Alle  organizzazioni  di  etichettatura
                              carni bovine;
                              Agli    organismi    indipendenti    di
                              controllo
                              Alle  associazioni nazionali allevatori
                              razze bovine
                              All'Assocarni
                              Alla      Confederazione      nazionale
                              coltivatori diretti
                              Alla       Confederazione      generale
                              dell'agricoltura italiana
                              Alla       Confederazione      italiana
                              agricoltori
                              Alla Confederazione produttori
                                agricoli - Copagri
                              Alla Associazione generale
                                cooperative italiane - AGCI
                              All'ANCA-LEGA
                              Alla  Federazione nazionale cooperative
                              agricole
                              All'ASSALZOO
                              Al Consorzio italiani macellatori
                              All'Uniceb
                              Al C.N.A. alimentare
                              Alle        Organizzazioni       grande
                              distribuzione
                              Alla  Confederazione italiana esercenti
                              attivita'  commerciali turistiche e dei
                              servizi
                              All'AGEA
                              Alle  regioni  e  province  autonome di
                              Trento     e     Bolzano    assessorati
                              agricoltura
                              Al Ministero delle attivita' produttive
                              - D.G.S.P.C.
                              Al  Ministero  della salute - Dir. Gen.
                              sanita' pubblica veterinaria alimenti e
                              nutrizione
                              Alla      Commissione      ministeriale
                              etichettatura carni bovine
                              All'Ispettorato   centrale  repressione
                              frodi
                              Alla    Direzione   generale   per   le
                              politiche agroindustriali

1. Premessa.
  Il Parlamento europeo e il Consiglio, in data 17 luglio 2000, hanno
adottato  il nuovo Regolamento (CE) n. 1760/20001 sulla etichettatura
delle  carni  bovine e dei prodotti a base di carni bovine, abrogando
il precedente Regolamento (CE) n. 820/97, passando cosi' da
          1 (GUCE L204 dell'11 agosto 2000)
un  sistema  volontario  di  etichettatura  ad un sistema comunitario
obbligatorio di etichettatura congiunto ad un sistema facoltativo.
  L'obiettivo   dell'etichettatura   e'   di   procurare  la  massima
trasparenza  nella  commercializzazione  delle carni bovine evitando,
quindi,  informazioni  inesatte,  non  veritiere  o poco attendibili,
riferimenti   a  notizie  velatamente  vaghe  o  ricorso  a  immagini
fuorvianti.
  Con  successivo Regolamento (CE) del 25 agosto 2000, n. 1825/20002,
la  Commissione  europea  ha  emanato  le  modalita'  applicative del
Regolamento (CE) n. 1760/2000.
  Nell'ambito  del  sistema obbligatorio di etichettatura delle carni
bovine  gli  operatori e le organizzazioni che commercializzano dette
carni  devono  indicare  sulla  etichetta,  dal  1  gennaio  2002, le
seguenti informazioni obbligatorie:
   ( ) numero che identifica l'animale o il lotto di animali;
   ( ) paese e numero approvazione impianto di macellazione;
   ( ) paese e numero di approvazione laboratorio di sezionamento;
   ( ) paese di nascita;
   ( ) paese/i di ingrasso;
  Per  tutte  le  indicazioni  diverse da quelle previste dal sistema
obbligatorio  di  etichettatura,  la  stessa  normativa  consente  un
sistema  facoltativo  di etichettatura delle carni bovine. Un sistema
efficace  di  etichettatura  presuppone  la  possibilita' di risalire
dalle  carni  etichettate  all'animale  o agli animali di origine. Le
modalita'  per indicare sulla etichetta informazioni facoltative sono
contenute  in  un  disciplinare  dell'operatore approvato dallo Stato
membro. Dette informazioni possono riguardare:
   ( ) Allevamento:
      denominazione azienda di nascita e/o di allevamento;
      sistema di allevamento;
      alimentazione degli animali;
   ( ) Animale:
      razza o tipo genetico;
      caratteristiche legate al genoma;
      sesso;
      periodo d'ingrasso;
   ( ) Macellazione:
      categoria;
      data macellazione;
      periodo frollatura;
      denominazione del macello;
          2 (GUCE L216/8 del 26 agosto 2000)
   ( ) Altre informazioni:
      logo organizzazione di etichettatura;
      denominazione organismo indipendente incaricato dei controlli;
      n. approvazione del disciplinare;
      modalita' di conservazione;
      data scadenza;
      punto vendita;
      peso e taglio anatomico.
  2. Le modalita' attuative in Italia.
  Con decreto ministeriale 30 agosto 20003, sono state fornite alcune
indicazioni  agli operatori ed alle organizzazioni sull'etichettatura
obbligatoria delle carni bovine nonche' sono stati disposti termini e
modalita'  di  applicazione  supplementari per consentire l'attivita'
degli   operatori   e  delle  organizzazioni  che  intendono  fornire
informazioni  facoltative  sulle  proprie  carni  bovine  cosi'  come
previsto dal citato Regolamento (CE) n. 1760/2000.
  In particolare sono stati definiti:
    modalita' di apposizione delle etichette;
    rilascio  automatico  di  etichette anche per la carne venduta al
taglio;
    struttura  dei  disciplinari  di  etichettatura facoltativa, loro
esame ed approvazione;
    approvazione organismi indipendenti di controllo;
    definizione  di  lotto di animali diversi lavorati nei laboratori
di sezionamento e nei punti vendita.
  Il  procedimento  amministrativo di approvazione di un disciplinare
di  etichettatura  prevede  l'acquisizione del parere di una apposita
commissione  ministeriale  (art.  7  decreto  ministeriale  30 agosto
2000).
  Con  circolare n. 5 del 15 ottobre 20014 sono stati chiariti alcuni
aspetti  da seguire per una corretta predisposizione dei disciplinari
di  etichettatura,  nonche'  sono  state indicate le modalita' per la
predisposizione dei piani di autocontrollo da parte degli operatori e
delle  organizzazioni,  e  dei  piani  di  controllo  da  parte degli
organismi indipendenti designati dalle stesse organizzazioni.
  Con  successivo  decreto  ministeriale  del  13 dicembre 20015 sono
state   impartite  istruzioni  alle  organizzazioni  in  possesso  di
disciplinari   di   etichettatura   ed  agli  organismi  indipendenti
autorizzati   a   svolgere   i  controlli  nell'ambito  degli  stessi
disciplinari  al  fine  di  una  maggiore efficacia nell'attivita' di
monitoraggio   e  di  vigilanza  sulla  corretta  applicazione  della
normativa in questione.
