Al presidente della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome Ai commissari di Governo Agli assessori alla sanita' delle regioni e delle province autonome Ai direttori generali delle unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere Si trasmette l'unito documento recante indicazioni sul profilo aziendale dei soggetti gestori dei servizi sanitari, gia' sottoposto alla verifica delle regioni ed elaborato come intervento di sostegno del processo di aziendalizzazione nel Servizio sanitario nazionale. Cio' che caratterizza il programma riformatore della sanita' e' la presenza della definizione "forte" di taluni principi fondamentali, che agiscono come regole e vincoli di carattere generale rispetto ad un vero e proprio processo attuativo, al quale e' affidato il compito di individuare le specificazioni di dettaglio delle regole stesse. La pluralita' dei livelli di intervento normativo, il carattere flessibile e sperimentale delle soluzioni possibili e l'autonomia dei soggetti coinvolti rendono complesso il processo attuativo del riordinamento e rendono evidente il bisogno di governare il processo stesso in modo da assicurare la coerenza dei passi attuativi rispetto ai principi e ai vincoli generali. Le presenti linee di guida costituiscono un intervento orientato a supportare in modo specifico la fase di avvio dei nuovi soggetti gestori del servizio, chiarendo gli obiettivi e promuovendo scelte coerenti, senza pregiudizio alcuno per le autonome determinazioni delle singole regioni. Le indicazioni che vengono rimesse alle regioni e agli organi di amministrazione delle nuove aziende costituiscono base di riflessione e di orientamento delle scelte di tipo legislativo o amministrativo che ciascuno di essi e' chiamato a compiere. Attraverso ulteriori interventi potranno successivamente essere affrontati altri temi attinenti all'indirizzo del processo attuativo del riordinamento sanitario. LINEE DI GUIDA N. 2/96: PROFILO AZIENDALE DEI SOGGETTI GESTORI DEI SERVIZI SANITARI 1. La necessita' di governare il processo attuativo del riordinamento del Servizio sanitario nazionale. La legge delega (legge 23 ottobre 1992, n. 421) e i decreti legislativi che ne sono derivati (decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517) contengono un nuovo disegno organizzativo e gestionale del Servizio sanitario nazionale. Cio' che caratterizza il programma riformatore della sanita' e' la presenza della definizione "forte" di taluni principi fondamentali, che agiscono come regole e vincoli di carattere generale rispetto ad un vero e proprio processo attuativo, al quale e' affidato il compito di individuare le specificazioni di dettaglio delle regole stesse. Il processo attuativo, a sua volta, si connota in termini di elevata flessibilita' ed e' sorretto: a) da un sistema articolato di normazione secondaria, la cui funzione e' quella di tracciare il disegno organizzativo di dettaglio in aderenza alle particolari esigenze locali e differenziando le soluzioni ove necessario; b) da una decisa tendenza alla delegificazione, per garantire il normale adeguamento degli apparati e dei servizi al mutare dei bisogni e della domanda sanitaria; c) dall'esplicito riconoscimento del metodo sperimentale come criterio per la ricerca e la verifica delle soluzioni organizzative e gestionali. La pluralita' dei livelli di intervento normativo, il carattere flessibile e sperimentale delle soluzioni possibili e l'autonomia dei soggetti coinvolti rendono complesso il processo attuativo del riordinamento e rendono evidente il bisogno di governare il processo stesso in modo da assicurare la coerenza dei passi attuativi rispetto ai principi e ai vincoli generali. I soggetti investiti di detta funzione di governo e monitoraggio del processo attuativo sono l'amministrazione centrale e le regioni. Le presenti linee di guida costituiscono un intervento orientato a supportare in modo specifico la fase di avvio dei nuovi soggetti gestori del servizio, chiarendo gli obiettivi e promuovendo scelte coerenti, senza pregiudizio alcuno per le autonome determinazioni delle singole regioni. Le indicazioni che seguono vengono rimesse alle regioni e agli organi di amministrazione delle nuove aziende come basi di riflessione e di orientamento delle scelte di tipo legislativo o amministrativo che ciascuno di essi e' chiamato a compiere. Attraverso ulteriori interventi potranno successivamente essere affrontati altri temi attinenti all'indirizzo del processo attuativo del riordinamento sanitario. I temi sui quali si richiama l'attenzione nello spirito anzidetto di fornire delle linee lungo le quali orientare il processo attuativo del quadro normativo nazionale sono i seguenti: a) il significato della scelta del modello organizzativo aziendale; b) l'analisi della missione aziendale nella realta' delle U.S.L. e in quella delle aziende ospedaliere, nonche' dei profili di integrazione verticale delle strategie aziendali; c) i criteri generali di organizzazione delle due tipologie di azienda; d) l'innovazione gestionale in funzione della integrazione orizzontale delle aziende; e) indicazioni in materia di gestione del patrimonio. 2. Significato della scelta del modello organizzativo aziendale. Il superamento della formula generica ed ambivalente di "struttura operativa" con la quale il legislatore della n. 833/1978 ha definito l'unita' sanitaria locale e la qualificazione della medesima (insieme all'ospedale autonomo) quale "azienda" segna una svolta della quale vanno sottolineate le principali implicazioni. La scelta del modello organizzativo aziendale non e' una novita' nel diritto pubblico, giacche' al modello aziendale si e' fatto ricorso ogni qual volta le pubbliche amministrazioni si sono trovate a dover svolgere non solo attivita' politiche ed amministrative in senso proprio, ma anche "attivita' dirette di produzione di beni e servizi". E' proprio nella esaltazione giuridica di un elemento sostanziale quale quello della "attivita' stabilmente organizzata per la produzione di beni e servizi" che risiede la ratio della figura aziendale. Di recente la legislazione sull'ordinamento delle autonomie locali (legge 8 giugno 1990, n. 142, richiamata dalla legge n. 412/1992 recante la delega per il riordinamento del settore sanitario) ha fatto esplicito