Alle intendenze di finanza Agli ispettori compartimentali delle imposte dirette Agli uffici distrettuali delle imposte dirette Ai centri di servizio imposte dirette di Roma, Milano, Bari, Pescara, Venezia Alle direzioni provinciali del Tesoro Alle ragionerie provinciali dello Stato Al Comando generale della Guardia di finanza e, per conoscenza: Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Ai Ministeri Alla Ragioneria generale dello Stato Alle ragionerie centrali dei Ministeri Alla Direzione generale degli affari generali e del personale - servizio ispettivo Al Servizio centrale degli ispettori tributari Sono recentemente pervenute a questo Ministero richieste intese a conoscere il trattamento tributario da riservare alle somme corrisposte ai dipendenti per interessi legali e per rivalutazione monetaria su crediti di lavoro. Tali richieste si fondano sull'indirizzo di recente assunto in merito dalla Corte di cassazione e sulla considerazione che nel nuovo testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, mancano specifiche disposizioni in materia. Al riguardo occorre premettere che, in ordine al problema del trattamento tributario delle somme corrisposte ai lavoratori dipendenti a titolo di rivalutazione monetaria e dei relativi interessi, riconosciute spettanti dal giudice del lavoro ai sensi degli articoli 409 e seguenti del codice di procedura civile, nel testo novellato dalla legge 11 agosto 1973, n. 533, fin dal 1979 (cfr. risoluzione n. 8/1794 del 31 agosto 1979) questo Ministero aveva affermato l'assoggettabilita' a ritenuta e, quindi, ad imposta sia della rivalutazione monetaria sia degli interessi. Cio' nel presupposto che, trattandosi di somme acquisite in relazione a retribuzioni o indennita' derivanti dall'attivita' lavorativa svolta, le somme stesse non potevano ritenersi sottratte a imposizione e dovevano essere tassate alla stessa stregua della retribuzione o indennita' cui accedevano, secondo il principio accessorium sequitur principale. Tale orientamento interpretativo consentiva, in pratica, l'applicazione alle somme suddette del regime di tassazione separata, sia nel caso di controversie riguardanti arretrati di retribuzione, sia in caso di controversie concernenti l'indennita' di fine rapporto. La magistratura del lavoro, invece, piu' volte era andata di avviso diverso dal suddetto orientamento, ritenendo le somme in esame non imponibili perche' risarcitorie; da piu' parti, pertanto, veniva richiesta la revisione del criterio adottato dall'Amministrazione. Senonche', con sentenza n. 717 del 2 febbraio 1985 (confermata dalla sentenza n. 912 del 6 febbraio 1985), la sezione lavoro della Corte di cassazione ha mutato orientamento, rispetto alle sentenze precedentemente adottate, circa la non imponibilita' della rivalutazione monetaria ed ha riconosciuto quest'ultima soggetta a ritenuta d'acconto da parte del datore di lavoro, nel presupposto che detta rivalutazione "quale elemento direttamente scaturente dallo stesso rapporto di lavoro e quale componente del relativo complesso credito del prestatore, e' necessariamente assoggettata a tutte le norme giuridiche proprie, per l'appunto, del credito di lavoro e cio' ovviamente anche per quanto concerne il regime tributario" (sentenza n. 717/1985); cio' con conseguente inquadramento della rivalutazione monetaria nella previsione dell'art. 46, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597. Cio' posto, si ritiene che sul punto possa ormai parlarsi di ius receptum, in quanto analoga pronuncia confermativa dell'imponibilita' della rivalutazione monetaria e' stata resa dalla stessa Corte di cassazione - Sezione lavoro, con le successive sentenze n. 4127 del 21 giugno 1986 e n. 3252 del 3 aprile 1987. Date le precedenti pronunzie dell'Amministrazione finanziaria e tenuto conto del concorrente indirizzo del supremo Collegio, devesi quindi ritenere ormai acquisito l'orientamento circa l'imponibilita' della rivalutazione monetaria. Va anche ricordato che, con circolare n. 2/prot. n. 8/040 del 5 febbraio 1986, la rivalutazione monetaria afferente le indennita' di fine rapporto (T.F.R.) e' stata riconosciuta quale "altra indennita'" e, come tale, sottoposta ai relativi criteri di imposizione di cui alla legge 26 settembre 1985, n. 482. La Corte di cassazione, con la precitata sentenza n. 4127 del 21 giugno 1986, ha invece stabilito l'intassabilita' degli interessi che seguono la liquidazione della rivalutazione monetaria; nulla ha deciso sul punto nelle altre citate sentenze, in quanto la questione non era stata sollevata dalle parti in causa. Al riguardo, devesi altresi' porre in evidenza che, a far tempo dall'applicazione delle disposizioni del nuovo testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 917/1986, gli interessi diversi da quelli, di natura corrispettiva, indicati alle lettere a) e b), comma 1, dell'art. 41 di detto testo unico, non sono piu' assoggettati a imposizione (arg. ex lettera h), stesso comma 1, art. 41 citato). Ne', d'altra parte, gli interessi in questione, una volta riconosciuta la loro intassabilita' sostanziale, possono essere considerati altrimenti tassabili, nel senso, ad esempio, di considerarli della stessa natura della rivalutazione monetaria (e quindi redditi di lavoro dipendente in senso tecnico), cosi' come gia' ritenuto, per correntezza amministrativa di tassazione, da questo Ministero. Infatti, la stessa Corte di cassazione, con la cennata sentenza n. 4127 del 21 giugno 1986, ha affermato che non pare sostenibile che tali interessi formino, come la rivalutazione, un tutt'uno con il credito originario: gli interessi, essendo oggetto di una obbligazione autonoma, anche se accessoria, non sono di regola soggetti allo stesso regime, anche fiscale, del credito al quale accedono. La conferma di cio' va anche ricercata nella specifica disciplina della ritenuta d'acconto (art. 23 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973), che prevede la soggezione alla ritenuta medesima soltanto dei redditi di lavoro dipendente di cui agli articoli 46 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica n. 597 del 1973, articoli che non annoverano tra tali redditi i relativi interessi (cfr., ora, 46 e segg. del testo unico delle imposte sui redditi, sopra specificato). Pertanto, gli interessi della specie non sono soggetti ad alcuna forma di imposizione. Conseguentemente, i sostituti d'imposta assoggetteranno a ritenuta alla fonte le somme dovute a titolo di rivalutazione monetaria, mandando esenti da ritenuta le somme dovute a titolo di interessi legali. * * * Le intendenze di finanza e gli ispettorati compartimentali delle imposte dirette accuseranno ricevuta della presente alla Direzione generale delle imposte dirette; gli uffici distrettuali delle imposte dirette e i centri di servizio alle rispettive intendenze di finanza. Il Ministro: COLOMBO