Alle Direzioni regionali delle entrate Agli uffici delle entrate Agli uffici distrettuali delle imposte dirette Ai centri di servizio delle imposte dirette Alle direzioni centrali del Dipartimento delle entrate Alla Direzione generale degli affari generali e del personale Al segretariato generale Ai Ministeri Alle Ragionerie centrali dei Ministeri Alla Ragioneria generale dello Stato Alle Ragionerie provinciali dello Stato Alle Direzioni provinciali del Tesoro Alla Corte dei conti Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Al Senato della Repubblica Alla Camera dei Deputati Il Servizio centrale degli Ispettori tributari Al Comando generale della Guardia di finanza All'Istituto nazionale della previdenza a sociale PREMESSA In attuazione delle disposizioni contenute nell'art. 3, commi 19 e 134, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recanti delega al Governo ad emanare uno o piu' decreti legislativi volti ad armonizzare, razionalizzare e semplificare le disposizioni fiscali e previdenziali concernenti i redditi di lavoro dipendente e i relativi adempimenti da parte dei datori di lavoro e a semplificare gli adempimenti dei contribuenti riguardanti la dichiarazione dei redditi, e' stato emanato il decreto legislativo indicato in oggetto con il quale sono stati: - sostituiti gli articoli 46, 47, comma 1, lettere e), f), g) e l) e comma 3, e 48 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR); - modificati gli articoli 3, comma 3, 10, 16 e 62 del TUIR; - sostituito l'articolo 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153; - modificati o sostituiti gli articoli 1, comma quarto, 7-bis, 21, 23, 24 e 29 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600; - sostituiti i commi quarto, quinto sesto dell'articolo unico del decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1388, come sostituiti dall'articolo 6 del decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85; - soppressi i commi 2 e 3 dell'articolo 33 del decreto del Presidente della Repubblica 4 febbraio 1988, n. 42, concernenti l'applicazione delle ritenute sui redditi, diversi dai trattamenti di fine rapporto, corrisposti agli eredi del lavoratore dipendente, e sulle rendite vitalizie e le rendite a tempo determinato di cui all'articolo 47, comma 1, lettera h), del TUIR. Le disposizioni in questione sono state trasferite, rispettivamente, negli articoli 23 e 29 del D.P.R. n. 600 del 1973, la prima, e nell'articolo 24 dello stesso decreto, la seconda; - soppresso l'art. 7 del D.P.R. n. 42 del 1988 sopra citato. Tale disposizione fissava i requisiti dei contratti di assicurazione stipulati dal datore di lavoro a fronte alle spese mediche dei dipendenti, ai fini della non concorrenza al reddito di lavoro dipendente del premio assicurativo. Considerato che e' stato confermato quanto stabilito con la legge 23 dicembre 1996, n. 662 e, cioe', che, a decorrere dal primo gennaio 1997, non e' piu' consentito al datore di lavoro riconoscere una detrazione a fronte del premio assicurativo per spese sanitarie la disposizione, che peraltro poteva considerarsi tacitamente abrogata, e' stata eliminata espressamente dall'ordinamento tributario. Di seguito vengono illustrate le disposizioni contenute nel decreto legislativo in commento al fine di fornire gli opportuni chiarimenti e gli indirizzi generali, cosi' da consentirne una uniforme interpretazione da parte degli Uffici. Tenuto conto, inoltre, che l'articolo 9, comma 3, del decreto legislativo in commento ha stabilito che sono abrogate le disposizioni concernenti la determinazione dei redditi di lavoro dipendente diverse da quelle considerate nel testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, evidentemente nel testo risultante dopo la modifiche apportate con il decreto stesso, con la presente circolare s'intende fornire un quadro organico e completo dell'intera disciplina del reddito di lavoro dipendente e di quelli a questo assimilati. A tal fine sono espressamente richiamate tutte le interpretazioni fornite dall'Amministrazione finanziaria attraverso precedenti circolari e risoluzioni che restano ancora applicabili a far data dal primo gennaio 1998. Da cio' discende che le precedenti circolari e risoluzioni concernenti la determinazione dei redditi di lavoro dipendente e di quelli a questi assimilati non espressamente richiamate nella presente circolare devono intendersi in via generale revocate salvo riesame a seguito di specifica richiesta. Per quanto riguarda la disciplina delle indennita' di fine rapporto, delle indennita' equipollenti e delle altre indennita' corrisposte in occasione della cessazione del rapporto, illustrata con la circolare n.2 (prot. n.8/040) del 5 febbraio 1986, si fa riserva di fornire aggiornamenti delle interpretazioni in precedenza adottate. 1. REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE. QUALIFICAZIONE 1.1 Generalita' L'articolo 1 del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 314 sostituisce il comma 2 dell'articolo 46 del TUIR. Resta, quindi, confermato il precedente comma 1, in base al quale costituiscono redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio quando sia considerato tale in base alle norme sulla legislazione del lavoro. Al riguardo, si ricorda che tale formulazione fu inserita dal legislatore del TUIR, in sostituzione della precedente che faceva, invece, riferimento "al lavoro........ prestato... alle dipendenze e sotto la direzione di altri", allo scopo di rendere evidente che nella categoria dei redditi di lavoro dipendente rientra tutto cio' che e' conseguito sulla base del rapporto, anche se indipendentemente dalla prestazione di lavoro. La relazione di accompagnamento del TUIR precisava, peraltro, che sono in ogni caso esclusi dalla tassazione gli indennizzi risarcitori del danno emergente e non quelli risarcitori del lucro cessante. Pertanto, dalla formulazione della norma, che come gia' precisato, non e' stata modificata, risulta chiaramente, come si vedra' anche in sede di commento al nuovo testo dell'articolo 48, che costituiscono redditi di lavoro dipendente tutte le somme e i valori erogati al dipendente anche indipendentemente dal nesso sinallagmatico tra effettivita' della prestazione di lavoro reso e le somme e i valori percepiti. 1.2 Nozione civilistica e fiscale Va ricordato che gli elementi definitori del reddito di lavoro dipendente sono mutuati dall'articolo 2094 c.c. che qualifica prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga, mediante retribuzione, a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore. Il quadro normativo delineato dal legislatore civilistico si completa con la disposizione dell'articolo 2239 c.c., in base al quale la stessa disciplina dettata per il lavoro nell'impresa si rende applicabile, se compatibile, anche per i rapporti di lavoro subordinato che non siano relativi ad un'attivita' prestata a favore di un'impresa (ad esempio, a favore di un professionista). La circostanza che il legislatore tributario, allorche' si e' trattato di definire il reddito di lavoro dipendente abbia mutuato il contenuto dell'articolo 2094 c.c. senza tuttavia citare ne' questo articolo del codice civile ne' altri dello stesso codice, fa si' che possano essere qualificati redditi di lavoro dipendente tutti quelli che derivano da un rapporto in cui oggettivamente sia possibile individuare un prestatore di lavoro dipendente. A tal fine, il legislatore tributano precisa che i requisiti oggettivi devono essere ricercati esclusivamente nella circostanza che un soggetto offra la propria prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri. Ai fini dell'inquadramento delle fattispecie concrete potranno essere di ausilio anche i principi giuslavoristici. Per quanto riguarda le qualifiche dei lavoratori dipendenti, si ricorda che essi generalmente si distinguono in dirigenti, quadri, impiegati e operai, tuttavia, tale elencazione non e' tassativa e, quindi, possono essere inquadrati fra i lavoratori dipendenti anche quei soggetti che, pur non assumendo nessuna di tali qualifiche, prestano la loro attivita' di lavoro in posizione di dipendenza e sotto la direzione di altri. La locuzione "alle dipendenze e sotto la direzione di altri" utilizzata dal legislatore tributario costituisce anche la chiave di distinzione del lavoro dipendente da quello autonomo. Tale locuzione presuppone, infatti, la compresenza logica e giuridica di almeno due soggetti e l'esistenza di un rapporto ineguale, in cui cioe' uno dei due soggetti si trova in una posizione di subordinazione per ragioni di organizzazione e divisione del lavoro. La direzione, infatti, qualifica la situazione soggettiva di chi si contrappone al lavoratore dipendente ed ha compiti e responsabilita' direttive nell'ambito di una determinata attivita', mentre la dipendenza, presuppone un soggetto la cui attivita' e' caratterizzata dall'assenza di iniziativa economica e dalla preordinazione di mezzi. Elemento caratterizzante della dipendenza e', dunque, la circostanza che il dipendente fornisca la propria prestazione di lavoro nel luogo ove decidera' il datore di lavoro, negli orari da questi indicati, usando strumenti o componenti di capitale forniti dallo stesso datore di lavoro e seguendo le prescrizioni tecniche di questo. Per il lavoratore dipendente l'esito del suo lavoro non avra' rilevanza esterna diretta e tutte le questioni economiche e aziendali faranno capo "all'impresa" in cui e' inserito (costi, spese, ricavi o compensi, etc.). La situazione di dipendenza del lavoratore consegue dall'essere inserito in una organizzazione di lavoro, cioe' di essere parte di un sistema nel quale agisce privo di autonomia per quanto riguarda l'apporto dei mezzi propri e nel quale ogni aspetto della produzione, che non consista nel prestare le proprie energie lavorative, materiali o intellettuali, non lo coinvolge direttamente. 1.3 Lavoro a domicilio Per quanto riguarda il lavoro a domicilio, come gia' rilevato, quando viene considerato lavoro dipendente dalla legislazione sul lavoro esso da' luogo a reddito di lavoro dipendente. Si tratta del lavoro a domicilio regolato dalla legge 18 dicembre 1973, n. 877, cioe' di quelle ipotesi in cui non si ha una indipendente attivita' di produzione al servizio dei consumatori, ma un'attivita' di lavoro per un risultato che appartiene alle imprese che hanno commesso il lavoro e fornito la materia e l'attrezzatura. Si ricorda che l'INPS, con circolare n. 79 del 26 marzo 1997, recependo anche orientamenti giurisprudenziali, ha individuato le linee di demarcazione tra lavoro a domicilio che costituisce attivita' di lavoro dipendente e lavoro a domicilio che, invece, costituisce attivita' d'impresa. In particolare, e' stata esclusa la sussistenza del lavoro dipendente se il lavoratore e' iscritto all'Albo provinciale delle imprese artigiane. Inoltre, si puo' accertare la qualifica di impresa artigiana controllando piu' requisiti, quali, ad esempio, l'emissione di fattura, la mancanza di termini rigorosi per la consegna, l'esecuzione del lavoro in locali propri e con propri macchinari, lo svolgimento della prestazione incentrata sul risultato e non sulle energie lavorative, la presenza di un rischio d'impresa, con diretta incidenza sulla quantita' del guadagno in rapporto alla rapidita', alla precisione e all'organizzazione del lavoro, sui quali il committente non abbia il potere di intervenire (cfr. al riguardo, anche circolari INPS n. 179/RCV dell'8 agosto 1989 e n. 74/RCV del 23 marzo 1990). 1.4 Redditi equiparati a quelli di lavoro dipendente Nel comma 2 del nuovo testo dell'articolo 46 del TUIR e' stato ribadito che costituiscono altresi' redditi di lavoro dipendente, e, sono, pertanto, equiparati a tutti gli effetti ai redditi che derivano da rapporti di lavoro dipendente, le pensioni di ogni genere e gli assegni ad essi equiparati ed e' stata introdotta la previsione che costituiscono redditi di lavoro dipendente le somme di cui all'articolo 429, ultimo comma, del codice di procedura civile. L'equiparazione comporta che ogni qual volta il legislatore si riferisce ai redditi derivanti da rapporti di lavoro dipendente, ad esempio, allorquando fissa le modalita' di determinazione del reddito, la previsione normativa si applica, salvo espressa esclusione, anche alle fattispecie i cui redditi sono a questi equiparati. Per quanto riguarda la locuzione "le pensioni di ogni genere e gli assegni ad essi equiparati", con tale previsione si e' inteso richiamare anche tutti quegli emolumenti dovuti dopo la cessazione di un'attivita' che trovano genericamente la loro causale in un rapporto diverso da quello di lavoro dipendente, come, ad esempio, le pensioni erogate ai professionisti o agli artigiani, le pensioni di invalidita' etc., nonche' quelle di reversibilita'. Si precisa, per quanto riguarda le pensioni di reversibilita' spettanti al coniuge superstite e ai figli minori conviventi, che si tratta sempre di pensioni tra loro distinte, poiche' imputabili, anche relativamente ai figli minori conviventi, iure proprio, quale diritto che sorge con la morte del de cuius e cio' anche con riferimento alle pensioni di reversibilita' erogate dalla Direzione Provinciale del Tesoro (cfr. Consiglio di Stato, parere n. 1744 del 1985). Si ricorda, inoltre, che i redditi di lavoro dipendente e, quindi, anche le pensioni percepite dai figli minori, sono esclusi dall'usufrutto legale del genitore superstite, l'usufrutto legale, infatti, riguarda in primo luogo i beni (e non tutti cfr. art. 324 cc ) e, soltanto se si tratta di beni soggetti ad usufrutto legale, i relativi redditi sono anch'essi soggetti ad usufrutto legale. Formalmente nuovo, e' l'inserimento nel comma 2 dell'articolo 46 delle somme di cui all'articolo 429, ultimo comma, del codice di procedura civile, il quale prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito, condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto. Si tratta, in sostanza, degli interessi su crediti di lavoro e della rivalutazione; si precisa che la previsione normativa non ha portata innovativa. Infatti, nessun dubbio e' stato mai posto per la rivalutazione, la quale sempre e' stata soggetta ad imposizione (conformemente anche la Corte di Cassazione, cfr. ad esempio, sentenze 1.2.1989, n. 621, 11.4.1990, n. 3067, 15.5.1991, n. 5441, Sezioni Unite 27.10.1993, n. 10685), mentre, per quanto riguarda gli interessi, la loro imponibilita', benche' teoricamente possibile, in quanto somme derivanti da rapporti di lavoro dipendente e, quindi, attratti a tassazione in virtu' del principio generale in base al quale tutto cio' che il dipendente riceve in dipendenza del rapporto di lavoro e' reddito di lavoro dipendente, e' stata esclusa, dopo l'entrata in vigore del TUIR, in considerazione del fatto che per gli analoghi interessi su crediti, diversi da quelli di lavoro dipendente, non era prevista alcuna forma di tassazione a causa del tenore letterale dell'articolo 41 del TUIR (cfr. circolare n. 20, del 30 luglio 1988, ora superata). Tuttavia, detti interessi, per effetto di un contemporaneo intervento sull'articolo 6, comma 2, e sull'articolo 41, comma 1, lettera h), del TUIR, operato dal legislatore con il decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, erano stati ricondotti a tassazione, con riferimento a quelli percepiti a decorrere dal 30 dicembre 1993. Al riguardo, sussisteva, pero', qualche contrasto interpretativo. A conferma che il richiamo a queste somme non ha natura innovativa, e' sufficiente osservare che la relazione illustrativa del provvedimento afferma testualmente: "nel comma 2 e' stato ribadito che gli interessi su crediti di lavoro e la rivalutazione sono assoggettati a tassazione quali redditi di lavoro dipendente". Del resto lo stesso Consiglio di Stato, mentre in un primo momento non ha condiviso l'assoggettamento a tassazione delle somme in questione quali redditi di lavoro dipendente, privilegiando un'interpretazione strettamente letterale dell'articolo 6, comma 2 (cfr. consultiva n. 2466/94), in un secondo tempo ha affermato, rivedendo il suo precedente orientamento, che le somme dovute dalla pubblica amministrazione, nella veste di datore di lavoro, ai propri dipendenti, a titolo di interessi corrispettivi e di rivalutazione monetaria sulle retribuzioni corrisposte in ritardo, sono elementi costitutivi del credito principale, di cui costituiscono altrettanti addendi e, quindi, ne ha riconosciuto la natura di redditi di lavoro dipendente (cfr. sentenza n. 121 del 2 febbraio 1996 - Sezione V). Va, peraltro, precisato che, ai fini dell'assoggettamento a tassazione quali redditi di lavoro dipendente, non e' necessario che gli interessi e la rivalutazione conseguano ad una sentenza di condanna del giudice, essendo sufficiente il fatto oggettivo della loro corresponsione e, quindi, anche se gli stessi derivano da un adempimento spontaneo del datore di lavoro o da una transazione. E' opportuno sottolineare, infatti, che la disposizione in esame si limita a richiamare "le somme di cui all'art. 429, ultimo comma, del codice di procedura civile" volendo chiaramente riferirsi alle somme comprese nella norma citata; se avesse voluto, invece, riferirsi, soltanto alle somme dovute a seguito di pronuncia giurisdizionale la norma stessa avrebbe dovuto essere cosi' formulata: "somme percepite ai sensi dell'art. 429, ultimo comma del codice di procedura civile". 