A tutti i Ministeri - Gabinetto
                                  -   Direzione    generale    affari
                                  generali e personale
                                      Al   Consiglio   di   Stato   -
                                  Segretariato generale
                                      Alla   Corte   dei   conti    -
                                  Segretariato generale
                                      All'Avvocatura  generale  dello
                                  Stato - Segretariato generale
                                      Al     Consiglio      nazionale
                                  dell'economia   e   del   lavoro  -
                                  Segretariato generale
                                      Ai commissari di Governo  nelle
                                  regioni a statuto ordinario
                                      Al   commissario   dello  Stato
                                  nella regione siciliana
                                      Al rappresentante  del  Governo
                                  nella regione sarda
                                      Al   commissario   del  Governo
                                  nella regione Friuli-Venezia Giulia
                                      Al presidente della commissione
                                  di  coordinamento   nella   regione
                                  Valle d'Aosta
                                      Al   commissario   del  Governo
                                  nella provincia di Trento
                                      Al  commissario   del   Governo
                                  nella provincia di Bolzano
                                      Ai  prefetti  della  Repubblica
                                  (per  il  tramite   del   Ministero
                                  dell'interno)
                                      Alle     aziende     ed    alle
                                  amministrazioni  dello   Stato   ad
                                  ordinamento    autonomo   (per   il
                                  tramite dei Ministeri interessati)
                                      Ai   presidenti   degli    enti
                                  pubblici   non  economici  (per  il
                                  tramite dei Ministeri vigilanti)
                                      Ai  presidenti  degli  enti  di
                                  ricerca  e  sperimentazione (per il
                                  tramite dei Ministeri vigilanti)
                                      Ai rettori delle universita'  e
                                  delle   istituzioni   universitarie
                                  (per il tramite del Ministero della
                                  ricerca scientifica e tecnologica)
                                      Ai  presidenti   delle   giunte
                                  regionali e delle province autonome
                                  (per  il tramite dei rappresentanti
                                  e dei commissari di Governo)
                                      Alle  province  (per il tramite
                                  dei prefetti)
                                      Ai comuni (per il  tramite  dei
                                  prefetti)
                                      Alle  comunita' montane (per il
                                  tramite dei prefetti)
                                      Alle  unita'  sanitarie  locali
                                  (per il tramite delle regioni)
                                       Agli istituti di ricovero e di
                                  cura  a  carattere scientifico (per
                                  il tramite delle regioni)
                                      Agli  istituti  zooprofilattici
                                  sperimentali  (per il tramite delle
                                  regioni)
                                      Alle   Camere   di   commercio,
                                  industria,       artigianato      e
                                  agricoltura   (per    il    tramite
                                  dell'Unioncamere)
                                      Agli   istituti  autonomi  case
                                  popolari    (per     il     tramite
                                  dell'Aniacap)
                                      All'A.N.C.I.
                                      All'U.P.I.
                                      All'U.N.C.E.M.
                                      All'Unioncamere
                                      All'Aniacap
                                      Alla  Conferenza dei presidenti
                                  delle  regioni  e  delle   province
                                  autonome di Trento e di Bolzano
                                      Alla     Agenzia     per     la
                                  rappresentanza   negoziale    delle
                                  pubbliche amministrazioni
                                      Alla   Scuola  superiore  della
                                  pubblica amministrazione
                                      Alla Presidenza  del  Consiglio
                                  dei    Ministri    -   Segretariato
                                  generale     -     Ufficio      del
                                  coordinamento    amministrativo   -
                                  Dipartimento degli affari  generali
                                  e  del personale - Dipartimento per
                                  gli affari giuridici e legislativi
                                      Ai Ministri senza portafoglio
                                        e, per conoscenza:
                                      Alla      Presidenza      della
                                  Repubblica - Segretariato generale,
                                  Palazzo del Quirinale
  L'art.  9,  commi  1  e  2  della  legge  24  dicembre 1993, n. 537
"Interventi correttivi di finanza pubblica":  c.d.  "collegato"  alla
legge  finanziaria  per  il  1994)  definisce  una nuova normativa in
materia di  concessione  e  di  uso  di  beni  e  di  risorse  umane,
strumentali  e  finanziarie delle amministrazioni pubbliche in favore
di associazioni ed organizzazioni di dipendenti pubblici.
