IL CONSIGLIO DELL'AUTORITA' 
                      NAZIONALE ANTICORRUZIONE 
 
  Visto il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 convertito in legge n.
114/2014, e, in  particolare,  l'art.  19  comma  9  che  attribuisce
all'A.N.AC. le funzioni in materia di  prevenzione  della  corruzione
ivi incluse quelle relative alla predisposizione del Piano  Nazionale
Anticorruzione e dei suoi aggiornamenti; 
  Visto l'art. 24-bis  del  decreto-legge  n.  90/2014  che  modifica
l'art.  11  del  d.lgs.  n.   33/2013   sull'ambito   soggettivo   di
applicazione della trasparenza, intesa  quale  accessibilita'  totale
delle informazioni, e prevede che la disciplina del d.lgs. n. 33/2013
si applichi anche agli "enti di diritto  pubblico  non  territoriali,
nazionali  regionali  o  locali   comunque   denominati,   istituiti,
vigilati,  finanziati  dalla   pubblica   amministrazione"   nonche',
limitatamente all'attivita' di pubblico  interesse  disciplinata  dal
diritto nazionale o  dell'Unione  europea",  agli  "enti  di  diritto
privato in controllo pubblico, ossia alle societa' e agli altri  enti
di diritto privato che esercitano funzioni amministrative,  attivita'
di produzione di  beni  e  servizi  a  favore  delle  amministrazioni
pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti  a  controllo
ai sensi dell'art. 2359 del  codice  civile  da  parte  di  pubbliche
amministrazioni, oppure agli enti nei quali siano  riconosciuti  alle
pubbliche amministrazioni, anche in  assenza  di  una  partecipazione
azionaria, poteri di  nomina  dei  vertici  o  dei  componenti  degli
organi". Il  medesimo  articolo  prevede  anche  che  "alle  societa'
partecipate dalle pubbliche amministrazioni in caso di partecipazione
non  maggioritaria,  si  applicano,  limitatamente  all'attivita'  di
pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale  o  dell'Unione
europea, le disposizioni dell'art. 1, commi da 15 a 33, della legge 6
novembre 2012, n. 190"; 
  Vista la delibera A.N.AC. n. 144 del 2014 con la quale  l'Autorita'
ha chiarito che fra gli enti di diritto  pubblico  non  territoriali,
nazionali  regionali  o  locali,  comunque   denominati,   istituiti,
vigilati, finanziati dalla pubblica amministrazione  sono  ricompresi
tutti gli enti aventi natura di diritto  pubblico,  economici  e  non
economici; 
  Rilevata la necessita', dopo l'entrata in vigore del  decreto-legge
24 giugno 2014, n. 90, di dare  indicazioni  sull'applicazione  della
normativa in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza
agli enti e alle societa' predetti; 
  Vista la legge 6 novembre 2012, n. 190 che disciplina  i  contenuti
del Piano triennale di prevenzione della corruzione; 
  Visto il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 che  definisce  i
contenuti del Programma triennale per la trasparenza e l'integrita' e
individua  gli  obblighi  di  pubblicazione  di  dati,  documenti   e
informazioni ai fini dell'accessibilita' totale; 
  Vista la delibera n. 50/2013,  con  la  quale  sono  specificati  i
contenuti del Programma triennale per la trasparenza e l'integrita'; 
  Visto il decreto legislativo  8  aprile  2013,  n.  39  recante  le
disposizioni in materia di  inconferibilita'  e  incompatibilita'  di
incarichi presso le  pubbliche  amministrazioni  e  presso  gli  enti
privati in controllo pubblico, a norma dell'art. 1, commi  49  e  50,
della legge n. 190 del 2012; 
  Visto lo schema di delibera  con  il  quale  sono  state  poste  in
consultazione le «Linee guida per  l'attuazione  della  normativa  in
materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte  delle
societa' e degli enti di diritto privato  controllati  e  partecipati
dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici»; 
  Esaminate le osservazioni pervenute; 
 
                               Adotta 
 
 
                        la seguente delibera: 
 
  «Linee  guida  per  l'attuazione  della  normativa  in  materia  di
prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle societa'  e
degli  enti  di  diritto  privato  controllati  e  partecipati  dalle
pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici». 
 
Premessa 
 
  Le presenti Linee guida sono volte ad orientare gli enti di diritto
privato controllati e partecipati, direttamente e indirettamente,  da
pubbliche   amministrazioni   e   gli   enti    pubblici    economici
nell'applicazione della normativa in  materia  di  prevenzione  della
corruzione e trasparenza di cui alla legge n. 190/2012 e  definiscono
altresi'  le  implicazioni  che  ne  derivano,   anche   in   termini
organizzativi,  per  detti  soggetti  e  per  le  amministrazioni  di
riferimento. 
  Gia'   il   Piano   nazionale   anticorruzione   (PNA),   approvato
dall'Autorita' (A.N.AC.) con delibera n. 72 del 2013, aveva  previsto
l'applicazione di misure di prevenzione della corruzione  negli  enti
di diritto privato in controllo pubblico e partecipati  da  pubbliche
amministrazioni, anche con veste societaria, e  negli  enti  pubblici
economici. 
  A  seguito  dell'approvazione  del  PNA,  tuttavia,  la   normativa
anticorruzione prevista dalla legge n. 190 del  2012  e  dai  decreti
delegati ha subito significative modifiche da parte del decreto-legge
n. 90 del 2014 convertito con modificazioni  dalla  legge  11  agosto
2014,  n.  114.  In  particolare,  e'  stato  ridisegnato   l'assetto
istituzionale incentrando  nell'A.N.AC.  e  nel  suo  Presidente,  il
sistema della regolazione e della vigilanza in materia di prevenzione
della corruzione ed e' stato attribuito alla sola A.N.AC. il  compito
di predisporre il PNA. 
  Tra le altre principali modifiche che  interessano  ai  fini  delle
presenti Linee guida, l'art. 24 bis del d.l. del 24 giugno 2014 n. 90
e' intervenuto sull'art. 11 del d.lgs. n. 33/2013 «Ambito  soggettivo
di applicazione» e ha esteso l'applicazione  della  disciplina  della
trasparenza,  limitatamente  all'attivita'  di   pubblico   interesse
disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea, agli  «enti
di diritto privato in controllo pubblico, ossia alle societa' e  agli
altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative,
attivita'  di  produzione  di  beni  e   servizi   a   favore   delle
amministrazioni  pubbliche  o  di  gestione  di   servizi   pubblici,
sottoposti a controllo ai sensi dell'art. 2359 del codice  civile  da
parte di pubbliche amministrazioni, oppure agli enti nei quali  siano
riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di  una
partecipazione  azionaria,  poteri  di  nomina  dei  vertici  o   dei
componenti degli organi».  Nel  contempo,  il  medesimo  articolo  ha
previsto   che   alle   societa'    partecipate    dalle    pubbliche
amministrazioni «in caso  di  partecipazione  non  maggioritaria,  si
applicano,  limitatamente   all'attivita'   di   pubblico   interesse
disciplinata  dal  diritto  nazionale  o  dell'Unione   europea,   le
disposizioni dell'art. 1, commi da 15 a 33, della  legge  6  novembre
2012, n. 190». 
  Le disposizioni in questione intervengono in  un  quadro  normativo
gia' di per se' particolarmente complesso, il cui  ambito  soggettivo
di applicazione ha dato luogo a numerose  incertezze  interpretative,
oggi solo in parte risolte a seguito della modifica dell'art. 11  del
d.lgs. n. 33 del 2013. 
  In particolare, per quanto riguarda l'applicabilita'  delle  misure
di prevenzione della corruzione e  della  trasparenza  alle  societa'
controllate, a quelle  partecipate  e  agli  altri  enti  di  diritto
privato in controllo pubblico nonche' agli enti  pubblici  economici,
le modifiche normative sopra citate, unitamente  alla  disorganicita'
delle disposizioni della legge n. 190 del 2012 e dei decreti delegati
che si riferiscono a detti enti e societa', hanno indotto l'A.N.AC. e
il Ministero dell'economia e  delle  finanze  (MEF)  ad  avviare  una
riflessione  comune,  con  l'istituzione  di   un   tavolo   tecnico,
finalizzata     all'elaborazione     di     indicazioni     condivise
sull'applicazione  della  normativa  anticorruzione  e  della   nuova
disciplina in materia di trasparenza. 
  Alla fine di dicembre 2014, l'A.N.AC. e il MEF hanno  approvato  un
documento, pubblicato sui rispettivi siti istituzionali, in cui  sono
stati tracciati i principali indirizzi a cui si attengono le presenti
Linee guida e la direttiva che il MEF intende adottare nei  confronti
delle proprie societa' controllate  e  partecipate.  Detti  indirizzi
sono stati anche oggetto di un seminario pubblico che si e' svolto il
4  marzo  2015  presso  il  MEF  e  a  cui  sono  stati  invitati   i
rappresentanti degli uffici legali e i Responsabili della prevenzione
della corruzione delle societa' partecipate e controllate dal MEF. 
  Consapevole della rilevanza del  fenomeno  degli  enti  di  diritto
privato controllati o  partecipati  a  livello  regionale  e  locale,
l'A.N.AC. ha messo in consultazione pubblica  le  Linee  guida  sulle
quali sono pervenuti contributi da parte del  mondo  delle  autonomie
oltre che da parte  di  tutti  gli  altri  soggetti  interessati.  Le
osservazioni  e  le  proposte  pervenute   sono   state   tenute   in
considerazione nella stesura del testo finale delle Linee guida. 
  Le presenti Linee guida incidono sulla disciplina gia' prevista dal
PNA e ne comportano una rivisitazione. Pertanto, vista la coincidenza
delle questioni trattate, le Linee guida  integrano  e  sostituiscono
(1) , laddove non compatibili, i contenuti  del  PNA  in  materia  di
misure di prevenzione della corruzione e di  trasparenza  che  devono
essere adottate dagli enti pubblici economici, dagli enti di  diritto
privato in controllo  pubblico  e  dalle  societa'  a  partecipazione
pubblica. 
  Le Linee guida sono innanzitutto indirizzate alle societa'  e  agli
enti di diritto privato controllati  e  partecipati  dalle  pubbliche
amministrazioni, nonche' agli enti pubblici economici. L'applicazione
delle presenti Linee guida e' sospesa  per  le  societa'  con  azioni
quotate e per le societa' con strumenti finanziari quotati in mercati
regolamentati e per le loro controllate. Ad avviso  dell'Autorita'  e
del MEF senza dubbio anche per queste societa' sussiste un  interesse
pubblico alla prevenzione della corruzione e  alla  promozione  della
trasparenza. Poiche', tuttavia, dette societa' sono sottoposte ad  un
particolare regime giuridico, specie  in  materia  di  diffusione  di
informazioni, a tutela degli investitori e  del  funzionamento  delle
regole del mercato concorrenziale, le indicazioni circa la disciplina
ad esse applicabile saranno oggetto di Linee  guida  da  adottare  in
esito alle risultanze del tavolo di lavoro che  l'A.N.AC.  e  il  MEF
hanno avviato con la CONSOB. 
  Le  Linee  guida  sono  rivolte,  inoltre,   alle   amministrazioni
pubbliche che vigilano, partecipano e controllano gli enti di diritto
privato e gli enti  pubblici  economici.  Ad  avviso  dell'Autorita',
infatti, spetta in primo luogo  a  dette  amministrazioni  promuovere
l'applicazione  della  normativa  in  materia  di  prevenzione  della
corruzione e di trasparenza da parte di tali enti.  Cio'  in  ragione
dei poteri che le  amministrazioni  esercitano  nei  confronti  degli
stessi ovvero del legame organizzativo, funzionale o finanziario  che
li correla. 
  L'ambito soggettivo di applicazione delle norme e'  particolarmente
vasto ed eterogeneo.  Nel  solo  settore  degli  enti  controllati  e
partecipati  da  pubbliche  amministrazioni,  sulla  base  dei   dati
comunicati dalle stesse amministrazioni al MEF al 31  dicembre  2012,
le  amministrazioni  centrali  partecipano,  direttamente  o  in  via
indiretta, in 423 enti a cui si aggiungono  i  17  partecipati  dagli
enti previdenziali. Le amministrazioni  locali  hanno  dichiarato  di
detenere, direttamente o in via indiretta, 35.311 partecipazioni  che
insistono su 7.726 enti.  Le  strutture  organizzative  e  i  modelli
giuridici degli enti in questione sono vari e diversificati. (2) 
  Data l'estensione del fenomeno e l'eterogeneita' delle tipologie di
enti privati in controllo pubblico e partecipati  esistenti,  con  il
presente atto di regolazione l'Autorita' intende fornire  indicazioni
relativamente ai contenuti essenziali dei  modelli  organizzativi  da
adottare ai fini di prevenzione  della  corruzione  e  di  diffusione
della trasparenza non potendo, invece, fare  riferimento  puntuale  a
singoli enti o societa'. Le Linee guida, pertanto, mirano a orientare
le  societa'  e  gli  enti  nell'applicazione  della   normativa   di
prevenzione della corruzione  e  della  trasparenza  con  l'obiettivo
primario che essa non dia luogo ad un mero  adempimento  burocratico,
ma che venga adattata alla realta' organizzativa dei singoli enti per
mettere a punto strumenti di prevenzione mirati e incisivi. 
  Infine, da un punto di vista metodologico, i contenuti delle  Linee
guida  sono  stati  sviluppati  avendo  ben  presente  l'esigenza  di
prevedere necessari adattamenti di una normativa emanata innanzitutto
per le pubbliche amministrazioni ed estesa anche ad enti  con  natura
privatistica o la cui attivita' presenta caratteri diversi da  quella
delle pubbliche amministrazioni ex art.  1,  co.  2,  del  d.lgs.  n.
165/2001. 
  Le presenti Linee guida si articolano in sei paragrafi. 
  Il primo paragrafo ricostruisce  il  quadro  normativo  e  fornisce
alcune indicazioni interpretative di carattere generale. 
  I paragrafi successivi riguardano le societa' in controllo pubblico
e le societa' a partecipazione pubblica non di controllo (§  2),  gli
altri enti di diritto privato controllati e partecipati  (§  3),  gli
enti pubblici economici  (§  4).  Per  ciascuna  macro  categoria  di
societa' ed ente sono fornite indicazioni in merito  all'applicazione
delle misure di prevenzione della corruzione e  all'attuazione  degli
obblighi di trasparenza. 
  Il quinto paragrafo e' dedicato alle attivita' di vigilanza  svolte
dall'Autorita' Nazionale Anticorruzione. 
  Nel  sesto  paragrafo  si  definisce  il  regime  della  disciplina
transitoria. 
 