  L'esame  dei  disciplinari  di  etichettatura  finora sottoposti al
parere della commissione e alla approvazione ministeriale ha messo in
luce  la  necessita' di chiarire e puntualizzare ulteriormente alcuni
aspetti  da seguire per una corretta predisposizione dei disciplinari
medesimi,  nonche'  per  indicare le modalita' per la predisposizione
dei   piani  di  autocontrollo  da  parte  degli  operatori  e  delle
organizzazioni,  e  dei  piani  di controllo da parte degli organismi
indipendenti designati dalle stesse organizzazioni.
          3 (G.U.R.I. n. 268 del 16 novembre 2000)
          4 (G.U.R.I. n. 250 del 26 ottobre 2001)
          5 (G.U.R.I. n. 23 del 28 gennaio 2002)
  A  cio'  vanno  ad  aggiungersi  numerose  irregolarita' rilevate a
seguito  di  sopralluogo  presso macelli, laboratori di sezionamento,
punti vendita, ecc., di seguito riferiti.
  3.  Problemi  di  rintracciabilita' riscontrati nella lavorazione e
commercializzazione delle carni bovine e delle carni macinate bovine.
  Una  situazione  molto  varia  e' stata riscontrata nel campo della
rintracciabilita' nei diversi segmenti di filiera.
  Innanzitutto  si  sottolinea come il concetto di rintracciabilita',
piu'  volte  variamente definito per differenziare e commercializzare
alimenti  con  particolari  qualita',  sia  stato una volta per tutte
chiaramente individuato nell'art. 3, punto 18 del Regolamento (CE) n.
178/2002 del 28 gennaio 2002 che stabilisce i principi ed i requisiti
generali della legislazione alimentare.
  La   rintracciabilita'   consiste   quindi  nella  possibilita'  di
ricostruire  e  seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di
un  animale  destinato  alla  produzione alimentare o di una sostanza
destinata  o  atta  ad  entrare  a  far  parte di un alimento o di un
mangime   attraverso   tutte   le   fasi   della   produzione,  della
trasformazione e della distribuzione.
  Sebbene  la  filiera  sia  consapevole  e informata dell'obbligo di
dotarsi  di  sistemi  di  rintracciabilita',  questi ultimi una volta
messi   in  atto  sono  risultati  in  taluni  casi  inadatti  o  non
sufficienti  allo  scopo,  come  fatto rilevare anche dagli organismi
indipendenti   di   controllo   nei   loro   periodici  rapporti.  In
particolare,  mentre nei macelli i sistemi posti in atto presentavano
difetti  facili  da  correggere,  nei laboratori di sezionamento, nei
laboratori  di  produzione  di  carni macinate e nei punti vendita si
sono  riscontrati problemi piu' seri, tali da determinare una perdita
parziale o totale della rintracciabilita'.
  In  particolare  per quanto concerne i sistemi adottati nei macelli
si osserva quanto segue:
  non  sempre  le  carcasse  sono  individuate  attraverso  il numero
identificativo del singolo animale essendo spesso presente unicamente
il  numero identificativo  del  lotto.  Ne' e' possibile collegare in
modo certo un determinato passaporto a una determinata carcassa;
  non  sempre  vengono  scongiurati i rischi potenziali di perdita di
rintracciabilita'  durante  la  catena  di macellazione (ritiro delle
marche auricolari all'abbattimento e iscrizione di un numero di serie
soltanto   al   momento  della  pesa  finale  della  carcassa).  Cio'
soprattutto allorche' certe carcasse devono essere messe da parte per
un esame complementare di tipo sanitario.
  Per   quanto   concerne  la  rintracciabilita'  nei  laboratori  di
sezionamento e nei laboratori di produzione di carni macinate, alcuni
dei diversi sistemi adottati presentano le seguenti gravi carenze:
    carenza  di registrazione dei numeri identificativi degli animali
o dei lotti in uscita che non consente una soddisfacente correlazione
con i corrispondenti numeri in entrata;
    errori  nella  ritrascrizione  dei  numeri  identificativi  degli
animali o dei lotti lavorati nei registri di lavorazione;
    carenza  d'informazione  e  di  rintracciabilita'  per  le  carni
destinate  ad  altre aziende produttrici di preparati a base di carne
pur  in assenza di un obbligo di queste ultime a fornire informazioni
al consumatore;
    incompletezza    dell'indicazione    relativa   al   sezionamento
nell'ipotesi in cui siano intervenuti piu' laboratori di sezionamento
ubicati anche in Paesi diversi;
    lavorazione  contemporanea  di  carcasse,  mezzane, ecc. di lotti
diversi  senza l'adozione di misure idonee ad impedire la commistione
delle carni;
    immagazzinamento  di  carcasse,  mezzane,  ecc.  senza  etichetta
originaria,  e/o  di carne gia' tagliata, priva di idoneo riferimento
ricollegabile all'etichetta originaria;
    costituzione  di  lotti  non omogenei per diversita' del Paese di
nascita o di allevamento o di macellazione degli animali;
    costituzione  di lotti di dimensioni superiori alla produzione di
un giorno;
    mescolamento  di piu' lotti per la preparazione di carni macinate
senza garanzie in quanto all'omogeneita' di tali lotti.
  Anche  a  livello  di  piccola  o  grande  distribuzione  i sistemi
adottati  per  garantire  la  rintracciabilita'  presentano le stesse
carenze evidenziate per i laboratori di sezionamento, soprattutto con
riferimento  al volume di attivita' della grande distribuzione. Ci si
riferisce  in  particolare  al  mancato aggiornamento dei registri di
carico e scarico, all'immagazzinamento di carni non etichettate, alla
mancata  omogeneita' dei lotti costituiti presso il punto vendita per
la  preparazione di prodotto preincartato. Di conseguenza, in diversi
casi,  e'  praticamente  impossibile  garantire  la veridicita' delle
informazioni date al consumatore per perdita di rintracciabilita'.
  Relativamente  alla  vendita della carne a taglio, occorre rilevare
la  frequente  mancanza di accorgimenti che consentono al consumatore
di   collegare  la  carne  posta  sul  banco  con  la  corrispondente
informazione sostitutiva dell'etichetta.
  Carenze  sono  state,  altresi' riscontrate per quanto concerne sia
l'etichettatura obbligatoria che quella facoltativa. In particolare:
    a) Etichettatura obbligatoria:
  Carni  prive  di etichettatura o con etichette non contenenti tutte
le informazioni previste;
      etichette  riportanti  solamente  un  numero di riferimento che
rimanda  ad  un documento di accompagnamento su cui sono riportate le
informazioni in modo esplicito;
      etichette   che   riportano   informazioni   non   verificabili
soprattutto  per  animali  nati  prima  del  1998  per  i  quali  non
dimostrabile il Paese di origine;
      carni  con informazioni presentate in modo non conforme (codice
ISO,  riferimento  al  macello  d'origine  non chiaramente leggibile,
numero  o  codice  di riferimento da ricostruire a partire da diversi
elementi dell'etichetta).
    b) Etichettatura facoltativa:
      etichette  con  informazioni  generiche  e  fuorvianti, come ad
esempio:  "proveniente  da  allevamenti selezionati", "razza da carne
superiore",  "alimentazione  controllata  e  rigorosamente  vegetale"
senza   che   risulti  approvato  dalle  autorita'  competenti  alcun
disciplinare  che  consenta  di  garantire  la  veridicita'  di  tali
informazioni;
      etichette con informazioni riportate in modo difforme da quanto
previsto dal disciplinare approvato.