  L'art. 9, commi 1 e 2,  della  legge  24  dicembre  1993,  n.  537,
prevede che:
  "1.  E'  abrogata  ogni disposizione che fa obbligo o consenta alle
amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1,  comma  2,  del  decreto
legislativo  3 febbraio 1993, n. 29, in qualsiasi forma e a qualunque
titolo, di attribuire risorse finanziarie pubbliche  o  di  impiegare
pubblici  dipendenti  in  favore  di associazioni e organizzazioni di
dipendenti pubblici.
  2. L'uso di beni pubblici puo' essere consentito ad associazioni  e
organizzazioni  di dipendenti pubblici, se previsto dalla legge, solo
previa corresponsione di un canone determinato sulla base  di  valori
di mercato".
  In   considerazione   delle  profonde  innovazioni  delle  predette
disposizioni rispetto alla  previgente  normativa  in  materia,  sono
pervenute  -  e  continuano  a  pervenire  -  molteplici richieste di
chiarimento da parte delle amministrazioni pubbliche e dei sindacati,
sia nelle vie brevi che per iscritto.
  In particolare, i quesiti posti riguardano i seguenti aspetti:
   concessione in uso dei locali delle amministrazioni pubbliche alle
associazioni e organizzazioni di dipendenti pubblici, tra i  quali  i
cosiddetti  organismi  e  comitati  di  gestione a composizione mista
sindacati-amministrazione ed i CRAL, per finalita' varie (ricreative,
culturali, di ristoro, di mensa, di spaccio, di  approvviggionamento,
per  il  tempo  libero,  mutualistiche,  di  assistenza  e di servizi
sociali in genere);
   concessione in uso dei locali delle  amministrazioni  pubbliche  a
favore delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
  La  nuova normativa in materia incontra, in verita', ancora diversi
ostacoli applicativi sia per la varieta' delle  fattispecie  concrete
riscontrabili  nelle diverse realta' delle amministrazioni pubbliche,
sia - soprattutto - per la  difficolta'  intrinseca  della  "novita'"
rispetto alla previgente normativa in materia.
  La problematica in argomento - che presenta comunque alcuni aspetti
di complessita' - richiede un'uniformita' di indirizzo e necessita di
conseguenti   chiarimenti,   da   fornire   a   tutte   le  pubbliche
amministrazioni,   al   fine   di   evitare    eventuali    posizioni
interpretative   diverse,   che  potrebbero  ridurre  o,  al  limite,
annullare la portata innovativa delle disposizioni in argomento,  sia
in  termini  di  gestione,  sia in termini di risparmi finanziari che
dovrebbero, e debbono, conseguire ad una corretta applicazione  delle
predette disposizioni.
  Tutto  cio'  premesso,  a parere della Presidenza del Consiglio dei
Ministri  -  Dipartimento  della   funzione   pubblica,   la   intera
problematica  deve essere distintamente affrontata nei due aspetti in
precedenza evidenziati.
A) Concessione di beni e risorse umane, strumentali e finanziarie  ad
associazioni ed organizzazioni di dipendenti pubblici.
  In  varie amministrazioni pubbliche, segnatamente in quelle con una
rilevante consistenza di personale, con l'intento  di  migliorare  le
condizioni  degli  addetti,  da  tempo  si  e' provveduto, per prassi
consolidata - anche in mancanza di specifiche disposizioni normative,
ovvero in presenza di vecchie normative di fonte  regolamentare  -  a
finanziare  associazioni  od organizzazioni ricreative, culturali, di
approvvigionamento, di ristoro, di spaccio, di servizio mense, per il
tempo libero, mutualistiche, di assistenza e di  servizi  sociali  in
genere; in molti casi anche con la destinazione a tali organizzazioni
di proprio personale di organico (in comando o in distacco).
  Sempre  allo  scopo  di  sostenere  l'attivita' svolta dalle citate
organizzazioni od associazioni  a  favore  dei  dipendenti  pubblici,
sovente  sono stati "concessi in uso" - specie nelle sedi centrali ed
in quelle periferiche con numero rilevante di addetti - anche "locali
dell'amministrazione"    per    lo    spaccio    di    viveri,    per
l'approvvigionamento,  ovvero  per il servizio caffetteria o mensa o,
ancora, per attivita' di vario  genere,  anche  promozionali,  "senza
richiedere   la   corresponsione   di   canone"  ovvero  "con  canone
assolutamente insignificante e simbolico".
