Per  facilitarne  la consultazione, il testo della presente circolare
e'  stato articolato in paragrafi aventi lo stesso ordine e lo stesso
numero di riferimento del testo delle norme.
B. CRITERI GENERALI DI PROGETTAZIONE
B.1.- Disposizioni preliminari
   Preliminare  a qualsiasi decisione sul tipo di analisi da adottare
(statica  o  dinamica)  o  a qualsiasi altra decisione riguardante la
modellazione  della struttura, e' l'individuazione degli elementi non
strutturali  che,  per  rigidezza  e  resistenza,  sono  in  grado di
collaborare  con  la  struttura  nel  sopportare le azioni sismiche o
comunque  possono indurre nella struttura comportamenti indesiderati.
Comportamenti  di  tal  genere possono, ad esempio, essere indotti in
una  struttura  intelaiata,  in  cemento  armato  o  metallica, dalla
presenza   di   pannelli  di  muratura,  o  di  altro  materiale  non
strutturale,  inseriti  tra  le  maglie  dei  telai  a  formare telai
tamponati  distribuiti  in  modo  non  simmetrico  in  pianta  e/o in
elevazione,  quando  tale  presenza alteri in misura significativa la
rigidezza  della  nuda ossatura. In tal caso il progettista valutera'
l'opportunita'  di  analizzare l'edificio nel suo insieme utilizzando
due  modelli strutturali, con e senza pannelli, dimensionando poi gli
elementi  strutturali  per  la  piu'  severa delle due condizioni. Un
possibile  modello  di  calcolo  per  tener  conto  della presenza di
pannelli in un telaio e' riportato nell'Allegato 2.
   Per l'impostazione e la redazione della relazione di calcolo della
struttura  puo'  farsi  utile  riferimento  alle  Istruzioni C.N.R. -
10024/86  "Analisi  di strutture mediante elaboratore: Impostazione e
redazione delle relazioni di calcolo".
   Quanto  poi  ai risultati forniti dall'analisi, statica o dinamica
che  sia,  occorre  tenere  a  mente  che le sollecitazioni provocate
dall'azione  sismica  vengono  valutate, seguendo i criteri contenuti
nella  sezione  B,  delle  norme,  inevitabilmente in modo largamente
convenzionale.  La  convenzionalita'  dell'analisi  e' principalmente
riconducibile  all'entita'  attribuita  dalla  normativa  alle azioni
sismiche  ed  alla  contemporanea  ipotesi  di comportamento elastico
lineare  della  struttura;  in  realta'  le azioni sismiche effettive
possono avere entita' maggiore di quella imposta dalla normativa e di
conseguenza  viene  a  cadere  l'ipotesi  di  comportamento  elastico
lineare   della   struttura.   La  valutazione  delle  sollecitazioni
conseguita  in  accordo  con  la normativa e' dunque "convenzionale";
peraltro  considerazioni teoriche ed evidenze sperimentali dimostrano
che  la  convenzione  adottata  e'  idonea a conseguire il desiderato
livello  di  sicurezza,  purche' la struttura possegga un sufficiente
grado di duttilita'.
   In   alternativa,  possono  eseguirsi  analisi  piu'  approfondite
fondate  su  una  opportuna  e  motivata  scelta  di un "terremoto di
progetto",  ma  tali analisi debbono adottare procedimenti di calcolo
basati su ipotesi e su risultati sperimentali chiaramente comprovati,
ed  utilizzare modelli e codici di calcolo non lineari, piu' aderenti
all'effettivo comportamento della struttura.
   Come   gia'   accennato,   dal   carattere   "convenzionale"   dei
procedimenti  di progetto-verifica suggeriti dalla normativa consegue
direttamente  l'importanza  attribuita,  nell'assicurare  l'effettivo
conseguimento  dei  risultati  desiderati  specie  nei  confronti del
collasso,  ad  un  comportamento duttile della struttura. A tal fine,
dovendo  accettare  che  la struttura esca dal campo elastico subendo
fenomeni  di  plasticizzazione  e/o di danneggiamento, come requisito
minimo   da   assicurare,   vengono   piu'   avanti  indicati  alcuni
accorgimenti  costruttivi  atti a conseguire una certa duttilita' lo-
cale e globale.
   Peraltro,  da  qualche  tempo,  sono  state  individuate  tecniche
costruttive  finalizzate  a  ridurre l'entita' della entrata in campo
non  lineare  delle  strutture  antisismiche;  tali  tecniche vengono
generalmente  indicate  con  il  termine  di  "tecniche di protezione
passiva".   Esse   sostanzialmente   consistono,   nello  sconnettere
l'edificio  dalle  sue  fondazioni interponendo tra la struttura e le
fondazioni   stesse  dei  particolari  apparecchi  d'appoggio,  detti
"isolatori",  dotati  di  elevata  rigidezza  per carichi verticali e
limitata rigidezza per carichi orizzontali, ovvero nel collegare alla
struttura  dei  "dissipatori",  ossia apparecchi capaci, all'atto del
sisma,   di   assorbire   grandi   quantita'  di  energia,  o  infine
nell'adottare contemporaneamente ambedue gli accorgimenti detti.
Con  l'inserimento  degli  "isolatori"  si  consegue  un  sostanziale
disaccoppiamento  tra moto dell'edificio e moto del terreno, cosi' da
ridurre  drasticamente  l'energia  cinetica  che  il  sisma  fornisce
all'edificio  stesso,  e  quindi anche l'entita' delle deformazioni e
delle sollecitazioni della struttura.
   Con  l'inserimento  dei  "dissipatori"  resta  immutata  l'energia
cinetica  fornita dal sisma al complesso "edificio piu' dissipatori",
ma la maggior parte di essa viene assorbita dai "dissipatori" stessi,
con  conseguente significativa riduzione delle sollecitazioni e degli
spostamenti  richiesti  alla  struttura e, dunque, dell'escursione in
campo plastico.
   Sia l'utilizzazione degli "isolatori" che quella dei "dissipatori"
hanno  origini  relativamente  recenti  e,  fino  a  quando non sara'
emanata  una  specifica  normativa  d'uso, l'adozione dei dispositivi
richiede,  affinche'  siano effettivamente conseguiti i comportamenti
desiderati  e prima brevemente descritti, che il complesso struttura-
dispositivi  venga  progettato  ed  eseguito  nel  rispetto di alcune
regole  peculiari  legate sia alla tipologia strutturale adottata che
alle  caratteristiche proprie degli apparecchi utilizzati. Cio' rende
necessaria  la  preventiva  approvazione del progetto, riguardante il
sistema  edificio-dispositivi,  da  parte del Consiglio superiore dei
lavori pubblici.
B.4.- Analisi statica
   E' consentito valutare il comportamento sismico di una costruzione
attraverso    un'analisi   statica   quando   questa   presenti   una
significativa  tendenza a rispondere all'azione sismica con una forma
di  oscillazione  unica,  a  sviluppo  semplice  lungo  l'altezza,  e
contenuta nel piano di eccitazione.
   Queste  caratteristiche  della  risposta  da  un  lato  forniscono
ragionevole  assicurazione che l'intervento della fase inelastica non
produca brusche variazioni di comportamento, dall'altro consentono di
calcolare  gli  effetti  dell'azione  sismica  con modelli ed analisi
strutturali semplificati (modelli piani ed analisi di tipo statico).
   Il  requisito  di  regolarita'  e'  di difficile codificazione, in
quanto  le possibili combinazioni topologiche che possono dar luogo a
comportamento   "non   regolare"  sono  troppo  numerose  per  essere
prevedibili  e  classificabili.  Spesso,  inoltre,  non  e' possibile
operare   una  distinzione  netta  tra  comportamento  "regolare"  ed
"irregolare",  essendo  piu'  appropriato  riferirsi  ad un "grado di
irregolarita'", che puo' essere piu' o meno pronunciato.
   Le  indicazioni  in  tema di regolarita' riportate nelle normative
internazionali   piu'   recenti  sono  in  massima  parte  di  natura
qualitativa,   cosi'  come  quelle  riportate  nelle  norme  tecniche
nazionali,  ove  peraltro  viene  esplicitamente  affermato che dette
indicazioni   costituiscono  condizione  necessaria,  ma  non  sempre
sufficiente,  spettando  al  progettista  di  accertare  la eventuale
presenza  di  caratteristiche  singolari che possano dar luogo ad una
risposta "irregolare".
   Con  riferimento al caso degli edifici, si riportano di seguito, a
titolo  indicativo,  alcuni  criteri  di valutazione di adozione piu'
diffusa:
Regolarita' in pianta
- La   struttura   dell'edificio   presenta  una  sostanziale  doppia
  simmetria  ortogonale  nei  confronti sia delle rigidezze che della
  masse.
- La forma in pianta e' di tipo "compatto", ossia priva di ali che si
  estendono  notevolmente  a partire dal nucleo centrale (come ad es.
  forme  ad  H, I, L, X, etc.). Le dimensioni di eventuali rientranze
  lungo   il  perimetro  dell'edificio  non  superano  il  25%  della
  lunghezza del lato corrispondente.
- I  solai  sono  sufficientemente  rigidi  rispetto  alle  strutture
  verticali,  in  modo da fungere da diaframmi indeformabili nel loro
  piano.
- Sotto  l'azione  di  un sistema di forze orizzontali, proporzionali
  alle  masse  dei  piani, lo spostamento massimo a ciascun piano non
  supera di piu' del 20% lo spostamento medio di quel piano.
Regolarita' in elevazione
- Tutti    gli   elementi   verticali   che   presentano   resistenza
  significativa  all'azione  sismica  (telai,  pareti  e  nuclei), si
  estendono  senza  interruzione  dalla fondazione fino alla sommita'
  della parte di edificio interessata.
- Rigidezza e massa si mantengono costanti o si riducono gradualmente
  procedendo dal basso verso l'alto.
   Negli edifici a telaio, il rapporto tra la resistenza di colonne e
pareti,  ad un certo piano effettivamente conseguita, e la resistenza
richiesta  dal  calcolo, si mantiene approssimativamente costante per
tutti i piani.
   Un  comportamento  non regolare puo' essere indotto dalla presenza
di pannelli, in muratura o di altro materiale, inseriti tra le maglie
dei telai in modo non simmetrico in pianta e/o in elevazione.
B.6 Analisi dinamica
   Il modello usato per l'analisi dinamica puo' coincidere con quello
utilizzato  per  l'analisi  statica.  Al fine della valutazione delle
forze  d'inerzia  e,  quindi,  della  risposta dinamica, e' possibile
concentrare  le  masse  in  un  numero di nodi inferiore a quelli che
descrivono la geometria strutturale. Va osservato che nell'operazione
di  concentrazione  delle  masse  potra'  essere necessario includere
anche i momenti di inerzia rotazionali.
   La   tecnica  dell'analisi  modale  consente  di  semplificare  il
problema  della  valutazione  della  risposta dinamica utilizzando un
numero  di modi inferiore al numero di gradi di liberta'; tuttavia e'
bene    dare    un   giudizio   quantitativo   sull'efficacia   della
semplificazione  ottenuta  limitando  tale numero. Se si considera un
numero  di  modi  pari  al  numero di gradi di liberta', la soluzione
ottenuta e' esatta, limitatamente alla rappresentazione delle masse.
   Ciascun  modo  mette  in movimento una certa quantita' della massa
strutturale.  Una  misura  della  massa attivata da ciascun modo j in
ciascuna  direzione,  nel  caso  di matrice delle masse diagonale, e'
data dalla espressione:

           ---->  Vedere Formula a Pag. 8 del S.O.  <----

   ove  la  sommatoria  a  numeratore  e'  estesa  a  tutte  le masse
attribuite  ai  gradi  di liberta' nella direzione di eccitazione (x,
nella  formula  indicata);  il  termine  a  denominatore  della prima
frazione  rappresenta  la massa modale j-esima, i termini Mix sono le
masse associate ai gradi di liberta' i nella direzione di eccitazione
(x,  nella formula indicata); i termini (Fi greca)ix sono le ampiezze
dell'autovettore  j relative al nodo i nella direzione di eccitazione
(x, nella formula indicata).
   Se  si  sommano  i  termini  E  (xj) relativi ai tutti i modi, per
ciascuna direzione si ottiene 100.
   Si  puo'  osservare  che  usualmente i primi modi di vibrare danno
contributi  maggiori  alla massa eccitata. E' buona norma considerare
un  numero  di  modi  di  vibrare sino ad ottenere che la somma delle
masse attivate sia pari almeno all'85% della massa totale.
   Per  quanto  riguarda la combinazione dei diversi modi di vibrare,
in  accordo  al  punto B.2., si assumono due eccitazioni orizzontali,
secondo   la  direzione  x,  ed  y  rispettivamente,  prefissate  dal
progettista.  Con  gli indici x ed y si indicano sforzi o spostamenti
riferiti alle due eccitazioni considerate. Precisamente siano:
(alfa greca) una componente dello stato di sforzo in un punto o della
  sollecitazione in una sezione,
(eta greca) una componente generica dello spostamento in un punto,
(alfa greca)x il valore assunto da (alfa greca) durante l'eccitazione
lungo la direzione x,
(eta  greca)x  il valore assunto da (eta greca) durante l'eccitazione
lungo la direzione x,
(alfa greca)y il valore assunto da (alfa greca) durante l'eccitazione
lungo la direzione y,
(eta  greca)y  il valore assunto da (eta greca) durante l'eccitazione
lungo la direzione y,
(alfa  greca)ix  il  contributo  ad  (alfa greca)x del modo iesimo di
  vibrare durante la eccitazione in direzione x,
(alfa  greca)iy  l'analoga  grandezza,  riferita  all'eccitazione  in
direzione y,
(eta  greca)ix  il  contributo  del modo iesimo allo spostamento (eta
  greca)x durante l'eccitazione in direzione x,
(eta  greca)iy  il  contributo  del modo iesimo allo spostamento (eta
  greca)y durante l'eccitazione in direzione y
   In accordo al punto B.6 e':

           ---->  Vedere Formula a Pag. 9 del S.O.  <----

   e analogamente per l'eccitazione verticale,

           ---->  Vedere Formula a Pag. 9 del S.O.  <----

   Qualora  la  componente  verticale  dell'eccitazione  sismica  sia
significativa,   la   sovrapposizione   degli   effetti  deve  essere
effettuata mediante le seguenti relazioni:

           ---->  Vedere Formula a Pag. 9 del S.O.  <----

2)

