Alle   direzioni   regionali  delle
                                  entrate
                                  Agli uffici delle entrate
                                  Agli  uffici   distrettuali   delle
                                  imposte dirette
                                  Agli uffici dell'imposta sul valore
                                  aggiunto
                                  Ai centri di servizio delle imposte
                                  dirette ed indirette
                                  Agli uffici del registro
                                    e, per conoscenza:
                                  Al Gabinetto del Ministro
                                  All'ufficio del segretario generale
                                  Al    servizio    centrale    degli
                                  ispettori tributari
                                  Al servizio consultivo e  ispettivo
                                  tributario
                                  Alla   direzione   generale   degli
                                  affari generali e del personale
                                  Alle   direzioni    centrali    del
                                  dipartimento delle entrate
                                  Al Dipartimento delle dogane
                                  Al Dipartimento del territorio
                                  Al  Comando  generale della Guardia
                                  di finanza
                                  Alla Presidenza del  Consiglio  dei
                                  Ministri
                                  Ai Ministeri
                                  Al  Dipartimento  della  ragioneria
                                  generale dello Stato
                                  Agli uffici centrali  del  bilancio
                                  presso i Ministeri
                                  Alla Corte dei conti
                                  Alla Camera dei deputati
                                  Al Senato della Repubblica
                                  All'Istituto     nazionale    della
                                  previdenza sociale
1 PREMESSA
Come e' noto, il 31 dicembre 1998 verranno fissati irrevocabilmente i
tassi  di  conversione  in  euro  delle  monete  degli  Stati  membri
partecipanti  all'Unione  Europea  Monetaria (UEM) e, a partire dal 1
gennaio 1999, l'euro diventera',  di  diritto,  valuta  dei  predetti
Stati.
Nella  cosiddetta  fase "transitoria" - che riguarda il periodo dal 1
gennaio 1999 al 31 dicembre 2001 - l'euro avra' pieno  valore  legale
come  moneta  scritturale  (non  circolera'  come  moneta  cartacea e
metallica) e, insieme alla  lira,  avra'  corso  legale  nello  Stato
italiano.
Dal  1  gennaio 2002 l'euro sara' immesso in circolazione sotto forma
di banconote e monete metalliche,  mentre  la  lira  verra'  ritirata
dalla  circolazione e cessera' di avere corso legale al piu' tardi il
30 giugno 2002.
A  livello  comunitario  l'introduzione dell'euro e' disciplinata dal
Regolamento (CE) n. 1103/97 del 17 giugno 1997 e dal Regolamento (CE)
n. 974/98 del 3 maggio 1998.
Per quanto riguarda l'Italia, con il D. Lgs. 24 giugno 1998, n.   213
(Supplemento  ordinario  n.  116/L  alla  (G.U.  n. 157 dell'8 luglio
1998),   recante   "Disposizioni   per    l'introduzione    dell'EURO
nell'ordinamento  nazionale",  sono  state  emanate le relative norme
nazionali, in  attuazione  della  delega  contenuta  nella  legge  17
dicembre 1997, n. 433.
L'art.  1  di  detto  decreto  fornisce le definizioni dei principali
riferimenti  adoperati  nel  provvedimento  stesso,  dei   quali   si
segnalano i piu' significativi sotto il profilo fiscale:
- "strumenti giuridici": disposizioni normative, atti amministrativi,
decisioni   giudiziarie,   contratti,   atti  giuridici  unilaterali,
strumenti  di  pagamento  diversi  dalle  banconote  e  dalle  monete
metalliche  ed  altri strumenti aventi efficacia giuridica, di cui al
Regolamento (CE) n. 1103/97 del 17 giugno 1947;
- "tasso di conversione": il tasso di cambio irrevocabilmente fissato
tra l'euro e la moneta nazionale di uno Stato membro  partecipante  e
tra l'euro e l'ecu;
-   "valute   aderenti":  le  monete  nazionali  degli  Stati  membri
partecipanti, nonche' l'ecu;
- "periodo transitorio": il  periodo  di  tempo  compreso  tra  il  1
gennaio 1999 e il 31 dicembre 2001;
-  "documenti contabili obbligatori a rilevanza esterna": il bilancio
d'impresa, il bilancio consolidato, gli altri prospetti e  rendiconti
annuali  e  infra-annuali,  periodici  e  straordinari,  destinati al
pubblico;
- "moneta  di  conto":  la  moneta,  lira  o  euro,  che  risulta  in
prevalenza   utilizzata,  a  partire  da  un  dato  momento,  per  la
rilevazione delle operazioni di gestione;
- "elementi monetari": le disponibilita' di denaro,  le  attivita'  e
passivita'  iscritte  in  bilancio  e le restanti operazioni in corso
(dette anche "fuori bilancio")  che  comportano  o  comporteranno  il
diritto  ad  incassare  o l'obbligo a pagare a date future importi di
denaro determinati o determinabili;
- "attivita', passivita' e operazioni fuori bilancio":  gli  elementi
dell'attivo   e   del   passivo  del  bilancio  nonche'  le  garanzie
rilasciate, gli impegni a erogare o a ricevere fondi, i contratti  di
compravendita non ancora regolati e i contratti derivati.
Cio'  premesso,  al  fine di una uniforme applicazione delle suddette
disposizioni normative,  si  forniscono  di  seguito  chiarimenti  in
ordine alle conseguenti implica ioni di natura fiscale.
2 CONVERSIONE IN EURO DI IMPORTI ESPRESSI IN LIRE
Il  Regolamento (CE) n. 974198 stabilisce all'art. 2 che, a decorrere
dal 1  gennaio  1999,  la  moneta  degli  Stati  membri  partecipanti
(Belgio,  Germania,  Spagna,  Francia,  Irlanda, Italia, Lussemburgo,
Paesi Bassi, Austria, Portogallo e  Finlandia)  e'  l'euro.  L'unita'
monetaria e' un euro e l'euro e' diviso in cento centesimi.
Il  successivo  art.  3  dispone  che l'euro sostituisce, al tasso di
conversione irrevocabilmente fissato al 31 dicembre 1998,  la  moneta
di ciascuno Stato membro partecipante.
Inoltre, l'art. 6 del Regolamento in parola dispone, relativamente al
periodo   transitorio,   che  "ove  uno  strumento  giuridico  faccia
riferimento a un'unita' monetaria nazionale, tale riferimento  ha  il
medesimo valore di un riferimento all'unita' euro in base ai tassi di
conversione".
E'  appena  il  caso  di chiarire che tale principio si applica anche
agli importi in lire contenuti nel D. L.  30  agosto  1993,  n.  331,
convertito,  con  modificazioni,  dalla  L.  29 ottobre 1993, n. 427,
ancorche' gli stessi siano la risultante della conversione  dall'ecu,
atteso  che  derivano dalla Direttiva n. 91/680 del 16 dicembre 1991,
la quale fissava a tale data il tasso di conversione dell'ecu.
Il Regolamento (CE) n. 1103/97, a sua volta, stabilisce  all'articolo
5  le  regole  di  arrotondamento  che  occorre  seguire  nel caso di
conversioni in euro o nelle monete nazionali di importi  monetari  da
pagare o contabilizzare.
Tali  importi,  se  espressi  in  euro,  devono essere arrotondati al
centesimo (che come  sopra  detto  costituisce  l'unita'  divisionale
minima  della  moneta  in parola), per eccesso, se la frazione non e'
inferiore a 0,005 euro, e, per difetto, se la frazione e' inferiore a
tale ammontare.
In sostanza, in base all'enunciato criterio, si  avra',  ad  esempio,
che  un  importo di 10,254 euro va arrotondato a 10,25 euro mentre un
importo di 10,255 euro, o superiore, si arrotonda a 10,26 euro.
A  tale  proposito,  e'  opportuno  segnalare  che  il  nuovo  metodo
differisce  da  quello costantemente usato, ad esempio, in materia di
imposte  sui  redditi  e  di  IVA,   che   prevede,   al   contrario,
l'arrotondamento  per difetto degli importi che si pongono nel mezzo,
per cui lire 1.500 sono arrotondate a lire 1.000  mentre  lire  1.501
sono arrotondate a lire 2.000.
Occorre  tenere  anche  conto  di  quanto  stabilito  dall'art. 2 del
Regolamento  (CE)  n.  1103/97,  il  quale  prevede   che   qualunque
riferimento all'ecu contenuto in uno strumento giuridico, se fatto ai
sensi dell'art. 109 G del Trattato e secondo la definizione di cui al
Regolamento (CE) n. 3320/94, e' sostituito da un riferimento all'euro
al tasso di un euro per un ecu.
3 ADOZIONE DELL'EURO QUALE MONETA DI CONTO
L'art.  16,  comma  1, del D. Lgs. n. 213 del 1998, stabilisce che, a
decorrere dal 1  gennaio  1999,  le  imprese  hanno  la  facolta'  di
adottare l'euro come moneta di conto.
In  proposito  si  ricorda  che  la Relazione illustrativa del citato
decreto legislativo  precisa  che  per  "imprese"  devono  intendersi
quelle  definite  come  tali dalla legislazione fiscale. Pertanto, ai
fini che qui interessano, occorre fare  riferimento  all'art.  4  del
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e quindi anche alle imprese agricole.
Il  comma  2 dello stesso art. 16 prevede, inoltre, che quando l'euro
e' utilizzato come moneta di conto, i documenti contabili obbligatori
a rilevanza esterna, secondo la definizione  riportata  in  premessa,
riferiti ad una data compresa tra il 1  gennaio 1999 e il 31 dicembre
2001,  possono  essere  ad ogni effetto redatti e pubblicati in euro,
mentre quelli riferiti a date  successive  devono  essere  redatti  e
pubblicati in euro.
Attesa  la tassativita' dell'elencazione contenuta nell'art. 1, comma
1, lett. n),  del  decreto  in  discorso,  la  suddetta  regola  vale
soltanto relativamente ai documenti contabili obbligatori a rilevanza
esterna sopra indicati.
I successivi commi dell'art. 16 riguardano in particolare:
-  i documenti contabili obbligatori a rilevanza esterna delle banche
e delle societa' finanziarie, delle imprese di  assicurazione,  delle
societa'  emittenti  gli  strumenti  finanziari negoziati sui mercati
regolamentati italiani di cui all'art. 1, comma 2, lettere  a)  e  b)
del  D.  Lgs.  24  febbraio  1998,  n.  58  e  le  rispettive imprese
controllate, cosi' come definite  dalle  norme  che  disciplinano  il
bilancio consolidato (comma 3);
-  le  modalita'  di  redazione dei documenti contabili obbligatori a
rilevanza esterna (commi 4,5,6 e 7),
- le modifiche al codice civile e alle  leggi  speciali  al  fine  di
adeguare  talune  norme  relative al bilancio di esercizio e a quello
consolidato all'euro (comma 8).
Le regole poste nei commi  1,  2,4,5  e  6  del  citato  art.  16  si
applicano,  in quanto compatibili, ai sensi dell'art. 20 del medesimo
decreto, agli operatori economici diversi dalle imprese.
Con riguardo ai soggetti  configurabili  quali  "operatori  economici
diversi  dalle  imprese",  si precisa che in tale categoria rientrano
gli enti di cui alla lettera c), del comma 1, dell'art. 87 del  Testo
unico  delle  imposte  sui  redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre
1986, n. 917 (Tuir), ossia gli enti pubblici e privati, diversi dalle
societa', ivi comprese le ONLUS, che non hanno per oggetto  esclusivo
o  principale l'esercizio di attivita' commerciali o agricole, atteso
che anche tali soggetti possono essere tenuti per legge o per statuto
alla redazione di un bilancio ovvero di un rendiconto.