  4. L'etichetta.
  4.1 Etichetta/informazione al consumatore.
  Come  previsto  dal  Regolamento  (CE)  n.  1760/2000 e dal decreto
ministeriale  30  agosto  2000 (art. 2, comma 6, capoverso 3), per la
sola  carne  venduta al taglio nell'esercizio di vendita, l'etichetta
puo'  essere  sostituita con una informazione fornita per iscritto ed
in  modo  visibile  al  consumatore contenente le stesse informazioni
previste   in   etichetta.  Tale  informazione  al  consumatore  puo'
rivestire  la  forma  di  un  cartello  o  un  documento,  stampato o
compilato, oppure essere visualizzata su uno schermo elettronico.
  Si   ricorda   che   negli   esercizi   di   vendita  l'esposizione
dell'informazione  al consumatore, in sostituzione dell'etichetta, e'
ammessa  esclusivamente  per  i  prodotti  non  preconfezionati e non
preincartati.
  In ogni caso la predetta informazione al consumatore, cosi' come le
informazioni   contenute   nelle   etichette,  devono  permettere  di
evidenziare  il  nesso  tra  le carni poste in vendita sul banco e il
singolo  animale  o  il  gruppo  di  animali  da  cui  provengono. E'
necessario  quindi  che  l'operatore  metta  in atto sistemi idonei a
creare   sul  banco  di  vendita  una  correlazione  diretta  tra  la
provenienza   delle   singole   carni  esposte  e  le  corrispondenti
informazioni al consumatore.
  4.2 Immagini e dichiarazioni fuorvianti.
  A  tutela del consumatore, non e' conforme all'attuale normativa la
presenza  sulle  confezioni,  accanto  all'etichetta,  di indicazioni
(adesivi   o   altri  simboli  o  diciture)  riportanti  informazioni
facoltative  di  tipo  generico  sull'origine  ed alimentazione degli
animali,  sulle  proprieta' qualitative del processo produttivo o del
prodotto  (es.  carni  italiane,  produzione controllata, allevamenti
selezionati, ecc.).
  Per  gli  stessi  motivi  non  e'  ugualmente  ammissibile l'uso di
immagini   che   richiamino  l'origine  nazionale  (forma  geografica
dell'Italia,  bandiera  tricolore  ecc.)  o  suggeriscano particolari
ambienti  di  allevamento  (es.  montagne  innevate  con  animali  al
pascolo, ecc.).
  Alle  stesse  regole  soggiace  anche l'informazione pubblicitaria,
comunque  diffusa,  che  non  puo'  fare  riferimento  ad indicazioni
diverse  da  quelle  contenute  nell'etichetta e non rientranti in un
disciplinare approvato da questo Ministero.
  Ad integrazione di quanto gia' indicato nella circolare n. 5 del 15
ottobre  2001, e' ammesso l'utilizzo sulle confezioni di informazioni
relative  alla  certificazione  volontaria  UNI  EN ISO 9001 (tipo di
certificazione,    estremi    della    certificazione   e   organismo
certificatore)  allorche'  l'operatore  voglia organizzare un sistema
qualita'  e  dare  dimostrazioni  ai  propri  clienti delle capacita'
organizzative e funzionali impiegate per soddisfare le loro esigenze.
Puo'  essere  consentito, in questo caso, l'uso di marchi aziendali o
consortili,  sotto  la  responsabilita'  dell'operatore,  purche' non
miranti  a sostituirsi formalmente e sostanzialmente alle indicazioni
che  devono  comparire  in  etichetta,  traendo  cosi'  in inganno il
consumatore.
  4.3 Carni macinate.
  La  carne  macinata  deve  recare  in etichetta, oltre al numero di
riferimento,  o un codice di riferimento che evidenzi il nesso tra le
carni  e  l'animale e gli animali (lettera a, paragrafo 2 art. 13 del
Reg. (CE) 1760/2000), le seguenti informazioni:
    "Preparato in: (nome del Paese membro o del paese terzo)";
    "Origine":  nel  caso  in  cui il Paese o i Paesi di nascita e di
allevamento   siano   diversi   da  quello  in  cui  e'  avvenuta  la
preparazione del macinato;
    Paese di macellazione.
  Ad  esempio  se  la  carne  utilizzata  proviene  da animali nati e
allevati   in  "Francia/Germania/Irlanda"  e  la  macellazione  e  la
produzione   del   macinato   avviene  in  Italia,  l'etichetta  deve
riportare:
    numero di riferimento;
    preparato in: Italia;
    origine: Francia/Germania/lrlanda;
    macellato in Italia.
  L'etichetta,  inoltre,  puo'  riportare  una o piu' indicazioni tra
quelle  obbligatorie  previste  all'art.  13  del Regolamento (CE) n.
1760/2000 e la data di preparazione delle carni in questione.
  Si  fa  presente,  in  ogni  caso,  che  ferme  restando  eventuali
autorizzazioni  per  l'idoneita' sanitaria alla preparazione di carni
macinate,  l'informazione obbligatoria "Preparato in ..." deve essere
sempre  riportata  da  tutti  gli  operatori  e le organizzazioni che
preparano  carni bovine macinate (art. 14 Reg. (CE) n. 1760/2000). Da
questo  obbligo  non  sono,  pertanto,  esclusi  i  titolari di punti
vendita che preparano e pongono in vendita preincarti di carne bovina
macinata.
  Le  informazioni  relative  anche alle carni macinate devono essere
chiare,  trasparenti  ed  univoche.  Vige, pertanto, il principio che
qualora  si  costituisca un lotto, lo stesso deve essere omogeneo per
le  informazioni  obbligatorie  di  cui  all'art. 14 del Reg. (CE) n.
1760/2000  (numero  di  riferimento,  Paese di preparazione, Paese di
macellazione  e  Paese/i  di  nascita  e  di allevamento) nonche' per
quelle  facoltative  allorche' previste da un disciplinare approvato.
Si  ricorda  che  in  ogni  caso il lotto (costituito da un gruppo di
animali  sezionati  o macinati nello stesso giorno) non puo' superare
la produzione di un giorno (art. 4 del Reg. (CE) n. 1825/2000).
  4.4 Ritagli di carne.
  I  ritagli,  le  rifilature e i muscoli del massetere (facciali) di
carne bovina posti in commercio devono essere etichettati seguendo le
disposizioni  previste all'art. 13 del Regolamento (CE) n. 1760/2000.
