privati e club,
per iscrizione gratuita  a  corsi  di  formazione  extraprofessionale
(quelle   per   corsi  di  formazione  professionali  sono  costi  di
produzione  dell'impresa),  quelle  per  il  pagamento  delle   tasse
scolastiche  ai  figli  dei dipendenti e, in linea di principio, alle
borse di studio  (cfr.    anche  il  paragrafo  relativo  ai  redditi
assimilati).
    Con  riferimento  a tutte le fattispecie sopra citate va ribadito
che le spese  in  questione  non  rientrano  nel  reddito  di  lavoro
dipendente   se   i   servizi  considerati  sono  utilizzabili  dalla
generalita' dei lavoratori dipendenti o da categorie  di  dipendenti;
ove  invece gli stessi siano a disposizione solo di taluni lavoratori
dipendenti essi costituiscono fringe benefits per gli utilizzatori  e
le  spese  relative  concorrono alla formazione del reddito di lavoro
dipendente.
    2.2.7. Azioni di nuova emissione offerte ai dipendenti
    La lettera g) stabilisce che, in caso di sottoscrizione da  parte
dei dipendenti, anche a seguito di contrattazione, di azioni di nuova
emissione di cui all'articolo 2349 e all'articolo 2441, ultimo comma,
del  codice  civile,  non  concorre  a  formare  il reddito di lavoro
dipendente il  valore  delle  azioni  sottoscritte.  La  disposizione
precisa  che  l'esclusione dalla formazione del reddito compete anche
se  dette  azioni  sono  emesse  da  societa'  che   direttamente   o
indirettamente  controllano  l'impresa,  ne  sono  controllate o sono
controllate dalla stessa societa' che controlla  l'impresa.  Come  e'
dato rilevare facilmente, la norma agevolativa non si applica a tutte
le  tipologie  di  azioni in quanto sono escluse le azioni di vecchia
emissione.  Infatti,  l'articolo   2349   disciplina   l'ipotesi   di
assegnazione   straordinaria   di   utili  ai  prestatori  di  lavoro
dipendente che avvenga tramite l'emissione ed assegnazione di  azioni
speciali ai dipendenti, con norme particolari riguardo alla forma, al
modo   di  trasferimento  e  ai  diritti  spettanti  agli  azionisti.
L'articolo 2441, ultimo  comma,  disciplina  l'ipotesi  in  cui,  con
deliberazione  dell'assemblea,  puo'  essere  escluso  il  diritto di
opzione dei soci limitatamente ad un quarto  delle  azioni  di  nuova
emissione,  se  queste  sono  offerte in sottoscrizione ai dipendenti
della societa'.  La previsione della non concorrenza alla  formazione
del  reddito  in  caso di sottoscrizione di azioni emesse da societa'
che  direttamente  o  indirettamente  controllano  l'impresa  o  sono
controllate  dalla stessa societa' che controlla l'impresa, va intesa
nel senso che deve trattarsi delle medesime azioni disciplinate nelle
due norme citate del codice civile, ma che,  in  deroga  alle  stesse
disposizioni   richiamate,   vengano  offerte  in  sottoscrizione  ai
dipendenti delle societa'  controllate  o  controllanti.  Ad  analoga
conclusione  si perviene allorquando il soggetto che emette le azioni
nuove non sia tenuto al rispetto delle  norme  contenute  nel  codice
civile,  ad  esempio,  perche'  residente  all'estero. In questo caso
l'esclusione  dalla   tassazione   sara'   possibile   soltanto   con
riferimento alle azioni che, sulla base della legislazione straniera,
costituiscono  l'equivalente  di quelle emesse ai sensi dell'articolo
2349 e  2441,  ultimo  comma,  del  codice  civile.  In  pratica,  la
distinzione,  ai  fini  della  esclusione o meno dalla formazione del
reddito imponibile, va fatta soltanto con riferimento alle azioni  di
vecchia o nuova emissione, restando escluse soltanto queste ultime.
    Va,  precisato  che nell'ipotesi di assegnazione straordinaria di
utili ai dipendenti mediante, appunto, emissione di azioni, gli utili
medesimi,  non  essendo  destinati  ai  soci  e  costituendo,  per  i
dipendenti,  reddito  di  lavoro dipendente, anche se non soggetto ad
imposizione, non sono soggetti al regime fiscale dei dividendi di cui
all'articolo 27 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600  e  all'articolo
8, comma 1, nn. 4 e 5 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.
    Si  sottolinea,  infine,  che  il riferimento fatto alle societa'
controllanti e  controllate  va  inteso  secondo  i  criteri  di  cui
all'articolo 2359 del codice civile.
    2.2.8. Oneri deducibili trattenuti dal datore di lavoro
    La  lettera  h)  dispone l'esclusione dalla base imponibile delle
somme trattenute al dipendente per oneri di cui all'art. 10,  nonche'
nei  limiti  e  alle stesse condizioni previste nel medesimo art. 10,
delle  erogazioni  fatte  dal  datore  di  lavoro  in  conformita'  a
contratti collettivi o ad accordi e regolamenti aziendali delle spese
sanitarie  dello stesso articolo 10, comma 1, lettera b). L'ammontare
degli oneri e delle erogazioni che, ai sensi di questa  disposizione,
e'  stato escluso dalla formazione del reddito imponibile deve essere
attestato dal datore di lavoro. Si fa  presente  che  ove  sia  stato
escluso  piu'  di  un  onere  o,  unitamente  agli oneri, siano state
escluse erogazioni per spese sanitarie,  il  datore  di  lavoro  deve
attestarne   l'importo   distintamente  per  ciascuna  tipologia.  La
finalita' che e' evidentemente perseguita, e' quella di  evitare  che
il  lavoratore  debba presentare la dichiarazione dei redditi al solo
fine di fruire di oneri deducibili di cui il datore di  lavoro  e'  a
conoscenza  avendo  effettuato trattenute per gli stessi. Al riguardo
si precisa che il dipendente  non  potrebbe  richiedere  l'esclusione
dalla  base  imponibile  di  oneri  che,  pur  essendo compresi nella
previsione dell'articolo 10, non sono stati sostenuti per il trarnite
del datore di lavoro, tuttavia, ove cio' si verifichi,  il  sostituto
puo'  acconsentire  ad  una simile richiesta. A titolo di esempio, si
chiarisce  che  uno  degli  oneri  deducibili  che  potra'  rientrare
nell'ambito   della   previsione  normativa  in  esame  e'  l'assegno
periodico al coniuge separato  o  divorziato  che  il  giudice  abbia
ordinato  al  datore  di  lavoro  di  corrispondere direttamente allo
stesso coniuge separato o  divorziato.  Un  altro  onere  che  potra'
rientrare  in  questa previsione e' quello, inserito nell'articolo 10
da una disposizione di questo stesso  decreto  legislativo  (art.  5,
comma  1,  lettera b)), relativo alle somme corrisposte al lavoratore
ed assoggettate a tassazione in  anni  precedenti,  che  siano  state
successivamente  restituite  al  soggetto  erogatore  (lettera  d-bis
dell'articolo 10 del TUIR). Tale  onere,  come  meglio  si  dira'  in
seguito, potra' essere utilizzato anche in caso di compensi in natura
assoggettati  a  tassazione  per  un  importo  superiore  perche'  il
dipendente ha corrisposto soltanto nel periodo  d'imposta  successivo
delle  somme per aver fruito di detto compenso. Va, infine, precisato
che il dipendente non deve fare nessuna richiesta al datore di lavoro
per il riconoscimento della non concorrenza delle somme in questione,
ma e', tuttavia, tenuto a fornire  allo  stesso  tutti  gli  elementi
necessari  per  il  rispetto  delle  condizioni previste nel predetto
articolo  10.  Cosi', ad esempio, ove dall'ordine del giudice non sia
rilevabile se l'assegno al coniuge separato o divorziato e' dato  per
il  proprio mantenimento o per quello dei figli o se per tutti e due,
il dipendente sara' obbligato, sotto la  propria  responsabilita',  a
fornire  al  sostituto tutte le precisazioni necessarie alla corretta
applicazione della disposizione.
    2.2.9. Mance dei croupiers
    La lettera i) prevede, infine, che non concorre  alla  formazione
della  base  imponibile  del  reddito  di lavoro dipendente il 25 per
cento delle mance percepite dai croupiers, che sono state  ricondotte
tra  i  redditi  di  lavoro dipendente e non sono piu' comprese tra i
redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Si tratta, come  e'
noto,  delle  mance  percepite  dagli impiegati tecnici delle case da
gioco, direttamente o per effetto del  riparto  eseguito  a  cura  di
appositi  organismi costituiti all'interno dell'azienda, in relazione
all'attivita' di lavoro dipendente.  In tal modo,  viene  confermato,
anche  dopo la nuova qualificazione reddituale, il particolare regime
di determinazione della base imponibile relativa a  tali  mance,  che
resta fissato nel medesimo importo previsto dal comma B dell'articolo
48  nella  precedente formulazione.   Si tratta, peraltro, dell'unica
ipotesi in cui le mance sono assoggettate a tassazione per un importo
ridotto.