riferimento al modello aziendale ("azienda speciale") come formula per la gestione di servizi che abbiano ad oggetto "la produzione di beni e di attivita' rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunita' locali". Il modello aziendale come tale appartiene al diritto comune, nel senso che e' caratterizzato da taluni elementi ricorrenti, la cui presenza non e' influenzata dalla natura pubblica o privata del soggetto che utilizza il modello stesso. L'azienda (e l'insieme delle regole di assetto e di funzionamento che la caratterizzano) resta tale anche quando assolve a finalita' pubbliche. I principi che presiedono alla configurazione di ogni struttura aziendale pubblica - e che quindi vanno ritrovati nei nuovi soggetti gestionali del servizio sanitario - sono: l'autonomia. Il principio di autonomia sta ad indicare la capacita' degli organi di amministrazione di combinare le risorse a disposizione in funzione dei fini di azienda. L'autonomia e' compatibile con la funzione di indirizzo e controllo da parte dell'organizzazione politico-amministrativa; l'economicita'. Il principio di economicita' - che non esclude quello di legittimita' - sta ad indicare che il funzionamento della struttura deve essere ispirato da razionalita' rispetto allo scopo piuttosto che da razionalita' rispetto alla norma; la regolamentazione di diritto comune. Il principio sta ad indicare che l'attivita' deve essere sottoposta piu' alle regole del diritto comune, che a quelle del diritto amministrativo; la responsabilita'. Il principio della responsabilita' sta ad indicare la necessita' che il controllo esterno si eserciti sui risultati e sulla conduzione complessiva della gestione piuttosto che sugli atti, mentre all'interno della struttura deve decollare la funzione del controllo di gestione. Nel documento riportato nell'allegato 1 sono passati in rassegna ed analizzati i principi (o vincoli) di ordine generale attraverso i quali la legislazione nazionale definisce i contorni del profilo ordinamentale ed organizzativo dell'azienda sanitaria. E' abbastanza agevole verificare come i principi riportati nel richiamato allegato risultino complessivamente coerenti con i citati elementi fondamentali del modello aziendale. Sicche' e' da ritenere che sussistano tutti i presupposti perche' possano svilupparsi nel concreto gli strumenti della organizzazione aziendale, ferme restando le finalita' pubbliche del servizio e l'impegno a rivedere e rimuovere incertezze ed ostacoli tutt'ora presenti. 3. Analisi della missione aziendale e profili di integrazione verticale. L'impiego nel settore della sanita' degli strumenti organizzativi e gestionali propri del modello aziendale incontra taluni limiti legati alle finalita' pubbliche del servizio e derivanti dall'assetto del sistema. I profili che determinano un particolare orientamento della gestione del servizio secondo il modello aziendale discendono dalla missione stessa del S.S.N. e dalla peculiare articolazione delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo e di controllo. Vengono in rilievo, al riguardo, due elementi centrali: a) la presenza di un sistema regionale della sanita'; b) le differenze che sussistono nella missione delle due tipologie di azienda sanitaria (azienda U.S.L. e azienda ospedaliera). 3.1. L'azienda come elemento del complesso sistema regionale. Sotto il primo profilo acquista particolare significato il dato che vuole l'azienda sanitaria (sia la U.S.L. che l'azienda ospedaliera autonoma) immersa in un sistema articolato e complesso il cui indirizzo politico-amministrativo compete istituzionalmente agli organi della regione. Tale circostanza e' rimarcata nell'analisi dei principi fondamentali che ispirano il riordinamento contenuta nell'allegato 1, al quale si fa' rinvio. Quel che merita di essere in questa sede ribadito e' che la dipendenza dell'azienda sanitaria dalla regione investe esclusivamente l'area dell'indirizzo - cioe' della determinazione degli obiettivi e dei vincoli, anche finanziari - nonche' del controllo sui risultati complessivi della gestione. Restano in tal modo del tutto integra l'autonomia gestionale, che e' carattere peculiare ed essenziale del modello aziendale ed attiene, come sopra precisato, alla organizzazione delle risorse a disposizione in vista del conseguimento dei risultati. Il rapporto tra poteri di indirizzo - che attengono alla regione quale livello politico - e poteri di gestione - che spettano agli organi dell'azienda quale livello tecnico - riflette puntualmente un principio di portata generalissima oggi imperante con riferimento all'intero settore della pubblica amministrazione (vedi allegato 1). La funzione di controllo di pertinenza della regione deve assumere la fisionomia tipica del controllo esterno sui risultati e deve abbandonare pertanto la strada del controllo preventivo sugli atti, che e' incoerente con il principio di autonomia tecnica del livello gestionale e con quello della responsabilizzazione dello stesso per i risultati conseguiti (vedi allegato 1). L'attribuzione alla regione del potere di controllo e', se interpretata nel senso sopra indicato, pienamente compatibile con il quadro dei principi caratteristici del modello aziendale. Conclusivamente, i poteri di programmazione, indirizzo e controllo del sistema complessivo che la legge assegna alle regioni (sottolineati dall'art. 2 del decreto legislativo n. 502/1992) risultano nella loro sostanza pienamente compatibili con lo sviluppo dell'assetto aziendale dei soggetti investiti della gestione del servizio e con l'esercizio dell'autonomia amministrativa e gestionale. La condizione e' che gli stessi poteri siano esercitati nei limiti propri del loro specifico contenuto, senza invasione pertanto degli ambiti che il sistema, per coerenza, non puo' che vedere riconosciuti al livello aziendale. La presenza dei poteri di indirizzo e di controllo della regione sono espressione delle prerogative costituzionali delle stesse e costituiscono le coordinate di un vero e proprio sistema sanitario regionale, all'interno del quale le aziende sanitarie si collocano. Con l'effetto di risultare immerse in un insieme di meccanismi e strumenti che, individuando obiettivi ed indirizzi, regolando i flussi finanziari e svolgendo la valutazione dei risultati, rappresentano l'asse portante di un sistema di integrazione verticale che lega e coordina le scelte gestionali di ogni singola azienda con un disegno di governo della sanita' regionale. 