1. Il quadro normativo 
 
  Numerose disposizioni della legge n. 190 del 2012  e  dei  relativi
decreti attuativi individuano gli enti di diritto privato partecipati
da pubbliche amministrazioni o  in  controllo  pubblico  e  gli  enti
pubblici economici quali destinatari di misure di  prevenzione  della
corruzione e di promozione della trasparenza. 
  Assume particolare rilievo l'art. 1, commi 60 e 61, della legge  n.
190 del 2012 secondo cui in sede di intesa  in  Conferenza  unificata
Stato, Regioni e autonomie locali sono definiti gli  adempimenti  per
la sollecita attuazione  della  legge  190  e  dei  relativi  decreti
delegati nelle regioni, nelle province autonome e negli enti  locali,
nonche' «negli enti  pubblici  e  nei  soggetti  di  diritto  privato
sottoposti al loro controllo». 
  Inoltre,  gli  enti  di  diritto  privato  sottoposti  a  controllo
pubblico  che  esercitano  funzioni  amministrative,   attivita'   di
produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche
o di gestione di servizi pubblici sono  esplicitamente  indicati  dal
legislatore  quali  destinatari  della  disciplina  in   materia   di
inconferibilita' ed incompatibilita' degli incarichi  dirigenziali  e
di responsabilita' amministrativa di  vertice  nelle  amministrazioni
pubbliche ai fini della prevenzione e del contrasto della  corruzione
nonche' della prevenzione di conflitti d'interesse (art. 1, commi  49
e 50, legge n. 190 del 2012 e d.lgs.  n.  39  del  2013).  In  questa
ottica, nell'art. 15, co. 1, del d.lgs. n. 39 del 2013 viene affidato
al responsabile del Piano anticorruzione di ciascun ente  pubblico  e
ente di diritto privato in controllo pubblico il compito  di  curare,
anche  attraverso  il  Piano,  l'attuazione  delle  disposizioni  del
decreto. 
  Ai sensi dell'art. 1, co. 17, della legge n. 190 del 2012, anche le
societa' partecipate dalle amministrazioni pubbliche e  gli  enti  di
diritto privato in controllo pubblico, in quanto stazioni appaltanti,
possono prevedere negli avvisi, nei bandi di gara o nelle lettere  di
invito  che  il  mancato  rispetto  delle  clausole   contenute   nei
protocolli di legalita' o nei patti di integrita'  costituisca  causa
di esclusione dalla gara. Infine, l'art. 1, co. 20, stabilisce che le
disposizioni  relative  al  ricorso  all'arbitrato  in   materia   di
contratti pubblici (modificate  dalla  legge  n.  190  del  2012)  si
applichino anche alle controversie in cui sia parte  una  societa'  a
partecipazione pubblica ovvero una societa' controllata o collegata a
una societa' a partecipazione pubblica, ai sensi dell'art.  2359  del
codice civile. 
  Per quanto riguarda  la  trasparenza,  intesa  come  accessibilita'
totale delle informazioni pubblicate sui siti web, da subito la legge
n. 190 del 2012, all'art. 1, co. 34, ne aveva  esteso  l'applicazione
agli enti pubblici  economici,  come  gia'  indicato  nella  delibera
A.N.AC. n. 50 del 2013 «Linee guida per l'aggiornamento del Programma
triennale per  la  trasparenza  e  l'integrita'  2014-2016»,  e  alle
societa' partecipate dalle  amministrazioni  pubbliche  e  alle  loro
controllate,   ai   sensi   dell'art.   2359   del   codice   civile,
«limitatamente alla loro attivita' di pubblico interesse disciplinata
dal diritto nazionale o dell'Unione europea» e con  riferimento  alle
informazioni contenute nei commi da 15 a 33 dell'art. 1 della  stessa
legge. 
  Successivamente,  l'art.  11  del  d.lgs.  n.  33  del  2013,  come
modificato dall'art. 24-bis del  d.l.  n.  90  del  2014,  ha  esteso
l'intera disciplina del decreto  agli  enti  di  diritto  privato  in
controllo pubblico e cioe' alle «societa' e gli altri enti di diritto
privato  che  esercitano  funzioni   amministrative,   attivita'   di
produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche
o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a  controllo  ai  sensi
dell'art.  2359   del   codice   civile   da   parte   di   pubbliche
amministrazioni, oppure agli enti nei quali siano  riconosciuti  alle
pubbliche amministrazioni, anche in  assenza  di  una  partecipazione
azionaria, poteri di  nomina  dei  vertici  o  dei  componenti  degli
organi, sia pure «limitatamente all'attivita' di  pubblico  interesse
disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea». Lo  stesso
art. 11, al co. 3, sottopone a un diverso livello di  trasparenza  le
societa' partecipate  dalle  pubbliche  amministrazioni  in  via  non
maggioritaria.  A   tali   societa'   si   applicano,   limitatamente
all'attivita'  di  pubblico  interesse   disciplinata   dal   diritto
nazionale o dell'Unione europea, le disposizioni dell'art.  1,  commi
da 15 a 33, della l. n. 190/2012. 
  Dal  quadro  normativo  sinteticamente  tratteggiato   emerge   con
evidenza l'intenzione del legislatore di includere anche le  societa'
e gli enti  di  diritto  privato  controllati  e  gli  enti  pubblici
economici fra i soggetti tenuti all'applicazione della  normativa  in
materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza,  intenzione
ulteriormente rafforzata proprio  dai  recenti  interventi  normativi
che, come visto sopra in materia  di  trasparenza,  sono  chiaramente
indirizzati agli enti e alle societa' in questione. 
  La ratio sottesa alla legge  n.  190  del  2012  e  ai  decreti  di
attuazione  appare,  infatti,  quella  di  estendere  le  misure   di
prevenzione della corruzione e di trasparenza, e i relativi strumenti
di programmazione, a soggetti  che,  indipendentemente  dalla  natura
giuridica,  sono  controllati  dalle  amministrazioni  pubbliche,  si
avvalgono  di  risorse  pubbliche,  svolgono  funzioni  pubbliche   o
attivita' di pubblico interesse. 
  Un  profilo  di  carattere  generale  che  l'Autorita'  ha   inteso
affrontare nelle  presenti  Linee  guida  riguarda,  come  anticipato
sopra, l'adeguamento dei contenuti di alcune  norme  che,  dando  per
presupposti modelli organizzativi uniformi, mal  si  attagliano,  non
solo alle diverse tipologie di pubbliche amministrazioni, ma anche  a
soggetti con  natura  privatistica.  Nel  valutare  gli  adeguamenti,
l'Autorita' ha tenuto  conto  della  particolare  struttura  e  della
disciplina di riferimento dei soggetti che assumono  veste  giuridica
privata e  delle  esigenze  di  tutela  della  riservatezza  e  delle
attivita'  economiche  e  commerciali  da  essi  svolte   in   regime
concorrenziale.  Per  quel  che  riguarda  le  indicazioni   relative
all'individuazione e alla gestione del rischio,  ad  esempio,  si  e'
tenuto conto della necessita' di  coordinare  quanto  previsto  nella
legge n. 190 del 2012 per i piani di prevenzione della corruzione con
le disposizioni del d.lgs. n. 231 del 2001, sia in termini di modello
di organizzazione e gestione che di controlli e  di  responsabilita'.
Esigenze di maggiori adeguamenti sono emerse per l'applicazione della
normativa sulla trasparenza alle societa' e agli enti  controllati  e
partecipati ai sensi del d.lgs.  n.  33/2013  di  cui  si  da'  conto
nell'allegato alla presente delibera. 
  Conclusivamente, l'Autorita' non puo' non  rilevare  -  anche  alla
luce delle numerose richieste  di  chiarimenti  pervenute  -  che  il
quadro normativo che emerge dalla legge n. 190 del 2012 e dai decreti
di attuazione e' particolarmente complesso, non coordinato, fonte  di
incertezze interpretative,  non  tenendo  adeguatamente  conto  delle
esigenze di differenziazione in relazione  ai  soggetti,  pubblici  e
privati, a cui si applica. E' pertanto  auspicio  dell'Autorita',  in
una revisione  del  quadro  legislativo,  quale  sembra  prospettarsi
nell'attuale fase di discussione del d.d.l. A.C. n. 3098 «Deleghe  al
Governo  in  materia  di   riorganizzazione   delle   amministrazioni
pubbliche» gia' approvato dal Senato della Repubblica  il  30  aprile
2015, , che il Parlamento e il Governo intervengano per  risolvere  e
superare lacune,  dubbi  e  difficolta'  interpretative  e  favorire,
cosi', una piu' efficace applicazione  delle  misure  di  prevenzione
della corruzione e di trasparenza. 
 