Non  sono, infatti, applicabili a queste tipologie di carne bovina le
deroghe previste per la carne macinata.
  4.5 Etichettatura su singoli pezzi di carne.
  Nel  caso in cui singoli pezzi di carne o confezioni di carne siano
riuniti  in un unico contenitore sigillato (cartone, carrelli, ecc.),
pur  in  presenza  di informazioni obbligatorie e facoltative comuni,
l'etichetta  non  solo  deve  essere apposta su detto contenitore, ma
anche sui singoli pezzi o confezioni di carne.
  4.6 Punti vendita privi di reparto macelleria.
  I   punti   vendita   privi   del  reparto  di  macelleria  possono
commercializzare  esclusivamente  carni  bovine  pre-confezionate; va
invece   esclusa   per  detti  punti  vendita  ogni  possibilita'  di
commercializzazione  di  carni  bovine  pre-incartate, sia in proprie
confezioni,  sia  utilizzando  confezioni  provenienti da altri punti
vendita.
  5. Le informazioni in etichetta.
  5.1 Informazioni obbligatorie.
  Questa  amministrazione e' consapevole che l'eccessiva quantita' di
informazioni  talora  presenti  sull'etichetta  puo' creare problemi;
tuttavia  e' bene sottolineare che solo l'indicazione di tutti i dati
obbligatori   consente  di  assicurare  la  chiarezza  e  trasparenza
richieste  dalla  normativa  di  base.  E'  inoltre necessario che le
informazioni  in  questione  siano indicate in modo comprensibile dai
consumatori.
  In  tal  senso,  tenendo  conto  anche  degli orientamenti espressi
ufficialmente  dalla  commissione europea in ordine alla applicazione
del Regolamento (CE) n. 1825/2000, si chiariscono i seguenti punti:
    a) le indicazioni dei Paesi di origine, allevamento, macellazione
e  sezionamento,  devono essere riportate per esteso senza l'utilizzo
di  abbreviazioni o dei codici ISO, che, non essendo sufficientemente
conosciuti dal pubblico, potrebbero indurre confusione;
    b) l'informazione  relativa  al sezionamento deve riportare tutte
le   indicazioni  dei  Paesi  coinvolti  con  i  relativi  numeri  di
approvazione degli stabilimenti;
    c) l'informazione  relativa al Paese di sezionamento ed al numero
di approvazione del laboratorio deve essere fornito dal punto vendita
(macelleria) nel caso che quest'ultimo riceva carni gia' sezionate in
uno   di  detti  laboratori.  L'informazione  relativa  al  Paese  di
sezionamento  non  e' necessaria se il punto vendita riceve carcasse,
mezzane,  quarti  e  sesti  direttamente  dal  macello,  in quanto e'
evidente che il sezionamento e' avvenuto nel punto vendita stesso;
    d) le  informazioni obbligatorie devono essere applicate su tutte
le  carni  indicate  nei  codici  previsti nel Reg. (CE) n. 1760/2000
qualunque sia la destinazione delle stesse, compreso il caso di invio
agli stabilimenti di preparazione o lavorazione industriali.
  5.2 Origine e formazione del lotto.
  Occorre garantire la completa rintracciabilita' delle carni bovine,
ai sensi di quanto previsto dall'art. 13 punto 1 del Regolamento (CE)
n. 1760/2000.
  L'etichetta deve quindi recare un numero o un codice di riferimento
che  permette  di  risalire  dal  prodotto carne al singolo animale o
gruppo di animali di provenienza.
  Il numero in questione e' rappresentato da:
    a) numero di   identificazione   del   singolo   animale  da  cui
provengono le carni;
    b) numero di identificazione di un gruppo di animali (lotto).
  Nel primo caso il numero e' rappresentato dal codice identificativo
(marca  auricolare)  dell'animale  attribuito dall'anagrafe bovina, o
dal numero progressivo di macellazione, attribuito dallo stabilimento
di  macellazione,  che  permette  in  ogni caso di risalire al codice
identificativo dell'animale.
  Nel  secondo  caso, invece, il numero di identificazione del gruppo
(lotto)  permette  di risalire ai codici identificativi degli animali
che  compongono  il  gruppo  stesso.  La  dimensione  del  gruppo  e'
determinata  dal  numero  di  carcasse,  o mezzene, o sesti sezionati
nello stesso tempo. Tale dimensione non puo' in ogni caso superare la
produzione di un giorno (art. 4 Reg. (CE) n. 1825/2000).
  Lo  stabilimento di macellazione individua le carcasse, le mezzene,
i  quarti  e  i  sesti,  indicando,  sempre  in  etichetta, il numero
identificativo  del  singolo  animale  da  cui provengono. Cio' anche
quando, per motivi organizzativi (es. corrispondere alle esigenze del
cliente),  vengono costituiti lotti. Nella costituzione di tali lotti
e'  necessario che lo stesso stabilimento rispetti il principio della
omogeneita'  sia per le informazioni obbligatorie che facoltative che
compaiono  in  etichetta.  Pertanto  il numero di identificazione del
lotto  deve essere abbinato in etichetta al numero identificativo del
singolo animale.
  Nel  laboratorio  di sezionamento o di macinatura delle carni, dove
la  lavorazione  oltre  che  per  singolo  animale, puo' avvenire per
gruppo  di animali (lotto), sempre pero' omogeneo per le informazioni
obbligatorie  e facoltative fornite, la rintracciabilita' e' comunque
assicurata, ove sia impossibile indicare il numero identificativo del
singolo  animale, dal numero identificativo del lotto che consente di
risalire  agli animali che ne fanno parte. Il raggruppamento in lotto
nel  laboratorio di sezionamento deve avvenire nella fase antecedente
la lavorazione.
  La  stessa  procedura  di  costituzione  del  lotto, indicata per i
laboratori  di sezionamento, va seguita dai punti vendita con reparto
di macelleria che provvede al preincarto della carne.
  In  tutti i casi e' necessario che il lotto sia identificato con un
numero   progressivo   che   accompagna   eventualmente  la  data  di
lavorazione.
  5.3 Rintracciabilita' nei punti vendita.
  Come  evidenziato  nel  precedente  punto  3,  carenze  sono  state
riscontrate  nei punti vendita per quanto riguarda i sistemi messi in
atto per garantire trasparenza e rintracciabilita' del prodotto.
  Si  evidenziano  innanzi  tutto  le fasi critiche nella lavorazione
delle carni nel punto vendita, con reparto di macelleria annesso:
    A) Punto vendita con preparazione di confezioni preincartate:
      accettazione carne al punto vendita;
      immagazzinaggio in cella frigorifera;
      fase di lavorazione;
      etichettatura del prodotto preincartato;
      gestione  della  documentazione  (registro di carico e scarico,
lavorazione).