           ---->  Vedere Formula a Pag. 9 del S.O.  <----

      (alfa greca)xn e (alfa greca)yv rappresentano la tensione (o la
sollecitazione) richiamata nel paragrafo B.8.,
(eta greca)xv e (eta greca)yv rappresentano lo spostamento richiamato
al punto B.9.
In  caso  contrario,  se  la  componente  verticale della eccitazione
sismica   non   e'  significativa,  (alfa  greca)x  e  (alfa  greca)y
rappresentano  la  tensione  (o  la  sollecitazione)  richiamata  nel
paragrafo  B.8,  e  (eta  greca)x  e  (eta  greca)y  rappresentano lo
spostamento richiamato al punto B.9.
B.7 Verifiche
   La   verifica   di   resistenza  e'  finalizzata  a  garantire  la
sopravvivenza  della  struttura  a  fronte  di  terremoti  di  grande
intensita',  aventi  limitate probabilita' di manifestarsi durante la
vita  utile  della struttura. Questi terremoti sono caratterizzati da
spettri  di  risposta di un ordine di grandezza piu' severi di quelli
definiti  nelle  norme.  A  fronte  di  tali  eventi sono favorite le
strutture    alle   quali   il   sistema   costruttivo,   nelle   sue
caratteristiche  di  insieme e nei dettagli esecutivi, assicuri buona
duttilita',   cioe'   capacita'  di  sostenere  cicli  di  escursioni
anelastiche senza subire un significativo degrado.
   Le  azioni  sismiche  definite  nel  decreto  sono  state pertanto
concettualmente   ottenute  riducendo  le  azioni  effettive  con  un
coefficiente   di   riduzione  (maggiore  di  1)  che  dipende  dalla
duttilita' della struttura.
   Nell'Allegato  1 si presentano alcune indicazioni costruttive alle
quali  puo'  farsi riferimento per assicurare un minimo di duttilita'
alle  costruzioni  in calcestruzzo armato. Il rispetto di tali regole
non  esclude,  tuttavia,  che  qualche  meccanismo di rottura fragile
possa comunque manifestarsi.
   Ove  del  caso  il  controllo degli spostamenti viene condotto per
valutare  la  danneggiabilita' dei pannelli murari di tamponamento al
fine  della  verifica  al  collasso  per  perdita  di connessione tra
elementi strutturali essenziali.
   E'  chiaro  che  la  verifica  di  danneggiabilita' va riferita ad
azioni  sismiche  meno  intense  rispetto  a quelle utilizzate per la
verifica allo stato limite ultimo.
   Per  quanto  sopra  osservato,  e'  evidente  che  gli spostamenti
considerati per le verifiche di danneggiabilita' sono piu' piccoli di
quelli considerati per le verifiche ultime, come evidenziato in B9.
   Le   verifiche   di   danneggiabilita'   dei  pannelli  murari  di
tamponamento  devono essere sempre eseguite negli edifici intelaiati,
come richiesto in C.6.3.
   Le  verifiche  di  spostamento  per  il controllo dei requisiti di
sicurezza, (stato limite ultimo), devono invece essere fatte se vi e'
la possibilita' di perdite di connessione tra gli elementi essenziali
ed in generale in presenza di particolari dispositivi di vincolo e di
collegamento.
   Gli  edifici  in  muratura  sono  in  generale  poco  deformabili,
pertanto  il  controllo delle deformazioni risulta gia' garantito dal
controllo dello stato di sollecitazione.
   Nessun controllo e' richiesto nelle costruzioni in muratura per le
quali non siano da effettuare verifiche di resistenza.
B.8 Verifiche di resistenza
   Le  verifiche  di resistenza possono essere effettuate verificando
lo  stato  di tensione, secondo il metodo delle tensioni ammissibili,
oppure  verificando  lo  stato  di sollecitazione per i diversi stati
limiti ultimi secondo il metodo degli stati limite.
   Quando  i  carichi agenti si riducono al peso proprio e ad un solo
carico  accidentale  (nella  fattispecie  al  carico  sismico), i due
metodi  di  verifica, alle tensioni ammissibili ed agli stati limite,
portano  ad  ottenere, sostanzialmente, le stesse sezioni resistenti.
Quando siano presenti piu' carichi di esercizio, il metodo agli stati
limite  offre,  in  generale,  un approccio piu' razionale, in quanto
mette  in conto la probabilita' di contemporanea presenza dei diversi
carichi.  In  pratica,  questo  si  traduce  generalmente  in sezioni
resistenti piu' contenute.
   Nella  formulazione  delle norme, si e' riconosciuta, per la prima
volta,  la  possibilita'  di  utilizzare,  nelle  zone  sismiche,  il
criterio   agli   stati  limite.  Si  e'  tuttavia  inteso  mantenere
inalterato  il  livello  di  protezione a fronte di eventi sismici, e
pertanto i fattori y sono stati scelti in modo che, anche in presenza
di  piu' azioni di carico, le verifiche condotte secondo i due metodi
fossero equivalenti agli effetti della resistenza.
   Se  in  uno  o  piu'  piani  la  rigidezza complessiva offerta dai
pannelli  in  muratura  o  di  altro  materiale  subisce  una  brusca
riduzione  rispetto a quella offerta ai piani adiacenti (come avviene
frequentemente  ai  piani  terra),  e'  opportuno  che  gli  elementi
verticali  ed  orizzontali  inferiori  e  superiori  di ciascun piano
interessato   alla  riduzione,  siano  provvisti  di  un  margine  di
sovraresistenza  rispetto ai risultati dell'analisi, che, per edifici
di  altezza  fino ad otto piani, e' non inferiore al 40%, e di valore
adeguatamente piu' elevato per altezze maggiori.
B.9. Spostamenti e deformazioni
   Gli  spostamenti  dovuti  all'azione  sismica sono, di fatto, piu'
grandi  di  quelli  determinabili  con le azioni di progetto definite
dalle  norme.  Infatti,  in  considerazione  della  duttilita'  delle
strutture,  le  azioni  di progetto, impiegate per simulare l'effetto
del  sisma,  sono  convenzionalmente ridotte di intensita' rispetto a
quelle  che  sarebbe  necessario  considerare  ove  il  comportamento
effettivo  della struttura fosse perfettamente elastico. Percio', gli
spostamenti  e  le deformazioni determinati con le azioni di progetto
indicate  nelle  norme vanno moltiplicati per un fattore (maggiore di
uno),  mediante  il  quale  le azioni stesse sono state in precedenza
ridotte.
   Per  quanto riguarda le combinazioni degli spostamenti sismici con
quelli  prodotti dalle altre azioni da prendere in considerazione, e'
utile  una  precisazione:  essa riguarda il coefficiente X utilizzato
nelle due formule di verifica che sono:
per limitare la danneggiabilita':

per i requisiti di sicurezza:

           ---->  Vedere Formula a Pag. 11 del S.O.  <----

   Al  coefficiente  X  e'  da  attribuire  il  valore  1, quando gli
spostamenti  (eta  greca)p e gli spostamenti sismici sono valutati in
base  alla combinazione delle azioni da assumere per la verifica alle
tensioni  amissibili.  E'  da  attribuire  il  valore 1,5, quando gli
spostamenti  (eta  greca)p e gli spostamenti sismici sono valutati in
base  alla combinazione delle azioni da assumere per la verifica agli
stati limite.
B.10.- Fondazioni
   Le prescrizioni relative alle fondazioni sono connesse ai problemi
posti  dalla  presenza  di  azioni  sismiche  sia  relativamente alla
valutazione  delle  sollecitazioni  sul  terreno di fondazione che in
ordine  alla  valutazione  delle  sollecitazioni  sulle  strutture di
fondazione.
   Per  quanto attiene al terreno di fondazione, occorre sottolineare
che  la  vigente normativa geotecnica fa sistematico riferimento, per
quanto  riguarda  l'individuazione del comportamento del terreno e la
valutazione  dei  carichi  massimi  su di esso applicabili, ai metodi
propri  dell'analisi  limite  ed  ai  relativi meccanismi di rottura.
Quando  pero'  si  passa  a  definire  i  coefficienti  riduttivi  da
applicare  a  detti  carichi  massimi, onde poterli confrontare con i
carichi  effettivamente  agenti,  e  dunque  controllare  se  si  sia
conseguito   o   meno  il  desiderato  livello  di  sicurezza,  detti
coefficienti   riduttivi   hanno   entita'   tale   da  poter  essere
correttamente utilizzati solo per un confronto con i carichi relativi
agli  stati  limite  di esercizio, non per un confronto con i carichi
limite ultimi.
   Quanto  detto  spiega la necessita' evidenziata al primo capoverso
del  punto B.10, di effettuare le verifiche di stabilita' del terreno
di fondazione utilizzando sollecitazioni valutate a partire da azioni
prive    di    maggiorazioni,   ossia   valutate   per   coefficienti
moltiplicativi unitari.
   Per   quanto   attiene   alle  strutture  di  fondazione,  occorre
sottolineare  che  una funzione importante e' quella di assorbire gli
spostamenti  relativi  indotti  dalla  propagazione nel terreno delle
onde  sismiche,  senza  che tali spostamenti relativi si ripercuotano
negativamente  sul  funzionamento delle strutture in elevazione. Tale
funzione puo' essere svolta in due diversi modi.
   Un  primo  modo  consiste nel dotare le strutture di fondazione di
collegamenti  che,  impedendo o comunque riducendo sensibilmente tali
spostamenti   relativi,   garantiscano   la   ridotta  entita'  delle
sollecitazioni   sulla   struttura   in   elevazione  dovute  a  tali
spostamenti.  E' questa la soluzione suggerita al punto a) laddove si
impone  alle  strutture di fondazione di essere collegate tra loro da
un  reticolo  di  travi  proporzionate  in  modo  da sopportare forze
assiali  prefissate;  si  sottolinea  che,  specie  in  una struttura
intelaiata,  tale  reticolo  di collegamento e' soggetto non soltanto
agli  sforzi  assiali  di  trazione-compressione  dovuti  alle azioni
sismiche,  ma  anche  agli  sforzi  assiali dovuti al funzionamento a
telaio   delle   strutture  in  elevazione  e  che  detti  sforzi  si
sovrappongono  a  quelli  di  origine  sismica. Occorre dunque, nella
verifica  del  reticolo di collegamento, tener correttamente conto di
ambedue i sistemi di forze sopra evidenziati.
   Un  secondo  modo di risolvere il problema posto dagli spostamenti
relativi    delle   strutture   di   fondazione,   modo   tipicamente
consigliabile  per  strutture  nelle  quali la forte distanza tra gli
elementi  verticali  renda difficile l'adozione del reticolo di travi
di  collegamento  (capannoni  industriali, ponti, ecc.), consiste nel
verificare  le  strutture,  sia  di  fondazione che in elevazione, in
presenza degli spostamenti relativi attesi. Tale verifica deve essere
condotta  sia in termini di capacita' di resistere della struttura in
elevazione  alle  sollecitazioni  prodotte dagli spostamenti relativi
(vedi  Tab.  1a), che in termini di compatibilita' tra collegamenti e
vincoli  della  struttura  e spostamenti impressi in fondazione (vedi
Tab. 1b).
C. EDIFICI
C.1. Sistemi costruttivi
   Una  importante  modifica  a carattere innovativo, introdotta alla
lettera  a)  del  punto  C.1  riguarda  gli  edifici con struttura in
muratura,  la  cui tipologia e' stata estesa ad un ambito piu' vasto,
comprendente sia la muratura ordinaria sia la muratura armata.
   La  muratura armata e' disciplinata da apposite regole progettuali
e costruttive, contenute nei punti C.5.1 e C.5.3.
   Appare   quindi  evidente  che,  ove  siano  rispettate  tutte  le
prescrizioni  contenute  nei  suddetti  punti  della norma, l'impiego
della muratura armata non richiede alcuna certificazione di idoneita'
tecnica da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici.
   Tale  obbligo  permane,  invece,  per  gli  edifici  costituiti da
pannelli prefabbricati in muratura armata, che risultano indicati tra
i  sistemi  costruttivi  a pannelli portanti di cui alla lett. c) del
punto C.1.
C.2. Altezza massima dei nuovi edifici
   Si  segnala  un'imprecisione contenuta nell'ultimo comma del punto
C.2.  Come  e'  evidente,  nel testo viene erroneamente richiamata la
"tabella 1", anziche' la "tabella 2".
C.3. Limitazione dell'altezza in funzione della larghezza stradale
   Sono  da segnalare le modifiche apportate al testo del 1 comma del
punto  C.3,  che,  rispetto alla precedente norma, introduce una piu'
graduale  variazione,  oltre ad un necessario adeguamento, dei limiti
di  altezza degli edifici in funzione della larghezza delle strade su
cui prospettano.
   Si  ritiene  utile  evidenziare  anche la soppressione dell'ultimo
comma  del  punto  C.3.  delle  previgenti  norme  (D.M. 24.1.86) che
consentiva,  per  le  zone  con grado di sismicita' S=9, su strade di
larghezza inferiore ai metri dieci, di costruire edifici di tre piani
in  elevazione  e  comunque di altezza massima m 10,00 purche' con le
prescrizioni  relative  ad  S=12,  ai  fini del dimensionamento delle
strutture.
C.5. Edifici in muratura
C.5.1 Regole generali
   Le  prescrizioni  qui  contenute si applicano a tutti gli edifici,
sia in muratura ordinaria sia in muratura armata.
   Si  rammenta  anzitutto  che,  conformemente  a  quanto  stabilito
dall'art.3,  1  comma,  della  legge 2.2.74 n.64, e' fatto obbligo di
osservare,  oltre alle norme per le costruzioni sismiche, le norme di
carattere  generale concernenti la sicurezza delle costruzioni, indi-
cate dall'art.1, 3 comma, della legge stessa.
   Pertanto   nella   realizzazione  delle  costruzioni  sismiche  in
muratura,  deve  comunque  tenersi conto delle vigenti norme tecniche
riguardanti  gli  edifici in muratura (D.M. 20.11.87), i carichi ed i
sovraccarichi  (D.M.  16.1.96),  i  terreni  e le opere di fondazione
(D.M. 11.3.88), e degli eventuali successivi loro aggiornamenti.
   Per  quanto  concerne,  le  caratteristiche  dei  materiali  ed  i
relativi  controlli,  mentre le norme di cui al precedente decreto 24
gennaio 1986 recavano disposizioni nell'apposito allegato, le attuali
norme  stabiliscono,  al  3  comma del punto C.5.1., alcuni requisiti
minimi  di resistenza, ad integrazione di quanto indicato nelle norme
per gli edifici in muratura emanate con il decreto 20 novembre 1987.
   I   controlli  sui  materiali  vanno  effettuati,  secondo  quanto
previsto nel decreto sopracitato, sia all'origine, obbligatoriamente,
presso gli stabilimenti di produzione, sia in cantiere, ai fini della
loro accettazione per l'impiego.
   In particolare, il direttore dei lavori e' tenuto a verificare che
ciascuna  fornitura,  riguardante  tanto gli elementi per la muratura
(mattoni  o  blocchi),  quanto  le  barre  di  acciaio nel caso della
muratura   armata,  sia  accompagnata  dal  relativo  certificato  di
origine,    controllando    che    le   caratteristiche   certificate
corrispondano a quanto richiesto dal progetto e dalle norme.
   Inoltre,  nell'ambito  della propria sfera di discrezionalita', il
direttore dei lavori puo' responsabilmente valutare l'opportunita' di
disporre  ulteriori  controlli,  per  accertare  che  i  materiali da
mettere   in   opera  posseggano  effettivamente  le  caratteristiche
dichiarate dal produttore.
   Anche  per la muratura armata, oltre alle norme per le costruzioni
sismiche,  sono da osservare, per quanto applicabili, le norme di cui
al decreto 20 novembre 1987.
   E'  opportuno  rammentare che in ogni caso gli elementi resistenti
che   compongono  la  muratura  (mattoni  o  blocchi)  devono  essere
collegati  fra  di  loro tramite malta cementizia (di classe M1 - M2)
che  deve  assicurare  il  ricoprimento  dei  giunti orizzontali e di
quelli verticali.
C.5.2. Edifici in muratura ordinaria
   Sono    state   introdotte   alcune   modifiche,   concettualmente
importanti,   che  consentono  un'ampia  liberta'  progettuale  nella
realizzazione  degli edifici in muratura ordinaria. Fermo restando il
rispetto   dei   principi  e  delle  regole  generali  contenute  nel
precedente  punto  C.5.1,  possono infatti adottarsi, per la verifica
sismica  dell'edificio,  gli  stessi criteri di calcolo gia' previsti
dal  punto  C.9.5.  per l'adeguamento degli edifici esistenti. In tal
caso  non e' necessario tener conto delle prescrizioni morfologiche e
costruttive  indicate  nel  punto  C.5.2,  che,  invece devono essere
applicate  quando si esegua il procedimento di verifica semplificato.
Relativamente  alla  valutazione  delle  azioni  suggerite  al  punto
C.9.5.3  si  segnala  che,  per  i  nuovi  edifici  in  muratura,  il
coefficiente  (beta  greca)2 deve essere assunto pari a 1, perche' la
norma specifica ( D.M. 20.11.87), gia' per proprio conto, distingue i
valori  da  attribuire  alla  resistenza  del materiale a seconda del
metodo  adottato  per il controllo della sicurezza ((gamma greca)m= 3
nel caso di verifica col metodo agli stati limite ultimi )
   E'  ovvio,  peraltro,  che  il  valore  delle  azioni  sismiche da
adottare  nelle  verifiche  e'  quello  definito al paragrafo C.9.5.3
senza fare riferimento al coefficiente (gamma greca)E di cui al punto
B.8. delle norme.
   In conclusione quindi il livello di sicurezza di calcolo richiesto
per gli edifici di nuova costruzione soggetti a "verifica" e' del 50%
circa superiore a quello richiesto per gli edifici esistenti.
   Nessuna  specifica verifica di sicurezza e' invece prevista per la
realizzazione  di  nuovi  edifici  in  muratura  listata, per i quali
valgono  le regole di dimensionamento riportate nel 2 cpv della lett.
f).
   Riguardo  agli  spessori minimi dei muri, indicati nella Tabella 3
per  i  vari  piani  dell'edificio,  e'  opportuno  far notare che la
tabella  stessa  e'  genericamente riferita ad un edificio costituito
dal  massimo  numero di piani consentito dalla norma (due piani fuori
terra  oltre  ad un piano cantinato o seminterrato); quindi, nel caso
in  cui  l'edificio,  nel  suo  complesso, sia costituito da un minor
numero  di piani, gli spessori minimi dei relativi muri vanno assunti
opportunamente scalando le righe della tabella stessa.
C.5.3. Edifici in muratura armata
   La  muratura armata e' una tecnica costruttiva che conferisce alle
strutture  murarie caratteristiche di monoliticita', di resistenza (a
compressione  ed  a  trazione) e di duttilita' tali da migliorarne in
modo sostanziale il comportamento sotto l'azione sismica.
   In  virtu'  di  tali  migliori prestazioni le norme consentono per
tale  tipologia  altezze  massime  superiori a quelle permesse per la
muratura ordinaria.
Ruolo delle armature metalliche
   Si  distingue tra le armature richieste dall'analisi strutturale e
quelle   aggiuntive,   necessarie   per  soddisfare  le  esigenze  di
monoliticita',  continuita'  e  duttilita',  i cui valori minimi sono
fissati dalle norme.
   Le  armature  derivanti  dall'analisi  sono  quelle  verticali, da
disporsi  agli incroci e ai bordi dei pannelli murari, nonche' quelle
orizzontali  lungo  i  bordi  delle  aperture  (architravi o travi di
collegamento tra pannelli affiancati).
   Le armature aggiuntive comprendono:
- armature  verticali  disposte nel corpo dei pannelli, con interasse
  non superiore a 5 m;
- armature orizzontali
  - nei  cordoli  al  livello  di  ciascun  solaio,  e  nel corpo dei
    pannelli,  ad  interasse  non  superiore  a  4 m, con funzione di
    incatenamento;
  - distribuite, ad interasse non superiore a 0,6 m.
   Per  i  soli edifici con coefficiente di protezione sismica I>1 e'
obbligatoria  una  ulteriore  armatura  diffusa  sia  orizzontale che
verticale, con interasse non superiore al doppio dello spessore della
parete,   quella   orizzontale   a   sostituzione  dell'ultima  sopra
richiamata.
   Stante  il  ruolo  decisivo  che  le armature metalliche hanno nel
trasformare  il  comportamento della struttura muraria, e' essenziale
il  rigoroso  rispetto delle prescrizioni normative non solo riguardo
alla  quantita',  ma  anche  e  soprattutto  per  quanto  concerne il
posizionamento,   l'ancoraggio   e  la  sovrapposizione,  nonche'  la
protezione dalla corrosione.
Modello di calcolo
   Quando  l'altezza  supera  il  valore  ammesso  per un edificio in
muratura  non  armata  e'  sempre  obbligatorio effettuare il calcolo
delle  sollecitazioni  indotte  dall'azione sismica, sulla base di un
modello   della   struttura  che  ne  rappresenti  il  suo  carattere
tridimensionale.
   Nei  casi  comuni  tale  modello sara' costituito da un insieme di
pareti   disposte  in  pianta  secondo  due  direzioni  ortogonali  e
collegate  ai  piani  da  diaframmi  assunti  come  rigidi. Le pareti
comprendenti  aperture regolarmente disposte lungo l'altezza potranno
essere  schematizzate  con  modelli  a  telaio,  con  le pareti piene
costituenti  i  montanti  e  con  le fasce sovraporta e sovrafinestra
costituenti le travi.
Forze di calcolo e criteri di verifica
   Il  testo  normativo  attuale  prevede  espressamente,  per questa
tipologia,  il  metodo  delle  tensioni  ammissibili, con le seguenti
specifiche:
- azioni  di  calcolo:  coefficiente  di struttura (beta greca) = 1,5
  riducibile  a  (beta  greca)  =  1,4  in  presenza  della  armatura
  aggiuntiva diffusa; coefficiente (gamma greca)E = 1.
- tensioni ammissibili: per l'acciaio quelle previste dalle norme per
  le  costruzioni  in cemento armato; per la muratura quelle previste
  dalle  norme  vigenti  per le costruzioni in muratura, moltiplicate
  per il coefficiente 2.
     Qualora si voglia utilizzare il metodo agli stati limite, devono
valere invece, le seguenti specificazioni:
- azioni  di  calcolo:  coefficiente  di struttura (beta greca) = 1,5
  riducibile  a  (beta  greca)  =  1,4  in  presenza  della  armatura
  aggiuntiva diffusa; coefficiente (gamma greca)E = 1,5.
- resistenze:  per  l'acciaio  quelle  previste  dalle  norme  per le
  costruzioni  in  cemento  armato;  per  la muratura quelle previste
  dalle  norme  vigenti  per le costruzioni in muratura, moltiplicate
  per 2 (quindi adozione del valore (gamma greca)m/2).
C.5.4. Strutture miste
   La  trasmissione delle azioni sismiche in una struttura mista puo'
avvenire attraverso un organismo strutturale che presenti elementi in
muratura  ed  elementi  in cemento armato o in acciaio funzionanti in
parallelo  (ossia disposti altimetricamente allo stesso piano) oppure
in  serie  (ossia disposti altimetricamente su piani successivi). Nel
primo  caso  le  azioni sismiche devono essere integralmente affidate
alla struttura muraria.
   La  prescrizione e' riconducibile alla maggiore rigidezza e minore
duttilita'  che  le  strutture  in  muratura  tipicamente  presentano
rispetto  alle  strutture  monodimensionali  in  cemento  armato o in
acciaio.
   La  compatibilita' tra le deformazioni subite dai diversi elementi
costruttivi  deve  essere  espressamente  valutata; in particolare si
dovra'  controllare  che  le  azioni  sismiche  siano  effettivamente
attribuibili tutte alla scatola muraria e che la presenza di elementi
in  cemento  armato  o in acciaio distribuiti in modo disuniforme sia
planimetricamente      che     altimetricamente     non     modifichi