2. Le societa' in controllo pubblico e le societa'  a  partecipazione
  pubblica non di controllo 
 
  Per definire l'ambito soggettivo di applicazione della normativa in
materia di prevenzione della corruzione e di  quella  in  materia  di
trasparenza  alle  societa'  pubbliche,  ad  avviso   dell'Autorita',
occorre tenere distinte le  societa'  direttamente  o  indirettamente
controllate dalle amministrazioni  pubbliche,  individuate  ai  sensi
dell'art. 2359, co. 1, numeri 1 e 2, del  codice  civile,  e  quelle,
come definite all'art.  11,  comma  3,  del  d.l.gs.  n.  33/2013,  a
partecipazione  pubblica  non  maggioritaria,  in  cui,   cioe',   la
partecipazione pubblica non e' idonea a determinare una situazione di
controllo (di seguito "societa'  a  partecipazione  pubblica  non  di
controllo"). Dal novero delle  societa'  controllate  si  ritiene  di
escludere in via interpretativa la fattispecie di cui al n. 3 del co.
1 dell'art. 2359 del codice civile, (c.d. controllo contrattuale) che
non presuppone alcuna partecipazione di pubbliche amministrazioni  al
capitale di una societa', laddove il criterio di  individuazione  dei
soggetti sottoposti alla normativa  anticorruzione  privilegiato  dal
legislatore, anche alla luce dell'art. 11 co. 3 del d.lgs. n. 33/2013
e dell'art. 1, comma  2,  lett.  c)  del  d.lgs.  n.  39/2013  appare
connesso  alla  presenza  di  una  partecipazione   al   capitale   o
all'esercizio di poteri di nomina dei vertici o dei componenti  degli
organi. In caso contrario, l'ambito di applicazione della  disciplina
di prevenzione della corruzione potrebbe  essere  estesa  a  soggetti
sicuramente estranei al settore pubblico. Cio' non toglie,  tuttavia,
che qualora sussista  un  rapporto  tra  pubblica  amministrazione  e
societa' del genere di quello definito nel n. 3 dell'art. 2359  c.c.,
l'amministrazione sia tenuta a inserire nel proprio  Piano  triennale
di  prevenzione  della  corruzione  misure  anche  di   vigilanza   e
trasparenza relative alle attivita' svolte dalla societa' in  ragione
dei vincoli contrattuali con l'amministrazione stessa. 
  In considerazione della peculiare configurazione  del  rapporto  di
controllo che le amministrazioni hanno  con  le  societa'  in  house,
queste  ultime  rientrano,  a  maggior  ragione,  nell'ambito   delle
societa' controllate cui si applicano le norme di  prevenzione  della
corruzione ai sensi della legge n. 190/2012. 
  La distinzione tra societa' in  controllo  pubblico  e  societa'  a
partecipazione pubblica non di controllo non ha  carattere  meramente
formale bensi' conforma, in modo differenziato, l'applicazione  della
normativa  anticorruzione,  in   ragione   del   diverso   grado   di
coinvolgimento delle pubbliche amministrazioni all'interno delle  due
diverse tipologie di societa'. 
  Infatti, occorre muovere  dallo  spirito  della  normativa  che  e'
quello di prevenire l'insorgere di fenomeni  corruttivi  nei  settori
piu' esposti ai rischi dove sono coinvolte pubbliche amministrazioni,
risorse  pubbliche  o  la  cura  di   interessi   pubblici:   poiche'
l'influenza  che  l'amministrazione  esercita   sulle   societa'   in
controllo pubblico e' piu' penetrante di quello che deriva dalla mera
partecipazione, cio' consente di ritenere che le societa' controllate
siano esposte a rischi analoghi a quelli che il legislatore ha inteso
prevenire con la  normativa  anticorruzione  del  2012  in  relazione
all'amministrazione controllante. Queste stesse esigenze si ravvisano
anche   quando   il   controllo   sulla   societa'   sia   esercitato
congiuntamente da una pluralita' di amministrazioni, cioe' in caso di
partecipazione  frazionata  fra  piu'  amministrazioni  in  grado  di
determinare una situazione in cui la societa' sia in mano pubblica. 
  Cio' impone che le  societa'  controllate  debbano  necessariamente
rafforzare i presidi anticorruzione gia' adottati ai sensi del d.lgs.
n. 231/2001 ovvero introdurre apposite misure anticorruzione ai sensi
della legge n. 190/2012 ove assente il modello  di  organizzazione  e
gestione ex 231/2001. 
  Le presenti Linee guida muovono dal presupposto fondamentale che le
amministrazioni  controllanti  debbano  assicurare   l'adozione   del
modello di organizzazione e gestione previsto dal d.lgs. n.  231/2001
da parte delle societa' controllate. 
  Oneri  minori  gravano,  come  si  vedra',  per   le   societa'   a
partecipazione pubblica non di controllo, nei confronti  delle  quali
le amministrazioni partecipanti si attivano per promuovere l'adozione
del suddetto modello organizzativo. 
  Come sopra gia' osservato, il fenomeno delle societa' pubbliche  e'
particolarmente   complesso   ed   eterogeneo,   specie   a   livello
territoriale. Al fine di individuare concretamente le societa' tenute
all'applicazione delle  norme,  si  raccomanda  alle  amministrazioni
controllanti o partecipanti di  dare  attuazione  a  quanto  previsto
dall'art. 22, co. 1, del  d.lgs.  n.  33  del  2013  pubblicando  sul
proprio sito istituzionale la lista delle societa' a cui  partecipano
o che controllano "con  l'elencazione  delle  funzioni  attribuite  e
delle attivita'  svolte  in  favore  delle  amministrazioni  o  delle
attivita' di  servizio  pubblico  affidate".  All'interno  di  gruppi
societari l'individuazione del tipo  di  societa',  se  in  controllo
pubblico o a partecipazione pubblica non di  controllo,  deve  essere
fatta  con  riguardo   ad   ogni   singola   societa'   del   gruppo,
indipendentemente dalla natura della capogruppo. 
  L'individuazione puntuale  da  parte  delle  amministrazioni  delle
societa' in questione, oltre  che  corrispondere  ad  un  obbligo  di
legge, e' necessaria  per  consentire  all'A.N.AC.  di  esercitare  i
propri poteri di vigilanza. 
 
2.1. Le societa' in controllo pubblico 
 
  La legge n. 190 del 2012  menziona  espressamente  tra  i  soggetti
tenuti all'applicazione della normativa anticorruzione i soggetti  di
diritto privato sottoposti al controllo di regioni, province autonome
e enti locali (art. 1, co. 60). Analoga disposizione non si  rinviene
per le societa' controllate dallo Stato. Tuttavia, come visto  sopra,
numerose disposizioni normative della stessa legge n. 190 del 2012  e
dei  decreti  delegati  si  riferiscono   a   questi   soggetti.   In
considerazione di cio' e della  espressa  menzione  dei  soggetti  di
diritto privato in controllo delle autonomie territoriali, ad  avviso
dell'Autorita',   secondo   criteri   di    ragionevolezza    e    di
proporzionalita', la norma non puo' che ricevere una  interpretazione
costituzionalmente orientata volta a  ricomprendere  nel  novero  dei
destinatari anche gli  enti  di  diritto  privato  controllati  dalle
amministrazioni centrali, atteso  che  gli  stessi  sono  esposti  ai
medesimi rischi  che  il  legislatore  ha  inteso  prevenire  con  la
normativa anticorruzione in relazione alle amministrazioni  pubbliche
e agli enti di diritto privato sottoposti al controllo da parte delle
amministrazioni territoriali. 
  Questa interpretazione sembra peraltro coerente con quanto previsto
in materia di incompatibilita' ed inconferibilita'  degli  incarichi,
dall'art. 15, co. 1, del d.lgs. n. 39 del 2013 sopra  richiamato,  da
cui si evince che anche in ogni ente di diritto privato in  controllo
pubblico, nazionale o locale, debba essere nominato  un  responsabile
del Piano anticorruzione di ciascuna amministrazione  pubblica,  ente
pubblico e ente di diritto privato in controllo pubblico  e  adottato
un Piano anticorruzione. 
  Come detto in precedenza, per individuare le  societa'  controllate
tenute  all'applicazione  della  normativa  sulla  prevenzione  della
corruzione  e  per  la  promozione  della  trasparenza  occorre  fare
riferimento alla nozione di controllo  prevista  dall'art.  2359,  in
particolare dal co. 1, n. 1) e 2), del codice civile, ossia quando la
pubblica  amministrazione  dispone   della   maggioranza   dei   voti
esercitabili nell'assemblea ordinaria  (art.  2359,  co.  1,  n.  1),
ovvero di voti sufficienti per  esercitare  una  influenza  dominante
nell'assemblea ordinaria (art. 2359, co. 1, n. 2). (3) 
  Come  sopra  indicato,  tra  le  societa'  in  controllo   pubblico
rientrano anche le societa' in house e quelle in cui il controllo sia
esercitato da una pluralita' di amministrazioni congiuntamente. 
 
2.1.1. Le misure organizzative per la prevenzione della corruzione 
 
  Nella prospettiva sopra evidenziata, le misure introdotte dalla  l.
n. 190 del 2012 ai fini di prevenzione della corruzione si  applicano
alle  societa'  controllate,  direttamente  o  indirettamente,  dalle
pubbliche amministrazioni. Questo  vale  anche  qualora  le  societa'
abbiano  gia'  adottato  il  modello  di  organizzazione  e  gestione
previsto dal d.lgs. n. 231 del 2001.  A  tale  riguardo,  come  sopra
precisato,  le  amministrazioni   controllanti   sono   chiamate   ad
assicurare  che  dette  societa',  laddove  non  abbiano  provveduto,
adottino un modello di organizzazione e gestione ai sensi del  d.lgs.
n. 231 del 2001. Depone in tal senso il tenore letterale dell'art.  1
del  d.lgs.  n.  231/2001  che  dispone  espressamente  che  le   sue
disposizioni non si applicano solo «allo Stato,  agli  enti  pubblici
territoriali, agli altri enti pubblici  non  economici  nonche'  agli
enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale». 
  Come e' noto l'ambito di applicazione della legge n. 190 del 2012 e
quello del d.lgs. n.  231  del  2001  non  coincidono  e,  nonostante
l'analogia di fondo dei due sistemi, finalizzati entrambi a prevenire
la commissione di reati nonche' ad esonerare da  responsabilita'  gli
organi preposti qualora le misure adottate siano adeguate, sussistono
differenze significative tra i due sistemi normativi. In particolare,
quanto alla tipologia dei reati da prevenire, il d.lgs.  n.  231  del
2001 ha riguardo ai reati commessi nell'interesse o a vantaggio della
societa' o che comunque siano stati commessi anche  e  nell'interesse
di questa (art. 5), diversamente dalla  legge  190  che  e'  volta  a
prevenire anche reati commessi in danno della societa'. 
  In relazione ai fatti di corruzione, il decreto legislativo 231 del
2001  fa  riferimento  alle  fattispecie  tipiche   di   concussione,
induzione indebita a dare o promettere utilita' e corruzione, nonche'
alla corruzione tra privati, fattispecie dalle quali la societa' deve
trarre un vantaggio perche' possa risponderne. 
  La legge n. 190 del 2012, ad avviso dell'Autorita', fa riferimento,
invece, ad un concetto piu' ampio di corruzione, in cui rilevano  non
solo l'intera gamma dei reati contro la p.a. disciplinati dal  Titolo
II del Libro II del codice penale, ma anche le situazioni di "cattiva
amministrazione",  nelle  quali  vanno  compresi  tutti  i  casi   di
deviazione significativa, dei comportamenti e delle decisioni,  dalla
cura imparziale dell'interesse pubblico, cioe'  le  situazioni  nelle
quali interessi privati condizionino  impropriamente  l'azione  delle
amministrazioni o degli enti,  sia  che  tale  condizionamento  abbia
avuto successo, sia nel caso in cui rimanga a livello  di  tentativo.
Con la conseguenza che la responsabilita' a carico  del  Responsabile
della prevenzione  della  corruzione  (responsabilita'  dirigenziale,
disciplinare ed erariale, prevista dall'art. 1, comma 12, della legge
n. 190/2012) si concretizza al  verificarsi  del  genere  di  delitto
sopra  indicato  commesso  anche  in  danno  della  societa',  se  il
responsabile non prova di aver predisposto un  piano  di  prevenzione
della  corruzione  adeguato  a  prevenire  i   rischi   e   di   aver
efficacemente vigilato sull'attuazione dello stesso. 
  Alla luce di quanto sopra e in una logica  di  coordinamento  delle
misure e di semplificazione degli adempimenti, le societa'  integrano
il modello di organizzazione e gestione ex d.lgs. n. 231 del 2001 con
misure idonee a  prevenire  anche  i  fenomeni  di  corruzione  e  di
illegalita' all'interno delle societa' in coerenza con  le  finalita'
della legge n. 190 del 2012. Queste misure devono fare riferimento  a
tutte le attivita' svolte  dalla  societa'  ed  e'  necessario  siano
ricondotte in un documento unitario che  tiene  luogo  del  Piano  di
prevenzione  della  corruzione  anche  ai  fini   della   valutazione
dell'aggiornamento annuale e della vigilanza dell'A.N.AC. Se  riunite
in un unico documento con quelle adottate in attuazione della  d.lgs.
n. 231/2001, dette misure sono collocate in una  sezione  apposita  e
dunque chiaramente identificabili  tenuto  conto  che  ad  esse  sono
correlate forme di gestione e responsabilita' differenti. 
  Le misure volte alla prevenzione dei fatti di corruzione ex lege n.
190/2012 sono elaborate  dal  Responsabile  della  prevenzione  della
corruzione in stretto coordinamento con l'Organismo  di  vigilanza  e
sono adottate dall'organo di indirizzo  della  societa',  individuato
nel Consiglio di amministrazione  o  in  altro  organo  con  funzioni
equivalenti. 
  Al riguardo, si fa presente che l'attivita' di  elaborazione  delle
misure di prevenzione della corruzione ex lege n. 190/2012  non  puo'
essere affidata a soggetti estranei alla societa'  (art.  1,  co.  8,
legge n. 190 del 2012).  Una  volta  adottate,  ad  esse  viene  data
adeguata pubblicita' sia all'interno della  societa',  con  modalita'
che ogni societa' definisce autonomamente, sia  all'esterno,  con  la
pubblicazione sul sito web della societa'. Qualora  la  societa'  non
abbia un sito internet, sara' cura dell'amministrazione  controllante
rendere disponibile una sezione del proprio sito in cui  la  societa'
controllata possa pubblicare i propri dati,  ivi  incluse  le  misure
individuate per la prevenzione della corruzione ex lege n.  190/2012,
ferme restando le rispettive responsabilita'. 
  In caso  di  societa'  indirettamente  controllate,  la  capogruppo
assicura che le  stesse  adottino  le  misure  di  prevenzione  della
corruzione  ex  lege  n.  190/2012  in  coerenza  con  quelle   della
capogruppo. Laddove nell'ambito  del  gruppo  vi  siano  societa'  di
ridotte   dimensioni,   in   particolare   che   svolgono   attivita'
strumentali, la societa' capogruppo con delibera motivata in  base  a
ragioni oggettive, puo' introdurre le  misure  di  prevenzione  della
corruzione ex lege n. 190/2012 relative alle  predette  societa'  nel
proprio modello ex 231/2001. In tal caso, il RPC della capogruppo  e'
responsabile dell'attuazione delle  misure  anche  all'interno  delle
societa'  di  ridotte  dimensioni.  Ciascuna  societa'  deve,  pero',
nominare all'interno della propria organizzazione  un  referente  del
Responsabile della prevenzione della corruzione della capogruppo. 
  Nell'ipotesi residuale in cui una societa' non  abbia  adottato  un
modello di organizzazione e gestione ai sensi del d.lgs. n.  231/2001
e' tenuta, a maggior ragione, a programmare e ad  approvare  adeguate
misure allo scopo di prevenire i fatti corruttivi in coerenza con  le
finalita' delle legge  n.  190/2012  e  secondo  le  modalita'  sopra
indicate.  Le  misure  sono  contenute  in  un   apposito   atto   di
programmazione, o Piano, da pubblicare sul sito istituzionale.  Dette
misure e' opportuno siano costantemente monitorate anche al  fine  di
valutare, almeno annualmente, la necessita' del loro aggiornamento. 
  Le  societa',  che  abbiano  o  meno   adottato   il   modello   di
organizzazione e gestione ex d.lgs. 231/2001, definiscono  le  misure
per la prevenzione della corruzione in relazione alle funzioni svolte
e alla propria specificita' organizzativa. 
  Di seguito si indicano i contenuti minimi delle misure. 
 
