A tutte le amministrazioni provinciali e comunali A tutte le comunita' montane Al presidente della giunta regionale della Valle d'Aosta Ai prefetti della Repubblica e, per conoscenza, Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento affari regionali Al Ministero per gli affari regionali ed i problemi istituzionali Alla Corte dei conti - Ufficio controllo atti Ministero dell'interno Alla Corte dei conti - Sezione enti locali Al Ministero del tesoro - Ragioneria generale dello Stato - I.G.B. - Ragioneria generale dello Stato - I.G.E.S.P.A. Al Ministero delle finanze - Dipartimento delle entrate - Direzione centrale per la fiscalita' locale Al Ministero del bilancio e della programmazione economica Alla Cassa depositi e prestiti Al commissario dello Stato nella regione siciliana Al rappresentante del Governo nella regione sarda Al commissario del Governo nella regione Friuli-Venezia Giulia Ai commissari del Governo nelle province autonome di Trento e Bolzano Ai commissari del Governo nelle regioni a statuto ordinario Al presidente della commissione di coordinamento nella Valle d'Aosta Agli uffici regionali di riscontro amministrativo del Ministero dell'interno presso le prefetture dei capoluoghi di regione Alla Scuola superiore dell'Amministrazione dell'interno All'ANCI All'UPI All'UNCEM All'istituto nazionale di statistica 1. Premessa L'articolo 25 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 1989, n. 144, prendendo atto del diffuso fenomeno della grave crisi finanziaria dei comuni, gia' indagato da questo Ministero, ha inserito nell'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali l'istituto del dissesto, mirante a liberare gli enti dal peso dell'indebitamento pregresso e ad assicurare condizioni di riequilibrio nella gestione. Sulla base dell'esperienza acquisita in tre anni di applicazione della norma, l'articolo 21 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito con modificazioni dalla legge 19 marzo 1993, n. 68, ha modificato la normativa, rendendone l'applicazione piu' veloce ed incisiva. Tuttavia, e' da considerare che le innovazioni introdotte hanno avuta la prima applicazione nell'ordinamento dall'entrata in vigore del decreto-legge 17 marzo 1992, n. 233, decaduto per mancata conversione, cosi' come i successivi reiterati fino al decreto-legge n. 8 del 1993. Gli effetti relativi sono tuttavia stati salvati dall'articolo 1, comma 2, della legge di conversione n. 68 del 1993. Successivamente e' stato emanato il relativo regolamento con decreto del Presidente della Repubblica n. 378 del 24 agosto 1993, in esecuzione dell'articolo 21, comma 7, del decreto-legge n. 8 del 1993. Si ritiene percio' utile dare illustrazioni e chiarimenti agli enti, ai commissari ed agli operatori del settore con la presente circolare. 2. Lo stato di dissesto. L'articolo 1 del D.P.R., applicando le norme di legge in vigore, precisa quali sono gli elementi identificativi del dissesto, individuandoli nella condizione di non poter garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili (quali definiti con decreto ministeriale 28 maggio 1993, n. 5184/E3), ovvero nella sussistenza di crediti liquidi ed esigibili non fronteggiabili, ovvero ancora nel caso in cui non siano stati estinti i debiti rateizzati a norma dell'articolo 24 del decreto-legge n. 66 del 1989. Trattasi quindi di uno stato di fatto inequivocabile, che non ammette valutazioni discrezionali. La deliberazione del dissesto e' obbligatoria e non e' consentita la revoca dell'atto. L'articolo 2 del D.P.R. precisa che la deliberazione di dissesto non ha bisogno di atti precedenti o presupposti, il che impedisce che siano assunte deliberazioni di meri intenti. Una precisa norma di legge, che il Consiglio di Stato ha particolarmente richiamato nell'esprimere il parere di competenza in merito al citato D.P.R., impedisce che si possa dichiarare il dissesto in presenza di bilancio deliberato, ed il comma 2 indica che cio' va riferito al bilancio che ha superato il controllo regionale, precisando le diverse fattispecie. Nei casi di bilancio rinviato per osservazioni, quali che siano, il Consiglio dell'ente puo' valutare nel riesame se ricorrano condizioni di dissesto e deliberarlo, annullando la deliberazione di bilancio gia' assunta. Gli altri commi dell'articolo 2 specificano l'iter della deliberazione, e soprattutto chiariscono che la pubblicazione dell'avviso nella Gazzetta Ufficiale deve avvenire a cura di questo Ministero. Il Comitato regionale di controllo, secondo l'articolo 3 del D.P.R., ha titolo di chiedere chiarimenti all'ente ed all'organo di revisione se venga a conoscenza di condizioni di dissesto non rese pubbliche; disciplina la procedura sostitutiva ed indica le conseguenze dell'inadempienza. 3. Nomina dell'organo straordinario di liquidazione. Il prefetto della provincia, ricevuta copia della deliberazione di dissesto, propone a questo Ministero con la massima sollecitudine, e senza bisogno di richiesta, il nominativo o i nominativi delle persone prescelte per l'organo straordinario di liquidazione. Ricevuta la comunicazione dell'avvenuta nomina, il prefetto la notifica senza indugio, in modo che l'organo straordinario di liquidazione possa insediarsi al piu' presto. L'articolo 4 del D.P.R. regolamenta le condizioni di incompatibilita' e le altre modalita' per la nomina ed il funzionamento dell'organo straordinario. 4. Insediamento dell'organo straordinario di liquidazione. I commissari provvedono, non appena ricevuta la notifica della nomina, ad insediarsi presso l'ente. Dell'insediamento va data comunicazione per iscritto al sindaco del comune, affinche' metta a disposizione una sede idonea, dia disposizioni per garantire l'accesso a tutti gli atti dell'ente e assicuri la collaborazione del personale comunale per le esigenze della liquidazione. Parimenti va data comunicazione alla Prefettura competente per assicurare la regolarita' dell'avvenuto insediamento, nonche' al comitato regionale di controllo, al revisore dei conti o al collegio dei revisori ed al tesoriere dell'ente. Per quanto attiene al commissario unico, previsto nei comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, qualora lo stesso presenti le dimissioni prima dell'insediamento, il termine di tre mesi previsti dall'articolo 21, comma 3, del decreto-legge n. 8 del 1993, per la presentazione del piano di estinzione, inizia a decorrere dalla data della nomina del sostituto. Diversamente, se lo stesso si e' insediato, il termine di tre mesi resta interrotto alla data di presentazione delle dimissioni e ricomincia a decorrere dalla nomina del sostituto. Le dimissioni volontarie debbono essere preventivamente accolte prima di diventare operative, stante l'esigenza di assicurare la massima celerita' nella definizione della liquidazione straordinaria. L'abbandono ingiustificato dell'ufficio e' punibile ai sensi delle disposizioni che si applicano ai pubblici ufficiali. Le dimissioni sono dovute nei casi di incompatibilita' sopravvenute. I casi di incompatibilita' sono quelli indicati nell'articolo 4, comma 1, del regolamento di attuazione. Si rammenta che chi e' stato nominato commissario straordinario per la liquidazione non puo' essere nominato commissario ad acta o commissario prefettizio presso lo stesso ente. Per i membri della commissione straordinaria di liquidazione che debbono essere sostituiti prima dell'insediamento della stessa, il termine di tre mesi comincia a decorrere da quando, con la sostituzione di uno o due di loro, il collegio e' completo e quindi puo' regolarmente insediarsi. Se la sostituzione si rende necessaria dopo l'insediamento della commissione, essendo la stessa un organo perfetto e non potendosi di conseguenza procedere alla discussione degli atti se non in presenza di tutti i membri, il termine viene interrotto e ricomincia a decorrere dal momento in cui l'organo ritorna completo. Le disposizioni gia' dettate per le dimissioni volontarie dell'organo individuale, si applicano anche alla commissione straordinaria di liquidazione. Qualora nel termine di tre mesi non sia stato possibile redigere il piano di estinzione, il commissario liquidatore o il presidente della commissione debbono richiedere la proroga del termine, accordabile una sola volta e per un periodo non superiore a tre mesi. La richiesta va inoltrata al Ministero dell'interno, Direzione generale dell'amministrazione civile, Direzione centrale per la finanza locale, Ufficio risanamento enti dissestati e comunicata per conoscenza alla Prefettura. In sede di prima applicazione, i termini per gli organi della liquidazione nominati anteriormente al D.P.R. iniziano a decorrere dalla data di pubblicazione dello stesso D.P.R. 5. Attivita' dell'organo straordinario della liquidazione. Il commissario o la commissione assumono le loro decisioni con atti deliberativi aventi numerazione unica e separata da quelli degli organi dell'ente. Alle deliberazioni della commissione debbono prendere parte tutti i commissari facenti parte dell'organo; le decisioni, qualora non sia possibile raggiungere l'unanimita', sono assunte a maggioranza. E' vietata la partecipazione di estranei alla formazione dell'atto deliberativo, e non sono necessari i pareri e le attestazioni previste dagli articoli 53 e 55 della legge 8 giugno 1990, n. 142. L'unica deliberazione dell'organo straordinario della liquidazione soggetta all'esame del Comitato di controllo sugli atti degli enti locali e' quella finale di approvazione del rendiconto della gestione, con la quale cessa l'attivita' dell'organo di liquidazione. Tutte le altre