Alle   direzioni   regionali  delle
                                  entrate
                                  Agli uffici delle entrate
                                  Agli  uffici   distrettuali   delle
                                  imposte dirette
                                  Agli uffici I.V.A.
                                  Ai centri di servizio delle imposte
                                     dirette ed indirette
                                        e, p.c.:
                                  Al    servizio    centrale    degli
                                  ispettori tributari
                                  Alle   direzioni    centrali    del
                                     Dipartimento delle entrate
                                  Al  Comando  generale della Guardia
                                  di finanza
                                  Alla Presidenza del  Consiglio  dei
                                     Ministri  - Dipartimento per gli
                                     affari sociali
                                  Al Ministero dell'interno
                                  Al Ministero del tesoro
PREMESSA
  Il decreto legislativo 4 dicembre  1997,  n.  460  (pubblicato  nel
supplemento  ordinario  n.  1/L  alla  Gazzetta  Ufficiale n. 1 del 2
gennaio 1998) ha dato attuazione alle deleghe recate nei  commi  186-
187  dell'art.  3  della  legge 23 dicembre 1996, n. 662, relativi al
riordino della disciplina tributaria degli enti  non  commerciali,  e
nei  commi 188-189 del medesimo articolo 3, concernenti la disciplina
delle organizzazioni non lucrative di utilita' sociale (ONLUS).
  Il menzionato decreto legislativo e' strutturato in due sezioni, la
prima riservata al riordino delle norme tributarie relative agli enti
non commerciali, la seconda alla definizione e regolamentazione delle
ONLUS.
  Sul piano sistematico  il  decreto  legislativo  in  argomento  non
costituisce  una  legge speciale in materia di enti non commerciali e
organizzazioni non lucrative di utilita' sociale.
  Il riordino della disciplina tributaria degli enti non  commerciali
e'  operato  prevalentemente attraverso modifiche ed integrazioni del
Testo Unico delle imposte sui  redditi,  approvato  con  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  22  dicembre  1986,  n.  917,  nonche'
dell'art. 4 del decreto del Presidente della  Repubblica  26  ottobre
1972, n. 633, istitutivo dell'imposta del valore aggiunto.
  Per  le  ONLUS  il  regime  agevolativo  discende  in gran parte da
interventi su singole leggi di imposta.
  Le disposizioni recate dal decreto legislativo n. 460 del 1997 sono
entrate in vigore il 1 gennaio 1998 e, relativamente alle imposte sui
redditi, trovano  applicazione  a  decorrere  dal  periodo  d'imposta
successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 1997.
  Con  la presente circolare si forniscono i chiarimenti necessari al
fine di assicurare uniformita'  di  interpretazione  da  parte  degli
uffici  interessati  relativamente alle norme concernenti il riordino
della disciplina tributaria degli  enti  non  commerciali,  contenute
nella Sezione I (artt. 1-9) del decreto legislativo in oggetto.
  Con   successiva   circolare   verranno   fornite   istruzioni  per
l'applicazione delle disposizioni riguardanti le  organizzazioni  non
lucrative  di  utilita'  sociale,  contenute  nella  Sezione  II  del
medesimo decreto legislativo n. 460 del 1997.
1. QUALIFICAZIONE DEGLI ENTI NON COMMERCIALI
1.1 Nozione di ente non commerciale
  Il  decreto  legislativo  n.  460  del  1997,  nel  riordinare   la
disciplina  degli  enti  non  commerciali, non ha apportato modifiche
alla disposizione recata dall'art.  87,  comma  1,  lettera  c),  del
T.U.I.R.  che fornisce la nozione generale di "ente non commerciale",
individuando tale tipologia soggettiva negli enti pubblici e  privati
diversi  dalle  societa',  che  non  hanno  per  oggetto  esclusivo o
principale l'esercizio di attivita' commerciali.
  L'elemento distintivo degli enti non commerciali, anche  a  seguito
del  citato  decreto  legislativo  n.  460  del  1997, e' costituito,
quindi, dal fatto di non avere tali enti quale  oggetto  esclusivo  o
principale  lo  svolgimento  di  una attivita' di natura commerciale,
intendendosi per tale l'attivita' che determina reddito d'impresa  ai
sensi dell'art. 51 del T.U.I.R.
  Nessun   rilievo  assume,  invece,  ai  fini  della  qualificazione
dell'ente  non  commerciale  la  natura  (pubblica  o  privata)   del
soggetto,  la rilevanza sociale delle finalita' perseguite, l'assenza
del fine di lucro o la destinazione dei risultati.
1.2 Individuazione dell'oggetto esclusivo o principale dell'attivita'
  L'art.  87,  comma  4,  del  T.U.I.R.  stabilisce  i  criteri   per
l'individuazione dell'oggetto esclusivo o principale dell'ente.
  Tale  disposizione  e'  stata  modificata  dall'art.  1 del decreto
legislativo n. 460 del 1997 che ha, altresi',  aggiunto  allo  stesso
art. 87 un ulteriore comma 4-bis.
  Nella  previgente  formulazione  l'anzidetto  comma  4 dell'art. 87
disponeva  che  "l'oggetto  esclusivo  o  principale   dell'ente   e'
determinato  in  base  all'atto costitutivo, se esistente in forma di
atto pubblico o di scrittura privata autenticata e, in  mancanza,  in
base all'attivita' effettivamente esercitata".
  La  disposizione  recata  dal  nuovo testo del comma 4 dell'art. 87
stabilisce che:
  "4.  L'oggetto  esclusivo  o  principale  dell'ente  residente   e'
determinato  in base alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto,
se esistenti in  forma  di  atto  pubblico  o  di  scrittura  privata
autenticata   o   registrata.   Per  oggetto  principale  si  intende
l'attivita' essenziale per realizzare direttamente gli scopi  primari
indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto".
  Il successivo comma 4-bis prevede che:
  "4-bis.  In  mancanza  dell'atto  costitutivo o dello statuto nelle
predette  forme,  l'oggetto   principale   dell'ente   residente   e'
determinato  in  base  all'attivita'  effettivamente  esercitata  nel
territorio dello Stato; tale disposizione si  applica  in  ogni  caso
agli enti non residenti".
  Le  novita'  introdotte  dal  nuovo  testo del comma 4 dell'art. 87
nonche' dal successivo comma 4-bis sono le seguenti.
1) Il nuovo testo del comma 4 dell'art.  87,  oltre  che  operare  un
   esplicito  riferimento  alla  "legge" e allo "statuto" - modifiche
   queste di natura meramente  formale  -  contiene  il  riferimento,
   assente  nella  previgente  disposizione,  alla "scrittura privata
   registrata".      E'   sufficiente,  cioe',  per  l'individuazione
   dell'oggetto esclusivo o principale dell'attivita'  dell'ente  non
   commerciale,  l'esistenza  dell'atto  costitutivo  o dello statuto
   nella forma della scrittura  privata  registrata,  in  alternativa
   all'atto pubblico o alla scrittura privata autenticata.
2)  Vengono,  inoltre,  differenziati  i criteri per l'individuazione
   dell'oggetto esclusivo o principale dell'attivita', a seconda  che
   l'ente sia o meno residente nel territorio dello Stato.
a) Enti residenti
  Per   gli   enti   residenti   l'oggetto   esclusivo  o  principale
dell'attivita' e' determinato in base alla legge (di regola  per  gli
enti  pubblici), all'atto costitutivo o allo statuto, se esistente in
forma  di  atto  pubblico  o  di  scrittura  privata  autenticata   o
registrata.
  In  mancanza  degli  anzidetti  atti  o  delle predette forme (atto
pubblico o scrittura  privata  autenticata  o  registrata)  l'oggetto
principale   dell'ente   e'   determinato   in   base   all'attivita'
effettivamente esercitata.
b) Enti non residenti
  Per gli enti non residenti il comma 4-bis dell'art. 87 prevede  che
l'esame  dell'oggetto  principale dell'attivita' deve essere, in ogni
caso, svolto sulla base dell'attivita' effettivamente esercitata  nel
territorio dello Stato.
3)  La  previsione piu' innovativa e di maggior rilievo rispetto alla
   previgente disciplina e' costituita dalla definizione dell'oggetto
   principale dell'attivita', recata dal novellato comma 4  dell'art.
   87.
  Secondo  tale  disposizione,  per  oggetto  principale  si  intende
l'attivita' essenziale per realizzare direttamente gli scopi  primari
dell'ente   indicati  dalla  legge,  dall'atto  costitutivo  o  dallo
statuto.
  Pertanto, ai fini della qualificazione dell'ente come commerciale o
non commerciale, occorre anzitutto  avere  riguardo  alle  previsioni
contenute nello statuto, nell'atto costitutivo o nella legge.
  Nell'ipotesi  in  cui i menzionati atti prevedano lo svolgimento di
piu' attivita', di cui alcune  di  natura  commerciale  ed  altre  di
natura  non commerciale, per la qualificazione dell'ente occorre fare
riferimento  all'attivita'  che  per   lo   stesso   risulta   essere
essenziale,  vale  a  dire  quella che gli consente il raggiungimento
degli scopi primari e che tipicizza l'ente medesimo.
  Se l'attivita' essenziale per  realizzare  direttamente  gli  scopi
primari  e'  non  commerciale, l'ente deve annoverarsi fra quelli non
commerciali, sia ai fini delle imposte sui redditi  che  dell'imposta
sul  valore aggiunto e, conseguentemente, deve essere rispettivamente
assoggettato alla disciplina recata dal  Titolo  II,  Capo  III,  del
T.U.I.R.  e  dall'art.  4  del  D.P.R.  n.  633 del 1972 nonche' alla
disciplina contabile prevista per tale categoria di enti.
  Diversamente, l'ente, ancorche' dichiari finalita'  non  lucrative,
e'  considerato ente commerciale quando l'attivita' essenziale per la
realizzazione degli scopi tipici e' di natura commerciale.
  La definizione di ente non commerciale risultante  dal  riformulato
comma  4 dell'art. 87 del T.U.I.R. deve, tuttavia, essere confrontata
con la previsione dell'art. 6 del decreto legislativo n. 460 del 1997
concernente "la perdita della qualifica di ente non commerciale".
1.3 Perdita della qualifica di ente non commerciale
  L'art.  6 del decreto legislativo n. 460 del 1997 ha introdotto nel
T.U.I.R. l'art. 111-bis, che, ai commi 1 e 2, dispone:
  "1. Indipendentemente dalle previsioni statutarie, l'ente perde  la
qualifica  di  ente  non commerciale qualora eserciti prevalentemente
attivita' commerciale per un intero periodo d'imposta.
  2. Ai fini della  qualificazione  commerciale  dell'ente  si  tiene
conto anche dei seguenti parametri:
a)   prevalenza   delle   immobilizzazioni   relative   all'attivita'
   commerciale, al netto degli ammortamenti, rispetto  alle  restanti
   attivita'.
   Il  raffronto  va  effettuato  tra  le  immobilizzazioni  relative
   all'attivita' commerciale - tra le quali devono comprendersi tutte
   le tipologie indicate nell'articolo 2424 del codice civile e cioe'
   le  immobilizzazioni   materiali   quali   fabbricati,   impianti,
   macchinari,   automezzi,   mobili,   ecc.,   le   immobilizzazioni
   immateriali quali brevetti, diritti d'autore, avviamento, spese di
   impianto e cosi' via e le immobilizzazioni  finanziarie  -  e  gli
   investimenti  relativi  alle  attivita' istituzionali ivi compresi
   gli investimenti relativi alle attivita' decommercializzate.
b) prevalenza dei ricavi derivanti da attivita' commerciali  rispetto
   al  valore  normale  delle  cessioni  o  prestazioni  afferenti le
   attivita' istituzionali.
c) prevalenza dei redditi derivanti da attivita' commerciali rispetto
   alle  entrate  istituzionali,  intendendo  per  queste  ultime   i
   contributi, le sovvenzioni, le liberalita' e le quote associative.
   Il  raffronto  va effettuato fra i componenti positivi del reddito
   d'impresa e le entrate derivanti dall'attivita' istituzionale.  Al
   riguardo   si   precisa  che,  per  ragioni  di  ordine  logico  e
   sistematico, in coerenza con  quanto  stabilito  nella  successiva
   lettera   d),   la   locuzione  "redditi  derivanti  da  attivita'
   commerciali", contenuta nella disposizione in esame,  deve  essere
   correttamente  intesa  come  riferita  ai  componenti positivi del
   reddito d'impresa. Si precisa, inoltre, che da entrambi i  termini
   del   raffronto  vanno  esclusi  i  contributi  percepiti  per  lo
   svolgimento di attivita' aventi finalita'  sociale  in  regime  di
   convenzione  o  accreditamento;  detti  contributi,  infatti,  non
   concorrono alla formazione del reddito degli enti non  commerciali
   ai sensi dell'art. 108, comma 2-bis, del T.U.I.R.).
d)   prevalenza  delle  componenti  negative  inerenti  all'attivita'
   commerciale rispetto alle restanti spese".
   L'art. 6 in esame ha dato attuazione al criterio dettato dall'art.
   3, comma 187, lett. a),  della  legge  delega  n.  662  del  1996,
   secondo   cui   il   legislatore  avrebbe  dovuto  procedere  alla
   "definizione della nozione di  ente  non  commerciale,  conferendo
   rilevanza  ad  elementi di natura obiettiva connessi all'attivita'
   effettivamente esercitata", provvedendo ad individuare elementi di
   carattere oggettivo, la cui presenza  consente  di  verificare  in
   termini di effettivita' l'attivita' prevalente.
  La norma fondamentale, per verificare in termini di effettivita' la
natura dell'ente dichiarata nell'atto costitutivo o nello statuto, e'
quella  recata  dal  primo  comma  dell'art. 111-bis del T.U.I.R. che
contiene una presunzione legale di perdita della  qualifica  di  ente
non   commerciale,   qualora,   indipendentemente   dalle  previsioni
statutarie, l'ente eserciti quale attivita'  principale  un'attivita'
commerciale (in base all'art. 51 del T.U.I.R.).
  La  qualifica  di  ente  non  commerciale,  impressa  dalla  legge,
dall'atto costitutivo o  dallo  statuto,  che  consente  all'ente  di
fruire   della   disciplina   degli  enti  non  commerciali  su  base
dichiarativa, va verificata, pertanto, prendendo in esame l'attivita'
effettivamente svolta.
  Il  secondo  comma  dell'art.  111-bis  indica,   inoltre,   alcuni
parametri che costituiscono "fatti indice di commercialita'", i quali
non  comportano  automaticamente  la perdita di qualifica di ente non
commerciale, ma solo particolarmente significativi e inducono  ad  un
giudizio complessivo sull'attivita' effettivamente esercitata. Questa
norma,   in   sostanza,   non   contiene   presunzioni   assolute  di
commercialita',  ma  traccia  un  percorso  logico,  anche   se   non
vincolante  quanto  alle conclusioni, per la qualificazione dell'ente
non commerciale, individuando parametri dei quali deve tenersi  anche
conto (e non solo quindi) unitamente ad altri elementi di giudizio.