    2.3. Beni e servizi forniti al dipendente (fringe benefit)
    2.3.1. Criteri generali
    In attuazione di quanto previsto alla lettera c) della  legge  di
delega,  il  comma  3  dell'articolo  48,  nella  nuova formulazione,
stabilisce nel valore normale di cui all'art. 9 del TUIR, il criterio
generale di valutazione dei beni ceduti e  dei  servizi  prestati  al
dipendente (o al soggetto a questo equiparato e, cioe' al pensionato,
al cassaintegrato, etc.) o ai familiari indicati nell'articolo 12 del
TUIR,  anche  se  non  fiscalmente  a  carico, compreso il diritto di
ottenerli da terzi.  Tale  criterio  sostituisce  il  precedente  che
stabiliva,  invece, la valutazione di detti beni e servizi sulla base
del costo specifico sostenuto dal datore di  lavoro.    Relativamente
alla locuzione "il diritto di ottenerli da terzi" si precisa che tale
locuzione  va posta in collegamento con il principio generale vigente
in  materia  di  reddito  di  lavoro  dipendente  in  base  al  quale
costituisce reddito della specie tutto cio' che il dipendente riceve,
anche  da  soggetti  terzi,  in  relazione al rapporto di lavoro.  La
fattispecie in esame si verifica, quindi, allorquando un  terzo  cede
beni  o presta servizi, compresi quelli di cui al successivo comma 4,
a dipendenti di un datore di  lavoro  per  effetto  di  un  qualunque
collegamento esistente con quest'ultimo o con il sottostante rapporto
di lavoro sebbene non in forza di un accordo o di una convenzione che
questi abbia con lui stipulato. E' opportuno ricordare che il comma 3
dell'articolo  9  del  TUIR  stabilisce che per valore normale, salvo
quanto disposto dal successivo comma 4 con riferimento  alle  azioni,
obbligazioni  e  altri  titoli,  s'intende  il prezzo o corrispettivo
mediamente praticato per i beni e i servizi  della  stessa  specie  o
similari  in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di
commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i  beni  o  servizi
sono  stati  acquisiti  o  prestati,  e, in mancanza, nel tempo e nel
luogo piu' prossimi. Dalla definizione di valore normale  emerge  che
la quantificazione del valore normale del bene o servizio deve essere
operata  in  modo  diverso  a seconda che gli stessi vengano ceduti o
prestati dal produttore, dal grossista o dal dettagliante. Il secondo
periodo del comma 3 del citato articolo 9 fissa  parametri  oggettivi
per  la determinazione del valore normale stabilendo che occorre fare
riferimento, in quanto possibile,  ai  listini  o  alle  tariffe  del
soggetto  che  ha  fornito  i  beni  e i servizi e, in mancanza, alle
mercuriali e ai listini delle camere  di  commercio  e  alle  tariffe
professionali,  tenendo  conto  degli sconti di uso. L'ultimo periodo
del comma 3 dell'articolo 9 stabilisce una  presunzione  assoluta  in
base  alla  quale  per  i  beni e i servizi soggetti a disciplina dei
prezzi, (ad esempio, le tariffe elettriche o quelle  telefoniche)  si
fa riferimento ai provvedimenti in vigore. Il comma 4 dell'articolo 9
prevede,  alle lettere a), b) e c), autonome regole di determinazione
del valore  normale  con  riferimento  ai  titoli  e  alle  quote  di
partecipazione societarie. In particolare:
    -  la  lettera  a)  stabilisce  che per le azioni, obbligazioni e
altri titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, il
valore normale e' determinato  in  base  alla  media  aritmetica  dei
prezzi rilevati nell'ultimo mese;
    -  la  lettera  b)  si riferisce alle altre azioni, alle quote di
societa' non azionarie e ai  titoli  o  quote  di  partecipazione  al
capitale di enti diversi dalle societa', e dispone che il loro valore
normale  e'  fissato  in  proporzione  al valore del patrimonio netto
della societa' o ente  ovvero,  per  le  societa'  o  enti  di  nuova
costituzione,    in   proporzione   all'ammontare   complessivo   dei
conferimenti;
    - la lettera c) dispone che  per  le  obbligazioni  e  gli  altri
titoli  diversi  da quelli compresi nelle precedenti lettere a) e b),
il valore normale e' determinato comparativamente al  valore  normale
dei  titoli  aventi  analoghe  caratteristiche  negoziati  in mercati
regolamentati italiani o esteri e, in  mancanza,  in  base  ad  altri
elementi  determinabili in modo obiettivo. Si precisa che per mercati
regolamentati  s'intendono  quelli   la   cui   regolamentazione   e'
disciplinata  da apposite disposizioni normative (cfr. Istruzioni per
la compilazione delle dichiarazioni dei redditi Modello 760).
    In parziale deroga ai criteri contenuti  nell'articolo  9  appena
illustrato,   per   espressa   previsione   contenuta   nel  comma  3
dell'articolo 48, e' stabilito che il valore normale  dei  generi  in
natura  prodotti dall'azienda e ceduti ai dipendenti, gratuitamente o
meno, e' costituito dal  prezzo  mediamente  praticato  dalla  stessa
azienda  nelle  cessioni  ai  grossisti.  Anche  in questa ipotesi si
dovra' fare riferimento ai listini dell'azienda, ovviamente  soltanto
quelli  applicati nelle vendite ai grossisti, ma non si potra' tenere
conto degli sconti d'uso. Dal  tenore  letterale  della  disposizione
discende  che  la  particolare  previsione e' applicabile soltanto ai
dipendenti delle aziende che producono beni e che effettuano cessioni
ai grossisti, o all'ingrosso e al dettaglio. Restano, quindi, esclusi
da questa previsione i dipendenti di artisti o professionisti, quelli
delle  aziende  che  producono  beni  per  la  vendita  soltanto   al
dettaglio,  delle  aziende  che  producono  servizi  e  di quelle che
effettuano soltanto commercializzazione dei beni. Si precisa  che  il
reddito  da  assoggettare  a  tassazione  e'  pari  al valore normale
soltanto se il bene e' ceduto o il servizio e' prestato gratuitamente
(cio' vale anche nel caso dei beni  prodotti  dall'azienda  e  ceduti
gratuitamente  al  dipendente),  se, invece, per la cessione del bene
(anche in caso di bene prodotto dall'azienda e ceduto al  dipendente)
o  la  prestazione del servizio il dipendente corrisponde delle somme
(con il sistema del versamento o  della  trattenuta),  e'  necessario
determinare  il  valore  da assoggettare a tassazione sottraendo tali
somme dal valore normale del bene o del servizio.  Va  precisato  che
delle  somme  in questione si potra' tener conto soltanto nel periodo
d'imposta  in  cui  sono  effettivamente  trattenute  o  versate  dal
dipendente.  L'ultimo periodo del comma 3 dell'articolo 48 stabilisce
che non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il  valore
dei  beni  ceduti  e  dei  servizi prestati, se, complessivamente, di
importo non superiore, nel periodo d'imposta, a lire 500.000 e che se
il valore in  questione  e'  superiore  a  detto  limite,  lo  stesso
concorre   interamente  a  formare  il  reddito.  Si  tratta  di  una
previsione di carattere generale applicabile senza dubbio  anche  con
riferimento  ai  beni  indicati  nel  successivo comma 4. Si precisa,
inoltre,  che  la  verifica  che  il   valore   sia   non   superiore
complessivamente  nel periodo d'imposta a lire 500.000, va effettuata
con riferimento agli importi tassabili  in  capo  al  percettore  del
reddito  e,  quindi,  al netto di quanto il dipendente ha corrisposto
(con il metodo  del  versamento  o  della  trattenuta  e  comprensivo
dell'eventuale  IVA  a  carico  del  dipendente)  per  tutti i beni o
servizi di cui ha fruito  nello  stesso  periodo  d'imposta,  tenendo
conto  di  tutti  i  redditi  percepiti,  anche se derivanti da altri
rapporti di lavoro eventualmente intrattenuti nel corso dello  stesso
periodo  d'imposta. In sede di applicazione delle ritenute di acconto
il sostituto d'imposta terra' conto di tutti i valori che sono  stati
percepiti  nel corso di rapporti intrattenuti con lui, nonche', se il
dipendente  ha  chiesto  di  conguagliare  altri  redditi  di  lavoro
dipendente  o  assimilati,  dei  valori  percepiti nel corso di altri
rapporti. E' opportuno chiarire, inoltre, che ai fini del calcolo del
limite in questione, non  devono  essere  considerate  le  erogazioni
liberali  di  importo  complessivamente  non  superiore  nel  periodo
d'imposta a lire  500.000  concesse  in  occasione  di  festivita'  o
ricorrenze,  di  cui  al precedente paragrafo 2. E' appena il caso di
precisare inoltre che, in sede di tassazione alla fonte  del  reddito
di  lavoro  dipendente,  il  sostituto  d'imposta  deve  applicare la
ritenuta nel periodo di paga in cui viene superata la predetta soglia
di 500 mila lire e che se risulta chiaro che il valore, tenuto  conto
dell'intero  periodo  d'imposta,  sara' complessivamente superiore al
suddetto importo, deve effettuare la ritenuta fin dal  primo  periodo
di paga.