sono soggette alla sola pubblicazione all'albo pretorio dell'ente, secondo le norme vigenti in materia, e sono "ope legis" dichiarate immediatamente esecutive. I rapporti con il personale dell'ente sono di collaborazione, ferma restando l'estraneita' di detto personale, compreso il segretario comunale, alle funzioni proprie dell'organo di liquidazione. Nel caso di problemi che richiedano per la loro soluzione l'intervento di esperti dotati di specifiche professionalita' o che si presentino di particolare complessita', l'organo straordinario della liquidazione puo' richiedere al Ministero dell'interno l'autorizzazione ad avvalersi di consulenti esterni. I consulenti debbono essere privati professionisti iscritti nei relativi albi professionali o funzionari dello Stato o di enti locali particolarmente esperti nella materia per la soluzione dei problemi della quale si chiede la nomina. Non possono in ogni caso essere nominati consulenti i dipendenti dell'ente locale presso il quale opera l'organo di liquidazione. La richiesta del commissario o del presidente della commissione deve indicare le generalita' della persona da nominare, la qualifica professionale della stessa ed un preventivo della spesa da sostenersi per la consulenza. L'organo straordinario di liquidazione puo' avvalersi dei consulenti esterni solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione del Ministero dell'interno. Si invita a richiedere l'ausilio di consulenti solo nei casi di effettiva necessita' e non per lo svolgimento di compiti che sono propri della commissione o del commissario. 6. Istituzione del servizio di cassa della liquidazione. L'organo straordinario della liquidazione, una volta insediatosi provvede ad istituire un servizio di tesoreria della liquidazione, aprendo un conto bancario intestato a se stesso. A tal fine prende contatti prioritariamente con l'istituto bancario che gestisce il servizio di tesoreria dell'ente e, solo nel caso che questi sia un privato, con un altro istituto di credito. Il commissario o il presidente della commissione di liquidazione sottoscrive un'apposita convenzione o un atto integrativo di quella esistente tra tesoriere ed ente per il servizio di tesoreria della liquidazione. Ai sensi dell'articolo 61, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43 e successive modificazioni, deve essere pattuito con il tesoriere un compenso percentuale rapportato al volume delle entrate e delle spese. Tale compenso deve tener conto, qualora si tratti dello stesso tesoriere dell'ente, del fatto che molte operazioni sono le stesse che il tesoriere avrebbe dovuto gestire per l'ente e che quindi sono da ricomprendersi nel compenso gia' dovuto dall'ente locale. Trovano applicazione alla gestione della liquidazione le norme sul sistema di tesoreria unica previste dalla legge 29 ottobre 1984, n. 720 e successive modificazioni, con le modalita' indicate dal decreto del Ministro del Tesoro 22 novembre 1985 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 3 dicembre 1985, n. 284), successivamente integrato con i decreti ministeriali 27 dicembre 1985, 19 febbraio 1986, 30 maggio 1986. Di conseguenza l'organo della liquidazione, se il comune presso cui e' nominato e' superiore ai 5.000 abitanti, deve assicurarsi che l'istituto di credito che funge da tesoriere della liquidazione ottemperi alle disposizioni di cui alla legge sopra citata, restando a carico di quest'ultimo le modalita' operative del rapporto con la Sezione di tesoreria provinciale dello Stato competente per territorio. Per la determinazione della popolazione residente si applica la disposizione dell'articolo 1, comma 6, del decreto- legge n. 8 del 1993, secondo la quale si fa riferimento alla popolazione del penultimo anno precedente l'ipotesi, pubblicata dall'ISTAT e riferita alla data del 31 dicembre. 7. Acquisizione del fondo di cassa iniziale. Il commissario o la commissione devono acquisire il fondo di cassa iniziale della liquidazione, che costituisce la base per la formazione della massa attiva e per l'effettuazione delle spese richieste dal procedimento. Il fondo cassa della liquidazione e' formato inizialmente dal fondo cassa dell'ente disponibile presso il tesoriere comunale al 31 dicembre dell'anno precedente a quello per il quale il comune ha adottato l'ipotesi di bilancio riequilibrato, quale risulta dal conto consuntivo o dal verbale di chiusura approvato dall'ente. Il tesoriere dell'ente versa all'istituto bancario che provvede al servizio di cassa della liquidazione o accredita sull'apposito conto, se tiene il servizio di cassa della liquidazione, tutte le riscossioni eventualmente eseguite in conto dei residui, salvo diversa disposizione dell'organo straordinario di liquidazione. Per definizione il fondo di cassa non puo' assumere valori negativi, in quanto lo stesso e' costituito dal numerario giacente presso la tesoreria comunale, ma al limite assumere il valore zero. Lo stesso dicasi nel caso in cui vi siano stati pignoramenti presso il tesoriere comunale non coperti da mandato da parte dell'ente, che in tanto sono stati possibili in quanto vi era del denaro disponibile. In relazione al fatto che l'insediamento dell'organo della liquidazione puo' avvenire in un tempo successivo al 31 dicembre dell'anno precedente all'ipotesi di bilancio, si puo' verificare una situazione in cui l'ente abbia effettuato riscossioni e pagamenti in conto residui degli esercizi precedenti all'ipotesi di bilancio, alternando cosi' il fondo cassa effettivo della liquidazione. Sono tre i momenti che il commissario o la commissione devono tenere presenti nel determinare il fondo cassa della liquidazione: 1) l'organo di liquidazione deve fotografare la situazione al 31 dicembre dell'anno precedente all'ipotesi di bilancio e richiedere all'ente l'accreditamento, sul conto speciale della liquidazione, del fondo di cassa risultante dal conto consuntivo o dal verbale di chiusura. L'ente e' tenuto ad accreditare la relativa somma, anche eventualmente in piu' rate se e'impossibilitato a farlo in un'unica soluzione, purche' questo non costituisca un danno allo svolgimento dell'attivita' dell'organo di liquidazione; 2) l'organo di liquidazione, depositato il fondo iniziale di cassa, fatto l'elenco dei residui attivi degli esercizi di sua competenza, deve richiedere all'ente di conoscere le riscossioni effettuate a tale titolo sino alla data dell'insediamento e conseguentemente il versamento delle somme riscosse in conto residui attivi sul conto della liquidazione, in quanto somme appartenenti alla massa attiva; 3) l'organo della liquidazione non deve, nella fase iniziale, rimborsare all'ente le somme eventualmente pagate in conto residui passivi prima dell'insediamento, fatto salvo il caso che l'ente presenti una situazione di cassa tale da non poter corrispondere all'organo straordinario della liquidazione la cassa spettantegli. In tal caso l'organo straordinario effettuera' una compensazione delle somme gia' pagate dall'ente in conto residui passivi sino alla concorrenza della cassa da acquisire (fondo cassa al 31 dicembre con l'aggiunta delle riscossioni in conto residui attivi). La compensazione deve essere limitata, come specificato dal comma 2, lettera a), dell'articolo 6 del D.P.R. attuativo ai soli residui passivi pagati prima della deliberazione che dichiara il dissesto o alla data del 21 marzo 1992 per i dissesti precedenti tale data, con esclusione quindi degli eventuali pagamenti anticipati di debiti fuori bilancio e dei residui passivi successivamente al termine suddetto. La compensazione deve altresi' tenere conto dell'ordine cronologico con il quale sono stati effettuati i pagamenti. L'organo deve in ogni caso valutare la legittimita' della spesa sotto il profilo dell'esistenza e regolarita' del residuo passivo. Si consideri che a decorrere dall'emanazione del decreto- legge 17 marzo 1992, n. 233, decaduto per mancata conversione, e per effetto dei successivi decreti reiterati fino al decreto-legge n. 8 del 1993, la gestione dei residui e' sottratta alla competenza degli organi istituzionali dell'ente, che dovevano limitarsi a gestire, conformemente alle disposizioni del decreto ministeriale 19 marzo 1990, un'ipotesi di bilancio in termini di pura competenza. I residui passivi pagati dall'ente per i quali non e' stata effettuata la compensazione con il fondo di cassa sono disciplinati come segue: quelli pagati anteriormente alla data della delibera che dichiara il dissesto o alla data del 21 marzo 1992, per i dissesti dichiarati prima di tale data, sono inseriti nella massa passiva come credito del comune e assistiti da diritto di prelazione qualora si debba provvedere al pagamento proporzionale dei debiti ammessi alla liquidazione; per quelli pagati successivamente, l'eventuale parte eccedente la liquidazione commissariale resta a carico dell'ente, fatta salva la possibilita' di porli a carico di chi ne avesse disposto illegittimamente il pagamento anticipato. Nella situazione in cui il fondo iniziale di cassa sia zero o prossimo ad un valore zero, o ancora l'ente presenti al momento dell'insediamento dell'organo della liquidazione una situazione di cassa inadeguata, in quanto la stessa non sia sufficente a far fronte al pagamento delle spese obbligatorie e di conseguenza non sia possibile istituire un fondo per le prime spese della liquidazione, l'articolo 11 del Regolamento attuativo dell'articolo 21 del decreto-legge n. 8 del 1993, prevede che l'organo straordinario puo' richiedere al proprio cassiere un'anticipazione sino ad un massimo di lire 5.000.000, per i comuni inferiori a 5.000 abitanti, e di lire 10.000.000 per gli altri enti. L'eventualita' di ricorrere all'anticipazione non dovrebbe essere frequente, in quanto il fondo di cassa iniziale va integrato con le riscossioni gia' eventualmente effettuate dall'ente in conto residui attivi. In ogni caso la commissione o il commissario devono provvedere ad attivare con urgenza le riscossioni e le altre operazioni per la formazione della massa attiva. L'accredito materiale del fondo cassa dell'ente al conto bancario della liquidazione avviene con le modalita' stabilite dalla legge per i pagamenti degli enti locali ed in particolare con l'emissione di un mandato di pagamento da imputare su un capitolo da istituirsi alla sez. IX, del Titolo I della spesa, con la dicitura "Versamento fondo di cassa della liquidazione straordinaria" (cat. econ. "Somme non attribuibili"). Il mandato deve essere riferito alla sola cassa. Qualora l'ente non provveda, il commissario o la commissione, previa diffida, devono chiedere al Comitato regionale di controllo, che provvede con urgenza, di nominare un commissario ad acta per l'emissione del mandato. 