- Individuazione e gestione dei rischi di corruzione 
 
  In coerenza con quanto previsto dall'art. 1, co. 9, della legge  n.
190/2012 e dall'art. 6, co. 2, del d.lgs. n.  231/2001,  le  societa'
effettuano un'analisi del contesto e della realta' organizzativa  per
individuare in quali aree o settori  di  attivita'  e  secondo  quali
modalita' si potrebbero astrattamente  verificare  fatti  corruttivi.
Tra le attivita' esposte al rischio di corruzione  vanno  considerate
in prima istanza quelle elencate dall'art. 1, co. 16, della legge  n.
190 del 2012 (autorizzazioni  e  concessioni,  appalti  e  contratti,
sovvenzioni e finanziamenti, selezione e gestione del personale), cui
si aggiungono ulteriori aree individuate da ciascuna societa' in base
alle proprie caratteristiche organizzative e funzionali. Fra  queste,
a titolo esemplificativo, possono  rientrare  l'area  dei  controlli,
l'area economico finanziaria, l'area delle  relazioni  esterne  e  le
aree in cui vengono gestiti i rapporti fra amministratori pubblici  e
soggetti privati.  Nella  individuazione  delle  aree  a  rischio  e'
necessario che si tenga  conto  di  quanto  emerso  in  provvedimenti
giurisdizionali, anche non definitivi, allorche' dagli stessi risulti
l'esposizione dell'area organizzativa o della sfera  di  attivita'  a
particolari rischi. 
  L'analisi, finalizzata a una corretta programmazione  delle  misure
preventive, deve condurre a una rappresentazione, il  piu'  possibile
completa, di come i fatti di maladministration e  le  fattispecie  di
reato possono essere contrastate nel contesto  operativo  interno  ed
esterno dell'ente. Ne consegue che si dovra'  riportare  una  «mappa»
delle aree a rischio e  dei  connessi  reati  di  corruzione  nonche'
l'individuazione delle misure di prevenzione. In merito alla gestione
del rischio, rimane ferma l'indicazione,  sia  pure  non  vincolante,
contenuta nel PNA, ai principi e alle linee guida UNI ISO 31000:2010. 
 
- Sistema di controlli 
 
  La definizione di un sistema di gestione del  rischio  si  completa
con una valutazione del sistema di  controllo  interno  previsto  dal
modello di organizzazione e  gestione  del  rischio  sulla  base  del
d.lgs. n. 231 del 2001, ove  esistente,  e  con  il  suo  adeguamento
quando cio' si riveli necessario, ovvero con l'introduzione di  nuovi
principi e strutture di controllo quando l'ente risulti sprovvisto di
un sistema atto a prevenire i rischi di corruzione. In ogni caso,  e'
quanto mai opportuno, anche in una logica di semplificazione, che sia
assicurato il coordinamento tra i controlli per  la  prevenzione  dei
rischi di cui al d.lgs. n. 231 del 2001 e quelli per  la  prevenzione
di rischi di corruzione di cui alla  l.  n.  190  del  2012,  nonche'
quello tra le  funzioni  del  Responsabile  della  prevenzione  della
corruzione  e  quelle  degli  altri  organismi  di   controllo,   con
particolare riguardo al  flusso  di  informazioni  a  supporto  delle
attivita' svolte dal Responsabile. 
 
- Codice di comportamento 
 
  Le societa' integrano il  codice  etico  o  di  comportamento  gia'
approvato ai sensi del d.lgs. n. 231/2001 oppure adottano un apposito
codice, laddove sprovviste, avendo cura in ogni  caso  di  attribuire
particolare importanza  ai  comportamenti  rilevanti  ai  fini  della
prevenzione dei reati di corruzione. Il codice o  le  integrazioni  a
quello gia' adottato ai sensi del d.lgs. n 231/2001  hanno  rilevanza
ai fini della responsabilita' disciplinare, analogamente ai codici di
comportamento delle pubbliche amministrazioni: l'inosservanza, cioe',
puo' dare luogo a  misure  disciplinari,  ferma  restando  la  natura
privatistica delle stesse. Al fine di assicurare  l'attuazione  delle
norme del codice e' opportuno:  a)  garantire  un  adeguato  supporto
interpretativo, ove richiesto; b) prevedere un apparato sanzionatorio
e i relativi meccanismi di attivazione auspicabilmente connessi ad un
sistema per la raccolta di segnalazioni delle violazioni del codice. 
 
- Trasparenza 
 
  Al fine di dare attuazione agli obblighi di pubblicazione ai  sensi
del  d.lgs.  n.  33/2013  e  della  normativa  vigente,  le  societa'
definiscono e adottano un "Programma triennale per la  trasparenza  e
l'integrita'" in cui sono individuate le misure  organizzative  volte
ad assicurare la regolarita' e  la  tempestivita'  dei  flussi  delle
informazioni da pubblicare, prevedendo anche  uno  specifico  sistema
delle responsabilita'. 
 
- Inconferibilita' specifiche per gli incarichi di  amministratore  e
  per gli incarichi dirigenziali 
 
  Si  ricorda  che  la  materia  delle   incompatibilita'   e   delle
inconferibilita'  degli  incarichi  e'  disciplinata  dal  d.lgs.  n.
39/2013. 
  All'interno delle societa' e' necessario sia previsto un sistema di
verifica della sussistenza di eventuali condizioni ostative in capo a
coloro che  rivestono  incarichi  di  amministratore,  come  definiti
dall'art. 1, co. 2, lett. l), del d.lgs. n. 39/2013 -  e  cioe'  "gli
incarichi   di   presidente   con   deleghe    gestionali    dirette,
amministratore delegato e assimilabili, di altro organo di  indirizzo
dell'attivita' dell'ente comunque denominato" - e a coloro  cui  sono
conferiti incarichi dirigenziali. 
  Per  gli  amministratori,  le  cause  ostative  in  questione  sono
specificate, in particolare, dalle seguenti disposizioni del d.lgs. n
39/2013: 
    - art. 3, co. 1, lett. d), relativamente alle inconferibilita' di
incarichi  in  caso  di  condanna  per  reati  contro   la   pubblica
amministrazione; 
    - art. 6, sulle "inconferibilita' di incarichi  a  componenti  di
organo politico di livello nazionale"; 
    - art. 7, sulla "inconferibilita' di incarichi  a  componenti  di
organo politico di livello regionale e locale". 
  Per i dirigenti, si applica l'art. 3, comma 1, lett.  c),  relativo
alle cause di inconferibilita' a seguito di condanne per reati contro
la pubblica amministrazione. 
  Le societa' adottano le misure necessarie  ad  assicurare  che:  a)
negli atti di attribuzione degli incarichi o negli  interpelli  siano
inserite  espressamente  le  condizioni  ostative   al   conferimento
dell'incarico; b) i soggetti interessati rendano la dichiarazione  di
insussistenza  delle   cause   di   inconferibilita'   all'atto   del
conferimento dell'incarico; c) sia effettuata dal Responsabile  della
prevenzione della corruzione,  eventualmente  in  collaborazione  con
altre strutture di controllo interne alla societa',  un'attivita'  di
vigilanza,  sulla  base  di  una  programmazione  che  definisca   le
modalita' e la frequenza delle verifiche  anche  su  segnalazione  di
soggetti interni ed esterni. 
  Nel caso di nomina degli amministratori proposta o effettuata dalle
p.a. controllanti, le verifiche sulle  inconferibilita'  sono  svolte
dalle medesime p.a.. 
 
- Incompatibilita' specifiche per gli incarichi di  amministratore  e
  per gli incarichi dirigenziali 
 
  All'interno delle societa' e' necessario sia previsto un sistema di
verifica   della   sussistenza    di    eventuali    situazioni    di
incompatibilita'  nei  confronti  dei  titolari  degli  incarichi  di
amministratore, come definiti dall'art. 1, co.  2,  lett.  l),  sopra
illustrato,  e  nei  confronti  di  coloro  che  rivestono  incarichi
dirigenziali. 
  Le situazioni  di  incompatibilita'  per  gli  amministratori  sono
quelle indicate, in  particolare,  dalle  seguenti  disposizioni  del
d.lgs. n. 39/2013: 
    - art.  9,  riguardante  le  "incompatibilita'  tra  incarichi  e
cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati, nonche' tra
gli stessi incarichi e le attivita' professionali" e, in particolare,
il co. 2; 
    -  art.  11,   relativo   a   "incompatibilita'   tra   incarichi
amministrativi di vertice e di  amministratore  di  ente  pubblico  e
cariche di componenti degli organi di indirizzo nelle amministrazioni
statali, regionali e locali, ed in particolare i co. 2 e 3; 
    -  art.  13,   recante   "incompatibilita'   tra   incarichi   di
amministratore di ente di diritto privato  in  controllo  pubblico  e
cariche di  componenti  degli  organi  di  indirizzo  politico  nelle
amministrazioni statali, regionali e locali"; 
    - art. 14, co. 1 e 2, lettere a) e c), con specifico  riferimento
alle nomine nel settore sanitario. 
  Per gli incarichi dirigenziali si applica l'art.  12  dello  stesso
decreto relativo alle "incompatibilita'  tra  incarichi  dirigenziali
interni ed esterni e cariche di componenti degli organi di  indirizzo
nelle amministrazioni statali, regionali e locali". 
  A  tali  fini,  le  societa'  adottano  le  misure  necessarie   ad
assicurare  che:  a)  siano  inserite  espressamente  le   cause   di
incompatibilita' negli atti di attribuzione degli incarichi  o  negli
interpelli per l'attribuzione degli stessi; b) i soggetti interessati
rendano  la   dichiarazione   di   insussistenza   delle   cause   di
incompatibilita' all'atto del conferimento dell'incarico e nel  corso
del rapporto; c) sia effettuata dal  Responsabile  della  prevenzione
della corruzione un'attivita' di vigilanza,  eventualmente  anche  in
collaborazione  con  altre  strutture  di  controllo   interne   alla
societa', sulla base di una programmazione che definisca le modalita'
e la frequenza delle verifiche, nonche' su segnalazione  di  soggetti
interni ed esterni. 
 
- Attivita' successiva alla cessazione del  rapporto  di  lavoro  dei
  dipendenti pubblici 
 
  Al fine di assicurare il rispetto di quanto previsto  all'art.  53,
co. 16-ter, del d.lgs. n. 165  del  2001,  le  societa'  adottano  le
misure necessarie a evitare l'assunzione di dipendenti pubblici  che,
negli  ultimi  tre  anni  di  servizio,  abbiano  esercitato   poteri
autoritativi o negoziali per conto di pubbliche amministrazioni,  nei
confronti delle societa'  stesse.  Le  societa'  assumono  iniziative
volte a garantire che: a) negli interpelli  o  comunque  nelle  varie
forme di  selezione  del  personale  sia  inserita  espressamente  la
condizione ostativa  menzionata  sopra;  b)  i  soggetti  interessati
rendano  la  dichiarazione  di  insussistenza  della  suddetta  causa
ostativa; c) sia svolta, secondo criteri autonomamente definiti,  una
specifica  attivita'  di  vigilanza,  eventualmente   anche   secondo
modalita' definite e su segnalazione di soggetti interni ed esterni. 
 