1.5 Indennita', proventi e somme sostitutive di reddito di lavoro dipendente E' opportuno ricordare che l'articolo 6, comma 2, del TUIR, stabilisce che i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennita' conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidita' permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti. In forza di questa disposizione tutte le indennita' e le somme o i valori percepiti in sostituzione di redditi di lavoro dipendente o equiparati a questi (ad esempio, la cassa integrazione, l'indennita' di disoccupazione, la mobilita', la indennita' di maternita', etc.), comprese quelle che derivano da transazioni di qualunque tipo e l'assegno alimentare corrisposto in via provvisoria a dipendenti per i quali pende il giudizio innanzi all'autorita' giudiziaria, sono assoggettabili a tassazione come redditi di lavoro dipendente. Conseguentemente a dette somme si applichera' l'articolo 48 del TUIR, per la determinazione del reddito e, se corrisposte da un sostituto d'imposta, questi dovra' operare le ritenute di acconto. Naturalmente, qualora le indennita' o le somme sostitutive di reddito di lavoro dipendente si riferiscano a redditi che avrebbero dovuto essere percepiti in un determinato periodo d'imposta e, in loro sostituzione, vengono percepite in un periodo d'imposta successivo si rendera' applicabile anche la tassazione separata, se ricorrono le condizioni previste dall'articolo 16, comma 1, lettera b), del TUIR, altrimenti saranno tassabili secondo i criteri ordinari. Ad esempio, le somme e i valori percepiti a seguito di transazioni, diverse da quelle relative alla cessazione del rapporto di lavoro, allorquando non e' rinvenibile alcuna delle condizioni richieste dall'articolo 16, comma 1, lettere b), saranno soggetti a tassazione ordinaria. Si ricorda, invece, che le somme e i valori comunque percepiti, al netto delle spese legali sostenute, anche se a titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecutive, a seguito di provvedimenti dell'autorita' giudiziaria o di transazioni relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro sono sempre assoggettati a tassazione separata ai sensi dell'articolo 16, comma 1, lettera a), ultima parte. 1.6 Attivita' illecite e simulazioni Va, inoltre, sottolineato che l'articolo 14, comma 4, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, dispone che nelle categorie di reddito di cui all'articolo 6, comma 1, del TUIR devono intendersi ricompresi, se in essi classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o attivita' qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non gia' sottoposti a sequestro o confisca penale e che i relativi redditi sono determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna categoria. Tale disposizione si rende, ovviamente, applicabile anche in materia di redditi di lavoro dipendente. Cosi' delineati gli elementi caratteristici dei redditi di lavoro dipendente e le disposizioni che prevedono l'assoggettamento a tassazione, quali redditi di questa categoria, dei redditi a questi equiparati, dei proventi, in denaro o in natura, sostitutivi di questi, nonche' di quelli della stessa specie derivanti da attivita' illecite, e' opportuno ricordare che l'ordinario potere di accertamento dell'Amministrazione finanziaria consente alla stessa rettificare eventuali simulazioni oggettive o soggettive poste eventualmente in essere dai contribuenti. Pertanto, laddove sia evidente, sulla base di quanto sopra precisato, che le parti hanno posto in essere un rapporto di lavoro dipendente e, tuttavia, hanno simulato i relativi redditi ricomprendendoli tra quelli appartenenti ad altre categorie reddituali ovvero hanno fatto si' che tutti o taluni proventi siano privi di rilevanza reddituale, o, infine, hanno imputato i detti redditi ad interposte persone, l'Amministrazione finanziaria potra' adottare tutti i conseguenti provvedimenti. 1.7 Circolari e risoluzioni confermate Restano confermate: - le circolari n. 29, (prot. 8/1206) del 31 maggio 1979, n. 38 (prot. 8/2004) del 26 ottobre 1979 e n. 23 (prot. 8/870) del 20 giugno 1986 con le quali e' stata riconosciuta la natura di indennita' sostitutiva del reddito di lavoro dipendente e, quindi, la tassabilita', della indennita' giornaliera erogata dall'INAIL per inabilita' temporanea assoluta, nonche' la natura di reintegro del danno alla salute e della perdita o diminuzione dell'attitudine al lavoro e, quindi, la intassabilita' e l'irrilevanza ai fini reddituali ogni qual volta una disposizione di carattere tributario o extra-tributario subordini la possibilita' di fruire di un beneficio al possesso di un reddito non superiore ad un importo predeterminato, delle rendite di inabilita' permanente (assoluta e parziale), degli assegni per l'assistenza personale continuativa, delle rendite in caso di morte, degli assegni di morte (cosiddetti assegni funerari) e delle rendite di passaggio; - la risoluzione n.8/021 del 18 febbraio 1982, che confermando altre precedenti risoluzioni, ha ribadito la natura meramente risarcitoria e, quindi, la totale non imponibilita', sia per i dipendenti pubblici che per quelli privati, delle somme corrisposte a titolo di "equo indennizzo" (ai sensi dell'articolo 48 del D.P.R. 3.5.1957, n. 686, dell'articolo 68 del D.P.R. 10.1.1957, n. 3, dell'articolo 11 della legge 6.10.1981, n. 564) per menomazioni dell'integrita' fisica, riconosciute come derivanti da attivita' di servizio; - la risoluzione n. 39/E del 3 marzo 1997 e la circolare n. 302/E del 25 novembre 1997 con le quali e' stata affermata l'equiparazione alle rendite di inabilita' permanente erogate dall'INAIL delle pensioni pagate da Organismi Previdenziali esteri a soggetti residenti, in dipendenza di incidente sul lavoro o malattia professionale contratta durante la vita lavorativa; - la voce di Appendice delle istruzioni per la compilazione delle dichiarazioni dei redditi intitolata: "Redditi esenti e rendite che non costituiscono reddito."; - la risoluzione n. 8/1478 del 16 ottobre 1988, con la quale e' stata riconosciuta la natura di indennita' sostitutiva del reddito di lavoro dipendente, alle indennita' corrisposte ai marittimi per fermo di navi; - la risoluzione n. 8/625, del 19 marzo 1993, con la quale e' stata riconosciuta la natura di indennita' sostitutiva del reddito di lavoro dipendente alla indennita' di temporanea inabilita' al lavoro corrisposta ai lavoratori del settore marittimo; - la risoluzione 76/E, del 24 maggio 1996, con la quale e' stata riconosciuta la natura di indennita' sostitutiva del reddito di lavoro dipendente alla indennita' corrisposta ai cittadini colpiti da tubercolosi; - la circolare n. 150/E, del 10 agosto 1994, con la quale e' stata illustrata, fra l'altro, la disposizione concernente la tassabilita' dei proventi derivanti da attivita' illecite; - la risoluzione n. 10/529 del 19 luglio 1975, con la quale, preso atto che la legge 2.4.1952, n. 212, attribuisce "uno stipendio pari al trattamento economico complessivo previsto, rispettivamente, per il personale dei gradi I e II dell'ordinamento gerarchico" ai Ministri Segretari di Stato e ai Sottosegretari di Stato, l'emolumento in questione e' stato qualificato quale reddito rientrante nella nozione di reddito di lavoro dipendente e sono state impartite le istruzioni per l'applicazione delle ritenute di acconto e l'effettuazione delle operazioni di conguaglio relative a detti redditi; - la risoluzione n. 8/126 del 1 febbraio 1977, con la quale, preso atto che la legge regionale 27 giugno 1949, n. 2, modificata con successiva legge dell'8 giugno 1954, n. 10, con l'articolo 4 attribuisce al Presidente della Giunta regionale, oltre all'indennita' spettantegli come Consigliere (assoggettabile a tassazione quale reddito assimilato a quello di lavoro dipendente di cui all'articolo 47, comma 1, lettera g), del TUIR) "il trattamento economico previsto dall'art. 2 della legge 8 aprile 1952, n. 212, per i Sottosegretari di Stato" e che la medesima disposizione legislativa regionale all'art. 2 riconosce agli Assessori regionali il trattamento economico attribuito al Presidente della Giunta, ridotto del 25 per cento, e' stato precisato che le retribuzioni connesse alla carica di Presidente della Giunta e di Assessore regionale, al pari di quelle relative alle funzioni di Ministro e di Sottosegretario devono essere assoggettate a tassazione quali redditi di lavoro dipendente; - la risoluzione n. 8/329, del 10 giugno 1976, con la quale gli emolumenti corrisposti ai detenuti ed internati per il lavoro penitenziario sono stati inquadrati tra i redditi derivanti da rapporti di lavoro dipendente; - la risoluzione 8/883, del 26 luglio 1976, con la quale e' stato precisato che gli artisti lirici non assumono la qualifica di lavoratori dipendenti; - la risoluzione n. 8/153, del 17 aprile 1980, con la quale sono stati classificati quali redditi derivanti da rapporti di lavoro dipendente i compensi corrisposti dalla Universita' ai docenti con incarico annuale di insegnamento che siano legati da rapporto di lavoro dipendente con altre Universita' o altri organismi pubblici e privati, ovvero liberi professionisti o pensionati; - la risoluzione n. 8/1400, del 5 dicembre 1981, con la quale sono stati qualificati redditi di lavoro dipendente quelli derivanti da prestazioni didattiche rese presso scuole superiori da docenti che rivestono la qualifica di Magistrati amministrativi e funzionari dello Stato autorizzati dall'Ufficio di appartenenza ad accettare l'incarico; - la risoluzione n. 234/E, del 18 ottobre 1996, con la quale sono stati qualificati redditi di lavoro dipendente gli emolumenti percepiti dai biologi operanti nelle Unita' sanitarie locali; - la risoluzione n. 121/E, del 19 maggio 1997, con la quale sono stati qualificati redditi di lavoro dipendente gli emolumenti percepiti dagli psicologi ambulatoriali operanti nelle Unita' sanitarie locali ai sensi del D.P.R. 13 marzo 1992, n. 261; 2. REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE. DETERMINAZIONE L'articolo 3 sostituisce l'articolo 48, concernente la determinazione dei redditi di lavoro dipendente e di quelli a questi equiparati ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del TUIR. E' opportuno osservare, preliminarmente, che nel comma 1 dell'articolo 48 e' stata conservata ed, anzi, rafforzata, la precedente impostazione in base alla quale si afferma la onnicomprensivita' del concetto di reddito di lavoro dipendente e, quindi, della totale imponibilita' di tutto cio' che il dipendente riceve. Nei successivi commi dello stesso articolo 48 vengono stabilite specifiche deroghe al principio della totale tassabilita', prevedendo alcuni componenti che non concorrono a formare il reddito o vi concorrono soltanto in parte. In merito alle previsioni in cui e' stabilito che alcune somme o valori concorrono a formare il reddito soltanto per la parte eccedente un importo complessivo predeterminato ovvero che concorrono interamente se il loro ammontare supera una soglia determinata, va precisato che i predetti limiti sono stabiliti con riferimento al singolo dipendente e all'intero periodo d'imposta dello stesso, pertanto, non va fatto alcun ragguaglio allorquando il rapporto di lavoro abbia durata inferiore al periodo d'imposta e, in caso di interruzione del rapporto stesso prima della fine del suddetto periodo d'imposta, il datore di lavoro e' tenuto ad attestare distintamente i singoli importi che non hanno concorso a formare il reddito (tenendo presente che relativamente ai contributi sanitari va indicata anche la quota a carico del datore di lavoro), cosi' da consentire al dipendente che inizi un altro rapporto di lavoro nel corso dello stesso periodo d'imposta (e, quindi, eventualmente, al sostituto che effettuera' il conguaglio di fine anno), di calcolare correttamente le soglie complessivamente a propria disposizione nel periodo d'imposta. 2.1 Componenti che concorrono a formare il reddito Entrando nel dettaglio del nuovo articolo 48, si precisa che il comma 1 conferma espressamente che costituiscono reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori (intendendo con tale espressione la quantificazione dei beni e dei servizi) che il dipendente percepisce nel periodo d'imposta, a qualunque titolo, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro, e, quindi, tutti quelli che siano in qualunque modo riconducibili al rapporto di lavoro, anche se non provenienti direttamente dal datore di lavoro. Lo stesso comma stabilisce, inoltre, che si considerano percepiti nel periodo d'imposta anche le somme e i valori in genere corrisposti entro il 12 del mese di gennaio, dell'anno successivo, se riferiti all'anno precedente. Tenuto conto di quanto gia' precisato a commento dell'articolo 46 e del tenore del comma 1 dell'articolo 48, a titolo meramente esemplificativo, e' possibile la seguente elencazione di somme e valori che sono soggetti ad imposizione, in quanto riconducibili al rapporto di lavoro: - gli stipendi, i salari, i superminimi, i guadagni di cottimo e le indennita' di mancato cottimo, le pensioni e ogni tipo di trattamenti accessori, quali gli straordinari, le mensilita' aggiuntive, le gratifiche natalizie e pasquali, e tutti quei compensi comunque denominati che adempiono la funzione delle mensilita' aggiuntive e delle gratifiche e premi corrisposti una tantum e quelli periodici, come, ad esempio, le duecento ore degli edili, le gratifiche annuali di bilancio, i premi trimestrali, semestrali e annuali, i compensi incentivanti, i compensi in natura, le erogazioni liberali, in denaro e in natura, etc.; - le indennita' comunque denominate, ivi comprese quelle di trasferta (sia pure con il limite previsto nel successivo comma 5), per ferie non godute, di cassa o di maneggio di denaro, di residenza e alloggio, di vestiario e rappresentanza, per lavori nocivi e pericolosi, sostitutiva del servizio di trasporto, integrativa speciale dei dipendenti pubblici, di contingenza, di missione continuativa di cui all'art. 16, comma 18, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, di salvataggio di cui agli articoli 491 e 983 del R.D. 30 marzo 1942, n. 327, "una tantum" dei dipendenti dei Ministeri trasferiti ad altre amministrazioni a seguito delle procedure di mobilita', etc., nonche' tutte quelle connesse alle peculiari modalita' di svolgimento della prestazione come quelle relative alla sede disagiata, al rischio, al luogo sempre variabile e diverso dell'attivita' o al volo o navigazione (con il limite di cui al successivo comma 6) o ai trasferimenti della sede di lavoro (con il limite di cui al successivo comma 7); - gli assegni di sede e le altre indennita' percepite per i servizi prestati all'estero (salvo quanto disposto al successivo comma 8); - le somme e i valori percepiti sotto forma di partecipazione agli utili; - i rimborsi di spese, con esclusione soltanto di quanto disposto a proposito delle trasferte e dei trasferimenti. Si ricorda, al riguardo, che ai lavoratori dipendenti e' riconosciuta una apposita detrazione anche in funzione delle spese di produzione del reddito e, pertanto, ogni rimborso di spesa ricollegabile alla produzione del reddito del dipendente deve essere assoggettato a tassazione. Si ritiene possano essere esclusi da imposizione quei rimborsi che riguardano spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro anticipate dal dipendente per snellezza operativa, ad esempio per l'acquisto di beni strumentali di piccolo valore, quali la carta della fotocopia o della stampante, le pile della calcolatrice, etc.; - i contributi versati dal datore di lavoro (o dal dipendente) a casse o enti con finalita' di assistenza sociale, indipendentemente dal loro importo, nonche' quelli con finalita' di assistenza sanitaria o per previdenza complementare, superiori all'ammontare fissato dalla lettera a) del successivo comma 2; - le mance, nella integrale misura corrisposta, salvo che per i croupiers, per i quali e' stata mantenuta la riduzione della base imponibile del 25%; - i premi per assicurazioni sanitarie, sulla vita e sugli infortuni extra professionali (quelli relativi