3.2. Sinergie e conflitti interaziendali. Sotto il secondo profilo si deve notare come le unita' sanitarie locali e gli ospedali, in quanto aziende regionali, concorrono entrambe all'attuazione degli indirizzi e degli obiettivi della politica sanitaria regionale. Le due tipologie di azienda, peraltro, pur essendo unificate dalla anzidetta finalizzazione, presentano tra loro una notevole differenza che investe i seguenti aspetti principali: i fini istituzionali ("missione"); le modalita' di realizzazione dei fini stessi; il finanziamento. Per quanto riguarda la U.S.L., infatti, si nota che: a) il fine si identifica con il soddisfacimento dei bisogni di salute della comunita' locale perseguito attraverso la garanzia dei livelli uniformi di assistenza i quali, e' bene ricordarlo, riguardano: l'assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, l'assistenza sanitaria di base, l'assistenza specialistica semiresidenziale e territoriale, l'assistenza ospedaliera, l'assistenza sanitaria residenziale a non autosufficienti e lungodegenti stabilizzati. Garanzia che, inoltre, investe attraverso i progetti obiettivo e le azioni programmate le politiche sanitarie orientate a particolari categorie di cittadini. Tale garanzia, in presenza delle necessarie disponibilita' finanziarie, puo' essere spinta anche verso l'alto e raggiungere livelli superiori a quelli uniformi; b) detto fine e' realizzato direttamente mediante la produzione e la erogazione di prestazioni e di servizi, ovvero indirettamente mediante l'acquisto degli stessi da un sistema di soggetti esterni accreditati e remunerati su base tariffaria; c) il finanziamento deriva dal trasferimento di quote del fondo regionale, nonche' dalle entrate per prestazioni rese a pagamento e da altri proventi (gestione del patrimonio. contribuzioni volontarie, ecc.). L'azienda ospedaliera, invece: a) ha come fine quello di rispondere a specifici bisogni di salute erogando prestazioni e servizi di diagnosi e cura in quantita' e qualita' coerente con la domanda. Oltre a cio', l'ospedale, in quanto azienda strumentale della regione, concorre, unitamente alle altre aziende U.S.L. ed ospedaliere, a realizzare in modo integrato la tutela globale della salute, cooperando, negli interventi di carattere preventivo; b) detti fini sono perseguiti producendo e fornendo prestazioni e servizi di qualita' elevata a costi minimi; c) il finanziamento e' assicurato dalla regione in relazione alle funzioni ed ai servizi indivisibili (finanziamento a programma) e deriva per il resto dalle entrate per le prestazioni vendute alle aziende U.S.L. o ad altri soggetti collettivi (assicurazioni) o direttamente ai privati. In relazione alle notate diversita' il comportamento gestionale delle due realta' aziendali tende a diversificarsi per il conseguimento dell'equilibrio economico, che rappresenta un obiettivo preminente in quanto deriva da un vincolo generale al quale le aziende comunque soggiacciono. Di qui il rischio di vedere privilegiate le azioni che mirano a perseguire il proprio equilibrio aziendale senza preoccuparsi della compatibilita' con le esigenze di equilibrio delle altre singole aziende del contesto regionale e, piu' in generale, dei problemi di equilibrio del sistema regionale complessivo. Il problema vero, sotto questo punto di vista, e' quello di orientare le singole aziende ad assumere le azioni per le quali si ha la convergenza di interessi tra i vari elementi del sistema sanitario regionale, evitando le azioni che invece sono potenzialmente generatrici di conflitti di interessi. Le considerazioni che precedono confermano ulteriormente l'utilita' - o meglio l'insostituibilita' - della programmazione regionale quale meccanismo di integrazione verticale delle politiche gestionali aziendali. 4. Definizione organizzativa della U.S.L. e dell'azienda ospedaliera. Lo sviluppo del profilo aziendale della U.S.L. e dell'azienda ospedaliera sara' funzione della coerenza complessiva che il processo attuativo sapra' mantenere tra i momenti applicativi ed i principi fondamentali. Il richiamo al principio della coerenza investe innanzitutto il momento costitutivo delle nuove aziende, la cui organizzazione ed il cui funzionamento sono regolati, a norma dell'art. 3, comma 5, del decreto legislativo n. 502/1992, mediante atti delle regioni. Al corpo normativo regionale spetta quindi il compito - di rilievo fondamentale - di tradurre in concreto e specificare nel dettaglio i presupposti normativi affinche' l'assetto organizzativo delle aziende della regione: possa singolarmente e complessivamente risultare aderente alle esigenze sanitarie del territorio e del contesto amministrativo e socio-economico, pur senza rinunciare alla conformita' ai principi fondamentali; sappia generare comportamenti gestionali effettivamente capaci di orientarsi verso le finalita' del programma di riordinamento. Fermi restando gli ambiti di autonomia riconosciuti alle regioni e agli organi di amministrazione delle aziende, si indicano alcuni criteri e principi generali, i quali hanno il solo scopo di provocare una riflessione su aspetti ritenuti essenziali per una buona impostazione organizzativa dell'azienda. Un principio che si ritiene fondamentale e' quello della separazione all'interno dell'Azienda delle responsabilita' di programmazione e controllo (la direzione "strategica") da quelle di gestione delle attivita' sanitarie, decentrate nelle strutture di "line" (distretti, presidi ospedalieri, servizi di prevenzione collettiva etc.). La direzione strategica e' compito del direttore generale, al quale e' anche imputata la globalita' dei poteri amministrativi, in cio' coadiuvato dal direttore sanitario e dal direttore amministrativo; la gestione di ciascuna struttura di "line", intesa come organizzazione delle risorse e delle attivita' e' esercitata da un dirigente sanitario o amministrativo delegato dal direttore generale, il quale assume la responsabilita' gestionale della struttura. Il principio della separazione tra funzioni di direzione e funzioni di gestione ha come corollari: l'unitarieta' dell'intervento sanitario su aree territoriali e su aggregati