- Formazione 
 
  Le societa' definiscono i contenuti, i destinatari e  le  modalita'
di erogazione  della  formazione  in  materia  di  prevenzione  della
corruzione, da integrare  con  eventuali  preesistenti  attivita'  di
formazione dedicate al  «modello  di  organizzazione  e  gestione  ex
d.lgs. n. 231/2001». 
 
- Tutela del dipendente che segnala illeciti 
 
  In mancanza di una specifica  previsione  normativa  relativa  alla
tutela dei dipendenti che segnalano  illeciti  nelle  societa',  come
gia'   rappresentato   nelle   Linee   guida   in   materia   emanate
dall'Autorita' con  determinazione  n.  6  del  28  aprile  2015,  le
amministrazioni controllanti promuovono  l'adozione  da  parte  delle
societa' di misure idonee ad incoraggiare il dipendente a  denunciare
gli illeciti di cui viene a conoscenza nell'ambito  del  rapporto  di
lavoro, avendo cura di garantire la riservatezza  dell'identita'  del
segnalante  dalla  ricezione  e  in  ogni  contatto  successivo  alla
segnalazione. A questo fine e' utile assicurare  la  trasparenza  del
procedimento di segnalazione, definendo e rendendo noto  l'iter,  con
l'indicazione  di  termini  certi  per  l'avvio  e   la   conclusione
dell'istruttoria e con l'individuazione dei soggetti  che  gestiscono
le segnalazioni. 
 
- Rotazione o misure alternative 
 
  Uno dei principali fattori di rischio di corruzione  e'  costituito
dalla circostanza che uno stesso soggetto possa sfruttare un potere o
una  conoscenza  nella  gestione  di   processi   caratterizzati   da
discrezionalita' e da  relazioni  intrattenute  con  gli  utenti  per
ottenere vantaggi illeciti. Al fine di ridurre tale rischio e  avendo
come riferimento la l. n. 190 del 2012  che  attribuisce  particolare
efficacia preventiva alla rotazione, e' auspicabile che questa misura
sia attuata anche all'interno delle societa', compatibilmente con  le
esigenze organizzative  d'impresa.  Essa  implica  una  piu'  elevata
frequenza del turnover di quelle figure  preposte  alla  gestione  di
processi piu' esposti al rischio di corruzione. La rotazione non deve
comunque  tradursi  nella  sottrazione  di  competenze  professionali
specialistiche ad uffici  cui  sono  affidate  attivita'  ad  elevato
contenuto  tecnico.  Altra  misura  efficace,   in   combinazione   o
alternativa alla rotazione, potrebbe essere quella della  distinzione
delle competenze (cd. "segregazione delle funzioni") che  attribuisce
a  soggetti  diversi  i  compiti  di:  a)  svolgere   istruttorie   e
accertamenti; b) adottare decisioni; c) attuare le  decisioni  prese;
d) effettuare verifiche. 
 
- Monitoraggio 
 
  Le societa', in coerenza con quanto gia' previsto per  l'attuazione
delle misure previste ai sensi del  d.lgs.  231/2001  individuano  le
modalita',   le   tecniche   e   la   frequenza   del    monitoraggio
sull'attuazione delle misure di prevenzione della  corruzione,  anche
ai fini del loro aggiornamento periodico, avendo cura di  specificare
i ruoli e le responsabilita' dei soggetti chiamati  a  svolgere  tale
attivita', tra i quali  rientra  il  Responsabile  della  prevenzione
della corruzione. Quest'ultimo, entro il 15 dicembre  di  ogni  anno,
pubblica  nel  sito  web  della  societa'  una  relazione  recante  i
risultati dell'attivita' di prevenzione  svolta  sulla  base  di  uno
schema che A.N.AC. si riserva di definire. 
 
2.1.2. Il Responsabile della prevenzione della corruzione 
 
  Le societa' controllate dalle pubbliche amministrazioni sono tenute
a nominare un Responsabile per la prevenzione della corruzione (d'ora
innanzi "RPC"), secondo quanto previsto dall'art.  1,  co.  7,  della
legge  n.  190  del  2012,  a  cui  spetta  predisporre   le   misure
organizzative per la prevenzione  della  corruzione  ai  sensi  della
legge n. 190/2012. 
  Al fine di rendere obbligatoria la nomina,  le  societa'  adottano,
preferibilmente attraverso  modifiche  statutarie,  ma  eventualmente
anche in altre forme, gli opportuni adeguamenti che,  in  ogni  caso,
devono contenere una chiara indicazione in  ordine  al  soggetto  che
dovra' svolgere le funzioni di RPC. Al RPC devono essere riconosciuti
poteri di vigilanza sull'attuazione effettiva delle  misure,  nonche'
di  proposta  delle  integrazioni  e  delle  modifiche  delle  stesse
ritenute piu' opportune. 
  Il Responsabile della  prevenzione  della  corruzione  e'  nominato
dall'organo di indirizzo della societa', Consiglio di amministrazione
o altro organo con funzioni equivalenti. I dati relativi alla  nomina
sono  trasmessi  all'A.N.AC.  con  il  modulo  disponibile  sul  sito
dell'Autorita' nella pagina dedicata ai servizi on line. 
  Gli atti di revoca dell'incarico del RPC sono motivati e comunicati
all'A.N.AC. che, entro 30 giorni, puo'  formulare  una  richiesta  di
riesame qualora rilevi che la revoca  sia  correlata  alle  attivita'
svolte dal responsabile in materia di prevenzione della corruzione ai
sensi dell'art. 15 del d.lgs. n. 39/2013. 
  Considerata l'esigenza di garantire che il sistema  di  prevenzione
non si traduca in un mero adempimento  formale  e  che  sia,  invece,
calibrato, dettagliato come un modello organizzativo vero  e  proprio
ed in grado di rispecchiare le specificita' dell'ente di riferimento,
l'Autorita' ritiene che le funzioni di RPC debbano essere affidate ad
uno dei dirigenti della societa'. Questa  opzione  interpretativa  si
evince anche da quanto previsto nell'art. 1, co. 8,  della  legge  n.
190 del 2012, che vieta che la principale tra le attivita'  del  RPC,
ossia l'elaborazione del Piano,  possa  essere  affidata  a  soggetti
estranei all'amministrazione. Per tali motivi, il Responsabile  della
prevenzione della  corruzione  non  puo'  essere  individuato  in  un
soggetto esterno alla societa'. 
  Gli organi di indirizzo della societa' nominano, quindi,  come  RPC
un dirigente in servizio presso la societa', attribuendogli,  con  lo
stesso atto di conferimento dell'incarico, anche eventualmente con le
necessarie modifiche statutarie e regolamentari,  funzioni  e  poteri
idonei e congrui per lo svolgimento dell'incarico con piena autonomia
ed  effettivita'.  Nell'effettuare  la  scelta,  la  societa'  dovra'
vagliare  l'eventuale  esistenza  di  situazioni  di   conflitto   di
interesse ed  evitare,  per  quanto  possibile,  la  designazione  di
dirigenti responsabili di quei settori individuati all'interno  della
societa' fra quelli con aree a maggior rischio corruttivo. La  scelta
dovra' ricadere su un dirigente che abbia  dimostrato  nel  tempo  un
comportamento integerrimo. 
  Nelle sole ipotesi in cui la societa' sia  priva  di  dirigenti,  o
questi siano in numero  cosi'  limitato  da  dover  essere  assegnati
esclusivamente allo svolgimento di compiti gestionali  nelle  aree  a
rischio  corruttivo,  circostanze  che  potrebbero   verificarsi   in
strutture organizzative di ridotte dimensioni, il RPC  potra'  essere
individuato in un profilo non dirigenziale che garantisca comunque le
idonee competenze. In questo caso, il Consiglio di amministrazione o,
in sua mancanza,  l'amministratore  sono  tenuti  ad  esercitare  una
funzione di vigilanza stringente  e  periodica  sulle  attivita'  del
soggetto incaricato. In ultima istanza, e solo in  casi  eccezionali,
il RPC potra' coincidere con  un  amministratore,  purche'  privo  di
deleghe gestionali. 
  Nei casi di societa'  di  ridotte  dimensioni  appartenenti  ad  un
gruppo societario,  in  particolare  quelle  che  svolgono  attivita'
strumentali,  qualora  sia  stata  seguita  l'opzione   indicata   al
paragrafo 2.1.1. con la predisposizione  di  un'unica  programmazione
delle misure ex lege n. 190/2012 da parte del RPC  della  capogruppo,
le societa' del gruppo di ridotte dimensioni sono comunque  tenute  a
nominare almeno un referente del RPC della capogruppo. 
  In ogni caso, considerata la  stretta  connessione  tra  le  misure
adottate ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001 e quelle previste  dalla
legge n. 190 del 2012, le funzioni del Responsabile della prevenzione
della corruzione, dovranno essere svolte  in  costante  coordinamento
con quelle dell'Organismo di vigilanza nominato ai sensi  del  citato
decreto legislativo. 
  In questa ottica, nelle societa' in cui  l'Organismo  di  vigilanza
sia collegiale e si preveda la presenza di un componente interno,  e'
auspicabile che tale componente svolga  anche  le  funzioni  di  RPC.
Questa soluzione, rimessa all'autonomia organizzativa delle societa',
consentirebbe il collegamento funzionale tra il RPC e l'Organismo  di
vigilanza.  Solo  nei  casi  di  societa'  di   piccole   dimensioni,
nell'ipotesi in cui questa si  doti  di  un  Organismo  di  vigilanza
monocratico composto  da  un  dipendente,  la  figura  del  RPC  puo'
coincidere con quella dell'Organismo di vigilanza. 
  Dall'espletamento  dell'incarico   di   RPC   non   puo'   derivare
l'attribuzione di alcun compenso  aggiuntivo,  fatto  salvo  il  solo
riconoscimento, laddove sia configurabile, di eventuali  retribuzioni
di risultato legate all'effettivo conseguimento di precisi  obiettivi
predeterminati in sede di previsioni delle misure  organizzative  per
la  prevenzione  della  corruzione,  fermi  restando  i  vincoli  che
derivano dai tetti retributivi normativamente previsti e  dai  limiti
complessivi alla spesa per il personale. Cio' vale anche nel caso  in
cui le funzioni di RPC siano affidate ad un componente dell'Organismo
di vigilanza. 
  Inalterato  il  regime  di  responsabilita'  dei  dirigenti  e  dei
dipendenti  proprio  di   ciascuna   tipologia   di   societa',   nel
provvedimento di conferimento dell'incarico di RPC  sono  individuate
le conseguenze derivanti dall'inadempimento degli obblighi connessi e
sono declinati gli eventuali profili di responsabilita'  disciplinare
e dirigenziale, quest'ultima ove applicabile. In particolare, occorre
che siano specificate le conseguenze derivanti dall'omessa  vigilanza
sul funzionamento e sull'osservanza delle misure organizzative per la
prevenzione della corruzione, nonche' dall'omesso controllo  in  caso
di ripetute violazioni delle misure previste,  in  considerazione  di
quanto disposto dall'art. 1, commi 12 e 14, della legge  n.  190  del
2012. 
  In  relazione  agli  organi  di  amministrazione,  fatte  salve  le
responsabilita'  previste  dal  d.lgs.  n.  231  del  2001,   nonche'
l'eventuale azione ex  art.  2392  del  codice  civile  per  i  danni
cagionati alla societa', le amministrazioni  controllanti  promuovono
l'inserimento,  anche  negli   statuti   societari,   di   meccanismi
sanzionatori a carico degli amministratori che non  abbiano  adottato
le  misure  organizzative  e  gestionali  per  la  prevenzione  della
corruzione ex l. 190/2012 o il Programma triennale per la trasparenza
e l'integrita'. 
  E'   compito   delle    amministrazioni    controllanti    vigilare
sull'adozione delle misure di prevenzione della  corruzione  e  sulla
nomina del RPC da parte delle societa' controllate.  A  tal  fine  le
amministrazioni  prevedono  apposite  misure,  anche   organizzative,
all'interno dei propri piani di prevenzione della corruzione. 
 