Sono inquadrabili tra gli operatori economici diversi  dalle  imprese
anche gli esercenti arti e professioni, nei cui confronti si rende di
fatto  applicabile  il  solo comma 1 dell'art. 16 del D.  Lgs. n. 213
del 1998.
4 ADEMPIMENTI CONTABILI
4.1 Generalita'
Al fine  della  applicazione  delle  disposizioni  normative  di  cui
all'art.  16  del  D.  Lgs.  n.  213  del  1998, si forniscono alcuni
chiarimenti  in  materia  di  fatturazione   delle   operazioni,   di
certificazione dei corrispettivi, di registrazione delle operazioni e
di  liquidazione  dell'imposta sul valore aggiunto nonche' in materia
di tenuta delle scritture contabili.
Va  preliminarmente  chiarito  che  gli  importi  da  indicare  nella
documentazione fiscale (fatture, scontrini, ecc.) e in contabilita' -
se espressi in euro, anche per conversione di valori in lire - devono
essere  arrotondati  al  centesimo piu' prossimo solo se si tratta di
autonomi importi da pagare o contabilizzare.
Quando non ricorre questa ipotesi, si e' in presenza  dei  cosiddetti
calcoli  intermedi  in ordine ai quali vi e', in linea di massima, la
liberta' di trattarli, anche elettronicamente, con un numero di cifre
decimali a piacere, salvo che ricorrano le residuali ipotesi previste
dagli articoli 3 e 4 del citato decreto.
4.2 Documenti contabili
4.2.1 Fatture e ricevute fiscali
Durante  il  periodo  transitorio  i  contribuenti  possono  emettere
liberamente  fatture  in lire o in euro (cosi' come possono emetterne
talune in  lire  e  talune  in  euro),  ovvero  riportare  la  doppia
indicazione,    prescindendo   dalla   moneta   utilizzata   per   la
contabilizzazione delle operazioni, atteso che la fattura non rientra
tra i documenti contabili obbligatori a  rilevanza  esterna  elencati
nell'art. 1, comma 1, lett. n), del D.Lgs. n. 213 del 1998.
Peraltro,  non  potendosi  considerare  ne'  la  lira ne' l'euro come
valuta estera, non sara' necessario prendere nota della valuta  (euro
o  lira)  in  cui  e'  stata  emessa  la fattura che viene convertita
nell'altra ai fini della registrazione.
Si precisa che, qualunque sia la valuta in cui si emette la  fattura,
tutti gli elementi in essa contenuti (quali l'imponibile, l'imposta e
il totale) devono essere espressi nella medesima valuta.
Allo  scopo  di  agevolare  i  contribuenti e' comunque consentita la
doppia indicazione in fattura dei dati, sia in lire che in euro.
Nella  conversione  in   euro   delle   fatture   emesse   in   lire,
l'arrotondamento  e' effettuato fino al centesimo di euro, ossia fino
a due cifre decimali e gli importi decimali  devono  essere  separati
dalle  unita'  mediante i simboli convenzionalmente in uso: in Italia
attualmente la virgola.
La conversione in euro  deve  interessare  gli  elementi  fiscalmente
rilevanti  (imponibile,  imposta,  ritenute,  ecc.)  contenuti  nella
fattura, negli ammontari in essa indicati, arrotondandoli secondo  il
criterio  sopra  enunciato  e sommando gli importi gia' convertiti in
euro al fine di ottenere il totale nella stessa valuta.  Quest'ultimo
puo' anche discostarsi dal totale espresso in lire, ma e' da ritenere
che la differenza potra' essere scarsamente rilevante.
Per cio' che concerne i calcoli intermedi - categoria  residuale  che
comprende  gli  importi  diversi  da  quelli  che vanno autonomamente
contabilizzati o pagati - occorre distinguere  se  gli  stessi  siano
contenuti  in  strumenti giuridici diversi dalle norme vigenti ovvero
se siano contenuti in norme vigenti.
Nel primo caso si applica l'articolo 3 del D. Lgs. n. 213  del  1998,
mentre, nel secondo caso, l'articolo 4 del medesimo decreto.
Relativamente  all'articolo 3 si precisa che lo stesso e' applicabile
se:
- un contratto esprime il prezzo unitario di un bene in lire;
- si tratta di importi non superiori alle migliaia di lire;
- occorre convertire tali importi in euro (perche',  ad  esempio,  il
fornitore vuole fatturare in questa valuta);
- manca un diverso accordo delle parti;
- non si tratta di autonomi importi da contabilizzare o da pagare.
In presenza delle condizioni sopra evidenziate l'articolo in rassegna
impone di utilizzare l'importo convertito in euro con almeno:
-  cinque  cifre decimali per gli importi originariamente espressi in
unita' di lire (da 1 a 9 lire);
- quattro cifre decimali per gli importi originariamente espressi  in
decine di lire (da 10 a 99 lire);
-  tre  cifre  decimali  per  gli importi originariamente espressi in
centinaia di lire (da 100 a 999 lire);
- due cifre decimali per  gli  importi  originariamente  espressi  in
migliaia di lire (da 1.000 a 9.999 lire).
Si  tratta,  come  si puo' notare, di fattispecie che presumibilmente
ricorreranno in un numero circoscritto di casi.
Per quanto riguarda gli importi in lire contenuti in  norme  vigenti,
l'articolo  4  si  occupa solo di talune fattispecie (tariffe, prezzi
amministrati o comunque imposti), sempreche'  non  si  tratti  di  un
autonomo  importo  monetario da pagare o contabilizzare e che occorra
convertirlo in euro, prevedendo l'obbligo  di  utilizzare  lo  stesso
numero di decimali di cui all'articolo 3.
All'infuori   dei  suddetti  casi  trovano  applicazione  i  principi
comunitari  secondo  i  quali  gli  importi  indicati  nella   valuta
nazionale si intendono espressi nel corrispondente valore in euro, in
base ai tassi di conversione.
In  ordine,  poi,  alla  conversione  in lire delle fatture emesse in
euro, si precisa che essa va effettuata con gli stessi  criteri  gia'
descritti,  con la conseguenza che dovranno essere convertiti in lire
l'imponibile e l'imposta indicati in euro nella fattura.
Nel caso in cui dalla conversione degli  importi  dall'euro  in  lire
risultino  dei  numeri  decimali,  gli importi medesimi devono essere
arrotondati ai sensi dell'art. 5 del  Regolamento  (CE)  n.  1103/97;
conseguentemente non risulta applicabile l'art. 21 del D.P.R. n.  633
del  1972 secondo cui, invece, nella fattura l'aliquota e l'ammontare
dell'imposta  vanno  espressi  con  arrotondamento  alla  lira  delle
frazioni inferiori.
I  criteri  e  le  modalita'  di  conversione in euro o in lire degli
importi  indicati  nella  diversa  valuta,  sin   qui   esposti   con
riferimento  alle  fatture,  sono  validi anche per l'emissione delle
ricevute fiscali e dei documenti di trasporto di cui all'art.  2  del
D.P.R.   21   dicembre   1996,  n.  696,  recanti  l'indicazione  dei
corrispettivi.
Per  quanto  riguarda,   infine,   la   conversione   delle   fatture
intracomunitarie,  si  rammenta  che  l'art. 43, comma 3, del D.L. n.
331 del  1993  prevede,  ai  fini  della  determinazione  della  base
imponibile   relativa   agli   acquisti   intracomunitari,   che   "i
corrispettivi, le spese e gli oneri di cui all'art.  13  del  decreto
del  Presidente  della  Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in valuta
estera sono computati secondo il cambio del giorno, se indicato nella
fattura, di effettuazione dell'operazione  o,  in  mancanza  di  tale
indicazione, della data della fattura".
Ferma  restando  tale  procedura,  si  evidenzia che, a partire dal 1
gennaio 1999, nell'ipotesi di fatture espresse in  una  delle  valute
aderenti, gli acquirenti nazionali devono preliminarmente convertire,
ai  sensi  dell'art.  4,  comma  4,  del  citato  Regolamento (CE) n.
1103/97, tali importi in euro, con arrotondamento  almeno  fino  alla
terza   cifra   decimale  e,  successivamente,  convertire  l'importo
ottenuto in moneta nazionale. Non possono  essere  utilizzati  metodi
alternativi di calcolo, salvo se producano gli stessi risultati.
Si propongono i seguenti esempi:
1)   operatore   francese   emette   fattura   in  franchi  francesi:
l'acquirente nazionale provvede a convertire i  franchi  in  euro  e,
successivamente,    l'importo    ottenuto   in   lire.   Quest'ultima
conversione, da effettuarsi anche nell'ipotesi in cui il  cessionario
abbia  scelto  di  tenere  una  contabilita'  espressa  in  euro,  e'
necessaria per la compilazione della colonna 5 del mod.  INTRA-2 bis,
concernente il riepilogo degli acquisti intracomunitari di beni;
2) operatore francese emette fattura in euro: l'acquirente  nazionale
provvede a convertire l'importo espresso in euro sia in lire italiane
sia in franchi francesi. La doppia conversione si rende necessaria al
fine  della  compilazione delle colonne 4 e 5 del citato mod. INTRA-2
bis;
3)   operatore  francese  emette  fattura  in  dollari  statunitensi:
l'acquirente nazionale provvede a convertire i  dollari  in  euro  e,
successivamente,  l'importo  ottenuto  sia  in  lire  italiane sia in
franchi francesi, ai fini anche della compilazione delle colonne 4  e
5  del  citato  mod.  INTRA-2  bis.  In  tale ipotesi, la conversione
dollari-euro va effettuata con riferimento alla data di effettuazione
dell'operazione, se indicata in  fattura,  o,  in  mancanza  di  tale
indicazione,  con riferimento alla data della fattura stessa, secondo
quanto stabilito dall'art. 43  del  D.L.  n.    331  del  1993  (Cfr.
Circolare  n.  13  del  23  febbraio  1994,  parte B, paragrafo 5.1),
utilizzando il tasso di cambio giornalmente comunicato  dagli  organi
competenti,  con  l'avvertenza  che,  in  assenza di detto cambio, va
fatto riferimento a quello del giorno antecedente piu' prossimo;
4) operatore della Gran Bretagna (Stato  membro  dell'Unione  Europea
non  partecipante  all'euro)  emette  fattura  in  sterline  inglesi:
l'acquirente nazionale provvede a convertire  le  sterline  in  euro,
secondo  il  tasso  di  cambio  giornalmente  comunicato dagli organi
competenti e, successivamente, l'importo ottenuto in lire.
E' appena  il  caso  di  precisare  che,  anche  durante  il  periodo
transitorio,   la   procedura   di   registrazione   degli   acquisti
intracomunitari di cui all'art. 47 del D.L. n.  331  del  1993  resta
invariata,  con  i dovuti aggiustamenti connessi alla possibilita' di
annotare indifferentemente, come sopra detto, sia importi in euro che
importi in lire.
Si fa presente, infine, che per le cessioni intracomunitarie, qualora
sia emessa  fattura  in  euro,  si  rende  necessario  in  ogni  caso
procedere  alla conversione in lire dell'ammontare dell'operazione ai
fini della compilazione della colonna 4 del mod.  INTRA-1 bis,  ferma
restando, ovviamente, la possibilita' di registrarla in euro.
Con  riguardo  alle  procedure  di  annotazione  nei  modelli  Intra,
evidenziate nei punti che precedono, si precisa che le stesse valgono
nella  prima  fase  dell'introduzione  dell'euro,   salvo   ulteriori
indicazioni  che  verranno  fornite  a  seguito di un coordinamento a
livello comunitario.