    2.3.2 Criteri speciali per alcuni beni
    Il  comma  4  individua  alcuni  dei  beni  e  servizi  che  piu'
frequentemente  vengono  concessi  ai   dipendenti,   e   cioe'   gli
autoveicoli  indicati  nell'articolo 54, comma 1, lettere a), c) e m)
del decreto legislativo 30 aprile 1992,  n.  285,  i  motocicli  e  i
ciclomotori  concessi  in  uso promiscuo, i prestiti e gli immobili e
per questi stabilisce speciali criteri di  determinazione  forfetaria
dei  valori da assoggettare a tassazione. Resta fermo il criterio del
valore normale per le tipologie di beni e servizi diversi  da  quelli
specificati nella disposizione in esame.
    2.3.2.1. Veicoli
    La  lettera  a)  del  comma  4 stabilisce che per gli autoveicoli
indicati nell'articolo 54, comma 1, lettere a), c) e m)  del  decreto
legislativo  30  aprile 1992, n. 285, per i motocicli e i ciclomotori
che il datore di lavoro abbia assegnato ad uno  specifico  dipendente
per  espletare  l'attivita'  di lavoro e per i quali abbia consentito
anche l'uso personale da parte dello stesso, ad esempio  per  recarsi
al  lavoro  (uso  promiscuo), concorre a formare il reddito di lavoro
dipendente  un  ammontare  pari  al   30   per   cento   dell'importo
corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15 mila chilometri
calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio, al netto di
quanto  trattenuto al dipendente o da questo corrisposto nello stesso
periodo d'imposta in cambio della possibilita' di utilizzare anche  a
fini personali il mezzo. Si tratta di una determinazione dell'importo
da  assoggettare  a tassazione del tutto forfetaria, che prescinde da
qualunque valutazione degli effettivi costi di utilizzo del  mezzo  e
anche  dalla percorrenza che il dipendente effettua realmente. E' del
tutto irrilevante, quindi,  che  il  dipendente  sostenga  a  proprio
carico  tutti  o  taluni  degli  elementi  che  sono  nella  base  di
commisurazione del costo di percorrenza fissato  dall'ACI,  dovendosi
comunque  fare riferimento, ai fini della determinazione dell'importo
da assumere a tassazione, al  totale  costo  di  percorrenza  esposto
nelle suddette tabelle. Si precisa che, qualora il modello di veicolo
utilizzato  promiscuamente dal dipendente non sia compreso tra quelli
inclusi nelle tabelle  in  questione,  l'importo  da  assoggettare  a
tassazione  dovra'  essere determinato prendendo a riferimento quello
che per  tutte  le  sue  caratteristiche  risulta  piu'  simile.  Per
espressa  previsione  normativa il costo chilometrico di esercizio e'
desumibile dalle tabelle nazionali  che  l'Automobile  club  d'Italia
deve  elaborare  entro il 30 novembre di ciascun anno e comunicare al
Ministero delle finanze che provvede alla pubblicazione entro  il  31
dicembre, con effetto dal periodo d'imposta successivo. Rispetto alla
disposizione gia' in vigore per il periodo d'imposta 1997, si segnala
l'obbligo  per  l'ACI  di  elaborare  e comunicare al Ministero delle
finanze, entro il 30 novembre di ciascun anno,  le  tabelle  relative
alla  percorrenza  di  15  mila  chilometri e quello successivo dello
stesso Ministero di provvedere alla pubblicazione delle tabelle entro
il 31 dicembre  (quelle  per  il  1998  sono  state  pubblicate,  con
comunicato  del  Ministero  delle Finanze nella Gazzetta Ufficiale n.
292 del 16 dicembre 1997),  nonche'  la  previsione  che  le  tabelle
pubblicate  entro  la  predetta data del 31 dicembre, abbiano effetto
per tutto il periodo d'imposta successivo. In tal modo, il dipendente
e il sostituto d'imposta  conoscono  con  certezza,  fin  dall'inizio
dell'anno, quale riferimento assumere per determinare l'ammontare che
deve  concorrere  a  tassazione.  Va, peraltro, precisato che, tenuto
conto della modifica del criterio di valutazione dei  beni  ceduti  e
dei servizi prestati al dipendente (come gia' precisato si e' passati
dal  criterio  del costo specifico a quello del valore normale) il 30
per cento della percorrenza di 15  mila  chilometri  calcolato  sulla
base  del  costo  chilometrico  di esercizio desumibile dalle tabelle
nazionali elaborate dall'ACI rappresenta il valore  normale  presunto
dal  legislatore per la possibilita' concessa dal datore di lavoro di
utilizzare detti beni in modo promiscuo e non piu' il costo specifico
presunto. E' appena il caso di precisare che  il  datore  di  lavoro,
oltre  a  concedere  la possibilita' di utilizzare il veicolo in modo
promiscuo,  puo' fornire, gratuitamente o meno, altri beni o servizi,
ad esempio, l'immobile per custodire il veicolo, etc., beni e servizi
che andranno separatamente valutati al fine di stabilire l'importo da
assoggettare a tassazione  in  capo  al  dipendente.  Si  sottolinea,
inoltre,  che,  poiche'  la  percorrenza convenzionale utilizzata dal
legislatore per determinare il valore del veicolo utilizzato in  modo
promiscuo  e'  determinata su base annua, l'importo da far concorrere
alla formazione del reddito, determinato come sopra specificato, deve
essere  ragguagliato  al  periodo  dell'anno  durante  il  quale   al
dipendente  viene  concesso l'uso promiscuo del veicolo, conteggiando
il  numero  dei  giorni  per  i  quali  il  veicolo   e'   assegnato,
indipendentemente dal suo effettivo utilizzo. Si e' gia' detto che se
il dipendente corrisponde delle somme (con il metodo del versamento o
della trattenuta) nello stesso periodo d'imposta, per la possibilita'
di  utilizzare  il  veicolo in modo promiscuo che il datore di lavoro
gli ha concesso, tali somme devono essere sottratte  dal  valore  del
veicolo  stabilito  presuntivamente  dal  legislatore. Al riguardo si
precisa che le  predette  somme  devono  essere  computate  al  lordo
dell'IVA.
    Nel  ribadire  che  la  disposizione  in  esame  si  applica  con
riferimento ai veicoli aziendali utilizzati oltre che per esigenze di
lavoro anche per uso privato, si precisa che qualora il  veicolo  sia
concesso   esclusivamente   per   l'uso  personale  o  familiare  del
dipendente, ad esempio, soltanto per recarsi  al  lavoro  e  per  gli
ulteriori  usi  personali,  ai  fini  della determinazione del valore
normale  del  bene  rimangono   applicabili   i   criteri   contenuti
nell'articolo  9  del  TUIR.  Si  ricorda, infine, che non concorre a
formare il reddito del dipendente  l'utilizzo  di  veicoli  aziendali
esclusivamente per l'effettuazione di trasferte.
    2.3.2.2. Prestiti
    La  lettera  b) del comma 4 prevede che in caso di concessione di
prestiti direttamente o che i dipendenti hanno diritto di ottenere da
terzi, si assume il 50 per cento della differenza tra l'importo degli
interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto vigente  al  momento
della  concessione del prestito e l'importo degli interessi calcolato
al tasso applicato sugli stessi. La disposizione si applica  a  tutte
le  forme  di  finanziamento  comunque  erogate dal datore di lavoro,
indipendentemente dalla loro durata e  dalla  valuta  utilizzata.  La
norma  si applica, altresi', ai finanziamenti concessi da terzi con i
quali il datore di lavoro  abbia  stipulato  accordi  o  convenzioni,
anche  in  assenza  di  oneri  specifici  da  parte  di quest'ultimo.