2.1.3. La trasparenza 
 
  Alle societa' controllate,  direttamente  o  indirettamente,  dalle
pubbliche amministrazioni si applica la normativa  sulla  trasparenza
contenuta nel d.lgs. n. 33/2013  (art.  11,  co.  2,  del  d.lgs.  n.
33/2013), oltre a quanto gia' previsto dall'art.  1,  co.  34,  della
legge n.  190  del  2012  per  tutte  le  societa'  a  partecipazione
pubblica, anche non di controllo. 
  L'art. 11, co. 2, lett. b), come novellato dall'art. 24-bis del dl.
n. 90 del 2014, dispone, infatti, che la disciplina del d.lgs. n.  33
del 2013 prevista per  le  pubbliche  amministrazioni  sia  applicata
«limitatamente all'attivita' di pubblico interesse  disciplinata  dal
diritto nazionale o dell'Unione europea» anche agli enti  di  diritto
privato in controllo  pubblico,  incluse  le  societa'  in  controllo
pubblico  che  esercitano  funzioni  amministrative,   attivita'   di
produzione di beni e servizi a favore delle pubbliche amministrazioni
o di gestione di servizi pubblici. 
  La nuova  disposizione  introduce  una  netta  distinzione  tra  le
societa' controllate e le societa' a partecipazione pubblica  non  di
controllo. L'elemento distintivo tra le  due  categorie  di  societa'
consiste nel fatto che nelle societa' controllate deve sempre  essere
assicurata la trasparenza dei dati relativi  all'organizzazione.  Per
le societa' in controllo pubblico, cioe', la trasparenza deve  essere
garantita sia relativamente all'organizzazione che alle attivita'  di
pubblico interesse effettivamente svolte. 
  Per le societa' a partecipazione pubblica non di controllo, invece,
gli obblighi di trasparenza sono quelli di cui ai commi da  15  a  33
della legge n.  190  del  2012  con  riferimento  alle  attivita'  di
pubblico interesse se effettivamente esercitate, e  di  cui  all'art.
22, co. 3, per  quanto  attiene  all'organizzazione,  secondo  quanto
indicato nel paragrafo 2.2.2. 
  Per quanto riguarda le «attivita' di  pubblico  interesse  regolate
dal diritto nazionale o dell'Unione europea» svolte dalle societa' in
questione,  sono  certamente  da  considerarsi  tali   quelle   cosi'
qualificate da una norma di legge o dagli atti  costitutivi  e  dagli
statuti degli enti e delle societa' e quelle previste  dall'art.  11,
co. 2, del d.lgs. n. 33 del 2013, ovvero le attivita' di esercizio di
funzioni amministrative, di produzione di beni  e  servizi  a  favore
delle amministrazioni pubbliche, di gestione di servizi pubblici. 
  Come orientamento di carattere generale,  e'  onere  delle  singole
societa',  d'intesa  con  le  amministrazioni  controllanti  o,   ove
presenti, con quelle vigilanti, indicare chiaramente all'interno  del
Programma  triennale  per  la  trasparenza  e   l'integrita',   quali
attivita' rientrano fra quelle di «pubblico  interesse  regolate  dal
diritto nazionale o dell'Unione europea» e quelle che, invece non  lo
sono. Le amministrazioni controllanti o quelle  vigilanti  -  laddove
dette funzioni siano  in  capo  ad  amministrazioni  diverse  -  sono
chiamate  ad  una  attenta  verifica  circa  l'identificazione  delle
attivita' di pubblico interesse volta ad assicurare il pieno rispetto
della normativa in materia di trasparenza. 
  Data  la  natura  di  alcune  attivita'  espressione  di   funzioni
strumentali, ad esempio di acquisto  di  beni  e  servizi  ovvero  di
svolgimento di lavori e di gestione di risorse umane  e  finanziarie,
si presume che le stesse siano  volte  a  soddisfare  anche  esigenze
connesse allo svolgimento di attivita' di pubblico  interesse.  Dette
attivita',   pertanto,   sono   sottoposte   alla   normativa   sulla
trasparenza, salvo specifiche e  motivate  indicazioni  contrarie  da
parte dell'ente o della societa' interessata. In prospettiva  sarebbe
di sicura utilita' che le societa' distinguano  piu'  chiaramente  le
due tipologie di attivita' (di  pubblico  interesse  e  commerciali),
sotto i profili dell'organizzazione (individuando ad esempio distinti
uffici), delle modalita' di gestione  (individuando  distinte  regole
applicate  nello  svolgimento  delle   attivita'),   della   gestione
contabile  (dando  distinta  rilevanza  nei  bilanci   alle   risorse
impiegate, ai costi e ai risultati). 
  Laddove una societa' controllata non  svolga  invece  attivita'  di
pubblico interesse, e' comunque tenuta a pubblicare i  dati  relativi
alla  propria  organizzazione  e  a  rispettare   gli   obblighi   di
pubblicazione che possono eventualmente discendere dalla normativa di
settore, ad  esempio  in  materia  di  appalti  o  di  selezione  del
personale. 
  Naturalmente, considerate le peculiarita' organizzative, il tipo di
attivita' e il regime privatistico, la disciplina  della  trasparenza
e' applicabile con i necessari adattamenti,  anche  per  contemperare
l'obiettivo della piu' ampia pubblicazione dei dati con le  eventuali
esigenze relative alla natura privatistica e alle attivita' svolte in
regime concorrenziale. L'allegato 1 alla presente delibera  indica  i
principali adattamenti relativi agli obblighi di trasparenza  che  le
societa' controllate dalle pubbliche amministrazioni sono  tenute  ad
osservare. 
  A tal proposito si fa presente che alle societa' in house, che pure
rientrano nell'ambito di applicazione delle presenti Linee guida,  si
applicano gli obblighi  di  trasparenza  previsti  per  le  pubbliche
amministrazioni, senza alcun adattamento. Infatti, pur non rientrando
tra le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, co. 2, del d.lgs.
n. 165/2001, in quanto organizzate  secondo  il  modello  societario,
dette societa', essendo affidatarie in  via  diretta  di  servizi  ed
essendo sottoposte ad un controllo particolarmente  significativo  da
parte delle amministrazioni, costituiscono nei fatti parte integrante
delle amministrazioni controllanti. 
  Le societa' controllate adottano, ai sensi del  combinato  disposto
dell'art. 10 e dell'art. 11 del  d.lgs.  n.  33/2013,  un  "Programma
triennale per la trasparenza e l'integrita'" in cui viene definito il
modello organizzativo che esse intendono adottare per  assicurare  il
raggiungimento degli obiettivi di  trasparenza.  Nel  Programma  sono
specificate le modalita', i tempi di attuazione,  le  risorse  e  gli
strumenti  di  verifica  dell'efficacia  delle  iniziative  e   degli
obblighi in materia di  trasparenza.  Nello  stesso  Programma,  come
sopra   anticipato,   le   societa'   indicano,   esplicitandone   la
motivazione, quali sono le attivita' non  qualificabili  di  pubblico
interesse che quindi come tali, non sono sottoposte  alle  misure  di
trasparenza previste dal d.lgs. n. 33 del 2013 e  quelle  che  invece
sono di pubblico interesse. Per gli altri contenuti del  Programma  e
per le indicazioni relative alla qualita' dei dati da pubblicare,  si
rinvia alla delibera A.N.AC. n. 50/2013.  Si  ricorda  che,  l'omessa
adozione  del  Programma  e'  esplicitamente  sanzionata   ai   sensi
dell'art. 19, co. 5, del d.l. n. 90/2014. 
  Le societa' sono tenute anche a costituire sul proprio sito web una
apposita  Sezione,  denominata   "Societa'   trasparente",   in   cui
pubblicare i dati e le informazioni ai sensi del  d.lgs.  n.  33  del
2013.  Per  limitare  gli  oneri  derivanti  dalla  disciplina  della
trasparenza, qualora le societa' controllate non abbiano un sito web,
sara' cura delle amministrazioni controllanti rendere disponibile una
sezione del proprio sito  in  cui  le  societa'  controllate  possano
predisporre la sezione "Societa' trasparente"  in  cui  pubblicare  i
dati, ferme restando le rispettive responsabilita'. 
  Si ricorda che, in ogni caso, le societa' sono tenute a  comunicare
le informazioni di cui all'art. 22, co. 2, del d.lgs. n. 33 del  2013
ai soci pubblici, cosi' come gli amministratori societari  comunicano
i dati concernenti il proprio incarico, pena la  sanzione  pecuniaria
prevista dall'art. 47 del medesimo decreto. 
  Tenuto conto dell'esigenza di ridurre gli oneri organizzativi e  di
semplificare e valorizzare i sistemi  di  controllo  gia'  esistenti,
ciascuna societa' individua, all'interno degli stessi un soggetto che
curi l'attestazione dell'assolvimento degli obblighi di pubblicazione
analogamente a quanto fanno gli Organismi indipendenti di valutazione
per le amministrazioni pubbliche ai sensi dell'art. 14, co. 4,  lett.
g),  del  d.lgs.  n.  150/2009.  I  riferimenti  del  soggetto  cosi'
individuato sono indicati chiaramente  nella  sezione  del  sito  web
"Societa' Trasparente" e nel Programma triennale per la trasparenza e
l'integrita'. 
  L'organo di indirizzo della societa' controllata provvede, inoltre,
alla nomina del Responsabile  della  trasparenza,  le  cui  funzioni,
secondo quanto previsto dall'art. 43, co. 1, del  d.lgs.  n.  33  del
2013 sono svolte, «di  norma»,  dal  Responsabile  della  prevenzione
della corruzione. E' opportuno precisare  che,  laddove  la  societa'
abbia nominato due soggetti distinti per le funzioni  in  materia  di
trasparenza  e  per  quelle  di  prevenzione  della  corruzione,   e'
necessario garantire un coordinamento tra i due soggetti. 
  Le societa' controllate sono tenute anche ad adottare autonomamente
le misure organizzative necessarie al fine  di  assicurare  l'accesso
civico (art. 5, d.lgs. n. 33 del 2013) e a pubblicare, nella  sezione
"Societa' trasparente", le informazioni relative  alle  modalita'  di
esercizio di tale diritto e gli indirizzi di  posta  elettronica  cui
gli interessati possano inoltrare le relative richieste. 
 
2.2. Le societa' a partecipazione pubblica non di controllo 
 
  Ai fini delle presenti Linee guida, rientrano  fra  le  societa'  a
partecipazione pubblica non di controllo  quelle  definite  dall'art.
11, co. 3, del d.lgs. n. 33/2013 come a partecipazione  pubblica  non
maggioritaria, ossia quelle in cui le amministrazioni  detengono  una
partecipazione non idonea a determinare una situazione  di  controllo
ai sensi dell'art. 2359, co. 1, numeri 1 e 2, del codice  civile  (v.
par. 2). 
  In   considerazione   del   minor   grado    di    controllo    che
l'amministrazione esercita sulle societa' partecipate, trattandosi di
mera partecipazione azionaria, ad avviso dell'Autorita', l'attuazione
della normativa in materia di prevenzione della  corruzione  comporta
oneri minori rispetto a quelli imposti  alle  societa'  in  controllo
pubblico. Per la trasparenza, la stessa legge n. 190 del  2012  e  il
d.lgs. n. 33 del 2013 prevedono obblighi di pubblicazione ridotti. 
 
2.2.1. Le misure organizzative per la prevenzione della corruzione 
 
  Le amministrazioni partecipanti promuovono l'adozione  del  modello
di organizzazione e gestione ai sensi del  d.lgs.  n.  231  del  2001
nelle societa' a cui partecipano. Al riguardo si ricorda che l'art. 1
del d.lgs. n. 231/2001 dispone espressamente che le sue  disposizioni
non si applicano solo «allo Stato, agli enti  pubblici  territoriali,
agli altri enti pubblici non economici nonche' agli enti che svolgono
funzioni di rilievo costituzionale». 
  E' opportuno che il predetto modello di organizzazione  e  gestione
sia integrato, preferibilmente in una sezione apposita, con misure di
organizzazione e gestione idonee a  prevenire,  nelle  attivita'  che
vengono svolte, ulteriori fatti corruttivi come sopra definiti  (par.
2.1.1.) in danno alla societa' e alla pubblica  amministrazione,  nel
rispetto dei principi  contemplati  dalla  normativa  in  materia  di
prevenzione della corruzione. Le societa'  in  questione,  in  quanto
rientranti  fra  gli  enti  regolati  o  finanziati  dalle  pubbliche
amministrazioni ai sensi dell'art. 1, co. 2, lett. d), numero 2), del
d.lgs.  n.  39/2013,  sono  tenute  a  rispettare  le   norme   sulla
incompatibilita' previste nel medesimo decreto  ed,  in  particolare,
dagli articoli 9 e 10. 
  Le societa' a partecipazione  pubblica  non  di  controllo  restano
quindi soggette al regime di responsabilita' previsto dal  d.lgs.  n.
231/2001  e  non  sono  tenute  a  nominare  il  Responsabile   della
prevenzione  della  corruzione,  potendo  comunque  individuare  tale
figura,   nell'ambito   della   propria   autonomia    organizzativa,
preferibilmente nel rispetto delle indicazioni fornite nelle presenti
Linee guida. 
  Qualora  le  societa'  non   abbiano   adottato   un   modello   di
organizzazione e gestione ai sensi  del  d.lgs.  n.  231/2001,  resta
comunque  ferma  la  possibilita',   anche   su   indicazione   delle
amministrazioni partecipanti, di programmare misure organizzative  ai
fini di prevenzione della corruzione ex l. 190/2012. 
 