  I diversi  tipi  di  intervento  in  argomento  hanno  inizialmente
interessato   alcuni   settori   della  pubblica  amministrazione  e,
segnatamente,  quelli  ad  indirizzo  produttivistico  ed  aziendale,
ovvero alcune articolazioni in cui il personale e' impegnato in orari
di lavoro complessi e peculiari.
  Successivamente, nella sequenza dei rinnovi degli accordi sindacali
del pubblico impiego, la fattispecie in esame e' stata disciplinata -
anche  in  relazione  al  disposto  di cui all'art. 23 della legge 29
marzo 1983,  n.  93  -  in  quasi  tutti  i  comparti  e  settori  di
contrattazione  collettiva  del  pubblico impiego, tenendo presente i
principi vigenti in materia ex art. 11 della legge 20 maggio 1970, n.
300 (Statuto dei lavoratori). Tali norme dispongono:
   art. 23, comma 1, della legge n. 93/1983: "Estensione delle  norme
di  cui  alla  legge  20  maggio  1970, n. 300": "Ai dipendenti delle
pubbliche amministrazioni di cui al precedente art. 1 si applicano le
disposizioni degli articoli .. 11, nonche' degli  articoli  ..  della
legge 20 maggio 1970, n. 300".
   art. 11, della legge n. 300/1970: "Attivita' culturali, ricreative
e assistenziali": "Le attivita' culturali, ricreative e assistenziali
promosse dall'azienda sono gestite da organismi formati a maggioranza
dai lavoratori".
  Si riportano nell'allegato 1 gli estremi della principale normativa
intervenuta, nei tempi piu' recenti, nel settore pubblico - prima del
decreto  legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e della legge n. 537/1993
- sulla materia in esame.
  In  sintesi,  la  richiamata  previgente  normativa  conteneva  una
disciplina  pressoche'  uniforme  per i diversi comparti e settori di
contrattazione  del  pubblico  impiego,  prevedendo  che  le  singole
amministrazioni pubbliche:
   "possono  istituire al loro interno servizi ricreativi, culturali,
di ristoro,  di  mensa,  di  approvvigionamento,  di  asilo  nido  ed
assumere   iniziative  per  il  tempo  libero  a  favore  dei  propri
dipendenti"; la gestione di tali servizi "puo'  essere  affidata"  ad
organismi   misti  formati  dai  rappresentanti  dei  dipendenti  (in
maggioranza), e da  rappresentanti  dell'amministrazione,  sottoposti
alla  vigilanza di un "comitato interno", composto dai rappresentanti
dell'amministrazione (in maggioranza) e dei dipendenti;
   "possono, compatibilmente con le proprie necessarie e  prioritarie
esigenze  operative, mettere a disposizione degli organismi" suddetti
"nonche'  di  eventuali  associazioni  fra  i   dipendenti   all'uopo
costituite",  "adeguati  locali  che,  in quanto utilizzati per scopi
istituzionali, sono esenti da canoni";
   "iscrivono negli appositi capitoli degli stati  di  previsione  le
spese  per la manutenzione ordinaria dei locali messi a disposizione"
("nel  caso  di  servizi   individuali   i   lavoratori   interessati
partecipano  con  una  quota  che  non puo' eccedere il 30% del costo
complessivo,  salvo  i  casi  diversamente  previsti  da disposizioni
legislative").
  La richiamata normativa prevedeva, poi, che:
   con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi
sentite le organizzazioni e le confederazioni sindacali  maggiormente
rappresentative sul piano nazionale doveva essere definito, "entro un
anno  dalla  data  di  entrata  in  vigore  dei  citati  decreti  del
Presidente della Repubblica", "il regolamento tipo  degli  organismi"
precedentemente indicati;
   con   accordi  decentrati  a  livello  nazionale  dovevano  essere
"disciplinate" le modalita' di erogazione dei servizi, i tempi  ed  i
modi  di  fruizione,  l'organizzazione  e  quanto altro necessario al
corretto ed efficiente impiego delle  risorse  strumentali,  umane  e
finanziarie".