8. Provvedimenti per l'accertamento e la riscossione dei residui attivi. L'organo della liquidazione deve attivare tutti i provvedimenti necessari all'accertamento ed alla riscossione dei residui attivi. Tra questi assumono importanza le entrate tributarie e quelle patrimoniali dell'ente, relative ad esercizi pregressi. A tal fine l'organo della liquidazione e' autorizzato, con proprio atto deliberativo, ad approvare i ruoli degli esercizi pregressi. Con decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43 e' stato istituito il Servizio centrale di riscossione dei tributi dello Stato e di altri enti pubblici, il quale provvede alla riscossione delle entrate mediante l'affidamento del servizio ad un concessionario che opera in singoli ambiti territoriali. L'organo straordinario della liquidazione deve dare pronta comunicazione al concessionario competente alla riscossione affinche' provveda al versamento presso il conto bancario della liquidazione delle somme che riscuotera' per tributi ed altre entrate patrimoniali relative agli esercizi per i quali e' competente. Ai concessionari e' dovuto, ai sensi dell'articolo 61 del D.P.R. n. 43 del 1988, un compenso differenziato per ambito territoriale ed a seconda che si tratti di riscossioni dirette, tramite ruolo, o riscossioni coattive, nonche' sulla base dell'importo della partita riscossa. Per le entrate riscuotibili mediante versamenti su conto corrente postale l'organo della liquidazione si avvarra' del conto corrente dell'ente, avendo cura che sia indicata la causale precisa dei versamenti stessi. A tal fine l'ente e' tenuto nel minor tempo possibile a girare le entrate di competenza della liquidazione sul conto della stessa; ugualmente dovra' comportarsi per il caso di versamenti erroneamente fatti alla tesoreria comunale. E' opportuno in ogni caso dare avviso al pubblico dell'apertura di un conto bancario della liquidazione diverso da quello dell'ente. I ruoli dei tributi devono essere resi esecutivi dall'Intendenza di finanza competente per territorio, a cui vanno trasmessi a cura di chi approva il ruolo stesso. Gli articoli 68 e 69 del D.P.R. n. 43 del 1988 disciplinano la riscossione coattiva dei tributi locali e quella volontaria a richiesta dell'ente, per il resto deve farsi riferimento alla disciplina legislativa dei singoli tributi. Si richiamano le disposizioni ancora vigenti per i tributi degli enti locali contenute nel Testo unico per la finanza locale del 14 settembre 1931, n. 1175, ed in particolare quelle sulla pubblicazione dei ruoli e sul numero di rate per la riscossione degli stessi. 9. Individuazione ed alienazione del patrimonio disponibile. L'organo della liquidazione provvede all'alienazione dei beni mobili e degli immobili per il finanziamento della massa passiva. Possono essere alienati solo i beni mobili non strettamente indispensabili per l'esercizio delle funzioni e dei servizi dell'ente ed i beni immobili facenti parte del patrimonio disponibile. Sono di conseguenza esclusi i beni del demanio e quelli del patrimonio indisponibile, come definiti rispettivamente dagli articoli 824 e 826 del codice civile. I beni sono individuabili tramite le scritture patrimoniali degli enti, gli inventari, le visure catastali ed ogni altra risultanza scritta o fattuale. Prima di procedere all'alienazione dei beni stessi, l'organo straordinario della liquidazione deve attendere l'approvazione ministeriale del piano di estinzione. Ai fini dell'accertamento dell'entrata da inserire nella massa attiva, il commissario o la commissione chiedono al tecnico comunale, o in mancanza di questo, ad un tecnico privato, la stima del valore del bene al prezzo di mercato. L'organo straordinario della liquidazione iscrive come accertamento nella massa attiva un valore non inferiore all'80 per cento della stima effettuata, al fine di assicurare che non vi siano scompensi eccessivi nel caso che la vendita dei beni non dia i risultati preventivati. Si richiama l'attenzione sul fatto che la stima deve avvenire tenendo conto delle effettive possibilita' offerte dal mercato, escludendo dalla vendita quei beni che per situazioni obiettive degli stessi, stato di degrado o collocazione territoriale svantaggiosa, non hanno possibilita' di trovare acquirenti. Ugualmente non e' possibile effettuare la vendita dei beni immobili se l'ente non ha acquisito la proprieta' del terreno sul quale gli stessi sono stati edificati. Si rammenta la disposizione dell'articolo 3 del decreto-legge 31 ottobre 1990, n. 310, convertito con modificazioni della legge 22 dicembre 1990, n. 403, che ha consentito, anche per le finalita' di cui agli articoli 24 e 25 del decreto-legge n. 66 del 1989, l'alienazione del patrimonio disponibile nonche' del patrimonio di edilizia residenziale di proprieta' degli enti. Nelle more del perfezionamento delle operazioni di vendita e' stato altresi' consentito ricorrere al finanziamento presso istituti di credito o utilizzare in termini di cassa le somme a specifica destinazione, ai sensi del comma 2, dell'articolo 3, del decreto-legge n. 310 del 1990 come modificato con l'articolo 7 del decreto-legge n. 8 del 1993. Stante la delicatezza della materia, si rinvia alle raccomandazioni contenute in proposito nella circolare Ministero dell'interno 15 maggio 1991, n. 19/91, @ 5. L'organo della liquidazione ha le piu' ampie facolta' nel decidere il sistema di vendita del bene, tenuto conto della necessita' di realizzarne a tempi brevi il corrispettivo, fermo restando il rispetto delle procedure di legge che regolano la materia. Gli articoli 87, comma 1, e 140 del T.U.L.C.P. approvato con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, non abrogati dall'articolo 64 della legge 8 giugno 1990, n. 142, stabiliscono che i contratti dei comuni e delle province riguardanti alienazioni, locazioni, ecc. devono di regola essere preceduti da pubblici incanti, con le forme stabilite per i contratti dello Stato. Si applicano di conseguenza le norme contenute nelle "Nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilita' generale dello Stato", approvate con regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440 e quelle del Regolamento di attuazione approvato con regio decreto 23 maggio 1924, n. 827 e successive modificazioni, nonche', per quanto non modificate, quelle della legge 24 dicembre 1908, n. 703. Le forme che i contratti dello Stato possono assumere per la vendita dei beni sono prioritariamente quelle del pubblico incanto, sulla base del valore di stima, e della licitazione privata, con le modalita' degli articoli 63 e seguenti del Regolamento n. 2440 del 1923. La trattativa privata ha luogo, ai sensi degli articoli 41 e 92 del suddetto regolamento, quando, dopo aver interpellato (se cio' sia ritenuto conveniente) piu' persone e ditte, si tratta con una di esse a seguito di incanti o licitazioni private andate deserte o si abbiano fondate prove per ritenere che, ove si sperimentassero, andrebbero deserte o, ancora, nel caso in cui fosse obiettivamente dimostrabile che non vi siano altri acquirenti interessati all'acquisto oltre a quello prescelto. 10. Quantificazione del contributo erariale massimo accordabile. In via preliminare occorre sottolineare che l'articolo 21 della legge n. 68 del 1993, al comma 3, nel disciplinare l'individuazione dell'attivo della liquidazione, stabilisce che lo Stato concorre alla formazione della massa attiva quando, e solo se, non vi siano sufficienti risorse dell'ente. Il contributo erariale e' attribuito con le risorse derivanti da un mutuo che sara' assunto dall'organo straordinario della liquidazione in unica soluzione e finanziato con il fondo per lo sviluppo degli investimenti. L'importo massimo mutuabile si determina sommando alle disponibilita' dell'ente rimaste accantonate sul fondo per lo sviluppo degli investimenti al 31 dicembre dell'anno precedente all'ipotesi di bilancio, un contributo sino a 5 volte la quota capitaria stabilita per gli enti dissestati nell'anno dell'ipotesi di bilancio, con riferimento alla popolazione del penultimo anno precedente quello dell'ipotesi, cosi' come disposto dall'articolo 47 del decreto legislativo 3 dicembre 1992, n. 504. Per gli enti che hanno dichiarato il dissesto prima del 21 marzo 1992, data di entrata in vigore del decreto-legge 17 marzo 1992, n. 233, che ha introdotto la nuova disciplina dell'estinzione del fabbisogno pregresso, il contributo erariale si determina considerando come disponibilita' accantonate le somme a disposizione dell'ente sul plafond per gli investimenti al 31 dicembre 1991 (in quanto non utilizzate per gli investimenti), aggiungendovi un contributo fino a 5 volte la quota capitaria stabilita per gli enti dissestati nell'anno 1992, calcolata con le modalita' di cui sopra. Si ribadisce che il concorso erariale alla massa attiva e' del tutto eventuale, e si attiva solo quando e nella misura in cui le risorse dell'ente risultino insufficienti. 