ad assicurazioni per infortuni professionali sono, invece, esclusi da tassazione) pagati dal datore di lavoro e i rimborsi effettuati dal datore di lavoro a fronte di spese sanitarie che danno diritto alla detrazione di cui all'articolo 13-bis, del TUIR, sostenute dal lavoratore dipendente; - la maggiorazione retributiva da valere a titolo di indennita' di anzianita' spettante ai lavoratori a domicilio; - i decimi di senseria corrisposti al personale delle agenzie marittime; - le somme e i valori, comunque percepiti, a seguito di transazioni, anche novative, intervenute in costanza di rapporto di lavoro o alla cessazione dello stesso; - le indennita' per licenziamento ingiustificato dei lavoratori dipendenti; - i premi percepiti per operazioni a premio organizzate dal datore di lavoro o da altri per suo conto (si fa presente che il disegno di legge collegato alla legge finanziaria 1998, attualmente in corso di approvazione, contiene una modifica all'articolo 30 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in base alla quale i proventi derivanti da concorsi a premio saranno soggetti ad imposta quali redditi di lavoro dipendente, e, quindi, con le modalita' per essi previsti); - i proventi conseguiti in sostituzione di redditi di lavoro dipendente, anche per effetto di cessione dei relativi crediti e le indennita' conseguite, anche in forma assicurativa, anche a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi di lavoro dipendente, esclusi quelli dipendenti da invalidita' permanente o da morte. Rientrano tra i proventi conseguiti in sostituzione dei redditi, a titolo di esempio, le indennita', le integrazioni e i trattamenti previdenziali e assistenziali, quali la mobilita', la cassa integrazione guadagni, la disoccupazione ordinaria e speciale (ad esempio, quella dell'agricoltura, quella degli edili), la malattia, la maternita' e l'allattamento, la TBC e la post-tubercolare, la donazione di sangue, il congedo matrimoniale, l'inabilita' temporanea assoluta, di attesa e quella compensativa della parziale perdita di salario, entrambe disciplinate dall'art. 56, paragrafo 2, lett. b) del Trattato istitutivo della Comunita' europea del carbone e dell'acciaio, etc., con esclusione soltanto di quelli che, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 o di altre disposizioni di legge sono esenti da imposizione. Si ritiene inquadrabile tra i proventi sostitutivi di reddito, e, in particolare, sostitutivo del trattamento pensionistico, l'indennizzo per la cessazione definitiva dell'attivita' commerciale corrisposto, ai sensi del decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207. Tale indennizzo spetta, infatti, agli esercenti attivita' commerciale in sede fissa, anche abbinata ad attivita' di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, ovvero che esercitano attivita' commerciale su aree pubbliche o anche su area pubblica, che ne abbiano fatto, o facciano, domanda nel periodo dall'1.1.1996 al 31.12.1998. La corresponsione dell'indennizzo e' subordinata ad alcune condizioni, tra cui: che i richiedenti abbiano 62 anni, se uomini, e 57, se donne, che risultino iscritti da almeno 5 anni alla gestione previdenziale degli esercenti attivita' commerciali, che abbiano definitivamente chiuso l'attivita' e la partita IVA, etc.. L'indennizzo e' corrisposto, sotto forma di pensionamento anticipato, in misura pari all'importo del trattamento di pensione minimo previsto per gli iscritti alla gestione previdenziale degli esercenti attivita' commerciale, e' erogato con le stesse modalita' e alle scadenze previste per le pensioni a carico della predetta gestione e spetta fino a tutto il mese in cui il beneficiario compie 65 anni di eta', se uomo, ovvero 60 anni di eta', se donna. E' opportuno precisare, altresi', che vanno considerate quali redditi sostitutivi del trattamento pensionistico le somme corrisposte ai sensi dell'art. 3 del D.L.Lgt. 18 gennaio 1945, n. 39 (la cui applicazione e' stata estesa anche al settore pubblico per effetto dell'art. 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335), in base al quale al coniuge che cessi dal diritto alla pensione per sopravvenuto matrimonio spetta un assegno per una volta tanto pari a due annualita' della sua quota di pensione, compresa la tredicesima mensilita', nella misura spettante alla data di passaggio a nuove nozze. Le somme in questione vanno, dunque, assoggettate a tassazione con gli stessi criteri e modalita' previsti per il trattamento pensionistico che sostituiscono, - gli interessi e la rivalutazione su crediti di lavoro. E' appena il caso di precisare che, per effetto dell'articolo 3, comma 3, lettera d), del TUIR, anche nel testo sostituito dall'art. 5, comma 1, lettera a), numero 1, del decreto legislativo in esame, continuano a rimanere esclusi da imposizione gli assegni familiari e l'assegno pe; il nucleo familiare, nonche', con gli stessi limiti e alle stesse condizioni, gli emolumenti per carichi di famiglia comunque denominati, erogati nei casi consentiti dalla legge. Si ricorda, inoltre, che i redditi di lavoro dipendente vanno determinati al netto delle somme trattenute in relazione ad astensioni dal lavoro per "sciopero". Va evidenziato che e' stato confermato il criterio di cassa quale criterio di imputazione al periodo d'imposta, con la gia' prevista estensione al 12 di gennaio per le somme e i valori percepiti entro il 12 di gennaio, ma riferiti al precedente periodo d'imposta. Tale estensione, che in precedenza costituiva una facolta' prevista soltanto per i sostituti d'imposta che avessero effettuato in tal senso le operazioni di conguaglio di fine anno e avessero versato entro il 15 di gennaio le ritenute relative a detti redditi, e' stata generalizzata (e, quindi, riguarda anche i lavoratori che non sono alle dipendenze di un soggetto che riveste la qualifica di sostituto d'imposta), ha perso il carattere di facolta', in quanto il principio e' obbligatorio per tutti, e non comporta piu' l'anticipato versamento delle corrispondenti ritenute, che, invece, per principio generale, saranno versate entro il 15 o il 20 del mese successivo a quello dell'effettuazione, cioe' a febbraio. Va, infine, osservato, in merito al criterio di cassa, che il momento di percezione e' quello in cui il provento esce dalla sfera di disponibilita' dell'erogante per entrare nel compendio patrimoniale del percettore. 2.2 Componenti che non concorrono a formare il reddito Il comma 2 reca l'elencazione tassativa delle somme e dei valori, percepiti in relazione al rapporto di lavoro dipendente, che, in deroga al comma 1, non concorrono a formare il reddito. 2.2. 1. Contributi La lettera a) modifica i criteri vigenti in materia di contributi. Per effetto della nuova formulazione: 1. i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizione di legge non concorrono, senza alcun limite, alla formazione del reddito. Come e' agevole rilevare, e' stata riprodotta la formulazione contenuta nell'articolo 10 del TUIR, sostituendo la piu' ampia previsione contenuta nella precedente formulazione della lettera a), che consentiva la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente dei contributi versati ad enti o casse aventi esclusivamente fine previdenziale in conformita' a disposizione di legge e di quelli versati a enti o casse aventi fine esclusivamente assistenziale in conformita' a disposizione di legge, di contratto o di accordo o regolamento aziendale. La modifica comporta che tutti i contributi la cui obbligatorieta' non e' stabilita da una disposizione di legge si trovano attratti nella disciplina riservata ai "contributi facoltativi" (ad esempio, quelli la cui obbligatorieta' discende da contratto, accordo o regolamento aziendale, come quelli versati al FASI dai dirigenti di azienda); 2. i contributi per assistenza sociale facoltativa, non essendo stata riprodotta l'attuale non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente, sono integralmente imponibili; 3. i contributi per assistenza sanitaria, versati ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale dal datore di lavoro o dal dipendente, in conformita' a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente per un importo complessivamente non superiore a 7 milioni di lire. Il suddetto limite e' fissato cumulativamente per i contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore, ma e' comunque irrilevante la circostanza che il versamento avvenga eventualmente da parte soltanto di uno soltanto dei soggetti, cioe' solo dal datore di lavoro o solo dal lavoratore. Eventuali contributi versati in eccedenza al predetto limite complessivo concorrono (soltanto per l'eccedenza) a formare il reddito di lavoro dipendente, 4. i contributi per previdenza complementare, salvo il disposto dell'articolo 18 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 e successive modificazioni (si ritiene che il riferimento al comma 1 dell'articolo 18 contenuto due volte nella norma in commento sia un errore materiale, cio' in quanto nella relazione illustrativa del provvedimento e' precisato "per i contributi per previdenza complementare viene mantenuto il sistema attuale"), versati dal datore di lavoro alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni e integrazioni, non concorrono, senza alcun limite, a formare ii reddito del dipendente (tuttavia, sono deducibili nella determinazione del reddito d'impresa soltanto fino al limite previsto per la non concorrenza dei contributi versati allo stesso fine dal lavoratore dipendente), mentre i contributi, diversi dalle quote del TFR destinate al medesimo fine, versati dal lavoratore alle forme pensionistiche complementari non concorrono a formare il reddito per un importo non superiore al 2 per cento della retribuzione annua complessiva assunta come base per la determinazione del TFR e comunque a lire 2 milioni e 500 mila, a condizione che le fonti istitutive prevedano la destinazione alle forme pensionistiche complementari di quote del TFR almeno pari all'ammontare dei contributi versati, salvo quanto disposto dall'articolo 18 del medesimo decreto 21 aprile 1993, n. 124. Quest'ultima condizione non si applica nel caso in cui la fonte istitutiva sia costituita unicamente da accordi tra lavoratori. In sostanza, per i contributi per previdenza complementare e' stato mantenuto il medesimo regime in vigore a decorrere dal primo gennaio 1995, inserendo nel corpo della norma il richiamo alla disposizione di cui all'articolo 18 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 e successive modificazioni. Come e' noto, la disposizione richiamata, cosi' come modificata dalla legge n. 335 del 1995, prevede, che per i destinatari iscritti alla data del 28 aprile 1993 (vecchi iscritti) alle forme pensionistiche gia' istituite al 15 novembre 1992, data di entrata in vigore della legge delega 23 ottobre 1992, n. 421 (vecchi fondi), i contributi del datore di lavoro sono integralmente deducibili ai fini della determinazione del reddito d'impresa e quelli versati dal lavoratore non concorrono in ogni caso a formare il reddito di lavoro dipendente. Al riguardo si precisa che la qualifica di "vecchio iscritto" viene conservata anche dal soggetto iscritto a tale data che ha successivamente trasferito la propria posizione previdenziale in altri fondi, a condizione che non si sia verificato il riscatto. Per espressa previsione dell'articolo 18 del medesimo decreto legislativo n. 124 del 1993, analoga deroga non e' applicabile ai nuovi iscritti ai vecchi fondi, cioe' a coloro che si sono iscritti dopo il 28 aprile o che a tale data avevano semplicemente maturato il diritto a partecipare alle predette forme pensionistiche. Il regime appena descritto si applica anche ai contributi versati ai fondi pensione gestiti in via prevalente secondo il sistema tecnico-finanziario della ripartizione, che hanno presentato domanda al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale per usufruire di tale disciplina per un periodo transitorio di 8 anni necessario per consentire al fondo di passare al sistema contributivo. In tale periodo transitorio questo regime fiscale dei contributi si applica, fino al termine del suddetto periodo, anche con riferimento agli iscritti dopo il 28 aprile 1993. Va rilevato che non e' stata, invece, riprodotta, ne' richiamata (e, pertanto deve ritenersi non piu' in vigore), la disposizione di cui all'articolo 15, comma 8, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che, sempre in materia di disciplina transitoria dei contributi versati per previdenza complementare, ha stabilito che i contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore a fondi costituiti ai sensi del D.Lgs. n. 124 del 1993, definiti da accordi collettivi antecedenti il 17 agosto 1995, mantengono, limitatamente agli iscritti al 31 maggio 1993, il trattamento fiscale previsto dallo stesso decreto legislativo, fino al rinnovo degli accordi stessi e comunque per un periodo massimo di 4 anni. Per tali soggetti la disposizione non richiamata prevedeva l'applicazione di una detrazione d'imposta relativamente ai contributi versati, e, per i datori di lavoro, la deducibilita' nella determinazione del reddito d'impresa limitatamente al 50% della quota di TFR destinata nell'anno ai fondi medesimi. 5. i contributi versati ai sensi dell'articolo 2 della legge 8 agosto 1995, n. 335, eccedenti l'importo del massimale annuo della base contributiva e pensionabile destinata al finanziamento delle forme pensionistiche complementari, stabilito dal decreto legislativo 14 dicembre 1995, n. 579 non concorrono a formare il reddito. L'importo del suddetto massimale annuo, inizialmente fissato in lire 132.000.000, e' oggetto di rivalutazione sulla base dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati calcolato dall'ISTAT (l'ultimo importo attualmente disponibile e' quello per il 1997, fissato in lire 137.148.000, cfr. circolare INPS n. 23 del 30 gennaio 1997). Va osservato che la disposizione contenuta nella lettera a) dell'articolo 48, gia' prima delle modifiche ora apportate, aveva differenziato la disciplina fiscale dei contributi a seconda che si trattasse di contributi destinati a fini previdenziali ovvero a fini assistenziali ed aveva comportato l'obbligo per i fondi che perseguono entrambe le finalita' di dotarsi di una gestione e di una contabilita' separata per le due tipologie di prestazioni. Le ulteriori differenziazioni da ultimo introdotte nel regime fiscale dei contributi, per effetto della nuova formulazione della lettera a), impongono ora, in aggiunta alle precedenti, anche altre suddivisioni e, cioe', l'istituzione, da parte di enti, fondi e casse che perseguono finalita' assistenziali, di gestioni e contabilita' separate, al fine di distinguere nettamente i contributi che vanno ad alimentare prestazioni di carattere assistenziale sociale da quelli che, invece, vanno ad alimentare prestazioni di carattere assistenziale sanitario, nonche' le conseguenti erogazioni. Al riguardo, si fa presente che rientra nell'assistenza sanitaria la cura della malattia, anche se determinata da infortunio, e il ristoro delle spese affrontate per il recupero della salute compromessa da malattia o infortunio. E' possibile, quindi, fare riferimento ai provvedimenti del Ministero della Sanita' che disciplinano la materia sanitaria per individuare le prestazioni che assumono carattere sanitario (e' irrilevante la circostanza che dette prestazioni siano o meno dispensate dal servizio sanitario nazionale). L'assistenza sociale risponde, invece, a finalita' fondate unicamente sulla solidarieta' collettiva a soggetti che versano in uno stato di bisogno. In merito all'individuazione delle prestazioni che rispondono a tali finalita' e' necessario fare riferimento agli orientamenti del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, competente in materia di assistenza sociale (anche in questa ipotesi e' irrilevante la circostanza che la prestazione in questione sia prevista o meno tra quelle erogabili a carico del sistema assistenziale pubblico). Cosi' delineata la disciplina dei diversi tipi di contributi, e' opportuno precisare che il trattamento fiscale delle successive erogazioni dovra' essere determinato autonomamente in base ai principi generali che regolano l'imposizione sui redditi e, pertanto, dette prestazioni saranno assoggettabili a tassazione soltanto se inquadrabili in una delle categorie di reddito previste nell'articolo 6 del TUIR. Da cio' consegue, ad esempio, che se la prestazione si sostanzia nell'erogazione di rimborsi per spese sanitarie, detti rimborsi non potranno essere assoggettati a tassazione in quanto non compresi in alcuna delle citate categorie di reddito, mentre se la prestazione consiste in una indennita' inquadrabile tra quelle sostitutive di reddito, questa sara' assoggettata a tassazione con le stesse modalita' previste per il reddito che va a sostituire, oppure se si tratta di prestazioni periodiche corrisposte da fondi pensione complementare, la stessa sara' tassata come reddito assimilato a quello di lavoro dipendente. Inoltre, tenuto conto che il legislatore ha fissato la disciplina dei contributi distinguendo soltanto i contributi obbligatori versati in ottemperanza a una disposizione di legge da quelli che, invece, tali non sono, si deve ritenere che sia irrilevante la circostanza che detti contributi, obbligatori o "facoltativi", siano versati in Italia, sempreche' le somme e i valori cui i contributi si riferiscono siano assoggettate a tassazione in Italia. Va, infine, chiarito che il lavoratore dipendente, presentando la dichiarazione dei redditi, puo' portare in deduzione dal reddito complessivo eventuali contributi che, secondo quanto sopra precisato, non avrebbero dovuto concorrere a formare il reddito di lavoro dipendente dell'anno per il quale si presenta la dichiarazione stessa e che, invece, erroneamente sono stati assoggettati a tassazione o che sono stati pagati in base ad un reddito figurativo non percepito effettivamente dal dipendente. Le suindicate circostanze dovranno, ovviamente, essere comprovate da una certificazione rilasciata dal soggetto che ha trattenuto i contributi in questione. 