  Il  decreto  del Presidente del Consiglio dei Ministri in questione
finora e' stato emanato solo per il comparto "Ministeri" (decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 20  febbraio  1992,  pubblicato
nella  Gazzetta  Ufficiale n. 79 del 3 aprile 1992). L'art. 7 di tale
decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei   Ministri   prevedeva,
peraltro,  che  "ai  sensi  dell'art.  15,  comma  6, del decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri n. 44/1990,  per  le  finalita'
degli  organismi e delle associazioni di cui agli articoli precedenti
le amministrazioni possono mettere a disposizione proprio  personale,
nel   numero   minimo  necessario  in  quanto  utilizzato  per  scopi
istituzionali".
  Sintetizzato quanto sopra,  si  mette  in  evidenza  che  tutta  la
normativa  in  precedenza  richiamata  riconduceva  la erogazione dei
servizi in argomento svolti a favore dei dipendenti nell'ambito delle
attivita' istituzionali delle amministrazioni pubbliche.
  Nell'illustrato precedente quadro normativo si collocano,  ora,  le
disposizioni  dell'art. 9, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 1993,
n. 537, riportate in precedenza ("e' abrogata ogni  disposizione  che
fa  obbligo o consente alle amministrazioni pubbliche di cui all'art.
1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.  29",  ecc.),
che sono entrate in vigore a partire dal 1 gennaio 1994.
  Tali   disposizioni   -   come   esplicitato   nella  relazione  di
accompagnamento al disegno di legge (A.S.  1508,  XI  legislatura)  -
mirano  innanzitutto  a porre "regole uniformi, per la concessione di
beni e di risorse finanziarie pubbliche,  a  tutti  i  soggetti,  ivi
comprese le associazioni e le organizzazioni di dipendenti pubblici".
  In  questo  campo  - come, peraltro, gia' segnalato in precedenza -
l'indicata normativa e' perfettamente in linea con i  nuovi  principi
sanciti  dal  decreto  legislativo  3  febbraio  1993,  n.  29  e dai
successivi decreti legislativi correttivi, finalizzati anche a  porre
fine alla c.d. "cogestione" della cosa pubblica.
  L'espressione  usata  dal  legislatore  nei commi 1 e 2 dell'art. 9
della legge n. 537/1993 per individuare gli organismi che non possono
piu' beneficiare a titolo  gratuito  di  beni  e  di  risorse  umane,
strumentali  e  finanziarie "in qualsiasi forma e a qualunque titolo"
e, peraltro, assai ampia  e  di  portata  generale  ("associazioni  e
organizzazioni di dipendenti pubblici").
  L'ampia e generale formulazione dell'art. 9 della legge 24 dicembre
1993,  n.  537, e' conseguente, evidentemente, al preciso intento del
legislatore di realizzare  effetti  finanziari  sicuri;  da  un  lato
attraverso  il  contenimento  della  spesa  pubblica  derivante dalla
abrogazione di "ogni disposizione che fa obbligo o  consente  ..,  in
qualsiasi   forma   e  a  qualunque  titolo,  di  attribuire  risorse
finanziarie e pubbliche o di impiegare  pubblici  dipendenti  ..",  e
dall'altro  lato,  attraverso  entrate aggiuntive certe, derivanti da
una  diversa  utilizzazione  dei  dipendenti  pubblici  e  dei   beni
pubblici,  richiedendo  che  "solo previa corresponsione di un canone
determinato sulla base dei valori di mercato" e  "se  previsto  dalla
legge"  puo'  "essere  consentito ad associazioni e organizzazioni di
dipendenti pubblici" l'uso dei predetti beni pubblici.
  In sostanza, le disposizioni dell'art. 9, commi 1 e 2, della  legge
n.  537/1993  sono  da  riferirsi,  in via generale, a tutte le varie
forme in cui si concretizza un'associazione o una  organizzazione  di
pubblici  dipendenti,  e  cioe'  la totalita' delle figure soggettive
nelle quali  prevale  l'elemento  personale,  tra  le  quali  i  c.d.
organismi  e  comitati  a  composizione mista, i c.d.  CRAL, ed altre
figure - quali le Fondazioni - costituite per la cura di interessi di
particolari categorie di dipendenti pubblici.
  In base alla nuova vigente normativa in materia,  il  fatto  che  i
servizi  resi  dalle  "associazioni  e  organizzazioni  di dipendenti
pubblici" - come appena individuate - siano rinvenibili e/o collegati
con i "fini istituzionali", costituisce evidentemente la ragione  che
puo'  consentire  alle  amministrazioni  pubbliche di cui all'art. 1,
comma 2, del decreto legislativo n. 29/1993 di  rinvenire  il  titolo
legale,  ("se  previsto  dalla legge"), per la concessione in "uso di
beni pubblici", "solo previa corresponsione di un canone  determinato
sulla base dei valori di mercato".