di popolazione significative e peculiari nell'ambito del "territorio aziendale"; l'assimilazione del modello di gestione dei presidi ospedalieri a quello delle Aziende ospedaliere; la generalizzazione della gestione per budget, quale strumento di unificazione del ciclo programmazione-controllo-riprogrammazione, affidando, all'interno di tale ciclo, al direttore generale le decisioni relative all'assegnazione delle risorse alle strutture di "line" nonche' le funzioni di verifica dei risultati in un quadro di decentramento dei poteri di gestione e delle connesse responsabilita'; l'organizzazione in forma dipartimentale del coordinamento tecnico-scientifico delle attivita' e degli operatori per aree tematiche omogenee su base aziendale; la definizione di un organigramma della dirigenza adeguato ai recenti dettami della riforma del pubblico impiego, mediante una piu' marcata differenziazione fra i responsabili generali di strutture che rispondono di un budget ed i dirigenti, di settore o di servizio, con funzioni tecniche e consulenziali; il raccordo, attraverso i responsabili di distretto e di presidio ospedaliero, fra Azienda, Comuni e rappresentanze sociali nella individuazione degli obiettivi, nella selezione delle priorita', nella allocazione delle risorse. L'equilibrio del modello si fonda sulla pari valorizzazione di tutti i suoi elementi. Il direttore generale dell'Azienda U.S.L. sapra' interpretare correttamente l'essenza del proprio ruolo, se svolgera' appieno le proprie peculiari funzioni equilibratrici, mediante gli strumenti gestionali classici della programmazione-controllo di gestione e della corretta interpretazione dei bisogni della societa' nelle sue diverse articolazioni rappresentative. Un secondo principio essenziale attiene alla semplificazione dei livelli di responsabilita'. Le unita' di "line" sono sedi di allocazione complessiva ed integrata di risorse e quindi sono centri unitari di responsabilita' dei quali il dirigente responsabile della gestione complessiva del presidio risponde in termini di risultati di gestione complessivi. La stretta correlazione tra responsabilita' e risorse da' ragione della non interposizione di altri soggetti nel rapporto gerarchico formale e sostanziale con il vertice aziendale. 5. Innovazione organizzativa e strategie gestionali di integrazione orizzontale fra aziende. Nell'ambito delle scelte programmatiche, degli obiettivi e degli indirizzi regionali, l'azienda sanitaria e' in condizione di individuare in piena autonomia aree e progetti di intervento aventi una significativa valenza in termini di miglioramento della efficienza e della qualita' del servizio. Ai fini del miglioramento dei servizi un criterio guida che merita di essere seguito ed approfondito e' quello di concentrare l'attenzione sulla missione specifica dell'azienda e adottare, anche in via sperimentale, forme di gestione "esterna" per le attivita' strumentali e di supporto. Gli effetti di miglioramento gestionale sono legati alla possibilita' di concentrare, anche mediante appositi interventi di riorganizzazione interna, le risorse disponibili sulle attivita' che valgono a connotare in modo esclusivo le finalita' dell'ente (nel caso della sanita' quelle legate alle prestazioni a contenuto tecnico-sanitario), mentre le funzioni strumentali e di supporto, per loro natura generiche in quanto comuni a piu' realta' organizzative, possono essere assicurate con maggiore efficienza e secondo livelli di qualita' piu' elevati facendo ricorso ad organizzazioni professionali specializzate presenti sul mercato. Le aree che maggiormente si prestano ad una strategia di esternalizzazione sono quelle di taluni servizi amministrativi (gestione e manutenzione programmata del patrimonio immobiliare e tecnologico, gestione degli acquisti, sistemi informativi, procedure di reclutamento del personale, etc.) o anche di servizi diversi (es. biblioteche, stabulari, etc. ), ivi compresi alcuni servizi sanitari (es. farmacie, laboratori, etc.). Si potrebbe prendere in considerazione, come ipotesi sperimentale, sempre che si ravvisino possibili vantaggi, soluzioni organizzative per cosi' dire piu' globali, che prevedano, ad esempio, l'attuazione e gestione comune da parte di piu' aziende dell'intero servizio amministrativo. L'enunciato obiettivo di miglioramento gestionale che costituisce la ratio delle scelte orientate verso la esternalizzazione dei servizi, e' indicato chiaramente dalla legge n. 724 del 23 dicembre 1994 (legge finanziaria 1995), la quale all'art. 6, comma 4 prevede che l'affidamento e il rinnovo a terzi di servizi di pertinenza dell'unita' sanitaria locale e dell'azienda ospedaliera sono subordinati alla contestuale disattivazione dei corrispondenti servizi direttamente gestiti ed il relativo personale e' posto in mobilita' d'ufficio. Il personale che non ottempera al trasferimento d'ufficio e' collocato in disponibilita' ai sensi dell'art. 34 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni. L'affidamento all'esterno puo' essere reso operativo mediante appositi rapporti a termine con imprese che hanno come missione specifica quella di gestire i servizi di altre aziende. L'affidamento all'esterno potrebbe operare anche attraverso forme che favoriscono la imprenditorialita' interna (es. cooperative di dipendenti) prevedendo garanzie idonee ad assicurare la qualita' della gestione. Potrebbero inoltre individuarsi interventi destinati a coinvolgere piu' aziende sanitarie ed altri enti pubblici e privati per la realizzazione di programmi comuni e/o coordinati dai quali possono derivare processi di razionalizzazione-innovazione dell'assetto organizzativo delle aziende interessate e di miglioramento complessivo dell'attivita'. Le forme di intervento potrebbero essere: la costituzione di societa' a partecipazione mista. Tale soluzione appare piu' congrua per interventi a forte contenuto tecnico e con connotazioni economiche piu' peculiari (es. gestione del patrimonio, manutenzione, etc.). Come esempi ai quali ispirarsi, si potrebbero richiamare le disposizioni in tema di "patrimonio" degli enti previdenziali contenute nelle leggi n. 88 del 9 marzo 1989 (art. 20 - Ristrutturazione INPS e INAIL) e n. 537 del 24 dicembre 1993 (art. 9 - Legge finanziaria 1994); la costituzione di consorzi fra aziende