  Non  e',  pertanto,  sufficiente il verificarsi di una o piu' delle
condizioni stabilite dal secondo comma dell'art.  111-bis  per  poter
ritenere  avvenuto il mutamento di qualifica, ma sara' necessario, in
ogni caso, un giudizio complesso, che tenga conto anche di  ulteriori
elementi,  finalizzato  a  verificare che l'ente abbia effettivamente
svolto  per  l'intero  periodo  d'imposta  prevalentemente  attivita'
commerciale.
  Come risulta espressamente dalla relazione illustrativa del decreto
legislativo in esame, i parametri indicati nel comma 2 dell'art. 111-
bis  del  T.U.I.R.  costituiscono  indizi  valutabili in concorso con
altri  elementi  significativi,  ivi  comprese   le   caratteristiche
complessive dell'ente. Il verificarsi di una o piu' delle circostanze
indicate  nel citato comma 2 dell'art. 111-bis in capo ad enti la cui
attivita' essenziale sia di  natura  obiettivamente  non  commerciale
(es.,   partiti  politici,  associazioni  sindacali  e  di  categoria
rappresentate nel CNEL) non  puo'  di  per  se'  far  venir  meno  la
qualifica non commerciale dell'ente, risultante dall'atto costitutivo
o   dallo  statuto,  purche'  l'attivita'  effettivamente  esercitata
corrisponda in modo obiettivo a quella espressamente  indicata  nelle
previsioni  statutarie.  Resta  fermo che per l'attivita' commerciale
svolta dai predetti enti si applicano le disposizioni in  materia  di
reddito di impresa.
  Per quanto riguarda il significato dell'espressione "intero periodo
d'imposta", contenuta nel comma 1 dell'art. 111-bis, occorre chiarire
che tale lasso di tempo costituisce soltanto una proiezione temporale
di  osservazione  dell'attivita'  dell'ente, essendo poi sufficiente,
per valutare  la  prevalenza  dell'attivita'  commerciale,  che  tale
prevalenza sussista per la maggior parte del periodo d'imposta.
  Quindi,  in  presenza  di  attivita'  commerciale prevalente per la
maggior parte del periodo d'imposta l'ente perde la qualifica di ente
non commerciale a decorrere dall'inizio del medesimo periodo.
  Si precisa, inoltre, che le attivita' "decommercializzate"  di  cui
agli artt. 108 e 111 del T.U.I.R. non devono essere computate ai fini
dell'applicazione  dei parametri di cui al comma 2 citato, in quanto,
per  espressa  previsione  normativa,  non  danno  luogo  a   reddito
d'impresa.
  Si  evidenzia,  inoltre,  che  il  comma  2 dell'art. 6 del decreto
legislativo n. 460 del 1997 stabilisce espressamente che  la  perdita
della  qualifica  di  ente  non commerciale ai fini delle imposte sui
redditi vale anche ai fini dell'I.V.A.
  Le norme sulla perdita della qualifica di ente non commerciale, per
esplicita previsione contenuta nel  comma  4  dell'art.  111-bis  del
T.U.I.R.,  non si applicano agli enti ecclesiastici riconosciuti come
persone giuridiche  agli  effetti  civili.  Per  gli  anzidetti  enti
valgono,  comunque,  i  criteri dettati dall'art. 87 del T.U.I.R.. In
ogni caso, per l'attivita' commerciale eventualmente svolta  da  tali
enti si applicano le disposizioni in materia di reddito di impresa.
1.4 Decorrenza della perdita della qualifica di ente non commerciale.
Il comma 3 dell'art. 111-bis prevede che:
  "3. Il mutamento di qualifica opera a partire dal periodo d'imposta
in  cui  vengono meno le condizioni che legittimano le agevolazioni e
comporta l'obbligo di comprendere tutti  i  beni  facenti  parte  del
patrimonio  dell'ente  nell'inventario  di  cui  all'articolo  15 del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre  1973,  n.  600.
L'iscrizione  nell'inventario  deve  essere effettuata entro sessanta
giorni dall'inizio del periodo  di  imposta  in  cui  ha  effetto  il
mutamento  di  qualifica  secondo  i  criteri  di  cui al decreto del
Presidente della Repubblica 23 dicembre 1974, n. 689".
  Il tenore letterale della  norma  comporta  che,  a  differenza  di
quanto  previsto  da  altre  disposizioni tributarie, il mutamento di
qualifica spiega effetti fin dall'inizio del periodo  di  imposta  in
cui  lo stesso si verifica. In tal modo viene assicurata una perfetta
corrispondenza tra le modalita' di tassazione e l'effettiva attivita'
svolta dall'ente nel periodo di imposta stesso, evitando nel contempo
possibili manovre elusive.
  Si rende, pertanto, necessario, per l'ente interessato, operare fin
dall'inizio del periodo di imposta una valutazione prospettica  della
propria  attivita'  ai fini della corretta qualificazione tributaria.
Da quanto sopra discende per l'ente l'opportunita' di porre in essere
gli adempimenti contabili previsti dalla normativa  vigente  per  gli
enti  commerciali  fin  dall'inizio  del periodo di imposta nel quale
l'ente stesso ritenga di assumere la qualifica di  ente  commerciale,
onde  evitare  la  ricostruzione  del  reddito sulla base di elementi
presuntivi nonche' l'applicazione delle sanzioni  per  la  violazione
delle norme relative alla tenuta della contabilita'.
  E'  appena il caso di precisare che, ai fini dell'istituzione della
predetta contabilita', occorre attivare un prospetto delle  attivita'
e  delle passivita' redatto con i criteri di cui al D.P.R. n. 689 del
1974 nonche' le scritture contabili di cui agli artt. 14  e  seguenti
del D.P.R. n. 600 del 1973.
2.  REDDITO  COMPLESSIVO  DEGLI  ENTI  NON  COMMERCIALI.  OCCASIONALI
   RACCOLTE PUBBLICHE  DI  FONDI  E  CONTRIBUTI  PER  LO  SVOLGIMENTO
   CONVENZIONATO DI ATTIVITA'
2.1 Reddito complessivo degli enti non commerciali. Art. 108, commi 1
    e 2, del T.U.I.R..
  Il  decreto  legislativo n. 460 del 1997 non ha apportato modifiche
ai commi 1 e  2  dell'art.  108  del  T.U.I.R.,  che  stabiliscono  i
principi  fondamentali  per la determinazione del reddito complessivo
degli enti non commerciali.
  Il testo dei commi 1 e 2 dell'art. 108 e' il seguente.
  "1.  Il  reddito complessivo degli enti non commerciali di cui alla
lettera c) del comma  1  dell'articolo  87  e'  formato  dai  redditi
fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale
ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti dall'imposta e
di  quelli  soggetti  a  ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad
imposta sostitutiva. Per i medesimi enti non si considerano attivita'
commerciali le prestazioni di servizi  non  rientranti  nell'articolo
2195   del   codice   civile   rese  in  conformita'  alle  finalita'
istituzionali  dell'ente  senza  specifica  organizzazione  e   verso
pagamento  di  corrispettivi  che  non  eccedono  i  costi di diretta
imputazione.
  2. Il reddito complessivo e' determinato  secondo  le  disposizioni
dell'articolo 8".
  Si  ricorda,  in  proposito,  che  per  gli enti non commerciali, a
differenza  di  quanto  avviene  per  le  societa'  e  per  gli  enti
commerciali,  il  reddito  complessivo  imponibile  non e' formato da
un'unica  categoria  reddituale  (reddito  di  impresa)  nella  quale
confluiscono  i  proventi di qualsiasi fonte; infatti, per tali enti,
il reddito complessivo  si  determina  sulla  base  della  somma  dei
redditi   appartenenti   alle  varie  categorie  reddituali  (redditi
fondiari, di capitale, redditi d'impresa e redditi diversi).
  La norma non attribuisce rilevanza ne' al luogo di  produzione  dei
redditi ne' alla destinazione degli stessi.
  Si   segnala   che  e'  rimasta  invariata  la  previsione  di  non
commercialita' delle prestazioni di servizi non rientranti  nell'art.
2195   del   codice   civile   rese  in  conformita'  alle  finalita'
istituzionali  dell'ente  senza  specifica  organizzazione  e   verso
pagamento  di  corrispettivi  che  non  eccedono  i  costi di diretta
imputazione.
  Continua,  altresi',   ad   applicarsi   la   disposizione   recata
dall'articolo  8  del  T.U.I.R.  concernente, tra l'altro, il riporto
delle perdite derivanti dall'esercizio delle imprese  commerciali  in
contabilita' ordinaria.
2.2  Occasionali  raccolte  pubbliche  di  fondi  e contributi per lo
    svolgimento convenzionato di attivita'. Art.  108,  comma  2-bis,
    del T.U.I.R..
  In  attuazione  del  disposto  del  comma  187,  lettere  b)  e d),
dell'art. 3, della legge  n.  662  del  1996,  che  indicavano  quali
criteri   direttivi   per   il   legislatore  delegato  l'"esclusione
dall'imposizione  dei  contributi  corrisposti   da   amministrazioni
pubbliche  ad  enti  non  commerciali,  aventi  fine  sociale, per lo
svolgimento convenzionato di attivita' esercitate in  conformita'  ai
propri  fini  istituzionali"  e  l'"esclusione  da ogni imposta delle
raccolte  pubbliche  di  fondi  effettuate   occasionalmente,   anche
mediante   offerta   di   beni  ai  sovventori,  in  concomitanza  di
celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione", l'art.  2,
comma  1,  del  decreto  legislativo  n.  460  del  1997  ha aggiunto
all'articolo 108 del T.U.I.R. il comma 2-bis.
  Tale comma prevede che:
  "2-bis. Non concorrono in ogni caso  alla  formazione  del  reddito
degli  enti  non  commerciali  di  cui  alla  lettera  c) del comma 1
dell'articolo 87:
a) i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche
   effettuate  occasionalmente,  anche  mediante  offerte  di beni di
   modico valore o di  servizi  ai  sovventori,  in  concomitanza  di
   celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;
b)  i contributi corrisposti da amministrazioni pubbliche ai predetti
   enti  per  lo   svolgimento   convenzionato   o   in   regime   di
   accreditamento di cui all'art. 8, comma 7, del decreto legislativo
   30  dicembre  1992, n. 502, come sostituito dall'articolo 9, comma
   1, lettera g), del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, di
   attivita' aventi finalita' sociali esercitate  in  conformita'  ai
   fini istituzionali degli enti stessi".
  Il  comma  2 dello stesso articolo 2 del decreto legislativo n. 460
del 1997 prevede, inoltre, che:
  "2. Le attivita' indicate nell'art. 108, comma 2-bis,  lettera  a),
del  Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato
dal comma 1, fermo restando il regime di esclusione  dall'imposta  di
valore aggiunto, sono esenti da ogni altro tributo".
  Le disposizioni sopra riportate vengono di seguito esaminate.
a) Occasionali raccolte pubbliche di fondi
  La  lettera  a)  del comma 2-bis dell'art. 108 del T.U.I.R. sottrae
dall'imposizione,  ai  fini  delle  imposte  sui  redditi,  i   fondi
pervenuti  a  seguito  di  raccolte  pubbliche  occasionali anche con
scambio/offerta di beni di modico valore (es. cessioni  di  piante  o
frutti) o di servizi a coloro che fanno le offerte.
  La  norma  trova un precedente analogo nella disposizione dell'art.
1, lett. a), del  D.M.  25  maggio  1995,  concernente  le  attivita'
marginali delle organizzazioni di volontariato.
  Per  espressa  previsione  del  comma  2  dell'art.  2  del decreto
legislativo n. 460 del 1997 le anzidette attivita'  fruiscono,  oltre
che dell'esclusione dal campo di applicazione dell'imposta sul valore
aggiunto,  dell'esenzione  da  ogni  altro  tributo, sia erariale che
locale.
  L'esclusione  delle  iniziative   in   argomento   dall'imposizione
tributaria, che tende ad incentivare una delle forme piu' cospicue di
finanziamento  per  molti  enti  non commerciali, e' subordinata alle
seguenti condizioni:
1) deve trattarsi di iniziative occasionali;
2)  la  raccolta  dei  fondi  deve  avvenire   in   concomitanza   di
   celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;
3)  i  beni  ceduti per la raccolta dei fondi devono essere di modico
   valore.
  Si segnala che a tutela della fede pubblica e' prevista dall'art. 8
del decreto legislativo n. 460 del 1997 una rigorosa  rendicontazione
delle  attivita'  di  raccolta  dei  fondi,  di  cui si trattera' nel
paragrafo  relativo  alle  scritture   contabili   degli   enti   non
commerciali.
b) Contributi per lo svolgimento convenzionato di attivita'
  La lett. b) del nuovo comma 2-bis dell'articolo 108 prevede che non
concorrono  a  formare  il  reddito  degli  enti  non  commerciali  i
contributi loro corrisposti da enti pubblici per  lo  svolgimento  di
attivita'  in  regime di convenzione o di accreditamento (tale ultimo
regime e' tipico dell'area sanitaria).
  L'agevolazione e' subordinata alle seguenti condizioni:
1) deve trattarsi di attivita' aventi finalita' sociali;
2)  le  attivita'  devono essere svolte in conformita' alle finalita'
   istituzionali dell'ente.
  Le finalita' sociali devono ricomprendersi fra le finalita' tipiche
dell'ente.
  Circa la natura dei contributi agevolati  si  fa  presente  che  la
norma,  facendo  riferimento in generale ai contributi corrisposti da
amministrazioni pubbliche  per  lo  svolgimento  convenzionato  o  in
regime  di  accreditamento  di  attivita'  aventi  finalita'  sociali
esercitate in conformita' ai fini istituzionali dell'ente, non  opera
alcuna  distinzione  tra  contributi a fondo perduto e contributi che
hanno natura  di  corrispettivi.  Si  deve  ritenere,  pertanto,  che
rientrano   nella   sfera   applicativa   dell'agevolazione  anche  i
contributi che assumono natura di corrispettivi.
3.   DETERMINAZIONE   DEI   REDDITI  DEGLI  ENTI  NON  COMMERCIALI  E
   CONTABILITA' SEPARATA
  L'art. 3 del decreto legislativo n. 460 del  1997  modifica  l'art.
109 del T.U.I.R. concernente la determinazione dei redditi degli enti
non commerciali.
  Le  modifiche  apportate non riguardano il comma 1 dell'art. 109 in
esame, di cui rimane, pertanto, invariata l'attuale formulazione:
  "1. I redditi e le perdite che  concorrono  a  formare  il  reddito
complessivo degli enti non commerciali sono determinati distintamente
per  ciascuna  categoria  in base al risultato complessivo di tutti i
cespiti che vi rientrano. Si applicano, se nel presente capo  non  e'
diversamente  stabilito,  le  disposizioni  del  titolo I relative ai
redditi delle varie categorie".
  Vengono, invece, sostituiti i commi 2 e 3  dello  stesso  articolo,
viene  aggiunto  un ulteriore comma 3-bis e viene modificato il comma
4-bis.