2.2.2 Erogazioni liberali e sussidi Con la lettera b) del comma 2 del nuovo articolo 48 e' stata sostituita la precedente formulazione della lettera f). La relazione illustrativa del provvedimento precisa che la modifica e' stata apportata "al fine di superarne la attuale ambiguita', dovuta anche all'ampiezza terminologica, che offre un pretesto per escludere dalla ritenuta erogazioni sostanzialmente reddituali di ammontare significativo. La nuova formulazione e' diretta, per l'appunto, ad evitare strumentalizzazioni, regolando in modo piu' preciso e piu' aderente alle finalita' della norma, la fattispecie in esame. In questo senso si e' stabilito che rimangono escluse da ritenuta solo le erogazioni liberali concesse in occasione di festivita' o ricorrenze alla generalita' o categorie di dipendenti e, comunque, per un importo non superiore, nel periodo d'imposta, a lire 500.000 (erogazioni di importo o di valore superiore, saranno assoggettate a tassazione per la parte eccedente l'importo escluso per legge dalla formazione del reddito di lavoro dipendente) e i sussidi occasionali corrisposti in relazione a esigenze personali o familiari particolarmente rilevanti. Sono state, altresi', esclusi i sussidi corrisposti alle vittime dell'usura e di richieste estorsive." In merito alla presente disposizione si osserva quanto segue. Relativamente alle erogazioni liberali, tenuto conto della volonta' espressa dal legislatore delegato nella riportata relazione illustrativa del provvedimento e del limite massimo complessivo per tutto il periodo d'imposta, fissato espressamente con riferimento a ciascun dipendente, si deve ritenere che l'espressione "festivita' o ricorrenze" si debba intendere nel senso piu' ampio possibile, e, quindi, comprensivo di tutte quelle situazioni in cui oggettivamente si e' soliti celebrare lietamente un evento. Rientrano, pertanto, in questa previsione non soltanto le festivita' religiose e civili e le ricorrenze in senso proprio, ma anche le festivita' del dipendente e quelle dell'azienda, quali il cinquantenario dell'azienda, il raggiungimento di una particolare anzianita', l'apertura di una nuova sede, la fusione con un'altra societa', ed anche il matrimonio o la nascita di un figlio, sempreche' analogo comportamento il datore di lavoro assuma nei confronti di tutti i dipendenti o categorie di dipendenti che si trovano nella stessa situazione e, quindi, ad esempio, nei casi in cui il datore di lavoro e' solito fare un regalo a tutti i dipendenti che si sposano o a tutti quelli ai quali nasce un figlio. Non possono essere comprese, invece, nell'ambito applicativo di questa disposizione le erogazioni effettuate in relazione al raggiungimento di un certo fatturato da parte dell'azienda. Tale evento, infatti, non puo' configurarsi come festivita' o ricorrenza in quanto e' collegato alla normale attivita' di qualunque impresa, il cui obiettivo naturale e' rappresentato dal miglioramento della propria gestione e produttivita'. Anche per quanto riguarda l'espressione "generalita' o categorie di dipendenti" si ritiene che la prassi aziendale deve essere riferita a tutti i dipendenti di un certo tipo (ad esempio, tutti i dirigenti, o tutti quelli che hanno un certo livello o una certa qualifica) mentre il momento dell'erogazione puo' essere diverso. In pratica, mentre in occasione delle festivita' natalizie la cassetta natalizia sara' distribuita a tutti i dipendenti contemporaneamente, l'eventuale regalo di matrimonio sara' dato soltanto ai dipendenti che in quell'anno si sposano. Relativamente ai sussidi, si sottolinea che il sussidio fa fronte ad uno stato di bisogno del dipendente, deve trattarsi, quindi, di soggetti che si trovano in momentanee e difficili condizioni economiche a causa di "rilevanti" esigenze personali o familiari. Per familiari s'intendono, ai sensi dell'articolo 5 del TUIR, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado, mentre "rilevanti" devono ritenersi quegli eventi che, in relazione alla situazione del soggetto o al fatto oggettivamente considerato, possono ritenersi importanti e, quindi, tali che il datore di lavoro, spontaneamente o a seguito di richiesta del dipendente, sia disposto a concedere un sussidio del tutto occasionale, il cui importo, pur non avendo un tetto massimo di esenzione imposto dalla legge, deve essere coerente con l'entita' dell'evento e con le condizioni economiche dei soggetti interessati (datore e dipendente). A titolo di esempio, si potrebbe pensare che il datore di lavoro possa concedere un sussidio per far fronte alle spese sostenute in occasione di un lutto del dipendente, di una malattia del dipendente o di un familiare che richieda cure molto costose e a carico del dipendente, a seguito della perdita della casa o di tutto il mobilio, per un evento eccezionale, naturale o meno (incendio, furto, alluvione o terremoto, etc.), in funzione del sostenimento di considerevoli spese per la nascita di un figlio, etc.. Si ritiene, inoltre, che possano essere considerati sussidi esclusi dalla formazione del reddito anche alcuni piccoli prestiti di breve durata, cioe' inferiori al periodo d'imposta, quali quelli, inferiori a 12 mesi, corrisposti a dipendenti in contratto di solidarieta' o in cassa integrazione guadagni, o alle vittime di richieste estorsive o di usura, nonche' quelli che il datore di lavoro concede per far fronte ad esigenze di semplificazione della propria gestione, come ad esempio l'anticipo delle imposte dovute dal dipendente, comprese quelle dovute in sede di assistenza fiscale. E' appena il caso di precisare che sia le erogazioni in occasione di festivita' o di ricorrenze sia i sussidi occasionali, trattandosi di liberalita', non devono essere previsti come obbligatori da contratti collettivi, accordi o regolamenti aziendali. 2.2.3. Somministrazioni in mense aziendali e prestazioni sostitutive Con la lettera c) e' stata razionalizzata la disciplina delle spese per i pasti dei dipendenti. In particolare, la novita' consiste nell'avere esteso il trattamento fiscale delle somministrazioni in mense aziendali, gestite direttamente o da terzi, anche alle somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro e nell'aver previsto una soglia complessiva giornaliera, pari a lire 10.240, di non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente anche per le indennita' di mensa oltre che per le prestazioni sostitutive del servizio di mensa, ad esempio, i ticket restaurant, per le quali l'articolo 3, comma 6, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 aveva gia' fissato un importo massimo complessivo giornaliero, da calcolarsi con riferimento a ciascun giorno lavorativo, oltre il quale dette prestazioni sostitutive concorrevano a formare il reddito. In tal modo, non costituiscono compensi in natura, a titolo di esempio, i pasti consumati dai camerieri o dal cuoco di un ristorante, dai collaboratori domestici, mentre concorrono a formare il reddito solo per la parte che eccede lire 10.240 le indennita' di mensa corrisposte, ad esempio, ai lavoratori delle imprese edili o la panatica dei marittimi a terra. Tenuto conto della nuova formulazione della norma, e' opportuno precisare che tra le prestazioni di vitto e le somministrazioni in mense aziendali, anche gestite da terzi, sono comprese le convenzioni con i ristoranti e la fornitura di cestini preconfezionati contenenti il pasto dei dipendenti. Si ritiene che la prestazione in questione debba comunque interessare la generalita' dei dipendenti o intere categorie omogenee di essi. Relativamente ai ticket restaurant (per i quali ai fini dell'esclusione si fa riferimento al valore nominale) va precisato che negli stessi deve essere individuabile un collegamento fra i tagliandi ed il tipo di prestazione cui danno diritto; i tagliandi devono recare sul retro la precisazione che non possono essere cedibili, ne' cumulabili, ne' commerciabili e ne' convertibili in denaro; gli stessi, quindi, dovranno consentire soltanto l'espletamento della prestazione sostitutiva nei confronti dei dipendenti che ne hanno diritto, ed essere debitamente datati e sottoscritti. Va ricordato che l'art. 4 della legge 25 marzo 1997, n. 77, ha precisato che per servizi sostitutivi di mensa resi a mezzo buoni pasto di cui al D.M. lavoro e previdenza sociale 3 marzo 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 66, del 21 marzo 1994, devono intendersi le somministrazioni di alimenti e bevande effettuate dai pubblici esercizi, nonche' le cessioni di prodotti di gastronomia pronti per il consumo immediato, effettuate da mense aziendali, interaziendali, rosticcerie e gastronomie artigianali, pubblici esercizi e dagli esercizi commerciali muniti di autorizzazione per la vendita, per la produzione, la preparazione e vendita di generi alimentari, anche su area pubblica e operate dietro commessa di imprese che forniscono servizi sostitutivi di mensa aziendale. Benche' la norma sembrasse assumere, all'epoca della sua emanazione, valore esclusivamente a fini previdenziali, non v'e' motivo per non ritenerla ancora valida anche ai fini fiscali, tenuto conto che ora e' stata effettuata l'unificazione delle basi imponibili. Va, infine, precisato che il legislatore non ha dettato regole particolari in merito alle diverse opzioni disponibili per escludere il pasto del dipendente, in tutto o in parte, dalla formazione del reddito, si ritiene, pertanto, che il datore di lavoro sia libero di scegliere la modalita' che ritiene piu' facilmente adottabile in funzione delle proprie esigenze organizzative e dell'attivita' svolta e che possa anche prevedere piu' sistemi contemporaneamente. Ad esempio, puo' istituire il servizio di mensa per una categoria di dipendenti, il sistema dei ticket restaurant per un'altra categoria e provvedere all'erogazione di una indennita' sostitutiva per un'altra ancora, oppure puo' istituire il servizio di mensa e nello stesso tempo corrispondere un'indennita' sostitutiva o i ticket restaurant ai dipendenti che per esigenze di servizio non possono usufruire del servizio mensa. Tenuto conto del tenore letterale della norma, e', invece, da escludere che lo stesso dipendente, con riferimento alla medesima giornata lavorativa, possa fruire del servizio mensa e utilizzare anche il ticket restaurant o ricevere anche l'indennita' sostitutiva del servizio di mensa, fruendo dell'esclusione dalla formazione del reddito di lire 10.240. Analogamente, in presenza di indennita' sostitutiva pari a lire 3.000 e ticket restaurant con valore nominale di lire 6.000, non e' possibile, con riferimento alla stessa giornata, cumulare le due prestazioni sostitutive fino a raggiungere la predetta soglia di esclusione, ma e' necessario assoggettare a tassazione integralmente una delle due. 2.2.4. Prestazioni di servizi di trasporto Nella lettera d) e' confermata l'irrilevanza ai fini reddituali per il dipendente delle prestazioni di servizi di trasporto collettivo per lo spostamento dei dipendenti dal luogo di abitazione o da un apposito centro di raccolta alla sede di lavoro o viceversa. Ai fini dell'irrilevanza reddituale del servizio di trasporto e' necessario che lo stesso sia rivolto alla generalita' dei dipendenti o a intere categorie di dipendenti, mentre resta del tutto indifferente la circostanza che il servizio sia prestato direttamente dal datore di lavoro, attraverso l'utilizzo di mezzi di proprieta' dell'azienda o da questi noleggiati, ovvero sia fornito da terzi sulla base di apposita convenzione o accordo stipulato dallo stesso datore di lavoro, purche' il dipendente resti del tutto estraneo al rapporto con il vettore. E' stato espressamente precisato che, tra i soggetti terzi che possono fornire la prestazione di trasporto, sono compresi anche gli esercenti servizi pubblici allo scopo evidentemente di chiarire che il datore di lavoro puo' stipulare apposita convenzione anche con esercenti servizi pubblici, ad esempio, con la societa' che gestisce il servizio pubblico urbano o extra-urbano del luogo in cui si trova l'azienda oppure con il servizio taxi, rimanendo comunque fermo il principio che la prestazione, ai fini della non concorrenza al reddito di lavoro dipendente, deve essere resa in modo collettivo. Resta fermo che eventuali indennita' sostitutive del servizio di trasporto sono assoggettate interamente a tassazione, cosi' come e' interamente assoggettato a tassazione l'eventuale rimborso al lavoratore di biglietti o di tessere di abbonamento per il trasporto mancando, in questa ipotesi, il requisito dell'affidamento a terzo del servizio di trasporto da parte del datore di lavoro. E' altresi' da assoggettare a tassazione, con i criteri relativi alla valutazione dei beni e dei servizi, la concessione di facilitazioni sui prezzi dei biglietti di viaggio o di trasporto offerte ai dipendenti, per se stessi e per i familiari, da parte di imprese esercenti pubblici servizi di trasporto o di viaggio. 2.2.5. Compensi reversibili La lettera e) conferma che i compensi reversibili di cui alle lettere b) ed f) del comma 1 dell'articolo 47 del TUIR, non devono essere compresi nelle somme da assoggettare a tassazione. Al riguardo, si ricorda che la richiamata lettera b) qualifica reddito assimilato a quello di lavoro dipendente le indennita' e i compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualita' e precisa espressamente che sono esclusi quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro e quelli che per legge devono essere riversati allo Stato. La citata lettera f), invece, qualifica redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente le indennita', i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per l'esercizio di pubbliche funzioni ed esclude espressamente quelli che per legge devono essere riversati allo Stato. La disposizione in esame ha evidentemente lo scopo di chiarire espressamente che i compensi reversibili in questione, non solo non costituiscono reddito assimilato a quello dipendente, come risulta dal tenore letterale delle norme richiamate, ma non devono essere assoggettati a tassazione neanche quali redditi di lavoro dipendente in quanto sono imputati direttamente al soggetto al quale, per legge o clausola contrattuale (per quelli della lettera b)) o soltanto per legge (per quelli della lettera f)), devono essere riversati. E' appena il caso di precisare, pertanto, che detti compensi devono essere esclusi anche dall'applicazione della ritenuta a titolo di acconto. 