2.2.2. La trasparenza 
 
  In virtu' dell'art. 1, co. 34, della legge n. 190/2012 e  dell'art.
11, co. 3, del d.lgs. n. 33 del 2013 alle societa'  a  partecipazione
pubblica  non  di  controllo  si  applicano  le  regole  in  tema  di
trasparenza contenute nell'art. 1, commi da 15 a 33, della  legge  n.
190 del 2012,  limitatamente  «all'attivita'  di  pubblico  interesse
disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea». 
  Ne consegue che, limitatamente alle attivita' di pubblico interesse
eventualmente svolte, le societa' a partecipazione  pubblica  non  di
controllo assicurano la  pubblicazione  nei  propri  siti  web  delle
informazioni relative ai procedimenti amministrativi (art. 1, co. 15,
l. n. 190/2012), ivi inclusi quelli posti in essere  in  deroga  alle
procedure ordinarie (art. 1, co. 26); al monitoraggio  periodico  del
rispetto dei tempi procedimentali (art. 1,  co.  28);  ai  bilanci  e
conti consuntivi (art. 1, co. 15); ai costi unitari di  realizzazione
delle  opere  pubbliche  e  di  produzione  dei  servizi  erogati  ai
cittadini (art. 1, co. 15); alle autorizzazioni o  concessioni  (art.
1, co. 16); alla scelta del contraente per l'affidamento  di  lavori,
forniture  e  servizi,  anche  con  riferimento  alla  modalita'   di
selezione prescelta  ai  sensi  del  codice  dei  contratti  pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al d.lgs. n.  163/2006
(art. 1, co. 16 e 32); alle concessioni ed erogazioni di sovvenzioni,
contributi, sussidi, ausili finanziari, nonche'  all'attribuzione  di
vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti  pubblici  e
privati  (art.  1,  co.  16);  ai  concorsi  e  prove  selettive  per
l'assunzione del personale (art.  1,  co.  16).  Esse  rendono  noto,
inoltre, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui  il
cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze ai sensi dell'art.
38  del  D.P.R.  n.  445/2000  e  ricevere   informazioni   circa   i
provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano (art.
1, co. 29). 
  I dati sono pubblicati in una apposita sezione del sito  denominata
"Societa' trasparente". 
  Le societa' partecipate, diversamente dalle  societa'  controllate,
sono sottoposte,  per  quanto  concerne  la  pubblicazione  dei  dati
sull'organizzazione, unicamente agli obblighi di pubblicita'  di  cui
agli artt. 14 e 15 del  d.lgs.  n.  33/2013,  in  virtu'  del  rinvio
operato dall'art. 22, co. 3, del medesimo decreto.  L'interpretazione
di queste disposizioni deve  essere  coordinata  con  l'art.  11  del
d.lgs. n. 33/2013, come modificato dal d.l. 90/2014  che  limita  gli
obblighi di pubblicazione per le societa' a partecipazione pubblica a
quelli previsti dall'art. 1, co. da 15 a 33, della legge n. 190/2012. 
  Ad avviso dell'Autorita', pertanto, la pubblicazione  dei  dati  di
cui agli artt. 14  e  15  deve  avvenire  con  opportuni  adattamenti
indicati nell'allegato 1 della presente delibera 
  Per quanto riguarda  i  dati  reddituali  e  patrimoniali  previsti
dall'art. 14, l'obbligo di trasparenza si considera  assolto  con  la
pubblicazione dei dati relativi ai soli componenti  degli  organi  di
indirizzo  politico-amministrativo   nominati   o   designati   dalle
amministrazioni partecipanti. 
  Per cio' che attiene all'art. 15, con particolare riferimento  alla
pubblicazione  dei  compensi,  comunque  denominati,  relativi   agli
incarichi dirigenziali, questa puo' avvenire in forma aggregata dando
conto  della  spesa   complessiva   sostenuta   ciascun   anno,   con
l'indicazione dei  livelli  piu'  alti  e  piu'  bassi  dei  compensi
corrisposti, salvo che  la  societa'  non  provveda  ad  identificare
chiaramente, nell'ambito della propria  struttura,  le  articolazioni
organizzative che svolgono attivita' di pubblico interesse.  In  tale
ultimo caso, per i dirigenti  preposti  alle  predette  articolazioni
organizzative, deve essere indicato il compenso da ciascuno  di  essi
percepito. Analoghi accorgimenti  possono  essere  osservati  per  la
pubblicazione dei compensi relativi agli incarichi di  collaborazione
e consulenza, come indicato nell'allegato 1. 
  Inoltre le societa' partecipate  non  sono  tenute  a  nominare  il
Responsabile della trasparenza ne' ad adottare il Programma triennale
per la trasparenza e l'integrita' ma possono comunque  provvedere  in
tal senso. E' auspicabile, in ogni  caso,  che  le  societa'  rendano
noto, ai  fini  dell'accountability,  come  intendono  realizzare  la
pubblicazione dei dati e i soggetti interni coinvolti. 
  Poiche' le societa' devono pubblicare  i  dati  e  le  informazioni
sopra  elencati,  l'Autorita'  ritiene  che   per   questi   dati   e
informazioni sia applicabile la normativa sull'accesso  civico  (art.
5, d.lgs. n. 33 del 2013). Al fine di assicurare  detto  accesso,  le
societa' partecipate adottano autonomamente le  misure  necessarie  e
pubblicano, nella sezione  "Societa'  trasparente",  le  informazioni
relative alle modalita' di esercizio di tale diritto e gli  indirizzi
di posta elettronica cui inoltrare le relative richieste. 
  E' opportuno, in aggiunta, che esse prevedano, al proprio  interno,
una funzione  di  controllo  e  di  monitoraggio  degli  obblighi  di
pubblicazione,  anche  al  fine  di  attestare  l'assolvimento  degli
stessi. Questa funzione e' affidata preferibilmente all'Organismo  di
vigilanza, ferme restando le scelte  organizzative  interne  ritenute
piu'  idonee,  tenuto  conto  dell'esigenza  di  limitare  gli  oneri
organizzativi e di semplificare e valorizzare i sistemi di  controllo
gia' esistenti. 
  Analogamente a quanto indicato per le societa' controllate, qualora
le societa' a partecipazione pubblica non di controllo non dispongano
di  un  sito  internet  in  cui  costituire  la   sezione   "Societa'
trasparente", sara' cura delle amministrazioni  partecipanti  rendere
disponibile  una  sezione  del  proprio  sito  in  cui  le   societa'
partecipate possano predisporre la sezione "Societa' trasparente"  in
cui pubblicare i dati, ferme restando le rispettive responsabilita'. 
 
3. Gli altri enti di diritto privato  in  controllo  pubblico  e  gli
  altri enti di diritto privato partecipati 
 
  Per delimitare l'ambito di applicazione delle norme in  materia  di
prevenzione della corruzione agli enti  di  diritto  privato  diversi
dalle societa' e' possibile adottare un  criterio  analogo  a  quello
individuato  per  l'applicazione  della  medesima   disciplina   alle
societa'  pubbliche,  identificando  quelli  che  possono   ritenersi
sottoposti al controllo  delle  pubbliche  amministrazioni  e  quelli
meramente partecipati. 
  La distinzione ha  effetti  sull'applicazione  differenziata  della
normativa  anticorruzione   in   ragione   del   diverso   grado   di
coinvolgimento delle amministrazioni negli assetti degli enti come di
seguito approfondito. 
 
3.1.1. Gli altri enti di diritto privato in controllo pubblico 
 
  Ai sensi dell'art.  1,  co.  60,  della  legge  n.  190  del  2012,
dell'art. 11 del d.lgs. n. 33 del 2013 e dell'art. 1, co. 2,  lettera
c), del d.lgs. n. 39 del 2013,  sono  tenuti  all'applicazione  della
normativa in materia di prevenzione della corruzione anche gli  altri
enti di diritto privato in controllo pubblico diversi dalle societa',
con  particolare  riguardo  agli  enti   costituiti   in   forma   di
"fondazione" o di "associazione" ai sensi del  Libro  I,  Titolo  II,
capo II, del codice civile. Anche per tali enti si pone, analogamente
a  quanto  avviene  per  le   societa'   controllate,   il   problema
dell'esposizione al rischio  di  corruzione  che  il  legislatore  ha
inteso prevenire con la normativa anticorruzione  in  relazione  alle
pubbliche amministrazioni. 
  Per quanto concerne l'individuazione degli enti in  parola,  l'art.
1, co. 2, lettera c), del d.lgs. n. 39/2013 prevede che per «enti  di
diritto privato in controllo pubblico» si intendono  «le  societa'  e
gli  altri  enti  di  diritto   privato   che   esercitano   funzioni
amministrative, attivita' di produzione di beni e  servizi  a  favore
delle amministrazioni pubbliche o di gestione  di  servizi  pubblici,
sottoposti a controllo ai sensi dell'art. 2359 del codice  civile  da
parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti nei  quali  siano
riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di  una
partecipazione  azionaria,  poteri  di  nomina  dei  vertici  o   dei
componenti degli organi». Il medesimo testo e'  riproposto  nell'art.
11 del d.lgs. n. 33 del 2013, come sostituito dall'art.  24-bis,  co.
1, del dl.  n.  90  del  2014,  in  cui  si  precisa,  tuttavia,  che
l'attuazione  delle  disposizioni  in  materia  di  trasparenza  deve
avvenire da parte di questi enti solo limitatamente all'attivita'  di
pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale  o  dell'Unione
europea. 
  Dalla disciplina positiva e dall'analisi  giurisprudenziale  emerge
che il fenomeno degli enti di diritto privato in  controllo  pubblico
e'  particolarmente  complesso.   Gli   enti   in   questione   hanno
caratteristiche e struttura eterogenee, non sono riconducibili ad una
categoria unitaria e non sussiste, per la  loro  individuazione,  una
nozione di controllo analoga a  quella  dettata  dall'art.  2359  del
codice civile per le societa'. 
  Si deve trattare di enti, in particolare associazioni e fondazioni,
che hanno natura privatistica, non necessariamente  con  personalita'
giuridica,  rispetto  ai  quali  sono  riconosciuti  in   capo   alle
amministrazioni pubbliche poteri di  controllo  che  complessivamente
consentono di esercitare un potere di  ingerenza  sull'attivita'  con
carattere  di  continuita'  ovvero   un'influenza   dominante   sulle
decisioni dell'ente. 
  Fermo restando il potere di ingerenza, al fine di identificare tali
enti, si puo' utilizzare il metodo  della  individuazione  di  alcuni
indici,  la  cui  ricorrenza  nel  caso  concreto  puo'  considerarsi
sintomatica della sussistenza di un controllo pubblico. Di seguito si
elencano alcuni indici in via esemplificativa: 
    1.  l'istituzione  dell'ente  in   base   alla   legge   o   atto
dell'amministrazione interessata,  oppure  la  predeterminazione,  ad
opera della legge, delle finalita' istituzionali o di una  disciplina
speciale; 
    2. la  nomina  dei  componenti  degli  organi  di  indirizzo  e/o
direttivi e/o di controllo da parte dell'amministrazione; 
    3.  il  prevalente  o   parziale   finanziamento   dell'attivita'
istituzionale con fondi pubblici o il riconoscimento  agli  enti  del
diritto di  percepire  contributi  pubblici.  Cio'  comporta  che  la
gestione finanziaria degli stessi sia  soggetta  al  controllo  della
Corte dei conti con le modalita' previste dall'art. 2 della l. n. 259
del 1958  per  la  gestione  finanziaria  degli  enti  cui  lo  Stato
contribuisce in via ordinaria; 
    4. il riconoscimento in capo  all'amministrazione  di  poteri  di
vigilanza, tra i quali, ad esempio: 
      - l'approvazione, da parte dell'amministrazione, dello statuto,
delle eventuali delibere di trasformazione e di scioglimento; 
      - l'approvazione, da parte  dell'amministrazione,  delle  altre
delibere  piu'  significative,  come  quelle  di   programmazione   e
rendicontazione economico - finanziaria; 
      - l'attribuzione all'amministrazione di poteri di  scioglimento
degli  organi  e  di  commissariamento  e/o  estinzione  in  caso  di
impossibilita' al raggiungimento dei fini  statutari  o  in  caso  di
irregolarita' o gravi violazioni di disposizioni legislative  nonche'
in altri casi stabiliti dallo statuto; 
    5. la limitazione, da parte della legge, dell'apporto di capitale
privato o della partecipazione dei privati; 
    6. per le associazioni, la titolarita' pubblica della maggioranza
delle quote. 
  Perche'    si    verifichi    l'esistenza    di    un     controllo
dell'amministrazione occorre, anche in presenza dei suddetti  indici,
procedere ad un'analisi in concreto del rapporto tra  amministrazione
ed ente. In alcuni casi e' possibile che la  presenza  anche  di  uno
solo dei suddetti indici sia gia' idonea a determinare  un  controllo
vero  e  proprio,  come  avviene,  ad  esempio,  nel  caso   in   cui
all'amministrazione  competa  la   nomina   della   maggioranza   dei
componenti degli organi direttivi e/o di indirizzo. Questo  criterio,
anche isolatamente considerato, consente di individuare una posizione
di controllo pubblico, sempre che a tali organi  siano  demandate  le
principali scelte programmatiche. Nella maggioranza dei casi, invece,
verificata la presenza dei  predetti  indici,  occorre  procedere  ad
un'analisi in concreto del rapporto tra amministrazione ed ente. 
  Sempre  in  via  generale,  puo'  avere  rilievo,  ai  fini   della
individuazione della categoria, il carattere delle attivita'  svolte,
quali, come si e'  visto,  la  finalizzazione  delle  attivita'  alla
realizzazione di un interesse pubblico: gli enti  in  questione,  pur
avendo  natura  privatistica,   svolgono   funzioni   che   rientrano
nell'ambito dei compiti tipicamente appartenenti ai pubblici  poteri,
ossia funzioni cui le pubbliche amministrazioni,  in  loro  mancanza,
dovrebbero sopperire. L'assimilazione alle amministrazioni  pubbliche
si deve alla pubblicita' delle attivita' svolte  dai  suddetti  enti,
alla  strumentalita'  degli  stessi  rispetto  al  conseguimento   di
finalita' di chiara impronta pubblicistica. In  particolare,  secondo
il tenore letterale del d.lgs. n. 33 del 2013 e del d.lgs. n. 39  del
2013, occorre ricondurre alla categoria degli enti di diritto privato
in controllo pubblico quelli che esercitano funzioni  amministrative,
attivita'  di  produzione  di  beni  e   servizi   a   favore   delle
amministrazioni pubbliche, gestiscono servizi pubblici, ossia servizi
qualificati tali perche' l'attivita' in cui consistono  si  indirizza
istituzionalmente al pubblico, mirando a  soddisfare  esigenze  della
collettivita'  in  coerenza  con   i   compiti   dell'amministrazione
pubblica. 
  Ai fini  dell'identificazione  degli  enti  in  questione,  spetta,
innanzitutto, alle  amministrazioni  specificare,  anche  sulla  base
delle indicazioni sopra fornite, quali  siano  gli  enti  di  diritto
privato in loro controllo.  Detta  ricognizione  e'  resa  necessaria
dall'art. 22, co. 1, lett. c), del d.lgs. n. 33 del 2013, secondo cui
ciascuna amministrazione e' tenuta a pubblicare l'elenco  degli  enti
di   diritto   privato,   comunque   denominati,   controllati   "con
l'indicazione delle funzioni attribuite, delle  attivita'  svolte  in
favore dell'amministrazione o delle attivita'  di  servizio  pubblico
affidate". 
 