e con altri enti pubblici e privati. Tale soluzione potrebbe essere preferita per assumere e svolgere su scala adeguate funzioni nuove e/o di carattere strategico (ricerca scientifica, attivita' di formazione, etc.). Ad un consorzio fra piu' aziende, oltre alle funzioni predette, si potrebbero attribuire compiti piu' direttamente incidenti sulla attivita' corrente. Prendendo spunto dai "criteri di organizzazione" individuati nell'art. 5 del decreto legislativo n. 29/1992, che prevede la articolazione degli uffici per funzioni omogenee, distinguendo fra funzioni finali e funzioni strumentali di supporto, si potrebbero affidare al consorzio queste ultime relativamente ad alcuni servizi (es. acquisti, gestione del patrimonio, manutenzione, etc). Vantaggio sarebbe quello di affidare a strutture organizzative agili e tecnicamente qualificate lo svolgimento di compiti di notevole rilevanza (es. indagini di mercato, osservatorio prezzi, elaborazione atti di gara e adempimenti procedurali connessi, etc), contemporaneamente sgravando di tali compiti gli uffici delle singole aziende e gradualmente riqualificando tali uffici e ridefinendo il ruolo degli stessi in termini per cosi' dire di controllo della attivita' di gestione affidata a terzi; il ricorso a convenzioni fra enti diversi. Tale forma di cooperazione fra enti, piu' semplice e flessibile, puo' essere funzionale allo svolgimento in comune di singoli servizi, all'utilizzo coordinato di beni e di tecnologia, allo svolgimento di attivita' diverse (es. attivita' libero professionale). Dalla stessa potrebbero comunque derivare effetti positivi sulla organizzazione aziendale e sulla gestione delle risorse umane (vedasi la disposizione della legge finanziaria n. 724/1994, art. 6, comma 4, sopra richiamata); gli accordi di programma. Tale strumento puo' essere utilizzato per favorire la realizzazione di interventi che impegnano le attribuzioni di enti diversi e allo stesso si potrebbe far ricorso per realizzare programmi di interesse comune ad enti diversi, pubblici e/o privati. Tali interventi potrebbero riguardare l'offerta di servizi a soggetti terzi (es. attivita' di certificazione, di sperimentazione, di formazione, etc.), possibile solo attraverso accordi con altri enti (es. Universita', enti di ricerca, etc.) ed essere finalizzati alla raccolta di risorse finanziarie integrative. Potrebbero essere realizzati mediante accordi di programma interventi di particolare interesse per la comunita' locale in campi diversi (es. igiene pubblica, medicina del lavoro, sicurezza, etc.). Forme di integrazione e di cooperazione fra aziende possono essere utilizzate anche per l'acquisto dei beni classici e per la sperimentazione di nuove formule di acquisto e di vendita di beni e di servizi. Non deve sfuggire, infatti, che le singole aziende si pongono non solo come acquirenti di beni e di servizi ma anche come venditrici di servizi di supporto e sanitari in un ambito di competizione tra le aziende stesse e le imprese private. Sotto il profilo dell'acquisto di beni e servizi sono da valorizzare e sviluppare gli strumenti giuridici che permettono l'aggregazione tra aziende per l'acquisto dei beni cosiddetti "classici", quali quelli di consumo. Per l'acquisizione di beni strumentali puo' risultare utile e va quindi esplorata la formula del "general contractor", che ha notevoli applicazioni all'estero, ma e' stata poco attuata in Italia. Si tratta di individuare, attraverso gare nazionali, un unico interlocutore per tutto cio' che concerne l'acquisizione di beni omogenei (per es. beni per il mantenimento alberghiero dei pazienti, beni per il mantenimento e la cura dei pazienti). In tal modo il rapporto tra le Aziende ed il mercato avviene esclusivamente con poche intermediazioni, producendo effetti positivi sull'organizzazione dell'Azienda con l'eliminazione di un indotto di cui non e' possibile quantificare il costo: si pensi soltanto a quello che oggi caratterizza l'attivita' principale dei servizi acquisti e contabilita' delle Aziende che sono costrette, per la parcellizzazione del mercato, ad un numero enorme di transazioni e registrazioni che impongono un assorbimento di risorse umane che potrebbero essere meglio destinate ad altri servizi. L'evoluzione del mercato che, in termini assai rapidi, sta avvenendo nel Paese, caratterizzato sempre piu' da grandi catene di distribuzione, potrebbe facilitare il compito: si pensi alle Coop, alle Conad, ai Metro, agli Ipermercati, ecc. Per l'organizzazione che hanno questi grandi distributori, capillare sull'intero territorio nazionale, non sono da escludere ulteriori effetti positivi sull'organizzazione delle Aziende: queste non sarebbero, infatti, piu' costrette al mantenimento di grandi scorte di magazzino. La figura del "general contractor" potrebbe trovare anche applicazione per l'acquisto di tutto cio' che riguarda i prodotti medicinali, presidi medico-chirurgici, materiale di medicazione, materiale "disposable", cosi' come anche i reagenti, reattivi e diagnostici di laboratorio. Quanto alle opportunita' di vendita di servizi, vanno evidenziate le grandi sinergie che possono realizzarsi mediante le richiamate forme di cooperazione tra aziende laddove si tratti di attivare e gestire servizi di alta complessita' organizzativa e tecnologica quali, ad esempio, i servizi informatici, i centri di bioingegneria e di ingegneria clinica, i centri di conservazione di materiali scientifici o di archiviazione su disco ottico, i centri di epidemiologia. I servizi di cui trattasi, realizzati dalle singole aziende o in collaborazione tra di esse possono rappresentare prodotti che vengono messi a disposizione di altre aziende sanitarie mediante appositi accordi, oppure vengono offerte sul mercato in regime di libera concorrenza. 