  Si riportano i commi 2, 3 e 3-bis del citato articolo 109:
"2. Per l'attivita' commerciale esercitata gli enti  non  commerciali
hanno l'obbligo di tenere la contabilita' separata.
3. Per l'individuazione dei beni relativi all'impresa si applicano le
disposizioni di cui all'articolo 77, commi 1 e 3-bis.
3-bis.  Le  spese  e  gli altri componenti negativi relativi a beni e
servizi adibiti promiscuamente all'esercizio di attivita' commerciali
e di altre attivita', sono deducibili per la parte del  loro  importo
che  corrisponde  al  rapporto  tra  l'ammontare  dei  ricavi e altri
proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa e  l'ammontare
complessivo di tutti i ricavi e proventi; per gli immobili utilizzati
promiscuamente  e'  deducibile  la  rendita  catastale o il canone di
locazione anche finanziaria per  la  parte  del  loro  ammontare  che
corrisponde al predetto rapporto".
  Dal  punto di vista sostanziale la sostituzione del comma 2 risulta
di  particolare  rilevanza,  perche'   tale   comma   introduce   una
disposizione del tutto innovativa.
  La  disposizione  recata  dal  previgente comma 2 dell'art. 109 del
T.U.I.R.  consentiva  agli  enti  non  commerciali  di   tenere   una
contabilita'  unica  e  comprensiva  sia dei fatti commerciali che di
quelli istituzionali.
  La norma del nuovo comma 2 del citato  art.  109,  nell'intento  di
rendere  piu'  trasparente la contabilita' commerciale degli enti non
commerciali  e  di   evitare   ogni   commistione   con   l'attivita'
istituzionale,   anche   al  fine  di  individuare  piu'  agevolmente
l'oggetto principale dell'ente e la sua reale qualificazione, impone,
in  via  generale,  agli  enti  non   commerciali   per   l'attivita'
commerciale  eventualmente  esercitata  l'obbligo  della contabilita'
separata a partire dal periodo di  imposta  successivo  a  quello  in
corso alla data del 31 dicembre 1997.
  Riguardo  alle  spese  e agli altri componenti negativi relativi ai
beni e servizi adibiti promiscuamente per  l'esercizio  di  attivita'
commerciali   e   per  altre  attivita',  il  criterio  per  la  loro
deducibilita' e' indicato nell'attuale  comma  3-bis,  che  riproduce
sostanzialmente il secondo periodo del previgente comma 2.
  Il  limite  di  deducibilita' delle spese e dei componenti negativi
anzidetti e' determinato sulla base del rapporto tra l'ammontare  dei
ricavi  e  degli  altri  proventi che concorrono a formare il reddito
d'impresa e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
  Per gli immobili utilizzati promiscuamente  si  deduce  la  rendita
catastale  o  il  canone  di locazione anche finanziaria per la parte
corrispondente a detto rapporto.
  Il  comma  3  dell'art.  109,  nel  testo  introdotto  dal  decreto
legislativo n. 460 del 1997, chiarisce, poi, che per l'individuazione
dei  beni  relativi  all'impresa  si applicano le disposizioni recate
dall'art. 77, commi 1  e  3-bis  del  T.U.I.R.  relative  all'impresa
individuale  in  rapporto ai beni personali della persona fisica; con
cio' presupponendo la previa inclusione degli stessi  nell'inventario
anche  in  caso  di provenienza dal patrimonio relativo all'attivita'
istituzionale.
  L'art. 7 del decreto legislativo n. 460 del  1997,  nel  modificare
l'art.  114  del T.U.I.R., estende agli enti non residenti l'obbligo,
previsto dal comma 2 del citato art. 109, relativo alla tenuta  della
contabilita'   separata   per   l'attivita'  commerciale  svolta  nel
territorio dello Stato nonche'  l'applicabilita'  delle  disposizioni
recate dai commi 3 e 3-bis dello stesso art. 109 del T.U.I.R..
  Ai  sensi  del  comma  4-bis  dell'art. 109, l'obbligo di tenere la
contabilita'  separata  non  si  applica  agli  enti  soggetti   alle
disposizioni  in  materia  di  contabilita'  pubblica  qualora  siano
osservate  le  modalita'  previste  per  la   contabilita'   pubblica
obbligatoria tenuta a norma di legge dagli stessi enti.
4.  REGIMI  FORFETARI  DI  DETERMINAZIONE  DEL REDDITO DEGLI ENTI NON
   COMMERCIALI
4.1 Regime generale
  L'art. 4 del decreto legislativo n. 460 del 1997 da' attuazione  al
comma 187, lett. e), dell'art. 3 della legge n. 662 del 1996, secondo
il  quale  il  riordino  della  disciplina degli enti non commerciali
doveva essere informato, fra l'altro, alla  "previsione  omogenea  di
regimi  di imposizione semplificata ai fini delle imposte sui redditi
e dell'imposta sul valore  aggiunto  nei  confronti  degli  enti  non
commerciali  che  hanno  conseguito proventi da attivita' commerciali
entro   limiti   predeterminati,   anche   mediante   l'adozione   di
coefficienti o di imposte sostitutive".
  In  particolare la norma in commento inserisce, dopo l'art. 109 del
T.U.I.R., l'art. 109-bis che introduce un regime  forfetario  per  la
determinazione  del reddito d'impresa, generalizzato a tutti gli enti
non commerciali ammessi alla tenuta della  contabilita'  semplificata
ai sensi dell'art. 18 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
  La   norma   non   prevede  parallelamente  regimi  di  imposizione
semplificata in materia di imposta sul  valore  aggiunto,  in  ordine
alla  quale  restano  applicabili  i  criteri generali previsti dalla
normativa recata dal  D.P.R.  n.  633  del  1972  in  relazione  alle
specifiche attivita' esercitate.
  Si   precisa  che  possono  fruire  del  regime  di  determinazione
forfetaria del reddito di cui all'art. 109-bis in esame solo gli enti
non commerciali nei  confronti  dei  quali  ricorrano  i  presupposti
dell'art. 18 del D.P.R. n. 600 del 1973 citato.
  Il   reddito  d'impresa  si  determina  forfetariamente  applicando
anzitutto all'ammontare dei ricavi di cui all'art.  53  del  T.U.I.R.
conseguiti nell'esercizio di attivita' commerciali un coefficiente di
redditivita',  differenziato  per  tipo  di  attivita'  (attivita' di
prestazioni di servizi e altre attivita') e per scaglioni di ricavi.
  I coefficienti di redditivita' sono i seguenti.
a) Attivita' di prestazioni di servizi:
   fino a lire 30.000.000 di ricavi                              15%
   da lire 30.000.001 fino a lire 360.000.000 di ricavi          25%
b) Altre attivita':
   fino a lire 50.000.000 di ricavi                              10%
   da lire 50.000.001 fino a lire 1.000.000.000 di ricavi        15%
  Si precisa che, qualora i  predetti  limiti  di  ricavi  (lire  360
milioni  e  lire  1  miliardo)  risultino  superati alla chiusura del
periodo d'imposta, non potra' trovare  applicazione  per  il  periodo
medesimo il regime di determinazione forfetaria del reddito.
  Nell'ipotesi di contemporaneo esercizio di attivita' di prestazioni
di  servizi e di altre attivita' si applica il coefficiente stabilito
per l'ammontare dei  ricavi  relativi  all'attivita'  prevalente.  In
mancanza   della  distinta  annotazione  dei  ricavi  si  considerano
prevalenti le attivita' di prestazioni di servizi (comma 2  dell'art.
109-bis).
  Al reddito determinato applicando i coefficienti di redditivita' si
aggiunge   poi   l'ammontare  dei  componenti  positivi  del  reddito
d'impresa di cui agli  articoli  54  (plusvalenze  patrimoniali),  55
(sopravvenienze  attive),  56 (dividendi ed interessi) e 57 (proventi
immobiliari) del T.U.I.R..
  Il regime forfetario di determinazione del reddito  in  esame  puo'
trovare  applicazione  fino  a  quando  non vengono superati i limiti
sopraindicati.
  I commi 4 e  5  dell'art.  109-bis  del  T.U.I.R.  stabiliscono  le
modalita'  per  fruire  del regime forfetario in argomento attraverso
l'esercizio di una specifica opzione. Si riporta di seguito il  testo
dei citati commi 4 e 5.
  "4. L'opzione e' esercitata nella dichiarazione annuale dei redditi
ed  ha  effetto dall'inizio del periodo d'imposta nel corso del quale
e' esercitata fino a  quando  non  e'  revocata  e  comunque  per  un
triennio.  La  revoca  dell'opzione e' effettuata nella dichiarazione
annuale dei redditi ed ha effetto dall'inizio del  periodo  d'imposta
nel corso del quale la dichiarazione stessa e' presentata.
  5.  Gli  enti  che intraprendono l'esercizio di impresa commerciale
esercitano l'opzione  nella  dichiarazione  da  presentare  ai  sensi
dell'art.  35  del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 633, e successive modificazioni".
  Si deve tuttavia precisare che i predetti commi  4  e  5  dell'art.
109-bis del T.U.I.R. sono da ritenersi superati in forza dei principi
generali  che  emergono  dalle disposizioni contenute nel regolamento
recante il "riordino della disciplina delle  opzioni  in  materia  di
imposta  sul  valore  aggiunto  e  di imposte dirette", approvato con
D.P.R. 10 novembre 1997, n. 442 (pubblicato nella G.U. n. 298 del  23
dicembre 1977).
  Infatti,  anche se il predetto regolamento fa esplicito riferimento
alle opzioni o revoche "di regimi di determinazione dell'imposta o di
regimi contabili" deve ritenersi che le previsioni in esso  contenute
in  ordine  al  riconoscimento  dei  "comportamenti  concludenti  del
contribuente" trovino applicazione anche ai fini della determinazione
forfetaria del reddito.
  A  tale  conclusione si perviene in considerazione del fatto che il
predetto regime di determinazione forfetaria del reddito, si  correla
ad  un  regime di contabilita' semplificata (art. 18 e art. 20, comma
3, del DPR n. 600 del 1973).
  Peraltro,   poiche'   il   comportamento   concludente    correlato
all'applicazione  del regime forfetario di determinazione del reddito
si esplica e si esaurisce  in  sede  di  dichiarazione  dei  redditi,
nell'ottica  di semplificazione degli adempimenti del contribuente si
ritiene  non  necessaria  la  comunicazione   dell'opzione   prevista
dall'art. 2 del DPR n. 442 del 1997.
  Detta  comunicazione  di opzione non si rende necessaria neppure ai
fini  dell'adozione  delle  particolari   semplificazioni   contabili
previste  dall'art.  3,  comma  166, della legge 23 dicembre 1996, n.
662, estese - in forza del nuovo comma 3 dell'art. 20 del DPR n.  600
del  1973 (introdotto con l'art. 8 del decreto legislativo n. 460 del
1997) - agli enti non commerciali che  abbiano  conseguito  nell'anno
solare   precedente   ricavi   non   superiori  a  lire  30  milioni,
relativamente alle prestazioni di servizi, ovvero a lire  50  milioni
negli   altri   casi   e   che   sono  pertanto  assoggettabili  alla
determinazione forfetaria del reddito. Infatti, come chiarito con  la
circolare  n.  10/E  del  17  gennaio  1997,  i  contribuenti  che si
avvalgono delle predette semplificazioni contabili non sono tenuti ad
assolvere alcun particolare adempimento  di  carattere  formale,  non
dovendo comunicare alcuna opzione agli Uffici finanziari.
  Al  riguardo si precisa che, in presenza dei citati presupposti, la
contabilita' semplificata di cui al citato art. 3, comma  166,  della
legge  n. 662 del 1996, resta valida ancorche', nel periodo d'imposta
in cui detta contabilita' semplificata e' adottata, vengano  superati
i  limiti  previsti  per  l'applicazione  del  regime  forfetario  di
determinazione del reddito (lire 360 milioni o 1 miliardo di  ricavi)
e,  pertanto,  detto  regime  forfetario  non  si renda di fatto piu'
applicabile all'ente non commerciale che  conseguentemente  determina
il reddito secondo le regole generali.
  Per  gli specifici chiarimenti concernenti gli adempimenti connessi
all'adozione della predetta contabilita' semplificata, si  fa  rinvio
al paragrafo concernente le scritture contabili.
4.2  Regime  forfetario  per  le  associazioni sportive, associazioni
    senza scopo di lucro e pro-loco.
  Per espressa previsione  del  nuovo  art.  109-bis,  comma  1,  del
T.U.I.R.   e'   fatto  salvo  il  particolare  regime  forfetario  di
determinazione del reddito gia' previsto per le associazioni sportive
dilettantistiche, le associazioni senza scopo di lucro e le pro-loco.
  Il  regime  forfetario  in  favore  delle   associazioni   sportive
dilettantistiche e' stato introdotto dalla legge 16 dicembre 1991, n.
398, ed e' stato esteso, in forza del decreto-legge 30 dicembre 1991,
n.  417,  convertito  dalla  legge  6  febbraio  1992,  n.  66,  alle
associazioni senza fine di lucro e alle associazioni pro-loco.
  Considerato che l'anzidetto regime e' richiamato dall'art.  109-bis
del   T.U.I.R.   concernente   "regime   forfetario  degli  enti  non
commerciali", deve ritenersi confermato  l'orientamento  assunto  con
circolare della soppressa Direzione Generale delle Imposte Dirette n.
1  datata  11  febbraio  1992,  secondo  il  quale  a  tale regime le
anzidette associazioni possono accedere  sempreche'  si  qualifichino
come   enti  non  commerciali  sulla  base  di  quanto  chiarito  nei
precedenti paragrafi.
  Il  reddito  e'   determinato   applicando   il   coefficiente   di
redditivita'  del  6% ai proventi di natura commerciale e aggiungendo
le plusvalenze patrimoniali.
  Il regime forfetario si applica alle associazioni che  nel  periodo
d'imposta  precedente  abbiano conseguito dall'esercizio di attivita'
commerciali proventi per un importo complessivo limitato,  aggiornato
di  anno  in anno, e da ultimo fissato, con D.M. 28 novembre 1997, in
lire 128.411.000.
  Si precisa  inoltre  che,  per  quanto  concerne  le  modalita'  di
esercizio  dell'opzione per il regime di cui alla citata legge n. 398
del 1991, si deve  tener  conto  delle  disposizioni  del  richiamato
D.P.R. n. 442 del 1997.
4.3  Regime  forfetario  per  l'attivita'  di assistenza fiscale resa
    dalle associazioni sindacali e di categoria operanti nel  settore
    agricolo.
  Il regime forfetario previsto in via generale dall'art. 109-bis del
T.U.I.R.  per  gli  enti  non  commerciali  ammessi alla contabilita'
semplificata  non  ha  abrogato  il  regime  forfetario  disciplinato
dall'art.  78,  comma  8,  della legge 30 dicembre 1991, n. 413, come
successivamente integrato  dall'art.  62,  comma  1,  lett.  a),  del
decreto-legge  30  agosto  1993,  n.  331,  convertito dalla legge 29
ottobre 1993, n. 427.