Pertanto, e a titolo meramente esemplificativo, rientrano nell'ambito
di questa previsione, i prestiti concessi sotto forma di scoperto  di
conto  corrente,  di  mutuo ipotecario e di cessione dello stipendio,
mentre ne restano esclusi le dilazioni di pagamento previste per beni
ceduti o servizi prestati  dal  datore  di  lavoro.  In  merito  alla
determinazione  forfettaria del predetto ammontare, occorre precisare
che il tasso ufficiale di sconto da assumere come parametro fisso  di
riferimento  e' quello vigente alla data in cui il contratto di mutuo
e'  stato  stipulato,  a  nulla  rilevano  le  eventuali   variazioni
intervenute  successivamente  nella durata del prestito. L'importo da
far concorrere nella formazione del reddito imponibile  si  determina
effettuando  la  differenza  tra  gli interessi calcolati al suddetto
tasso  ufficiale  di  sconto  e  gli  interessi  calcolati  al  tasso
effettivamente   praticato   sui  prestiti  e  riducendo  l'ammontare
risultante della  meta'.  L'importo  cosi'  determinato  deve  essere
assoggettato  a  tassazione alla fonte al momento del pagamento delle
singole  rate  del  prestito  stabilite   dal   relativo   piano   di
ammortamento.  Per  i  prestiti  in  valuta estera, occorre mettere a
confronto gli interessi calcolati  al  predetto  tasso  di  sconto  e
quelli  calcolati  al  tasso  di  interesse effettivamente praticato,
effettuando la conversione in lire sulla base del rapporto di  cambio
vigente  alla  data  di scadenza delle singole rate del prestito.  In
caso di prestiti a tasso variabile (caratterizzati da una  variazione
del  tasso  di interesse iniziale) il prelievo alla fonte deve essere
effettuato, alle scadenze delle  singole  rate  di  ammortamento  del
prestito,  tenendo  conto  anche delle variazioni subite dal tasso di
interesse iniziale.  Qualora, invece, il prestito  venga  concesso  a
tasso zero, il calcolo dell'importo da assoggettare a tassazione deve
essere  effettuato  alle  scadenze delle singole rate di ammortamento
della quota capitale, secondo quanto  gia'  precisato.  Nei  casi  di
restituzione  del  capitale  in  un'unica  soluzione oltre il periodo
d'imposta, l'importo maturato va comunque assoggettato  a  tassazione
in  sede di conguaglio di fine anno. La stessa lettera b) precisa che
questa  modalita'  di  determinazione  dell'importo  che  concorre  a
formare il reddito di lavoro dipendente non si applica per i prestiti
stipulati  anteriormente  al  1  gennaio  1997,  per i quali resta in
vigore, ai fini della determinazione dell'importo che deve concorrere
a formare il reddito di lavoro  dipendente,  il  criterio  del  costo
specifico.  La  disposizione non si applica, altresi', per i prestiti
di durata inferiore ai dodici mesi concessi,  a  seguito  di  accordi
aziendali,  dal  datore  di  lavoro  ai  dipendenti  in  contratto di
solidarieta' o in cassa integrazione guadagni (sia  pure  non  ancora
autorizzata  dall'INPS,  fermo restando che e' comunque necessaria la
convalida, pure successiva  da  parte  dello  stesso  istituto)  o  a
dipendenti  vittime  dell'usura ai sensi della legge 7 marzo 1996, n.
108, o ammessi a fruire delle erogazioni  pecuniarie  a  ristoro  dei
danni  conseguenti  a  rifiuto opposto a richieste estorsive ai sensi
del  decreto-legge  31  dicembre  l991,  n.  419,   convertito,   con
modificazioni,  dalla  legge 18 febbraio 1992, n. 172, che si ritiene
possano essere inquadrati tra i sussidi  di  cui  si  e'  parlato  al
paragrafo 2.2.2.
    2.3.2.3. Fabbricati
    La  lettera  c)  del  comma  4  stabilisce  che  per i fabbricati
concessi in locazione, in uso o in comodato, indipendentemente  dalla
circostanza  che il fabbricato sia di proprieta' del datore di lavoro
ovvero sia  da  questi  acquisito  in  locazione  anche  finanziaria,
l'importo  da  far  concorrere  alla formazione del reddito di lavoro
dipendente si determina effettuando  la  differenza  tra  la  rendita
catastale  del  fabbricato,  aumentata  di tutte le spese inerenti il
fabbricato stesso, comprese le utenze non a carico dell'utilizzatore,
e quanto  corrisposto  (mediante  versamento  o  trattenuta)  per  il
godimento  del  fabbricato  stesso. In caso di fabbricati iscritti in
catasto, ma privi di rendita attribuita perche' non ancora censiti  o
perche'  rurali,  ai  fini  della  determinazione dell'importo da far
concorrere a formare il reddito di lavoro dipendente si  dovra'  fare
riferimento  alla rendita presunta, determinata a norma dell'articolo
34, comma 4, del TUIR. Per espressa previsione normativa, la  rendita
catastale  deve  essere  aumentata  di  tutte  le  spese  inerenti il
fabbricato  stesso  non  sostenute  dall'utilizzatore,  comprese   le
eventuali   utenze   pagate   dal   datore   di   lavoro  invece  che
dall'utilizzatore del fabbricato, ad esempio,  luce,  gas,  telefono,
tassa  rifiuti  solidi urbani, condominio, etc.. E' appena il caso di
precisare che si tratta evidentemente di tutte le  spese  diverse  da
quelle  considerate in sede di determinazione della rendita medesima.
A tale proposito si precisa  che  in  sede  di  determinazione  delle
tariffe  d'estimo  e  delle  rendite  catastali  si tiene conto delle
seguenti spese:  di  ordinaria  manutenzione,  di  assicurazione,  di
amministrazione  del  fabbricato,  relative  ai  servizi  comuni.  Il
criterio di determinazione in esame si rende applicabile per tutti  i
fabbricati  per  i quali sussiste l'obbligo di iscrizione al catasto,
cioe' per tutte le  costruzioni  stabilmente  ancorate  al  suolo,  a
qualunque  uso destinate, ad esempio, ad uso abitazione (categoria A)
o commerciale e varia (categoria C).  Pertanto,  questo  criterio  di
determinazione  dell'importo  da  far  concorrere alla formazione del
reddito  di  lavoro  dipendente   si   rendera'   applicabile   tanto
nell'ipotesi  in  cui  il datore di lavoro conceda in uso, comodato o
locazione  una  unita'  immobiliare  ad  uso  abitazione   affinche',
appunto, il dipendente vi abiti, quanto nell'ipotesi in cui il datore
di  lavoro  conceda una unita' immobiliare ad uso commerciale e vario
affinche' il  dipendente  ad  esempio,  vi  custodisca  l'autovettura
propria o di proprieta' dell'azienda, ma concessa in uso promiscuo al
dipendente   stesso.   Analogo   criterio  dovra'  essere  utilizzato
allorquando al dipendente venga consentito o richiesto,  ad  esempio,
di  utilizzare  una  unita'  immobiliare di categoria diversa dalla A
quale abitazione propria, da solo o unitamente ad altri soggetti,  ad
esempio  una  soffitta, o una stanza nel retro di un negozio. Qualora
l'unita' immobiliare sia concessa in locazione,  uso  o  comodato,  a
piu'  dipendenti,  l'importo,  come  sopra determinato, dovra' essere
ripartito fra gli utilizzatori in parti uguali o  in  relazione  alle
parti   di   fabbricato   a   ciascuno   assegnate   se  queste  sono
differenziate. In modo analogo si dovra'  procedere  nell'ipotesi  in
cui  al  dipendente venga concesso in locazione, uso o comodato una o
piu' stanza in una unita' immobiliare. Per i fabbricati  concessi  in
connessione all'obbligo di dimorare nell'alloggio stesso, ad esempio,
quello  concesso  al  portiere  di  uno  stabile  o al custode di una
azienda, dopo aver determinato l'importo che  dovrebbe  concorrere  a
formare  il  reddito  di  lavoro  dipendente  con  le modalita' sopra
precisate, si deve  assumere  soltanto  il  30  per  cento  di  detto
importo.  Tale previsione di favore non riguarda le ipotesi in cui al
dipendente e'  fatto  soltanto  obbligo  di  dimorare  in  una  certa
localita'.
    Un  criterio  diverso  e' stabilito, invece, per i fabbricati che
non devono essere iscritti nel  catasto,  ad  esempio,  i  fabbricati
situati  all'estero,  per  i  quali  il valore da far concorrere alla
formazione del reddito di lavoro dipendente e' dato dalla  differenza
tra   il  valore  del  canone  di  locazione  determinato  in  regime
vincolistico o, in mancanza, quello determinato in regime  di  libero
mercato,  e  quanto  corrisposto  o  trattenuto  per il godimento del
fabbricato; tale criterio si applica, senza alcuna  riduzione,  anche
ai   fabbricati  concessi  in  connessione  all'obbligo  di  dimorare
nell'alloggio  stesso.  Ai  fini  dell'applicazione  degli   speciali
criteri di determinazione dell'importo da far concorrere a tassazione
per  i  fabbricati  concessi  in  locazione, uso o comodato, previsti
nella disposizione in esame,  non  e'  richiesto  che  l'attribuzione
degli   stessi  discenda  da  un  obbligo  scaturente  dal  contratto
collettivo nazionale di lavoro, da accordo o regolamento aziendale.