6. La gestione del patrimonio aziendale. La dimensione aziendale acquisita dalla U.S.L. e dall'ospedale autonomo pone in rilievo un elemento nuovo, dato dalla gestione economica del patrimonio aziendale, inteso come il complesso dei beni durevoli della gestione. Inizialmente si pongono due problemi: quello di effettuare un inventano fisico dei beni esistenti e quello di valorizzarli. E' necessario conoscere l'ammontare del patrimonio in carico, sia per quanto riguarda i beni mobili e di consumo che i beni immobili. Il valore dei beni inventariati dovrebbe essere calcolato sulla base dei prezzi di mercato al momento dell'inventario, eccezion fatta per i beni di consumo per i quali dovrebbe far testo l'ultima fattura di acquisto, purche' non antecedente ai sei mesi precedenti. In ultima analisi le valutazioni del patrimonio dell'azienda U.S.L. devono conformarsi a quello delle imprese, cosi come definito dalla IV direttiva CEE in tema di quadro fedele del bilancio; in particolare la Situazione Patrimoniale deve dire con chiarezza e precisione qual'e' lo stato patrimoniale dell'Azienda Sanitaria. E' indispensabile ai fini di ottemperare agli obblighi derivanti dalla tenuta di un bilancio economico patrimoniale, l'inserimento di dati in partenza i piu' corretti possibili. Una corretta inventariazione dei beni che costiuiscono il patrimonio e la corretta determinazione del loro valore e' fondamentale per una effettiva gestione aziendale in quanto: la distinzione del patrimonio di uso sanitario dal "patrimonio da reddito" consente di misurare il livello di "redditivita'" di quest'ultimo al fine di adottare politiche miranti a migliorarla; la conoscenza dei beni componenti il patrimonio e del loro valore consente di effettuare politiche di smobilizzo e permutazione del patrimonio, nonche' operazioni di ricorso al prestito con garanzie patrimoniali che consentiranno alle aziende un piu' flessibile perseguimento dei propri fini di tutela della salute. In particolare per quanto riguarda i beni immobili, in presenza di patrimoni da reddito ovvero di patrimoni originariamente destinati ad uso sanitario ma sottoutilizzati, non ancora completati o comunque non indispensabili al mantenimento dei livelli di assistenza, le aziende sanitarie, nell'ambito di un piano complessivo regionale possono: vendere i beni o permutarli con altri; affidarli in gestione ad organismi specializzati per incrementarle la redditivita'; conferire i beni a titolo di garanzia per la contrazione di mutui o per l'accensione di altre forme di credito. Condizione indispensabile perche' questo avvenga e' che le regioni adottino i provvedimenti di trasferimento dei beni che facevano parte del patrimonio dei comuni o delle province, con vincolo di destinazione alle unita' sanitarie locali, secondo quanto previsto dall'art. 5 del decreto legislativo n. 502/1992. Anche le regioni, per censire e valorizzare i beni da trasferire, possono avvalersi di organismi specializzati. _______________ ALLEGATO 1 I principi informatori del riordinamento. Il governo del processo attuativo della normativa di riordinamento del Servizio sanitario nazionale richiede che siano preliminarmente individuati e condivisi i riferimenti generali che vengono assunti come obiettivi verso i quali orientare lo sviluppo del processo stesso, specie per quanto riguarda le coordinate della fisionomia aziendale che i nuovi soggetti gestori dei servizi devono assumere. Tali riferimenti generali (o principi informatori) debbono essere compiutamente identificati avendo ben presente che il riordinamento del servizio sanitario nazionale e' parte di un piu' generale ed ampio programma politico e legislativo di revisione organizzativa e funzionale che investe tutta l'area della Pubblica amministrazione. La dimensione integrata delle due strategie e' ben espressa dalla legge 23 ottobre 1992, n. 421, con la quale il Governo e' stato delegato a provvedere in un contesto unitario alla "razionalizzazione e alla revisione delle discipline in materia di sanita', di pubblico impiego, di previdenza, di finanza territoriale". Il contenuto della delega individua un programma di revisione organizzativa che contiene una linea generale di riforma (avente per oggetto il pubblico impiego e, quindi, la Pubblica amministrazione nella sua accezione piu' lata), la quale interseca trasversalmente le altre linee di revisione settoriale (sanita', previdenza, finanza locale). La connessione rilevata trova puntuale riscontro nell'art. 1, comma 3, del decreto legislativo n. 29/1993, il quale riconduce le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale all'interno del sistema delle pubbliche amministrazioni oggetto della disciplina generale contenuta nel decreto medesimo. La riflessione preliminare che discende dalle considerazioni che precedono puo' essere sintetizzata come segue: il programma di revisione del sistema amministrativo sanitario non puo' essere letto ed interpretato, specie per quanto attiene ai principi fondamentali e ai vincoli generali, se non come parte del piu' ampio programma di revisione del sistema amministrativo pubblico, le regole e i principi ispiratori del quale valgono ad illuminare anche la costruzione dell'azienda sanitaria. Tenendo conto di cio' ed avendo riguardo ai contenuti specifici del riordinamento sanitario, gli elementi identificabili quali riferimenti di carattere generale per l'inquadramento del profilo aziendale degli enti sanitari sono i seguenti: 1. La revisione del S.S.N. voluta dalla citata legge delega ed attuata attraverso i due interventi legislativi del Governo (decreto legislativo n. 502/1992 e decreto legislativo n. 517/1993), si qualifica come un riordinamento profondo e radicale, che tocca molti ed importanti profili organizzativi e gestionali, ma non tocca i principi informatori del Servizio sanitario nazionale inteso quale sistema pubblico articolato, istituzionalmente preposto alla tutela della salute come diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettivita' e costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attivita' destinate alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione, senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalita' che assicurino l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio (art. 1 della legge n. 833/1978). Riaffermare i principi ispiratori del servizio sanitario italiano vuol dire soprattutto ribadire il carattere unitario dell'azione di tutela della salute che rimane come cardine ed elemento ispiratore dei compiti istituzionali affidati ai nuovi soggetti gestori del servizio. 