    B)  Punto vendita con rilascio di etichetta per porzione di carne
venduta al taglio:
      accettazione carne al punto vendita;
      immagazzinaggio in cella frigorifera;
      fase di lavorazione;
      gestione banco di vendita;
      rilascio etichetta;
      gestione  della  documentazione  (registro di carico e scarico,
lavorazione).
    C)   Punto   vendita  con  informazione  al  consumatore  esposta
visibilmente, per carne venduta al taglio:
      accettazione carne al punto vendita;
      immagazzinaggio in cella frigorifera;
      fase di lavorazione;
      gestione banco di vendita;
      gestione  della  documentazione  (registro di carico e scarico,
lavorazione).
  Si  forniscono  pertanto alcune istruzioni operative necessarie per
garantire  al  consumatore  le informazioni che devono caratterizzare
obbligatoriamente le carni:
    per  ogni consegna di carne va verificata la corrispondenza delle
informazioni contenute nella bolla di accompagnamento e nelle fatture
con quelle riportate nei documenti di tracciabilita';
    la carni prive di etichette identificative e non accompagnate dai
documenti  di  tracciabilita' o per le quali si riscontri la mancanza
di  corrispondenza  tra informazioni riportate sull'etichetta apposta
sul  prodotto  consegnato  e  documentazione  accompagnatoria,  vanno
restituite al fornitore;
    le  carni  prese  in  carico e immagazzinate, in attesa di essere
lavorate,  devono  essere  identificate  con  l'etichetta  originaria
riportante  il  numero  identificativo  dell'animale e/o il numero di
lotto del fornitore (macello o laboratorio di sezionamento);
    i  vassoi  preincartati delle diverse tipologie di prodotto (es.:
fettine,  bistecche,  bocconcini, ecc.), ricavate dai tagli anatomici
forniti  dai  laboratori  di  sezionamento  o  separati  da carcasse,
mezzene  e  tagli  primari consegnati dai macelli, vanno avviati alla
pesatura  ed  alla  etichettatura  per  la  vendita  unitamente  alla
documentazione  di  tracciabilita'  ricevuta dal fornitore (macello o
laboratorio di sezionamento);
  Il  gestore  del  punto vendita deve assicurare che le informazioni
preimpostate sulla etichettatrice, corrispondano a quelle delle carni
realmente  lavorate e che il numero di lotto attribuito sia collegato
al  numero  identificativo del singolo animale e/o del lotto indicati
dal fornitore originario;
  Giornalmente nel punto vendita il gestore deve:
    aggiornare il registro di carico e scarico;
    aggiornare  il  registro  di  lavorazione  con l'indicazione, per
ciascun lotto costituito, del numero identificativo degli animali che
lo  compongono  o  del  numero  di  lotto  del fornitore da cui poter
risalire a detti animali;
    archiviare  le  bolle  ed  i  documenti che accompagnano la carne
consegnata.
  5.4. Categoria.
  La  classificazione  delle carcasse, di cui al Regolamento (CEE) n.
1208/1981 del 28 aprile 19816 ed al Regolamento (CEE) di applicazione
n. 344/91 del 13 febbraio 19917, e' obbligatoria per gli stabilimenti
di  macellazione riconosciuti ai sensi del decreto legislativo del 18
aprile  1994,  n.  2868,  le  quali devono marcare le carcasse con un
timbro  ad inchiostro indelebile, da apporre sulla superficie esterna
della  carcassa,  sui  quarti  posteriori,  all'altezza  della quarta
vertebra  lombare, e sui quarti anteriori, a 10-30 cm di distanza dal
centro dello sterno.
  Per  questa  fattispecie non appare di norma possibile fare ricorso
ad  un'unica  etichetta che contenga, sia la predetta classificazione
delle   carcasse   bovine   (Reg.  1208/1981),  sia  le  informazioni
obbligatorie sull'etichettatura delle carni (Reg. 1760/2000),
  Tuttavia  e'  ammissibile  l'utilizzo  di  un'unica  etichetta  per
entrambe   le  informazioni  nel  caso  in  cui  lo  stabilimento  di
macellazione sia stato autorizzato da questo Ministero a classificare
le  carcasse  tramite  apposite etichette che dovranno essere apposte
negli specifici summenzionati punti della carcassa.
  Resta  inteso  che  le  informazioni  sulla  classificazione  della
carcassa   possono  giungere  fino  al  consumatore  soltanto  se  lo
stabilimento  di  macellazione  fa  parte  di  un'organizzazione  che
dispone  di  un disciplinare approvato che preveda di includere detta
informazione.
  5.5 Sistemi e tecniche di allevamento.   Qualora si intenda fornire
informazioni  circa  i  sistemi  e  le  tecniche  di allevamento, gli
operatori e le organizzazioni devono attenersi, nella predisposizione
dei  disciplinari, ai seguenti orientamenti per l'allevamento bovino,
basati sulla consolidata esperienza operativa.
          6 (GUCE L123 del 7 maggio 1981)
          7 (GUCE L041 del 14 febbraio 1991)
          8 (S.O. G.U.R.I. n. 111 del 14 maggio 1994)
  L'allevamento  di un bovino e' distinguibile in tre fasi successive
denominate:
    a) allattamento: periodo durante il quale il bovino e' alimentato
prevalentemente  mediante latte o sostituti del latte. L'allattamento
e'  definito naturale quando il vitello viene lasciato sotto la madre
almeno fino all'eta' di otto settimane senza impiego di sostituti del
latte.  E' definito artificiale quando al vitello viene somministrato
latte naturale o latte ricostituito con sostituti del latte;
    b) accrescimento: periodo durante il quale e' massimo il deposito
di  carne  magra  e  le razioni sono caratterizzate da elevati tenori
proteici;
    c) finissaggio:  periodo  durante il quale il bovino raggiunge la
maturazione   commerciale   attraverso  il  deposito  di  un'adeguata
copertura adiposa.