4.2.2 Scontrini fiscali
Si precisa, in linea generale, che nel periodo transitorio non vi  e'
l'obbligo   di  modificare  l'attuale  funzionamento  in  lire  degli
apparecchi misuratori fiscali,  ferma  restando  la  possibilita'  di
indicare gli importi anche in euro o solo in euro.
Per  quanto  concerne l'organizzazione e il contenuto dello scontrino
fiscale si ritengono ammissibili le seguenti soluzioni alternative.
1. Esposizione nello scontrino fiscale delle singole  transazioni  in
lire;  indicazione  dell'importo totale in lire (associato al simbolo
"L." o alla scritta "LIRE" o "lire" o "Lit.")  e  del  corrispondente
importo  totale  in  euro  (associato al simbolo "*EURO*", alla sigla
"EUR" o "Eur"  o  alla  scritta  "euro"  o  "EURO"),  ottenuto  dalla
conversione  dell'importo  totale in lire ed espresso con non piu' di
due cifre decimali, qualora si tratti di autonomi importi da pagare o
contabilizzare; i suddetti due totali possono essere indicati su  una
sola  riga  o  su  due  righe;  e'  facoltativa  l'esplicitazione del
rapporto di conversione (ad esempio 1 euro pari a ........ lire).
2. Emissione dello scontrino fiscale in lire ed emissione consecutiva
di un'appendice recante in testa e in coda la scritta  "appendice  in
euro",  attivabile  dall'operatore  con l'apposito tasto solo dopo la
chiusura di uno scontrino fiscale. Il secondo documento,  se  emesso,
deve  contenere  tutti  i  dati  riportati  nello  scontrino fiscale,
esclusi il numero progressivo e il logotipo fiscale,  e  deve  essere
rilasciato  al  cliente, costituendo sostanzialmente la copia in euro
dello scontrino fiscale vero e  proprio,  senza  che  abbia  peraltro
alcuna autonoma rilevanza fiscale.
Lo scontrino fiscale e' emesso con l'indicazione delle singole voci e
dell'importo  totale  in  lire; e' facoltativo l'utilizzo del simbolo
"L." o "Lit." nell'indicazione del totale. Il secondo documento  deve
indicare  le singole voci espresse in euro, con non piu' di due cifre
decimali,  qualora  si  tratti  di  autonomi  importi  da  pagare   o
contabilizzare; in testa alla colonna degli importi delle transazioni
deve  essere  indicato il simbolo "*EURO*" o la sigla "EUR" o "Eur" o
la parola per esteso "euro" o "EURO"; l'importo  totale  deve  essere
preceduto  dal  simbolo  "*EURO*" o dalla sigla "EUR" o "Eur" o dalla
parola "euro" o "EURO" e deve essere ottenuto dalla somma dei singoli
addendi gia' convertiti in moneta europea.
3. Emissione di uno scontrino con esplicita indicazione della  moneta
utilizzata per ogni singolo importo. Sono autorizzate le seguenti due
possibilita' alternative di organizzazione dello scontrino fiscale:
3.1   Esposizione  delle  transazioni  per  colonne  affiancate,  una
dedicata agli importi in lire e  l'altra  agli  importi  espressi  in
euro,  questi  ultimi  importi  ottenuti  mediante  conversione,  con
indicazione in testa ad ogni colonna del simbolo della valuta o della
sigla o della corrispondente parola per esteso,  nel  rispetto  delle
regole  nazionali  e  comunitarie  (*EURO*, EUR, Eur, EURO, euro, L.,
Lit., Lire). Il totale dei valori in euro e' la somma  delle  singole
voci.  Ogni  voce e il totale sono espressi con non piu' di due cifre
decimali,  qualora  si  tratti  di  autonomi  importi  da  pagare   o
contabilizzare;
3.2   Esposizione  delle  singole  transazioni  su  righe  diverse  e
successive, indicando su una i valori espressi in lire  e  sull'altra
quelli  espressi in euro, con non piu' di due cifre decimali, qualora
si tratti di autonomi importi da  pagare  o  contabilizzare,  facendo
precedere ogni voce dall'esplicita relativa indicazione del simbolo o
della  sigla  o  della  parola  per  esteso;  il  valore in euro deve
risultare dalla conversione del  corrispondente  valore  espresso  in
lire. L'importo totale in euro deve risultare dalla somma dei singoli
importi  parziali  in  euro. E' possibile allineare l'importo in euro
sulla sinistra dello scontrino adottando solo per  esso  il  relativo
simbolo, sigla o parola per esteso.
4.  Emissione  di  uno scontrino fiscale con valori espressi in lire,
che reca in appendice, senza soluzione di continuita', uno spazio nel
quale evidenziare soltanto gli importi delle transazioni e del totale
espressi in euro. Tali indicazioni devono essere collocati almeno tre
righe dopo il  logotipo  fiscale  ed  il  numero  di  matricola,  con
l'apposizione  in  testa  e  in  coda  all'indicazione medesima della
scritta  "appendice  in  euro".  La  funzione  puo'  essere  attivata
dall'operatore con apposito comando della tastiera.
Nel  caso  di  emissione  dello scontrino fiscale con valori espressi
solo in euro, si applicano in modo speculare le stesse  soluzioni  di
cui ai punti precedenti.
Le conversioni da un'unita' monetaria all'altra debbono rispettare in
ogni caso le regole comunitarie al riguardo, facendo riferimento, per
quanto riguarda il simbolo, l'abbreviazione ed il nome sia della lira
che dell'euro, a quanto indicato nel precedente punto 3.1.
Relativamente  allo scontrino di chiusura giornaliera, si precisa che
la  struttura  dello  stesso  deve  rimanere  invariata  nel  periodo
transitorio,  ferma restando la possibilita' di esprimere gli importi
solo in lire, solo in euro, ovvero in entrambe le valute.
In particolare si precisa che nel caso in cui nel periodo transitorio
sia attivata la funzione di emissione di  scontrini  fiscali,  alcuni
espressi  in  lire  ed  altri  in  euro,  nello scontrino di chiusura
giornaliera dovranno essere indicati separatamente in lire ed in euro
gli importi prescritti dall'art. 12 del D.M. 23 marzo 1983.
Per quanto attiene alle  specifiche  tecniche  e  alle  modalita'  di
adeguamento  degli  apparecchi misuratori fiscali, si rinvia a quanto
contenuto nell'appendice 1 alla presente circolare.
4.3 Tenuta della contabilita' fiscale
Nel periodo transitorio i contribuenti, indipendentemente dal  regime
contabile  adottato  (contabilita'  ordinaria,  semplificata,  ecc.),
hanno la facolta' di effettuare le annotazioni delle operazioni nelle
scritture contabili obbligatorie, in lire o in euro.
Si precisa che nel suddetto periodo transitorio la scelta tra l'una o
l'altra  valuta  puo'  essere  effettuata  senza  alcuna  formalita',
essendo  rilevante,  al  riguardo,  il  comportamento concludente del
contribuente e puo' aver  luogo  in  qualsiasi  momento  del  periodo
d'imposta,  senza  che cio' comporti necessariamente l'attivazione di
nuovi registri contabili, fermo restando l'obbligo di effettuare  gli
opportuni adattamenti.
Qualora il contribuente intenda tenere la contabilita' in entrambe le
valute,  l'annotazione nel registro di cui all'art. 23 del D.P.R.  n.
633 del 1972, fermo restando che l'operazione deve essere  registrata
una  sola  volta, sara' effettuata in relazione alla valuta prescelta
nell'emissione della  fattura.  In  particolare,  saranno  utilizzate
soltanto  le colonne denominate in lire per le fatture emesse in tale
valuta  e  quelle  denominate  in  euro  per  le  fatture  emesse  in
quest'ultima valuta.
Analogamente,  i  soggetti  di  cui all'art. 22 del D.P.R. n. 633 del
1972,  che  esercitano  il  commercio  al  minuto  e   le   attivita'
assimilate,   possono   annotare  i  corrispettivi  delle  operazioni
effettuate in ciascun giorno, nonche' le  eventuali  fatture  emesse,
nel  registro  di  cui  all'art. 24 del medesimo decreto in lire o in
euro.
Si precisa che per le fatture di acquisto,  da  registrare  ai  sensi
dell'art.  25  del  D.P.R.  n.  633 del 1972, si applicano gli stessi
criteri sopra illustrati con riferimento alle fatture emesse.
Pertanto, nel caso in cui un soggetto riceva una fattura in una delle
valute aderenti ovvero in valute diverse, lo stesso puo'  registrarla
in euro o in lire.
In  ordine alla registrazione di fatture espresse in una delle valute
aderenti, si rammenta  che,  ai  sensi  dell'art.  4,  comma  4,  del
Regolamento  (CE)  n.  1103/97, gli importi monetari da convertire in
lire debbono essere prima convertiti in  euro  e  arrotondati  almeno
fino alla terza cifra decimale.
Resta  ferma,  naturalmente, la possibilita' di avvalersi, per motivi
di organizzazione aziendale, di registri sezionali in cui annotare le
operazioni in lire o in euro, da tenere ai  sensi  dell'art.  39  del
D.P.R. n. 633 del 1972.
4.4   Documenti   contabili   obbligatori  aventi  rilevanza  esterna
(bilanci, prospetti e rendiconti)
Come gia' precisato, l'art. 16 del D. Lgs. n. 213 del 1998 stabilisce
che, a partire dalla redazione e pubblicazione  del  primo  documento
contabile obbligatorio a rilevanza esterna in euro, tutti i documenti
della  medesima  natura,  riferiti a quella data e a date successive,
sono redatti in euro salvo che ricorrano particolari ragioni.
In assenza  di  specifiche  previsioni  che  impongano  l'obbligo  di
adottare   la   contabilita'   in   euro  dopo  la  redazione  (e  la
pubblicazione per i soggetti tenuti a  tale  adempimento)  del  primo
documento  contabile  obbligatorio  a  rilevanza  esterna, le imprese
medesime, durante il periodo transitorio, mantengono la  facolta'  di
annotare le operazioni sia in lire che in euro.
4.5   Problematiche   relative   all'IVA   di   gruppo  connesse  con
l'introduzione dell'euro
Come gia' detto, durante il periodo  transitorio  le  imprese  e  gli
altri  operatori  economici  possono  adottare  l'euro come moneta di
conto, oppure continuare a tenere le proprie scritture contabili  con
l'indicazione degli importi in lire.
Questo  principio  e'  valido  anche  per  gli  enti  e  le  societa'
controllanti e controllate che fruiscono della facolta' di compensare
l'imposta sul valore aggiunto in capo al  soggetto  controllante,  ai
sensi  dell'art.  73  del D.P.R. n. 633 del 1972 e delle disposizioni
recate dal D.M. 13 dicembre  1979.  Al  riguardo  si  evidenzia  che,
all'interno  di un gruppo, e' consentito sia al soggetto controllante
che a  ciascun  soggetto  controllato  di  scegliere  liberamente  la
propria  unita' di conto, senza essere giuridicamente vincolato dalla
scelta effettuata dagli altri soggetti del gruppo.
Ne consegue che nel caso in cui all'interno di un gruppo non  vi  sia
omogeneita'   nella   scelta   dell'unita'   di  conto,  in  sede  di
liquidazione dell'imposta, al fine di effettuare la compensazione tra
debiti e crediti all'interno del gruppo,  per  calcolare  l'eventuale
versamento  o  l'eventuale  credito  d'imposta,  la  societa'  o ente
controllante  deve  convertire  nell'unita'  di  conto  dallo  stesso
adottata   (lira   o   euro)   tutti  gli  importi  risultanti  dalle
liquidazioni dei singoli enti o societa' che compongono il gruppo.