2.2.6. Somme erogate ai dipendenti per le finalita' di cui al comma 1 dell'articolo 65, con esclusione di quelle sociali e sanitarie, e utilizzazione da parte degli stessi delle relative opere e servizi. La lettera f) riproduce, con alcune sostanziali innovazioni, la lettera e) dell'articolo 48 nel precedente testo. Nella nuova formulazione viene previsto che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente le somme erogate dal datore di lavoro alla generalita' dei dipendenti o a categorie di dipendenti per le finalita' di cui al comma 1 dell'articolo 65 del TUIR, con esclusione di quelle di assistenza sociale e sanitaria, e l'utilizzo delle relative opere e servizi da parte dei dipendenti e dei familiari indicati nell'articolo 12 del TUIR. Al riguardo, si ricorda che l'articolo 65, comma 1, del TUIR, dispone, per le spese relative ad opere e servizi utilizzabili dalla generalita' dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalita' di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, la deducibilita', nella determinazione del reddito d'impresa, di un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell'ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi. Va precisato che il riferimento contenuto nella lettera f) dell'articolo 48 del TUIR al riportato comma 1 dell'articolo 65, e' effettuato soltanto per individuare le finalita' in esso previste, tra le quali, peraltro, sono state escluse quelle di assistenza sociale e sanitaria, senza che questo comporti anche, ai fini dell'esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente, l'osservanza delle ulteriori condizioni in esso contenute e cioe' il limite del 5 per mille e che le opere e i servizi siano stati realizzati (direttamente o tramite terzi) volontariamente, potendo anche essere frutto di accordo o regolamento aziendale, ovvero contratto collettivo. Atteso il tenore letterale della disposizione si deve ritenere, in primo luogo, che l'esclusione, competa per le somme corrisposte al dipendente per se stesso o per i familiari indicati nell'articolo 12 del TUIR; inoltre, l'utilizzo delle opere e dei servizi puo' riguardare oltre che il dipendente anche i suoi familiari indicati nel predetto articolo 12. In entrambe le ipotesi sopra delineate non e' necessario che il familiare in questione sia fiscalmente a carico del lavoratore; la disposizione in commento, infatti, si riferisce ai familiari indicati nell'articolo 12 del TUIR senza richiamare anche le condizioni ivi previste, come, invece, avviene a proposito delle indennita' di trasferimento, disciplinate nel successivo comma 7 dello stesso articolo 48 nella nuova formulazione. Cio' costituisce una delle differenze rispetto alla corrispondente previsione legislativa contenuta nella lettera e) del precedente articolo 48, nella quale non era disciplinata l'esclusione con riferimento all'utilizzo delle opere o servizi da parte di nessuno dei familiari del dipendente. Le altre differenze si rinvengono nella previsione della non concorrenza alla formazione del reddito anche con riferimento alle somme corrisposte e all'esclusione delle finalita' sociali e sanitarie. Tale esclusione trova giustificazione nell'opportunita' di evitare che i contributi assistenziali, limitati dalla precedente lettera a), potessero ritenersi ricompresi in questa disposizione e che il termine "somme" potesse far escludere dalla formazione del reddito anche indennita' sostitutive percepite individualmente. Infatti, e' bene ribadire che: - l'esclusione non spetta in alcun caso con riferimento al perseguimento di finalita' di assistenza sociale e sanitaria, ne' per le somme ne' per le relative opere e servizi. In tal modo viene esplicitamente chiarito, ad esempio, che con riferimento alle somme, non possono rientrare nella previsione in esame i contributi assistenziali con finalita' sociali e sanitarie per i quali, come si e' visto a commento della lettera a) del nuovo articolo 48 (cui si rinvia per i criteri distintivi) e' stata prevista, rispettivamente, la totale concorrenza al reddito imponibile (per quelli con finalita' sociale) e la concorrenza parziale, se superiori ad un certo importo (per quelli con finalita' sanitaria). Con riferimento alle opere e ai servizi, l'esclusione non compete, ad esempio, per le prestazioni sanitarie rese ai familiari del dipendente attraverso apposito gabinetto medico costituito dal datore di lavoro presso l'azienda (salvo quanto disposto per le spese mediche deducibili di cui all'art. 10 del TUIR), mentre per quanto riguarda le medesime prestazioni rese, pero', direttamente al dipendente, si ritiene debbano rimanere sempre escluse dalla formazione del reddito di lavoro dipendente quelle che discendono dall'osservanza di specifiche disposizioni di legge relative alla tutela della salute del dipendente o dei soggetti terzi, come ad esempio, quelle di cui all'articolo 33 del D.P.R. n. 303 del 1956 o agli articoli 16 e 17 del decreto legislativo n. 626 del 1994, nonche', ovviamente, quelle conseguenti ad infortuni sul lavoro: in questo caso si tratta di costi di produzione del datore di lavoro, come tali non imponibili per il dipendente; - deve trattarsi di somme corrisposte, o utilizzo di opere e servizi, per la generalita' dei dipendenti o categorie di dipendenti, intendendo anche in questo caso la generica disponibilita' verso un gruppo omogeneo di dipendenti (anche se alcuni di questi non fruiscono di fatto delle opere o servizi o delle somme), poiche', invece, qualunque somma attribuita ad personam costituisce reddito di lavoro dipendente. Va, peraltro, precisato che, ai fini dell'esclusione delle somme dall'ammontare del reddito di lavoro dipendente, il datore di lavoro deve acquisire e conservare la documentazione comprovante l'utilizzo delle somme in questione da parte del dipendente per la finalita' per la quale dette somme sono state corrisposte (ad esempio, l'iscrizione all'asilo nido, etc.). A titolo di esempio, si ritiene che rientrino in questa previsione, oltre agli asili nido, gli impianti sportivi e, piu' in generale, tutte le strutture ricreative, di proprieta' dell'azienda o affittati (CRAL, campi da tennis, etc.) utilizzabili dalla generalita' dei dipendenti o da categorie di dipendenti, inoltre la disposizione esonerativa si applica anche alle somme destinate dal datore di lavoro alla costituzione di spacci aziendali (i successivi acquisti da parte dei dipendenti costituiscono mere operazioni commerciali e, quindi, sono irrilevanti ai fini della tassazione del reddito di lavoro dipendente, anche se avvengono a prezzi scontati), alle somme corrisposte dal datore di lavoro, sempre alla generalita' di dipendenti o a categorie di dipendenti, al fine di consentire l'iscrizione agli asili nido e ai soggiorni climatici per i figli dei dipendenti, quelle per iscrizione gratuita a circoli privati e club, per iscrizione gratuita a corsi di formazione extraprofessionale (quelle per corsi di formazione professionali sono costi di produzione dell'impresa), quelle per il pagamento delle tasse scolastiche ai figli dei dipendenti e, in linea di principio, alle borse di studio (cfr. anche il paragrafo relativo ai redditi assimilati). Con riferimento a tutte le fattispecie sopra citate va ribadito che le spese in questione non rientrano nel reddito di lavoro dipendente se i servizi considerati sono utilizzabili dalla generalita' dei lavoratori dipendenti o da categorie di dipendenti; ove invece gli stessi siano a disposizione solo di taluni lavoratori dipendenti essi costituiscono fringe benefits per gli utilizzatori e le spese relative concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente. 2.2.7. Azioni di nuova emissione offerte ai dipendenti La lettera g) stabilisce che, in caso di sottoscrizione da parte dei dipendenti, anche a seguito di contrattazione, di azioni di nuova emissione di cui all'articolo 2349 e all'articolo 2441, ultimo comma, del codice civile, non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il valore delle azioni sottoscritte. La disposizione precisa che l'esclusione dalla formazione del reddito compete anche se dette azioni sono emesse da societa' che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa societa' che controlla l'impresa. Come e' dato rilevare facilmente, la norma agevolativa non si applica a tutte le tipologie di azioni in quanto sono escluse le azioni di vecchia emissione. Infatti, l'articolo 2349 disciplina l'ipotesi di assegnazione straordinaria di utili ai prestatori di lavoro dipendente che avvenga tramite l'emissione ed assegnazione di azioni speciali ai dipendenti, con norme particolari riguardo alla forma, al modo di trasferimento e ai diritti spettanti agli azionisti. L'articolo 2441, ultimo comma, disciplina l'ipotesi in cui, con deliberazione dell'assemblea, puo' essere escluso il diritto di opzione dei soci limitatamente ad un quarto delle azioni di nuova emissione, se queste sono offerte in sottoscrizione ai dipendenti della societa'. La previsione della non concorrenza alla formazione del reddito in caso di sottoscrizione di azioni emesse da societa' che direttamente o indirettamente controllano l'impresa o sono controllate dalla stessa societa' che controlla l'impresa, va intesa nel senso che deve trattarsi delle medesime azioni disciplinate nelle due norme citate del codice civile, ma che, in deroga alle stesse disposizioni richiamate, vengano offerte in sottoscrizione ai dipendenti delle societa' controllate o controllanti. Ad analoga conclusione si perviene allorquando il soggetto che emette le azioni nuove non sia tenuto al rispetto delle norme contenute nel codice civile, ad esempio, perche' residente all'estero. In questo caso l'esclusione dalla tassazione sara' possibile soltanto con riferimento alle azioni che, sulla base della legislazione straniera, costituiscono l'equivalente di quelle emesse ai sensi dell'articolo 2349 e 2441, ultimo comma, del codice civile. In pratica, la distinzione, ai fini della esclusione o meno dalla formazione del reddito imponibile, va fatta soltanto con riferimento alle azioni di vecchia o nuova emissione, restando escluse soltanto queste ultime. Va, precisato che nell'ipotesi di assegnazione straordinaria di utili ai dipendenti mediante, appunto, emissione di azioni, gli utili medesimi, non essendo destinati ai soci e costituendo, per i dipendenti, reddito di lavoro dipendente, anche se non soggetto ad imposizione, non sono soggetti al regime fiscale dei dividendi di cui all'articolo 27 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e all'articolo 8, comma 1, nn. 4 e 5 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602. Si sottolinea, infine, che il riferimento fatto alle societa' controllanti e controllate va inteso secondo i criteri di cui all'articolo 2359 del codice civile. 2.2.8. Oneri deducibili trattenuti dal datore di lavoro La lettera h) dispone l'esclusione dalla base imponibile delle somme trattenute al dipendente per oneri di cui all'art. 10, nonche' nei limiti e alle stesse condizioni previste nel medesimo art. 10, delle erogazioni fatte dal datore di lavoro in conformita' a contratti collettivi o ad accordi e regolamenti aziendali delle spese sanitarie dello stesso articolo 10, comma 1, lettera b). L'ammontare degli oneri e delle erogazioni che, ai sensi di questa disposizione, e' stato escluso dalla formazione del reddito imponibile deve essere attestato dal datore di lavoro. Si fa presente che ove sia stato escluso piu' di un onere o, unitamente agli oneri, siano state escluse erogazioni per spese sanitarie, il datore di lavoro deve attestarne l'importo distintamente per ciascuna tipologia. La finalita' che e' evidentemente perseguita, e' quella di evitare che il lavoratore debba presentare la dichiarazione dei redditi al solo fine di fruire di oneri deducibili di cui il datore di lavoro e' a conoscenza avendo effettuato trattenute per gli stessi. Al riguardo si precisa che il dipendente non potrebbe richiedere l'esclusione dalla base imponibile di oneri che, pur essendo compresi nella previsione dell'articolo 10, non sono stati sostenuti per il trarnite del datore di lavoro, tuttavia, ove cio' si verifichi, il sostituto puo' acconsentire ad una simile richiesta. A titolo di esempio, si chiarisce che uno degli oneri deducibili che potra' rientrare nell'ambito della previsione normativa in esame e' l'assegno periodico al coniuge separato o divorziato che il giudice abbia ordinato al datore di lavoro di corrispondere direttamente allo stesso coniuge separato o divorziato. Un altro onere che potra' rientrare in questa previsione e' quello, inserito nell'articolo 10 da una disposizione di questo stesso decreto legislativo (art. 5, comma 1, lettera b)), relativo alle somme corrisposte al lavoratore ed assoggettate a tassazione in anni precedenti, che siano state successivamente restituite al soggetto erogatore (lettera d-bis dell'articolo 10 del TUIR). Tale onere, come meglio si dira' in seguito, potra' essere utilizzato anche in caso di compensi in natura assoggettati a tassazione per un importo superiore perche' il dipendente ha corrisposto soltanto nel periodo d'imposta successivo delle somme per aver fruito di detto compenso. Va, infine, precisato che il dipendente non deve fare nessuna richiesta al datore di lavoro per il riconoscimento della non concorrenza delle somme in questione, ma e', tuttavia, tenuto a fornire allo stesso tutti gli elementi necessari per il rispetto delle condizioni previste nel predetto articolo 10. Cosi', ad esempio, ove dall'ordine del giudice non sia rilevabile se l'assegno al coniuge separato o divorziato e' dato per il proprio mantenimento o per quello dei figli o se per tutti e due, il dipendente sara' obbligato, sotto la propria responsabilita', a fornire al sostituto tutte le precisazioni necessarie alla corretta applicazione della disposizione. 2.2.9. Mance dei croupiers La lettera i) prevede, infine, che non concorre alla formazione della base imponibile del reddito di lavoro dipendente il 25 per cento delle mance percepite dai croupiers, che sono state ricondotte tra i redditi di lavoro dipendente e non sono piu' comprese tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Si tratta, come e' noto, delle mance percepite dagli impiegati tecnici delle case da gioco, direttamente o per effetto del riparto eseguito a cura di appositi organismi costituiti all'interno dell'azienda, in relazione all'attivita' di lavoro dipendente. In tal modo, viene confermato, anche dopo la nuova qualificazione reddituale, il particolare regime di determinazione della base imponibile relativa a tali mance, che resta fissato nel medesimo importo previsto dal comma B dell'articolo 48 nella precedente formulazione. Si tratta, peraltro, dell'unica ipotesi in cui le mance sono assoggettate a tassazione per un importo ridotto. 2.3. Beni e servizi forniti al dipendente (fringe benefit) 2.3.1. Criteri generali In attuazione di quanto previsto alla lettera c) della legge di delega, il comma 3 dell'articolo 48, nella nuova formulazione, stabilisce nel valore normale di cui all'art. 9 del TUIR, il criterio generale di valutazione dei beni ceduti e dei servizi prestati al dipendente (o al soggetto a questo equiparato e, cioe' al pensionato, al cassaintegrato, etc.) o ai familiari indicati nell'articolo 12 del TUIR, anche se non fiscalmente a carico, compreso il diritto di ottenerli da terzi. Tale criterio sostituisce il precedente che stabiliva, invece, la valutazione di detti beni e servizi sulla base del costo specifico sostenuto dal datore di lavoro. Relativamente alla locuzione "il diritto di ottenerli da terzi" si precisa che tale locuzione va posta in collegamento con il principio generale vigente in materia di reddito di lavoro dipendente in base al quale costituisce reddito della specie tutto cio' che il dipendente riceve, anche da soggetti terzi, in relazione al rapporto di lavoro. La fattispecie in esame si verifica, quindi, allorquando un terzo cede beni o presta servizi, compresi quelli di cui al successivo comma 4, a dipendenti di un datore di lavoro per effetto di un qualunque collegamento esistente con quest'ultimo o con il sottostante rapporto di lavoro sebbene non in forza di un accordo o di una convenzione che questi abbia con lui stipulato. E' opportuno ricordare che il comma 3 dell'articolo 9 del TUIR stabilisce che per valore normale, salvo quanto disposto dal successivo comma 4 con riferimento alle azioni, obbligazioni e altri titoli, s'intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo piu' prossimi. Dalla definizione di valore normale emerge che la quantificazione del valore normale del bene o servizio deve essere operata in modo diverso a seconda che gli stessi vengano ceduti o prestati dal produttore, dal grossista o dal dettagliante. Il secondo periodo del comma 3 del citato articolo 9 fissa parametri oggettivi per la determinazione del valore normale stabilendo che occorre fare riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni e i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti di uso. L'ultimo periodo del comma 3 dell'articolo 9 stabilisce una presunzione assoluta in base alla quale per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi, (ad esempio, le tariffe elettriche o quelle telefoniche) si fa riferimento ai provvedimenti in vigore. Il comma 4 dell'articolo 9 prevede, alle lettere a), b) e c), autonome regole di determinazione del valore normale con riferimento ai titoli e alle quote di partecipazione societarie. In particolare: - la lettera a) stabilisce che per le azioni, obbligazioni e altri titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, il valore normale