    2.4. Trasferte, trasfertisti, indennita' di volo  e  navigazione,
indennita" ai messi notificatori, trasferimento
    I  commi  5,  6,  e  7 rivedono, razionalizzandola, la disciplina
delle trasferte e piu' in generale degli spostamenti  del  dipendente
per motivi di lavoro. Le suddette disposizioni delineano in modo piu'
preciso  le  diverse  fattispecie  che  si  possono  verificare nella
pratica e le disciplinano specificamente.
    2.4.1 Trasferte
    Il comma 5 del nuovo testo dell'articolo 48 del TUIR,  stabilisce
il  trattamento  fiscale  delle  indennita'  di  trasferta erogate al
lavoratore dipendente per la  prestazione  dell'attivita'  lavorativa
fuori  dalla  sede  di  lavoro  e  dei rimborsi di spese sostenute in
occasione di dette trasferte.   Come precisato in  sede  di  commento
all'articolo  46  del  TUIR,  il lavoratore dipendente e' tenuto, tra
l'altro, a svolgere  la  propria  prestazione  di  lavoro  nel  luogo
stabilito  dal  datore  di lavoro, che e' generalmente indicato nella
lettera o contratto di assunzione. E', quindi, del tutto naturale che
gli stessi contratti di lavoro, collettivi o  individuali,  prevedano
la   corresponsione  di  una  indennita'  aggiuntiva  allorquando  il
dipendente sia chiamato a svolgere una  attivita'  fuori  della  sede
naturale  in  cui  lo stesso e' tenuto contrattualmente a svolgere la
sua attivita'.  L'individuazione della sede di lavoro e', ovviamente,
rimessa alla libera decisione  delle  parti  contrattuali,  decisione
sulla  quale  ne'  il legislatore ne' , tanto meno, l'Amministrazione
finanziaria, hanno possibilita' di intervenire,  cosi'  come  non  e'
consentito  sindacare  le  modalita'  di  erogazione  o  gli  importi
dell'indennita' all'uopo stabiliti. Il  legislatore  fiscale  puo'  e
deve,  invece,  introdurre  criteri  di  tassazione delle indennita',
corrisposte in occasione di tali trasferte del dipendente, che  siano
coerenti  con  l'insieme delle disposizioni tributarie (cio' e' stato
riconosciuto  legittimo  in  piu'   occasioni   anche   dalla   Corte
Costituzionale).  Per  questo  il  legislatore  ha  differenziato  il
trattamento delle indennita' di trasferta a  seconda  che  le  stesse
siano  o  meno  svolte  nell'ambito del territorio comunale in cui e'
stabilita la sede di lavoro del  dipendente,  rilevabile,  come  gia'
precisato,  dalla  documentazione relativa all'assunzione, stabilendo
un trattamento di favore per le indennita' percepite in occasione  di
trasferte effettuate fuori dal territorio comunale in cui si trova la
sede  di  lavoro.  E'  opportuno  precisare che la scelta legislativa
circa il trattamento fiscale delle indennita' di trasferta, e'  stata
certamente  influenzata  dalla  considerazione  che  per i lavoratori
dipendenti e' stata prevista contestualmente, da parte  dello  stesso
legislatore,  l'attribuzione  di  una  specifica detrazione d'imposta
(articolo 13 del TUIR) anche per tener  conto  degli  oneri  inerenti
alla  produzione del reddito. La nuova disciplina ricalca in linea di
massima la precedente, e, quindi, conferma le scelte  effettuate  dal
legislatore   circa   il   trattamento  di  favore  delle  indennita'
corrisposte per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale
in cui e' fissata la sede di lavoro, ma e'  piu'  articolata  e  piu'
idonea, fra l'altro, a chiarire espressamente, con l'inserimento dopo
la  parola  "trasferte"  del  termine  "missioni",  che  le  relative
disposizioni hanno valenza tanto  per  i  lavoratori  dipendenti  del
settore privato che per quelli del settore pubblico. Il quadro che ne
risulta puo' essere cosi' sintetizzato:
    -  trasferte nell'ambito del territorio comunale dove si trova la
sede di lavoro: viene confermato il  precedente  regime  in  base  al
quale   le  indennita'  e  i  rimborsi  di  spese  per  le  trasferte
nell'ambito del territorio comunale  in  cui  si  trova  la  sede  di
lavoro,  tranne  i  rimborsi  di  spese  di  trasporto  comprovate da
documenti provenienti dal vettore, concorrono integralmente a formare
il reddito. Per  quanto  riguarda,  invece,  la  documentazione  che,
provenendo  dal  vettore,  legittima l'esclusione di tale rimborso di
spesa dal concorso al reddito imponibile, si ritiene che, oltre  alla
documentazione   rilasciata   dal  vettore  (biglietti  dell'autobus.
ricevuta del taxi), sia necessario soltanto che dalla  documentazione
interna  risulti  in quale giorno l'attivita' del dipendente e' stata
svolta all'esterno della sede di lavoro. E'  opportuno  ribadire  che
non   assume  alcuna  rilevanza  l'ampiezza  del  comune  in  cui  il
dipendente ha la sede di lavoro, neppure nell'ipotesi in  cui  esista
una  legge che preveda la corresponsione di una indennita' per coloro
che si recano in missione fuori dalla sede di servizio  in  localita'
distanti  almeno  10  chilometri (cfr. legge 26 luglio 1978, n. 417).
Alla stregua, infatti,  della  disposizione  contenuta  nel  comma  5
dell'art.  48  concorrono  a  formare  il  reddito  le indennita' e i
rimborsi spese per trasferte in  localita'  comprese  nel  territorio
comunale,  anche se piu' distanti di 10 Km dal centro abitato o dalla
localita' in cui hanno sede  l'ufficio  o  l'impianto,  con  la  sola
esclusione  dei  rimborsi  delle  spese  di  trasporto, comprovate da
documenti provenienti dal vettore, e  non  assume  alcun  rilievo  la
eventuale ripartizione del territorio in entita' subcomunali, come le
frazioni, dovendosi comunque aver riguardo al territorio comunale;
    -  trasferte  fuori del territorio comunale dove si trova la sede
di lavoro: e' possibile distinguere  tre  sistemi  l'uno  alternativo
all'altro schematizzabili nel modo seguente:
    1. indennita' forfetaria: le indennita' di trasferta sono escluse
dall'imponibile  fino all'importo di lire 90.000 al giorno, elevate a
150.000 per le trasferte all'estero. Si ricorda che gli importi della
indennita' che non devono essere assoggettati a tassazione erano gia'
stati cosi' elevati (90.000 e 150.000) rispetto ai precedenti (60.000
e 100.000) dall'art. 33, comma 3, del D.L. 23 febbraio 1995,  n.  41,
convertito  dalla  legge  22  marzo  1995,  n.  85, con effetto dalle
trasferte iniziate successivamente alla data del 24 febbraio 1995. Va
peraltro precisato che deve ritenersi superato il disposto del  comma
5,   dello   stesso   art.   33   nella  parte  in  cui  prevede  che
l'Amministrazione  finanziaria  puo'  rivedere  gli   importi   delle
franchigie  delle  indennita'  di  trasferta  "indicati  nel  comma 4
dell'art. 48" (ora comma 5) con il  D.P.C.M.  previsto  dall'art.  3,
comma  2,  del  D.L.  2  marzo 1989, n. 69, convertito dalla legge 27
aprile 1989, n. 154, con il quale  vengono  annualmente  adeguate  le
detrazioni  per  carichi  familiari  dell'art.  12 e altre detrazioni
dell'art. 13 del T.U.I.R. sulla base  dell'indice  ISTAT.    Come  si
vedra' in seguito, nell'articolo 48 e' stato inserito un nuovo comma,
in  base  al quale l'Amministrazione finanziaria puo', in presenza di
alcune condizioni,  aggiornare  gli  importi  che  secondo  il  nuovo
articolo  48  non  concorrono  a  formare  il  reddito.  Questa nuova
previsione supera la  precedente,  che  potra'  eventualmente  essere
applicata  soltanto  per adeguare i limiti fissati dalla stessa legge
n. 85 del 1995 ai fini della deducibilita', nella determinazione  del
reddito  del  datore  di  lavoro,  delle  spese  di  vitto e alloggio
relative alle trasferte dei dipendenti. La quota  di  indennita'  che
non  concorre  a  formare  il reddito non subisce alcuna riduzione in
relazione alla durata della trasferta e, pertanto, anche nell'ipotesi
di trasferta inferiore a 24 ore o, piu' in generale, di trasferta che
per  la  sua  durata  non comporti alcun pernottamento fuori sede, la
quota di franchigia esente resta fissata a lire 90.000 al giorno  per
le  trasferte  in  Italia  e  a  lire  150.000  al  giorno per quelle
all'estero. I rimborsi analitici delle spese di viaggio, anche  sotto
forma  di  indennita'  chilometrica,  e  di  trasporto non concorrono
comunque a formare il reddito quando le spese stesse siano rimborsate
sulla base di idonea documentazione, mentre  restano  assoggettati  a
tassazione  tutti  i  rimborsi  di  spesa,  anche  se  analiticamente
documentati, corrisposti  in  aggiunta  all'indennita'  di  trasferta
(salvo  quanto  precisato  nel  prosieguo  per l'ipotesi del rimborso
misto);
    2. rimborso misto: nel  caso  venga  corrisposta,  unitamente  al
rimborso   analitico   delle   spese   di   vitto  e  alloggio  anche
un'indennita' di trasferta, le franchigie di 90 e 150 mila lire  sono
ridotte  (ed  e' questa, dunque, l'unica ipotesi in cui le franchigie
di esenzione sono ridotte, cioe' in  presenza  di  rimborsi  di  tipo
misto).  In  particolare,  la  quota esente e' ridotta di un terzo in
caso di rimborso delle spese di alloggio o di vitto, nonche' nei casi
di alloggio o di vitto fornito gratuitamente e di due terzi  in  caso
di  rimborso  sia delle spese di alloggio che di quelle di vitto o di
vitto e alloggio forniti gratuitamente. I  rimborsi  analitici  delle
spese  di viaggio, anche sotto forma di indennita' chilometrica, e di
trasporto non concorrono comunque a formare il reddito  quando  siano
effettuati  sulla  base  di  idonea documentazione, mentre ogni altro
eventuale rimborso di spese (ulteriori rispetto  a  vitto,  alloggio,
viaggio e trasporto) e' assoggettato interamente a tassazione;
    3.  rimborso analitico: i rimborsi analitici delle spese di vitto
e alloggio, quelli delle spese  di  viaggio,  anche  sotto  forma  di
indennita'  chilometrica, e di trasporto, non concorrono a formare il
reddito. E', inoltre, escluso da imposizione  il  rimborso  di  altre
spese  (ulteriori  rispetto  a  quelle di viaggio, trasporto, vitto e
alloggio, ad esempio, la lavanderia, il telefono, il  parcheggio,  le
mance,  etc.),  anche  non documentabili, se analiticamente attestate
dal dipendente in trasferta, fino ad un importo  di  lire  30.000  al
giorno,  elevato  a  50.000 per le trasferte all'estero.  L'eventuale
corresponsione, in aggiunta al rimborso analitico, di una indennita',
indipendentemente dall'importo, concorre  interamente  a  formare  il
reddito di lavoro dipendente.