  In tutte le fasi di allevamento, il bovino puo' essere allevato:
      1)  allo  stato  brado:  quando  esso e' libero di muoversi per
tutto  l'anno  su  un  territorio  non  coltivato, utilizzando o meno
eventuali  ricoveri  di  fortuna,  e  non riceve alcuna alimentazione
dall'uomo,  ad  eccezione  di  sporadici  e  limitati  interventi  di
soccorso in condizioni climatiche estreme;
      2)  semibrado:  quando  le  condizioni  di allevamento al brado
vengono  mantenute  per  almeno  sei mesi nel corso dell'anno solare,
ovvero  quando ai bovini tenuti al brado vengano messi a disposizione
alimenti allo scopo di integrarne la razione;
      3)  al  pascolo:  quando  il  bovino  e'  libero di muoversi su
terreni   tenuti   a   pascolo   o  prato-pascolo,  alimentandosi  in
prevalenza,  attraverso il pascolamento, delle risorse foraggiere (ad
esempio  viene  tenuto  al  pascolo  per  almeno  sei  mesi nel corso
dell'anno solare);
      4)  con  ricorso  al  pascolo:  quando  il bovino ha accesso al
pascolo  per  periodi piu' limitati. In questo caso va indicato anche
il tipo di stabulazione in cui il bovino e' prevalentemente tenuto;
      5)  in  stabulazione  libera all'aperto: quando il bovino viene
tenuto  per  tutto  l'anno in recinti che, al massimo, possono essere
parzialmente coperti da una tettoia;
      6)  in  stabulazione  libera parzialmente all'aperto: quando il
bovino  viene  tenuto  in  recinti  al  chiuso  (box)  che consentono
l'accesso libero a recinti all'aperto (paddocks);
      7)  in  stabulazione  libera  stallina  su  lettiera: quando il
bovino viene allevato in box con pavimento interamente a lettiera;
      8)  in  stabulazione  libera  stallina  su  pavimento continuo:
quando  il bovino viene allevato in box con pavimento solido continuo
(ne' fessurato ne' grigliato) per almeno il 50% della superficie;
      9)  in  stabulazione  libera  stallina  su pavimento fessurato:
quando  il  bovino  viene  allevato  in box con pavimento fessurato o
grigliato;        10)  in  stabulazione  fissa:  quando  il bovino e'
tenuto legato al chiuso.
  I  punti  7),  8)  e  9) possono essere indicati in etichetta anche
nella forma "Allevamento stallino libero in box".
  5.6. Alimentazione zootecnica "non OGM".
  Si  precisa  che l'art. 12 del decreto ministeriale 30 agosto 2000,
prevede   espressamente  che  informazioni  sull'alimentazione  degli
animali,  debbono  essere  previste  nell'ambito  di  un disciplinare
approvato.  E'  da  escludersi  pertanto qualsiasi indicazione in tal
senso   in   assenza  di  un  disciplinare  anche  se  apposta  sulla
confezione,  fuori  dell'etichetta,  o divulgata al consumatore sotto
qualsiasi altra modalita'.
  La  sola certificazione di conformita' in ambito volontario, non e'
quindi sufficiente per poter fornire le suddette informazioni.
  Fra  le  tipologie  di informazione sull'alimentazione animale piu'
frequentemente   contenute   nei   disciplinari,  e'  stata  trattata
l'indicazione "non OGM".
  Innanzi   tutto   e'   utile  una  considerazione  preliminare  sul
significato  insito nell'adozione della dialettica "NON-OGM" rispetto
alla dialettica "OGM-FREE":
    OGM-FREE: concetto "assoluto", impostato sulla non contaminazione
di   territorio-agroecosistema,   rapportato   a  filiera,  prodotto,
processo e, soprattutto, sementi.
    NON-OGM:    concetto    "relativo",   impostato   su   procedure,
particolarmente indicato per filiera, prodotto, processo.
  Pertanto  si  definisce  "free" (cioe' "libero da", "privo di") una
filiera,  e/o  un  prodotto,  e/o un processo che non contenga OGM in
assoluto.  In  termini  analitici,  pertanto,  puo'  essere  definito
"OGM-FREE" un prodotto nel quale il contenuto di OGM sia inferiore al
limite  di  rilevazione strumentale, intendendo quest'ultimo come "lo
stato dell'arte in tema di tecnologie di rilevazione".
  Ad oggi tale stato dell'arte, accettato dalla comunita' scientifica
internazionale, e' riferibile a due metodi:
    1.  PCR  (Polymerase  Chain  Reaction)  "qualitative" = metodo di
analisi  validato  dal  JRC  di  Ispra  [  "Screening  method for the
identification  of  GMO  in  food:  detection of the CaMV 35S and NOS
terminator  by  means  of  PCR"].  Il limite inferiore di rilevazione
strumentale  stimato  e'  lo  0,1% (1 parte su 1.000). Nel caso delle
sementi,  per  quanto  riguarda il campionamento dei lotti oggetto di
verifica  esso  viene  effettuato conformemente a quanto previsto dai
metodi  ufficiali  di  analisi  delle  sementi  (decreto ministeriale
22 dicembre 19929).
    2.  PCR  (Polymerase  Chain  Reaction)  "quantitativa"  = analisi
effettuata  mediante  Real-Time  PCR,  la quale presenta un limite di
rilevazione  strumentale  stimato  allo  0,01%  (1  parte su 10.000):
contaminazioni  in percentuali inferiori possono non essere rilevate.
Pertanto, per quanto concerne il limite di quantificazione,
in assenza di procedure validate e di metodiche ufficiali, la maggior
parte  degli esperti nazionali ed internazionali concorda nel fissare
tale limite per la Real-Time PCR allo 0,1% (1 parte su 1.000). Valori
analitici  compresi tra 0,1% e 0,01% indicano "presenza di OGM, senza
possibilita'  di  quantificarla",  e l'esito analitico viene espresso
con <= 0,1% .
          9 (GUCE L6/19 dell'11 gennaio 2000)
  Si  puo'  definire  invece  NON-OGM  (cioe'  "non composto da") una
filiera,  e/o  un prodotto, e/o un processo che non contengano OGM in
quanto  le materie prime ed i semi-lavorati che entrano nella filiera
non provengono da materiale di propagazione vegetale, e/o da animali,
e/o da microrganismi con genetica GM (geneticamente modificata).
  Pertanto,   l'attenzione  si  pone  dialetticamente  su  procedure,
istruzioni  operative  e  disciplinari  che  ratifichino  la certezza
dell'origine   e,   funzionalmente,   la   capacita'  di  "tracciare"
(tracciabilita'   certificata)  e  "ripercorrere"  (rintracciabilita)
totalmente il percorso di tutti i componenti materiali della filiera.
  In   questo  quadro,  qualora  l'operatore  o  l'organizzazione  di
etichettatura  intenda  fornire  informazioni  circa l'assenza di OGM
nella  alimentazione  animale, dovra' attenersi nella predisposizione
del  disciplinare,  alle  linee  indicate nella circolare n. 5 del 15
ottobre 2001.
  Le  organizzazioni,  quindi,  che  intendano  indicare in etichetta
l'assenza  di  OGM nella alimentazione animale devono predisporre, ed
allegare     al     disciplinare,    apposita    documentazione    di
rintracciabilita' secondo le linee innanzi richiamate, precisando tra
l'altro:
    a) i metodi di analisi ufficiali;
    b) i metodi ufficiali di campionamento;
    c) la significanza statistica del numero dei siti e del numero di
analisi  per sito per garantire con ragionevole certezza l'assenza di
OGM nella razione alimentare;
    d) eventuali percentuali di tolleranza.