Si fa presente, inoltre, che, se un  gruppo  fruisce  della  facolta'
prevista  dalla normativa sopramenzionata, nell'ipotesi in cui al suo
interno non vi sia  omogeneita'  di  unita'  di  conto,  il  soggetto
controllante  (cosiddetto capogruppo) deve presentare all'Ufficio del
proprio domicilio fiscale la propria dichiarazione e i due  prospetti
riguardanti,  il primo, le liquidazioni periodiche, i versamenti e la
determinazione dell'IVA del gruppo (modello IVA 26 PR), e il secondo,
le liquidazioni periodiche proprie e quelle dei soggetti  controllati
(modello IVA 26 LP), con le indicazioni dei dati espressi nell'unita'
di  conto  prescelta dal controllante (lira o euro), anche se diversa
da quella adottata dai soggetti controllati.
Ovviamente, i  soggetti  controllati  devono  presentare  la  propria
dichiarazione nell'unita' di conto prescelta.
5 CONVERSIONE DEL CAPITALE SOCIALE IN EURO
L'art.  17,  comma  1,  del  D.  Lgs  n.  213  del 1998 disciplina le
operazioni di conversione in euro del capitale  sociale  espresso  in
lire  mediante  l'applicazione  del  tasso  di  conversione al valore
nominale delle azioni, arrotondando il risultato cui si  perviene  ai
centesimi   di   euro,  secondo  quanto  stabilito  dall'art.  5  del
Regolamento (CE) n. 1103/97.
Il successivo comma 2 stabilisce che, qualora l'arrotondamento di cui
sopra venga effettuato per eccesso, l'aumento del capitale sociale  e
il  corrispondente  aumento  del  valore  nominale  delle azioni deve
avvenire mediante l'utilizzo di riserve, ivi compresa  quella  legale
se necessaria, e dei fondi speciali iscritti in bilancio.
Inoltre,  il  comma  4  dello  stesso  articolo  17  precisa  che, se
l'arrotondamento avviene  per  difetto,  la  riduzione  del  capitale
sociale cui corrisponde la riduzione del valore nominale delle azioni
e' effettuata mediante accredito della riserva legale.
In  proposito,  si  evidenzia  che,  in  caso  di  arrotondamento per
eccesso, qualora non sussistano riserve o queste siano insufficienti,
e' consentito, ai sensi del comma 3  del  ripetuto  articolo  17,  di
troncare  ai centesimi di euro la conversione prevista al comma 1 del
medesimo articolo e, conseguentemente, si applicano  le  disposizioni
previste  dal successivo comma 4 relativamente all'arrotondamento per
difetto.
Infine, ai sensi del comma 10 del medesimo art. 17 del D.  Lgs.    n.
213  del  1997,  le  predette  disposizioni  si  applicano, in quanto
compatibili, anche alle societa' a responsabilita'  limitata  e  alle
societa' cooperative.
5.1 Arrotondamento per eccesso
Nel  caso  in cui l'aumento del capitale sociale e del corrispondente
valore nominale delle azioni dovuto  all'arrotondamento  per  eccesso
sia  effettuato  mediante  l'utilizzo di riserve o dei fondi speciali
iscritti in bilancio, si precisa che tale aumento gratuito del valore
nominale delle azioni o quote gia' emesse non costituisce utile per i
soci, ai sensi dell'art.  44, comma 2, primo periodo, del Tuir.
Tuttavia, qualora l'aumento avvenga mediante passaggio a capitale  di
riserve  o  fondi  diversi  da  quelli costituiti con sovrapprezzi di
emissione azioni e quote, con interessi  di  conguaglio  versati  dai
sottoscrittori di nuove azioni o quote, con versamenti fatti dai soci
a  fondo  perduto  o  in  conto capitale e con saldi di rivalutazione
monetaria esenti da imposta,  l'eventuale  successiva  riduzione  del
capitale,  per  la  parte  corrispondente  all'anzidetto passaggio di
riserve, e' considerata distribuzione di utili, ai sensi del  secondo
periodo,   del  citato  art.  44,  comma  2,  del  Tuir.    Peraltro,
l'eventuale  successiva  riduzione  del  capitale   si   imputa   con
precedenza  alla parte dell'aumento complessivo di capitale derivante
da passaggi a capitale di riserve e fondi  diversi  da  quelli  sopra
citati  (Cfr.  ultima  parte  del citato secondo periodo del comma 2,
dell'art. 44, del Tuir).
5.2 Arrotondamento per difetto
Nel caso di arrotondamento per difetto  e  quindi  di  riduzione  del
capitale  sociale  cui corrisponde la diminuzione del valore nominale
delle azioni o quote, l'accredito della riserva  legale  dell'importo
pari  a detta riduzione non assume rilievo fiscale trattandosi di una
operazione permutativa tra voci del patrimonio netto. Qualora  pero',
successivamente,  si  proceda  alla  riduzione  della  riserva legale
mediante  distribuzione della stessa, si applicano le disposizioni in
materia di tassazione di dividendi di cui agli articoli 41 e seguenti
del Tuir, con la precisazione che l'ammontare di detta  riduzione  va
proporzionalmente   attribuito   in   parte   all'importo   derivante
dall'arrotondamento per difetto (in quanto tale non tassabile)  e  in
parte  all'importo  della riserva legale prima che venisse effettuato
l'accredito che, invece, da' luogo a tassazione.
6 TRATTAMENTO DELLE DIFFERENZE DI CAMBIO
6.1 Imprese industriali, mercantili e di servizi
L'art. 18 del D. Lgs. n. 213 del 1998 disciplina il trattamento delle
differenze di cambio derivanti  dalla  conversione  nella  moneta  di
conto   dei  soli  elementi  monetari  espressi  in  valute  aderenti
esistenti alla data  del  31  dicembre  1998,  ovvero,  nel  caso  di
esercizio  non  coincidente con l'anno solare, esistenti alla data di
chiusura dell'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 1998.
Le differenze positive e/o negative  di  cambio  che  derivano  dalla
conversione  sopra  indicata, in qualunque tempo maturate, concorrono
alla determinazione del  reddito  dell'esercizio  secondo  i  criteri
previsti nel medesimo articolo 18.
Le  differenze  di  cambio  di  cui  sopra sono esclusivamente quelle
relative agli "elementi monetari" denominati nelle valute aderenti  o
comunque  variabili  in  funzione  dell'andamento dei tassi di cambio
delle  predette  valute;  relativamente  alla  nozione  di   elementi
monetari si rinvia a quanto precisato in premessa.
Ai  sensi del comma 2 della norma in commento, tali elementi monetari
denominati nelle valute aderenti andranno tradotti  nella  moneta  di
conto  adottata,  applicando  i tassi di conversione irrevocabili nel
rispetto degli articoli 4 e 5 del Regolamento (CE) n. 1103/97.
In particolare, il comma 4 del citato art. 4 del Regolamento (CE)  n.
1103/97  stabilisce, come gia' precisato, che gli importi monetari da
convertire da una unita' monetaria nazionale in un'altra devono prima
essere  convertiti  in  un  importo  monetario  espresso   in   euro,
arrotondato    almeno    fino   alla   terza   cifra   decimale,   e,
successivamente, L'importo cosi' ottenuto  va  convertito  nell'altra
unita'  monetaria  nazionale.  Non  possono  essere utilizzati metodi
alternativi di calcolo, salvo che  producano  gli  stessi  risultati.
Per  tale  ulteriore  conversione,  l'art. 5 dello stesso Regolamento
(CE)  n.  1103/97,  trattandosi  di  importi  monetari  da  pagare  o
contabilizzare,  prevede  l'arrotondamento  per eccesso o per difetto
all'unita'  divisionale  piu'  vicina  o  suoi  multipli  o  frazioni
(secondo le pratiche nazionali).
La  conversione  di  cui  sopra  esplica  effetti anche ai fini della
determinazione del reddito d'impresa.
I commi 3, 4, 5 e 6 dell'art. 18, in commento,  nel  disciplinare  il
trattamento  delle differenze di cambio che emergono dalla traduzione
degli elementi monetari, consentono di operare una scelta tra diversi
criteri di imputazione di dette differenze al conto economico.
In proposito va precisato che la scelta di uno del  predetti  criteri
di  imputazione a conto economico comporta che essa venga applicata a
tutte le differenze negative e/o  positive,  non  essendo  consentita
"...  una  ripartizione  cronologicamente  diversa  delle  differenze
negative e di quelle positive" (Cfr.  commento  all'art.    18  della
Relazione illustrativa del D. Lgs. n. 213 del 1998).
Inoltre,  tenuto  conto  che,  ai  sensi del comma 7 dell'articolo in
esame, le differenze di cambio (positive  e/o  negative)  "concorrono
alla  determinazione del reddito d'impresa nell'esercizio in cui sono
iscritte nel conto economico", ne deriva che  la  scelta  operata  in
sede  di  redazione  del  bilancio  spiega  efficacia  anche  ai fini
tributari.
E' appena il caso di precisare che tali principi trovano applicazione
tanto per le imprese che hanno  contabilizzato  i  suddetti  elementi
monetari  ai cambi determinati con i criteri di cui all'art. 9, comma
2, del Tuir, attivando il fondo di cui all'art. 72 del medesimo Tuir,
quanto per quelle che hanno adottato per tali elementi la valutazione
al cambio di chiusura  dell'esercizio,  ai  sensi  dell'art.  76  del
citato Tuir.
6.1.1  Metodo  di imputazione "integrale e immediata" (art. 18, comma
3)
Il comma 3 dell'art. 18 del D. Lgs. n. 213 del 1998  dispone  che  le
differenze  di  cambio,  in  qualunque  tempo  maturate,  rilevate in
applicazione della conversione nella moneta di conto  degli  elementi
monetari  espressi  in  valute  aderenti,  sono  imputate per il loro
intero ammontare nel conto economico dell'esercizio chiuso o in corso
alla data del 31 dicembre 1998.
6.1.2 Metodo di imputazione "pro-rata" (art. 18, comma 5)
L'art.  18,  comma  5,  del  D.  Lgs.  n.  213 del 1998, consente, in
alternativa al metodo di cui al precedente punto 6.1.1, di  ripartire
le  differenze  di  cambio  positive e/o negative, in qualunque tempo
maturate,  in  funzione  della  durata  residua  e   della   prevista
evoluzione del capitale dell'elemento monetario che le ha generate.
Tale  criterio comporta, quindi, che la ripartizione delle differenze
positive e/o negative avvenga tenendo presente sia la variabile tempo
sia la prevedibile evoluzione del capitale da pagare o da incassare.
Ciascuna  differenza  di  cambio  sara'  quindi  imputata  ai   conti
economici  degli  esercizi  cui  si  estende  la durata dell'elemento
monetario che l'ha generata,  avendo  riguardo  anche  alla  prevista
evoluzione del capitale dell'elemento considerato.
Di  conseguenza,  se,  ad  esempio,  si e' in presenza di un elemento
monetario  scadente  in   un'unica   soluzione,   si   terra'   conto
esclusivamente della sua durata residua (essendo costante il capitale
fino alla scadenza); diversamente, qualora l'elemento monetario venga
pagato  o  incassato  periodicamente  prima  della sua estinzione, si
terra' conto anche della prevedibile evoluzione del capitale.