2. Ridefinizione dei compiti rispettivamente affidati allo Stato e alla Regione rispetto al governo e alla gestione del S.S.N. Merita di essere rimarcato, in proposito, il ridimensionamento delle attribuzioni del livello centrale (programmazione, determinazione ex ante delle risorse finanziarie, definizione degli obiettivi e dei livelli di assistenza, verifica dei risultati) al quale corrisponde il rafforzamento dei poteri della regione in materia di programmazione, finanziamento, organizzazione, funzionamento e controllo delle attivita', accompagnato dalla responsabilizzazione totale delle stesse per i risultati finanziari della gestione. L'art. 2 del decreto legislativo n. 502/1992 pone nel giusto rilievo il fascio dei poteri e delle responsabilita', che incombono sul livello regionale e rappresentano le coordinate su cui poggia la identificabilita' di un sistema regionale della sanita' al cui interno vanno correttamente dimensionati i profili di autonomia delle singole aziende sanitarie; 3. Ridimensionamento del ruolo del Comune rispetto alla gestione delle attivita' del S.S.N. ed intervento di nuovi soggetti istituzionali (azienda U.S.L. e azienda ospedaliera). L'ente locale interviene solo nella "definizione delle linee di indirizzo per l'impostazione programmatica delle attivita'" senza alcun potere e responsabilita' nell'amministrazione. La gestione dei servizi e' affidata a nuovi soggetti istituzionali, nella duplice forma della U.S.L. e dell'azienda ospedaliera, i quali subentrano con ruoli diversificati nei compiti di gestione prima attribuiti al Comune e da questi esercitati in modo integrato attraverso la U.S.L., allora qualificata come mera struttura operativa del Comune e sfornita di personalita' giuridica. Le aziende sanitarie, invece, hanno ora personalita' giuridica pubblica, e sono fornite di ampia autonomia (art. 3, comma 1 e art. 4, comma 1, decreto legislativo n. 502/1992); 4. La qualificazione giuridica della U.S.L. e dell'ospedale come azienda della regione, con personalita' giuridica, autonomia, organi di gestione propri. La natura aziendale dei nuovi soggetti istituzionali e' ribadita da numerose disposizioni che attengono al finanziamento della U.S.L. (art. 3, comma 5, lettera d) del decreto legislativo citato) e dell'azienda ospedaliera (art. 4, commi 1 e 7, del decreto legislativo citato) e all'obbligo del pareggio di bilancio (art. 4, comma 8; del decreto legislativo citato; art. 10 comma 1 legge 23 dicembre 1994, n. 724). La qualificazione aziendale e' resa piu' forte dal richiamo dei principi della legge n. 142/1990 (contenuto nella legge n. 421/1992), per effetto del quale transitano nell'ordinamento delle aziende sanitarie i principi gestionali concernenti le aziende speciali (autonomia imprenditoriale, attribuzione della responsabilita' gestionale al direttore, uniformazione della gestione a criteri di efficienza, efficacia ed economicita', obbligo del pareggio di bilancio, equilibrio tra costi e ricavi). L'appartenenza dell'azienda alla regione indica l'incardinamento delle aziende sanitarie nel tessuto e nella programmazione regionale. Giova sottolineare in proposito l'affermazione esplicita dei poteri regionali di cui all'art. 2 del decreto legislativo n. 502/1992; 5. L'attribuzione all'azienda sanitaria (U.S.L. e ospedale) di una marcata autonomia. L'autonomia e la connessa responsabilita' per i risultati costituiscono, insieme all'individuazione dei fini istituzionali propri dell'entita' organizzativa, l'essenza stessa dello schema aziendale. Definiti gli obiettivi e i vincoli, essere azienda vuoi dire: disporre del potere di allocare le risorse e gestirne l'utilizzazione in modo da perseguire al meglio gli obiettivi nel rispetto dei vincoli assegnati dal livello regionale; accettare di essere valutati per la gestione svolta secondo i vincoli ricevuti sulla base dei risultati conseguiti ed assumere la responsabilita' per quello che si e' realizzato. L'autonomia affermata con forza nell'impianto dell'azienda U.S.L. e ospedaliera si qualifica ex lege come: a) autonomia organizzativa. Essa individua il potere di identificare autonomamente la struttura organizzativa dell'apparato aziendale, intesa come l'insieme degli elementi che compongono il sistema organizzativo interno (alta direzione, staff di supporto, linea operativa) nonche' come meccanismi e livelli di decentramento dei poteri di gestione, di coordinamento, di comunicazione e di controllo. Non si tratta degli organi di amministrazione e di controllo, che sono fissati "ex lege", bensi' del sistema oggetto dell'azione amministrativa di detti organismi. A questo riguardo giova ricordare il principio generale secondo il quale l'organizzazione deve essere adeguata rispetto al compito istituzionale dell'azienda e deve pertanto modellarsi flessibilmente in relazione al contenuto delle attivita' che si renderanno necessarie per l'assolvimento di detto compito; b) autonomia amministrativa. Indica il potere di adottare in via autonoma provvedimenti amministrativi implicanti l'esercizio di potesta' pubblica. Si tratta cioe' di attivita' tipicamente pubblicistica, configurabile in rapporto alle fattispecie previste dalla legge. Al di fuori delle attivita' tipiche anzidette, si e' in presenza di attivita' privatistica dell'amministrazione rilevante sotto altri profili di autonomia (organizzativa, gestionale, etc). L'affermazione del principio di autonomia nell'area dell'amministrazione appare del tutto incompatibile con il sistema dei controlli preventivi sugli atti, fissato dalla legge n. 412/1991 (bilanci di previsione, variazioni di bilancio e conto consuntivo, consistenza qualitativa e quantitativa complessiva del personale, deliberazioni di programmi di spese pluriennali e provvedimenti che disciplinano l'attuazione dei contratti e delle convenzioni) tanto piu' nella interpretazione estensiva che ne e' stata data, e che ha portato all'obbligo di sottoporre a tale controllo quasi tutti i provvedimenti degli amministratori straordinari; c) autonomia patrimoniale. Attiene alla capacita' di disporre del patrimonio mediante atti di acquisizione, amministrazione e cessione dello stesso; d) autonomia contabile. Investe l'area della gestione economico- finanziaria e patrimoniale, nel quadro dei principi fissati dall'art. 5, i quali operano come vincoli; e) autonomia gestionale. Indica il potere di determinare in via autonoma - ma pur sempre nei limiti dei vincoli assegnati dalla programmazione regionale - gli obiettivi dell'azione, programmare le attivita' da