  Cio'  rappresentato  osul piano normativo, non possono, poi, essere
ignorati,  come  si  e'  anticipato,  gli  effetti  finanziari  delle
disposizioni  recate dai predetti commi 1 e 2 dell'art. 9 della legge
n. 537/1993.
  Le  disposizioni  in  esame,  nell'ambito  della  globale   manovra
finanziaria,  comportano  entrate  aggiuntive  certe  per effetto del
migliore e piu' produttivo utilizzo dei  beni  pubblici  e  demaniali
(derivanti   dai  nuovi  canoni  e  dalla  rivalutazione  -  mediante
adeguamento ai canoni determinati sulla base dei valori di mercato  -
dei   vecchi   "irrisori   canoni"   di   concessione   pagati  dalle
organizzazioni  ed  associazioni  di  pubblici  dipendenti,  CRAL   o
organismi similari, come in precedenza individuati) e consentono alle
amministrazioni pubbliche un ulteriore "effetto positivo di ritorno",
sia  in termini di efficienza ed efficacia, sia di produttivita', ove
si consideri il sicuro "recupero ad usi  produttivi"  dei  dipendenti
pubblici attualmente distaccati o comandati presso "le organizzazioni
o associazioni" in questione.
B)  Locali delle pubbliche amministrazioni in uso alle organizzazioni
sindacali.
  Problemi interpretativi piu' rilevanti  sembrano  sorgere,  invece,
per   quanto   concerne  i  "locali  delle  rappresentanze  sindacali
aziendali", in riferimento al comma 2  dell'art.  9  della  legge  24
dicembre 1993, n. 537.
  Per  inquadrare il problema e' utile sottolineare la sequenza della
evoluzione normativa della materia nelle amministrazioni pubbliche di
cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 29/1993.
  Seppure in mancanza di specifiche disposizioni normative, da tempo,
per prassi consolidata,  infatti,  le  organizzazioni  sindacali  dei
dipendenti  pubblici hanno usufruito di "locali messi a disposizione"
dalle pubbliche amministrazioni.
  Successivamente, nella sequenza dei rinnovi sindacali del  pubblico
impiego,  l'utilizzo  dei  detti locali da parte delle organizzazioni
sindacali e' stato organicamente disciplinato - anche in relazione al
disposto di cui all'art. 23 della legge 29 marzo 1983, n.  93  -  per
quasi  tutti  i  comparti  di  contrattazione collettiva del pubblico
impiego, tenendo presente i principi in  materia  ex  art.  27  della
legge  20  maggio  1970,  n. 300 (Statuto dei lavoratori). Tali norme
dispongono:
   art. 23, comma 2, della legge n. 93/1983: "Estensione delle  norme
di cui alla legge 20 maggio 1970, n. 300": " .. con norme da emanarsi
in  base  agli  accordi sindacali di cui ai precedenti articoli della
presente legge,  si  provvedera'  ad  applicare,  nella  materia  del
pubblico  impiego,  i principi di cui agli articoli .. 27 della legge
20 maggio 1970, n. 300";
   art. 27 della legge  n.  300/1970:  "Locali  delle  rappresentanze
sindacali  aziendali":  "Il  datore di lavoro nelle unita' produttive
con almeno 200 dipendenti pone permanentemente a  disposizione  delle
rappresentanze   sindacali  aziendali,  per  l'esercizio  delle  loro
funzioni, un idoneo locale comune all'interno della unita' produttiva
o nelle immediate vicinanze di essa. Nelle unita' produttive  con  un
numero  inferiore di dipendenti le rappresentanze sindacali aziendali
hanno diritto di isufruire, ove ne facciano richiesta, di  un  locale
idoneo per le loro riunioni".
  Si riportano nell'allegato 2 gli estremi della principale normativa
intervenuta, nei tempi piu' recenti, nel settore pubblico - prima del
decreto legislativo n. 29/1993 e della legge n. 537/1993 - in materia
di locali da mettere a disposizione delle rappresentanze sindacali.