e' determinato in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell'ultimo mese; - la lettera b) si riferisce alle altre azioni, alle quote di societa' non azionarie e ai titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle societa', e dispone che il loro valore normale e' fissato in proporzione al valore del patrimonio netto della societa' o ente ovvero, per le societa' o enti di nuova costituzione, in proporzione all'ammontare complessivo dei conferimenti; - la lettera c) dispone che per le obbligazioni e gli altri titoli diversi da quelli compresi nelle precedenti lettere a) e b), il valore normale e' determinato comparativamente al valore normale dei titoli aventi analoghe caratteristiche negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri e, in mancanza, in base ad altri elementi determinabili in modo obiettivo. Si precisa che per mercati regolamentati s'intendono quelli la cui regolamentazione e' disciplinata da apposite disposizioni normative (cfr. Istruzioni per la compilazione delle dichiarazioni dei redditi Modello 760). In parziale deroga ai criteri contenuti nell'articolo 9 appena illustrato, per espressa previsione contenuta nel comma 3 dell'articolo 48, e' stabilito che il valore normale dei generi in natura prodotti dall'azienda e ceduti ai dipendenti, gratuitamente o meno, e' costituito dal prezzo mediamente praticato dalla stessa azienda nelle cessioni ai grossisti. Anche in questa ipotesi si dovra' fare riferimento ai listini dell'azienda, ovviamente soltanto quelli applicati nelle vendite ai grossisti, ma non si potra' tenere conto degli sconti d'uso. Dal tenore letterale della disposizione discende che la particolare previsione e' applicabile soltanto ai dipendenti delle aziende che producono beni e che effettuano cessioni ai grossisti, o all'ingrosso e al dettaglio. Restano, quindi, esclusi da questa previsione i dipendenti di artisti o professionisti, quelli delle aziende che producono beni per la vendita soltanto al dettaglio, delle aziende che producono servizi e di quelle che effettuano soltanto commercializzazione dei beni. Si precisa che il reddito da assoggettare a tassazione e' pari al valore normale soltanto se il bene e' ceduto o il servizio e' prestato gratuitamente (cio' vale anche nel caso dei beni prodotti dall'azienda e ceduti gratuitamente al dipendente), se, invece, per la cessione del bene (anche in caso di bene prodotto dall'azienda e ceduto al dipendente) o la prestazione del servizio il dipendente corrisponde delle somme (con il sistema del versamento o della trattenuta), e' necessario determinare il valore da assoggettare a tassazione sottraendo tali somme dal valore normale del bene o del servizio. Va precisato che delle somme in questione si potra' tener conto soltanto nel periodo d'imposta in cui sono effettivamente trattenute o versate dal dipendente. L'ultimo periodo del comma 3 dell'articolo 48 stabilisce che non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati, se, complessivamente, di importo non superiore, nel periodo d'imposta, a lire 500.000 e che se il valore in questione e' superiore a detto limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito. Si tratta di una previsione di carattere generale applicabile senza dubbio anche con riferimento ai beni indicati nel successivo comma 4. Si precisa, inoltre, che la verifica che il valore sia non superiore complessivamente nel periodo d'imposta a lire 500.000, va effettuata con riferimento agli importi tassabili in capo al percettore del reddito e, quindi, al netto di quanto il dipendente ha corrisposto (con il metodo del versamento o della trattenuta e comprensivo dell'eventuale IVA a carico del dipendente) per tutti i beni o servizi di cui ha fruito nello stesso periodo d'imposta, tenendo conto di tutti i redditi percepiti, anche se derivanti da altri rapporti di lavoro eventualmente intrattenuti nel corso dello stesso periodo d'imposta. In sede di applicazione delle ritenute di acconto il sostituto d'imposta terra' conto di tutti i valori che sono stati percepiti nel corso di rapporti intrattenuti con lui, nonche', se il dipendente ha chiesto di conguagliare altri redditi di lavoro dipendente o assimilati, dei valori percepiti nel corso di altri rapporti. E' opportuno chiarire, inoltre, che ai fini del calcolo del limite in questione, non devono essere considerate le erogazioni liberali di importo complessivamente non superiore nel periodo d'imposta a lire 500.000 concesse in occasione di festivita' o ricorrenze, di cui al precedente paragrafo 2. E' appena il caso di precisare inoltre che, in sede di tassazione alla fonte del reddito di lavoro dipendente, il sostituto d'imposta deve applicare la ritenuta nel periodo di paga in cui viene superata la predetta soglia di 500 mila lire e che se risulta chiaro che il valore, tenuto conto dell'intero periodo d'imposta, sara' complessivamente superiore al suddetto importo, deve effettuare la ritenuta fin dal primo periodo di paga. 2.3.2 Criteri speciali per alcuni beni Il comma 4 individua alcuni dei beni e servizi che piu' frequentemente vengono concessi ai dipendenti, e cioe' gli autoveicoli indicati nell'articolo 54, comma 1, lettere a), c) e m) del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, i motocicli e i ciclomotori concessi in uso promiscuo, i prestiti e gli immobili e per questi stabilisce speciali criteri di determinazione forfetaria dei valori da assoggettare a tassazione. Resta fermo il criterio del valore normale per le tipologie di beni e servizi diversi da quelli specificati nella disposizione in esame. 2.3.2.1. Veicoli La lettera a) del comma 4 stabilisce che per gli autoveicoli indicati nell'articolo 54, comma 1, lettere a), c) e m) del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, per i motocicli e i ciclomotori che il datore di lavoro abbia assegnato ad uno specifico dipendente per espletare l'attivita' di lavoro e per i quali abbia consentito anche l'uso personale da parte dello stesso, ad esempio per recarsi al lavoro (uso promiscuo), concorre a formare il reddito di lavoro dipendente un ammontare pari al 30 per cento dell'importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15 mila chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio, al netto di quanto trattenuto al dipendente o da questo corrisposto nello stesso periodo d'imposta in cambio della possibilita' di utilizzare anche a fini personali il mezzo. Si tratta di una determinazione dell'importo da assoggettare a tassazione del tutto forfetaria, che prescinde da qualunque valutazione degli effettivi costi di utilizzo del mezzo e anche dalla percorrenza che il dipendente effettua realmente. E' del tutto irrilevante, quindi, che il dipendente sostenga a proprio carico tutti o taluni degli elementi che sono nella base di commisurazione del costo di percorrenza fissato dall'ACI, dovendosi comunque fare riferimento, ai fini della determinazione dell'importo da assumere a tassazione, al totale costo di percorrenza esposto nelle suddette tabelle. Si precisa che, qualora il modello di veicolo utilizzato promiscuamente dal dipendente non sia compreso tra quelli inclusi nelle tabelle in questione, l'importo da assoggettare a tassazione dovra' essere determinato prendendo a riferimento quello che per tutte le sue caratteristiche risulta piu' simile. Per espressa previsione normativa il costo chilometrico di esercizio e' desumibile dalle tabelle nazionali che l'Automobile club d'Italia deve elaborare entro il 30 novembre di ciascun anno e comunicare al Ministero delle finanze che provvede alla pubblicazione entro il 31 dicembre, con effetto dal periodo d'imposta successivo. Rispetto alla disposizione gia' in vigore per il periodo d'imposta 1997, si segnala l'obbligo per l'ACI di elaborare e comunicare al Ministero delle finanze, entro il 30 novembre di ciascun anno, le tabelle relative alla percorrenza di 15 mila chilometri e quello successivo dello stesso Ministero di provvedere alla pubblicazione delle tabelle entro il 31 dicembre (quelle per il 1998 sono state pubblicate, con comunicato del Ministero delle Finanze nella Gazzetta Ufficiale n. 292 del 16 dicembre 1997), nonche' la previsione che le tabelle pubblicate entro la predetta data del 31 dicembre, abbiano effetto per tutto il periodo d'imposta successivo. In tal modo, il dipendente e il sostituto d'imposta conoscono con certezza, fin dall'inizio dell'anno, quale riferimento assumere per determinare l'ammontare che deve concorrere a tassazione. Va, peraltro, precisato che, tenuto conto della modifica del criterio di valutazione dei beni ceduti e dei servizi prestati al dipendente (come gia' precisato si e' passati dal criterio del costo specifico a quello del valore normale) il 30 per cento della percorrenza di 15 mila chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle nazionali elaborate dall'ACI rappresenta il valore normale presunto dal legislatore per la possibilita' concessa dal datore di lavoro di utilizzare detti beni in modo promiscuo e non piu' il costo specifico presunto. E' appena il caso di precisare che il datore di lavoro, oltre a concedere la possibilita' di utilizzare il veicolo in modo promiscuo, puo' fornire, gratuitamente o meno, altri beni o servizi, ad esempio, l'immobile per custodire il veicolo, etc., beni e servizi che andranno separatamente valutati al fine di stabilire l'importo da assoggettare a tassazione in capo al dipendente. Si sottolinea, inoltre, che, poiche' la percorrenza convenzionale utilizzata dal legislatore per determinare il valore del veicolo utilizzato in modo promiscuo e' determinata su base annua, l'importo da far concorrere alla formazione del reddito, determinato come sopra specificato, deve essere ragguagliato al periodo dell'anno durante il quale al dipendente viene concesso l'uso promiscuo del veicolo, conteggiando il numero dei giorni per i quali il veicolo e' assegnato, indipendentemente dal suo effettivo utilizzo. Si e' gia' detto che se il dipendente corrisponde delle somme (con il metodo del versamento o della trattenuta) nello stesso periodo d'imposta, per la possibilita' di utilizzare il veicolo in modo promiscuo che il datore di lavoro gli ha concesso, tali somme devono essere sottratte dal valore del veicolo stabilito presuntivamente dal legislatore. Al riguardo si precisa che le predette somme devono essere computate al lordo dell'IVA. Nel ribadire che la disposizione in esame si applica con riferimento ai veicoli aziendali utilizzati oltre che per esigenze di lavoro anche per uso privato, si precisa che qualora il veicolo sia concesso esclusivamente per l'uso personale o familiare del dipendente, ad esempio, soltanto per recarsi al lavoro e per gli ulteriori usi personali, ai fini della determinazione del valore normale del bene rimangono applicabili i criteri contenuti nell'articolo 9 del TUIR. Si ricorda, infine, che non concorre a formare il reddito del dipendente l'utilizzo di veicoli aziendali esclusivamente per l'effettuazione di trasferte. 2.3.2.2. Prestiti La lettera b) del comma 4 prevede che in caso di concessione di prestiti direttamente o che i dipendenti hanno diritto di ottenere da terzi, si assume il 50 per cento della differenza tra l'importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto vigente al momento della concessione del prestito e l'importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi. La disposizione si applica a tutte le forme di finanziamento comunque erogate dal datore di lavoro, indipendentemente dalla loro durata e dalla valuta utilizzata. La norma si applica, altresi', ai finanziamenti concessi da terzi con i quali il datore di lavoro abbia stipulato accordi o convenzioni, anche in assenza di oneri specifici da parte di quest'ultimo. Pertanto, e a titolo meramente esemplificativo, rientrano nell'ambito di questa previsione, i prestiti concessi sotto forma di scoperto di conto corrente, di mutuo ipotecario e di cessione dello stipendio, mentre ne restano esclusi le dilazioni di pagamento previste per beni ceduti o servizi prestati dal datore di lavoro. In merito alla determinazione forfettaria del predetto ammontare, occorre precisare che il tasso ufficiale di sconto da assumere come parametro fisso di riferimento e' quello vigente alla data in cui il contratto di mutuo e' stato stipulato, a nulla rilevano le eventuali variazioni intervenute successivamente nella durata del prestito. L'importo da far concorrere nella formazione del reddito imponibile si determina effettuando la differenza tra gli interessi calcolati al suddetto tasso ufficiale di sconto e gli interessi calcolati al tasso effettivamente praticato sui prestiti e riducendo l'ammontare risultante della meta'. L'importo cosi' determinato deve essere assoggettato a tassazione alla fonte al momento del pagamento delle singole rate del prestito stabilite dal relativo piano di ammortamento. Per i prestiti in valuta estera, occorre mettere a confronto gli interessi calcolati al predetto tasso di sconto e quelli calcolati al tasso di interesse effettivamente praticato, effettuando la conversione in lire sulla base del rapporto di cambio vigente alla data di scadenza delle singole rate del prestito. In caso di prestiti a tasso variabile (caratterizzati da una variazione del tasso di interesse iniziale) il prelievo alla fonte deve essere effettuato, alle scadenze delle singole rate di ammortamento del prestito, tenendo conto anche delle variazioni subite dal tasso di interesse iniziale. Qualora, invece, il prestito venga concesso a tasso zero, il calcolo dell'importo da assoggettare a tassazione deve essere effettuato alle scadenze delle singole rate di ammortamento della quota capitale, secondo quanto gia' precisato. Nei casi di restituzione del capitale in un'unica soluzione oltre il periodo d'imposta, l'importo maturato va comunque assoggettato a tassazione in sede di conguaglio di fine anno. La stessa lettera b) precisa che questa modalita' di determinazione dell'importo che concorre a formare il reddito di lavoro dipendente non si applica per i prestiti stipulati anteriormente al 1 gennaio 1997, per i quali resta in vigore, ai fini della determinazione dell'importo che deve concorrere a formare il reddito di lavoro dipendente, il criterio del costo specifico. La disposizione non si applica, altresi', per i prestiti di durata inferiore ai dodici mesi concessi, a seguito di accordi aziendali, dal datore di lavoro ai dipendenti in contratto di solidarieta' o in cassa integrazione guadagni (sia pure non ancora autorizzata dall'INPS, fermo restando che e' comunque necessaria la convalida, pure successiva da parte dello stesso istituto) o a dipendenti vittime dell'usura ai sensi della legge 7 marzo 1996, n. 108, o ammessi a fruire delle erogazioni pecuniarie a ristoro dei danni conseguenti a rifiuto opposto a richieste estorsive ai sensi del decreto-legge 31 dicembre l991, n. 419, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172, che si ritiene possano essere inquadrati tra i sussidi di cui si e' parlato al paragrafo 2.2.2. 