  Quest'ultimo regime, infatti, limitato all'attivita' di  assistenza
fiscale   resa  nei  confronti  degli  associati  dalle  associazioni
sindacali e di categoria operanti nel settore agricolo, si  configura
come  regime  naturale,  per  le  anzidette associazioni che possono,
invece, su opzione determinare il  reddito  e  l'imposta  sul  valore
aggiunto nei modi ordinari.
  Per  l'attivita'  di  assistenza  fiscale resa agli associati dalle
associazioni sindacali e di categoria operanti nel settore  agricolo,
pertanto,  il  reddito  imponibile  e  l'IVA si determinano di regola
forfetariamente, secondo il citato art. 78, comma 8, della  legge  n.
413  del  1991,  salvo  opzione  per  il regime di determinazione del
reddito e dell'imposta sul valore aggiunto nei modi ordinari.
  In particolare l'art. 78,  comma  8,  in  esame  al  terzo  periodo
prevede che per l'attivita' di assistenza fiscale resa agli associati
da  associazioni  sindacali  e  di  categoria  operanti  nel  settore
agricolo,   il   reddito   imponibile   e'   determinato   applicando
all'ammontare  dei  ricavi  il  coefficiente di redditivita' del 9% e
l'imposta sul valore  aggiunto  e'  determinata  riducendo  l'imposta
relativa  alle  operazioni  imponibili  in misura pari a un terzo del
loro  ammontare,  a  titolo  di  detrazione  forfetaria  dell'imposta
afferente gli acquisti e le importazioni.
  Per  le  attivita' commerciali eventualmente esercitate, diverse da
quelle di assistenza fiscale di cui all'art. 78, comma 8, della legge
n. 413 del  1991,  puo'  applicarsi  il  regime  forfetario  generale
disciplinato  dall'art.  109-bis del T.U.I.R. sempreche', ovviamente,
sussistano i presupposti ivi previsti.
  Al  riguardo  si  precisa  che  i  ricavi  derivanti  da tali altre
attivita'  commerciali   eventualmente   esercitate   devono   essere
autonomamente  considerati  sia ai fini del limite dei ricavi che dei
coefficienti di redditivita' indicati nell'art. 109-bis citato.
5. ENTI DI TIPO ASSOCIATIVO
5.1 Premessa.
  Gli enti non commerciali di tipo associativo  sono  destinatari  di
uno  speciale  regime  tributario di favore sia ai fini delle imposte
sui redditi che ai fini dell'imposta sul valore aggiunto.
  Tali enti costituiscono, pertanto, una specie del piu' ampio genere
degli enti non commerciali.
  Cio' comporta, in sostanza, che gli enti di tipo  associativo,  che
devono  qualificarsi  come  enti  non  commerciali in base ai criteri
dettati dall'art. 87 del T.U.I.R. e dall'art. 4 del D.P.R. n. 633 del
1972 nonche' alla luce della disposizione dell'articolo 111-bis dello
stesso T.U.I.R., sono assoggettati, in via generale, sia  in  materia
di  imposte sui redditi che in materia d'imposta sul valore aggiunto,
alla disciplina propria degli enti non commerciali, ma  relativamente
alle  attivita'  rese all'interno della vita associativa fruiscono di
un trattamento agevolato in presenza delle  condizioni  espressamente
indicate a tal fine dalla legge.
5.2 Imposte sui redditi.
  In  materia di imposte sui redditi si applicano in particolare agli
enti associativi le disposizioni dettate dall'art. 108 del  T.U.I.R.,
ivi    comprese   quelle   del   nuovo   comma   2-bis,   concernenti
l'intassabilita' della occasionale raccolta di fondi e dei contributi
pubblici corrisposti per attivita' svolte in regime di convenzione  o
di accreditamento.
  Trovano, altresi', applicazione nei confronti di tali enti le norme
recate dagli articoli 109, 109-bis e 110 del T.U.I.R.
  La  disciplina di favore propria degli enti non commerciali di tipo
associativo e' recata dall'art. 111 del T.U.I.R.
  Tale  articolo  e'  stato  modificato  dall'art.  5   del   decreto
legislativo n. 460 del 1997.
  In materia di obblighi contabili, agli enti non commerciali di tipo
associativo  si  applicano le disposizioni dell'art. 20 del D.P.R. 29
settembre 1973, n. 600,  come  modificato  dall'art.  8  del  decreto
legislativo   in   esame   (v.   paragrafo  relativo  alle  scritture
contabili).
5.2.1 Disciplina generale degli Enti associativi.
ART.111, COMMI 1 E 2, DEL T.U.I.R.
  Riguardo al  regime  agevolativo  proprio  degli  enti  associativi
recato  dall'art.  111  del  T.U.I.R.  si  precisa  che  le modifiche
apportate dall'art.  5  del  decreto  legislativo  in  argomento  non
interessano i commi 1 e 2 dell'articolo in esame.
  Pertanto, restano invariate le disposizioni recate da tali commi il
cui testo e' il seguente:
"1.  Non  e' considerata commerciale l'attivita' svolta nei confronti
degli  associati  o  partecipanti,  in  conformita'  alle   finalita'
istituzionali,  dalle  associazioni,  dai consorzi e dagli altri enti
non commerciali di tipo associativo. Le somme versate dagli associati
o partecipanti  a  titolo  di  quote  o  contributi  associativi  non
concorrono a formare il reddito complessivo.
2.  Si  considerano  tuttavia  effettuate nell'esercizio di attivita'
commerciali, salvo il  disposto  del  secondo  periodo  del  comma  1
dell'articolo  108,  le  cessioni di beni e le prestazioni di servizi
agli  associati  o  partecipanti  verso  pagamento  di  corrispettivi
specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati
in  funzione  delle  maggiori  o diverse prestazioni alle quali danno
diritto. Detti corrispettivi concorrono alla formazione  del  reddito
complessivo  come  componenti  del  reddito di impresa o come redditi
diversi secondo che  le  relative  operazioni  abbiano  carattere  di
abitualita' o di occasionalita'".
  Il  comma  1  dell'art. 111 sancisce l'esclusione dall'ambito della
commercialita' dell'attivita' svolta  da  associazioni,  consorzi  ed
altri  enti associativi nei confronti degli associati o partecipanti,
sempre che la stessa sia esercitata  in  conformita'  alle  finalita'
istituzionali  e  in  assenza di una specifica corrispettivita', e la
conseguente intassabilita' delle  somme  versate  dagli  associati  o
partecipanti a titolo di quote o contributi associativi.
  Il  comma  2  dello  stesso art. 111 conferma la natura commerciale
delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi rese, ancorche'
in  conformita'  alle  finalita'  istituzionali,  agli  associati   o
partecipanti  verso  pagamento di corrispettivi specifici, compresi i
contributi e le quote supplementari  determinati  in  funzione  delle
maggiori  o  diverse  prestazioni  alle quali hanno diritto. Le quote
differenziate costituiscono in sostanza il  corrispettivo  dovuto  in
base ad un rapporto sinallagmatico instaurato tra soci ed ente.
  I  corrispettivi  specifici resi per cessioni di beni e prestazioni
di servizi ad associati o partecipanti si considerano componenti  del
reddito   d'impresa  o  redditi  diversi,  secondo  che  le  relative
operazioni abbiano carattere di abitualita' o occasionalita'.
  E' appena il caso di precisare che l'attivita' "esterna" degli enti
associativi, quella cioe' resa da tali enti nei confronti dei  terzi,
continua  a  restare,  di  regola,  fuori dalla sfera di applicazione
dell'art. 111 del T.U.I.R.
5.2.2  Regime  agevolativo  per   particolari   tipologie   di   enti
      associativi
  Le  novita'  introdotte  nell'art.  111  del  T.U.I.R.  dal decreto
legislativo n. 460 del  1997  riguardano  la  disciplina  agevolativa
dettata  per  singole  tipologie  di  associazioni, "privilegiate" in
relazione al carattere specifico dell'attivita' esercitata.
  Tale disciplina era contenuta nel previgente testo  dell'art.  111,
comma 3, secondo il quale:
"3.   Per  le  associazioni  politiche,  sindacali  e  di  categoria,
religiose, assistenziali, culturali e sportive,  non  si  considerano
effettuate  nell'esercizio  di  attivita'  commerciali,  in deroga al
comma 2, le cessioni di  beni  e  le  prestazioni  di  servizi  verso
pagamento  di corrispettivi specifici effettuate, in conformita' alle
finalita'   istituzionali,   nei   confronti   degli   associati    o
partecipanti,   di   altre  associazioni  che  svolgono  la  medesima
attivita' e che per legge,  regolamento  o  statuto  fanno  parte  di
un'unica  organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati
o  partecipanti  e  dei  tesserati  dalla  rispettive  organizzazioni
nazionali, nonche' le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni
cedute  prevalentemente  agli associati. Per le cessioni di beni e le
prestazioni  di  servizio  effettuate  da  associazioni  culturali  o
sportive  costituite  ai sensi dell'articolo 36 del codice civile, la
disposizione  si applica nei confronti degli associati o partecipanti
minori d'eta' e, per i maggiorenni, a condizione che  questi  abbiano
il  diritto  di  voto  per  l'approvazione  e  le modificazioni dello
statuto e dei regolamenti e per  la  nomina  degli  organi  direttivi
dell'associazione   ed  abbiano  diritto  a  ricevere,  nei  casi  di
scioglimento della medesima, una quota  del  patrimonio  sociale,  se
questo non e' destinato a finalita' di utilita' generale".
  L'art.  5 del decreto legislativo in esame ha modificato il comma 3
dell'art. 111 del T.U.I.R. e ha aggiunto  allo  stesso  articolo,  in
funzione   di   completamento   della  disciplina  agevolativa  e  di
delimitazione dei presupposti del  regime  agevolativo  recato  dallo
stesso  comma  3  dell'art.  111,  gli  ulteriori commi da 4-bis a 4-
sexies.
  Le modifiche al comma 3 dell'art. 111  nonche'  l'introduzione  dei
commi  da  4-bis  a 4-sexies sono disposte in attuazione della delega
recata dall'art. 3, comma 187, lett. c), della legge n. 662 del  1996
che  fra  i criteri e principi direttivi in materia di riordino della
disciplina  degli  enti  non  commerciali  ha  previsto  l'esclusione
dall'ambito  dell'imposizione,  per  gli enti di tipo associativo, da
individuare con riferimento ad elementi di natura obiettiva  connessi
all'attivita'   effettivamente  esercitata,  nonche'  sulla  base  di
criteri statutari diretti a prevenire fattispecie elusive, di  talune
cessioni  di  beni  e  prestazioni  di  servizi  rese  agli associati
nell'ambito dell'attivita' propria della vita associativa.
ART. 111, COMMA 3, DEL T.U.I.R.
1) Attivita' rese agli associati in diretta  attuazione  degli  scopi
   istituzionali
  Il novellato comma 3, dell'art. 111 del T.U.I.R. prevede:
  "3.  Per  le  associazioni  politiche,  sindacali  e  di categoria,
religiose, assistenziali, culturali,  sportive  dilettantistiche,  di
promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona non
si  considerano commerciali le attivita' svolte in diretta attuazione
degli   scopi   istituzionali,   effettuate   verso   pagamento    di
corrispettivi  specifici  nei  confronti  degli iscritti, associati o
partecipanti,  di  altre  associazioni  che  svolgono   la   medesima
attivita'  e  che  per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto
fanno parte  di  un'unica  organizzazione  locale  o  nazionale,  dei
rispettivi  associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive
organizzazioni nazionali,  nonche'  le  cessioni  anche  a  terzi  di
proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati".
  Nella nuova formulazione il comma 3 dell'art. 111 del T.U.I.R., che
riproduce   sostanzialmente   sotto   l'aspetto   contenutistico   la
disposizione agevolativa recata  dal  primo  periodo  del  previgente
comma  3, opera una parziale deroga alla regola generale espressa nel
comma 2 dello stesso art. 111,  secondo  la  quale  sono  considerate
commerciali le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese agli
associati  e partecipanti verso corrispettivi specifici, ancorche' si
tratti di attivita' conformi alle finalita' istituzionali. Il  regime
agevolativo  recato  dal  comma  3,  nel testo modificato dal decreto
legislativo  in  esame,  consiste,  infatti,  nella  esclusione   del
carattere  commerciale  delle  attivita'  rese  da  talune  tipologie
associative, in diretta attuazione  degli  scopi  istituzionali,  nei
confronti degli iscritti, associati o partecipanti verso pagamento di
corrispettivi specifici.
  Detto  regime  agevolativo  si  rende  pertanto applicabile qualora
sussistano congiuntamente i seguenti presupposti:
a) le attivita' agevolate devono  essere  effettuate  da  particolari
   tipologie di associazioni;
b) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi devono essere rese
   agli associati;
c)   le   stesse  attivita'  devono  essere  effettuate  "in  diretta
   attuazione degli scopi istituzionali".
a) Tipologie di associazioni agevolate
  In ordine al primo dei requisiti sopra indicati si segnala  che  la
nuova disposizione del comma 3 dall'art. 111 del T.U.I.R. ha ampliato
l'ambito   soggettivo  di  applicazione  del  regime  agevolativo  in
argomento.
  Continuano ad essere destinatarie dell'anzidetta disciplina,  senza
alcuna modifica, le associazioni politiche, sindacali e di categoria,
religiose, assistenziali e culturali.
  Riguardo  alle  associazioni  sportive,  si  evidenzia che la nuova
disposizione delimita l'ambito applicativo del trattamento di  favore
alle  "associazioni sportive dilettantistiche". Pertanto, a decorrere
dal 1 gennaio 1998, non tutte le associazioni sportive,  ma  solo  le
associazioni   sportive   dilettantistiche,   sono  destinatarie  del
riformulato comma 3 dell'art. 111. La limitazione, che  ha  finalita'
antielusiva,  e'  intesa  ad  identificare gli enti destinatari della
previsione di non  commercialita'  delle  attivita'  rese  ai  propri
iscritti, associati o partecipanti, dietro pagamento di corrispettivi
specifici,  in  diretta attuazione degli scopi istituzionali, con gli
enti associativi individuati dalla legge 16 dicembre  1991,  n.  398.
Risulta,   pertanto,   circoscritta   l'applicabilita'  del  comma  3
dell'art. 111 alle associazioni sportive, come delimitate dalla legge
n. 398 del 1991, definite  anche  alla  luce  della  circolare  n.  1
dell'11  febbraio  1992  della  soppressa  Direzione  Generale  delle
Imposte Dirette e del decreto  del  Ministro  delle  finanze  del  18
maggio  1995,  come  "associazioni  sportive  e  relative sezioni non
aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive  nazionali
o agli enti di promozione sportiva, riconosciuti ai sensi delle leggi
vigenti,   che   svolgono   attivita'   sportive   dilettantistiche",
intendendosi  per   tali   le   attivita'   sportive   esclusivamente
dilettantistiche    come   definite   nell'ambito   della   normativa
regolamentare dei predetti organismi cui l'associazione e' affiliata.