  In  sintesi,  la  richiamata  previgente  normativa  conteneva  una
disciplina sostanzialmente uniforme per i diversi comparti e  settori
di contrattazione del pubblico impiego, prevedendo che:
   in  ciascuna  unita' amministrativa con almeno 200 dipendenti (100
nei comparti "Aziende" e "Ricerca") e' consentito alle organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative, per  l'esercizio  della  loro
attivita',  l'uso  continuativo  di  idonei  locali,  se  disponibili
all'interno della struttura;
   nelle  unita'  amministrative  con  un  numero  inferiore  a   200
dipendenti (100 nei comparti "Aziende" e "Ricerca") le organizzazioni
sindacali  maggiormente  rappresentative  hanno diritto ad usufruire,
ove ne facciano richiesta, di un locale idoneo per le loro  riunioni,
se sia disponibile nell'ambito della struttura.
  Inoltre,    nei    comparti   "Ministeri",   "Aziende",   "Scuola",
"Universita'" e "Ricerca" ha operato -  in  quanto  richiamato  dalle
normative di settore - il disposto dell'art. 49, comma 2, della legge
n.  249/1968  ("a ciascuna delle organizzazioni sindacali a carattere
nazionale maggiormente rappresentative e', altresi',  concesso  nella
sede  centrale  dei singoli Ministeri e delle aziende autonome, l'uso
gratuito di un locale da adibire ad ufficio sindacale,  tenuto  conto
delle  disponibilita'  obiettive  e  secondo le modalita' che saranno
determinate    dalle    amministrazioni   interessate,   sentite   le
organizzazioni sindacali").  Analoga disposizione ha operato  per  la
Polizia  di  Stato  (art.  92, comma 2, della legge 1 aprile 1981, n.
121: "a ciascuna delle organizzazioni sindacali a carattere nazionale
maggiormente  rapresentative  e'  altresi'   concesso,   nella   sede
centrale,   l'uso  gratuito  di  un  locale  da  adibire  ad  ufficio
sindacale, tenuto conto delle disponibilita' obiettive e  secondo  le
modalita' determinate dall'amministrazione, sentite le organizzazioni
sindacali").
  La previgente normativa nel pubblico impiego in materia di utilizzo
dei  locali  delle  rappresentanze  sindacali  aziendali,  come si e'
visto, era abbastanza conforme ai "principi" recati dal  citato  art.
27 della legge n. 300/1970 (Statuto dei lavoratori).
  Tuttavia,  dal  confronto  delle rispettive normative in precedenza
riportate, si evince che nel settore pubblico era stata definita  una
disciplina  che,  per  alcuni aspetti (di non secondaria importanza),
era diversa in alcuni comparti e settori da quella dello statuto  dei
lavoratori.
  Infatti,  nel  settore pubblico, "tenuto conto delle disponibilita'
obiettive", era ritenuta legittima la "concessione", in uso gratuito,
di un locale, nella sede centrale, da  adibire  continuativamente  ad
ufficio  sindacale  "per  ciascuna  delle  organizzazioni sindacali a
carattere nazionale maggiormente rappresentative".
  Nel settore privato, invece, il predetto art.  27  della  legge  n.
300/1970  dispone che il datore di lavoro deve porre "permanentemente
a disposizione" di tutte le rappresentanze  sindacali  aziendali  "un
idoneo  locale  comune  all'interno  della  unita' produttiva o nelle
immediate vicinanze di essa".
  Con l'entrata in vigore del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.
29, e successive modificazioni ed integrazioni, anche nelle pubbliche
amministrazioni di cui all'art. 1,  comma  2,  dello  stesso  decreto
legislativo  n. 29/1993, si deve ora fare riferimento, per la materia
in questione, alle disposizioni dell'art. 27 della legge n. 300/1970,
che, ai sensi dell'art. 55, comma 2, del predetto decreto legislativo
n. 29/1993, si applica  direttamente  nei  confronti  delle  indicate
amministrazioni   pubbliche,   nell'ambito   della  piu'  complessiva
applicazione al  pubblico  impiego  dello  "Statuto  dei  lavoratori"
(legge n. 300/1970):
   art. 55, comma 2, del decreto legislativo n. 29/1993: "La legge 20
maggio  1970,  n.  300,  si  applica alle pubbliche amministrazioni a
prescindere dal numero di dipendenti".
  In tale contesto  normativo  si  collocano,  ora,  le  disposizioni
recate  dall'art.  9,  commi  1 e 2, della legge 24 dicembre 1993, n.
537, in precedenza riportate.