significativamente  la  posizione  del centro di rigidezza della sola
scatola  muraria  e  la  ripartizione  della azioni orizzontali tra i
diversi  setti  murari. A tal fine, e' da considerare con particolare
attenzione  l'adozione  di corpi scala e/o corpi ascensore realizzati
con  pareti  in  cemento  armato,  per la forte rigidezza alle azioni
orizzontali  tipica  di  tali  strutture,  ed analoga attenzione deve
essere prestata nel caso di elementi verticali in cemento armato o in
acciaio dotati di elevata rigidezza a flessione ed a taglio.
   Particolare  importanza  rivestono  i collegamenti tra elementi di
tecnologia    differente    (orizzontamenti,    cordoli,   travi   di
ripartizione).  Gli  orizzontamenti consentono alle diverse pareti in
muratura  di  scambiare  tra loro forze orizzontali nell'ambito di un
complessivo  comportamento  scatolare  ed  assicurano la trasmissione
alla  scatola  muraria  delle  forze  d'inerzia di origine sismica di
diretta competenza delle masse gravanti sulle strutture in cls armato
o  in  acciaio.  Occorrera' dunque verificare che gli orizzontamenti,
sia  in termini di rigidezza che in termini di resistenza a flessione
e  taglio  nel  loro  piano,  consentano  il corretto realizzarsi del
meccanismo     globale    di    funzionamento    sopra    illustrato.
Contemporaneamente  si  dovra'  verificare  che  non  si  raggiungano
tensioni  eccessive  per  effetto  delle  azioni  concentrate che gli
elementi  in  cemento  armato  o  in acciaio e i solai si scambiano a
causa   del   sisma  e  dei  carichi  verticali;  tale  risultato  si
conseguira' adottando sistematicamente provvedimenti finalizzati alla
diffusione  dei  carichi (cordoli, travi di ripartizione, ecc.) e con
una  continua  attenzione alla centratura dei carichi verticali sugli
elementi resistenti sottostanti.
   Quanto  alle  prescrizioni  relative  agli  edifici  costituiti da
struttura  muraria nella parte inferiore e sormontati da un piano con
struttura in cemento armato o in acciaio, la limitazione sull'altezza
massima e' riconducibile all'intento di contenere le tensioni su tali
edifici entro gli ambiti propri degli edifici totalmente in muratura,
ad  essi  assimilandoli;  mentre  la  prescrizione  sulle  azioni  da
attribuire  alla  parte  superiore  in cemento armato o in acciaio e'
legata  all'esigenza  di evitare per dette strutture plasticizzazioni
premature e conseguenti eccessive richieste di duttilita'.
C.6.1.1. Azioni orizzontali
   Sono  da  segnalare,  rispetto alle precedenti norme, alcune lievi
modifiche ed aggiunte a carattere migliorativo, riguardanti:
- le   categorie  di  locali  corrispondenti,  nella  Tabella  5,  ai
  differenti  valori  del  coefficiente di riduzione del sovraccarico
  accidentale "s";
- il coefficiente di fondazione "(epsilon greca) ";
- il coefficiente di risposta "R". Per quanto concerne il concetto di
  regolarita'  della  costruzione,  si  richiama  quanto indicato nel
  precedente punto B.4;
- il coefficiente di struttura "B".
C.6.1.3 Azioni verticali
   L'analisi  dinamica  deve  essere  eseguita  per  le strutture con
periodo proprio To > 1,4 secondi, ed in tutte quelle strutture, defi-
nite  irregolari,  nelle  quali  si  possono  eccitare modi superiori
locali  che  non  possono  essere individuati con un'analisi statica.
Questi   modi   possono   dare  luogo  a  sollecitazioni  localizzate
importanti.
   Al  fine  della  valutazione dell'effetto dell'eccitazione indotta
dalle  componenti  di  moto  sismico  verticale, si puo' impiegare lo
stesso  spettro  di  risposta  usato  per  le  azioni orizzontali, ma
moltiplicato  per  2  nel  caso  di strutture con luci superiori a 20
metri  nonche'  di strutture spingenti quali archi o travi inclinate,
ovvero  per  4 nel caso di sbalzi. Questi incrementi sono dovuti alle
ridotte  duttilita'  e  capacita' dissipativa usualmente associate ai
modi   di   collasso   indotti   da  questo  tipo  di  strutture.  Le
amplificazioni   sono   d'altronde   analoghe  a  quelle  considerate
nell'analisi statica.
C.6.2 Analisi dinamica
   E' stata introdotta la possibilita' di eseguire l'analisi dinamica
per valutare la risposta alle azioni verticali, quando richiesto.
   Si  impiega  lo  spettro  di  risposta  utilizzato  per  le azioni
orizzontali, che tuttavia va amplificato per tener conto della minore
duttilita'  disponibile.  A tal fine esso va moltiplicato per 2 nella
verifica  di  strutture  di luce maggiore di 20 metri, e di strutture
spingenti (volte, archi), ovvero per 4 nel caso di sbalzi.
C.6.4 Elementi divisori e pannelli esterni
   La disposizione riguardante gli elementi divisori interni e' stata
integrata  sulla  base  delle  indicazioni  attualmente riportate nel
punto   B.9,   consentendo,  in  definitiva,  una  maggiore  liberta'
progettuale.
C.9.1 - Interventi sugli edifici esistenti
   Possibili  tecniche  di intervento sono illustrate nell'Allegato 3
per quanto riguarda gli edifici in muratura e nell'Allegato 4 per gli
edifici in cemento armato.
C.9.1.1 - Intervento di adeguamento
   Si  segnala  la  soppressione  del paragrafo e) del p.to C.9.1.1 -
comma 2 del precedente D.M. 24. 1. 86.
C.9.1.2 - Intervento di miglioramento
   Con   riferimento  al  terzo  comma,  che  integra  le  precedenti
disposizioni  relative  agli  interventi di miglioramento sismico, si
rileva quanto segue.
   L'intervento   di   restauro   statico  su  edifici  di  carattere
monumentale  ricadenti  in  zona sismica, specie se tali edifici sono
correntemente  utilizzati,  pone problemi peculiari al professionista
incaricato.   Accade   spesso   che   tali   edifici   evidenzino  un
dimensionamento,    un    uso   degli   elementi   strutturali,   una
organizzazione  planimetrica  ed  altimetrica,  del  tutto diversi da
quelli tipici della moderna ingegneria antisismica, specie per quanto
concerne i livelli minimi di sicurezza che occorre garantire e che in
tali  edifici  risultano  usualmente sensibilmente inferiori a quelli
minimi attualmente ammessi.
   Modificare tali livelli di sicurezza adeguandoli a quelli attuali,
come  richiesto dalle esigenze di sicurezza connesse all'uso cui tali
edifici sono attualmente destinati, richiederebbe peraltro interventi
di  adeguamento  pesanti  e  dunque  tali  da snaturare completamente
l'edificio  monumentale  privandolo  di  conseguenza  di alcune delle
caratteristiche  intrinseche  che  ne fanno un bene monumentale. Tale
contrasto   tra  esigenze  di  sicurezza  d'uso  e  di  conservazione
dell'impianto     originario,     rende     sovente,     problematica
l'individuazione del tipo di intervento piu' appropriato.
   Per  armonizzare le varie esigenze e' stato introdotto, accanto al
concetto di adeguamento, il concetto di miglioramento.
   Posto  che  le  esigenze della conservazione sono in certi casi da
anteporre a quelle della sicurezza, ne consegue che non e' necessario
"adeguare"  i livelli di sicurezza dell'edificio monumentale a quelli
minimi  fissati dalla normativa per gli edifici di nuova costruzione,
bensi'   e'   sufficiente   che   i   livelli  di  sicurezza  vengano
semplicemente    "migliorati"    rispetto    a   quelli   antecedenti
all'intervento.
   Per  i beni architettonici le tecniche di intervento debbono tener
conto  in  modo  compiuto  dei  caratteri  architettonici  e storico-
artistici  di  detti  beni;  conseguentemente il miglioramento dovra'
essere  conseguito  senza  che si producano sostanziali modifiche nel
comportamento  strutturale  globale  dell'edificio  (vedi C.9.2.2) ed
utilizzando,   per   quanto   possibile,  tecniche  di  intervento  e
metodologie  operative  volte  alla conservazione dei fabbricati, che
privilegino   l'uso   dei   materiali  e  tecniche  tradizionali  e/o
contemporanee, coerenti con la logica costruttiva.
   Pertanto  le  tecniche  di  intervento  usuali  per le costruzioni
ordinarie,  ed  in  particolare  quelle  di  cui all'Allegato 3 della
presente  Circolare,  non  possono  essere acriticamente applicate ai
predetti  beni  architettonici. Ovviamente, per ogni intervento, deve
essere   valutata,   in   forma   anche  semplificata,  la  sicurezza
strutturale finale e l'incremento di sicurezza conseguito.
C.9.3.3 - Provvedimenti  tecnici  in  fondazione  negli interventi di
          adeguamento
   Come  sempre  avviene  nel  caso delle fondazioni, per le quali la
valutazione  del  livello di sicurezza deve riguardare sia il terreno
interessato  dai  carichi trasmessi dalle strutture di fondazione che
le strutture di fondazione stesse, le prescrizioni interessano sia il
terreno che le strutture.
   Per  quanto  concerne i livelli di carico attribuibili al terreno,
l'attenzione  e'  focalizzata  sia  su  fenomeni  di carattere locale
(relativi  alla  capacita'  portante  )  che su fenomeni di carattere
globale  (stabilita'  dei  pendii).  Riguardo  ai  fenomeni locali, i
coefficienti  di  sicurezza possono essere ridotti del 20%, in quanto
si e' in presenza di strutture realizzate da lungo tempo per le quali
un attento esame del comportamento passato fornisce indicazioni utili
a  ridurre  i  margini  di  incertezza. Riguardo ai fenomeni globali,
ferma restando la possibilita' di ridurre i coefficienti di sicurezza
del  20%  per  i  motivi  gia'  illustrati,  nel  caso  di  verifiche
insoddisfacenti   o  di  possibili  liquefazioni,  l'efficacia  degli
interventi adottati deve essere documentata in termini sperimentali.
   Per  quanto  concerne  le strutture di fondazione, le informazioni
ricavabili  dalla  storia della costruzione vengono tenute nel dovuto
conto,  tanto che e' possibile omettere interventi sulle strutture di
fondazione,    nonche'   le   relative   verifiche,   qualora   siano
contemporaneamente presenti tutte le condizioni puntualmente elencate
dalla   normativa,  condizioni  sinteticamente  riassumibili  in  una
valutazione positiva della efficacia della struttura esistente con un
motivato    giudizio   del   progettista   basato   sull'accertamento
dell'assenza    di    dissesti,   sia   presenti   che   passati,   e
sull'accertamento   che   l'intervento   di   adeguamento  non  turbi
significativamente lo schema strutturale ed i carichi in fondazione.
C.9.5.3 - Verifica sismica
   Come  gia'  evidenziato  nel  precedente  paragrafo  C.5.2., per i
"vecchi"  edifici  in  muratura  non  deve applicarsi il coefficiente
(gamma  greca) E di cui al punto B.8. delle norme, in quanto l'azione
sismica risulta compiutamente definita dal presente paragrafo.
C.9.10 - Complessi edilizi
   Per  quanto  riguarda  i complessi edilizi, nel caso di assenza di
giunti,   i  calcoli  di  verifica  devono  tener  conto,  anche  con
valutazioni  approssimate,  delle  eventuali  azioni  trasmesse dagli
edifici contigui.
   Per  gli  edifici  in  muratura,  cio' puo' essere fatto, in prima
approssimazione, aumentando convenzionalmente le forze orizzontali di
progetto, facendo gravare sulle strutture resistenti dell'edificio in
esame una quota parte delle masse relative agli edifici adiacenti.
D. OPERE DI SOSTEGNO DEI TERRENI
   L'entita' e la distribuzione delle spinte trasmesse dal terreno ad
un'opera  di  sostegno dipendono dalle caratteristiche meccaniche del
materiale costituente il terrapieno, dall'entita' dell'azione sismica
locale,  dalla  tipologia  e  deformabilita' dell'opera di sostegno e
dalla entita' dei possibili spostamenti rigidi.
   E'   richiesta   la  valutazione  dell'equilibrio  limite  globale
dell'opera  di  sostegno  attraverso il procedimento dovuto a Coulomb
prendendo  in conto sia le forze di inerzia di origine sismica agenti
sul cuneo di terreno spingente, quantificate al punto 1, che le forze
di  inerzia agenti sull'opera di sostegno e sull'eventuale terreno di
zavorra, quantificate al punto 2.
   Le assunzioni implicite nel procedimento sono le seguenti:
- l'opera  subisce movimenti tali da produrre nel terreno retrostante
  un  regime  di  spinta attiva (tali movimenti possono essere dovuti
  alla  inflessione  della struttura oppure a rotazioni e scorrimenti
  rigidi di essa);
- il cuneo di spinta (Coulomb) si comporta come un corpo rigido anche
  in presenza delle azioni sismiche;
- le   forze  d'inerzia  sull'opera  sono  valutate  considerando  la
  struttura stessa come rigida.
   Quanto  detto  evidenzia  che, qualora l'opera sia molto rigida ed
incapace  di produrre i desiderati movimenti attraverso traslazioni e
rotazioni  rigide  (muri a gravita' fondati su roccia o su pali, muri
tirantati  ecc.)  si  possono  avere  valori di spinta maggiori della
spinta  attiva.  Il  riferimento  alla  teoria  di  Coulomb evidenzia
inoltre  che,  qualora  l'opera di sostegno sia zavorrata dal terreno
sovrastante  l'opera di fondazione, detta zavorra deve essere pensata
muoversi  rigidamente in modo solidale al muro e dunque soggetta alle
stesse  forze  di  inerzia  orizzontali  cui  e'  soggetto  il  muro.
Eventuali carichi accidentali, invece, mentre andranno presi in conto
quali  azioni verticali, non andranno conteggiati in termini di forze
di inerzia sismiche.
   Si  sottolinea inoltre che l'assunzione di un comportamento rigido
dell'opera  puo' essere non sufficientemente conservativo e dunque le
assunzioni  di  cui al punto 2 possono dover essere riviste nel senso
di aumentare l'entita' delle azioni e di allontanare da terra il loro
punto di applicazione.
   Si  segnala  infine  che,  nelle  prescrizioni  normative,  non e'
esplicitamente  menzionato  il  contributo dovuto all'azione dinamica
sull'acqua presente nel terreno retrostante il muro.
   Qualora  detto  terreno sia saturo d'acqua la presenza del liquido
dovra'  essere  presa in conto in termini di azioni dinamiche da esso
prodotte, distinguendo i terreni permeabili da quelli non permeabili.
COLLAUDO STATICO
   Per  le  opere  in  cemento  armato,  normale e precompresso, ed a
struttura metallica, il collaudo statico e' previsto dall'art.7 della
legge  5.11.1971  n.1086  ed  i  relativi  adempimenti  tecnici  sono
indicati  nelle  norme  tecniche  di  cui  all'art. 21 della medesima
legge. Per strutture di tipo diverso, il collaudo statico e' previsto
dalle norme tecniche di cui all'art. 1 della legge 2.2.74 n.64.
   Tale adempimento, fondamentale in linea generale per assicurare la
verifica della rispondenza della costruzione ai requisiti previsti in
progetto  ed  alle  relative  normative,  assume nel caso particolare
delle costruzioni in zona sismica, ancor maggiore rilevanza.
   In effetti e' appena il caso di ricordare l'importanza che riveste
la  verifica  continua  delle  varie fasi esecutive di una struttura,
durante  tutto  il  processo  costruttivo della medesima; e' pertanto
necessario   che   il   collaudo,  sia  delle  nuove  costruzioni  da
realizzarsi  in  zona  sismica,  sia  degli interventi di adeguamento
sismico, avvenga in corso d'opera. Relativamente a questi ultimi tipi
d'intervento,   le   norme   sismiche  contengono,  al  punto  C.9.4,
specifiche prescrizioni.
ALLEGATO 1.
Indicazioni costruttive per strutture in calcestruzzo armato
   Al  fine di conseguire la desiderate caratteristiche di duttilita'
locale  e  globale  puo'  farsi riferimento alle seguenti indicazioni
sulla geometria e sulle armature degli elementi.
   I  quantitativi  di  armatura e le dimensioni indicate nel seguito
rappresentano valori minimi, indipendenti dalle richieste evidenziate
dall'analisi.
   Staffe  di  contenimento:  sono staffe chiuse o eliche di diametro
minimo   6  mm  con  piegature  a  135  gradi  alle  due  estremita',
prolungate, ciascuna per almeno dieci diametri.
   Legature (o cravatte): sono costituite da barre di diametro minimo
6  mm  con  piegature  a  135  gradi  alle due estremita', prolungate
ciascuna per almeno 10 diametri.
   Le  piegature,  (o  uncini) delle staffe, devono essere assicurate
alle  barre  longitudinali. Le piegature delle legature devono essere
assicurate alle staffe (fig.1).
1. Travi
1.1 Definizione e limiti geometrici
   Si  definiscono travi, ai fini di applicare le regole contenute in
questo  articolo, gli elementi soggetti a flessione e sforzo assiale,
quando quest'ultimo non supera il valore:


           ---->  Vedere Formula a Pag. 22 del S.O.  <----

dove:
N la massima   sollecitazione   di  sforzo  assiale  di  progetto  in
    condizioni sismiche;
Ac e' l'area della sezione trasversale dell'elemento;
Rck e' la resistenza caratteristica cubica del conglomerato;
X e' pari a 1 se si utilizza il metodo delle tensioni ammissibili; e'
    pari a 1,5 se si utilizza il metodo degli stati limite.
   La  lunghezza  libera  delle  travi  non deve essere minore di tre
volte  l'altezza,  h,  della  sezione  trasversale. In caso contrario
l'elemento   si  definisce  "trave  corta"  e  dovra'  soddisfare  le
particolari prescrizioni di cui al par. 4.3.
   La  larghezza  della  trave, b, non deve essere minore di 20 cm e,
per  le travi basse comunemente denominate "a spessore", non maggiore
della  larghezza  del  pilastro,  aumentata  da  ogni  lato  di meta'
dell'altezza della sezione trasversale del pilastro stesso;
   Il rapporto b/h non deve essere minore di 0,25.
1.2 Armature longitudinali
   In  ogni  sezione  della  trave,  il  rapporto d'armatura al bordo
superiore  (As)  e  quello  al  bordo  inferiore  (Ai)  devono essere
compresi tra i seguenti limiti:
        1,4 7
            < (ro greca) <
        fyk fyk
dove
(ro greca)  e'  il rapporto geometrico di armatura = As /(b.h) oppure
    Ai  /(b.h)  ove  As,  e  Ai  rappresentano  l'area  dell'armatura
    longitudinale, rispettivamente, superiore e inferiore;
fyk e'  la  tensione  caratteristica  di snervamento dell'acciaio (in
    N/mm2).
   Almeno  due  barre di diametro non inferiore a 12 mm devono essere
presenti  superiormente  e inferiormente per tutta la lunghezza della
trave.
   A ciascuna estremita' collegata con pilastri, per un tratto pari a
due  volte  l'altezza utile della sezione trasversale, la percentuale
di  armatura  compressa  non deve essere minore della meta' di quella
tesa nella stessa sezione.
   Almeno   un   quarto   dell'armatura   superiore  necessaria  alle
estremita'  della  trave  deve  essere  mantenuta  per tutto il bordo
superiore della trave.
1.3 Armature trasversali
   Nelle  zone  di  attacco  con i pilastri, per un tratto pari a due
volte  l'altezza  utile  della  sezione  trasversale,  devono  essere
previste staffe di contenimento. La prima staffa di contenimento deve
distare non piu' di 5 cm dalla sezione a filo pilastro; le successive
devono  essere  disposte  ad un passo non maggiore della piu' piccola
delle grande' seguenti:
- un quarto dell'altezza utile della sezione trasversale;
- sei  volte il diametro minimo delle barre longitudinali considerate
  ai fini delle verifiche;
- 15 cm.
2 Pilastri
2.1. Definizione e limiti geometrici
   Si  definiscono  pilastri,  ai fini dell'applicazione delle regole
contenute  in  questo  articolo,  gli elementi soggetti a flessione e
sforzo assiale quando questo supera il valore:


           ---->  Vedere Formula a Pag. 23 del S.O.  <----

   con i simboli definiti al punto 1.
   La  dimensione  minima  della  sezione trasversale non deve essere
inferiore a 30 cm.
   Il  rapporto tra i lati minimo e massimo della sezione trasversale
non  deve  essere inferiore a 0,3; in caso contrario l'elemento sara'
assimilato alle pareti portanti trattate nel paragrafo 4.3.
   Il  rapporto  L/b  tra  l'altezza  netta  e  la  minima dimensione
trasversale non deve essere maggiore di:
        16 se il pilastro e' soggetto a momenti di segno opposto alle
        due estremita';
        10 negli altri casi.
   Ove  gli  indicati valori del rapporto L/b non vengano rispettati,
occorre  eseguire  una  specifica  verifica  che  tenga  conto  delle
sollecitazioni indotte dagli effetti del 2 ordine.
2.2. Armature longitudinali
   Nella  sezione  corrente  del  pilastro la percentuale di armatura
longitudinale deve esser compresa tra i seguenti limiti:
                               A
        1% (minore uguale)     (minore uguale) 4%
                               Ac
   con A area totale dell'armatura longitudinale.
   Per  tutta  la lunghezza del pilastro l'interasse tra le barre non
deve essere superiore a 25 cm.
2.3. Armature trasversali
   Alle  due  estremita'  del  pilastro  si devono disporre staffe di
contenimento  e  legature per una lunghezza, misurata a partire dalla
sezione di estremita', pari alla maggiore delle seguenti quantita':
- il lato maggiore della sezione trasversale;
- un sesto dell'altezza netta del pilastro;
- 45 cm.
   In  ciascuna delle due zone di estremita' devono essere rispettate
le  condizioni seguenti: le barre disposte sugli angoli della sezione
devono  essere  contenute dalle staffe; almeno una barra ogni due, di
quelle  disposte sui lati, dovra' essere trattenuta da staffe interne
o  da  legature; le barre non fissate devono trovarsi a meno di 15 cm
da una barra fissata.
   Il  diametro  delle  staffe  di  contenimento  e legature non deve
essere inferiore a 8 mm.
   Esse  saranno  disposte  ad  un passo pari alla piu' piccola delle
quantita' seguenti:
- 6 volte il diametro delle barre longitudinali che collegano;
- un quarto del lato minore della sezione trasversale;
- 15 cm.
   Nelle  parti intermedie del pilastro la distanza tra le staffe non
deve superare i valori seguenti:
- 10 volte il diametro delle barre longitudinali che collegano;
- meta' del lato minore della sezione trasversale;
- 25 cm.
   Le  armature di cui sopra devono comunque soddisfare la verifica a
taglio.
3. Nodi trave-pilastro
    Si  definisce  nodo  la  zona del pilastro che si incrocia con le
travi ad esso concorrenti.
3.1. Geometria
    Sono  da  evitare  per  quanto possibile eccentricita' tra l'asse
della  trave  e  l'asse del pilastro concorrenti in un nodo. Nel caso
che  tale  eccentricita'  superi  1/4 della larghezza del pilastro la
trasmissione   degli   sforzi  deve  essere  assicurata  da  armature
adeguatamente dimensionate allo scopo.
3.2 Armature
    Le   armature   longitudinali  delle  travi,  sia  superiori  che
inferiori,  devono  attraversare, di regola, il nodo senza giunzioni.
Quando  cio'  non  risulti  possibile, sono da rispettare le seguenti
prescrizioni:
-  le  barre  vanno  ancorate  oltre  la  faccia  opposta a quella di
intersezione,  oppure  rivoltate  verticalmente  in corrispondenza di
tale faccia;
-  la  lunghezza di ancoraggio va calcolata in modo da sviluppare una
tensione nelle barre pari a 1,25 fyk, e misurata a partire da una
distanza pari a 6 diametri dalla faccia del pilastro verso l'interno.
    Lungo le armature longitudinali del pilastro che attraversano i
nodi devono esser disposte staffe di contenimento in quantita' almeno
pari  alla  maggiore  prevista  nelle  zone  del pilastro inferiore e
superiore adiacenti al nodo.
    Questa  regola  puo'  non essere osservata quando nel pilastro si
innestano travi su ciascuna delle quattro facce.
4. Pareti
4.1 Definizione e limiti geometrici
    Si  definiscono  pareti gli elementi portanti verticali quando il
rapporto  tra  la  minima  e  la  massima  dimensione  della  sezione
trasversale e' inferiore a 0,3.
    Lo spessore delle pareti deve essere generalmente non inferiore a
150  mm, oppure a 200 mm nel caso previsto al par. 4.3 (armature ad X
nelle travi di collegamento).
4.2 Armature
    Le armature, sia orizzontali che verticali, devono esser disposte
su entrambe le facce della parete.
    Le  armature  presenti sulle due facce devono esser collegate con
legature in ragione di almeno sei ogni metro quadrato.
    Il passo tra le barre deve essere non maggiore di 30 cm.
    Il diametro delle barre deve essere non maggiore di un decimo
dello spessore della parete.
    Il  rapporto  geometrico (pigreco) dell'armatura totale verticale
deve essere compreso tra i seguenti limiti:
            0,25% (minore uguale) (ro greco) (minore uguale) 4%
    qualora  il rapporto tra altezza e lunghezza della parete non sia
maggiore di 4, altrimenti
            1% (minore uguale) (ro greco) (minore uguale) 4%
   Uguali condizioni vanno rispettate per l'armatura orizzontale.
    Una  armatura trasversale orizzontale piu' fitta va disposta alla
base  della  parete  per un'altezza pari alla lunghezza in pianta (l)
della  parete  stessa,  in  vicinanza dei due bordi per una lunghezza
pari a 0,20l su ciascun lato.
    In  tali  zone  l'armatura  trasversale  deve esser costituita da
tondini di diametro non inferiore a 8 mm, disposti in modo da fermare
tutte  le  barre  verticali  con un passo pari a 10 volte il diametro
della barra ma non inferiore a 25 cm.
4.3. Travi di collegamento
    Le  travi  di  collegamento di pareti accoppiate vanno verificate
con   i  criteri  previsti  per  le  travi  normali  delle  strutture
intelaiate  purche'  il  rapporto  tra  luce  netta  ed  altezza  sia
superiore a 3.
    Quando  tale  condizione  non  e'  soddisfatta esse devono essere
armate a flessione con armatura doppia simmetrica; la stessa armatura
trasversale  richiesta  per  assorbire il taglio deve essere disposta
anche  longitudinalmente  in  modo  da  costituire  due reti a maglia
quadrata disposte sulle due facce.
    Se il valore della tensione tangenziale di calcolo,
                  Vd
(taf greco)d = -------- eccede il limite seguente:
               b(per)h
     (taf greco)d = 3 (per) (taf greco)0
tutto  il  taglio  deve  essere  assorbito  da  un'armatura  ad X che
attraversa  diagonalmente  la  trave  e  si  ancora  nelle due pareti
adiacenti.
    Ciascuno  dei  due  fasci  di  armatura  deve essere racchiuso da
armatura  a  spirale  o  da  staffe  di  contenimento  con  passo non
superiore a 100 mm.
    In questo caso, in aggiunta all'armatura diagonale sara' disposta
su  ciascuna  faccia  della trave una rete di diametro 10 mm a maglia
quadrata  di  lato 10 cm, ed armatura corrente di 2 barre da 16 mm ai
bordi superiore ed inferiore.
    Gli  ancoraggi  delle  armature nelle pareti saranno del 50% piu'
lunghi di quanto previsto per le zone non sismiche.
    Quando  e'  necessario  adottare armature ad X lo spessore minimo
delle  pareti  accoppiate  e delle travi deve essere non minore di 20
cm.
    In  ogni  caso  il  valore  della  tensione  tangenziale non puo'
eccedere il limite:

               ---->  Vedere a Pag. 27 del S.O.  <----

ALLEGATO 2
INTERAZIONE FRA TELAI E PANNELLI MURARI DI TAMPONATURA
Modello di calcolo
1. Campo di validita' del procedimento esposto
    Il  procedimento  di  calcolo esposto nel presente allegato, puo'
essere ritenuto valido per riprodurre con sufficiente approssimazione
il  comportamento di un elemento di telaio contenente una tamponatura
muraria  e  sottoposto  all'azione di una forza laterale quando siano
soddisfatte le seguenti condizioni:
1.  Il  telaio  e'  costituito  da  elementi  di  cemento  armato  (o
metallici) adeguatamente collegati fra loro nei modi ed aderenti alla
tamponatura.   Questa   deve   essere  efficacemente  collegata  alla
intelaiatura  in  modo  che  ne  sia  assicurato il contatto e quindi
l'aderenza  tale  da  garantire  la  trasmissione di sforzi normali e
taglianti oltre all'inamovibilita';
2.  Il  rapporto  h/l  (fig.1)  fra  i lati del pannello murario deve
essere compreso di norma tra 0,5 e 2,0;
3.  Il  rapporto  h/t (fig.1) fra l'altezza e lo spessore (snellezza)
del pannello murario non deve essere superiore a 20;
4.  Nel  pannello di tamponatura non devono essere presenti aperture,
salvo  che  queste siano delimitate da intelaiature in cemento armato
atte  a ricostituire la continuita' dei due tratti delle diagonali di
muratura come in seguito esposto.
2. Valutazione della deformabilita' laterale
    Per  la  valutazione  della  deformabilita'  laterale del sistema
composto  da  telaio  e  tamponatura,  quindi  per  il  calcolo della
ripartizione  delle  forze  sismiche  orizzontali  fra  gli  elementi
resistenti,  si  puo'  tener  conto dell'effetto delle tamponature in
maniera  sufficientemente  approssimata considerando il funzionamento
di  un puntone diagonale equivalente (fig.2). Tale puntone deve avere
lo  spessore  t  della  muratura  e  larghezza s uguale ad 1/10 della
lunghezza  della  diagonale.  Si  puo'  considerare allora un sistema
equivalente  formato  dalle  travi e dai pilastri del telaio, nonche'
dai   suddetti   puntoni   diagonali  considerati  incernierati  alle
estremita' (fig.3).
    Ogni puntone avra' pertanto una rigidezza equivalente pari a:
                      (EA/d)eq = 0,1 (per) Em (per) t
in  cui d = (radice quadrata)12 + h2 e' la lunghezza della diagonale,
mentre Em e' definito nel successivo punto 4.
3. Meccanismi di rottura dei pannelli murari
    Il  comportamento  laterale di un telaio piano risente fortemente
dell'effetto  di  interazione prodotto dalle tamponature presenti nel
piano  del  telaio stesso, purche' queste siano ad esso efficacemente
collegate.  Per poter fare affidamento su tale effetto, devono essere
soddisfatte le condizioni di seguito indicate:
1. il pannello e' contenuto nel piano medio del telaio;
2.  le  caratteristiche  meccaniche  dei materiai e gli spessori sono
tali   da   rendere   soddisfatte  le  verifiche  di  resistenza;  in
particolare  sono  da  escludere le pareti in foglio, o costituite da
elementi con percentuale di foratura superiore al 45%;
3. e' assicurato il contatto con la struttura di cemento armato;
4.  sono assenti aperture, a meno che le aperture siano adeguatamente
riquadrate;
5.  hanno  elevata  resistenza all'azione sismica ortogonale al piano
del pannello.
    Con  riferimento  ad  una  maglia  del  telaio interagente con un
pannello  murario in essa contenuto ed avente spessore t, lunghezza l
ed altezza h (fig. 1), le ricerche sperimentali svolte hanno messo in
    evidenza  la  possibilita'  di  tre  meccanismi  di rottura delle
    murature. I tre meccanismi sono i seguenti:
    a)  rottura  per  scorrimento  orizzontale  dovuta  alle tensioni
tangenziali  agenti nella zona centrale della tamponatura, secondo lo
schema rappresentato nella figura 4a;
    b)  rottura  diagonale  per  trazione,  dovuta  alle  tensioni di
trazione  inclinate,  agenti  anche  esse  nella  zona centrale della
tamponatura (fig. 4 b);
    c)   rottura   per  schiacciamento  locale  degli  spigoli  della
tamponatura,  dovuta  alla  concentrazione delle forze orizzontali di
interazione trasmesse dal telaio (fig. 4c).
    La  rottura della struttura di cemento armato verra' esaminata al
successivo punto 5.
4. Verifica della tamponatura
    Le  verifiche  di  resistenza  relative  alle  tre  condizioni di
rottura  descritte  al  paragrafo  precedente,  in  via approssimata,
possono essere condotte sulla base delle seguenti relazioni:
    Verifica allo scorrimento orizzontale:

     ---->  Vedere Formule da Pag. 29 a pag. 30 del S.O.  <----

    Nelle formule scritte, oltre alle dimensioni h, l, t del pannello
murario sono state indicate le seguenti grandezze:
Ho  =  forza  sismica  orizzontale  agente  sull'elemento di muratura
(componente  orizzontale della forza agente nel puntone equivalente),
da valutare tenendo conto del coefficiente di struttura B;
fvko  =  resistenza caratteristica a taglio della muratura in assenza
di carichi verticali;
fk = resistenza caratteristica a compressione della muratura;
(theta  greca)  =  arctg  (h/l),  angolo della diagonale del pannello
rispetto all'orizzontale;
(fi greca) = fattore di riduzione delle tensioni:
                per verifiche alle tensioni ammissibili equivale a 2;
                per verifiche agli stati limiti equivale a 1;
Ec = modulo di elasticita' di calcestruzzo;
Em = modulo di elasticita' della muratura;
I  =  momento  di  inerzia  della  sezione  trasversale  del pilastro
calcolato  rispetto al suo asse ortogonale al piano della tamponatura
(in caso di pilastri di diversa sezione si assume il valore medio dei
due momenti di inerzia);
    Per  i  valori  delle  caratteristiche di resistenza e dei moduli
elastici  della  muratura  puo'  farsi  riferimento  al D.M. 20.11.87
oppure  a  risultati  di  apposite  indagini  teorico - sperimentali,
chiaramente comprovati.
5. Verifica delle strutture di contenimento in cemento armato
5.1. Forze assiali nei pilastri.
    Si  deve  tener  conto  delle  variazioni delle forze assiali nei
pilastri che si calcolano applicando le forze sismiche orizzontali al
modello di struttura comprendente i puntoni equivalenti (fig.4).
5.2. Forze di taglio nei pilastri
    Per  la validita' delle considerazioni svolte e delle formule in-
dicate  e'  essenziale  che  la  rottura  per taglio dei pilastri non
preceda   quella  dei  pannelli  murari.  Pertanto  ciascun  pilastro
adiacente  ad  un  pannello di tamponatura deve essere verificato per
una  forza  tagliante  pari al taglio su di esso calcolato secondo lo
schema  indicato  al  punto  2., aumentato della forza orizzontale Ho
calcolata per la tamponatura.
5.3. Flessione nei pilastri
    Ciascun  pilastro  che  affianchi  una  tamponatura  deve  essere
verificato  per  un momento flettente pari al momento flettente su di
esso  calcolato  secondo lo schema indicato al punto 2. aumentato del
momento:


     ---->  Vedere Formule da Pag. 31 a pag. 33 del S.O.  <----

    ALLEGATO 3
    Edifici in muratura: Provvedimenti tecnici di intervento
    Nella  concezione  ed  esecuzione  degli  interventi  di  seguito
illustrati,  particolare  attenzione deve essere dedicata ai problemi
della   durabilita';  in  particolare,  ove  si  utilizzino  elementi
metallici,   si   consiglia   l'uso  di  materiali  autopassivanti  o
adeguatamente protetti.
1. Pareti murarie
    Per  aumentare  la  resistenza  di  un  elemento  murario si puo'
ricorrere, in genere, ad uno o piu' dei seguenti provvedimenti:
    - iniezioni di miscele leganti;
    -  applicazione  di lastre in cemento armato o di reti metalliche
elettrosaldate e betoncino;
    -  inserimento  di  pilastrini  in  cemento armato o metallici in
breccia nella muratura;
    - tirantature orizzontali e verticali.
     Gli  interventi localizzati sono sconsigliati come unico modo di
rafforzamento  delle  murature se non inseriti in un sistema generale
di riorganizzazione della struttura.
    Devono  essere eliminati o consolidati indebolimenti locali delle
pareti  murarie  in  prossimita'  degli  innesti  e degli incroci per
l'eventuale presenza di canne fumarie o vuoti di qualsiasi genere.
    In  caso  di  irregolare  distribuzione  delle  aperture (vani di
finestre  o porte) nei muri maestri, quando non sia possibile la loro
chiusura,  con  muratura  efficacemente  ammorsata alla esistente, si
deve  provvedere  alla  cerchiatura  delle aperture stesse a mezzo di
telai in cemento armato o metallici collegati alla muratura adiacente
tramite perforazioni armate.
2. Applicazione di tiranti
    Ove  non  sia  presente  un  efficace  cordolo in cemento armato,
devono  disporsi  tiranti  ancorati  tramite  piastre  di  dimensioni
opportune  o  di  chiavi,  che  consentano  una  efficace cerchiatura
dell'edificio.
    I  tiranti possono essere realizzati con normali barre in acciaio
per  armatura,  piatti o profilati metallici o con trefoli in acciaio
armonico.  Questi  possono  essere  disposti  sia orizzontalmente che
verticalmente,  e  devono  essere  estesi a tutta la dimensione della
parete.
    Se  i  solai  non  sono  in  grado  di  assicurare un sufficiente
incatenamento   delle   pareti,   si  deve  intervenire  con  tiranti
orizzontali,   ancorati   all'esterno   delle   pareti  medesime.  In
alternativa  si  possono  far  funzionare i solai come incatenamenti,
applicando  alle  travi  ed  ai  travetti, se questi elementi possono
essere   ritenuti  idonei  allo  scopo,  chiavi  metalliche  ancorate
all'esterno delle pareti.
    L'uso di tiranti di acciaio, analogamente a quello dei cordoli di
piano,   mira   a   migliorare   lo  schema  strutturale  tramite  la
realizzazione  di  efficaci  collegamenti  tra  le  strutture murarie
portanti,  assicurando  un  funzionamento  monolitico  del  complesso
edilizio da consolidare.
    Non   risultano,   peraltro,   trascurabili  i  vantaggi  che  ne
conseguono nei riguardi della duttilita' e della risposta ultima alle
azioni  sismiche  se  i  tiranti  sono  presollecitati. Tuttavia, per
quanto  riguarda  in  particolare  la presollecitazione verticale, e'
opportuno  che  la  tensione  normale,  nelle  murature,  non superi,
aggiunta  alla  precompressione,  il valore di un quinto di quella di
rottura.
    I tiranti possono essere posti in opera all'interno o all'esterno
delle  murature.  Nel  primo  caso  (tiranti  trivellati)  essi  sono
costituiti  da  trefoli  d'acciaio armonico disposti inguainati entro
fori  trivellati  nello  spessore  delle murature. Nel secondo caso i
tiranti  sono  costituiti  da  barre,  piatti  o profilati in acciaio
paralleli  sulle due facce della muratura ed ammorsati ad una piastra
in  testa  del  muro  per  mezzo di un sistema a vite che consente di
imprimere  uno  stato di presollecitazione. Questo tipo di tiranti e'
prevalentemente usato nella disposizione orizzontale.
    Gli   elementi  di  contrasto  sulle  murature,  sono  di  regola
costituiti  da piastre metalliche che hanno il compito di distribuire
la  forza  indotta dal tirante sulla muratura evitando concentrazioni
di  sforzi. Le tirantature orizzontali, adempiono inoltre, al compito
di  legare  le  pareti  ortogonali: a questo fine e' opportuno che le
teste  dei tiranti siano collegate a piastre o a chiavi di dimensioni
adeguate alle caratteristiche di connessione.
    I  tiranti  esterni  sono costituiti da barre metalliche aderenti
alle  murature  o poste in scanalature ricavate sulla loro superficie
in modo da occultarne la vista. Anche qui, per i tiranti orizzontali,
e'  opportuno  disporre  chiavi  in  testata,  di  dimensioni tali da
garantire una buona legatura tra le murature.
3. Iniezioni di miscele e leganti
    L'adozione di iniezioni di miscele leganti, mira al miglioramento
delle  caratteristiche della muratura da consolidare. A tale tecnica,
pertanto,  non puo' essere affidato il compito di realizzare efficaci
ammorsature dei muri e quindi di migliorare, se applicata da sola, il
primitivo schema strutturale.
    Le  iniezioni  possono  essere  eseguite  con miscele cementizie,
semplici o addditivate, oppure a base di resine organiche.
    Le  miscele  a  base  di  resine  saranno  scelte  adottando,  in
generale,   prodotti   a  basso  valore  di  modulo  elastico  quanto
l'ampiezza  media delle lesioni e' piccola e a piu' elevato valore di
detto modulo per riempimenti di zone estese.
a) Miscele a base di legante cementizio
   La miscela da iniettare deve possedere le seguenti proprieta':
    - buona fluidita';
    - buona stabilita';
    - tempo di presa opportuno;
    - adeguata resistenza;
    - minimo ritiro.
    Tali proprieta', sono agevolmente conseguibili con le sospensioni
cementizie  in  acqua,  semplici  o  con  sabbie molto fini a granuli
arrotondati,  caratterizzate  da valori del rapporto acqua-cemento in
genere variabili da 0,6 a 1,2 e migliorate con l'aggiunta di additivi
fluidificanti  ed  espansivi  antiritiro.  Il  cemento deve essere di
granulometria molto fine.
    La  scelta  della  pressione di immissione va fatta tenendo conto
che  le  dilatazioni  trasversali prodotte dal fluido in pressione, a
causa   delle  eventuali  discontinuita'  della  muratura  nei  piani
paralleli   ai  paramenti,  potrebbero  modificare  negativamente  la
configurazione di equilibrio raggiunta dalla costruzione.
    In  ogni caso le iniezioni devono essere fatte a bassa pressione,
eventualmente  ricorrendo  a  fasi  successive  con pressioni via via
crescenti  e  vanno  condotte  iniziando  dal basso, e procedendo con
simmetria.
    Nel  caso  di  murature  incoerenti  e  caotiche, l'uso di questa
tecnica  richiede  la  loro  incamiciatura  o  il  ricorso  ad  altri
provvedimenti cautelativi per non disperdere la miscela.
    La  tecnica  operativa puo' essere articolata nelle seguenti fasi
di lavoro:
    a)  scelta  dei  punti  in  cui  praticare  i fori, effettuata in
funzione  della  diffusione delle fessure e della porosita' del muro;
in genere sono sufficienti 2-3 fori per m2;
    b)  asportazione  dell'intonaco  lesionato e stuccatura con malta
cementizia delle lesioni per evitare risorgenze di miscela;
    c) esecuzione dei fori con perforazioni di diametro fino a 40 mm,
eseguite mediante trapani o sonde rotative;
    d)   posizionamento   nei  fori  degli  ugelli  di  immissione  e
successiva sigillatura con malta di cemento;
    e)  immissione  preliminare  di  acqua  a leggera pressione, allo
scopo di effettuare il lavaggio delle sezioni filtranti e di saturare
la massa muraria;
    f) iniezione della miscela.
    Nel caso di dissesti localizzati in zone limitate puo' risultare
conveniente  risanare  dapprima  a  bassa pressione queste zone e poi
operare a pressione piu' elevata, nelle zone rimanenti.
b) Miscele a base di resine
    Stante  la  forte  dipendenza, per il buon esito dell'operazione,
dal dosaggio dei componenti base e dalle condizioni di esecuzione, si
consiglia  l'uso delle iniezioni di miscele a base di resine nei soli
casi  in  cui  risulti dimostrata la convenienza economica e si possa
fare ricorso ad operatori specializzati.
    La  tecnica  operativa  resta,  comunque, non dissimile da quelle
gia' illustrate per le iniezioni cementizie alla quale si rimanda.
c) Iniezioni armate
    Tale   sistema  di  consolidamento  prevede  l'inserimento  nella
muratura  di  un  reticolo  di  barre  metalliche,  assicurandone  la
collaborazione   per   aderenza   mediante   miscele  cementanti.  In
condizioni   sfavorevoli,   puo'   essere   necessario   consolidare,
preventivamente la muratura mediante iniezioni semplici.
    L'uso  di  questa  tecnica  e' consigliabile allorche' si debbano
realizzare efficaci ammorsature tra le murature portanti, nei casi in
cui  non  si  possa  ricorrere all'uso di altre tecnologie. In questo
caso  le cuciture si realizzano mediante armature di lunghezza pari a
2  (piu' o meno) 3 volte lo spessore delle murature, disposte in fori
trivellati   alla   distanza   di   40-50   cm   l'uno  dall'altro  e
preferibilmente  inclinati  alternativamente  verso l'alto e verso il
basso.
    Le  miscele leganti da impiegare sono dello stesso tipo di quelle
esaminate  al  punto  a)  con l'avvertenza che dovranno essere ancora
piu'  accentuate  le caratteristiche di aderenza ed antiritiro, oltre
che  di  resistenza, per poter contare sulla collaborazione fra arma-
ture  e  muratura,  poiche'  nel  caso  specifico  le  iniezioni sono
localizzate nelle zone piu' sollecitate.
4. Applicazione di lastre e reti metalliche elettrosaldate
    L'intervento  mira a conservare, adeguandola alle nuove esigenze,
la  funzione  resistente  degli  elementi  murari,  fornendo  ad essi
un'adeguata resistenza a trazione e dotandoli di un grado piu' o meno
elevato  di duttilita', sia nel comportamento a piastra che in quello
a parete di taglio.
    E'  opportuno  che  questo  tipo  di intervento venga esteso, con
particolari  accorgimenti,  in  corrispondenza  degli innesti murari,
onde  realizzare  anche  una  modificazione migliorativa dello schema
strutturale.
    Il consolidamento si effettua con l'apposizione, possibilmente su
una o entrambe le facce del muro, di lastre cementizie opportunamente
armate  e  di adeguato spessore. Le armature sono costituite da barre
verticali  ed  orizzontali  o  da  reti, nonche' da ferri trasversali
passanti nel muro che assicurino i collegamenti.
    In relazione al tipo ed allo stato di consistenza della muratura,
a  questo intervento puo' essere associata la iniezione in pressione,
nel corpo murario, di miscele leganti.
    Su  ciascun  elemento  murario  l'intervento  puo'  ancora essere
dosato,  sia  operando  per  "fasce"  verticali  ed  orizzontali, sia
limitandolo  al solo rinforzo del perimetro dei vani porta o finestra
o adottando un sistema misto di rinforzo.
    La  tecnologia  dell'intervento,  di  norma  e'  articolata nelle
seguenti operazioni:
    1)  preparazione  delle  murature,  previa adeguata puntellatura:
asportazione  dell'intonaco,  riempimento delle cavita' esistenti con
particolare  riguardo a quelle in prossimita' delle ammorsature tra i
muri, rifacimento a cuci-scuci;
    2) spazzolatura e lavaggio con acqua od aria in pressione;
    3)    esecuzione    delle   perforazioni   nella   muratura   per
l'alloggiamento delle barre trasversali di collegamento;
    4)  applicazione  delle  barre  o delle reti di armatura su una o
entrambe le facce del muro, con adeguate sovrapposizioni e risvolti;
    5)  messa  in  opera di distanziatori dell'armatura dal muro, per
consentire il completo avvolgimento delle barre da parte della lastra
cementizia, di spessore adeguato e comunque non inferiore a 2 cm;
    6)  alloggiamento, nei fori, delle barre trasversali con adeguati
risvolti di ancoraggio;
    7)  l'inserimento  dei  collegamenti delle lastre cementizie agli
elementi resistenti di contorno (solai - cordoli - pareti trasversali
- fondazioni);
    8) esecuzione della lastra cementizia per lo spessore prefissato,
dopo abbondante lavaggio della superficie muraria;
    9)  esecuzione delle eventuali iniezioni nei muri, effettuate con
pressioni che, per la presenza delle lastre armate aventi funzione di
contenimento,  possono essere anche elevate, fino a 2 (piu' o meno) 3
kg/cm2.
5. Inserimento di cordoli e pilastrini
    Tale   tecnica   non   differisce,  nella  finalita',  da  quella
precedentemente illustrata.
    Il   concetto   informatore  e'  quello  dell'introduzione  nelle
murature  di  elementi  resistenti  -  atti a confinare la muratura o
dotarla   di   duttilita'   strutturale   -  in  modo  discontinuo  e
concentrato, anziche' diffuso.
    Per  tale  motivo  e'  consigliabile l'adozione di questa tecnica
quando  si  debba  operare con murature a blocchi squadrati (mattoni,
pietre  lavorate)  o comunque di discreta consistenza, risultando per
conto  sconsigliabile  per  interventi  su  murature  di costituzione
caotica e con malta degradata.
    Il    funzionamento    dell'insieme   strutturale   si   modifica
profondamente  in  senso  positivo,  solo  se gli elementi in cemento
armato o in acciaio, sono convenientemente organizzati fra loro ed in
rapporto  alla  muratura,  come puo' ottenersi eseguendo una serie di
cordoli verticali ed orizzontali tutti collegati fra loro.
    L'inserimento  di pilastrini, in breccia e' effettuato a distanze
regolari  (circa 2 m). Si crea uno scasso per circa 15 cm all'interno
della  muratura  e  si  realizza  l'ancoraggio,  per  mezzo di staffe
passanti o di spaccature distribuite lungo l'altezza.
    Per  la  realizzazione di cordoli a tutto spessore, e' necessario
procedere  al  taglio a forza della muratura, operando per campioni o
globalmente.
    Nel  primo  caso  di  affida  la  resistenza del pannello murario
durante le fasi realizzative alle porzioni di murature integre o gia'
trattate;   nel  secondo  caso  occorre  disporre  appositi  sostegni
(eventualmente  martinetti)  ai  quali  e'  delegato  il  compito  di
sostenere i carichi verticali durante la costruzione del cordolo.
    Per   i  cordoli  di  tipo  a  spessore  parziale  e'  necessario
predisporre   tagli  passanti  per  realizzare  poi  collegamenti  di
ancoraggio e sostegno; se due cordoli cingono la muratura al medesimo
livello,  tali  collegamenti  hanno  sagoma  cilindrica, mentre se il
cordolo  e'  da un solo lato, tali collegamenti sono conformati a mo'
di tronco di piramide con dimensione maggiore verso l'esterno.
    L'armatura metallica e' costituita da una gabbia formata da barre
longitudinali  e  staffe,  con  un minimo di 4 (diametro) 12 e staffe
(diametro) 6 ogni 30 cm.
    Nei   cordoli   a   tutto  spessore,  realizzati  globalmente,  i
martinetti a vite restano inglobati nel getto.
    L'esecuzione  di  cordoli  e  pilastrini  in  acciaio avviene con
modalita'   analoghe   a   quelle   sopra  indicate,  assicurando  la
collaborazione con la muratura mediante opportune zancature.
6. Archi e volte
    Gli  archi  e  le volte devono essere muniti di cinture, chiavi e
tiranti,  posti  convenientemente  in  tensione, ed atti ad assorbire
integralmente  le  spinte, a meno che le murature di sostegno abbiano
spessori  sufficienti  a sopportare le spinte, valutate tenendo conto
anche delle azioni sismiche.
    Qualora  occorra  risanare  o  rinforzare  le volte, e' possibile
intervenire  con la tecnica delle iniezioni di miscele leganti meglio
se integrate da perforazioni armate.
    Nel  caso delle volte di luce non molto grande, un valido sistema
di  rafforzamento  consiste  nel  costruire  in  aderenza  un  guscio
portante, generalmente estradossato, realizzato da una rete metallica
elettrosaldata  chiodata alla struttura da rinforzare e da uno strato
di  malta  antiritiro  ad  elevata resistenza o di miscele di resine.
L'intervento  deve  essere  preceduto  da una accurata pulitura della
superficie,  in  aderenza  alla quale si esegue il rinforzo, con aria
compressa  ed  eventualmente  qualora si impieghino malte cementizie,
con acqua, nonche' dalla sigillatura delle lesioni macroscopiche.
    Con  tale  procedimento,  in  particolare,  e'  possibile evitare
interventi sulla superficie di intradosso, il che assume fondamentale
importanza   allorche'  questa  ultima  sia  affrescata  o  presenti,
comunque, caratteristiche estetiche da non alterare.
    Gli  archi e le volte che siano interessati da gravi dissesti, se
realizzati  con  muratura  di non buona consistenza e fattura, devono
essere eliminati.
7. Solai
    Il  restauro  statico  del solaio deve puntare al soddisfacimento
dei seguenti requisiti fondamentali:
    -   resistenza   adeguata   ai   carichi   previsti  in  fase  di
utilizzazione;
    -  in  relazione  a  detti  carichi, rigidezze (trasversali e nel
proprio  piano)  sufficienti  ad  assicurare  sia la funzionalita' in
esercizio  dell'elemento strutturale, sia la funzione di diaframma di
collegamento e ripartizione tra le strutture verticali;
    -  collegamento  efficace con le murature verticali, agli effetti
delle trasmissioni degli sforzi.
    I primi due requisiti, nel caso di solai in legno, possono essere
agevolmente  realizzai, ad esempio, inchiodando al tavolato esistente
uno  strato  di  tavole  ortogonali  alle  precedenti  di conveniente
spessore  (S  (maggiore uguale) 3 cm) oppure, realizzando una soletta
di   calcestruzzo  armato  di  sufficiente  spessore  per  assicurare
resistenza  e  rigidezza alla struttura mista finale (legno - cemento
armato).
    Qualora  i  solai siano deteriorati, si da non possedere adeguata
rigidezza   nel  proprio  piano,  essi  devono  essere  sostituiti  o
rinforzati.
    Nel  caso  si impieghino travetti prefabbricati in cemento armato
ordinario  o  precompresso, si deve disporre una apposita armatura di
collegamento  dei  travetti  alle  strutture  perimetrali  in modo da
costituire un efficace ancoraggio sia agli effetti della trasmissione
del  momento  negativo,  sia  della  forza di taglio che delle azioni
normali alla parete.
    L'ancoraggio  alle  murature verticali puo' essere realizzato con
l'esecuzione  di  un  cordolo  in  cemento  armato,  di  altezza  non
inferiore   a   quella   del  solaio  in  corrispondenza  di  ciascun
orizzontamento,  oppure  con  il  consolidamento  della  muratura  in
corrispondenza  degli  orizzontamenti  mediante  iniezioni di miscele
leganti  armate.  In quest'ultimo caso le perforazioni possono essere
eseguite  trasversalmente  alle  murature, con andamento incrociato e
inclinazione  tale da interessare un'altezza pari almeno a quella del
solaio,   oppure  orizzontalmente  e  parallelamente  all'asse  della
muratura,  completandole  in  tal  caso,  eventualmente, con cuciture
d'angolo, in modo da legare solidamente tutti gli elementi componenti
la compagine strutturale.
    In  alternativa,  per  le  strutture  piu'  modeste  puo'  essere
sufficiente  anche un collegamento discontinuo che, nel caso di solai
in  legno,  puo'  realizzarsi  mediante piatti metallici d'ancoraggio
chiodati  alle  travi,  passanti  in  fori  predisposti  nei  muri  e
successivamente sigillati con malta cementizia.
    Infine  per  solai  in  legno  con  cappa in calcestruzzo e solai
latero-cementizi  di  nuova  costruzione, un sufficiente collegamento
puo'  essere  costituito  da  un cordolo continuo in cemento armato a
spessore  parziale o semplicemente in aderenza, provvisto di cunei di
ancoraggio passanti attraverso le murature ed opportunamente armati.
8. Scale
    Le  scale in muratura a sbalzo, cioe' quelle aventi gli scalini o
la  sottostruttura  incastrati nei muri di gabbia da un lato e liberi
dall'altro,  devono  essere di regola sostituite con scale in cemento
armato  o  in acciaio. Possono tuttavia essere conservate soltanto se
prive  di  lesioni  e  dopo averne verificata l'efficienza a mezzo di
prove di carico.
    Quando   necessita'   ambientali-architettoniche   richiedano  la
conservazione  di  scale  a  sbalzo staticamente non sicure, potranno
adottarsi  rinforzi  con  strutture  metalliche oppure cementizie. In