    Come  e'  agevole  rilevare,  la  nuova  disciplina  rende  quasi
irrilevante la scelta tra il  sistema  di  rimborso  misto  e  quello
analitico,  in  quanto  una  volta  rimborsate  le  spese  di  vitto,
alloggio,  viaggio  e  trasporto,  possono  essere  corrisposte,   in
esenzione  da  imposte,  soltanto  lire  30.000 da attribuire o quale
indennita' (quindi, prescindendo dal sostenimento di altre  spese)  o
quali   ulteriori   spese,   anche  non  documentabili,  ma  comunque
analiticamente attestate  dal  dipendente.  E'  opportuno  precisare,
tuttavia,  che  la  scelta per uno dei sistemi sopra esposti va fatta
con riferimento all'intera trasferta. Non  e'  consentito,  pertanto,
nell'ambito  di  una stessa trasferta adottare criteri diversi per le
singole giornate comprese nel periodo in cui il dipendente  si  trova
fuori dalla sede di lavoro. Per quanto riguarda la documentazione del
viaggio  e trasporto, mentre le spese per i viaggi compiuti con mezzi
pubblici  (ferrovie,  aerei,  ecc.)  sono  direttamente documentabili
mediante l'esibizione da parte del dipendente dei relativi biglietti,
quelle  per  i  viaggi  compiuti  con  propri  mezzi  devono   essere
determinate  dallo  stesso  datore  di  lavoro sulla base di elementi
concordanti, sia diretti che indiretti.
    Relativamente all'indennita' chilometrica per le trasferte  fuori
del  comune  dove il dipendente ha la sede di lavoro, si precisa che,
al fine di consentire l'esclusione dalla formazione  del  reddito  di
lavoro dipendente dell'indennita' chilometrica, non e' necessario che
il   datore   di   lavoro   provveda  al  rilascio  di  una  espressa
autorizzazione scritta  che  contenga  tutti  i  dati  relativi  alla
percorrenza  e  al  tipo  di  autovettura ammessa per il viaggio. E',
invece,  necessario  che,  in  sede  di   liquidazione,   l'ammontare
dell'indennita'  sia  determinato avuto riguardo alla percorrenza, al
tipo di automezzo  usato  dal  dipendente  e  al  costo  chilometrico
ricostruito  secondo  il tipo di autovettura. Detti elementi dovranno
risultare dalla  documentazione  interna  conservata  dal  datore  di
lavoro.
    Va,  inoltre, precisato che, in merito al trattamento di missione
corrisposto ai dipendenti del  settore  pubblico,  la  disciplina  di
carattere  generale riguardante il trattamento economico di missione,
prevede che la corresponsione di detta indennita'  si  ha  quando  il
dipendente  e'  incaricato  di  svolgere  temporaneamente un servizio
fuori della sua abituale sede d'ufficio. La temporaneita' e' riferita
ad una esigenza di servizio di carattere transitorio,  dato  che  per
esigenze  permanenti  non si fa ovviamente ricorso all'istituto della
missione  ma  a  quello  del  trasferimento.    Sempre  il   medesimo
ordinamento  detta  la  disciplina  in  concreto applicabile nel caso
della trasferta, individuando, ad esempio, la  distanza  chilometrica
minima,  l'orario  minimo  impiegato  (incluso  il  viaggio) ed altri
aspetti di vario genere che devono sussistere nella fattispecie.
    Un certo rilievo presenta anche la durata massima della  missione
ed  il  criterio  in  base  al quale la stessa deve essere computata,
atteso che in tal modo si viene a stabilire se  ed  in  quale  misura
debba essere corrisposta l'indennita' di missione. Lo schema di fondo
di  questa  particolare disciplina e' fornito dall'art. 1 della legge
18 dicembre 1973, n. 836, come integrato dall'art. 1  del  D.P.R.  16
gennaio  1978,  n.  513,  nonche' dalla legge 26 luglio 1978, n. 417.