  Occorre, pertanto, ai fini della soluzione dello specifico problema
dei locali delle pubbliche amministrazioni di cui all'art.  1,  comma
2,  del  decreto  legislativo  n.  29/1993 in uso alle organizzazioni
sindacali, analizzare il rapporto che intercorre tra l'art. 9,  comma
2,  della  legge  n.  537/1993,  l'art.  27 della legge n. 300/1970 e
l'art. 55, comma 2, del decreto legislativo n. 29/1993.
  Rilevato  che  in  base  all'art.  27  della  legge   n.   300/1970
l'utilizzazione,   nelle   due   distinte  forme  della  destinazione
permanente  e  di  quella  temporanea,  dei  locali  a  favore  delle
rappresentanze   sindacali   rappresenta  un  "diritto  sindacale"  -
derivante  dalla  azione  di  sostegno all'attivita' sindacale voluta
dalla legge n. 300/1970, cui corrisponde un "obbligo  del  datore  di
lavoro"  -, si puo' ritenere che si e' in presenza, nella fattispecie
dell'art. 27 della legge  n.  300/1970  (Statuto  dei  lavoratori)  e
dell'art. 55 del decreto legislativo n. 29/1993, di "norme speciali",
non abrogate, quindi, dalle disposizioni di carattere generale recate
dall'art. 9, comma 2, della legge n. 537/1993.
  Peraltro, va anche evidenziato che la previsione dell'art. 9, comma
2,  della  legge  n.  537/1993 - che prescrive un "canone determinato
sulla base dei valori di mercato" - presuppone un  rapporto  di  tipo
contrattuale,  mentre nella fattispecie in esame - dati i presupposti
normativi richiamati - la previsione di un onere economico doveva, se
mai, essere qualificata come indennizzo.
   In conclusione, a giudizio  della  Presidenza  del  Consiglio  dei
Ministri  -  Dipartimento  della  funzione  pubblica,  i locali delle
pubbliche amministrazioni in uso alle  organizzazioni  sindacali  non
rientrano  nel campo di applicazione della normativa recata dall'art.
9, comma 2, della legge 24 dicembre 1993, n. 537,  in  ragione  della
"specialita'"  della  normativa  di  cui  all'art.  55,  comma 2, del
decreto  legislativo  n.  29/1993  ed  all'art.  27  della  legge  n.
300/1970.
  In  proposito  si  rende  opportuno  evidenziare,  ancora,  che per
effetto delle disposizioni recate dall'art. 55, comma 2, del  decreto
legislativo  n.  29/1993  (con  la  conseguente  applicazione,  nella
fattispecie,  dell'art.  27  della  legge  n.  300/1970)   e'   stata
"uniformata"   nella   materia   dell'utilizzo   dei   locali   delle
rappresentanze sindacali aziendali la disciplina del settore pubblico
a quella del settore privato, per cui sono da ritenere abrogate tutte
le indicate specifiche normative preesistenti in materia nel pubblico
impiego.
  Ne consegue, coerentemente, che - ai sensi della  richiamata  nuova
vigente  regolamentazione in materia nell'ambito del pubblico impiego
(e cioe' la riconduzione alla disciplina unitaria dell'art. 27  della
legge  20  maggio  1970,  n.  300,  di tutte le richiamate specifiche
normative preesistenti in materia di messa a disposizione dei  locali
delle   amministrazioni  pubbliche  in  favore  delle  organizzazioni
sindacali) - le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2,
del decreto legislativo n. 29/1993, sono tenute,  ora,  a  mettere  a
disposizione  permanentemente un unico idoneo locale comune per tutte
le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, e non piu',
quindi, un locale da adibire continuativamente ad ufficio  sindacale"
per    ciascuna    delle    organizzazioni   sindacali   maggiormente
rappresentative".
  I Ministeri, le associazioni, le unioni, i presidenti delle  giunte
regionali  e  delle  province  autonome, i commissari di Governo ed i
prefetti della Repubblica sono invitati, ciascuno nel proprio ambito,
a portare la presente direttiva - circolare a conoscenza degli enti e
degli   organismi   vigilati   od   associati,   che    provvederanno
all'attuazione   della   normativa  in  argomento  nell'ambito  della
rispettiva autonomia istituzionale ed ordinamentale.
                                                  Il Ministro: URBANI
 Registrata alla Corte dei conti il 22 novembre 1994
Registro n. 3 Presidenza, foglio n. 3