  In  base  alla  nuova  formulazione  del  comma  3  dell'art.   111
risultano,  inoltre,  destinatarie  del regime di favore recato dallo
stesso  comma,  le  seguenti  due  tipologie  di   associazioni   non
contemplate dal testo previgente:
- associazioni di promozione sociale;
- associazioni di formazione extra - scolastica della persona.
  Si  possono  ritenere  associazioni  di  promozione  sociale quelle
associazioni che promuovono la solidarieta' e il volontariato nonche'
l'aggregazione  sociale  attraverso  lo  svolgimento   di   attivita'
culturali  o  sportive  al  fine di innalzare la qualita' della vita,
come ad esempio le ACLI e l'ARCI.
  Per quanto concerne le associazioni di formazione extra  scolastica
della  persona  si osserva, in primo luogo, che tali associazioni per
poter essere ricondotte nell'ambito  applicativo  dell'art.  111  del
T.U.I.R.    non    devono    svolgere   come   attivita'   principale
l'organizzazione  di corsi, atteso che tale circostanza comporterebbe
la loro qualificazione come enti commerciali. Peraltro, l'espressione
"formazione extra-scolastica della persona"  non  individua,  in  via
generale,  l'intero  settore dell'attivita' di formazione, ma un piu'
limitato  ambito  di  tale  attivita'  che  privilegia  la   crescita
intellettuale   dell'individuo,   mirata   allo  sviluppo  della  sua
personalita' complessiva e che esclude la  formazione  professionale,
intesa   all'apprendimento   di   conoscenze  specifiche  finalizzate
all'inserimento   nel   mondo   del   lavoro   e   alla   particolare
specializzazione professionale.
  In  sintesi,  l'ambito soggettivo di applicazione del nuovo comma 3
dell'art. 111 e' costituito dalle seguenti tipologie di associazioni:
- associazioni politiche;
- associazioni sindacali;
- associazioni di categoria;
- associazioni religiose;
- associazioni assistenziali;
- associazioni culturali;
- associazioni sportive dilettantistiche;
- associazioni di promozione sociale;
- associazioni di formazione extra-scolastica della persona.
  In relazione all'inquadramento di un ente nell'ambito di una  delle
tipologie   associative  sopra  individuate,  emerge  che  lo  stesso
assumera' rilievo solo dopo  aver  appurato  l'esatta  qualificazione
dell'ente  e cioe' se lo stesso debba ricomprendersi tra gli enti non
commerciali.
  Infatti, l'associazione  deve  essere  preventivamente  qualificata
come   ente   non  commerciale  sulla  base  dell'oggetto  principale
dell'attivita',  intesa,  come  in  precedenza   evidenziato,   quale
attivita'  essenziale  per  realizzare direttamente gli scopi primari
dell'ente.
  Ai   fini   della   successiva   qualificazione   dell'ente   quale
associazione  riconducibile  in  una specifica tipologia indicata nel
comma 3 dell'art. 111 del T.U.I.R. si richiama  l'indirizzo  espresso
in  proposito  dalla Corte Costituzionale, con sentenza 5-19 novembre
1992, n. 467,  che  afferma  l'insufficienza  dell'autoqualificazione
dell'ente  (come  associazione  politica,  sindacale,  di  categoria,
religiosa,  culturale,  ecc.)  sulla  base  della  sola   definizione
statutaria  e,  quindi,  la necessita' di una valutazione della reale
natura  dell'ente  e  dell'attivita'  in  concreto  esercitata,  alla
stregua  di  obiettivi  criteri  desumibili  dall'insieme delle norme
dell'ordinamento.
  In sostanza, poiche' la riconducibilita' di un ente  in  una  delle
tipologie  associative indicate nel comma 3 dell'art. 111 comporta la
possibilita' di fruire di un trattamento  tributario  di  favore,  al
fine  di  evitare  che  sia  l'associazione  "arbitra  della  propria
tassabilita'" va verificata  la  natura  e  la  caratteristica  della
stessa,  in  mancanza  di specifici e manifesti riconoscimenti, sulla
base  di  criteri  obiettivi  che  qualificano  nell'ordinamento   le
finalita' politiche, sindacali, di categoria, religiose ecc..
  Ad  esempio,  le  associazioni  a carattere religioso che non siano
state civilmente riconosciute come  tali  (secondo  le  regole  poste
sulla  base  di  intese o secondo la disciplina della legge 24 giugno
1929, n. 1159)  devono  comprovare  la  natura  e  la  caratteristica
dell'organizzazione     secondo    i    criteri    che    qualificano
nell'ordinamento  dello  Stato  i  fini  di  religione  e  di  culto,
desumibili dal Concordato fra Stato e Chiesa cattolica e dalle Intese
stipulate con altre confessioni religiose.
b) Destinatari delle attivita' agevolate
  Circa  i  destinatari  delle  attivita'  agevolate,  si segnala che
vengono  menzionati  espressamente  nel  nuovo  testo,  accanto  agli
associati   o   partecipanti,   "gli  iscritti"  non  richiamati  dal
previgente  testo,  riferendosi  la  norma  agevolativa  anche   alle
associazioni politiche e sindacali.
  Le  cessioni  di beni e le prestazioni di servizi devono, pertanto,
essere rese nei confronti "degli iscritti, associati o  partecipanti,
di  altre  associazioni  che svolgono la medesima attivita' e che per
legge,  regolamento,  atto  costitutivo  o  statuto  fanno  parte  di
un'unica  organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati
o  partecipanti  e  dei  tesserati  delle  rispettive  organizzazioni
nazionali".
c) Attivita' agevolate
  Le  attivita'  ammesse  al regime di favore secondo la disposizione
del novellato comma 3 dell'art. 111 del T.U.I.R. devono essere svolte
"in diretta attuazione degli scopi istituzionali".
  L'individuazione  dell'attivita'  che  puo'  ritenersi  svolta   in
diretta  attuazione degli scopi istituzionali deve essere effettuata,
secondo le indicazioni della sentenza della Corte Costituzionale 5-19
novembre 1992, n. 467 gia' in precedenza richiamata, alla stregua  di
criteri   obiettivamente   riscontrabili   e   non   sulle   basi  di
un'autoqualificazione risultante dalle sole indicazioni statutarie.
  Si vuole con cio' precisare  che  l'attivita'  svolta  "in  diretta
attuazione  degli  scopi  istituzionali"  non e' quella genericamente
rientrante fra le finalita' istituzionali  dell'ente,  in  quanto  il
legislatore  subordina  l'applicazione  del  regime  di  favore  alla
circostanza  che  l'anzidetta  attivita'  costituisca   il   naturale
completamento  degli scopi specifici e particolari che caratterizzano
ciascun ente associativo.
2) Cessioni anche a terzi  di  pubblicazioni  cedute  prevalentemente
   agli associati
  Un'ulteriore disposizione agevolativa, che conferma sostanzialmente
il  previgente  assetto  normativo,  e'  recata  dallo stesso comma 3
dell'art. 111 del T.U.I.R. Secondo tale norma  non  sono  considerate
commerciali  le  cessioni  di  pubblicazione effettuate anche a terzi
alle seguenti condizioni:
a) devono essere effettuate da associazioni politiche, sindacali e di
   categoria,   religiose,   assistenziali,    culturali,    sportive
   dilettantistiche  e  di  promozione sociale e di formazione extra-
   scolastica della persona;
b)  devono essere effettuate prevalentemente agli associati, anche se
   a titolo gratuito.
ART. 111, COMMA 4, DEL T.U.I.R.
Presunzione di commercialita'.
  Il decreto legislativo in esame  non  apporta  alcuna  modifica  al
comma 4 dell'art. 111 del T.U.I.R.
  Il   menzionato   comma   4  stabilisce  che  per  tutti  gli  enti
associativi, compresi quelli indicati al precedente comma  3,  alcune
prestazioni,  ancorche'  rese  agli  associati,  sono  in  ogni  caso
commerciali.
  La norma reca in sostanza una presunzione di commercialita' per  le
seguenti prestazioni:
- cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita;
- somministrazione di pasti;
- erogazione di acqua, gas, energia elettrica e vapore;
- prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito;
- prestazioni di servizi portuali e aeroportuali;
- gestione di spacci aziendali e di mense;
- organizzazione di viaggi e soggiorni turistici;
- gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;
- pubblicita' commerciale;
- telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.
ART. 111, COMMI 4-BIS - 4-TER, DEL T.U.I.R.
  Le  disposizioni dei commi 4-bis e 4-ter, aggiunte all'art. 111 del
T.U.I.R. dall'art. 5 del decreto  legislativo  in  esame,  riguardano
solo  alcune specifiche tipologie di associazioni e costituiscono una
novita' rispetto alla previgente normativa.
  Il testo dei commi 4-bis e 4-ter e' il seguente:
"4-bis. Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra  gli
enti  di  cui  all'articolo  3,  comma  6, lettera e), della legge 25
agosto  1991,  n.  287,  le   cui   finalita'   assistenziali   siano
riconosciute   dal   Ministero   dell'Interno,   non  si  considerano
commerciali, anche se effettuate  verso  pagamento  di  corrispettivi
specifici,  la  somministrazione  di  alimenti  e bevande effettuata,
presso le sedi in cui viene svolta l'attivita' istituzionale, da  bar
ed  esercizi  similari  e  l'organizzazione  di  viaggi  e  soggiorni
turistici,  sempreche'  le  predette  attivita'  siano   strettamente
complementari  a  quelle  svolte  in  diretta  attuazione degli scopi
istituzionali e siano effettuate nei confronti degli stessi  soggetti
indicati nel comma 3.
4-ter.  L'organizzazione  di  viaggi  e soggiorni turistici di cui al
comma 4-bis non e' considerata commerciale  anche  se  effettuata  da
associazioni   politiche,   sindacali  e  di  categoria,  nonche'  da
associazioni riconosciute dalle confessioni religiose con le quali lo
Stato ha stipulato patti, accordi o intese, sempreche' sia effettuata
nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3".
Somministrazione di alimenti e bevande (Art. 111,  comma  4-bis,  del
T.U.I.R.). Associazioni di promozione sociale.
  Per  la  somministrazione  di  alimenti e bevande e' sancita la non
commercialita'  esclusivamente  a  favore   delle   associazioni   di
promozione  sociale  ricomprese tra gli enti di cui all'art. 3, comma
6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287 (cioe' gli  enti  a
carattere  nazionale le cui finalita' assistenziali sono riconosciute
dal  Ministero  dell'Interno)  e  sempreche'  ricorrano  le  seguenti
condizioni:
a)  l'attivita'  deve  essere  effettuata da bar ed esercizi similari
   presso le sedi in cui viene svolta l'attivita' istituzionale;
b) l'attivita' deve  essere  svolta  nei  confronti  degli  iscritti,
   associati  o partecipanti anche di altre associazioni che svolgono
   la  medesima  attivita'  e  che  per  legge,   regolamento,   atto
   costituivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale
   o  nazionale  e  dei  tesserati  dalle  rispettive  organizzazioni
   nazionali;
c) deve trattarsi di attivita' strettamente  complementare  a  quelle
   svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali.
  Riguardo  alla somministrazione di alimenti e bevande effettuata da
bar o servizi similari  interni  all'associazione  si  chiarisce  che
l'espressa  previsione  di  non  commercialita',  a  decorrere  dal 1
gennaio 1998, nei  confronti  esclusivamente  delle  associazioni  di
promozione  sociale,  conferma  per  tutti  gli  altri  enti  di tipo
associativo l'orientamento gia' espresso in sede amministrativa (ris.
n. 217/E del 17 luglio 1995), in base al quale e' stato affermato  il
carattere  commerciale dell'attivita' di somministrazione di alimenti
o bevande nei bari interni ai circoli ricreativi, anche se svolta nei
confronti dei propri associati.
Organizzazione di viaggi e soggiorni turistici (Art. 111, comma 4-bis
e  4-ter,  del  T.U.I.R.).  Associazioni   di   promozione   sociale,
associazioni   politiche,  sindacali,  di  categoria  e  associazioni
religiose.
  E' considerata non commerciale  l'attivita'  di  organizzazione  di
viaggi  e soggiorni turistici se svolta da associazioni di promozione
sociale ricomprese tra gli enti di cui all'art. 3, comma  6,  lettera
e),   della  legge  n.  287  del  1991,  da  associazioni  politiche,
sindacali, di categoria nonche' da  associazioni  riconosciute  dalle
confessioni  religiose  con  le  quali  lo  Stato ha stipulato patti,
accordi o intese, alle seguenti condizioni:
a) destinatari siano gli iscritti, associati o partecipanti anche  di
   altre  associazioni  che  svolgono la medesima attivita' e che per
   legge, regolamento, atto costitutivo  o  statuto  fanno  parte  di
   un'unica  organizzazione  locale  o  nazionale e i tesserati delle
   rispettive organizzazioni nazionali;
b) si tratti di attivita' strettamente complementari a quella  svolta
   in diretta attuazione degli scopi istituzionali.
  Quest'ultima  condizione  comporta  la  necessita' di verificare in
concreto che l'attivita' di  organizzazione  di  viaggi  e  soggiorni
turistici,  sia  funzionale  alla  completa realizzazione degli scopi
istituzionali (es. viaggio e soggiorno organizzati per gli iscritti o
associati  in  occasione  di  un  congresso   nazionale   o   meeting
internazionale).
ART. 111, COMMA 4-QUATER, DEL T.U.I.R.
  Il  comma 4-quater dell'art. 111 del T.U.I.R., introdotto dall'art.
5 del decreto legislativo n. 460 del 1997, e' il seguente:
"4-quater. Per le organizzazioni sindacali  e  di  categoria  non  si
considerano  effettuate  nell'esercito  di  attivita'  commerciali le
cessioni delle pubblicazioni, anche in deroga al  limite  di  cui  al
comma  3,  riguardanti  i  contratti  collettivi  di  lavoro, nonche'
l'assistenza prestata  prevalentemente  agli  iscritti,  associati  o
partecipanti  in  materia di applicazione degli stessi contratti e di
legislazione sul lavoro, effettuate verso pagamento di  corrispettivi
che in entrambi i casi non eccedano i costi di diretta imputazione".
Cessioni   di   pubblicazioni   di  contratti  collettivi  nazionali.
Associazioni sindacali e di categoria
  Non sono considerate commerciali le  cessioni  delle  pubblicazioni
riguardanti  i contratti collettivi nazionali di lavoro se effettuate
dalle associazioni sindacali e  di  categoria,  anche  in  deroga  al
limite imposto dal comma 3 dell'art. 111. La non commercialita' e' in
tali  ipotesi  riconosciuta  anche  se  le  pubblicazioni sono cedute
prevalentemente a terzi, a condizione che i  corrispettivi  percepiti
non eccedano i costi di diretta imputazione.