  Nel  disciplinare  vanno  conseguentemente  sviluppati  gli aspetti
relativi a tale informazione e principalmente:
    a) definizione di alimentazione "NON OGM";
    b) analisi dei rischi;
    c) modalita' atte a garantire le veridicita' delle indicazioni da
riportare in etichetta;
    d) qualifica del mangimificio/fornitore di alimenti;
    e) compiti/attivita' del mangimificio/fornitore di alimenti;
    f) compiti/attivita' dell'allevatore;
    g) identificazione e rintracciabilita' degli animali;
    h) gestione banca dati;
    i) piano di autocontrollo dell'organizzazione;
    j) piano dei controlli dell'organismo indipendente:
    k) dettaglio  dei  controlli analitici, metodo di analisi, limiti
di   accettazione,   tolleranze,   gestione  delle  non  conformita',
procedura     di    campionamento.      Per    la    qualifica    del
mangimificio/fornitore  di  alimenti e' necessario che siano previsti
controlli  analitici  anche sulle sementi utilizzate dai fornitori di
alimenti ad integrazione. Tali controlli devono essere indicati anche
per le sementi utilizzate dall'allevatore per le autoproduzioni.
  Il  protocollo  d'intesa  in  materia  di fornitura di mangimi deve
prevedere   un   adeguato  addestramento  del  personale  addetto  al
campionamento, e le procedure di campionamento devono essere allegate
al protocollo d'intesa stesso.
  Allo  stato attuale va sottolineata l'assenza di normativa propria,
sia  comunitaria,  sia  nazionale,  in  merito alla presenza di OGM e
conseguentemente   non   esiste  una  interpretazione  univoca  della
dicitura  volontaria  di "alimentazione non OGM" per le carni bovine.
La  comunicazione,  invece, al consumatore dell'assenza di OGM, anche
in  presenza  di contaminazioni, purche' di origine accidentale e nel
limite  massimo  dell'1%, e' consentita e normata per gli alimenti di
origine  vegetale destinati all'uomo (Regolamento (CE) n. 49/2000 del
10  gennaio  2000)10.  E'  evidente  che l'estensione della normativa
vigente  anche  al  settore  dei  mangimi  zootecnici  e' ispirata al
massimo  principio  di  precauzione in quanto si ritiene che cio' che
viene   somministrato  agli  animali  subisca  notevoli  processi  di
trasformazione  e/o  metabolizzazione  e/o  diluizione nell'organismo
dello stesso animale.
  L'indirizzo  generale dell'Unione europea sull'impiego degli OGM si
ispira  ad  un'apertura regolamentata, nel pieno rispetto del diritto
di  scelta  del  consumatore,  il  cui  presupposto indispensabile e'
costituito  dalla  trasparenza.  Il limite massimo innanzi indicato a
livello della UE e' attualmente in fase di revisione sulla base di un
accordo politico incentrato sui seguenti punti:
    a) soglia  per il materiale GM inferiore o uguale allo 0,9% quale
risultato di una presenza accidentale o tecnicamente inevitabile;
    b) livello zero di contaminazione assicurato nelle sementi.
  Tali  parametri  pertanto  vanno  adottati dalle organizzazioni che
intendono fornire indicazioni sulla assenza di OGM nell'alimentazione
zootecnica.
  5.7 Alimentazione zootecnica priva di grassi animali aggiunti.
  Anche  l'indicazione relativa all'alimentazione zootecnica priva di
grassi  animali  aggiunti  rientra  tra  le  informazioni che possono
essere  apposte  in  etichetta  solo  in  presenza di un disciplinare
approvato.   In   tal  senso  le  organizzazioni  interessate  devono
sviluppare nel disciplinare un apposito percorso di rintracciabilita'
con le stesse modalita' indicate per l'alimentazione NON OGM.
  Si  puo'  definire "alimentazione priva di grassi animali aggiunti"
una  filiera,  e/o  un  prodotto,  e/o un processo che non contengano
grassi  animali  incorporati  nei  mangimi. Pertanto, anche in questo
caso,  l'attenzione  si pone dialetticamente su procedure, istruzioni
operative  e disciplinari che ratifichino la certezza dell'origine e,
funzionalmente,   la   capacita'   di   "tracciare"   (tracciabilita'
certificata)   e   "ripercorrere"  (rintracciabilita)  totalmente  il
percorso di tutti i componenti materiali della filiera.

          10 (GUCE L6/19 dell'11 gennaio 2000)
  I  metodi  di  analisi  indicati dalla Stazione sperimentale per le
industrie degli oli e dei grassi (SSOG) di Milano sono i seguenti:
    a) per  l'estrazione  della  sostanza  grassa  da alimenti ad uso
zootecnico:
      NGD B4 - 76 (per oli e grassi estraibili direttamente);
      UNI 22605 - 92 (per gli oli e grassi estraibili previa idrolisi
acida);
    b) per     l'analisi     GLC     della     frazione     sterolica
dell'insaponificabile: NGD C 71-1989;
    c) per  l'analisi  del  contenuto  totale di colesterolo: NGD C72
-1989.
  Relativamente  all'estrazione  della  sostanza  grassa i due metodi
citati,  utilizzati  fino ad oggi, possono essere sostituiti anche da
un  unico  metodo  comprensivo  dei  due, sostanzialmente simile, che
prevede  l'estrazione  della  sostanza  grassa  con  idrolisi o senza
idrolisi  a  seconda della tipologia del campione da analizzare. Tale
metodo e' "DETERMINAZIONE DI OLI E GRASSI GREGGI. PARTE B - direttiva
98/64/CE  del  3 settembre 1998 - Procedimento A (oli e grassi greggi
estraibili direttamente) e Procedimento B (oli e grassi greggi totali
previa idrolisi acida)".
  La  SSOG ha successivamente confermato che i limiti precedentemente
proposti per il "Procedimento B" (percentuale relativa di colesterolo
<=  1%  sulla  frazione  sterolica e/o contenuto di colesterolo <= 50
mg/Kg   sul   grasso   estratto)   erano   puramente  di  derivazione
bibliografica,    essendo   stati   desunti   dalla   tabella   delle
caratteristiche  degli oli vegetali estratti da oleaginose e da palma
e  cocco  (tabelle  edite a cura della commissione tecnica M.A.P. per
gli  oli e grassi) e non suffragati da dati sperimentali. I risultati
delle   analisi   condotte  successivamente  su  500  campioni  hanno
evidenziato  la  difficolta' di rispettare i limiti teorici suggeriti
in  relazione  al  tipo  di  matrice  da  analizzare. Tali limiti non
tengono  conto  infatti  della  eventuale  quantita'  di  colesterolo
apportato  da  altre  materie  prime  utilizzate che non siano quelle
riportate  nelle  tabelle  menzionate. Nel caso dei mangimi destinati
all'alimentazione  per  bovini  a  formulazione piu' complessa, dalle
analisi condotte su alcune materie prime che vengono utilizzate nella
formulazione  di  questo tipo di mangimi - saponi di calcio da palma,
alcune  farine di estrazione di soia- e' stato riscontrato un livello
di  colesterolo  tale  da  fare  innalzare il valore dello stesso nel
prodotto finito.