11. I debiti fuori bilancio. 11.1 Definizione di debito fuori bilancio. Debito fuori bilancio e' un'obbligazione verso terzi per il pagamento di una determinata somma di denaro che grava sull'ente, non essendo imputabile, ai fini della responsabilita', a comportamenti attivi od omissivi di amministratori e funzionari, e che non puo' essere regolarizzata nell'esercizio in cui l'obbligazione stessa nasce, in quanto assunta in violazione delle norme gius-contabili che regolano i procedimenti di spesa degli enti locali. 11.2 I requisiti generali del debito. I requisiti di carattere generale che il debito deve avere per essere riconosciuto sono i seguenti: quelli della certezza, cioe' che esista effettivamente una obbligazione a dare, non presunta ma inevitabile per l'ente; quello della liquidita', nel senso che sia individuato il soggetto creditore, il debito sia definito nel suo ammontare, l'importo sia determinato o determinabile mediante una semplice operazione di calcolo aritmetico; quello della esigibilita', cioe' che il pagamento non sia dilazionato da termine o subordinato a condizione. 11.3 I debiti fuori bilancio riconoscibili ai sensi degli articoli 24 e 25 del decreto-legge n. 66 del 1989. L'organo straordinario della liquidazione deve richiedere all'ente l'elenco di tutti i debiti fuori bilancio maturati sino al 31 dicembre dell'anno precedente all'ipotesi di bilancio, prima di procedere a verificarne l'ammissimibilita' o meno al piano di estinzione. Successivamente provvede alla loro distinzione ed alla loro messa in evidenza per tipologie differenti, a seconda del re- gime giuridico a cui gli stessi soggiacciono. Una prima tipologia riguarda i debiti riconosciuti dall'ente ai sensi dell'articolo 24 e/o 25 del decreto-legge n. 66 del 1989. Si tratta di debiti fuori bilancio maturati alla data del 12 giugno 1990 e riconosciuti dall'ente entro il 15 luglio 1991. Per tali debiti l'organo della liquidazione deve acquisire idonea documentazione attestante tutti i requisiti di riconoscibilita' ed in particolare le schede predisposte da questo Ministero, che debbono essere state compilate a firma del Sindaco o Presidente della provincia, del responsabile dell'ufficio competente per il servizio, del ragioniere e del segretario comunale. Qualora le attestazioni gia' predisposte risultino carenti o siano mancanti, deve richiederne l'integrazione o la compilazione ai soggetti sopra indicati attualmente in servizio nell'ente, che provvederanno ad attestare sulla base della documentazione rinvenuta negli uffici o in mancanza sulla base delle attestazioni di coloro che dovevano provvedervi ai sensi della citata normativa. Deve altresi' richiedere gli atti deliberativi con i quali l'ente ha provveduto al riconoscimento. L'adempimento e' da considerare obbligatorio e la relativa omissione da' luogo alla responsabilita' personale di chi e' tenuto alla firma delle schede. Qualora risultino debiti che presentavano tutti i requisiti per essere riconosciuti e per i quali l'ente non ha provveduto nei termini al riconoscimento, gli stessi vanno esclusi sul piano di estinzione, e va effettuata la segnalazione al Procuratore della Corte dei conti per l'accertamento delle eventuali responsabilita' in merito al danno prodotto all'ente dall'omissione del riconoscimento. Per i debiti fuori bilancio espressamente non riconosciuti dall'ente con proprio atto deliberativo, il commissario o la commissione devono limitarsi a darne comunicazione ai creditori. 11.4 Debiti fuori bilancio maturati in data successiva al 12 giugno 1990. Per i debiti fuori bilancio sorti in data successiva al 12 giugno 1990 si applica l'articolo 23 del decreto-legge n. 66 del 1989, richiamato esplicitamente dall'articolo 12 bis, comma 3, del decreto-legge 12 gennaio 1991, n. 6, come convertito dalla legge 15 marzo 1991, n. 80. L'articolo 23 dispone che l'effettuazione di qualsiasi spesa e' consentita solo se sussiste la deliberazione autorizzativa della spesa e se l'impegno contabile e' stato registrato sul competente capitolo di bilancio dandone comunicazione ai terzi interessati. L'acquisizione dei beni e servizi in violazione delle suddette procedure determina la non imputabilita' all'ente del rapporto obbligatorio e di conseguenza la spesa va posta a carico di coloro che hanno consentito la fornitura del bene o del servizio. Fanno eccezione i debiti fuori bilancio previsti dall'articolo 12 bis, comma 4, della legge n. 80 del 1991. 11.5 I debiti di cui al comma 4, dell'articolo 12 bis, del decreto-legge n. 6 del 1991. La norma prevede quattro tipologie di debiti fuori bilancio, di cui l'ultima ha carattere residuale. Essa ricomprende nella sua generalita' anche le altre categorie, che debbono intendersi come una specificazione del principio che, scaduti i termini di cui all'articolo 24 del decreto-legge n. 66 del 1989 e successive modifiche, solo i debiti fuori bilancio per i quali non vi e' responsabilita' di un soggetto sono imputabili all'ente e quindi sanabili. Nei debiti fuori bilancio per fatto non imputabile alla volonta' di un soggetto rientrano quelle obbligazioni dovute a causa di forza maggiore non previdibili, come i debiti fuori bilancio sorti per effetto di puri fatti (produttori di danno e quindi del debito di risarcimento), ricostruzioni di carriera, revisioni di prezzi (nei limiti consentiti dall'ordinamento) o di condizioni contrattuali, i debiti derivanti da contratti di durata, da partecipazione a consorzi o a gestione di servizi, nei quali la quantificazione del debito o di parte di esso avviene a consuntivo. Tali debiti sono ammissibili al piano di estinzione se maturati in data successiva al 12 giugno 1990, ma entro il 31 dicembre dell'anno precedente l'ipotesi di bilancio, con l'osservanza delle condizioni e procedure previste dal comma 2, dell'articolo 24, del decreto-legge n. 66 del 1989. Per i debiti sorti in vigenza dell'esercizio finanziario a cui si riferisce l'ipotesi di bilancio ed appartenenti alle tipologie di cui al comma 4, articolo 12 bis, del decreto-legge n. 6 del 1991, l'ente deve provvedere prioritariamente con risorse proprie o con l'attivazione della procedura di cui all'articolo 1 bis del decreto- legge 1 luglio 1986, n. 318 convertito dalla legge 9 agosto 1986, n. 488. Solo qualora l'ente dia dimostrazione di non poter provvedere ai sensi della citata normativa, l'organo della liquidazione puo' prevederne, essendo in corso la procedura di dissesto, l'ammissione con riserva alla massa passiva. Si ribadisce che qualora trattasi di debiti precedenti al 12 giugno 1990 e non riconosciuti dall'ente entro il 15 luglio 1991 gli stessi vanno esclusi dalla massa passiva, con le conseguenze in- dicate al punto 11.3 della presente circolare. 12. Tipologie di debiti fuori bilancio. 12.1 Debiti fuori bilancio relativi ad espropri. La legge 27 ottobre 1988, n. 458, come modificata dall'articolo 12, comma 4 bis, del decreto-legge 28 dicembre 1989, n. 415 convertito dalla legge 28 febbraio 1980, n. 38 ha autorizzato la Cassa Depositi e Prestiti a concedere mutui, con ammortamento a carico dello Stato, destinati al finanziamento dei maggiori oneri di esproprio maturati alla data del 31 dicembre 1987, per l'acquisizione di aree destinate ad interventi di pubblica utilita' da parte dei comuni e delle province. Veniva altresi' prevista la possibilita' di ricorrere, per la parte non coperta dalla Cassa depositi e prestiti, a mutui a carico dell'ente, ai sensi del comma 8, dell'articolo 24 del decreto-legge n. 66 del 1989. Con l'articolo 6 del decreto-legge 6 del 1991 il termine e' stato spostato a quello dell'entrata in vigore della norma, cioe' al 15 marzo 1991. Infine l'articolo 6 del decreto-legge n.8 del 1993, ha stabilito la possibilita' di finanziamento degli oneri per espropri maturati sino alla data di entrata in vigore della disposizione. La norma, come modificata in sede di conversione dalla legge n. 68 del 1993, ha previsto la possibilita' di finanziare, oltre i maggiori oneri di esproprio per opere pubbliche o di interesse pubblico, rideterminati ai sensi dell'articolo 15 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 come sostituito dall'articolo 14 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, e ai sensi dell'articolo 5 bis del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, anche quelli derivanti da sentenze passate in giudicato o accordi bonari su determinazione dell'ufficio tecnico erariale, nonche' le maggiori somme dovute a titolo di risarcimento per accessione invertita, occupazione senza titolo, interessi legali e svalutazione monetaria. Tali disposizioni sono da tener presente ai fini dell'individuazione dell'ammontare dei debiti fuori bilancio per espropri da ammettere alla liquidazione. In particolare si puo' fare riferimento alla circolare 4 aprile 1990, n. 1174 della Cassa depositi e prestiti, come integrata dalla circolare 27 aprile 1993, n. 1190, ai fini della documentazione necessaria a comprovare il debito. Le disposizioni sopra indicate necessitano di essere co- ordinate con il riconoscimento dei debiti previsto