  Si  precisa che la locuzione costi di diretta imputazione va intesa
secondo i criteri gia' adottati in precedenza con riferimento ai c.d.
costi specifici nella circolare della  soppressa  Direzione  Generale
delle Imposte Dirette n. 40 del 26 novembre 1981.
Assistenza  in  materia  di  contratti  collettivi  di  lavoro  e  di
legislazione sul lavoro. Associazioni sindacali e di categoria.
  Nei confronti  delle  associazioni  sindacali  e  di  categoria,  a
decorrere   dal   1   gennaio   1998,  non  si  considera  effettuata
nell'esercizio di attivita' commerciale l'assistenza  in  materia  di
applicazione  di contratti collettivi di lavoro e di legislazione sul
lavoro a condizione che:
- l'attivita' sia prestata prevalentemente agli iscritti, associati o
  partecipanti;
-  i  corrispettivi  percepiti  non  eccedano  i  costi  di   diretta
  imputazione.
Attivita' di assistenza fiscale
  Per  completezza di esposizione si fa presente che rimane in vigore
la norma recata dall'art. 78, comma 8, della legge 30 dicembre  1991,
n.  413,  secondo la quale le prestazioni corrispondenti a quelle dei
Centri di assistenza fiscale "si considerano rilevanti ai fini  delle
imposte  sui  redditi  e  dell'imposta sul valore aggiunto, ancorche'
rese da associazioni sindacali e di categoria  e  rientranti  tra  le
finalita'    istituzionali   delle   stesse   in   quanto   richieste
dall'associato  per  ottemprare  ad  obblighi  di   legge   derivanti
dall'esercizio dell'attivita'".
5.3  Vincoli  statutari  per  associazioni  politiche, sindacali e di
    categoria,   religiose,   assistenziali,   culturali,    sportive
    dilettantistiche,  di  promozione  sociale e di formazione extra-
    scolastica della persona. Art. 111, commi 4-quinquies e 4-sexies,
    del T.U.I.R.
  Novita' di notevole rilevanza  sono  contenute  nella  disposizione
recata dall'art. 4-quinquies del nuovo art. 111 del T.U.I.R.
  Tale  norma  consente  l'applicabilita'  del  trattamento di favore
recato dal comma 3 dell'art. 111, nonche' quello previsto  dai  commi
4-bis,  4-ter  e 4-quater, dello stesso art. 111, a condizione che le
associazioni destinatarie degli anzidetti regimi:
1. abbiano redatto  l'atto  costitutivo  o  lo  statuto  nella  forma
   dell'atto   pubblico  o  della  scrittura  privata  autenticata  o
   registrata;
2. l'atto costitutivo o  lo  statuto  siano  conformi  alle  clausole
   indicate  nello  stesso comma 4-quinquies dell'art. 111, dirette a
   garantire la  non  lucrativita'  dell'associazione  e  ad  evitare
   fenomeni  elusivi.  Le anzidette clausole possono essere riportate
   nell'atto costitutivo  o  nello  statuto  anche  con  formulazioni
   diverse  da  quelle  previste  espressamente  dal menzionato comma
   4-quinquies  dell'art.  111  del  T.U.I.R.,  purche'  di   portata
   univoca.
  I principi enunciati dalle suddette clausole devono risultare dagli
atti  costitutivi  o  dagli  statuti  ai fini dell'applicabilita' del
regime  di  favore  nei  confronti  delle   associazioni   politiche,
sindacali   e  di  categoria,  religiose,  assistenziali,  culturali,
sportive dilettantistiche, di  promozione  sociale  e  di  formazione
extrascolastica della persona che fruiscono delle citate disposizioni
agevolative. Tali principi tendono ad assicurare:
a) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi
   di  gestione,  nonche'  fondi,  riserve o capitale durante la vita
   dell'associazione, salvo che la destinazione  o  la  distribuzione
   non siano imposte dalla legge;
b)  l'obbligo  di  devolvere  il patrimonio dell'ente, in caso di suo
   scioglimento  per  qualunque  causa,  ad  altra  associazione  con
   finalita'  analoghe o ai fini di pubblica utilita' e salvo diversa
   destinazione imposta dalla legge. A tal fine dovra' essere sentito
   l'istituendo organismo di controllo di cui all'articolo  3,  comma
   190,   della   legge   23  dicembre  1996,  n.  662.  Tale  ultima
   prescrizione procedimentale relativa  all'organismo  di  controllo
   deve  essere  di  fatto  osservata  ancorche'  non  sia necessario
   riprodurla,  quale  clausola  espressa,  nello  statuto   o   atto
   costitutivo.
c)  la disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalita'
   associative  volte  a  garantire   l'effettivita'   del   rapporto
   medesimo,   escludendo   espressamente   la   temporaneita'  della
   partecipazione  alla  vita  associativa  e  prevedendo   per   gli
   associati  o  partecipanti  maggiori d'eta' il diritto di voto per
   l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei  regolamenti
   e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione;
d)  l'obbligo  di  redigere  e di approvare annualmente un rendiconto
   economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;
e) l'eleggibilita' libera degli organi amministrativi, principio  del
   voto  singolo  di cui all'articolo 2532, secondo comma, del codice
   civile,  sovranita'   dell'assemblea   dei   soci,   associati   o
   partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri
   e  idonee  forme  di  pubblicita'  delle convocazioni assembleari,
   delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti;
f) l'intrasmissibilita'  della  quota  o  contributo  associativo  ad
   eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilita'
   della stessa.
  Si  precisa che i vincoli statutari sopra indicati non si applicano
per gli enti associativi che, pur beneficiando della disposizione del
comma 1 dell'art. 111 del T.U.I.R., relativa alla  non  imponibilita'
delle  quote  associative,  non  si  avvalgono del regime agevolativo
recato dai commi 3, 4-bis, 4-ter e 4-quater dello stesso articolo.
Distribuzione, anche in modo indiretto,  di  utili  o  di  avanzi  di
gestione  e  devoluzione  del  patrimonio  in  caso  di  scioglimento
dell'ente (lettera a) e  b),  comma  4-quinquies  dell'art.  111  del
T.U.I.R.)
  Riguardo   ai  vincoli  statutari  imposti  dal  comma  4-quinquies
dell'art. 111 del  T.U.I.R.  si  ritiene  di  dovere  evidenziare  la
novita'  e  la  rilevanza,  anche  ai  fini  dei principi generali in
materia di  enti  non  commerciali,  delle  clausole  riportate  alle
lettere a) e b) di detto comma.
  In  sostanza  l'obbligo  di non distribuzione degli utili, anche in
modo indiretto, nonche' l'obbligo di devolvere il patrimonio, in caso
di scioglimento dell'associazione,  ad  altro  ente  associativo  con
analoghe  finalita'  o  ai fini di pubblica utilita', comporta che le
particolari tipologie di  enti  associativi  destinatari  del  regime
agevolativo recato dai commi 3, 4-bis, 4-ter e 4-quater dell'art. 111
del T.U.I.R. si configurino quali enti non lucrativi.
  Assume,  pertanto,  rilievo  ai fini della decommercializzazione di
determinate  attivita'  l'assenza,  in  capo  ad  alcuni   enti   non
commerciali  di  tipo  associativo, del fine di lucro che si realizza
attraverso il divieto di distribuzione di utili.
  La finalita' non lucrativa costituisce un'ulteriore condizione  cui
e'   subordinato   il  regime  di  favore  illustrato  nei  paragrafi
precedenti recati dai commi 3, 4-bis, 4-ter e 4-quater dell'art. 111.
  Circa la clausola concernente il divieto di distribuzione di  utili
si rileva che la norma non fornisce alcuna indicazione in ordine alla
nozione  di  "distribuzione  indiretta"  di  utili  o  di  avanzi  di
gestione. Si chiarisce, tuttavia, che ai fini  della  interpretazione
di  tale  nozione possono soccorrere i criteri stabiliti all'art. 10,
comma 6, dello stesso decreto legislativo n. 460 del 1997.
  Tale norma, infatti, nell'individuare particolari  fattispecie  che
"costituiscono  in  ogni  caso  distribuzione indiretta di utili o di
avanzi di gestione",  seppure  inserita  fra  le  disposizioni  della
Sezione  II  del  decreto  legislativo  n. 460 in esame relativa alla
disciplina tributaria delle organizzazioni non lucrative di  utilita'
sociale,  puo'  configurarsi  come norma di riferimento anche per gli
enti di tipo associativo.
Disciplina dei rapporti  associativi  e  libera  eleggibilita'  degli
organi amministrativi (lettere c) ed e), comma 4-quinquies, dell'art.
111 del T.U.I.R.)
  La   disciplina   del   rapporto  associativo  e  il  principio  di
democraticita' comprendente il diritto  al  voto  degli  associati  o
partecipanti  maggiori  di  eta'  e il diritto di nomina degli organi
amministrativi (gia' recata dal secondo periodo del previgente  testo
del  comma  3  dell'art.  111  del  T.U.I.R.)  e'  estesa  a tutte le
tipologie di associazioni ammesse al  regime  tributario  recato  dal
comma  3  e  dai commi 4-bis, 4-ter e 4-quater piu' volte richiamati,
(lettere c) ed e) del comma 4-quinquies dell'art. 111  del  T.U.I.R.)
ad   eccezione   delle   associazioni  religiose  riconosciute  dalle
confessioni con le quali lo Stato  ha  stipulato,  patti,  accordi  o
intese,   nonche'   delle  associazioni  politiche,  sindacali  e  di
categoria.
  Infatti, le clausole riportate sotto le lettere c) ed e) del  comma
4-quinquies  dell'art. 111 del T.U.I.R., relative alla disciplina del
rapporto  associativo  e  alla  libera  eleggibilita'  degli   organi
amministrativi,   non   si   applicano  alle  associazioni  religiose
riconosciute dalle confessioni con le quali  lo  Stato  ha  stipulato
patti,   accordi  o  intese,  nonche'  alle  associazioni  politiche,
sindacali e di categoria (comma 4-sexies dell'art. 111 del T.U.I.R.).
  Per quanto riguarda  le  modalita'  di  espressione  del  voto,  si
ricorda  che  nella relazione illustrativa del decreto legislativo n.
460 del 1997 e' stato esplicitamente chiarito quanto segue:
"Non   si   e'   ritenuto  di  ammettere  i  soci  ad  esprimere  per
corrispondenza il proprio voto, cosi' come proposto dalla Commissione
parlamentare, sul  rilievo  che  la  ratio  della  norma,  diretta  a
prevenire  fattispecie  elusive  (articolo  3,  comma 187, lettera c)
della legge di delega), richiede la partecipazione reale e fisica dei
soci alla vita dell'associazione".
  Si precisa,  tuttavia,  in  proposito  che  per  le  organizzazioni
complesse  a  carattere  nazionale  si deve tener conto della pratica
impossibilita' di garantire la partecipazione reale e fisica dei soci
alla vita  dell'associazione  nonche'  del  principio  di  democrazia
rappresentativa fondato sul mandato; pertanto per tali organizzazioni
e'  consentita  l'espressione  del  voto  da  parte  degli  associati
mediante delega da conferire ad altri associati.
Obbligo di redigere il rendiconto  (lettera  d),  comma  4-quinquies,
dell'art. 111 del T.U.I.R.)
  Viene  imposto  alle  associazioni  ammesse  a  fruire  del  regime
agevolativo  in  argomento  l'obbligo  di   redigere   ed   approvare
annualmente  un  rendiconto  economico  e  finanziario  riferito  sia
all'attivita' istituzionale sia a  quella  commerciale  eventualmente
esercitata,  indipendentemente  dal  regime  contabile,  ordinario  o
semplificato, adottato dall'ente non commerciale. Si chiarisce che la
redazione del bilancio soddisfa tale obbligo.
  Il rendiconto annuale, redatto secondo le modalita' stabilite dallo
stesso ente nello statuto, deve riassumere le  vicende  economiche  e
finanziarie   dell'ente  in  modo  da  costituire  uno  strumento  di
trasparenza  e  di  controllo  dell'intera   gestione   economica   e
finanziaria   dell'associazione.  Deve  trattarsi  di  documento  che
evidenzia anche l'attivita' decommercializzata.
  La documentazione di supporto  di  tale  documento,  anche  se  non
fiscale,  deve essere conservata con le modalita' previste dal D.P.R.
n.  600  del  1973,  attesa  la  rilevanza  attribuita  allo   stesso
rendiconto  annuale  imposto  da una norma tributaria quale specifico
requisito per l'applicazione di un particolare trattamento di favore.
  La  mancata  redazione  ed  approvazione  del  rendiconto  annuale,
determina la non applicabilita' delle disposizioni concernenti la non
commercialita'  recate dai commi 3, 4-bis, 4-ter e 4-quater dell'art.
111 del T.U.I.R. citato.
5.3.1 Termini per la predisposizione o l'adeguamento degli statuti
  Fino  al  31  dicembre  1997  le  associazioni ammesse a fruire del
trattamento tributario  previsto  delle  disposizioni  contenute  nel
comma  3  dell'art.  111  del T.U.I.R. potevano fruire dell'anzidetto
regime agevolativo anche in mancanza dell'atto  costitutivo  o  dello
statuto. A decorrere dal 1 gennaio 1998 viene imposto alle menzionate
associazioni un onere nuovo ed ulteriore, consistente, appunto, nella
predisposizione dell'atto costitutivo o dello statuto nella specifica
forma  dell'atto  pubblico  o  della  scrittura privata autenticata o
registrata.
  A decorrere dalla stessa data del 1 gennaio 1998  le  associazioni,
che  gia'  abbiano  l'atto  costitutivo o lo statuto, devono altresi'
verificare la compatibilita' del contenuto dei predetti atti  con  le
clausole  sopra  richiamate  a  pena  di  inammissibilita' del regime
recato dal nuovo testo del comma 3 dell'art. 111, nonche'  dai  commi
4-bis, 4-ter e 4-quater dello stesso articolo.
  I termini per predisporre o adeguare gli atti costitutivi o statuti
o  regolarizzare  gli  atti  medesimi  nelle  predette  forme  sono i
seguenti:
- 6 mesi dall'entrata in vigore del decreto legislativo  n.  460  del
  1997  (pertanto  entro  il  30  giugno  1998),  per le associazioni
  religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche,  di
  promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona;
-  12  mesi dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 460 del
  1997 (pertanto entro il 31  dicembre  1998),  per  le  associazioni
  politiche, sindacali e di categoria.
  Si  precisa che entro i termini sopraindicati e' sufficiente che lo
statuto  o  l'atto  costitutivo,  conformemente   alle   disposizioni
dell'art.   111,   comma   4-quinquies,   sia  approvato  dall'organo
assembleare,  ancorche'   non   sia   intervenuta,   ove   richiesta,
l'approvazione   dell'autorita'   di  controllo  competente.  Per  le
associazioni a piu' larga valenza  nazionale,  come  le  associazioni
politiche,  sindacali  e di categoria, nonche' per le associazioni di
promozione sociale a carattere nazionale e' sufficiente che, entro il
predetto termine del 31 dicembre 1998, le clausole  statutarie  siano
approvate dall'organo direttivo, in attesa del successivo recepimento
da  parte dell'assemblea o del congresso generale. Resta fermo che la
mancata  osservanza  nei  fatti   nonche'   la   mancata   definitiva
approvazione  delle  clausole anzidette comportano il venir meno, fin
dall'inizio, del regime agevolativo recato dai commi 3, 4-bis,  4-ter
e 4-quater dell'art. 111 del T.U.I.R.