Il secondo periodo del comma 5 dell'art. 18 precisa, comunque, che se
l'elemento monetario viene incassato, pagato o ceduto, la  differenza
cambio  residua  deve essere imputata nel conto economico relativo al
periodo nel quale e' avvenuto l'incasso, il pagamento o  la  cessione
dell'elemento monetario stesso.
6.1.3 Metodo di imputazione "forfettaria" (art. 18, comma 6)
Il  comma  6  dell'art. 18 consente, in alternativa a quanto previsto
nei precedenti punti 6.1.1 e 6.1.2, di ripartire le differenze cambio
positive e/o negative, in qualunque tempo maturate, in quote costanti
nell'esercizio chiuso o in corso alla data del 31 dicembre 1998 e nei
tre successivi (metodo forfettario).
Si precisa che tale metodo prescinde dalla durata e dalla prevedibile
evoluzione degli elementi monetari che hanno generato  le  differenze
cambio,  nonche'  dalla  vicenda  dei relativi incassi o pagamenti, o
cessioni.
6.1.4 Utilizzo del fondo rischi su cambi ex art. 72 del Tuir
Con riguardo all'utilizzo del fondo rischi su cambi di  cui  all'art.
72  del  Tuir,  eventualmente  esistente in bilancio, l'art.   18 non
detta alcuna disciplina, limitandosi  a  regolamentare  l'imputazione
nel conto economico delle sole "differenze cambio euro".
Pertanto,  le regole di funzionamento del fondo dettate dall'art.  72
del  Tuir  continuano  ad  applicarsi  con  riferimento   alle   sole
differenze  di  cambio derivanti da valute non aderenti all'euro.  In
concreto, l'eventuale fondo preesistente potra'  essere  mantenuto  o
variato,  nel  suo  ammontare, in funzione della disciplina contenuta
nel citato art. 72, che dovra' applicarsi con riferimento  alle  sole
differenze di cambio generate da valute non aderenti.
E'  appena  il  caso  di  precisare  che,  a  tal fine, non rileva la
circostanza  che  il  fondo  sia  stato  eventualmente  a  suo  tempo
"generato" da valute aderenti e/o non aderenti.
6.1.5  Rilevanza  delle differenze positive e/o negative di cambio ai
fini delle imposte sui redditi e dell'Irap.
Relativamente alla contabilizzazione delle differenze di  cambio  nel
conto   economico,   si   fa   presente   che   le  stesse  producono
necessariamente  una  corrispondente  variazione  del  risultato   di
esercizio, essendo previsto, ai sensi del comma 8 dell'art. 18 del D.
Lgs. n. 213 del 1998, che l'iscrizione nello stato patrimoniale delle
differenze  di  cambio  oggetto di imputazione ai successivi esercizi
avviene direttamente.
Tali componenti positivi e/o negativi, in base ai Principi  Contabili
elaborati  dal  Consiglio  Nazionale dei Dottori Commercialisti e dei
Ragionieri e Periti Commerciali, sono di  natura  finanziaria,  vanno
iscritti   nelle   voci   dell'aggregato  C  del  conto  economico  e
concorrono, pertanto, alla formazione del reddito d'impresa  ai  fini
dell'Irpeg   e   dell'Irpef   nell'esercizio   in   cui   avviene  la
contabilizzazione medesima, mentre  non  concorrono  alla  formazione
della  base  imponibile  Irap, in virtu' della mancata indicazione di
detti componenti nelle voci espressamente indicate dall'art. 5 del D.
Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.
A tal proposito,  si  precisa  che  anche  la  sopravvenienza  attiva
costituita  dall'imputazione  al  conto economico del fondo rischi su
cambi, di cui all'articolo 72 del Tuir, nell'ipotesi in cui lo stesso
risulti "eccedente", non rileva  per  la  determinazione  della  base
imponibile  ai  fini  Irap, trattandosi di una componente positiva di
natura finanziaria.
6.2 Banche e societa' finanziarie
6.2.1 Ambito soggettivo
L'articolo 21 del D. Lgs. n. 213 del 1998 disciplina le differenze di
cambio  rilevabili  nei  bilanci  delle  banche  e   delle   societa'
finanziarie.
In  particolare il comma 1 del predetto articolo 21 stabilisce che le
disposizioni ivi previste si applicano ai bilanci d'impresa redatti a
partire da quello relativo all'esercizio chiuso  o  in  corso  al  31
dicembre 1998.
Ai  sensi del comma 1, lettere k) ed 1), dell'art. 1, del predetto D.
Lgs. n. 213 del 1998, sono definite "banca" e "societa'  finanziaria"
rispettivamente  l'impresa  indicata  nell'art. 1, comma 1, lett. b),
del D. Lgs.  1  settembre  1993,  n.  385,  e  la  societa'  indicata
nell'art.  59,  comma  1,  lett. b), dello stesso D. Lgs. n.  385 del
1993, che redige il bilancio ai sensi del D. Lgs. 27 gennaio 1992, n.
87.
6.2.2 Raffronto tra la disciplina contenuta nel D. Lgs.  n.  213  del
1998 e quella contenuta nel D. Lgs. n. 87 del 1992
Preliminarmente  va rilevato che, ai sensi dell'art. 21, comma 1, del
D. Lgs. n. 87 del 1992, le attivita' e le  passivita'  denominate  in
valuta  si  assumono in bilancio al tasso di cambio a pronti corrente
alla   data   di   chiusura   dell'esercizio;   le   immobilizzazioni
finanziarie,   materiali  e  immateriali  che  non  sono  coperte  ne
globalmente ne specificamente sul mercato a  pronti  o  su  quello  a
termine possono essere valutate al tasso di cambio corrente alla data
del loro acquisto.
A differenza di quanto previsto dall'articolo 18 del citato D. Lgs n.
213  del  1998,  che  reca  disposizioni concernenti le differenze di
cambio dei soli elementi monetari relativi alle imprese  industriali,
mercantili  e  di  servizi, il primo periodo del comma 2 dell'art. 21
del  medesimo  decreto legislativo disciplina le differenze di cambio
con riguardo sia agli "elementi monetari" che a quelli "non monetari"
(cosi' come consentito dall'art. 39 della Direttiva n.  86/635  CEE),
in  quanto  dispone  che  le attivita', le passivita' e le operazioni
fuori bilancio denominate nelle valute aderenti o comunque  variabili
in funzione dell'andamento dei tassi di cambio delle predette valute,
sono tradotte nella moneta di conto applicando i tassi di conversione
irrevocabili  nel  rispetto degli articoli 4 e 5 del Regolamento (CE)
n. 1103/97; tale conversione spiega efficacia  anche  ai  fini  della
determinazione del reddito d'impresa.
In  merito  a  quanto sopra si fa presente che, ai sensi dell'art. 1,
lett. q), del D. Lgs. n. 213 del 1998, per "attivita',  passivita'  e
operazioni  fuori  bilancio"  indicate  nel primo periodo del comma 2
dell'art. 21 del predetto D. Lgs. n. 213 del 1998, si  intendono  gli
elementi  dell'attivo  e del passivo del bilancio nonche' le garanzie
rilasciate, gli impegni a erogare o a ricevere fondi, i contratti  di
compravendita non ancora regolati e i contratti derivati.
In  alternativa al criterio di valutazione di cui sopra (cambio al 31
dicembre 1998) nel secondo periodo del comma 2 dell'art.  21  del  D.
Lgs.  n. 213 del 1998, e' prevista la facolta' che le partecipazioni,
le immobilizzazioni materiali e quelle immateriali, non  coperte  ne'
globalmente  ne'  specificamente  sul  mercato a pronti o su quello a
termine, vengano tradotte nella moneta di conto al  tasso  di  cambio
corrente  alla  data del loro acquisto; anche tale conversione spiega
efficacia ai fini della determinazione del reddito d'impresa. A  tali
differenze non si applica il comma 4 del predetto articolo 21.
Dal  raffronto  delle  norme  contenute negli articoli 21 dei decreti
legislativi n. 213 del 1998 e n.  87  del  1992,  si  rileva  che  la
disposizione  contenuta nel secondo periodo del comma 2 dell'art.  21
del D. Lgs. n. 213  del  1998  ha  un  ambito  di  applicazione  piu'
limitato  rispetto a quello contenuto nel secondo periodo del comma 1
dell'art. 21 del D. Lgs. n. 87 del 1992, in  quanto,  riferendosi  la
prima  disposizione  alle sole "partecipazioni", ne consegue che sono
esclusi dalla valutazione al  cambio  storico  i  "titoli  di  debito
immobilizzati",  compresi anch'essi nel novero delle immobilizzazioni
finanziarie.
In proposito, poiche' le previsioni contenute  nell'art.  21  del  D.
Lgs.  n.  213  del  1998  si  configurano come norme aventi carattere
speciale rispetto a quelle contenute nell'art. 21 del D. Lgs. n.   87
del  1992,  ne  deriva  che  i  titoli  di  debito  iscritti  tra  le
immobilizzazioni finanziarie devono essere tradotti nella  moneta  di
conto  ai  cambi irrevocabili e possono quindi dar luogo a differenze
di cambio (positive e/o negative).
Ai sensi del successivo comma 3 dell'art. 21 del D. Lgs. n.  213  del
1998,  le  differenze  di  cambio  di  cui  al  comma 2 (cioe' quelle
generate dalle attivita', dalle passivita' e dalle  operazioni  fuori
bilancio  valutate al tasso di cambio alla data del 31 dicembre 1998)
sono incluse nel conto economico a norma dell'art. 21, comma  3,  del
D. Lgs. n. 87 del 1992.
Limitatamente    alle    differenze    di   cambio   generate   dalle
immobilizzazioni finanziarie, materiali e  immateriali,  non  coperte
ne' globalmente ne' specificamente sul mercato a pronti o su quello a
termine,  in  alternativa  al criterio sopra descritto di integrale e
immediata  imputazione al conto economico, possono essere applicati i
trattamenti previsti nelle lettere a) e b) del medesimo comma 4.
I menzionati trattamenti riguardano distintamente  le  differenze  di
cambio inerenti:
a) i titoli di debito immobilizzati;
b)   le   altre  immobilizzazioni  (partecipazioni,  immobilizzazioni
materiali e immateriali).
Mentre le differenze riguardanti i titoli di cui alla lettera a) sono
imputate al conto economico e per le stesse il legislatore disciplina
i criteri temporali di tale imputazione, per le  differenze  relative
alle  immobilizzazioni di cui alla lettera b), la legge non impone il
passaggio  al  conto  economico  e  pertanto,  in  mancanza  di  tale
passaggio, esse assumono rilievo ai fini fiscali mediante imputazione
extracontabile.
Si  precisa,  inoltre,  che  il comma 5 dell'art. 21 in esame, avente
rilevanza esclusivamente fiscale, stabilisce che:
a) le differenze di cambio relative ai titoli di debito immobilizzati
assumono  rilevanza,  ai  fini  della  determinazione   del   reddito
d'impresa,  nell'esercizio  in  cui sono iscritte nel conto economico
secondo le modalita' indicate nei commi 3 e 4, lett. a) dello  stesso
art. 21;
b)  per  le  altre immobilizzazioni (partecipazioni, immobilizzazioni
materiali e immateriali) le differenze di cambio assumono rilievo, ai
fini della determinazione del reddito  d'impresa,  nell'esercizio  in
cui   si   considerano   realizzate   per  effetto  di  cessioni,  di
ammortamenti o di svalutazioni.