dagli articoli 24 e 25 del decreto-legge n. 66 del 1989 ed in particolare con la disposizione di cui al comma 4 dell'articolo 12 bis, della legge n. 80 del 1991, per quanto attiene alla eventualita' di una sovrapposizione tra i diversi canali di finanziamento. L'inserimento di debiti fuori bilancio per oneri espropriativi nella massa passiva esclude le altre forme di finanziamento ed il fatto deve risultare da apposita attestazione dell'ente, in quanto non e' ammissibile un duplice finanziamento per lo stesso oggetto. Qualora l'ente ottenga un finanziamento da un istituto di credito a seguito di domanda presentata prima dell'insediamento del commissario o della commissione liquidatrice e' tenuto a darne comunicazione immediata all'organo della liquidazione, al fine di escludere il relativo debito dalla massa passiva. Se il debito e' stato gia' pagato con il piano di estinzione, l'ente e' tenuto a rinunciare al finanziamento successivamente ottenuto. Per quanto attiene alla data di riferimento del debito, sono riconducibili nella massa passiva tutti gli oneri relativi ad espropriazioni o piu' generalmente acquisizioni di aree per opere o interventi di interesse pubblico, anche senza titolo, che siano avvenute prima del 31 dicembre dell'anno precedente l'ipotesi di bilancio, sia che figurino tra i residui passivi siano che siano tra i debiti fuori bilancio, con le specificazioni di seguito indicate. Qualora l'ammontare del debito fosse gia' certo e liquido alla data del 12 giugno 1990 lo stesso doveva essere riconosciuto dal consiglio dell'ente entro il 15 luglio 1991. Nel caso quindi che non sia stato riconosciuto nel suddetto termine il debito non viene ammesso alla massa passiva e va proposta l'azione al Procuratore della Corte dei conti per il mancato riconoscimento del debito fuori bilancio. Per i debiti fuori bilancio, successivi al 12 giugno 1990, conseguenti ad espropriazioni illegittimamente iniziate o in presenza di carenza assoluta di titolo all'impossessamento del bene da parte dell'ente, gli stessi sono ammissibili alla massa passiva solo in presenza di una sentenza che giustifichi l'accessione invertita del bene stesso e quantifichi quanto dovuto per occupazione senza titolo, interessi legali e svalutazione monetaria. Il debito fuori bilancio, successivo al 12 giugno 1990, e' dovuto ad un maggiore onere risultante dalla differenza tra indennita' definitiva rideterminata e indennita' originariamente stabilita, in presenza di procedure espropriative regolarmente iniziate, non prevedibile, perche' conseguente ad una modifica della disciplina legislativa, rientra nell'ipotesi di cui al comma 4, dell'articolo 12 bis della legge n. 80 del 1991. Per quanto attiene ai debiti fuori bilancio per oneri di esproprio maturati successivamente al 31 dicembre dell'anno precedente l'ipotesi di bilancio, gli stessi vanno di massima esclusi dalla massa passiva, se ne e' possibile il finanziamento con le procedure di cui alla legge n. 458 del 1988 e successive modifiche. Altrimenti l'ente deve dare la dimostrazione che non e' in grado di finanziarli ai sensi dell'articolo 1 bis del decreto- legge n. 318 del 1986 perche' possano essere ammessi con riserva alla massa passiva. In merito all'acquisizione di aree per i piani di edilizia economica e popolare e quelle relative ai piani di insediamento industriale, l'inserimento nella massa passiva e' ammesso per i debiti conseguenti ad acquisizione delle aree per la realizzazione dei soli servizi (strade, scuole, verde, ecc.) con l'esclusione di quelle cedute e date in concessione superficiaria ai privati, a coop- erative, agli I.A.C.P. e ad altri enti pubblici per la realizzazione degli immobili e degli insediamenti produttivi i cui maggiori oneri debbono ricadere sugli anzidetti beneficiari, in tutti i casi nei quali l'ente sia in grado di adottare i provvedimenti di recupero a carico degli acquirenti o concessionari delle aree. Infine e' necessario che l'organo della liquidazione acquisisca attestazione che l'opera e' stata realizzata sulla base di un progetto approvato dall'organo competente e che non e' piu' possibile la retrocessione del bene. 12.2 Debiti conseguenti a sentenze passate in giudicato e capacita' transattiva dell'organo di liquidazione. Il comma 4 dell'articolo 12 bis della legge n. 80 del 1991 prevede che successivamente al 15 luglio 1991 possono essere riconosciuti debiti fuori bilancio maturati dopo il 12 giugno 1990, conseguenti a sentenze passate in giudicato. Il comma 3, dell'articolo 21 del decreto-legge n. 8 del 1993 riconosce alla commissione o al commissario liquidatore il potere di transigere vertenze in atto e pretese in corso. Entrambe le disposizioni non presentano difficolta' in- terpretative se si tengono fermi i riferimenti temporali come precisati al precedente punto. In particolare sono ammissibili alla massa passiva i debiti fuori bilancio per sentenze passate in giudicato successivamente alla data del 12 giugno 1990, anche se riferite a debiti sorti prima di tale data e non riconosciuti dall'ente. Qualora la sentenza sia passata in giudicato in data anteriore al 12 giugno 1990, il debito doveva essere riconosciuto dall'ente ai sensi degli articoli 24 o 25 del decreto-legge n.66 del 1989 e successive modifiche. Il mancato riconoscimento comporta l'attivazione nella procedura di accertamento di eventuale responsabilita' avverso gli organi dell'ente. Per le sentenze divenute esecutive successivamente al 31 dicembre precedente l'anno dell'ipotesi di bilancio, la spesa e' ammissibile alla massa passiva solo dopo che l'ente abbia dimostrato l'impossibilita' di provvedere al finanziamento con la spesa corrente o le procedure di cui all'articolo 1 bis del decreto-legge n. 318 del 1986. Per i debiti fuori bilancio sorti precedentemente al 12 giugno 1990 non riconosciuti dall'ente in quanto totalmente od anche solo in parte privi della certezza, a seguito di una vertenza in corso, e' possibile la definizione e l'ammissione alla massa passiva solo a seguito della transazione della vertenza ad opera dell'organo straordinario della liquidazione. Le vertenze per debiti sorti successivamente al 31 dicembre dell'anno dell'ipotesi di bilancio sono di competenza dell'ente e non rientrano nella massa passiva della liquidazione. L'atto di transazione consiste in una scrittura in forma pubblica o privata con la quale si raggiunge l'accordo tra l'organo della liquidazione ed il creditore sull'ammontare complessivo del credito, comprensivo sia di oneri accessori (interessi) che di quelli connessi (rivalutazione monetaria) al credito principale, quando dovuti, senza che resti nulla in sospeso. Da tener presente la disposizione di cui al comma 3 dell'articolo 21 del decreto-legge n. 8 del 1993 ove si precisa che, in deroga ad ogni altra disposizione, i debiti insoluti non producono interessi, rivalutazione monetaria o altro dalla data della delibera che dichiara il dissesto, e che quindi in nessun caso possono venir ammessi alla liquidazione, nemmeno con un atto di transazione. Tale disposizione non puo' essere applicata agli enti locali per i quali e' stato approvato, con decreto ministeriale, il piano di risanamento, ai sensi dell'articolo 25 del decreto-legge n. 66 del 1989, anche se non autorizzati alla contrazione del mutuo per il finanziamento del fabbisogno pregresso (per effetto del mancato espletamento delle procedure di mobilita' del personale dipendente dichiarato in esubero - articolo 4, comma 8, del decreto-legge n. 8 del 1993). Pertanto la norma di cui al comma 3 dell'articolo 21 del decreto-legge n. 8 del 1993 e' vigente solo per gli enti che hanno dichiarato il dissesto finanziario ai sensi dell'articolo 21 del citato decreto-legge convertito con modificazioni dalla legge n. 68 del 1993 e per gli enti i cui piani di risanamento, deliberati ai sensi dell'articolo 25 del decreto-legge n. 66 del 1989, non sono stati ancora approvati con decreto ministeriale. Per questi ultimi il riferimento temporale per l'esclusione degli oneri accessori e connessi decorre dalla data del 21 marzo 1992, data di entrata in vigore del decreto-legge 17 marzo 1992, n. 233, i cui effetti prodotti sono stati fatti salvi dall'articolo 1, comma 2, della legge n. 68 del 1993. Gli interessi moratori (articolo 1224 codice civile) sono dovuti esclusivamente se vi e' stato un atto di messa in mora da parte del creditore, ed a far data da tale atto. Gli interessi corrispettivi di cui all'articolo 1282 del codice civile possono essere ricompresi nella valutazione complessiva del credito effettuata in sede di transazione, ma solo se la conclusione transattiva della pretesa del creditore trova giustificazione in un vantaggio per l'ente. Piu' in generale nessun atto transattivo puo' ricevere l'assenso da parte dell'organo di liquidazione se non risulta in maniera esplicita il vantaggio che ne deriva all'ente. Tale vantaggio va ad affiancarsi a quello del creditore di vedere riconosciuto ed ammesso il proprio credito alla massa passiva, acquistando cosi' la certezza di partecipare alla liquidazione (totale o parziale) dell'importo che gli e' dovuto. Ma, si ribadisce, il commissario o la commissione liquidatrice agiscono non negli interessi dei creditori, ma nell'interesse pubblico al risanamento delle finanze dell'ente. Sono inseriti nella massa passiva d'ufficio i debiti, comprensivi della sorte capitale, accessori e spese, rinvenenti da procedure esecutive in corso al momento della deliberazione del dissesto, gia'liquidate dal giudice o per le quali sia stato richiesto al giudice dell'esecuzione il provvedimento dichiarativo dell'estinzione del procedimento esecutivo, come specificato dal comma 3, dell'articolo 21 del decreto-legge n. 8 del 1993, convertito dalla legge n. 68 del 1993. In tali casi la dichiarazione di estinzione da parte del giudice delle procedure esecutive pendenti comporta la liquidazione dell'ammontare del debito, intesa questa in senso tecnico, cioe' che il debito, gia' certo, e' reso liquido e quindi deve essere inserito nella massa passiva della liquidazione. Il debito diverra' quindi esigibile con l'approvazione del piano di estinzione. Sull'ammissibilita' del debito relativo a procedimenti esecutivi liquidati dal giudice non e' data all'organo della liquidazione nessuna valutazione discrezionale dovendo procedere d'ufficio all'inserimento nella massa passiva. Qualora il commissario o la commissione abbiano notizia di un'azione esecutiva pendente per un debito rientrante nella loro competenza, e l'ente non abbia provveduto ad attivarsi, dovranno essi provvedere a chiedere al giudice il provvedimento dichiarativo dell'estinzione dell'azione. 