compiere, definire le modalita' di svolgimento delle attivita', provvedere all'allocazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie in relazione agli obiettivi ed ai programmi, determinare l'organizzazione del lavoro, procedere al conferimento dei poteri e all'attribuzione delle connesse responsabilita' all'interno della struttura organizzativa di cui alla precedente lettera a), controllare l'andamento della gestione, verificare i risultati conseguiti. In materia di gestione occorre avere presenti i vincoli derivanti dalle direttive comunitarie in materia di acquisto di beni e servizi e quelli derivanti dal sistema normativo del pubblico impiego e dal decreto del Presidente della Repubblica (Accordo nazionale collettivo del comparto sanita') nella fase transitoria di cui all'art. 72 del decreto legislativo n. 29/1993 (che prevede la vigenza della normativa precedente fino al momento in cui i contenuti del decreto legislativo non siano recepiti nei nuovi contratti collettivi e comunque dal momento della sottoscrizione del secondo contratto collettivo); f) autonomia tecnica. Riguarda il profilo tecnico dell'attivita' da svolgere, cioe' le procedure e le modalita' di impiego delle risorse. 6. Introduzione della distinzione tra la funzione di garanzia dei livelli di assistenza (di esclusiva pertinenza dell'azienda U.S.L.) e la funzione di erogazione delle prestazioni e dei servizi, che puo' essere svolta direttamente dalla U.S.L. mediante i presidi dalla stessa gestiti oppure essere demandata ad un sistema di erogatori esterni (pubblici e privati) presso i quali la U.S.L. acquista le prestazioni stesse. Conseguente definizione della missione dell'azienda U.S.L. in termini di organizzazione e di acquisto delle prestazioni nei limiti del finanziamento regionale e delle entrate proprie; definizione della missione dell'azienda ospedaliera in termini di fornitura di servizi di tipo ospedaliero ed ambulatoriale e di finanziamento con le entrate derivanti dalla vendita delle prestazioni o dalla cooperazione nell'ambito di programmi regionali; 7. Individuazione di un sistema erogativo delle prestazioni esterno all'azienda unita' sanitaria locale e a questa legato da rapporti fondati sull'accreditamento, sulla remunerazione delle prestazioni a tariffa predeterminata, sul controllo delle prestazioni e del servizio reso e contestuale affermazione del diritto del cittadino alla scelta del soggetto erogatore della prestazione. Introduzione di alementi di competizione tra soggetti erogatori nella ricerca di una piu' elevata qualita' delle prestazioni e di un contenimento dei costi di produzione. Il piu' generale processo di riforma del settore della Pubblica Amministrazione individua altri elementi che concorrono a disegnare la fisionomia aziendale dei soggetti pubblici con una serie di principi fondamentali che trovano applicazione pertanto anche rispetto agli enti del Servizio sanitario nazionale. Tra questi elementi, meritano di essere richiamati i seguenti: 8. La distinzione della funzione di governo e di quella di gestione, con attribuzione ai dirigenti di autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane e strumentali e di controllo e assunzione della responsabilita' della gestione stessa e dei risultati (attuazione dei programmi, esercizio dei poteri di spesa e di acquisizione delle entrate, determinazione dei criteri di organizzazione degli uffici, gestione del personale, anche con riferimento ai trattamenti economici accessori, verifica e controllo delle attivita' dei dirigenti sottordinati: articoli 3 e 16 del decreto legislativo n. 29/1993). Si tratta di un principio di portata notevolissima in quanto assegna al livello politico le funzioni sue proprie di "governo", mentre riconduce le funzioni gestionali all'interno dell'apparato tecnico, riconoscendo a quest'ultimo, da una parte, l'autonomia nella organizzazione e nell'impiego delle risorse, dall'altra, attribuendo allo stesso la piena responsabilita' connessa al raggiungimento degli obiettivi fissati. Non deve sfuggire il parallelismo del nuovo schema ripartitorio delle funzioni rispetto a quello vigente nel mondo aziendale, con l'ineludibile richiamo allo schema budgettario quale sistema di programmazione e controllo; 9. L'attenuazione del principio del controllo preventivo di legittimita' sugli atti dell'amministrazione e il parallelo avanzare del principio del controllo successivo sui risultati della gestione di cui e' espressione anche la legge 14 gennaio 1994, n. 20 ("disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti"). L'innovazione e' corollario della richiamata separazione delle funzioni di governo rispetto a quelle di gestione e tende ad esaltare l'autonomia della gestione, cui si accompagna l'assunzione della responsabilita' per i risultati effettivamente conseguiti; 10. I principi sulla verifica dei risultati e sulle responsabilita' dirigenziali con la rimozione dagli incarichi di dirigenza in caso di esito negativo della gestione, ferma restando la responsabilita' penale, civile, amministrativo-contabile e disciplinare previste per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche (art. 20 del citato decreto legislativo n. 29/1993). Si tratta di una forma nuova di responsabilizzazione che e' legata al conferimento dell'autonomia gestionale all'interno del sistema budgettario di programmazione e controllo; 11. Il principio secondo il quale e' l'organizzazione dei servizi che deve adeguarsi alle esigenze dell'utenza, cioe' alla domanda (e non il contrario), in un quadro di ricerca della economicita', della speditezza e della rispondenza al pubblico interesse dell'azione amministrativa; 12. Il principio secondo il quale le amministrazioni pubbliche sono ordinate, sulla base delle disposizioni di legge e di regolamento, mediante atti di organizzazione rimessi ai poteri ordinari della dirigenza. 13. La riconduzione del rapporto d'impiego pubblico sotto la disciplina del diritto civile e della regolamentazione mediante contratti di lavoro individuali e collettivi (art. 2, comma 2, del decreto legislativo n. 29/1993) con attribuzione alla dirigenza in materia di organizzazione del lavoro e di gestione del rapporto di lavoro, dei poteri propri del privato datore di lavoro (art. 4, comma 1, decreto legislativo n. 29/1993).