2.3.2.3. Fabbricati La lettera c) del comma 4 stabilisce che per i fabbricati concessi in locazione, in uso o in comodato, indipendentemente dalla circostanza che il fabbricato sia di proprieta' del datore di lavoro ovvero sia da questi acquisito in locazione anche finanziaria, l'importo da far concorrere alla formazione del reddito di lavoro dipendente si determina effettuando la differenza tra la rendita catastale del fabbricato, aumentata di tutte le spese inerenti il fabbricato stesso, comprese le utenze non a carico dell'utilizzatore, e quanto corrisposto (mediante versamento o trattenuta) per il godimento del fabbricato stesso. In caso di fabbricati iscritti in catasto, ma privi di rendita attribuita perche' non ancora censiti o perche' rurali, ai fini della determinazione dell'importo da far concorrere a formare il reddito di lavoro dipendente si dovra' fare riferimento alla rendita presunta, determinata a norma dell'articolo 34, comma 4, del TUIR. Per espressa previsione normativa, la rendita catastale deve essere aumentata di tutte le spese inerenti il fabbricato stesso non sostenute dall'utilizzatore, comprese le eventuali utenze pagate dal datore di lavoro invece che dall'utilizzatore del fabbricato, ad esempio, luce, gas, telefono, tassa rifiuti solidi urbani, condominio, etc.. E' appena il caso di precisare che si tratta evidentemente di tutte le spese diverse da quelle considerate in sede di determinazione della rendita medesima. A tale proposito si precisa che in sede di determinazione delle tariffe d'estimo e delle rendite catastali si tiene conto delle seguenti spese: di ordinaria manutenzione, di assicurazione, di amministrazione del fabbricato, relative ai servizi comuni. Il criterio di determinazione in esame si rende applicabile per tutti i fabbricati per i quali sussiste l'obbligo di iscrizione al catasto, cioe' per tutte le costruzioni stabilmente ancorate al suolo, a qualunque uso destinate, ad esempio, ad uso abitazione (categoria A) o commerciale e varia (categoria C). Pertanto, questo criterio di determinazione dell'importo da far concorrere alla formazione del reddito di lavoro dipendente si rendera' applicabile tanto nell'ipotesi in cui il datore di lavoro conceda in uso, comodato o locazione una unita' immobiliare ad uso abitazione affinche', appunto, il dipendente vi abiti, quanto nell'ipotesi in cui il datore di lavoro conceda una unita' immobiliare ad uso commerciale e vario affinche' il dipendente ad esempio, vi custodisca l'autovettura propria o di proprieta' dell'azienda, ma concessa in uso promiscuo al dipendente stesso. Analogo criterio dovra' essere utilizzato allorquando al dipendente venga consentito o richiesto, ad esempio, di utilizzare una unita' immobiliare di categoria diversa dalla A quale abitazione propria, da solo o unitamente ad altri soggetti, ad esempio una soffitta, o una stanza nel retro di un negozio. Qualora l'unita' immobiliare sia concessa in locazione, uso o comodato, a piu' dipendenti, l'importo, come sopra determinato, dovra' essere ripartito fra gli utilizzatori in parti uguali o in relazione alle parti di fabbricato a ciascuno assegnate se queste sono differenziate. In modo analogo si dovra' procedere nell'ipotesi in cui al dipendente venga concesso in locazione, uso o comodato una o piu' stanza in una unita' immobiliare. Per i fabbricati concessi in connessione all'obbligo di dimorare nell'alloggio stesso, ad esempio, quello concesso al portiere di uno stabile o al custode di una azienda, dopo aver determinato l'importo che dovrebbe concorrere a formare il reddito di lavoro dipendente con le modalita' sopra precisate, si deve assumere soltanto il 30 per cento di detto importo. Tale previsione di favore non riguarda le ipotesi in cui al dipendente e' fatto soltanto obbligo di dimorare in una certa localita'. Un criterio diverso e' stabilito, invece, per i fabbricati che non devono essere iscritti nel catasto, ad esempio, i fabbricati situati all'estero, per i quali il valore da far concorrere alla formazione del reddito di lavoro dipendente e' dato dalla differenza tra il valore del canone di locazione determinato in regime vincolistico o, in mancanza, quello determinato in regime di libero mercato, e quanto corrisposto o trattenuto per il godimento del fabbricato; tale criterio si applica, senza alcuna riduzione, anche ai fabbricati concessi in connessione all'obbligo di dimorare nell'alloggio stesso. Ai fini dell'applicazione degli speciali criteri di determinazione dell'importo da far concorrere a tassazione per i fabbricati concessi in locazione, uso o comodato, previsti nella disposizione in esame, non e' richiesto che l'attribuzione degli stessi discenda da un obbligo scaturente dal contratto collettivo nazionale di lavoro, da accordo o regolamento aziendale. 2.4. Trasferte, trasfertisti, indennita' di volo e navigazione, indennita" ai messi notificatori, trasferimento I commi 5, 6, e 7 rivedono, razionalizzandola, la disciplina delle trasferte e piu' in generale degli spostamenti del dipendente per motivi di lavoro. Le suddette disposizioni delineano in modo piu' preciso le diverse fattispecie che si possono verificare nella pratica e le disciplinano specificamente. 2.4.1 Trasferte Il comma 5 del nuovo testo dell'articolo 48 del TUIR, stabilisce il trattamento fiscale delle indennita' di trasferta erogate al lavoratore dipendente per la prestazione dell'attivita' lavorativa fuori dalla sede di lavoro e dei rimborsi di spese sostenute in occasione di dette trasferte. Come precisato in sede di commento all'articolo 46 del TUIR, il lavoratore dipendente e' tenuto, tra l'altro, a svolgere la propria prestazione di lavoro nel luogo stabilito dal datore di lavoro, che e' generalmente indicato nella lettera o contratto di assunzione. E', quindi, del tutto naturale che gli stessi contratti di lavoro, collettivi o individuali, prevedano la corresponsione di una indennita' aggiuntiva allorquando il dipendente sia chiamato a svolgere una attivita' fuori della sede naturale in cui lo stesso e' tenuto contrattualmente a svolgere la sua attivita'. L'individuazione della sede di lavoro e', ovviamente, rimessa alla libera decisione delle parti contrattuali, decisione sulla quale ne' il legislatore ne' , tanto meno, l'Amministrazione finanziaria, hanno possibilita' di intervenire, cosi' come non e' consentito sindacare le modalita' di erogazione o gli importi dell'indennita' all'uopo stabiliti. Il legislatore fiscale puo' e deve, invece, introdurre criteri di tassazione delle indennita', corrisposte in occasione di tali trasferte del dipendente, che siano coerenti con l'insieme delle disposizioni tributarie (cio' e' stato riconosciuto legittimo in piu' occasioni anche dalla Corte Costituzionale). Per questo il legislatore ha differenziato il trattamento delle indennita' di trasferta a seconda che le stesse siano o meno svolte nell'ambito del territorio comunale in cui e' stabilita la sede di lavoro del dipendente, rilevabile, come gia' precisato, dalla documentazione relativa all'assunzione, stabilendo un trattamento di favore per le indennita' percepite in occasione di trasferte effettuate fuori dal territorio comunale in cui si trova la sede di lavoro. E' opportuno precisare che la scelta legislativa circa il trattamento fiscale delle indennita' di trasferta, e' stata certamente influenzata dalla considerazione che per i lavoratori dipendenti e' stata prevista contestualmente, da parte dello stesso legislatore, l'attribuzione di una specifica detrazione d'imposta (articolo 13 del TUIR) anche per tener conto degli oneri inerenti alla produzione del reddito. La nuova disciplina ricalca in linea di massima la precedente, e, quindi, conferma le scelte effettuate dal legislatore circa il trattamento di favore delle indennita' corrisposte per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale in cui e' fissata la sede di lavoro, ma e' piu' articolata e piu' idonea, fra l'altro, a chiarire espressamente, con l'inserimento dopo la parola "trasferte" del termine "missioni", che le relative disposizioni hanno valenza tanto per i lavoratori dipendenti del settore privato che per quelli del settore pubblico. Il quadro che ne risulta puo' essere cosi' sintetizzato: - trasferte nell'ambito del territorio comunale dove si trova la sede di lavoro: viene confermato il precedente regime in base al quale le indennita' e i rimborsi di spese per le trasferte nell'ambito del territorio comunale in cui si trova la sede di lavoro, tranne i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono integralmente a formare il reddito. Per quanto riguarda, invece, la documentazione che, provenendo dal vettore, legittima l'esclusione di tale rimborso di spesa dal concorso al reddito imponibile, si ritiene che, oltre alla documentazione rilasciata dal vettore (biglietti dell'autobus. ricevuta del taxi), sia necessario soltanto che dalla documentazione interna risulti in quale giorno l'attivita' del dipendente e' stata svolta all'esterno della sede di lavoro. E' opportuno ribadire che non assume alcuna rilevanza l'ampiezza del comune in cui il dipendente ha la sede di lavoro, neppure nell'ipotesi in cui esista una legge che preveda la corresponsione di una indennita' per coloro che si recano in missione fuori dalla sede di servizio in localita' distanti almeno 10 chilometri (cfr. legge 26 luglio 1978, n. 417). Alla stregua, infatti, della disposizione contenuta nel comma 5 dell'art. 48 concorrono a formare il reddito le indennita' e i rimborsi spese per trasferte in localita' comprese nel territorio comunale, anche se piu' distanti di 10 Km dal centro abitato o dalla localita' in cui hanno sede l'ufficio o l'impianto, con la sola esclusione dei rimborsi delle spese di trasporto, comprovate da documenti provenienti dal vettore, e non assume alcun rilievo la eventuale ripartizione del territorio in entita' subcomunali, come le frazioni, dovendosi comunque aver riguardo al territorio comunale; - trasferte fuori del territorio comunale dove si trova la sede di lavoro: e' possibile distinguere tre sistemi l'uno alternativo all'altro schematizzabili nel modo seguente: 1. indennita' forfetaria: le indennita' di trasferta sono escluse dall'imponibile fino all'importo di lire 90.000 al giorno, elevate a 150.000 per le trasferte all'estero. Si ricorda che gli importi della indennita' che non devono essere assoggettati a tassazione erano gia' stati cosi' elevati (90.000 e 150.000) rispetto ai precedenti (60.000 e 100.000) dall'art. 33, comma 3, del D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito dalla legge 22 marzo 1995, n. 85, con effetto dalle trasferte iniziate successivamente alla data del 24 febbraio 1995. Va peraltro precisato che deve ritenersi superato il disposto del comma 5, dello stesso art. 33 nella parte in cui prevede che l'Amministrazione finanziaria puo' rivedere gli importi delle franchigie delle indennita' di trasferta "indicati nel comma 4 dell'art. 48" (ora comma 5) con il D.P.C.M. previsto dall'art. 3, comma 2, del D.L. 2 marzo 1989, n. 69, convertito dalla legge 27 aprile 1989, n. 154, con il quale vengono annualmente adeguate le detrazioni per carichi familiari dell'art. 12 e altre detrazioni dell'art. 13 del T.U.I.R. sulla base dell'indice ISTAT. Come si vedra' in seguito, nell'articolo 48 e' stato inserito un nuovo comma, in base al quale l'Amministrazione finanziaria puo', in presenza di alcune condizioni, aggiornare gli importi che secondo il nuovo articolo 48 non concorrono a formare il reddito. Questa nuova previsione supera la precedente, che potra' eventualmente essere applicata soltanto per adeguare i limiti fissati dalla stessa legge n. 85 del 1995 ai fini della deducibilita', nella determinazione del reddito del datore di lavoro, delle spese di vitto e alloggio relative alle trasferte dei dipendenti. La quota di indennita' che non concorre a formare il reddito non subisce alcuna riduzione in relazione alla durata della trasferta e, pertanto, anche nell'ipotesi di trasferta inferiore a 24 ore o, piu' in generale, di trasferta che per la sua durata non comporti alcun pernottamento fuori sede, la quota di franchigia esente resta fissata a lire 90.000 al giorno per le trasferte in Italia e a lire 150.000 al giorno per quelle all'estero. I rimborsi analitici delle spese di viaggio, anche sotto forma di indennita' chilometrica, e di trasporto non concorrono comunque a formare il reddito quando le spese stesse siano rimborsate sulla base di idonea documentazione, mentre restano assoggettati a tassazione tutti i rimborsi di spesa, anche se analiticamente documentati, corrisposti in aggiunta all'indennita' di trasferta (salvo quanto precisato nel prosieguo per l'ipotesi del rimborso misto); 2. rimborso misto: nel caso venga corrisposta, unitamente al rimborso analitico delle spese di vitto e alloggio anche un'indennita' di trasferta, le franchigie di 90 e 150 mila lire sono ridotte (ed e' questa, dunque, l'unica ipotesi in cui le franchigie di esenzione sono ridotte, cioe' in presenza di rimborsi di tipo misto). In particolare, la quota esente e' ridotta di un terzo in caso di rimborso delle spese di alloggio o di vitto, nonche' nei casi di alloggio o di vitto fornito gratuitamente e di due terzi in caso di rimborso sia delle spese di alloggio che di quelle di vitto o di vitto e alloggio forniti gratuitamente. I rimborsi analitici delle spese di viaggio, anche sotto forma di indennita' chilometrica, e di trasporto non concorrono comunque a formare il reddito quando siano effettuati sulla base di idonea documentazione, mentre ogni altro eventuale rimborso di spese (ulteriori rispetto a vitto, alloggio, viaggio e trasporto) e' assoggettato interamente a tassazione; 3. rimborso analitico: i rimborsi analitici delle spese di vitto e alloggio, quelli delle spese di viaggio, anche sotto forma di indennita' chilometrica, e di trasporto, non concorrono a formare il reddito. E', inoltre, escluso da imposizione il rimborso di altre spese (ulteriori rispetto a quelle di viaggio, trasporto, vitto e alloggio, ad esempio, la lavanderia, il telefono, il parcheggio, le mance, etc.), anche non documentabili, se analiticamente attestate dal dipendente in trasferta, fino ad un importo di lire 30.000 al giorno, elevato a 50.000 per le trasferte all'estero. L'eventuale corresponsione, in aggiunta al rimborso analitico, di una indennita', indipendentemente dall'importo, concorre interamente a formare il reddito di lavoro dipendente. Come e' agevole rilevare, la nuova disciplina rende quasi irrilevante la scelta tra il sistema di rimborso misto e quello analitico, in quanto una volta rimborsate le spese di vitto, alloggio, viaggio e trasporto, possono essere corrisposte, in esenzione da imposte, soltanto lire 30.000 da attribuire o quale indennita' (quindi, prescindendo dal sostenimento di altre spese) o quali ulteriori spese, anche non documentabili, ma comunque analiticamente attestate dal dipendente. E' opportuno precisare, tuttavia, che la scelta per uno dei sistemi sopra esposti va fatta con riferimento all'intera trasferta. Non e' consentito, pertanto, nell'ambito di una stessa trasferta adottare criteri diversi per le singole giornate comprese nel periodo in cui il dipendente si trova fuori dalla sede di lavoro. Per quanto riguarda la documentazione del viaggio e trasporto, mentre le spese per i viaggi compiuti con mezzi pubblici (ferrovie, aerei, ecc.) sono direttamente documentabili mediante l'esibizione da parte del dipendente dei relativi biglietti, quelle per i viaggi compiuti con propri mezzi devono essere determinate dallo stesso datore di lavoro sulla base di elementi concordanti, sia diretti che indiretti. Relativamente all'indennita' chilometrica per le trasferte fuori del comune dove il dipendente ha la sede di lavoro, si precisa che, al fine di consentire l'esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente dell'indennita' chilometrica, non e' necessario che il datore di lavoro provveda al rilascio di una espressa autorizzazione scritta che contenga tutti i dati relativi alla percorrenza e al tipo di autovettura ammessa per il viaggio. E', invece, necessario che, in sede di liquidazione, l'ammontare dell'indennita' sia determinato avuto riguardo alla percorrenza, al tipo di automezzo usato dal dipendente e al costo chilometrico ricostruito secondo il tipo di autovettura. Detti elementi dovranno risultare dalla documentazione interna conservata dal datore di lavoro. Va, inoltre, precisato che, in merito al trattamento di missione corrisposto ai dipendenti del settore pubblico, la disciplina di carattere generale riguardante il trattamento economico di missione, prevede che la corresponsione di detta indennita' si ha quando il dipendente e' incaricato di svolgere temporaneamente un servizio fuori della sua abituale sede d'ufficio. La temporaneita' e' riferita ad una esigenza di servizio di carattere transitorio, dato che per esigenze permanenti non si fa ovviamente ricorso all'istituto della missione ma a quello del trasferimento. Sempre il medesimo ordinamento detta la disciplina in concreto applicabile nel caso della trasferta, individuando, ad esempio, la distanza chilometrica minima, l'orario minimo impiegato (incluso il viaggio) ed altri aspetti di vario genere che devono sussistere nella fattispecie. Un certo rilievo presenta anche la durata massima della missione ed il criterio in base al quale la stessa deve essere computata, atteso che in tal modo si viene a stabilire se ed in quale misura debba essere corrisposta l'indennita' di missione. Lo schema di fondo di questa particolare disciplina e' fornito dall'art. 1 della legge 18 dicembre 1973, n. 836, come integrato dall'art. 1 del D.P.R. 16 gennaio 1978, n. 513, nonche' dalla legge 26 luglio 1978, n. 417. Dalla lettura congiunta di questi articoli si desume che: a) la missione eseguita, anche saltuariamente, in una stessa localita', non puo' mai superare i 240 giorni (e' il concetto di "missione unica e continuativa"); b) l'interruzione per un periodo superiore a 60 giorni fa venir meno la missione continuativa; c) le interruzioni dovute a motivi diversi da quelli di servizio (compresi i periodi di aspettativa, di congedo ordinario e straordinario) non si computano ai fini della durata e del rinnovo della missione. Sulla base di questa disciplina, e' stato agevolmente concluso che, all'eventuale attribuzione di trattamenti economici di missione continuativa protrattasi per un periodo