13. La gestione con vincolo di destinazione. Sono entrate e spese a destinazione vincolata quelle che sono definite tali da una norma di legge o da un atto amministrativo. L'esempio piu' evidente e' dato dai contributi per il rilascio delle concessioni edilizie, di cui all'articolo 3 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, i cui proventi, per il disposto dell'articolo 12 della stessa legge, come modificato dall'articolo 16 bis della legge 9 agosto 1986, n. 488, debbono essere versati in conto corrente vincolato presso la Tesoreria del comune. I proventi delle concessioni edilizie e delle relative sanzioni debbono essere utilizzati esclusivamente per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, il risanamento dei complessi edilizi nei centri storici, per l'acquisizione delle aree da espropriare per la realizzazione dei programmi pluriennali, e, nel limite massimo del 30 per cento, per spese di manutenzione ordinaria del patrimonio comunale. Sono sicuramente a destinazione vincolata i mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti per espressa determinazione dell'articolo 1 del decreto ministeriale 1 marzo 1992 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 18 marzo 1992, n. 65) ed in generale tutti i mutui per la realizzazione di opere pubbliche e le relative spese, in considerazione dell'obbligo, a pena di nullita' del contratto di mutuo, di specificare la natura dell'oggetto del finanziamento. Per i contributi statali e regionali o di altri enti e' necessario rinvenire nella norma o atto che ne dispone la concessione il vincolo di destinazione. Si tenga conto che l'ambito di autonomia gestionale in relazione ad entrate vincolate puo' variare in funzione della natura del vincolo. Alcune possono essere utilizzate con criteri liberi in quanto il vincolo attiene solo alla materia, come nel caso dei contributi regionali per funzioni trasferite ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616. In altre situazioni il vincolo non consente l'utilizzazione del contributo se non per la specifica spesa per la quale e' stato concesso il finanziamento e richiede una contabilizzazione separata del movimento di cassa. Il vincolo opera sia come impedimento a destinare a scopi diversi le somme introitate, sia come impossibilita' di impegnare importi maggiori di quelli stanziati. Il principio fondamentale introdotto nella normativa sul dissesto dall'articolo 21 del decreto-legge n. 8 del 1993, e' quello di una netta separazione di competenze tra gli organi istituzionali dell'ente e l'organo speciale della liquidazione. Rientrano nella competenza esclusiva dell'organo straordinario della liquidazione la gestione di tutti i debiti fuori bilancio e di tutti i residui attivi e passivi alla data del 31 dicembre precedente l'anno dell'ipotesi di bilancio, compresi quelli aventi vincolo di destinazione. Ne consegue che anche i residui relativi ad opere pubbliche finanziate con mutui o con contributi vincolati, non differiscono, in quanto alla loro gestione, da tutte le altre situazioni pregresse. E' da rilevare che, ove per le spese a specifica destinazione non siano rinvenibili in tutto o in parte le risorse finanziarie ed ove l'ente non intenda ricostituirle, esse dovranno essere ritenute valide solo per la parte effettivamente coperta finanziariamente. Della diversa destinazione delle risorse dovra' farsi rapporto alla Procura della Corte dei Conti. Il comma 6, dell'articolo 6 del Regolamento concernente le modalita' applicative del risanamento degli enti locali dissestati prevede che i residui attivi ed i corrispondenti residui passivi della gestione vincolata sono esclusi dalla massa attiva e passiva. Si intende con cio' che le spese che trovano copertura in un'entrata vincolata al finanziamento delle stesse non possono essere finanziate con gli ordinari mezzi che concorrono alla formazione della massa attiva e che quindi vanno tenute separate nel piano di estinzione delle situazioni pregresse. La competenza per quanto attiene alla liquidazione delle relative spese e all'emissione dei mandati e' dell'organo straordinario della liquidazione che, laddove si rende opportuno, puo' procedere al pagamento, proprio perche' trattasi di spese con proprio specifico finanziamento, anche prima dell'approvazione del piano di estinzione, previa verifica delle condizioni di regolarita' della spesa previste dalla legge. Le deliberazioni di approvazione degli stati di avanzamento dei lavori non sono strettamente necessarie, in quanto la liquidazione degli stessi avviene sulla base di un certificato di pagamento redatto e sottoscritto dal direttore dei lavori, fatto salvo il rispetto della normativa regolamentare comunale. L'unica verifica necessaria attiene alla effettiva acquisizione della relativa entrata. Tale verifica puo' essere fatta con atto deliberativo ad opera dell'organo straordinario della liquidazione o dell'ente. In questo secondo caso l'organo della liquidazione delibera la presa d'atto dell'operato del comune o della provincia e dispone la liquidazione dando conto dei motivi per i quali si pro- cede al pagamento prima dell'approvazione del piano di estinzione Richiedono necessariamente la deliberazione degli organi competenti dell'ente gli atti di collaudo ed i certificati di regolare esecuzione, prima di disporre il saldo dei lavori. In ogni caso l'organo straordinario della liquidazione ha titolo ad avvalersi della collaborazione degli uffici dell'ente per la verifica degli atti amministrativi che giustificano il pagamento della spesa. Per quanto attiene alle entrate per concessioni edilizie, stante il regime di stretto vincolo che la legge ha disposto sulle stesse, l'organo della liquidazione puo' utilizzare la parte dei contributi percepiti dall'ente prima del 31 dicembre precedente l'anno dell'ipotesi di bilancio e non ancora impegnati, sino alla data dell'insediamento del commissario o commissione liquidatrice, esclusivamente per il pagamento dei debiti fuori bilancio relativi ad opere di urbanizzazione di cui all'articolo 12 della legge n. 10 del 1977 e successive modifiche ed integrazioni. Le opere di urbanizzazione primaria e secondaria sono quelle definite dall'articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847, come modificato con l'articolo 44 della legge n. 865 del 1971, e per effetto dell'articolo 17 bis del decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito con modificazioni dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441. Sono state integrate, per quanto attiene all'inclusione dei parcheggi, dall'articolo 11 della legge 14 marzo 1989, n. 122, per le opere cimiteriali dall'articolo 26 bis del decreto-legge 28 dicembre 1989, n. 415, convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 38 e per gli edifici di culto dall'articolo 53 della legge 20 maggio 1985, n. 206. 14. Il regime delle prescrizioni La prescrizione estintiva produce l'estinzione del diritto soggettivo per effetto dell'inerzia del titolare del diritto stesso che non lo esercita per un tempo determinato dalla legge. E' regolata in via generale dalle norme del codice civile, articolo 2934 e seguenti, fatti salvi i casi in cui la legge dispone diversamente. Per quanto attiene alle partite attive e' sconsigliabile, per l'organo della liquidazione, rinunciare al diritto alla riscossione di entrate proprie dell'ente, anche se prescritte, in quanto la prescrizione deve essere fatta valere dal debitore, che potrebbe voler pagare comunque. In ogni caso si rammenta che non e' ammessa la ripetizione di cio' che e' stato spontaneamente pagato in adempimento di un debito prescritto. Non e' sicuramente in potere dell'amministrazione, e di conseguenza dell'organo della liquidazione, rinunciare ad opporre la prescrizione che sia compiuta dei debiti contratti verso terzi, in quanto i principi che sono alla base della contabilita' pubblica non consentono di effettuare pagamenti non dovuti (articolo 380 del regio decreto 23 maggio 1924, n. 827). I crediti inesigibili devono trovarsi in evidenza in apposito registro delle scritture patrimoniali fino a che permanga il diritto alla riscossione ai sensi dell'articolo 2, del decreto ministeriale 15 luglio 1980 (Gazzetta Ufficiale 13 agosto 1980, n. 221). Per quanto attiene alle entrate tributarie si richiama l'attenzione sulla disposizione dell'articolo 290 del testo unico per la finanza locale che stabilisce che i ruoli principali e suppletivi non possono che riguardare le imposte previste nei bilanci