Dalla lettura congiunta di questi articoli si desume che:
    a) la missione eseguita,  anche  saltuariamente,  in  una  stessa
localita',  non  puo'  mai  superare  i 240 giorni (e' il concetto di
"missione unica e continuativa");
    b) l'interruzione per un periodo superiore a 60 giorni  fa  venir
meno la missione continuativa;
    c)  le interruzioni dovute a motivi diversi da quelli di servizio
(compresi  i  periodi  di  aspettativa,  di   congedo   ordinario   e
straordinario)  non  si  computano ai fini della durata e del rinnovo
della missione. Sulla base di questa disciplina, e' stato agevolmente
concluso che, all'eventuale attribuzione di trattamenti economici  di
missione  continuativa  protrattasi  per  un periodo superiore ai 240
giorni  non  puo'  applicarsi  il  particolare  trattamento   fiscale
previsto  per  i  casi  di  trasferta  (detassazione  dell'indennita'
forfetaria fino a lire 90.000 giornaliere) perche'  dopo  240  giorni
come  sopra  calcolati  -  la  percezione sotto qualsiasi forma della
relativa  indennita'  non  e'  correlabile ad una temporaneita' della
trasferta e, conseguentemente, le somme eventualmente  corrisposte  a
titolo  di  indennita'  di missione sono, fin dall'inizio, soggette a
tassazione  secondo  i  criteri  previsti   per   le   normali   voci
retributive,  sempreche'  non ricorrano i presupposti per una diversa
qualificazione e, cioe quali indennita' di trasferimento (se, invece,
una trasferta occasionale si trasforma in un  trasferimento,  per  le
indennita'  corrisposte  per  i  giorni  di  trasferta compiuti prima
dell'avvenuto trasferimento  si  rendera'  applicabile  la  specifica
disciplina  prevista  per  le  indennita'  di trasferta). Una analoga
disposizione di legge non e' prevista per i  dipendenti  del  settore
privato,   ai   quali,   quindi,   la   suddetta  disciplina  non  e'
immediatamente  applicabile,  anche  perche'  in  questo  settore  il
contratto  collettivo  nazionale  di  lavoro  e  lo  stesso contratto
individuale di lavoro assumono un  ruolo  assai  rilevante.  Si  puo'
ritenere  tuttavia, che la stessa possa essere di ausilio allorquando
si renda necessario stabilire se la corresponsione di  indennita'  di
trasferta  per un periodo particolarmente lungo non nasconda, invece,
una diversa  fattispecie,  come,  ad  esempio  un  trasferimento.  E'
comunque indispensabile evitare l'assunzione di criteri generalizzati
e  procedere  all'esame  della  singola fattispecie poiche' a seconda
dell'attivita' di lavoro puo' essere giustificato un periodo  piu'  o
meno  lungo  di  trasferta.  Ad esempio, nel settore dell'edilizia e'
lecito pensare che il dipendente in trasferta presso un  cantiere  vi
permanga  fino  alla fine dei lavori, e, quindi, anche per un periodo
superiore a 240 giorni. Va, infine, precisato che l'art 1 della legge
25 marzo 1986, n. 80 estende la disciplina prevista dall'articolo  48
del  TUIR per le trasferte dei lavoratori dipendenti, alle indennita'
di trasferta, al netto delle relative  spese  di  vitto,  alloggio  e
viaggio  documentate  o  delle indennita' chilometriche, e i rimborsi
forfetari di spese, corrisposti ai soggetti  che  svolgono  attivita'
sportiva  dilettantistica  in  manifestazioni  sportive organizzate e
svolte sotto il controllo del Comitato Olimpico  Nazionale  Italiano,
delle   federazioni  Sportive  nazionali,  dei  rispettivi  organismi
internazionali,  nonche'  degli   enti   ed   associazioni   di   cui
all'articolo  31  del  D.P.R.  2  agosto  1974,  n.  530.  Le  stesse
disposizioni, si applicano ai soggetti che effettuano  prestazioni  a
titolo   gratuito,   preposti,   secondo  l'ordinamento  sportivo,  a
realizzare  lo  svolgimento  delle  manifestazioni  sportive   e   ad
assicurarne  la  regolarita',  quali  i giudici di gara, i giudici di
linea, i commissari di campo, i cronometristi, il  personale  addetto
ai  controlli,  il  personale  sanitario,  ecc.. L'applicabilita' del
regime  previsto  dall'articolo  48  riguarda   sia   le   indennita'
corrisposte   per   le  trasferte  relative  allo  svolgimento  delle
manifestazioni sportive vere e proprie, sia quelle corrisposte per le
trasferte   necessarie    agli    allenamenti    preparatori    delle
manifestazioni  stesse.  Tale  disposizione  deve ritenersi ancora in
vigore, benche' non richiamata, cio' in  quanto  le  indennita'  e  i
rimborsi  in questione sono qualificati redditi diversi dall'articolo
81, comma 1, lettera m), del TUIR e, quindi, la disposizione non puo'
ritenersi tacitamente soppressa dall'articolo 9, comma 3, del decreto
legislativo in esame, che stabilisce, invece, l'abrogazione di  tutte
le  disposizioni  che dettano regole di determinazione dei redditi di
lavoro  dipendente  e  che  non  sono  contenute  nei  corrispondenti
riformulati articoli del TUIR.
    2.4.2    Indennita'    e   maggiorazioni   di   retribuzione   ai
"trasfertisti"
    Il comma 6 dell'articolo 48 del TUIR  stabilisce  il  trattamento
fiscale  delle  indennita'  e  delle  maggiorazioni  di  retribuzione
corrisposte  ai  cosiddetti  "trasfertisti".  Si   tratta   di   quei
lavoratori   tenuti  per  contratto  all'espletamento  dell'attivita'
lavorativa in  luoghi  sempre  variabili  e  diversi,  ai  quali,  in
funzione  delle  modalita'  di  svolgimento  dell'attivita',  vengono
attribuite delle somme non in relazione ad una specifica  "trasferta"
(quest'ultimo  istituto  presuppone  che  il  lavoratore, piu' o meno
occasionalmente, venga destinato a svolgere un'attivita' fuori  della
propria  sede di lavoro). Si e' visto nel paragrafo precedente che il
lavoratore dipendente e' tenuto a prestare la sua attivita' nel luogo
indicato dal datore di lavoro e che la sede di lavoro  e'  rilevabile
dal   contratto  o  dalla  lettera  di  assunzione.  E'  stato,  poi,
sottolineato come il legislatore fiscale, coerentemente con i criteri
generali vigenti nell'ordinamento fiscale, abbia stabilito un  regime
differenziato  di tassazione delle indennita' di trasferta, a seconda
che le stesse siano svolte all'interno o all'esterno  del  territorio
comunale  in  cui  il  dipendente  ha  la  sede di lavoro e come tale
criterio  differenziato,  ritenuto  legittimo   anche   dalla   Corte
Costituzionale, sia giustificato tra l'altro dalla circostanza che al
lavoratore  dipendente  viene  riconosciuta  una specifica detrazione
d'imposta, a fronte anche delle spese di produzione del  reddito.  In
virtu'  di  questo,  tutte  le  somme  e  i  valori che il dipendente
percepisce in relazione al rapporto di lavoro, compresi i rimborsi di
spese,  sono  assoggettati  integralmente  a  tassazione,  salvo   le
tassative  deroghe  contenute  nello  stesso  articolo 48. Il comma 6
contiene una deroga al principio dell'integrale tassazione  di  tutto
cio'  che  il  dipendente riceve, che e' assolutamente nuova rispetto
alla precedente disciplina del  reddito  di  lavoro  dipendente,  che
consiste   nella  riduzione  del  50%  della  base  imponibile  delle
indennita'  e  delle  maggiorazioni  di  retribuzioni   che   vengono
attribuite  ad alcuni lavoratori dipendenti proprio in funzione delle
particolari  caratteristiche  dell'attivita'  di  lavoro.  Si  devono
comprendere nell'ambito di questa disposizione tutti quei soggetti ai
quali  viene attribuita una indennita', chiamata o meno di trasferta,
ovvero una maggiorazione di  retribuzione,  che  in  realta'  non  e'
precisamente   legata  alla  trasferta  poiche'  e'  attribuita,  per
contratto, per tutti i giorni retribuiti,  senza  distinguere  se  il
dipendente  si  e'  effettivamente  recato  in trasferta e dove si e'
svolta la  trasferta.  E'  irrilevante,  ai  fini  della  tassazione,
cercare  le  motivazioni  di  detta  decisione contrattuale, se cioe'
dipenda da una volonta' delle parti di semplificare le  modalita'  di
calcolo  della retribuzione, trattandosi comunque di soggetti che per
l'attivita' svolta sono di frequente in trasferta, ovvero se  dipenda
dal  fatto  che  si  tratta di soggetti il cui contratto o lettera di
assunzione non prevede affatto una  sede  di  lavoro  predeterminata,
cosicche'  non  e'  possibile individuare quando il dipendente sia in
trasferta, ne' , tanto meno,  se  e'  in  trasferta  all'interno  del
territorio  comunale  o  all'esterno del territorio stesso. In queste
ipotesi, cioe' quando l'indennita' o la maggiorazione di retribuzione
e' attribuita con carattere  continuativo  e  senza  alcun  controllo
circa  l'effettuazione o meno di prestazioni in trasferta o del luogo
di trasferta (e, in assenza di specifiche  disposizioni  agevolative,
il  legislatore  avrebbe  dovuto  prevedere  l'integrale tassazione),
tenuto  conto,  evidentemente,   delle   particolari   modalita'   di
svolgimento   della   prestazione   stessa   e   delle   esigenze  di
semplificazione, e' stata prevista una  riduzione  al  50  per  cento
della  base  imponibile. E' appena il caso di precisare che, in linea
di  principio,  per  i  soggetti  cui  si  rende  applicabile  questa
disposizione  non  dovrebbe  mai  verificarsi  anche  l'ipotesi della
trasferta vera e propria, tuttavia, ove, con  riferimento  ad  uno  o
piu'  specifici incarichi, ricorrano tutte le condizioni previste dal
precedente comma 5, il lavoratore dipendente avra'  diritto,  per  le
indennita'  e  i  rimborsi  spese  riferibili  a quegli incarichi, al
trattamento previsto  per  le  indennita'  di  trasferta.  In  questa
disposizione, infatti, il legislatore non ha espressamente escluso la
possibilita'  di applicare, laddove ne ricorrano i presupposti, anche
la specifica disciplina prevista  per  le  indennita'  di  trasferta,
come,   invece,   ha   stabilito  a  proposito  delle  indennita'  di
trasferimento (cfr. paragrafo 2.4.4.). Al fine di evitare  pericolosi
fenomeni  elusivi  e'  stata,  altresi',  prevista la possibilita' di
stabilire, con  apposito  decreto  del  Ministro  delle  finanze,  di
concerto  con quello del lavoro e della previdenza sociale, categorie
di lavoratori e condizioni di applicabilita'  della  disposizione  in
questione
    2.4.3. Indennita' di volo e indennita' ai messi notificatori
    Lo  stesso  comma  6  dell'articolo  48  stabilisce  il  medesimo
trattamento  previsto  per  le  indennita'  e  le  maggiorazioni   di
retribuzioni  corrisposte  ai "trasfertisti", anche per le indennita'
di navigazione e  di  volo  previste  dalla  legge  o  dal  contratto
collettivo  e  per  le  indennita' corrisposte ai messi notificatori.