Per quanto riguarda le differenze negative di cui alle lettere  a)  e
b)  del  comma  4  dell'art.  2  in esame, si precisa che l'eventuale
utilizzo di riserve in sospensione di imposta esistenti  in  bilancio
quali,  ad  esempio,  quelle  di  cui all'art. 55, comma 3, lett. b),
secondo  periodo,  del  Tuir,  nel  testo  precedente  alla  modifica
intervenuta con l'art. 21, comma 4, lett. b), della legge 27 dicembre
1997,  n. 449, si configura come un utilizzo "per scopi diversi dalla
copertura  di  perdite  di  esercizio"  e,  conseguentemente,   detto
utilizzo   comporta  l'assoggettamento  a  tassazione  delle  riserve
medesime.
Inoltre, va evidenziato che, ai sensi del comma 6 dell'art. 21 del D.
Lgs. n. 213 del 1998, i criteri di rilevazione e di trattamento delle
differenze di cambio  positive  e/o  negative,  nonche'  gli  importi
iscritti  nel  conto  economico  e  nello  stato patrimoniale, devono
essere illustrati nella nota integrativa del bilancio.
Vengono di seguito forniti specifici chiarimenti  in  relazione  alle
due ipotesi sopra evidenziate.
6.2.3 Lett. a) del comma 4 dell'art. 21 del D. Lgs n. 213 del 1998
Le  differenze  di  cambio  positive  inerenti  ai "titoli di debito"
immobilizzati  sono  accreditate  direttamente  in  una  riserva  non
distribuibile  specificamente  costituita;  le  differenze  di cambio
negative sono addebitate direttamente alle riserve preesistenti,  ivi
compresa   l'anzidetta   riserva   non   distribuibile.  Le  predette
differenze  (positive  e/o  negative)  vanno  trasferite   al   conto
economico secondo uno dei seguenti criteri:
1.  negli  esercizi  di  scadenza o di cessione dei rispettivi titoli
(metodo analitico "per cassa");
2. nell'esercizio chiuso o in corso alla data del 31 dicembre 1998  e
in  quelli successivi in misura corrispondente alla durata residua di
ciascun titolo (metodo "pro-rata  temporis");  in  tal  caso,  se  il
titolo  viene  ceduto  prima  della scadenza, la differenza di cambio
rimanente va inclusa interamente nel conto  economico  dell'esercizio
nel quale e' avvenuta la cessione del titolo stesso;
3.  nell'esercizio chiuso o in corso alla data del 31 dicembre 1998 e
nei tre successivi in quote costanti del saldo di tutte le differenze
positive e negative (metodo "forfettario") .
Per quanto concerne l'imputazione al conto economico delle differenze
positive di cui alla lettera a) del comma 4 dell'art.  21 del D. Lgs.
n. 213 del 1998 in esame, si fa presente che tale operazione comporta
la  riduzione  della  riserva   non   distribuibile   originariamente
costituita.
Tenuto  conto  che la norma in commento vincola tale riserva soltanto
alla non distribuibilita', si deve ritenere  che  essa  possa  essere
utilizzata  anche  per  finalita'  diverse  da quella per la quale e'
stata costituita.
Qualora  la  predetta  riserva  non  distribuibile  sia  stata   gia'
utilizzata  e  non  sia  pertanto  possibile  imputare  le differenze
positive di cambio al conto economico, queste ultime rilevano ai fini
fiscali extracontabilmente, secondo il criterio prescelto fra  quelli
previsti  dai  numeri  l),  2)  e  3), della lettera a), del comma 4,
dell'art. 21 in esame.
Va rilevato infine  che  l'imputazione  delle  differenze  di  cambio
negative  nel  conto economico, ai sensi del comma 5, dell'art. 21 in
esame, secondo uno dei criteri previsti dal secondo periodo del comma
4, lett. a), dello stesso  articolo,  comporta  ai  fini  fiscali  la
ricostituzione  della  riserva  avente  la  stessa  natura  di quella
precedentemente utilizzata, salvo quanto  precisato  con  riferimento
alla riserva di cui al citato art. 55 del Tuir, nel testo previgente,
in  quanto,  in  tale caso, la ricostituita riserva deve considerarsi
libera da imposta.
6.2.4 Lett. b) del comma 4 dell'art. 21 del D. Lgs n. 213 del 1998
Per  le  altre  immobilizzazioni  (partecipazioni,   immobilizzazioni
materiali e immateriali):
1)  le  differenze di cambio positive sono accreditate in un'apposita
riserva non distribuibile. Tale vincolo  della  non  distribuibilita'
viene  meno  a  seguito  di  cessioni, del progredire del processo di
ammortamento, ovvero di svalutazioni delle immobilizzazioni stesse;
2) le differenze di cambio  negative  sono  addebitate  alle  riserve
preesistenti, compresa la predetta riserva non distribuibile.
Per quanto concerne le differenze di cambio positive di cui al numero
1)  che  precede,  le  stesse si considerano realizzate ai fini della
determinazione del reddito d'impresa, extracontabilmente, in sede  di
dichiarazione  dei  redditi, mediante apposita variazione in aumento,
per effetto di cessioni, di  ammortamenti,  anche  anticipati,  o  di
svalutazioni dei suddetti beni.
Con  riguardo a quest'ultima ipotesi, si fa presente che, nel caso di
svalutazioni  relative  alle  partecipazioni,  alle  immobilizzazioni
materiali   e   immateriali,   la  rilevazione  extracontabile  della
differenza di cambio positiva avviene  per  un  ammontare  pari  alla
svalutazione fiscalmente rilevante.
Relativamente    agli    ammortamenti,    la   predetta   rilevazione
extracontabile delle differenze  di  cambio  positive  non  puo'  che
avvenire   in   funzione   del   processo   di   ammortamento   delle
immobilizzazioni.
Per quanto riguarda le differenze di  cambio  negative  di  cui  alla
lettera  b)  del comma 4, dell'art. 21 in commento, qualora le stesse
non incidano nel conto economico, esse si considerano realizzate,  ai
fini della determinazione "extracontabile" del reddito d'impresa, per
effetto di cessioni, di ammortamenti o di svalutazioni.
Con  riguardo alle ipotesi delle svalutazioni e degli ammortamenti si
rinvia alle considerazioni gia' svolte relativamente alle  differenze
positive di cambio di cui sopra.
6.2.5  Rilevanza  delle differenze positive e/o negative di cambio ai
fini dell'Irap
Relativamente alla rilevanza delle differenze di cambio ai fini Irap,
si precisa  che  le  stesse  risultano  imponibili,  se  positive,  o
deducibili,  se  negative,  a seguito di contabilizzazione in voci di
conto economico che, ai sensi dell'art. 6 del  D.  Lgs.  15  dicembre
1997, n. 446, assumono rilievo ai fini del citato tributo.
Naturalmente,    anche   le   differenze   di   cambio   relative   a
immobilizzazioni diverse dai titoli di debito, se non transitano  nel
conto  economico,  concorrono  alla  formazione della base imponibile
Irap se rilevanti ai fini di tale imposta.
6.3 Imprese di assicurazione
Per le imprese di assicurazione,  cosi'  come  per  le  banche  e  le
societa'  finanziarie,  il  D.  Lgs.  n.  213  del 1998 prevede norme
specifiche per il trattamento delle differenze di cambio,  rilevabili
nei   bilanci  di  tali  imprese  chiusi  al  31  dicembre  1998,  in
considerazione della peculiarita' di detti settori.
Per l'individuazione delle imprese di assicurazione, l'art. 1,  comma
1,  lett. m), del D. Lgs. n. 213 del 1998 fa riferimento alle imprese
di cui all'art. 1 del D. Lgs. 26 maggio 1997, n. 173.
In particolare il comma 2 dell'art. 24 del citato D. Lgs. n. 213  del
1998  stabilisce  che  gli  elementi  cui  si  applicano  i  tassi di
conversione nella moneta di conto sono costituiti:
- dagli elementi monetari denominati nelle valute aderenti o comunque
variabili in funzione dell'andamento dei tassi di cambio delle valute
aderenti;
-  dagli  elementi  non  monetari  inclusi  nella  classe  D)   degli
"Investimenti  a  beneficio  di  assicurati  dei rami vita i quali ne
sopportano il rischio e derivanti dalla gestione dei fondi pensione",
disciplinati dall'art. 24 del D. Lgs. n. 173 del 1997.
Gli elementi monetari, come definiti dall'art. 1, comma 1, lett.  p),
del D. Lgs. n. 213 del 1998, sono costituiti dalle disponibilita'  di
denaro,  dalle  attivita'  e  passivita' iscritte in bilancio e dalle
restanti  operazioni  in  corso  (dette  anche  fuori  bilancio)  che
comportano  o  comporteranno  il  diritto  a  incassare o l'obbligo a
pagare a date future importi determinati o determinabili.
L'ISVAP,  con  il  provvedimento  n.  1008.G  del  5  ottobre   1998,
pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 238 del 12 ottobre scorso,
recante "Disposizioni per la redazione in  euro  del  bilancio  delle
imprese   di  assicurazione,  per  la  rilevazione  delle  operazioni
interessate dall'introduzione dell'euro e per  il  trattamento  delle
conseguenti  differenze  di  cambio",  ha  confermato (si veda quanto
afferma  la  Relazione  illustrativa  al  D. Lgs. n. 213 del 1998 nel
commento al secondo comma dell'articolo  24)  che  tra  gli  elementi
monetari  come  sopra definiti rientrano anche le riserve tecniche di
cui agli artt. 31, 38 e 39 del D. Lgs. n. 173 del 1997.  Trattasi:
- delle riserve tecniche del lavoro diretto;
- delle riserve tecniche allorche' il  rischio  dell'investimento  e'
sopportato  dagli assicurati e delle riserve derivanti dalla gestione
dei fondi pensione;
- delle riserve tecniche del lavoro indiretto.
Relativamente al trattamento contabile  delle  differenze  di  cambio
derivanti  dalla  traduzione  nella  moneta  di  conto  dei  predetti
elementi denominati nelle valute aderenti, viene previsto che il loro
importo va incluso per  intero  nel  conto  economico  dell'esercizio
1998.  In  alternativa le differenze, ad eccezione di quelle relative
agli investimenti di cui all'art. 24 del D. Lgs.  n. 173 del  1997  e
alle  correlate  riserve  tecniche,  possono essere ripartite in piu'
esercizi secondo le modalita',  previste  per  la  generalita'  delle
imprese, dall'art. 18, commi 5 e 6, del D. Lgs.  n. 213 del 1998.
In   particolare,   il   citato  comma  5  dell'art.  18  prevede  la
ripartizione  delle  differenze  di  cambio  positive  e/o   negative
relative  a  ciascun  elemento  monetario  nell'esercizio  1998 e nei
successivi (criterio del "pro-rata"), cioe' in funzione della  durata
residua dell'elemento stesso e della prevista evoluzione del capitale
dell'elemento  considerato,  salvo  l'imputazione della differenza di
cambio residua per intero nel conto economico dell'esercizio  in  cui
l'elemento viene incassato, pagato o ceduto.
Il  comma  6  dell'art.  18 prevede una ripartizione delle differenze
positive e/o negative forfettaria, in quote costanti da imputare  nel
conto economico dell'esercizio 1998 e dei tre successivi.
Valgono  a questo proposito le medesime considerazioni gia' svolte in
precedenza per le imprese in genere.
Inoltre i successivi commi 7 e 8 dell'art. 18 del D. Lgs. n. 213  del
1998 applicabili anche alle imprese di assicurazione, per effetto del
comma  5  dell'art. 24 del medesimo decreto legislativo, stabiliscono
che le  differenze  cambio  positive  e/o  negative  concorrono  alla
determinazione  del  reddito  d'impresa  nell'esercizio  in  cui sono
iscritte nel conto economico, con  cio'  determinando  l'allineamento
del  trattamento fiscale a quello civilistico, e che, nel caso in cui
l'impresa ripartisca le differenze in piu' esercizi, la parte di esse
rinviata ai successivi esercizi  deve  essere  iscritta  direttamente
nello stato patrimoniale, senza transitare per il conto economico.