dell'anno in corso e dei due esercizi precedenti, questo qualora l'ente non abbia provveduto a tale incombenza. A tal fine e' sufficente che la delibera che approva il ruolo sia adottata entro il 31 dicembre. Le partite iscritte al ruolo entro il limite triennale, debbono considerarsi estinte per decadenza, comprese le ipotesi di reiscrizione automatica. Diversamente sono soggetti alla prescrizione quinquennale, se non diversamente disposto, i debiti d'imposta una volta iscritti al ruolo. L'interruzione della prescrizione ha luogo nel caso che il titolare del diritto compie un atto con il quale esercita il diritto stesso, come nel caso di notificazione di un atto giudiziale o di costituzione in mora del debitore, ovvero perche' il diritto viene riconosciuto dal soggetto passivo del rapporto. Cosi' non opera la prescrizione nei confronti dei debiti fuori bilancio riconosciuti dall'ente. Se il riconoscimento non era dovuto perche' il debito era prescritto si configura la situazione di danno patrimoniale denunciabile al Procuratore della Corte dei conti. Di seguito si indicano, a titolo di esempio, alcune situazioni ricorrenti per l'ente locale: 1) situazione in cui l'ente e' creditore: - prescrizione decennale: proventi dell'acquedotto, oneri di urbanizzazione delle concessioni edilizie, proventi per l'uso di impianti ed attrezzature, ritenute previdenziali ed assistenziali a carico dei dipendenti, alienazioni di immobili; - prescrizione quinquennale: contravvenzioni, contributi dello Stato e della regione per spese diverse, affitti in genere di beni immobili; 2) situazioni in cui l'ente e' debitore: - prescrizione decennale: corrispettivo degli appalti dei lavori pubblici, contributi a favore di terzi o una tantum, spese varie come energia elettrica, riscaldamento, cancelleria, acquisto macchine mobili ecc., tutti i casi in cui non e' modificata la prescrizione ordinaria; - prescrizione quinquennale: indennita' di carica amministratori, stipendi e pensioni ai dipendenti, canoni appalti dei servizi, contributi consorziali, affitti passivi, interessi passivi periodici, spese per le manutenzioni, quote associa- tive; - prescrizione triennale: spese per progettazioni e per l'utilizzo di professionisti. La prescrizione applicabile al credito principale si applica anche a quello connesso, rivalutazione monetaria, ed a quello accessorio, interessi corrispettivi. 15 Ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato - Termini di presentazione. L'ipotesi di bilancio riequilibrato deve essere redatta su modello ufficiale e deve essere deliberata dal consiglio dell'ente e presentata al Ministero dell'interno entro il termine perentorio di tre mesi decorrenti dalla data di emanazione del decreto del Presidente della Repubblica di nomina dell'organo straordinario della liquidazione. In sede di prima applicazione, come specificato dalla circolare telegrafica del Ministero dell'interno n. 22 del 27 agosto 1993 per gli enti per i quali e' stato nominato l'organo straordinario di liquidazione in data anteriore a quella di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 7 dell'articolo 21 del decreto-legge n. 8 del 1993, i termini decorrono dalla data di pubblicazione di quest'ultimo. L'inosservanza del termine integra l'ipotesi di cui all'articolo 39, comma 1, lettera a), della legge 142 del 1990. Il termine di tre mesi e' perentorio, e di conseguenza verranno immediatamente attivate le procedure per lo scioglimento del consiglio dell'ente inadempiente. Ai sensi del comma 3 del citato articolo 39 della legge n. 142 del 1990 con il decreto di scioglimento si provvedera' alla nomina di un commissario che, in sostituzione dell'organo sciolto, provvedera' all'approvazione dell'ipotesi di bilancio. Si sottolinea che il termine perentorio di tre mesi per la presentazione dell'ipotesi di bilancio e' il termine massimo, e nulla osta che l'ipotesi di bilancio venga deliberata e presentata anche prima della nomina dell'organo straordinario della liquidazione, al fine di consentire l'approvazione ministeriale nei tempi piu' brevi possibili. Per le ipotesi di bilancio i cui termini di presentazione sono scaduti prima della pubblicazione del D.P.R., questi debbono intendersi decorrenti dalla stessa data, a motivo dell'impossibilita' di conoscere le norme regolamentari. In materia, richiamasi la circolare FL 22/93 del 27 agosto 1993. 16. Condizioni preliminari per l'adozione della delibera di approvazione dell'ipotesi di bilancio. Presupposto indispensabile per la deliberazione dell'ipotesi di bilancio riequilibrato e' l'avvenuta esecutivita' della deliberazione con la quale l'ente dichiara il dissesto. L'ente che ha un bilancio di previsione approvato regolarmente ed esecutivo agli effetti di legge non puo' deliberare il dissesto e quindi approvare per lo stesso esercizio un'ipotesi di bilancio riequilibrato. 17. Contenuto dell'ipotesi di bilancio riequilibrato. L'ipotesi di bilancio riequilibrato deve essere redatto sulla base di modelli ufficiali conformi alle disposizioni del D.P.R. n. 421 del 1979 e successive modifiche ed integrazioni. A differenza di un bilancio di previsione ordinario non devono essere riportati gli stanziamenti relativi a residui attivi e passivi, in quanto l'articolo 21 del decreto-legge n. 8 del 1993 ha attribuito la competenza su tutta la gestione pregressa ad un organo straordinario di liquidazione, rimanendo affidata agli organi istituzionali dell'ente solo la gestione relativa alla competenza. Analogamente il fondo iniziale di cassa da prevedersi nell'ipotesi sara' di valore zero. L'ente di conseguenza e' tenuto ad astenersi dall'effettuare operazioni in ordine alla riscossione e pagamento dei residui e degli eventuali debiti fuori bilancio dalla data della deliberazione che dichiara il dissesto, fatti salvi casi produttivi di gravi e comprovati pregiudizi economici per l'ente. Qualora l'ente abbia provveduto ad effettuare (nelle more della nomina dell'organo straordinario di liquidazione o perche' il dissesto era stato gia' dichiarato antecedentemente alla data del 21 marzo 1992) riscossioni in conto residui attivi e/o pagamenti di residui passivi, di competenza dell'organo straordinario di liquidazione, le suddette operazioni debbono essere contabilizzate nell'ipotesi di bilancio ed a tal fine si dovranno prevedere nelle partite di giro due capitoli di pari importo. Nel prevedere i suddetti stanziamenti l'ente dovra' tenere conto della compensazione da effettuarsi all'atto dell'istituzione del fondo di cassa della liquidazione per i residui passivi gia' pagati dall'ente, come gia' specificato al punto 7 della presente circolare. Gli stanziamenti di cassa da prevedersi nell'ipotesi di bilancio si riferiranno all'ammontare degli stanziamenti di competenza nei limiti di cui all'articolo 3, comma 1, del D.P.R. n. 421 del 1990. 18. Manovra tariffaria. Prioritariamente alla deliberazione dell'ipotesi di bilancio, o comunque contestualmente alla stessa, l'ente deve deliberare ai livelli massimi di legge le tariffe relative ai tributi (imposte, tasse, oneri di urbanizzazione e canoni o diritti), canoni patrimoniali, con il recupero della base imponibile in presenza di fenomeni di evasione. Questo obbligo permane per i dieci anni successivi all'approvazione ministeriale. Si rammenta che ai sensi del comma 5, dell'articolo 25 del decreto-legge n. 66 del 1989 l'ente dissestato puo' deliberare gli aumenti tariffari anche in deroga ai termini ordinari di legge. Per quanto attiene ai servizi a domanda individuale l'ente e' tenuto ad approvare tariffe che assicurino la copertura del 36 per cento dei costi complessivi dei servizi con i soli proventi degli utenti. Per quanto attiene ai diritti di segreteria istituiti dal comma 10 dell'articolo 10 del decreto-legge n. 8 del 1993 gli stessi devono essere applicati in modo da garantire che per ciascuna categoria sia previsto, per almeno uno degli atti nelle stesse ricompreso, l'applicazione del livello massimo. Per l'imposta comunale sugli immobili gli enti sono tenuti obbligatoriamente a deliberare l'aliquota massima del 6 per mille, fatta salva la facolta' di applicare l'aliquota del 7 per mille ricorrendone i presupposti. Si richiama infine l'attenzione sul fatto che l'ente deve attivarsi per applicare e riscuotere con la massima speditezza i proventi derivanti dal rilascio delle concessioni edilizie, ai sensi dell'articolo 3 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, e provvedersi, qualora non l'abbia fatto, degli strumenti urbanistici obbligatori per legge. La manovra tariffaria relativa ai comuni dissestati non puo' limitarsi alla mera applicazione delle tariffe massime di legge, ma gli enti sono tenuti a trasmettere al Ministero dell'interno, Ufficio risanamento enti dissestati, tutti i provvedimenti adottati ai fini di accelerare i tempi per le riscossioni e per l'eliminazione dell'evasione contributiva. La mancata effettuazione della manovra tariffaria in tutti i suoi aspetti, dalla fissazione delle tariffe alla celere riscossione di tutti i proventi relativi, costituisce motivo ostativo per l'ottenimento del parere favorevole da parte della Commissione di ricerca per la finanza locale e per il conseguente decreto approvativo. La manovra tariffaria deve permanere per i dieci anni successivi all'approvazione dell'ipotesi di bilancio riequilibrato. 