  Pertanto,   sulla   base   dei   dati  sperimentali  attualmente  a
disposizione,    lasciando    un   margine   alla   possibilita'   di
microcontaminazioni  inevitabili  nel  ciclo produttivo e all'apporto
quantitativo  di  colesterolo proveniente dal grasso di altre materie
prime  vegetali,  utilizzate  nei  preparati  zootecnici,  la SSOG ha
ritenuto   opportuno  revisionare  i  limiti  di  accettabilita'  del
colesterolo  su mangimi per bovini (esclusi gli unifeed), come segue:
"percentuale   relativa  di  colesterolo  <=  1.5  %  sulla  frazione
sterolica  e/o  contenuto  di'  colesterolo  <=  200 mg/Kg sul grasso
estratto".  I  limiti  di  accettabilita' del colesterolo nel caso di
unifeed  rimangono  quelli  gia'  fissati  in precedenza (percentuale
relativa  di colesterolo <= 1% sulla frazione sterolica e/o contenuto
di  colesterolo <= 50 mg/Kg sul grasso estratto).   Le organizzazioni
e  gli organismi indipendenti, nell'ambito della rispettiva attivita'
di  autocontrollo  e  di  controllo, dovranno utilizzare le metodiche
analitiche  e il limite minimo di accettabilita' sopra indicati dalla
predetta SSOG.
  6.  Garanzie  del  disciplinare  per  animali vivi venduti ad altre
organizzazioni.
  Alcune organizzazioni hanno evidenziato la necessita' di garantire,
nell'ambito   del   proprio   disciplinare   di   etichettatura,   la
rintracciabilita'  delle  informazioni che si generano in allevamento
(es. alimentazione zootecnica, sistema di allevamento) sia in termini
di  controllo che di autocontrollo, anche per quegli animali che, per
ragioni   economiche,  vengono  destinati  ad  altra  organizzazione,
anch'essi  in  possesso di disciplinare, che provvedera' a seguire la
macellazione degli animali medesimi e la distribuzione delle relative
carni.
  Le linee guida per tali garanzie sono le seguenti:
    1)  l'allevamento aderisce ad un disciplinare di etichettatura di
cui e' responsabile una organizzazione di allevatori;
    2)  l'allevamento  risponde  ai  requisiti  del  disciplinare per
quanto concerne:
      autocontrollo su tutti gli animali;
      controllo  da  parte  dell'organismo  indipendente su tutti gli
animali presenti in allevamento, prevedendo tra i punti critici anche
il rilascio del documento di cui al successivo punto 3;
      presenza in banca dati delle informazioni di tutti gli animali;
  alimentazione   zootecnica,   sistema   di   allevamento  ed  altre
informazioni facoltative che derivano dalle tipologie di allevamento;
    3)  l'organizzazione  rilascia  il  documento di attestazione dei
requisiti  per  ogni singolo animale. Tale rilascio costituisce punto
critico per il controllo, da parte dell'organismo indipendente;
    4)  va  garantito  l'accesso  alla banca dati dell'organizzazione
cedente   a  favore  dell'organismo  indipendente  che  controlla  le
attivita' dell'organizzazione ricevente;
    5)  l'organizzazione  ricevente  puo'  utilizzare le informazioni
fornite   dall'organizzazione  cedente  solo  in  quanto  prevede  di
approvvigionarsi   di   animali   provenienti   da   allevamenti   di
quest'ultima.
  7. Piano dei controlli.
  Nel confermare la validita' di quanto gia' previsto nella circolare
15  ottobre  2001,  n.  5,  circa  la  predisposizione  dei piani dei
controlli,  si  evidenzia  la  necessita'  che  il piano di controllo
fornisca  un  quadro  complessivo  sia  degli  autocontrolli da parte
dell'organizzazione   che   del   controllo  eseguito  dall'organismo
indipendente, per ciascun punto critico presente nell'unito schema.
  Resta  inteso  che  i  vari  ambiti  presi in considerazione devono
essere  specificati:  chi controlla, cosa si controlla e la frequenza
del  controllo  medesimo.  Per  la non conformita' va predisposta una
scala del livello di gravita'.
  Il  piano  di  controllo  deve  essere quindi puntuale, analitico e
strettamente   correlato   a  quanto  previsto  dal  disciplinare  di
etichettatura al quale fa riferimento. L'elemento o sito controllato,
inoltre,  deve essere individuato in modo esplicito e preciso tale da
non   generare   confusione   (es.   allevamento   o  animali  di  un
allevamento).  L'entita'  del  controllo  per  anno o frequenza, deve
essere  riferita  all'elemento  controllato esplicitato come al punto
precedente  (es.:  %  di  allevamenti aderenti al disciplinare o % di
animali   per   ciascun   allevamento   aderente   al  disciplinare).
Indipendentemente  dal  tipo  di  controllo  (documentale, analitico,
ispettivo)  e'  necessario,  in  tutti  i  casi, che venga redatto un
rapporto di verifica.
  La  frequenza  dei  controlli  da parte dell'organismo indipendente
deve  garantire  come  minimo  il  controllo,  entro il primo anno di
attivita',  di  tutti i nuovi partecipanti (siti) ai diversi segmenti
della  filiera  e di almeno un controllo di tutti i siti nell'arco di
un  triennio.  A  seguito dell'esame della documentazione presentata,
potranno  essere  richiesti ulteriori approfondimenti sulla frequenza
dei controlli per differenti tipologie operative.
  Si  evidenzia, infine, che, relativamente ai piani di autocontrollo
e    di   controllo   dell'organismo   indipendente,   previsti   nei
disciplinari,  non  sempre  gli allevamenti devono essere considerati
parte integrante della filiera e come tali sottoposti a controllo. In
particolare  gli  allevamenti nei quali si generano solo informazioni
gia'  desumibili  dall'anagrafe bovina e dai passaporti degli animali
vanno  ritenuti  semplici fornitori e come tali esclusi dal controllo
eseguito dall'organismo indipendente.
  Diverso e' invece il caso di quegli allevamenti che, costituendo la
fonte  primaria  delle  ulteriori informazioni facoltative apposte in
etichetta (es. tipo di alimentazione, pratica di allevamento), devono
necessariamente subire gli appositi controlli.
    Roma, 9 aprile 2003
                                           Il Capo del dipartimento
                                         della qualita' dei prodotti
                                         agroalimentari e dei servizi
                                                   Ambrosio