Occorre  precisare  che,  per effetto del comma 6 dell'art. 24 del D.
Lgs. n. 213 del 1998,  nella  nota  integrativa  del  bilancio  vanno
illustrati,  separatamente  dal resto, i criteri di trattamento delle
differenze di cambio utilizzati ai sensi dei commi 3  e  4  di  detto
art.  24, l'ammontare complessivo delle differenze di cambio positive
e/o negative e gli importi iscritti nel conto economico e nello stato
patrimoniale.
6.3.1 Rilevanza delle differenze positive e/o negative di  cambio  ai
fini delle imposte sui redditi
Le  differenze  di  cambio  rilevano ai fini della determinazione del
reddito d'impresa nell'esercizio  in  cui  sono  iscritte  nel  conto
economico.  Sono  altresi' rilevanti le differenze di cambio che sono
state imputate al conto economico di esercizi precedenti a quello  in
corso  alla data del 31 dicembre 1998 ma non dedotte in tali esercizi
in mancanza delle condizioni previste dalla normativa fiscale.
7 COSTI E SPESE SOSTENUTE PER L'ADEGUAMENTO ALL'EURO
Relativamente ai costi  e  alle  spese  sostenuti  per  l'adeguamento
all'euro si precisa che i criteri civilistici di individuazione della
natura dei predetti componenti negativi assumono rilievo anche per le
imposte sui redditi.
Pertanto,  ai fini che qui interessano, poiche' i costi e le spese di
cui trattasi possono assumere natura di  costi  da  patrimonializzare
ovvero   di   spese   pluriennali,   agli  stessi  si  applicano,  le
disposizioni in materia di ammortamento e quelle in materia di  spese
relative a piu' esercizi previste dal Tuir.
Va  infine rilevato che, qualora le suddette spese siano inquadrabili
tra quelle di esercizio, le stesse saranno deducibili, ai fini  delle
imposte sui redditi, nell'esercizio in cui sono sostenute.
8 STABILI ORGANIZZAZIONI ALL'ESTERO
Il  comma 10 dell'art. 18 del D. Lgs. n. ?13 del 1998 stabilisce che,
relativamente alle stabili  organizzazioni  all'estero,  continua  ad
applicarsi  il secondo comma, secondo periodo, dell'art. 76 del Tuir,
salvo quanto previsto dal medesimo art. 18 a proposito degli elementi
monetari.
Al riguardo, e' opportuno rilevare che il  citato  art.  76,  secondo
comma,  secondo  periodo,  del  Tuir,  prevede che la conversione dei
saldi di conto  per  le  stabili  organizzazioni  all'estero  avviene
secondo  il  cambio  alla  data  di  chiusura dell'esercizio e che le
differenze che emergono tra  i  predetti  saldi  di  conto  e  quelli
relativi  all'esercizio precedente non concorrono alla formazione del
reddito d'impresa.
La disposizione  sopra  riportata  non  trova  applicazione  per  gli
elementi  monetari  espressi in valute aderenti, per i quali, invece,
valgono le nuove disposizioni contenute nell'art. 18 in commento.
Va inoltre segnalato che le norme contenute nell'art.  76,  comma  2,
secondo   periodo,   del   Tuir  si  applicano  a  tutte  le  imprese
indipendentemente dal settore di appartenenza e dal tipo di attivita'
svolta  (industriale,  bancaria,  finanziaria,  assicurativa,  ecc.);
pertanto,  il  concetto espresso dal comma 10 dell'art. 18 in tema di
differenze di  cambio  realizzate  dalle  stabili  organizzazioni  di
imprese  che redigono il bilancio ai sensi del D. Lgs. 9 aprile 1991,
n. 127, non puo' che  riferirsi  anche  alle  stabili  organizzazioni
all'estero  di  banche  e  societa' finanziarie nonche' di imprese di
assicurazione (si veda quanto afferma la Relazione illustrativa al D.
Lgs. n. 213 del 1998 nel commento al decimo comma dell'articolo 18).
Con riferimento a tali ultimi soggetti va peraltro precisato  che  la
non  imponibilita'  delle differenze di cambio che emergono dai saldi
di conto previsti  dall'art.  76  del  Tuir  delle  predette  stabili
organizzazioni   non   puo'  riferirsi  agli  elementi  espressamente
disciplinati dagli articoli 21 e 24 (monetari e non monetari) del  D.
Lgs.  n. 213 del 1998, per i quali si applicano le nuove disposizioni
ivi contenute.
Per tutte le imprese, quindi, l'articolo 76, secondo  comma,  secondo
periodo, del Tuir continua a trovare applicazione come negli esercizi
passati,  salvo  che  per  gli  elementi  (monetari  e  non monetari)
disciplinati dal D. Lgs. n. 213 del 1998.
In  ultimo,  e'  appena  il  caso  di precisare che a nulla rileva la
collocazione  geografica  della  stabile  organizzazione   all'estero
(Paesi  UEM,  UE  o  extra  UE),  dovendosi  avere riguardo solo alla
circostanza che gli elementi monetari della stabile organizzazione  -
ovunque  collocata  -  siano, oppure no, espressi in una delle valute
aderenti.
9 CONTABILITA PLURIMONETARIA
L'art. 76, comma 2, ultimo periodo, del Tuir, consente  alle  imprese
che  intrattengono  in  modo sistematico rapporti in valuta estera di
tenere la contabilita' plurimonetaria con l'applicazione  del  cambio
di fine esercizio ai saldi dei relativi conti.
Con  riferimento  a  tali soggetti lo stesso art. 76 non ripropone il
principio della irrilevanza delle differenze dei saldi di conto cosi'
come previsto per le  stabili  organizzazioni  di  cui  al  paragrafo
precedente,  ne'  il  D.  Lgs. n. 213 del 1998 detta in merito regole
specifiche.
E' appena il caso  di  precisare  che,  anche  con  riferimento  alla
contabilita'   plurimonetaria   eventualmente  tenuta,  qualora  essa
ricomprenda elementi monetari (ed elementi non monetari, nel caso  di
imprese  bancarie,  finanziarie  ed assicurative) disciplinati dal D.
Lgs. n. 213 del 1998, a tali elementi si applicano le nuove norme  in
esso dettate.
Cosi',  ad  esempio,  per  le  imprese  industriali,  mercantili e di
servizi che tengono una contabilita' plurimonetaria  che  ricomprende
elementi  monetari  in  una delle valute aderenti, a tali elementi si
applicano le nuove regole dettate dall'art. 18 del D. Lgs.  n.    213
del  1998  mentre  le  regole  previste dall'art. 76, comma 2, ultimo
periodo,  del  Tuir,  continueranno  a   trovare   applicazione   con
riferimento ai restanti elementi della contabilita' plurimonetaria.
10 DICHIARAZIONI
10.1 Generalita'
L'art.  47  del  piu'  volte citato D. Lgs. n. 213 del 1998, concerne
"dichiarazioni, attestazioni e regolamenti in euro con  le  pubbliche
amministrazioni".
Nei  commi  1  e  2 del citato articolo 47 e' previsto che i soggetti
obbligati a presentare dichiarazioni, atti  e  altri  documenti,  ivi
compresi  quelli predisposti ai fini impositivi, possono indicare gli
importi in euro a partire dai periodi di  imposta  decorrenti  dal  1
gennaio 1999.
In  particolare,  il comma 2 stabilisce che le dichiarazioni relative
alle imposte sui  redditi,  all'IVA,  all'IRAP,  nonche'  quelle  dei
sostituti  d'imposta,  possono  essere  presentate  con  gli  importi
indicati in euro a partire dei periodi  d'imposta  aventi  decorrenza
dal  1 gennaio 1999, ovvero chiusi nel corso di tale anno, secondo le
modalita' stabilite dall'amministrazione tributaria in  relazione  ai
diversi tipi d'imposta.
In attuazione del menzionato disposto normativo si precisa che:
a)  le  imprese  che nel periodo transitorio redigono e pubblicano il
bilancio o il rendiconto in euro sono tenute alla presentazione delle
dichiarazioni  relative  alle  imposte  sui  redditi  e  sul   valore
aggiunto,  di  quelle in materia di imposta regionale sulle attivita'
produttive, nonche'  di  quelle  dei  sostituti  d'imposta,  con  gli
importi  indicati  in  euro, a partire dall'esercizio per il quale e'
stato   redatto   (e   pubblicato,  per  i  soggetti  tenuti  a  tale
adempimento) il bilancio o il rendiconto in euro;
b) i soggetti diversi da quelli indicati alla precedente  lettera  a)
(ad  esempio  contribuenti che adottano la contabilita' semplificata,
lavoratori autonomi, lavoratori dipendenti, ecc.),  qualora  redigano
una  delle  dichiarazioni  di  cui all'art. 47 del D. Lgs. n. 213 del
1998 in  euro  (dichiarazioni  relative  alle  imposte  sui  redditi,
all'IVA,   all'IRAP,   nonche'   quelle   dei  sostituti  d'imposta),
relativamente ai periodi d'imposta che decorrono dal 1  gennaio  1999
ovvero  chiusi  nel  corso di tale anno e successivi, gli stessi sono
tenuti  a  redigere  nella  medesima  valuta  tutte   le   successive
dichiarazioni.
Anche  per tali soggetti la redazione delle dichiarazioni in euro non
comporta l'obbligo di registrare  ai  fini  fiscali,  nella  medesima
valuta, le operazioni effettuate.
E' appena il caso di precisare che le predette dichiarazioni relative
al periodo d'imposta 1998 devono essere presentate in lire.
10.2 Aspetti particolari per i sostituti d'imposta
E' opportuno svolgere alcune considerazioni relativamente ai soggetti
che  adottano  l'euro  come  moneta di conto dal 1 gennaio 1999 e che
rivestono la qualifica di sostituto d'imposta.
In primo luogo va  detto  che  le  scritture  contabili,  che  devono
redigere  obbligatoriamente i sostituti d'imposta, ai sensi dell'art.
21 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600,  non  sono  comprese  tra  i
"documenti   contabili  obbligatori  a  rilevanza  esterna"  indicati
nell'art. 1, comma 1, lettera n), del D. Lgs.  n. 213 del 1998.
I sostituti d'imposta sono liberi di effettuare in lire o in euro  le
registrazioni  nelle  apposite scritture contabili previste dall'art.
21 del D.P.R. n. 600 del 1973.
Si ricorda che gli importi che nelle  norme  sono  espressi  in  lire
(come  ad esempio gli scaglioni di reddito, le detrazioni per carichi
di famiglia e quelle per spese di produzione del reddito),  ai  sensi
del  comma  2  dell'art.  6  del Regolamento (CE) n. 974/98, hanno il
medesimo valore di un  riferimento  all'euro  in  base  ai  tassi  di
conversione. Di conseguenza, in caso di calcoli da eseguirsi in euro,
tali   importi   devono   essere   convertiti  in  detta  valuta  con
arrotondamento al centesimo solo se si  tratta  di  autonomi  importi
monetari da contabilizzare o da pagare.