19. Contribuzioni diverse da prevedere nell'ipotesi di bilancio. L'ente e' tenuto a prevedere anche: - i contributi erariali per l'anno dell'ipotesi negli importi effettivamente spettanti. A tal fine e' possibile richiederne l'importo al Ministero dell'interno - Direzione generale per l'amministrazione civile - Direzione centrale per la finanza locale e per i servizi finanziari - Ufficio risanamento enti dissestati. Analoga richiesta potra' essere fatta per conoscere l'ammontare del contributo erariale per l'allineamento alla media di cui alla lettera b), comma 4, dell'articolo 14 del Regolamento di attuazione. - il contributo una tantum per il personale posto in mobilita', al titolo II dell'entrata cat. 1', ma solo per quello eccedente il rapporto medio dipendenti/abitanti della fascia demografica di appartenenza, e solo per il periodo intercorrente dalla data della deliberazione che dispone la mobilita' e contestualmente approva la graduatoria del personale suddetto, sino all'effettivo trasferimento da parte del dipartimento della funzione pubblica ad altro ente. Puo' risultare pregiudizievole al rimborso del personale in mobilita' una deliberazione redatta in maniera lacunosa e comunque da cui non si evince con chiarezza la messa in mobilita' delle singole unita' di personale. L'ente e' altresi' invitato a prevedere nell'ipotesi di bilancio contributi per la realizzazione di opere pubbliche o per altra finalita' solo se esiste una ragionevole certezza dell'assegnazione degli stessi. 20. Documenti accompagnatori dell'ipotesi di bilancio. 20.1 La relazione previsionale e programmatica L'ente deve deliberare ai sensi dell'articolo 1 quater, commi 5, 6, 7 e 8, dell'articolo 1, del decreto-legge n. 55 del 1990 convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 1983, n. 131, la relazione previsionale e programmatica nella quale dovra' essere dato conto, oltre che dei dati normalmente richiesti per tutti gli enti, anche dell'effettiva realizzabilita' degli obiettivi di risanamento nell'arco dei 3 anni successivi alla dichiarazione di dissesto, con particolare riferimento alla gestione delle aziende e degli altri organismi dipendenti dall'ente locale. E' invece facolta' dell'ente deliberare un'ipotesi di bilancio pluriennale. 20.2 La relazione del revisore o del collegio dei revisori dei conti sull'ipotesi di bilancio. L'organo di revisione deve esprimere una valutazione complessiva sulla validita' delle misure adottate dall'ente per il riequilibrio del bilancio ed in particolare, con riferimento alla redazione dell'ipotesi: - confermare la veridicita' delle previsioni di entrata e di spesa; - esprimere una valutazione sui tempi necessari all'ente per l'attivazione delle riscossioni e dei pagamenti e per l'eliminazione dell'evasione contributiva; - esprimere una propria valutazione sulla congruita' e coerenza delle previsioni e sulla riduzione dei costi dei servizi. 20.3 Il rapporto dell'ente ai fini dell'istruttoria. L'ente e' tenuto a curare con la massima precisione la redazione del rapporto prescritto nel D.P.R. ed a sottoscriverlo in tutte le sue parti, curandone la perfetta corrispondenza con i dati dell'ipotesi di bilancio, del conto consuntivo e degli altri documenti contabili. Il rapporto costituisce documento fondamentale per l'istruttoria del piano di risanamento e l'omessa presentazione dello stesso, o una compilazione lacunosa e contraddittoria dei quadri informativi, puo' essere pregiudizievole per il favorevole esame da parte della Commissione di ricerca, fatto salvo l'eventuale accertamento di responsabilita' personali. 21. Rideterminazione della pianta organica e mobilita' del personale. L'ente, prima di deliberare l'ipotesi di bilancio, deve obbligatoriamente rideterminare la pianta organica, qualora sia numericamente superiore alle unita' spettanti sulla base del rapporto dipendenti/abitanti della fascia demografica di appartenenza, disponendo la mobilita' del personale in esubero. L'importanza di questo adempimento discende dalla necessita' di rendere effettivo il riequilibrio dell'ipotesi di bilancio, che si fonda su un equilibrato rapporto delle diverse categorie economiche della spesa. La mancata prioritaria rideterminazione della pianta organica puo' costituire pregiudizio ai fini dell'emissione del decreto ministeriale di approvazione dell'ipotesi di bilancio. Il rapporto dipendenti/abitanti e' quello indicato nella tabella riportata nella circolare del Ministero dell'interno F.L. n. 22/89 del 21 giugno 1989. La popolazione da prendere per riferimento e' quella ufficialmente pubblicata dall'ISTAT al 31 dicembre del penultimo anno precedente l'ipotesi di bilancio, come disposto dall'articolo 47 del decreto legislativo n. 504 del 30 dicembre 1992. La deliberazione deve contenere l'esplicita indicazione del numero dei posti che vengono soppressi e dei posti che costituiscono la pianta organica rideterminata, con l'indicazione delle singole qualifiche. Qualora la pianta organica ed il personale in servizio siano contenuti entro i limiti del rapporto di fascia dovra' in ogni caso essere prodotta un'attestazione in tal senso, a firma del Sindaco, del segretario comunale e del responsabile del personale, in cui vengono chiaramente individuate le singole qualifiche professionali, i posti occupati e quelli vaganti, in conformita' ai dati riportati nell'allegato del personale all'ipotesi di bilancio. Si rammenta che l'articolo 31 del decreto legislativo n. 29 del 1993 prevede la rilevazione di tutto il personale in servizio presso le pubbliche amministrazioni, la rideterminazione delle piante organiche e la ricognizione delle vacanze di organico e del personale in esubero, ai fini della razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche. L'ente puo' conservare posti vacanti nell'organico rideterminato nel limite di fascia solo se non venga deliberata mobilita' di personale. La rideterminazione della pianta organica deve ispirarsi a criteri di funzionalita' ed efficienza nell'organizzazione dei servizi, assicurando prioritariamente quelli indispensabili, anche in considerazione che per i successivi 5 anni non e' possibile apportare modifiche alla pianta organica ristrutturata, ai sensi del comma 5, dell'articolo 25 del decreto-legge n. 66 del 1989. La mobilita' del personale e' obbligatoria in tutti i casi in cui il personale in servizio a qualsiasi titolo presso l'ente a tempo indeterminato risulti eccedente rispetto al limite di fascia. Contestualmente, con lo stesso atto deliberativo, deve essere approvata la graduatoria per la mobilita', con l'indicazione nominativa del personale da trasferire ad altro ente. Dovra' essere altresi' indicata la precisa natura del rapporto di pubblico impiego. Si rammenta il contributo "una tantum" per il rimborso della spesa del personale collocato in mobilita' puo' essere riconosciuto solo a decorrere dalla data della delibera approvativa della relativa graduatoria. L'omissione o il ritardo di tale adempimento puo' di conseguenza causare danno patrimoniale all'ente, con la relativa segnalazione al Procuratore della Corte dei Conti per l'eventuale azione in danno. La graduatoria di mobilita' deve essere effettuata sulla base dei criteri indicati dall'articolo 21, del decreto-legge n. 8 del 1993. L'atto deliberativo, non appena esecutivo ai sensi di legge, va trasmesso in duplice copia alla Commissione centrale per gli organici degli enti locali - Direzione generale dell'amministrazione civile del Ministero dell'interno e per conoscenza alla Commissione di ricerca per la finanza locale, sempre presso il Ministero dell'interno, conformamente alle disposizioni op- erative dettate dalla C.C.O.E.L. per l'esame delle piante organiche. L'approvazione della rideterminazione dell'organico rideterminato da parte della C.C.O.E.L. e' presupposto necessario per ottenere il parere favorevole sull'ipotesi di bilancio da parte della Commissione di ricerca per la finanza locale. 22. Provvedimenti ministeriali sull'ipotesi di bilancio. La Commissione di ricerca per la finanza locale cura l'istruttoria dell'ipotesi di bilancio e da' il parere al Ministro dell'interno in tempo utile per consentire il rispetto del termine di quattro mesi per l'adozione del provvedimento ministeriale. In caso di necessita', formula richieste istruttorie all'ente locale, che e' tenuto ai chiarimenti ed alle integrazioni di documentazione entro il termine assegnato, che e' necessariamente breve. Il Ministro dell'interno, ove siano stati accertati dalla Commissione di ricerca per la finanza locale il rispetto delle norme in vigore ed il raggiunto equilibrio, approva con decreto l'ipotesi di bilancio e formula eventuali prescrizioni, alle quali l'ente locale e' tenuto ad adeguarsi. Ove l'ente locale, nonostante le eventuali richieste istruttorie, non si adegui alle norme in vigore o non assicuri il riequilibrio della gestione, il Ministro dell'interno, su parere della Commissione di ricerca per la finanza locale, nega l'approvazione dell'ipotesi di bilancio. Il decreto ministeriale che nega l'approvazione dell'ipotesi di bilancio comporta l'applicazione della procedura prevista dall'articolo 39, lettera a) della legge n. 142 del 1990, determinando lo scioglimento del consiglio comunale, eccettuato il caso che non si ravvisino responsabilita' imputabili al consiglio dell'ente in carica. Ciononostante, l'ente dissestato e' tenuto a rideliberare per lo stesso esercizio una nuova ipotesi di bilancio in effettivo riequilibrio, rimuovendo le cause ostative evidenziate nel decreto ministeriale, al fine di evitare ulteriori danni conseguenti al comportamento omissivo degli organi. Si rivolge invito alle Prefetture a diramare copia della presente circolare agli enti locali, dandone assicurazione ad avvenuto adempimento. Il Ministro: Mancino