5.4 Imposta sul valore aggiunto
  L'art. 5, comma 2, del decreto legislativo n. 460 del 1997, apporta
modifiche all'art. 4 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
  Tali  modifiche sono intese a coordinare le disposizioni in materia
di I.V.A. relative agli enti  di  tipo  associativo  con  le  novita'
introdotte ai fini delle imposte sui redditi, allo scopo di escludere
dal  campo  di  applicazione  dell'I.V.A.  le  stesse  attivita'  non
soggette ad imposizione ai fini delle imposte sui redditi.
ART. 4, COMMA 4, DEL D.P.R. N. 633 DEL 1972
  Viene  modificato  l'ambito  soggettivo di applicazione della norma
recata dal comma 4 dell'art. 4 del D.P.R.  n.  633  del  1972,  nella
parte  in  cui prevede la non commercialita' delle cessioni di beni e
delle prestazioni di  servizi  rese  in  conformita'  alle  finalita'
istituzionali, ancorche' dietro pagamento di corrispettivi specifici,
ai  soci,  associati  o partecipanti, ad associazioni che svolgono la
medesima attivita' e che per legge, regolamento o statuto fanno parte
di un'unica organizzazione locale o nazionale, nonche' nei  confronti
dei  rispettivi  soci, associati o partecipanti e dei tesserati delle
rispettive organizzazioni nazionali.
  Continuano ad essere destinatarie dell'anzidetta disciplina,  senza
alcuna modifica, le associazioni politiche, sindacali e di categoria,
religiose,  assistenziali  e  culturali,  mentre  per le associazioni
sportive la nuova disposizione delimita, a decorrere  dal  1  gennaio
1998,   l'ambito   applicativo   del   trattamento  di  favore  "alle
associazioni sportive dilettantistiche".
  Il nuovo comma 4 dell'art.  4  del  D.P.R.  n.  633  del  1972  ha,
inoltre,  esteso  il  regime  di  favore  dal  medesimo  recato  alle
associazioni di promozione sociale ed alle associazioni di formazione
extra-scolastica della persona.
  Pertanto, a decorrere dal 1 gennaio 1998, le tipologie  associative
destinatarie della disposizione in esame sono le seguenti:
- associazioni politiche;
- associazioni sindacali;
- associazioni di categoria;
- associazioni religiose;
- associazioni assistenziali;
- associazioni culturali;
- associazioni sportive dilettantistiche;
- associazioni di promozione sociale;
- associazioni di formazione extra-scolastica della persona.
  Viene  parimenti  modificato  l'ambito  soggettivo  di applicazione
della disposizione del comma 5, lett. a), dell'art. 4,  relativamente
alla previsione di non commercialita' delle cessioni di pubblicazioni
cedute   prevalentemente   ai   propri   associati.  Le  associazioni
beneficiarie di tale regime sono le stesse sopra elencate.
ART. 4, COMMI 6, 7, 8, DEL D.P.R. N. 633 DEL 1972
  All'art. 4 del D.P.R. n. 633 del 1972  vengono  aggiunti,  dopo  il
quinto comma, ulteriori tre commi.
  Il  nuovo  sesto  comma  dell'art.  4  del  D.P.R.  n. 633 del 1972
riproduce il comma 4-bis dell'art. 111 del  T.U.I.R.,  relativo  alle
associazioni  di  promozione  sociale  ricomprese tra gli enti di cui
all'art. 3, comma 6,  lettera  e),  della  legge  n.  287  del  1991,
limitatamente   alla   previsione   di   non   commercialita'   della
somministrazione di alimenti e bevande.
  Si sottolinea che, diversamente da quanto previsto dal comma  4-bis
dell'art.  111  del  T.U.I.R.,  ai  fini dell'IVA non e' riconosciuto
carattere "non commerciale" all'attivita' di organizzazione di viaggi
e  soggiorni  turistici  effettuata  dalle  stesse  associazioni   di
promozione  sociale,  le  quali,  pertanto,  restano  assoggettate al
tributo in base alle presunzione assoluta di commercialita'  disposta
dall'art. 4, quinto comma, lett. g), del D.P.R. n. 633 del 1972.
  Il  nuovo  settimo  comma  dell'art.  4  del D.P.R. n. 633 del 1972
subordina l'applicabilita' delle disposizioni agevolative recate  dai
commi  quarto,  secondo  periodo,  e  sesto  dello stesso art. 4 alla
redazione dell'atto costitutivo e dello statuto nelle forme dell'atto
pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata,  nonche'
alla  condizione  che  le associazioni interessate si conformino alle
specifiche  clausole  indicate  nella  medesima  disposizione.  Dette
clausole  coincidono  con  quelle  indicate  nell'art.  111, comma 4-
quinquies, del T.U.I.R.  (vedi  paragrafo  5.3  relativo  ai  vincoli
statutari per gli enti di tipo associativo).
  Il  nuovo  comma  ottavo  dell'art.  4  del  D.P.R. n. 633 del 1972
riproduce il comma 4-sexies del citato  art.  111  del  T.U.I.R.  che
esonera  le  associazioni  religiose  riconosciute  dalle confessioni
religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o  intese
nonche'  le  associazioni  politiche,  sindacali  e  di categoria dal
recepimento  delle  clausole  recate  dalle  lettere  c)  ed  e)  del
precedente comma, relative alla disciplina del rapporto associativo e
della  libera  eleggibilita'  degli  organi amministrativi, e cio' al
fine  di  salvaguardare  la  peculiare  struttura   delle   anzidette
organizzazioni.
  Si  evidenzia  che, diversamente da quanto previsto dal comma 4-ter
dell'art. 111 del T.U.I.R., ai fini dell'imposta del valore  aggiunto
non  e'  stata  sancita la "decommercializzazione" delle attivita' di
organizzazione di  viaggi  e  soggiorni  turistici  effettuate  dalle
associazioni  politiche, sindacali, di categoria e dalle associazioni
riconosciute da confessioni  religiose  con  le  quali  lo  Stato  ha
stipulato  patti, accordi o intese, nei confronti dei soci, associati
o partecipanti. Tali  attivita',  pertanto,  ancorche'  svolte  dalle
predette associazioni sono assoggettate all'I.V.A.
  Sono  ugualmente  imponibili  ai  fini  dell'IVA, in assenza di una
norma espressa di esclusione analoga a quella  recata  dal  comma  4-
quater  dell'art.  111  del  T.U.I.R.,  le  cessioni di pubblicazioni
riguardanti i contratti collettivi di lavoro, qualora le  stesse  non
siano effettuate prevalentemente a favore dei soci o degli associati,
nonche'  le  prestazioni  di assistenza in materia di applicazione di
contratti  collettivi  di  lavoro,  e  di  legislazione  sul   lavoro
effettuate nei confronti di terzi.
  Per  i  chiarimenti  relativi  alle  modifiche  apportate  al testo
dell'art. 4 del D.P.R. n. 633 del 1972, si rinvia a quanto  precisato
nei  paragrafi  precedenti  in  relazione  alle  corrispondenti norme
contenute nei commi 4-bis,  relativamente  alla  somministrazione  di
alimenti e bevande, 4-quinquies e 4-sexies dell'art. 111 del T.U.I.R.
6. SCRITTURE CONTABILI DEGLI ENTI NON COMMERCIALI
  L'art.   20  del  D.P.R.  29  settembre  1973,  n.  600,  che  reca
disposizioni  in  ordine  agli  obblighi  contabili  degli  enti  non
commerciali,  e'  stato  integrato,  con  l'aggiunta di ulteriori due
commi, dall'art. 8 del decreto legislativo n. 460 del 1997.
  Nessuna modifica e' stata apportata al comma 1 dell'anzidetto  art.
20 del D.P.R. n. 600 del 1973 il cui testo e' il seguente:
  "Le  disposizioni  degli articoli 14, 15, 16, 17 e 18 si applicano,
relativamente alle attivita'  commerciali  eventualmente  esercitate,
anche  agli  enti  soggetti  all'imposta  sul  reddito  delle persone
giuridiche  che  non  hanno  per  oggetto  esclusivo   o   principale
l'esercizio di attivita' commerciali".
  I  commi  introdotti  nel citato art. 20 del D.P.R. n. 600 del 1973
dal decreto legislativo n. 460 del 1997, dispongono:
"Indipendentemente alla redazione del rendiconto annuale economico  e
finanziario,   gli  enti  non  commerciali  che  effettuano  raccolte
pubbliche di fondi devono redigere, entro quattro mesi dalla chiusura
dell'esercizio, un apposito e separato rendiconto tenuto e conservato
ai sensi dell'articolo 22, dal quale devono risultare, anche a  mezzo
di  una  relazione  illustrativa,  in  modo  chiaro e trasparente, le
entrate e le spese relative a ciascuna delle celebrazioni, ricorrenze
o campagne di sensibilizzazione indicate nell'articolo 108, comma  2-
bis, lettera a), testo unico delle imposte sui redditi, approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
Gli enti soggetti alla determinazione forfetaria del reddito ai sensi
del  comma  1 dell'articolo 109-bis del testo unico delle imposte sui
redditi, approvato con decreto del  Presidente  della  Repubblica  22
dicembre  1986,  n.  917,  che  abbiano  conseguito  nell'anno solare
precedente ricavi non superiori a lire 30 milioni, relativamente alle
attivita' di prestazione di servizi, ovvero a lire 50  milioni  negli
altri  casi, assolvono gli obblighi contabili di cui all'articolo 18,
secondo le disposizioni di cui al comma  166  dell'articolo  3  della
legge 23 dicembre 1996, n. 662".
  Con  il  nuovo secondo comma dell'articolo 20 del D.P.R. n. 600 del
1973, ferma restando la  obbligatorieta'  delle  scritture  contabili
previste  dal primo comma del medesimo articolo, viene introdotto uno
specifico obbligo di rendicontazione  in  relazione  all'agevolazione
recata  dal  comma  2-bis  dell'art.  108  del  T.U.I.R.  (introdotto
dall'art. 2 del decreto legislativo n. 460 del 1997) per le  raccolte
pubbliche   di   fondi  effettuate  occasionalmente  dagli  enti  non
commerciali in concomitanza di ricorrenze, celebrazioni e campagne di
sensibilizzazione.
  Dette attivita' devono essere oggetto - al fine,  tra  l'altro,  di
salvaguardare  in  modo  scrupoloso  i  principi  di trasparenza e di
rappresentare correttamente i fatti della gestione nell'interesse  di
coloro  che  intendono partecipare a tali attivita' - di una rigorosa
rendicontazione,  indipendentemente   anche   dalla   redazione   del
rendiconto  annuale  economico  e  finanziario di cui agli artt. 111,
comma 4-quinquies, del T.U.I.R. e 4, settimo comma, del D.P.R. n. 633
del 1972.
  Deve, pertanto, essere redatto, entro quattro mesi  dalla  chiusura
dell'esercizio  sociale,  un apposito e separato rendiconto, tenuto e
conservato ai sensi dell'art. 22 del  D.P.R.  n.  600  del  1973.  Ne
consegue  che, al pari degli altri documenti contabili, il rendiconto
va conservato, agli effetti fiscali, fino a quando non  sia  divenuto
definitivo  l'accertamento  relativo  al  periodo  d'imposta  cui  il
rendiconto stesso si riferisce e, quindi, in  caso  di  controversia,
anche  oltre  il termine decennale previsto dall'art. 2220 del codice
civile.
  Nel rendiconto vanno riportate, in modo chiaro  e  trasparente,  le
entrate   e   le   spese   afferenti  ciascuna  delle  manifestazioni
(celebrazioni, ricorrenze o campagne di  sensibilizzazione)  previste
dall'art.  108,  comma  2-bis,  lett.  a)  del  T.U.I.R.,  che  hanno
originato le entrate e le spese medesime. Il rendiconto  deve  essere
accompagnato,   ove   necessario,   da   una  relazione  illustrativa
concernente le entrate e le spese anzidette.
  E'  appena  il  caso  di  precisare che il predetto rendiconto deve
essere redatto sia dagli enti non commerciali che  si  avvalgono  del
regime  di  contabilita' ordinaria sia da quelli che si avvalgono del
regime di contabilita' semplificata previsto dall'art. 18 del  D.P.R.
n. 600 del 1973.
  Con  il  nuovo terzo comma dell'art. 20 del D.P.R. n. 600 del 1973,
introdotto dall'art. 8 del decreto legislativo n. 460 del 1997, viene
stabilito che gli enti non commerciali soggetti  alla  determinazione
forfetaria  del  reddito,  ai sensi dell'art. 109-bis del T.U.I.R., e
che  abbiano  conseguito  nell'anno  solare  precedente  ricavi   non
superiori   a  lire  30  milioni,  relativamente  alla  attivita'  di
prestazione di servizi, ovvero a lire 50 milioni  negli  altri  casi,
assolvono gli obblighi contabili di cui all'art. 18 del D.P.R. n. 600
del  1973  secondo  le  disposizioni  di cui al comma 166 dell'art. 3
della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
  In  particolare,  permanendo,  se  prescritti,  gli   obblighi   di
fatturazione  e  certificazione  dei corrispettivi, i soggetti stessi
possono annotare  l'ammontare  complessivo,  distinto  per  aliquota,
delle operazioni fatture in ciascun mese, con riferimento allo stesso
mese,  entro  il giorno 15 del mese successivo, nei registri previsti
ai fini I.V.A.  ovvero  nell'apposito  prospetto  riepilogativo,  che
tiene  luogo  dei  registri stessi, conforme al modello approvato con
decreto del Ministro delle finanze 11 febbraio 1997, pubblicati nella
G.U. n. 37  del  14  febbraio  1997,  ed  alle  relative  istruzioni.
Inoltre,  i  soggetti  medesimi  devono  annotare  entro  il  termine
previsto  per  le  liquidazioni  trimestrali  dell'I.V.A.,  l'importo
complessivo  imponibile  mensile o trimestrale degli acquisti e delle
importazioni indicando  l'imposta  detraibile  nel  registro  di  cui
all'art.  25  del  D.P.R.  n.  633  del  1972  o  nel prospetto sopra
menzionato di cui al modello approvato con il citato D.M. 11 febbraio
1997 (circolare ministeriale n. 10/E del 17 gennaio 1997).
  Si precisa, infine, che i  soggetti  in  questione,  che  fruiscono
delle predette semplificazioni contabili, devono, comunque, osservare
l'obbligo  di redigere l'apposito rendiconto previsto dal nuovo comma
2 dell'art. 20 del D.P.R. n. 600 del 1973.