superiore ai 240 giorni non puo' applicarsi il particolare trattamento fiscale previsto per i casi di trasferta (detassazione dell'indennita' forfetaria fino a lire 90.000 giornaliere) perche' dopo 240 giorni come sopra calcolati - la percezione sotto qualsiasi forma della relativa indennita' non e' correlabile ad una temporaneita' della trasferta e, conseguentemente, le somme eventualmente corrisposte a titolo di indennita' di missione sono, fin dall'inizio, soggette a tassazione secondo i criteri previsti per le normali voci retributive, sempreche' non ricorrano i presupposti per una diversa qualificazione e, cioe quali indennita' di trasferimento (se, invece, una trasferta occasionale si trasforma in un trasferimento, per le indennita' corrisposte per i giorni di trasferta compiuti prima dell'avvenuto trasferimento si rendera' applicabile la specifica disciplina prevista per le indennita' di trasferta). Una analoga disposizione di legge non e' prevista per i dipendenti del settore privato, ai quali, quindi, la suddetta disciplina non e' immediatamente applicabile, anche perche' in questo settore il contratto collettivo nazionale di lavoro e lo stesso contratto individuale di lavoro assumono un ruolo assai rilevante. Si puo' ritenere tuttavia, che la stessa possa essere di ausilio allorquando si renda necessario stabilire se la corresponsione di indennita' di trasferta per un periodo particolarmente lungo non nasconda, invece, una diversa fattispecie, come, ad esempio un trasferimento. E' comunque indispensabile evitare l'assunzione di criteri generalizzati e procedere all'esame della singola fattispecie poiche' a seconda dell'attivita' di lavoro puo' essere giustificato un periodo piu' o meno lungo di trasferta. Ad esempio, nel settore dell'edilizia e' lecito pensare che il dipendente in trasferta presso un cantiere vi permanga fino alla fine dei lavori, e, quindi, anche per un periodo superiore a 240 giorni. Va, infine, precisato che l'art 1 della legge 25 marzo 1986, n. 80 estende la disciplina prevista dall'articolo 48 del TUIR per le trasferte dei lavoratori dipendenti, alle indennita' di trasferta, al netto delle relative spese di vitto, alloggio e viaggio documentate o delle indennita' chilometriche, e i rimborsi forfetari di spese, corrisposti ai soggetti che svolgono attivita' sportiva dilettantistica in manifestazioni sportive organizzate e svolte sotto il controllo del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, delle federazioni Sportive nazionali, dei rispettivi organismi internazionali, nonche' degli enti ed associazioni di cui all'articolo 31 del D.P.R. 2 agosto 1974, n. 530. Le stesse disposizioni, si applicano ai soggetti che effettuano prestazioni a titolo gratuito, preposti, secondo l'ordinamento sportivo, a realizzare lo svolgimento delle manifestazioni sportive e ad assicurarne la regolarita', quali i giudici di gara, i giudici di linea, i commissari di campo, i cronometristi, il personale addetto ai controlli, il personale sanitario, ecc.. L'applicabilita' del regime previsto dall'articolo 48 riguarda sia le indennita' corrisposte per le trasferte relative allo svolgimento delle manifestazioni sportive vere e proprie, sia quelle corrisposte per le trasferte necessarie agli allenamenti preparatori delle manifestazioni stesse. Tale disposizione deve ritenersi ancora in vigore, benche' non richiamata, cio' in quanto le indennita' e i rimborsi in questione sono qualificati redditi diversi dall'articolo 81, comma 1, lettera m), del TUIR e, quindi, la disposizione non puo' ritenersi tacitamente soppressa dall'articolo 9, comma 3, del decreto legislativo in esame, che stabilisce, invece, l'abrogazione di tutte le disposizioni che dettano regole di determinazione dei redditi di lavoro dipendente e che non sono contenute nei corrispondenti riformulati articoli del TUIR. 2.4.2 Indennita' e maggiorazioni di retribuzione ai "trasfertisti" Il comma 6 dell'articolo 48 del TUIR stabilisce il trattamento fiscale delle indennita' e delle maggiorazioni di retribuzione corrisposte ai cosiddetti "trasfertisti". Si tratta di quei lavoratori tenuti per contratto all'espletamento dell'attivita' lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, ai quali, in funzione delle modalita' di svolgimento dell'attivita', vengono attribuite delle somme non in relazione ad una specifica "trasferta" (quest'ultimo istituto presuppone che il lavoratore, piu' o meno occasionalmente, venga destinato a svolgere un'attivita' fuori della propria sede di lavoro). Si e' visto nel paragrafo precedente che il lavoratore dipendente e' tenuto a prestare la sua attivita' nel luogo indicato dal datore di lavoro e che la sede di lavoro e' rilevabile dal contratto o dalla lettera di assunzione. E' stato, poi, sottolineato come il legislatore fiscale, coerentemente con i criteri generali vigenti nell'ordinamento fiscale, abbia stabilito un regime differenziato di tassazione delle indennita' di trasferta, a seconda che le stesse siano svolte all'interno o all'esterno del territorio comunale in cui il dipendente ha la sede di lavoro e come tale criterio differenziato, ritenuto legittimo anche dalla Corte Costituzionale, sia giustificato tra l'altro dalla circostanza che al lavoratore dipendente viene riconosciuta una specifica detrazione d'imposta, a fronte anche delle spese di produzione del reddito. In virtu' di questo, tutte le somme e i valori che il dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro, compresi i rimborsi di spese, sono assoggettati integralmente a tassazione, salvo le tassative deroghe contenute nello stesso articolo 48. Il comma 6 contiene una deroga al principio dell'integrale tassazione di tutto cio' che il dipendente riceve, che e' assolutamente nuova rispetto alla precedente disciplina del reddito di lavoro dipendente, che consiste nella riduzione del 50% della base imponibile delle indennita' e delle maggiorazioni di retribuzioni che vengono attribuite ad alcuni lavoratori dipendenti proprio in funzione delle particolari caratteristiche dell'attivita' di lavoro. Si devono comprendere nell'ambito di questa disposizione tutti quei soggetti ai quali viene attribuita una indennita', chiamata o meno di trasferta, ovvero una maggiorazione di retribuzione, che in realta' non e' precisamente legata alla trasferta poiche' e' attribuita, per contratto, per tutti i giorni retribuiti, senza distinguere se il dipendente si e' effettivamente recato in trasferta e dove si e' svolta la trasferta. E' irrilevante, ai fini della tassazione, cercare le motivazioni di detta decisione contrattuale, se cioe' dipenda da una volonta' delle parti di semplificare le modalita' di calcolo della retribuzione, trattandosi comunque di soggetti che per l'attivita' svolta sono di frequente in trasferta, ovvero se dipenda dal fatto che si tratta di soggetti il cui contratto o lettera di assunzione non prevede affatto una sede di lavoro predeterminata, cosicche' non e' possibile individuare quando il dipendente sia in trasferta, ne' , tanto meno, se e' in trasferta all'interno del territorio comunale o all'esterno del territorio stesso. In queste ipotesi, cioe' quando l'indennita' o la maggiorazione di retribuzione e' attribuita con carattere continuativo e senza alcun controllo circa l'effettuazione o meno di prestazioni in trasferta o del luogo di trasferta (e, in assenza di specifiche disposizioni agevolative, il legislatore avrebbe dovuto prevedere l'integrale tassazione), tenuto conto, evidentemente, delle particolari modalita' di svolgimento della prestazione stessa e delle esigenze di semplificazione, e' stata prevista una riduzione al 50 per cento della base imponibile. E' appena il caso di precisare che, in linea di principio, per i soggetti cui si rende applicabile questa disposizione non dovrebbe mai verificarsi anche l'ipotesi della trasferta vera e propria, tuttavia, ove, con riferimento ad uno o piu' specifici incarichi, ricorrano tutte le condizioni previste dal precedente comma 5, il lavoratore dipendente avra' diritto, per le indennita' e i rimborsi spese riferibili a quegli incarichi, al trattamento previsto per le indennita' di trasferta. In questa disposizione, infatti, il legislatore non ha espressamente escluso la possibilita' di applicare, laddove ne ricorrano i presupposti, anche la specifica disciplina prevista per le indennita' di trasferta, come, invece, ha stabilito a proposito delle indennita' di trasferimento (cfr. paragrafo 2.4.4.). Al fine di evitare pericolosi fenomeni elusivi e' stata, altresi', prevista la possibilita' di stabilire, con apposito decreto del Ministro delle finanze, di concerto con quello del lavoro e della previdenza sociale, categorie di lavoratori e condizioni di applicabilita' della disposizione in questione 2.4.3. Indennita' di volo e indennita' ai messi notificatori Lo stesso comma 6 dell'articolo 48 stabilisce il medesimo trattamento previsto per le indennita' e le maggiorazioni di retribuzioni corrisposte ai "trasfertisti", anche per le indennita' di navigazione e di volo previste dalla legge o dal contratto collettivo e per le indennita' corrisposte ai messi notificatori. Pertanto, anche per queste indennita' viene riconosciuta una riduzione del 50 per cento della base imponibile. Per le indennita' di navigazione e volo la riduzione e' inferiore a quella del 60 per cento prevista dal comma 5 della precedente formulazione dell'articolo 48 e, peraltro, a seguito dell'unificazione, ha effetto anche a fini previdenziali; si ricorda che le indennita' in questione, prima dell'unificazione, erano integralmente assoggettate a contribuzione. Va rilevato che la previsione della riduzione della base imponibile delle indennita' di volo e navigazione non riguarda soltanto le indennita' di volo e quelle di cui al codice della navigazione, gia' esonerate in base all'art. 6 del D.P.R. 5 aprile 1978, n. 131, ma tutte le indennita' di volo e le indennita' di navigazione (di ogni tipo e, quindi, percepite da dipendenti pubblici o privati, o dal personale militare e tecnico del registro Aeronautico Italiano compresa la panatica dei marittimi imbarcati). Va ribadito che la percezione dell'indennita' di imbarco e' legata all'effettiva prestazione del servizio sui mezzi navali atti alla navigazione e l'indennita' non puo' competere al personale collocato a riposo. Relativamente a detti soggetti, non si e' in presenza di indennita' di imbarco, bensi' di una valutazione dei periodi di servizio nei quali le indennita' stesse sono state percepite ai fini del calcolo del trattamento di quiescenza spettante al personale a riposo che durante la propria carriera ha trascorso periodi in posizione di imbarco; pertanto non e' possibile applicare il comma 6 dell'articolo 48. La disposizione in esame, e', invece, applicabile a tutte le indennita' sia del settore marittimo che del settore aereo, tanto se previste dalla legge quanto se previste dai contratti collettivi di lavoro, che premiano l'effettivo imbarco, con lo svolgimento delle funzioni connesse. Per quanto riguarda, invece, le indennita' di cui all'articolo 133 del D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, corrisposte ai messi notificatori, la previsione dell'assoggettamento a tassazione nella misura del 50 per cento e' del tutto innovativa e di favore, atteso che fino ad oggi le stesse concorrevano integralmente a formare il reddito imponibile. La stessa Corte di Cassazione, (Sez. I civ. del 9 maggio 1991, sentenza n. 5197) aveva precisato che l'indennita' attribuita agli Ufficiali giudiziari per il servizio di notifica era tassabile ai fini dell'IRPEF in quanto "all'ufficiale giudiziario compete la predetta indennita' non per ogni uscita dall'edificio ove l'ufficio ha sede, ma per ogni atto che compie fuori dall'edificio predetto; ed e' chiaro, allora, che se e' prevista una pluralita' di introiti (corrispondenti al numero di atti) anche a fronte di una spesa unica, si e' in tema di indennita' di tipo retributivo, non di rimborso spese." La stessa Corte aveva osservato che la circostanza che l'indennita' in questione fosse comprensiva anche del rimborso spese non legittimava la conclusione dell'intassabilita', in quanto il legislatore fiscale, nell'art. 48 del TUIR, non dettava in questo caso i criteri per stabilire quale parte dell'indennita' dovesse essere considerata tassabile e quale, invece, fosse esclusa. In senso conforme, si era espresso anche lo scrivente. La questione risulta ora definitivamente risolta in quanto, appunto, per le indennita' corrisposte ai messi notificatori, e' stata stabilita, a decorrere dal 1 gennaio 1998, una riduzione al 50 per cento dell'importo da assoggettare a tassazione. E' appena il caso di ribadire, invece, che la tassa del dieci per cento dovuta sui proventi degli ufficiali giudiziari e loro aiutanti ai sensi dell'articolo 154 del medesimo decreto presidenziale n. 1229 del 1959, mentre resta esclusa dalla base imponibile ai fini dell'applicazione della ritenuta alla fonte, non puo' essere considerata come acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dagli ufficiali giudiziari. 2.4.4. Indennita' di trasferimento, di prima sistemazione ed equipollenti Il comma 7 dell'articolo 48 fissa uno speciale regime per le somme corrisposte in occasione del trasferimento della sede di lavoro del dipendente. Infatti, al fine di tener conto delle reali esigenze dei lavoratori trasferiti e per evitare che fattispecie di tal genere vengano fatte confluire nell'ambito della disciplina delle trasferte, e' stato disposto che le indennita' di trasferimento ed equipollenti, fruiscono di un abbattimento al 50% della base imponibile. L'importo escluso da tassazione non puo' superare un importo massimo che e' diversificato a seconda che il trasferimento avvenga all'interno del territorio nazionale o dal territorio nazionale all'estero e viceversa o estero su estero, rispettivamente, 3 milioni per il territorio nazionale e 9 milioni per quelli con l'estero (12 milioni se nello stesso anno il dipendente subisce un trasferimento all'estero e uno in Italia). Contestualmente, e' stato espressamente previsto che tale trattamento di favore non puo' essere riconosciuto che per il primo anno, intendendosi per anno un periodo di 365 decorrente dalla data del trasferimento. Al riguardo va precisato che una volta fissato l'importo della indennita' e la relativa quota esente, la materiale erogazione puo' anche avvenire in piu' periodi d'imposta se cio' e' piu' agevole per la parti. Cosi, ad esempio, se per il trasferimento avvenuto nel territorio nazionale e' stata stabilita una indennita' di lire 10 milioni, la quota teoricamente esente dovrebbe essere di lire 5 milioni, ma poiche' superiore all'importo massimo esentabile, la detta quota esente va ridotta a lire 3 milioni. Supponendo che l'indennita', per esigenze di liquidita' del datore di lavoro, venga corrisposta in due rate, la prima nell'anno di trasferimento, pari a lire 2 milioni, e la seconda, pari a lire 7 milioni l'anno successivo, nel primo anno tutto l'importo erogato sara' escluso da tassazione e nel secondo anno sara' esentato il primo dei sette milioni corrisposti. La disposizione stabilisce anche che il rimborso di talune spese da parte del datore di lavoro, in aggiunta alla corresponsione dell'indennita', se analiticamente documentate, non costituisce reddito imponibile. Si tratta soltanto di: 1. spese di viaggio, anche per i familiari fiscalmente a carico ai sensi dell'articolo 12 del TUIR, e di trasporto delle cose, strettamente collegate al trasferimento. Non vi rientrano i successivi viaggi che il dipendente nel corso dell'anno faccia, ad esempio, per visitare la famiglia che non si e' trasferita con lui; 2. spese ed oneri sostenuti dal dipendente in qualita' di conduttore, per recesso dal contratto di locazione in dipendenza dell'avvenuto trasferimento della sede di lavoro. Va, infine, precisato che la disposizione non subordina il trattamento di favore previsto per tali indennita' a circostanze particolari che originano il trasferimento della sede di lavoro, ne' al trasferimento della residenza anagrafica. Si deve ritenere, pertanto, che lo stesso possa essere applicato anche nell'ipotesi in cui la corresponsione di indennita' di prima sistemazione o equipollente avvenga in occasione di un trasferimento a richiesta del dipendente, cosi' come se, invece, il trasferimento e' dovuto ad una assegnazione del dipendente ad una sede diversa da quella originaria in relazione al trasferimento in altro comune del datore di lavoro stesso ovvero di parte dei propri uffici. 2.5. Assegni di sede e altre indennita' per servizi prestati all'estero Il comma 8 dell'articolo 48 del TUIR conferma, con alcune novita', l'attuale regime degli assegni di sede e delle altre