Pertanto,  anche  per  queste  indennita'  viene   riconosciuta   una
riduzione  del  50 per cento della base imponibile. Per le indennita'
di navigazione e volo la riduzione e' inferiore a quella del  60  per
cento   prevista   dal   comma   5   della   precedente  formulazione
dell'articolo 48 e, peraltro, a seguito dell'unificazione, ha effetto
anche  a  fini  previdenziali;  si  ricorda  che  le  indennita'   in
questione,  prima dell'unificazione, erano integralmente assoggettate
a contribuzione. Va rilevato che la previsione della riduzione  della
base  imponibile  delle indennita' di volo e navigazione non riguarda
soltanto le indennita' di volo  e  quelle  di  cui  al  codice  della
navigazione,  gia'  esonerate  in base all'art. 6 del D.P.R. 5 aprile
1978, n. 131, ma tutte le indennita'  di  volo  e  le  indennita'  di
navigazione (di ogni tipo e, quindi, percepite da dipendenti pubblici
o   privati,   o  dal  personale  militare  e  tecnico  del  registro
Aeronautico Italiano compresa la panatica dei  marittimi  imbarcati).
Va  ribadito  che  la percezione dell'indennita' di imbarco e' legata
all'effettiva prestazione del servizio sui  mezzi  navali  atti  alla
navigazione  e l'indennita' non puo' competere al personale collocato
a riposo. Relativamente a detti soggetti, non si e'  in  presenza  di
indennita'  di  imbarco,  bensi'  di  una  valutazione dei periodi di
servizio nei quali le indennita' stesse sono state percepite ai  fini
del  calcolo  del  trattamento di quiescenza spettante al personale a
riposo che durante  la  propria  carriera  ha  trascorso  periodi  in
posizione  di imbarco; pertanto non e' possibile applicare il comma 6
dell'articolo 48. La disposizione in esame, e', invece, applicabile a
tutte  le indennita' sia del settore marittimo che del settore aereo,
tanto se previste  dalla  legge  quanto  se  previste  dai  contratti
collettivi  di  lavoro,  che  premiano  l'effettivo  imbarco,  con lo
svolgimento delle funzioni connesse.
    Per quanto riguarda, invece, le indennita'  di  cui  all'articolo
133  del  D.P.R.  15  dicembre  1959,  n.  1229, corrisposte ai messi
notificatori, la previsione dell'assoggettamento a  tassazione  nella
misura  del  50 per cento e' del tutto innovativa e di favore, atteso
che fino ad oggi le stesse concorrevano integralmente  a  formare  il
reddito imponibile. La stessa Corte di Cassazione, (Sez. I civ. del 9
maggio  1991,  sentenza  n.  5197)  aveva  precisato che l'indennita'
attribuita agli Ufficiali giudiziari per il servizio di notifica  era
tassabile  ai  fini  dell'IRPEF  in quanto "all'ufficiale giudiziario
compete la predetta indennita' non per ogni uscita dall'edificio  ove
l'ufficio  ha  sede,  ma per ogni atto che compie fuori dall'edificio
predetto; ed e' chiaro, allora, che se e' prevista una pluralita'  di
introiti  (corrispondenti  al  numero  di atti) anche a fronte di una
spesa unica, si e' in tema di indennita' di tipo retributivo, non  di
rimborso  spese."  La stessa Corte aveva osservato che la circostanza
che l'indennita' in questione fosse comprensiva  anche  del  rimborso
spese  non  legittimava la conclusione dell'intassabilita', in quanto
il legislatore fiscale, nell'art.  48 del TUIR, non dettava in questo
caso i criteri per  stabilire  quale  parte  dell'indennita'  dovesse
essere considerata tassabile e quale, invece, fosse esclusa. In senso
conforme,  si  era  espresso anche lo scrivente. La questione risulta
ora definitivamente risolta in quanto,  appunto,  per  le  indennita'
corrisposte  ai  messi  notificatori, e' stata stabilita, a decorrere
dal 1 gennaio 1998, una riduzione al 50  per  cento  dell'importo  da
assoggettare a tassazione. E' appena il caso di ribadire, invece, che
la  tassa  del  dieci  per  cento dovuta sui proventi degli ufficiali
giudiziari e loro aiutanti ai sensi dell'articolo  154  del  medesimo
decreto  presidenziale  n.  1229 del 1959, mentre resta esclusa dalla
base imponibile ai fini dell'applicazione della ritenuta alla  fonte,
non  puo'  essere  considerata  come acconto dell'imposta sul reddito
delle persone fisiche dovuta dagli ufficiali giudiziari.
    2.4.4. Indennita' di  trasferimento,  di  prima  sistemazione  ed
equipollenti
    Il  comma  7  dell'articolo  48  fissa uno speciale regime per le
somme corrisposte in occasione del trasferimento della sede di lavoro
del dipendente. Infatti, al fine di tener conto delle reali  esigenze
dei lavoratori trasferiti e per evitare che fattispecie di tal genere
vengano fatte confluire nell'ambito della disciplina delle trasferte,
e' stato disposto che le indennita' di trasferimento ed equipollenti,
fruiscono di un abbattimento al 50% della base imponibile.
    L'importo  escluso  da  tassazione  non  puo' superare un importo
massimo che e' diversificato a seconda che il  trasferimento  avvenga
all'interno  del  territorio  nazionale  o  dal  territorio nazionale
all'estero e viceversa o estero su estero, rispettivamente, 3 milioni
per il territorio nazionale e 9 milioni per quelli con  l'estero  (12
milioni  se  nello stesso anno il dipendente subisce un trasferimento
all'estero e uno in Italia). Contestualmente, e' stato  espressamente
previsto  che tale trattamento di favore non puo' essere riconosciuto
che per il primo anno,  intendendosi  per  anno  un  periodo  di  365
decorrente dalla data del trasferimento. Al riguardo va precisato che
una  volta  fissato  l'importo  della  indennita' e la relativa quota
esente, la materiale erogazione puo' anche avvenire in  piu'  periodi
d'imposta  se cio' e' piu' agevole per la parti. Cosi, ad esempio, se
per il trasferimento  avvenuto  nel  territorio  nazionale  e'  stata
stabilita  una  indennita'  di lire 10 milioni, la quota teoricamente
esente dovrebbe essere  di  lire  5  milioni,  ma  poiche'  superiore
all'importo  massimo  esentabile,  la detta quota esente va ridotta a
lire 3  milioni.    Supponendo  che  l'indennita',  per  esigenze  di
liquidita'  del  datore  di lavoro, venga corrisposta in due rate, la
prima nell'anno di  trasferimento,  pari  a  lire  2  milioni,  e  la
seconda,  pari  a  lire  7  milioni l'anno successivo, nel primo anno
tutto l'importo erogato sara' escluso da  tassazione  e  nel  secondo
anno sara' esentato il primo dei sette milioni corrisposti.
    La  disposizione stabilisce anche che il rimborso di talune spese
da parte del  datore  di  lavoro,  in  aggiunta  alla  corresponsione
dell'indennita',   se  analiticamente  documentate,  non  costituisce
reddito imponibile. Si tratta soltanto di:
    1. spese di viaggio, anche per i familiari fiscalmente  a  carico
ai  sensi  dell'articolo  12  del  TUIR,  e  di trasporto delle cose,
strettamente  collegate  al  trasferimento.  Non   vi   rientrano   i
successivi  viaggi  che  il dipendente nel corso dell'anno faccia, ad
esempio, per visitare la famiglia che non si e' trasferita con lui;
    2. spese  ed  oneri  sostenuti  dal  dipendente  in  qualita'  di
conduttore,  per  recesso  dal  contratto  di locazione in dipendenza
dell'avvenuto trasferimento della sede di lavoro.
    Va, infine,  precisato  che  la  disposizione  non  subordina  il
trattamento  di  favore  previsto  per  tali indennita' a circostanze
particolari che originano il trasferimento della sede di lavoro,  ne'
al  trasferimento  della  residenza  anagrafica.  Si  deve  ritenere,
pertanto, che lo stesso possa essere applicato anche nell'ipotesi  in
cui   la   corresponsione  di  indennita'  di  prima  sistemazione  o
equipollente avvenga in occasione di un trasferimento a richiesta del
dipendente, cosi' come se, invece, il trasferimento e' dovuto ad  una
assegnazione  del dipendente ad una sede diversa da quella originaria
in relazione al trasferimento in altro comune del  datore  di  lavoro
stesso ovvero di parte dei propri uffici.
    2.5.  Assegni  di  sede  e  altre indennita' per servizi prestati
all'estero
    Il comma  8  dell'articolo  48  del  TUIR  conferma,  con  alcune
novita',  l'attuale  regime  degli  assegni  di  sede  e  delle altre