Nell'ipotesi  da  ultimo  citata,  ai  fini  dell'applicazione  delle
ritenute di acconto sui redditi di lavoro dipendente e  assimilati  e
del riconoscimento delle detrazioni d'imposta spettanti, il sostituto
d'imposta  converte  in  euro  gli importi relativi agli scaglioni di
reddito dell'art.  11  del  Tuir,  nonche'  quelli  delle  detrazioni
d'imposta  di  cui  agli  articoli 12 e 13 dello stesso testo unico e
quindi procede  al  ragguaglio  al  periodo  di  paga  degli  importi
convertiti  e all'assoggettamento a tassazione della parte imponibile
delle somme e dei valori corrisposti.
Tenuto conto che il ragguaglio  al  periodo  di  paga  puo'  generare
importi  decimali,  si precisa che, a tal fine, i sostituti d'imposta
possono utilizzare un numero di decimali  a  piacere  quando  non  si
configurano  ne'  come  autonomi  importi  da contabilizzare ne' come
autonomi importi da pagare.
Tutti gli importi che nei singoli periodi di paga non sono concessi a
causa degli arrotondamenti e del numero di decimali prescelto (ovvero
sono  attribuiti  in  misura  superiore)  si  possono memorizzare per
l'attribuzione (o la compensazione) in sede  di  conguaglio  di  fine
anno  o,  in  caso  di  cessazione  del  rapporto,  alla  data  della
cessazione medesima. Cosi', ad esempio, supponendo che il  lavoratore
abbia  diritto, per l'intero periodo d'imposta, a lire 950.000, quale
detrazione per reddito di lavoro dipendente e a lire  336.000,  quale
detrazione  per  figlio a carico, supponendo ancora che il periodo di
paga di questo dipendente sia il  mese  e  che  il  tasso  di  cambio
dell'euro  con la lira sia di 1.900 lire, il sostituto d'imposta puo'
procedere nel modo seguente:
- lire 950.000, convertite sono pari a 500 euro;
- lire 336.000, convertite sono pari a 176,8421 euro;
- 500 euro, rapportate al periodo di paga, sono pari a 41,66666 euro,
che va arrotondato, essendo periodico, a 41, 66667;
- 176,8421 euro, rapportate al periodo di paga, sono pari a 14,736666
euro che va arrotondato, essendo periodico, a 14,73667.
Come sopra precisato, il sostituto d'imposta in  ciascun  periodo  di
paga  puo'  scegliere il numero di decimali conseguenti al ragguaglio
al periodo  di  paga  delle  detrazioni  spettanti,  mentre  all'atto
dell'effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno o alla
cessazione  del  rapporto,  puo'  procedere  al  riconoscimento degli
importi effettivamente spettanti con riferimento alla conversione  in
euro  dell'importo previsto dalla norma vigente con arrotondamento al
centesimo,  utilizzando  gli  eventuali  decimali  non  attribuiti  o
attribuiti in eccesso.
10.3  Aspetti  particolari  per  le  dichiarazioni  IVA  periodiche e
annuali
Per cio' che concerne le dichiarazioni  periodiche  ed  annuali  IVA,
considerato  che  il  menzionato art. 47 del D. Lgs. n. 213 del 1998,
come sopra detto, prevede che le stesse possono essere  prodotte  con
gli  importi  indicati  in  euro,  a  partire  dai periodi di imposta
decorrenti dal 1  gennaio  1999,  i  contribuenti  possono  scegliere
liberamente  se  presentare  le  suddette  dichiarazioni in lire o in
euro. Qualora,  pero',  il  contribuente  decida  di  presentare  una
dichiarazione periodica (mensile o trimestrale) ovvero quella annuale
in  euro,  deve  uniformare a tale scelta i successivi comportamenti,
per  cui  sara'  tenuto  ad  adottare  l'euro   per   le   successive
dichiarazioni periodiche.
Per quanto riguarda la dichiarazione annuale, la stessa dovra' essere
effettuata  nella  medesima  valuta  adottata  per  le  dichiarazioni
periodiche presentate nel periodo d'imposta cui  essa  si  riferisce.
Nel  caso  in  cui,  nello  stesso periodo d'imposta, il contribuente
abbia presentato inizialmente delle dichiarazioni periodiche in  lire
e  successivamente  in euro, la dichiarazione annuale relativa a tale
periodo d'imposta deve essere presentata in tale ultima valuta.
Qualora, poi, sussista l'obbligo di presentazione della dichiarazione
unificata annuale (modello UNICO), comprendente la dichiarazione  dei
redditi,   la  dichiarazione  annuale  IVA  e  la  dichiarazione  dei
sostituti d'imposta,  si  fa  presente  che  tutti  i  dati  in  essa
contenuti  devono  essere  riportati  con  la stessa unita' monetaria
(lira o euro), e che la scelta derivante dalla presentazione in  euro
delle  dichiarazioni  periodiche sara' vincolante anche ai fini della
dichiarazione annuale unificata, ferma restando  la  validita'  delle
dichiarazioni periodiche gia' redatte in una valuta diversa.
11 ALTRI TRIBUTI INDIRETTI, DIVERSI DALL'IVA, E TRIBUTI LOCALI
In  conformita'  ai principi dettati dal ripetuto art. 47 del D. Lgs.
n. 213 del 1998, anche per i tributi indiretti diversi  dall'IVA,  ad
eccezione  dell'INVIM,  i  contribuenti  possono  indicare  in euro i
valori contenuti nelle dichiarazioni, negli atti ed  altri  documenti
da presentare all'Amministrazione Finanziaria.
Cio'  vale  per  gli  atti  pubblici  formati,  gli  atti  giudiziari
pubblicati o emanati, le scritture private  autenticate,  quelle  non
autenticate  presentate per la registrazione, le successioni apertesi
e le donazioni fatte a decorrere dal 1 gennaio 1999, come di  seguito
meglio specificato.
Gli  importi  indicati negli atti e nelle dichiarazioni possono, come
gia' detto, essere espressi anche in  euro  e,  in  applicazione  del
generale   criterio  di  omogeneita',  tutti  nella  medesima  valuta
effettuando, se necessario, la conversione degli importi da  lire  ad
euro.  Sara'  necessario,  inoltre, utilizzare la stessa valuta anche
per le eventuali dichiarazioni sostitutive, integrative, modificative
e rettificative.
Per quanto riguarda, invece, le dichiarazioni relative all'INVIM, ivi
comprese   quelle   relative   all'INVIM   decennale,   le   medesime
continueranno  ad  essere  effettuate  in lire, atteso che riguardano
elementi riferibili a periodi di tempo anteriori al 31 dicembre  1998
e  tenuto  conto, altresi', che il predetto tributo cessera' di avere
vigore dal 1 gennaio 2003, ai sensi dell'art. 17,  comma  7,  del  D.
Lgs.  30  dicembre  1992, n. 604. Cio' non di meno, considerato che i
valori presi a base della liquidazione del  tributo  si  riferiscono,
come  gia'  detto, a periodi anteriori al 31 dicembre 1998, anche nel
corso dell'anno 2002 le dichiarazioni INVIM continueranno  ad  essere
effettuate in lire.
Per  converso,  potranno  essere  indicati  in euro i dati riferibili
all'imposta sostitutiva dell'INVIM, dovuta alla  presentazione  della
dichiarazione di successione, per quelle apertesi dal 1 gennaio 1999.
Per  quanto  riguarda  l'imposta  di  bollo, dal 1 gennaio 1999 sara'
indicato anche il controvalore in euro, per i valori di  importo  non
inferiore  alle  1000  lire, con arrotondamento al centesimo di euro,
secondo i criteri generali posti dal Regolamento  (CE)  n.    1103/97
piu'  volte  citato.  Per  i  valori  di  importo inferiore, infatti,
l'indicazione anche del valore in euro potrebbe generare  difficolta'
applicative,  correlate  agli  scostamenti  percentualmente eccessivi
rispetto al valore in lire, a  causa  dei  necessari  arrotondamenti.
Durante  il  periodo  transitorio,  tuttavia, continueranno ad essere
utilizzabili anche i valori bollati che riportano la sola indicazione
dell'importo in lire.
In relazione a quanto disposto dal richiamato  D.  Lgs.  n.  213  del
1998, i titoli di Stato di nuova emissione (B.T.P., C.C.T., C.T.Z.  e
B.O.T.),  a  far tempo dal 1 gennaio 1999, saranno espressi in euro e
quelli gia' in circolazione saranno ridenominati in euro.
Analogamente, dal 1 gennaio 1999, i titoli  emessi  da  enti  diversi
dallo  Stato,  potranno  essere  emessi  in  euro  e  quelli  gia' in
circolazione,  aventi  determinate  caratteristiche  previste   dalla
legge,  potranno  essere rideterminati in questa valuta, in base alle
decisioni degli emittenti.
Le  societa' mercato Borsa Italiana Spa e MTS Spa hanno convenuto che
nei  propri  rispettivi  mercati  le  negoziazioni  degli   strumenti
finanziari avverranno in euro.
In  relazione  a  quanto sopra, anche la tassa sui contratti di borsa
per le negoziazioni in parola puo' essere calcolata in euro.
In tal caso, l'intermediario converte  in  euro  le  aliquote  e  gli
importi base di riferimento (100.000 lire o frazione di lire 100.000)
previste  dall'attuale  Tabella delle tasse in discorso, di cui al D.
Lgs. 21 novembre 1998, n.  435,  al  tasso  di  cambio  irrevocabile,
attenendosi ai criteri individuati dall'art. 3 del D. Lgs. n. 213 del
1998, laddove ne ricorrano i presupposti.
Detto  criterio,  oltre ad assicurare omogeneita' di comportamento da
parte degli intermediari in ordine  alle  modalita'  di  applicazione
della  tassa  sui  contratti di borsa nel comparto delle negoziazioni
dei titoli effettuati in euro, evita di generare confusioni presso  i
risparmiatori  ed  appare  il  piu' idoneo a tutelare, in ossequio al
principio generale  della  neutralita'  del  passaggio  dalla  moneta
nazionale all'euro, i medesimi investitori.
Va  tenuto  conto,  inoltre,  che  la  tassa  di  cui  trattasi viene
corrisposta dagli intermediari in modo virtuale, vale  a  dire  senza
impiego   di   valori   bollati   (foglietti  e/o  marche)  presso  i
concessionari, che possono pertanto  riscuotere  i  relativi  importi
anche in euro mediante gli appositi strumenti di pagamento.
Infine,  per  cio'  che  concerne  i tributi locali, stante l'attuale
evoluzione del sistema impositivo locale, si ritiene che nel  periodo
transitorio - fino a diverse nuove disposizioni - rimangano invariate
le  modalita' di dichiarazione dei singoli tributi che continueranno,
pertanto, a riportare valori monetari espressi in lire.
12 VERSAMENTI DA EFFETTUARE
Durante il  periodo  transitorio  i  contribuenti  hanno  la  massima
liberta'  di  effettuare  i versamenti relativi a tributi sia in euro
che in lire, a prescindere dalla valuta in cui sono state redatte  le
eventuali  dichiarazioni  ovvero  dalla  valuta  in  cui  sono  state
effettuate le liquidazioni del debito tributario.
Qualora il contribuente scelga di utilizzare l'euro,  all'atto  della
conversione    degli    importi    espressi    in   lire   procedera'
all'arrotondamento dell'ammontare da  pagare  secondo  i  criteri  in
precedenza illustrati.
Naturalmente la scelta di effettuare i versamenti utilizzando l'euro,
durante  il  periodo transitorio, potra' avvenire solo se il soggetto
interessato utilizzera' mezzi di pagamento diversi dal contante.
                                * * *
Gli Uffici in indirizzo sono pregati di dare la massima diffusione al
contenuto della presente circolare.
                                        Il direttore generale
                                    del Dipartimento delle entrate
                                                ROMANO