quest'ultimo  caso  dovra' porsi massima cura affinche' gli sforzi di
trazione,   presenti  sulla  struttura  muraria  delle  scale,  siano
completamente assorbiti da armature opportunamente inserite, ancorate
alla   muratura   perimetrale   e  suggellate  con  malte  cementizie
antiritiro o epossidiche.
9. Coperture
    I  tetti  devono  essere  resi non spingenti. Negli interventi di
semplice  miglioramento  occorre,  in  particolare, assicurarsi della
capacita'  di  resistere  alle  azioni  orizzontali  da  parte  delle
murature  perimetrali  ed interne che spiccano dall'ultimo solaio per
sostenere  il  tetto  e di realizzare un efficace collegamento fra le
strutture  del tetto e le murature su accennate. Nel caso di tetti in
legno  si deve garantire anche una adeguata connessione fra i diversi
elementi costituenti l'orditura.
    Gli  elementi  sporgenti  dalle  coperture  (comignoli,  abbaini,
parapetti,  torrini,  antenne,  ecc.)  devono essere ben fissati alla
base e, se necessario, controventati.
    I  provvedimenti intesi ad ottenere l'adeguamento sismico possono
essere i seguenti:
    -   costruzione   di   cordoli  di  sottotetto  in  c.a.  per  la
ripartizione  delle  forze  trasmesse  alla  muratura  dagli elementi
strutturali lignei e cerchiatura dell'edificio in sommita';
    -  applicazione  di un tavolato di sottotetto in legno o di croci
di Sant'Andrea per irrigidire la struttura nel piano di falda;
    - applicazione di catene in ferro e/o in legno.
    Qualora,  per  motivi  di particolare pregio architettonico o per
l'ottimo   stato   di  conservazione  della  copertura,  non  risulti
conveniente la creazione di cordoli in cemento armato di sommita', si
puo',  in  via  del  tutto  eccezionale,  procedere al rinforzo della
muratura   che  spicca  dall'ultimo  piano  (compresi  gli  eventuali
timpani)  mediante  iniezioni  e cuciture armate o incorniciatura con
lastre di cemento armato; particolare cura si deve porre comunque per
realizzare  efficaci collegamenti dell'orditura principale lignea con
la muratura cosi' rinforzata.
10. Fondazioni
    Nella  maggior  parte  degli edifici in muratura, la struttura di
fondazione  e'  sostanzialmente  coincidente  con  l'edificio stesso.
Pertanto  gli  eventuali  interventi  sono  prevalentemente  di  tipo
localizzato,  tendenti  a  sanare  eventuali  situazioni di debolezza
puntuali.
    Nel  caso  di inserimento nell'edificio di una nuova muratura, la
sua  fondazione  deve  essere  ammorsata  in  quella  delle  murature
esistenti mediante un opportuno innesto.
    La  riduzione  della  pressione di contatto edificio-terreno puo'
ottenersi,  in  generale,  ampliando  la base del fabbricato mediante
placcaggi   in   conglomerato   cementizio   a  getto  od  a  spruzzo
convenientemente  armati, applicati da uno o da entrambi i lati della
muratura.
    L'efficacia   di   tale   intervento   e'  peraltro  legata  alle
caratteristiche  di  compressibilita'  del  terreno  e alle modalita'
esecutive.
    In  quei  particolari casi in cui il terreno di fondazione sia di
scadenti   proprieta'   fisico-meccaniche,   puo'  essere  necessario
riportare  i carichi in profondita' mediante pozzi o pali. Si possono
usare   pali   di  normale  diametro  opportunamente  collegati  alle
strutture,  ovvero  si  possono  utilizzare  pali di piccolo diametro
eventualmente  eseguiti  attraverso  le  strutture esistenti cosi' da
collegarsi ad esse, per poi approfondirsi nel terreno sottostante.
    Per  i  pali  di  regola  si adotta il sistema di trivellazione a
rotazione, che non comporta scuotimenti pericolosi per strutture gia'
in fase di dissesto.
ALLEGATO E
Edifici in cemento armato: Provvedimenti tecnici di intervento
    Nella  concezione  ed  esecuzione  degli  interventi  di  seguito
illustrati,  particolare  attenzione deve essere dedicata ai problemi
della   durabilita';  in  particolare,  ove  si  utilizzino  elementi
metallici, si consiglia l'uso di materiali autopassivanti.
1. Generalita'
    I  provvedimenti  tecnici  descritti  in questa parte, riguardano
prevalentemente  le  modalita'  esecutive  a  carattere  locale,  che
possono costituire le singole fasi di realizzazione degli interventi.
Il  progetto  generale dell'intervento che considera il comportamento
globale  del fabbricato in fase sismica, rimane il fattore principale
che  assicura la buona riuscita dell'opera, dal quale pertanto non e'
mai   possibile  prescindere  e  dalla  cui  organicita',  i  singoli
interventi devono derivare.
2. Strutture in elevazione
    Per  la riparazione ed il rafforzamento locale delle strutture in
elevazione,   si   puo'   ricorrere   ad  uno  o  piu'  dei  seguenti
provvedimenti tecnici:
    - iniezioni di miscele leganti;
    - ripristino localizzato con conglomerati;
    - ripristino e rinforzo dell'armatura metallica;
    - cerchiature di elementi strutturali;
    -   integrazione   di  armatura  con  l'applicazione  di  lamiere
metalliche;
    - rinforzo con tiranti.
     Nei casi in cui l'intervento consista nel ripristinare strutture
cementizie per porzioni o tratti di entita' considerevoli puo' essere
usato  calcestruzzo ordinario, che abbia resistenza e modulo elastico
non  troppo  diversi da quelli del calcestruzzo esistente; l'aderenza
del  getto  all'elemento  da riparare puo' essere migliorata mediante
l'applicazione di uno strato adesivo.
    Per   conciliare  le  esigenze  di  elevata  resistenza  e  buona
lavorabilita'   dei   getti  puo'  essere  opportuno  usare  additivi
fluidificanti (che in genere migliorano anche l'adesione al materiale
preesistente).
    Idoneo,  in  generale, e' anche l'uso di calcestruzzi o malte con
additivi  che realizzano un'espansione volumetrica iniziale capace di
compensare o addirittura di superare il ritiro.
    Questo accorgimento permette di creare modesti stati di coazione,
benefici  per  l'inserimento  dei nuovi getti; e' peraltro essenziale
utilizzare casseri contrastanti.
2.1. Iniezioni con miscele leganti
    Le  iniezioni sotto pressione, di materiali (miscele cementizie e
di  resine) di opportuno modulo elastico e con spiccate proprieta' di
aderenza   al  calcestruzzo  ed  all'acciaio,  possono  essere  usate
soltanto  per  la risarcitura di lesioni la cui apertura non superi i
3-4 mm.
    L'impiego di resine migliora la resistenza sia a compressione che
a trazione. Il materiale si presta bene ad essere usato per iniezioni
anche  mescolato  con  inerti fini. In funzione di molti fattori, fra
cui  anche  il  tipo  di  inerti,  si ottengono moduli elastici molto
variabili (da 20.000 kg/cm2 a valori simili a quelli del calcestruzzo
ordinario).
    Le  caratteristiche finali delle miscele dipendono sensibilmente,
tra  l'altro,  dalle  condizioni  ambientali (temperature ed umidita)
nelle  quali avviene la loro maturazione. Pertanto, e' raccomandabile
che  lo  studio  delle  modalita'  di  preparazione tenga conto delle
effettive  condizioni  ambientali  prevedibili  e che si provveda, in
sede   di   esecuzione,   al   controllo   delle  condizioni  stesse,
eventualmente con misurazioni della temperatura e dell'umidita'.
    Risarciture  di  lesioni  localizzate  di  piccola  entita'  sono
effettuabili  con  miscele prevalentemente di resine con viscosita' e
pressioni  dipendenti  dalle  ampiezze delle stesse. Si raccomanda di
usare  pressioni non troppo elevate per non indurre stati di coazione
eccessivi  nell'elemento  iniettato.  Si  sconsigliano  iniezioni  di
resina  per  lesioni  rilevanti  per  evitare eccessivi riscaldamenti
prodotti dalla polimerizzazione della miscela.
    Le operazioni da effettuare sono:
    a)  pulizia della polvere o dalle altre impurita' delle superfici
danneggiate con l'eliminazione del materiale disgregato;
    b) pulizia in profondita' con aria o acqua in pressione;
    c)   sigillatura   delle   lesioni   con   stucco  o  intonaco  e
predisposizione   di  tubicini  di  ingresso  della  miscela  che  e'
costituita generalmente da resina pura o debolmente caricata.
    La  tecnica  descritta e' altresi' da evitare nel caso di lesioni
molto  piccole  (ad  esempio attorno al decimo di millimetro) perche'
l'iniezione  diventa  difficoltosa  e richiede pressioni elevate, con
esito  incerto  e  possibilita'  di  effetti  negativi  difficilmente
controllabili  sulle  parti di struttura lesionate. In questi casi si
raccomanda  di  non  fare  affidamento  sul completo ripristino della
continuita'  dell'elemento  fessurato,  ma  solo  su  una percentuale
cautelativa  che  tenga  conto  appunto  della  probabile presenza di
lesioni e distacchi non iniettati.
2.2. Ripristino localizzato con conglomerati
    Nel caso di lesioni di apertura superiore ai 3-4 mm ovvero quando
il  calcestruzzo  si  presenta  fortemente  degradato o frantumato si
ricorre  al  ripristino  dell'elemento  danneggiato mediante il getto
localizzato  di  conglomerato, che potra' essere, a seconda dei casi,
di  tipo  ordinario,  di  tipo  additivato con spiccata proprieta' di
aderenza  al  preesistente  calcestruzzo  ed  alle  armature  di tipo
spruzzato  (gunite, spritzbeton, ecc.) adoperabile soltanto su nuclei
integri e per spessori non eccessivi, e del tipo composto da resine.
    Qualsiasi  intervento  deve essere preceduto dalla scarificazione
nel calcestruzzo con la rimozione di tutte le parti disgregate.
    La  riparazione  con  getto  di  calcestruzzo,  ordinario  o  con
additivi,  e'  la  piu'  frequente  nel caso che si presenti parziale
disgregazione  del  materiale  (eventualmente evidenziabile anche con
debole percussione).
    Eseguite le occorrenti puntellature o tirantature provvisorie, si
procede nella maniera seguente:
    a)  eliminazione  di  tutte  le  parti  disgregate o parzialmente
espulse ponendo attenzione a non danneggiare le armature presenti;
    b) eventuale iniezione della parte messa a nudo;
    c)  pulizia della superficie con aria compressa e lavaggio; se si
rende  necessario  l'inserimento di nuove armature, dopo l'operazione
indicata  alla  lettera  a)  si  prosegue  con le operazioni appresso
elencate;
    d)  messa  in  opera  di  nuove  armature mediante saldatura alle
preesistenti,  semplice legatura con spinotti o con barre infilate in
fori  trapanati  nella parte di calcestruzzo indenne (successivamente
iniettati);  quest'ultimo  intervento  e' da effettuare quando non si
ritenga  sufficiente per il collegamento tra vecchio e nuovo, la sola
aderenza del calcestruzzo o la resistenza dell'adesivo spalmato prima
del getto;
    e) posizionamento dei casseri e loro eventuale contrasto;
    f)  eventuale  spalmatura  di  adesivo tra vecchio calcestruzzo e
nuovo getto;
    g)  esecuzione  del  getto  di calcestruzzo e di malta, prima che
l'eventuale  adesivo  abbia iniziato la polimerizzazione; una tecnica
analoga  utilizzabile  quando il danno si limita al copriferro o poco
di  piu',  consiste  nella applicazione di una intonacatura con malta
cementizia a ritiro compensato, posta in opera mediante spruzzatura.
    Questo tipo di applicazione (opportuno per spessori non superiori
a  3  centimetri)  e'  conveniente  nella riparazione delle pareti di
cemento  armato. In questo caso la riparazione si effettua applicando
uno  o  piu'  strati di rete elettrosaldata e collegando i due strati
con  barre, spinotti o gabbie staffate passanti attraverso la parete;
i collegamenti sono completati iniettando i fori di attraversamento.
    Il materiale per la ricostruzione dell'elemento puo' essere anche
malta   di  resina  con  il  vantaggio  di  avere  una  resistenza  e
un'adesione  elevate,  ma  con la possibilita' di introdurre una zona
con  moduli  elastici e resistenze generalmente diversi da quelli del
calcestruzzo.
2.3. Ripristino e rinforzo dell'armatura metallica
    Ove  necessario, le armature vanno integrate. Particolare cura va
posta    all'ancoraggio   delle   nuove   armature   ed   alla   loro
solidarizzazione all'elemento esistente.
    Il  rinforzo  puo' essere realizzato localmente con l'aggiunta di
nuove  barre, od interessare l'intera struttura, con l'inserimento di
elementi aggiuntivi in cemento armato o in acciaio, resi collaboranti
con  quelli esistenti. In presenza di pilastri fortemente danneggiati
alle  estremita',  la  riparazione  deve comportare anche il rinforzo
delle armature longitudinali e trasversali.
    Il  getto  di  completamento  puo'  essere  eseguito  con malta o
calcestruzzo a stabilita' volumetrica oppure con malta o calcestruzzo
ordinari  assicurando  in  ogni  caso  l'aderenza  tra  il nuovo e il
vecchio calcestruzzo.
    Il   rinforzo   dei   nodi   trave-pilastro  deve  assicurare  il
miglioramento  dell'ancoraggio  delle  armature,  e  una  continuita'
meccanica  sufficiente  a trasmettere gli sforzi massimi sopportabili
dalle  sezioni di estremita' interessate, contenere il conglomerato e
le  armature  nei  riguardi  della  espulsione  trasversale, mediante
opportuna staffatura.
    Quando  i  nodi  trave-pilastro sono tanto danneggiati da rendere
tecnicamente difficile la loro riparazione, la funzione statica degli
elementi  strutturali  convergenti nei nodi deve essere attribuita ad
altri elementi portanti dell'ossatura.
    Per  ripristinare  l'efficienza  di  barre  ingobbate, occorre un
provvedimento  diretto  di  riparazione  costituito,  ad  esempio, da
saldatura  di  spezzoni  di  barre o di angolari a cavallo del tratto
danneggiato  e  da inserimenti di armature trasversali per ridurre la
lunghezza libera di inflessione.
    Il caso di un insufficiente o mal disposto ancoraggio delle barre
dei  pilastri  si  puo' risolvere con armature saldate passanti entro
fori  praticati  attraverso  i  nodi, e successivamente ricoperti con
malta  cementizia  a ritiro compensato o epossidica e/o con iniezioni
di  resina.  Nuove  barre  possono  essere  saldate anche in elementi
inflessi  a cavallo delle sezioni danneggiate per difetto di armature
longitudinali, con adeguato prolungamento per l'ancoraggio.
    In  elementi  sottoposti  a  forze di taglio e nei nodi dei telai
possono  essere  applicate  staffe  o  collari  per  quanto possibile
perpendicolari  alla  lesione.  Le  armature  vanno  poi  protette da
intonaco cementizio a ritiro compensato.
    In  ogni  caso  gli  ancoraggi  delle  barre  e le loro giunzioni
mediante saldatura sono migliorati dal confinamento realizzato da una
fitta armatura trasversale che avvolga la zona trattata.
    Per  l'acciaio  in  barre, quando ne sia previsto il collegamento
alle   armature   esistenti   tramite  saldature,  si  raccomanda  di
controllare  la  saldabilita',  sia  delle  esistenti  che  di quelle
aggiuntive,  o  meglio  la  capacita'  di  sopportare  l'unione senza
divenire fragile.
2.4. Cerchiatura di elementi strutturali
    L'effetto della "cerchiatura" si ottiene con staffe o altre arma-
ture  trasversali di contenimento. Esso ha lo scopo di contrastare le
deformazioni trasversali del calcestruzzo, prodotte dalle tensioni di
compressione   longitudinali,  migliorandone  le  caratteristiche  di
resistenza e di duttilita'.
    Queste  armature  possono  essere  collari  di  lamierino, ovvero
eliche  di  filo  d'acciaio,  oppure  vere  e  proprie  strutture  di
carpenteria  metallica, calastrellate o piu' raramente reticolate. Le
armature  esterne devono essere protette mediante intonaco cementizio
o gunite armata con rete.
    Una  cerchiatura si realizza anche con la messa in opera di arma-
ture  trasversali  generalmente  chiuse,  quali staffe (eventualmente
saldate),   spirali,  collari  o  profilati  saldati  a  formare  una
struttura chiusa.
2.5.   Integrazioni   di   armatura  con  l'applicazione  di  lamiere
metalliche
    Un'armatura  aggiuntiva,  se  necessaria,  puo' essere realizzata
mediante piastre di acciaio, applicate sulla superficie dell'elemento
strutturale  da  riparare  o  da rinforzare ed a questo solidarizzate
opportunamente.
    Nel  caso  di  piastre  sollecitate a taglio o compressione, deve
porsi  attenzione  al  pericolo di instabilita'; in ogni caso, questa
tecnica  comporta  un aumento della rigidezza dell'elemento riparato,
di cui si deve tener conto nei calcoli.
    Le   piastre   devono   essere   opportunamente   protette  dalla
corrosione.
    Tale  tecnica consiste nella solidarizzazione tramite incollaggio
e  chiodature  di  lamiere o profilati su elementi in cemento armato.
Questo provvedimento puo' essere usato in casi particolari in cui non
sono  applicabili  metodi  tradizionali;  ne puo' essere giustificato
l'impiego ad esempio quando si riscontrino:
    a) danni nella parte tesa di elementi inflessi. In questo caso la
lamiera  ha  funzione  di  armatura  tesa  e  la  resina, e i chiodi,
assicurano la trasmissione delle forze di scorrimento;
    b)  danni  in zone sottoposte a taglio. In questo caso la lamiera
e'  posta  in  genere  a  cavallo  fra  zona  tesa  e  compressa;  in
quest'ultima vanno posti i connettori di collegamento trasversale per
prevenire fenomeni di instabilita' delle lamiere stesse. Alla lamiera
viene affidato il compito di trasmettere le forze di scorrimento.
    c)  danni per eccessiva trazione o nelle zone di ancoraggio delle
barre di armatura;
    L'incollaggio  delle  lamiere  e'  ammesso quando il conglomerato
presenta buone caratteristiche di resistenza.
    In ogni caso le operazioni consistono in:
    1)  pulizia  della  superficie  da  incollare previa asportazione
dello  strato  di  calcestruzzo degradato mediante energica azione di
spicconatura e di martellinatura;
    2)  applicazione  di  successivi  strati  di  malta di resina per
regolarizzare, ove necessario, la superficie (si raccomanda di non
    superare,  per lo spessore di ogni strato, valori intorno a 5 - 6
    mm);
3) incollaggio delle lamiere con adesivo spalmato. Le lamiere
devono  essere  tenute  in sito con chiodi ad espansione con puntelli
forzanti fino ad indurimento;
    4) in alternativa al punto 3) possono impiegarsi lamiere con suc-
cessive iniezioni di resina;
    5) protezione delle lamiere con prodotti anticorrosivi.
     Il  rinforzo  di  elementi  in  cemento  armato puo' conseguirsi
mediante  tiranti  di  acciaio  posti in tensione seguendo la tecnica
della precompressione, oppure delle chiodature pretese.
    In ogni caso deve verificarsi che l'intervento non provochi stati
di coazione.
3. Fondazioni
   In consolidamento delle fondazioni puo' in genere conseguirsi:
     -  con  la costruzione, ove possibile di travi in cemento armato
per  il  collegamento  dei  plinti  nelle  due  direzioni in guisa da
realizzare un reticolo orizzontale di base;
    -  con  la  costruzione  di setti in cemento armato al livello di
primo  interpiano  si  da  costruire  nel suo complesso una struttura
scatolare rigida;
    -  con l'approfondimento delle strutture fondali mediante pali di
piccolo o medio diametro, fortemente armati;
    -    con    l'allargamento   della   base   d'appoggio   mediante
sottofondazione  in  cemento armato oppure mediante la costruzione di
cordolature laterali in cemento armato;
    -   con   rinforzi  localizzati  delle  strutture  di  fondazione
(fasciature   in   acciaio   od  in  cemento  armato  presollecitato,
cerchiature ecc.).
    Nei  casi in cui l'intervento consista nel ripristinare strutture
cementizie per porzioni o tratti di entita' considerevoli puo' essere
usato  calcestruzzo ordinario, che abbia resistenza e modulo elastico
non  troppo  diversi da quelli del calcestruzzo esistente; l'aderenza
del  getto  all'elemento  da riparare puo' essere migliorata mediante
l'applicazione  di  uno strato adesivo. Per conciliare le esigenze di
elevata  resistenza  e  buona  lavorabilita'  dei  getti  puo' essere
opportuno  usare  additivi  fluidificanti  (che  in genere migliorano
anche l'adesione al materiale preesistente).
    Idoneo,  in  generale, e' anche l'uso di calcestruzzi o malte con
additivi  che realizzano un'espansione volumetrica iniziale capace di
compensare o addirittura di superare il ritiro.
    Questo accorgimento permette di creare modesti stati di coazione,
benefici  per  l'inserimento  dei nuovi getto; e' peraltro essenziale
utilizzare casseri contrastanti.