7. AGEVOLAZIONI TEMPORANEE PER IL TRASFERIMENTO DI BENI PATRIMONIALI
7.1 Trasferimento a titolo gratuito di aziende o beni
  L'articolo 9, comma 1, del decreto  legislativo  n.  460  del  1997
introduce un regime agevolativo transitorio relativo ai trasferimenti
a  titolo gratuito di aziende o beni a favore di enti non commerciali
effettuati entro il  30  settembre  1998,  al  fine  di  favorire  il
potenziamento patrimoniale degli stessi.
  Il  trasferimento puo' essere effettuato indistintamente da persone
fisiche, da societa' semplici, da imprese commerciali  esercitate  in
forma individuale che societaria e da enti non commerciali.
  Il  soggetto  destinatario del trasferimento di aziende o beni deve
essere un ente non commerciale o una organizzazione non lucrativa  di
utilita' sociale, escluse le societa' cooperative.
7.1.1 Ambito oggettivo, condizioni e limiti
  Il   trasferimento  a  titolo  gratuito  deve  riguardare  aziende,
complessi aziendali o singoli rami di azienda nonche' singoli beni  e
deve  essere  effettuato  a  titolo  gratuito  con  atto sottoposto a
registrazione entro il 30 settembre 1998.
  L'ente  non  commerciale  beneficiario deve dichiarare nell'atto di
trasferimento che intende  utilizzare  direttamente  i  beni  per  lo
svolgimento  della  propria attivita', con la conseguenza che per gli
stessi non e' ammessa la possibilita'  di  utilizzo  non  strumentale
all'attivita'  esercitata dall'ente, intendendosi per tale sia quella
istituzionale che quella commerciale eventualmente esercitata.
  Considerata la finalita' della norma, che e' quella  di  realizzare
un  potenziamento  patrimoniale dell'ente non commerciale, si ritiene
che  la  medesima  e'  parimenti  rispettata   qualora   l'ente   non
commerciale  proceda  alla  cessione dei beni acquisiti gratuitamente
impiegando l'intero corrispettivo conseguito nell'acquisto  di  altri
beni  strumentali  da  utilizzare  nell'ambito dell'attivita' propria
dell'ente stesso.
7.1.2 Agevolazioni ai fini delle imposte sui redditi
  Ai sensi del comma  1  dell'art.  9  in  esame  nei  confronti  del
soggetto cedente il trasferimento a titolo gratuito di aziende o beni
non  da'  luogo,  ai  fini  delle imposte sui redditi, a realizzo o a
distribuzione di plusvalenze o minusvalenze, comprese quelle relative
alle rimanenze e compreso il valore di avviamento mentre  per  l'ente
non  commerciale  beneficiario  la  predetta acquisizione di beni non
costituisce presupposto per la tassazione  di  sopravvenienze  attive
nei suoi confronti.
7.1.3 Agevolazioni ai fini delle imposte indirette
  Il  trasferimento  a  titolo gratuito di aziende o beni a favore di
enti non commerciali e' esente  dalle  imposte  sulle  successioni  e
donazioni,   ipotecarie   e   catastali,  Invim  e  relativa  imposta
sostitutiva e non e' soggetto  all'imposta  sul  valore  aggiunto  ai
sensi dell'art. 2, terzo comma, lett. b), del D.P.R. n. 633 del 1972.
7.1.4 Trasferimento dell'unica azienda dell'imprenditore cedente
  Ai  sensi  dell'art. 9, comma 1, del decreto legislativo n. 460 del
1997 nel caso in  cui  il  trasferimento  abbia  ad  oggetto  l'unica
azienda dell'imprenditore cedente, questi ha obbligo di affrancare le
riserve o fondi di sospensione di imposta eventualmente costituiti in
precedenza  previo  pagamento  di un'imposta sostitutiva dell'IRPEF e
dell'IRPEG pari al 25 per cento.
  Al riguardo, si precisa che il codice tributo utilizzabile  per  il
versamento  dell'imposta  sostitutiva  e' il 1674 denominato "Imposta
sostitutiva  Irpef,  Irpeg,  Ilor,  Iva,  su  riserve  e   fondi   in
sospensione di imposta e su saldi attivi di rivalutazione".
  Il  periodo di riferimento da indicare sui modelli di versamento e'
l'anno per il quale si effettuano i versamenti.
  Relativamente alle modalita' di versamento si fa richiamo alla nota
del 24 febbraio 1998, prot. n. 1998/21572  della  Direzione  Centrale
per la Riscossione con la quale e' stato precisato quanto segue.
  Nel caso in cui il versamento dell'imposta sostitutiva in argomento
e'  dovuto  da  soggetti  non  titolari  di  partita IVA lo stesso va
effettuato ai concessionari del servizio della riscossione competenti
in  base  al  domicilio  fiscale  del  contribuente,  utilizzando  la
distinta  Mod.  8 ovvero il bollettino di conto corrente postale Mod.
11. Le persone fisiche e le societa' di persone possono effettuare il
versamento anche mediante delega alla banca, utilizzando  il  modello
di  delega  unica  di  cui  al decreto ministeriale 25 settembre 1995
(grafica colore azzurro). Nell'ipotesi in cui il medesimo  versamento
e' dovuto da soggetti titolari di partita IVA lo stesso va effettuato
ai concessionari per il servizio della riscossione competenti in base
al domicilio fiscale del contribuente, utilizzando rispettivamente la
distinta Mod. 22 o la delega di pagamento Mod. D, ovvero, nel caso di
pagamento  tramite  gli  uffici  postali,  il  bollettino  Mod. 31. I
pagamenti effettuati successivamente alla data di entrata  in  vigore
del  decreto  di attuazione delle disposizioni di cui all'art. 24 del
decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, saranno  eseguiti  secondo
le  modalita'  di  cui  al  decreto  stesso,  attualmente in corso di
perfezionamento.
  Per i saldi attivi di rivalutazione costituiti ai sensi della legge
29 dicembre 1990, n. 408 e della  legge  30  dicembre  1991,  n.  413
relative alle disposizioni tributarie in materia di rivalutazione dei
beni,  smobilizzo  di  riserve  e  di  fondi  e  per la rivalutazione
obbligatoria dei beni immobili delle imprese,  l'imposta  sostitutiva
delle imposte di cui sopra e' fissata nella misura del 10 per cento e
non  spetta il credito di imposta previsto dall'art. 4, comma 5 della
citata legge n. 408 del 1990 e dell'art. 26, comma 5  della  predetta
legge n. 413 del 1991.
  Anche  per detta imposta sostitutiva il codice tributo e' il 1674 e
per il versamento valgono le medesime modalita' sopra richiamate.
  L'ultima parte del comma 1 dell'art. 9 in commento  stabilisce  che
le  riserve  e  i  fondi  indicati  nelle lettere b) e c) del comma 7
dell'art. 105 del T.U.I.R. sono assoggettati ad  imposta  sostitutiva
della  maggiorazione di conguaglio con aliquota rispettivamente del 5
per cento e del 10 per cento. In proposito, si ritiene che  la  norma
possa  trovare applicazione nei confronti dei soggetti il cui periodo
d'imposta non coincide con l'anno  solare  per  i  quali  non  spiega
ancora  effetto l'art. 1, comma 1 del decreto legislativo 18 dicembre
1997,  n.  467,  concernente  disposizioni  in  materia  di   imposta
sostitutiva della maggiorazione di conguaglio e di credito di imposta
sugli  utili  societari;  resta inteso, invece, che per il periodo di
imposta  in  cui  si   applica   la   disciplina   dell'affrancamento
obbligatorio   delle  riserve  da  assoggettare  a  maggiorazione  di
conguaglio l'imposta sostitutiva sulle anzidette riserve sara' quella
determinata  con  le  percentuali   previste   dal   citato   decreto
legislativo  n.  467  del  1997  e  non  quella  determinata  con  le
percentuali previste dall'art. 9 del decreto legislativo n.  460  del
1997.
  Ai  fini  del versamento della predetta imposta, si fa presente che
il codice tributo, cosi' come precisato con la  citata  nota  del  24
febbraio  1998,  e' il 1675 denominato "Imposta sostitutiva sui fondi
in sospensione di imposta e soggetti a maggiorazione di  conguaglio".
Anche  in  questo  caso  sono  applicabili  le  medesime modalita' di
versamento gia' richiamate.
7.2 Esclusione dal patrimonio dell'impresa dell'ente non  commerciale
    degli immobili strumentali per destinazione
  L'art.  9,  comma  2,  del  decreto  legislativo  n.  460  del 1997
stabilisce che l'ente non commerciale che alla  data  del  1  gennaio
1998  utilizzi  beni immobili strumentali di cui al primo periodo del
comma 2 dell'articolo  40  del  T.U.I.R.  (immobili  strumentali  per
destinazione)   puo',   entro   il  30  settembre  1998,  optare  per
l'esclusione dei beni stessi dal patrimonio dell'impresa, con effetto
dall'anno 1998, mediante il  pagamento  di  una  somma  a  titolo  di
imposta  sostitutiva  dell'IRPEG e dell'IVA. L'imposta sostitutiva e'
dovuta  nella  misura  del  5  per  cento  del  valore  dell'immobile
determinato  con i criteri dell'articolo 52, comma 4, del testo unico
delle disposizioni concernenti l'imposta di registro,  approvato  con
decreto  Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, nel caso
in cui gli stessi provengano dal patrimonio personale e  del  10  per
cento nel caso di acquisto in regime di impresa.
  Ai  fini  dell'applicazione  delle  predette disposizioni, l'ultimo
periodo del comma 2  dell'art.  9  in  esame  prevede  che  per  bene
proveniente  dal  patrimonio  deve  ritenersi  il bene, di proprieta'
dell'ente  stesso   non   acquistato   nell'esercizio   dell'impresa,
indipendentemente  dall'anno  di  acquisizione e dal periodo di tempo
intercorso tra l'acquisto e l'utilizzazione nell'impresa.
  Ne consegue che sono  da  ritenere  immobili  non  provenienti  dal
patrimonio   dell'ente   quelli   acquistati   per   essere   adibiti
nell'attivita' di impresa quando tale circostanza  risulti  dall'atto
di   acquisto   ovvero  quelli  indicati  nelle  scritture  contabili
cronologiche (libro giornale o registro degli acquisti)  relative  al
periodo  d'imposta  nel quale l'acquisizione si e' verificata i quali
hanno avuto una incidenza nella gestione  dell'attivita'  commerciale
stessa  avendo,  ad esempio, consentito la detrazione dell'IVA pagata
all'acquisto o la deduzione di quote di ammortamento.
  Sulla base di quanto precede, deve ritenersi che gli  immobili  che
sono  transitati  dal  patrimonio  dell'ente a quello dell'impresa in
periodi di imposta successivi a quello di acquisizione  non  sono  da
considerarsi  acquistati  in regime di impresa, a nulla rilevando che
gli stessi siano indicati nell'inventario o  nel  registro  dei  beni
ammortizzabili e/o siano state portate in deduzione le relative quote
di  ammortamento  agli  effetti  della  determinazione del reddito di
impresa.
7.2.1 Condizione per avvalersi della opzione
  Possono  avvalersi  dell'opzione  in  esame  gli  enti   che,   con
riferimento  alla data in cui l'opzione viene esercitata continuano a
svolgere attivita' commerciali, con la conseguenza che tale  facolta'
resta  preclusa  nelle  ipotesi  in  cui detta attivita' sia venuta a
cessare. Si precisa  che  l'attivita'  di  impresa  e'  da  ritenersi
cessata  anche  nell'ipotesi di affitto o di concessione in usufrutto
dell'unica azienda, atteso che per  l'intera  durata  dell'affitto  o
della  concessione in usufrutto detta attivita' viene a mancare, come
si desume, agli effetti delle  imposte  sui  redditi,  dall'art.  81,
comma 1, lett. h), del T.U.I.R.
7.2.2 Determinazione del valore cui applicare le aliquote
  Ai  fini  della determinazione del valore cui applicare le aliquote
del 5 o del 10 per cento, secondo i  criteri  previsti  dal  comma  4
dell'art.  52  del  D.P.R.  n.  131  del 1986, richiamato dal comma 2
dell'art. 9 del decreto legislativo n. 460 del 1997,  va  assunta  la
rendita  catastale  attribuita  all'unita' immobiliare, determinata a
seguito  della  revisione  generale  disposta  con  il  decreto   del
Ministero  delle  finanze del 20 gennaio 1990 (in G.U. del 7 febbraio
1990, n. 31), moltiplicata per i coefficienti stabiliti  con  decreto
del  Ministro  delle  finanze  del  14  dicembre  1991. Per le unita'
immobiliari non ancora censite in catasto vanno  assunte  le  rendite
catastali attribuite alle unita' immobiliari similari gia' censite.
  Al  riguardo, si fa presente che il codice tributo stabilito per il
pagamento della  predetta  imposta  sostitutiva  e'  1676  denominato
"imposta  sostitutiva  Irpeg,  Ilor,  Iva - art. 9, comma 2, D.Lgs n.
460/97". Il  periodo  di  riferimento  da  indicare  sui  modelli  di
versamento  e'  l'anno  per  il  quale  si  effettuano  i versamenti.
Relativamente alle modalita' di versamento si richiamano le  relative
istruzioni   indicate  nella  nota  della  Direzione  Centrale  della
riscossione del 24 febbraio 1998 piu' volte citata.
7.2.3 Effetti del mancato esercizio dell'opzione
  Il  mancato  esercizio   dell'opzione   e/o   l'omesso   versamento
dell'imposta  sostitutiva  dovuta entro la data del 30 settembre 1998
comporta che gli immobili  strumentali  in  argomento  continuano  ad
essere  cosiderati  relativi  all'attivita'  di impresa dell'ente non
commerciale.
  Restano salve,  ai  fini  dei  controlli  della  regolarita'  delle
dichiarazioni  di  opzione  e  dei  relativi  versamenti dell'imposta
sostitutiva, le disposizioni contenute nel D.P.R. 29 settembre  1973,
n.  600  in  materia  di  accertamento  e  quelle di cui al D.P.R. 29
settembre 1973, n. 602 in materia di riscossione.
7.2.4 Modalita' di presentazione della dichiarazione di opzione
  Con istruzioni che verranno emanate con decreto del Ministro  delle
finanze,  in  corso  di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e' stato
stabilito che la  dichiarazione  di  opzione,  conforme  allo  schema
allegato  al  predetto  decreto ministeriale, va predisposta in carta
libera e spedita a mezzo raccomandata senza  avviso  di  ricevimento,
all'ufficio  delle Imposte Dirette ovvero, ove esistente, all'Ufficio
delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale  alla  data
di presentazione della dichiarazione stessa.
  Si  ricorda  che nella dichiarazione di opzione vanno riportati gli
estremi del versamento dell'imposta sostitutiva e alla  dichiarazione
stessa va allegata copia della distinta rilasciata dal concessionario
o,   se   il  versamento  e'  fatto  mediante  il  servizio  postale,
l'attestazione rilasciata dal competente ufficio.
  Gli Uffici in indirizzo sono pregati di dare la massima  diffusione
al contenuto della presente circolare.
                                        Il direttore generale: ROMANO