3.1.2. Le misure organizzative per la prevenzione della corruzione 
 
  Gli enti di diritto privato in controllo pubblico  sono  tenuti  ad
applicare la normativa sulla prevenzione della corruzione. Per quanto
attiene alle iniziative da porre in essere,  valgono  le  indicazioni
formulate in relazione alle societa' controllate (v. par. 2.1.1.). 
  Le amministrazioni controllanti assicurano, quindi, l'adozione  del
modello previsto dal d.lgs. n. 231/2001 da integrare  con  le  misure
organizzative e di gestione per la prevenzione  della  corruzione  ex
lege n. 190/2012. Gli enti nominano un Responsabile della prevenzione
della corruzione nell'ambito del personale in  servizio.  Come  visto
sopra, le misure previste per corrispondere alle finalita'  della  l.
n. 190/2012 sono strettamente correlate al modello di  organizzazione
e gestione previsto dal d.lgs. n. 231 del 2001, anche se e' opportuno
che i contenuti siano chiaramente identificabili. 
  Nelle ipotesi residuali, in cui manchi il modello di organizzazione
e gestione previsto dal  d.lgs.  n.  231  del  2001,  gli  enti  sono
comunque tenuti ad adottare misure organizzative di prevenzione della
corruzione in coerenza con le  finalita'  della  legge  n.  190/2012,
analogamente a quanto sopra indicato per  le  societa'  in  controllo
pubblico. 
  Al RPC spetta la predisposizione delle misure  per  la  prevenzione
della corruzione, nonche' le proposte di modifica e di aggiornamento.
Le misure sono adottate dall'organo di  indirizzo  dell'ente.  Per  i
contenuti e l'aggiornamento delle misure si rinvia a quanto precisato
nel paragrafo 2.1.1.  con  riferimento  alle  societa'  in  controllo
pubblico. 
 
3.1.3. Il Responsabile della prevenzione della corruzione 
 
  Per  quanto  concerne  il  Responsabile  della  prevenzione   della
corruzione, valgono le stesse indicazioni fornite con  riguardo  alle
societa' controllate nel paragrafo 2.1.2., al quale dunque si rinvia. 
  Anche per questi enti, le amministrazioni controllanti  inseriscono
all'interno dei propri  piani  di  prevenzione  della  corruzione  le
misure,  anche  organizzative,  utili   ai   fini   della   vigilanza
sull'effettiva nomina da parte  degli  enti  di  diritto  privato  in
controllo pubblico  del  RPC  e  sull'adozione  di  misure  idonee  a
prevenire fenomeni corruttivi. 
 
3.1.4. La trasparenza 
 
  L'art. 11, co. 2, lettera b), del d.lgs. n. 33 del 2013 prevede che
sono soggetti a  tutti  gli  obblighi  di  trasparenza  previsti  dal
medesimo decreto gli enti di diritto privato  in  controllo  pubblico
che esercitano funzioni amministrative, attivita'  di  produzione  di
beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione
di servizi pubblici o i cui vertici o componenti degli  organi  siano
nominati o designati dalle amministrazioni. 
  Anche per questi enti, cosi' come  per  le  societa'  in  controllo
pubblico, la trasparenza deve essere assicurata  sia  sull'attivita',
limitatamente a quella di pubblico interesse disciplinata dal diritto
nazionale e dell'Unione europea, sia sull'organizzazione. 
  Ai fini dell'attuazione del d.lgs. n. 33  del  2013,  gli  enti  di
diritto privato in controllo pubblico adottano il Programma triennale
per la trasparenza e l'integrita',  nominano  il  Responsabile  della
trasparenza,  di  norma  coincidente  con   il   Responsabile   della
prevenzione della  corruzione,  assicurano  l'esercizio  dell'accesso
civico e istituiscono nel proprio sito  web  una  sezione  denominata
"Amministrazione trasparente". 
  Poiche' la disciplina e' la stessa  applicabile  alle  societa'  in
controllo pubblico, si rinvia complessivamente a quanto precisato nel
par. 2.1.3. per dette societa'. 
  Per  limitare  gli   oneri   derivanti   dalla   disciplina   della
trasparenza,  qualora  gli  enti  di  diritto  privato  in  controllo
pubblico non dispongano di un sito web in  cui  inserire  la  sezione
«Amministrazione  trasparente»,  sara'  cura  delle   amministrazioni
controllanti rendere disponibile una sezione del proprio sito in  cui
gli enti possano pubblicare i  dati,  ferme  restando  le  rispettive
responsabilita'. 
 
3.2. Altri enti di diritto privato partecipati 
 
  Sono da ricomprendere  tra  gli  "altri  enti  di  diritto  privato
partecipati"  quegli  enti  di  natura  privatistica,  diversi  dalle
societa', non sottoposti a controllo pubblico, cioe'  quelli  le  cui
decisioni e la cui attivita'  non  risultano  soggette  al  controllo
dell'amministrazione nelle forme e nei modi illustrati nel  paragrafo
3.1. Questi enti sono rilevanti ai fini della normativa in materia di
prevenzione  della  corruzione  e  trasparenza  in  quanto   comunque
partecipati da amministrazioni. 
  Infatti, detti enti, pur  avendo  natura  di  diritto  privato,  si
possono  configurare  quali  strutture  organizzative  che  hanno  un
rilievo  pubblico   in   quanto   deputate   a   svolgere   attivita'
amministrative ovvero attivita'  di  interesse  generale.  Nonostante
l'autonomia    statutaria    e    gestionale    loro    riconosciuta,
all'amministrazione sono attribuiti poteri di  vigilanza  in  ragione
della natura pubblica dell'attivita'  svolta.  Detti  poteri  possono
sostanziarsi,    ad    esempio,    nell'approvazione     da     parte
dell'amministrazione degli atti fondamentali, nella  formulazione  di
rilievi sui bilanci, nei compiti di  verifica  dell'effettiva  tutela
dei beneficiari secondo le forme individuate negli statuti. 
  Nella categoria degli enti di diritto privato solo  partecipati  da
pubbliche  amministrazioni  rientrano,   anche   sulla   base   della
giurisprudenza, ordinaria e costituzionale, le  fondazioni  bancarie,
le casse di previdenza dei liberi professionisti, le  associazioni  e
le fondazioni derivanti dalla trasformazione per legge di istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficienza, nonostante l'indubbio  rilevo
di interesse generale delle funzioni ad esse attribuite. 
 
3.2.1. Le misure organizzative di prevenzione della corruzione 
 
  In  considerazione  delle  finalita'  istituzionali  perseguite  da
questi enti non viene  meno  l'interesse  generale  alla  prevenzione
della corruzione. Poiche', pero', tali enti non sono  considerati  in
controllo pubblico  essi  non  sono  tenuti  ad  adottare  le  misure
previste dalla l. n. 190/2012 ne' a nominare  un  Responsabile  della
prevenzione della corruzione. 
  E' compito delle pubbliche amministrazioni partecipanti promuovere,
in special modo nel caso in cui esse corrispondano all'ente forme  di
finanziamento a vario titolo riconosciute, l'adozione  di  protocolli
di legalita' che disciplinino specifici obblighi di prevenzione della
corruzione e di trasparenza, diversamente calibrati e specificati  in
base alla tipologia di poteri, di vigilanza, di  finanziamento  o  di
nomina, che l'amministrazione esercita. In questi casi  i  protocolli
di  legalita'  devono  disciplinare,  ad  esempio,  gli  obblighi  di
trasparenza e di informazione sull'uso  delle  risorse  pubbliche  da
parte dei beneficiari. Nel  caso  di  esercizio  di  soli  poteri  di
vigilanza, occorre che nei protocolli siano indicate le modalita' per
rendere tale  attivita'  efficace  e  trasparente,  assicurandone  la
conoscibilita' degli esiti. 
  E' anche compito  delle  amministrazioni  che  a  vario  titolo  vi
partecipano, promuovere, da parte di questi soggetti,  l'adozione  di
modelli come quello previsto nel d.lgs. n. 231 del 2001, laddove cio'
sia compatibile con la dimensione organizzativa degli stessi. 
 
3.2.2. La trasparenza 
 
  Per   ragioni   di   coerenza   complessiva    nell'interpretazione
sistematica delle norme, non essendo tali  enti  destinatari  diretti
delle disposizioni contenute nell'art. 11, co. 3, del  d.lgs.  n.  33
del 2013, le amministrazioni partecipanti sono tenute  a  promuovere,
all'interno  dei  protocolli  di  legalita'  di  cui  al   precedente
paragrafo, l'applicazione anche da parte di tali enti degli  obblighi
di trasparenza individuati per le societa' a partecipazione  pubblica
non di controllo. 
 
4. Enti pubblici economici 
 
  Gli  enti  pubblici  economici,  ancorche'  svolgano  attivita'  di
impresa, sono da ritenersi tra i soggetti destinatari della normativa
in materia  di  anticorruzione  e  trasparenza  in  quanto  enti  che
perseguono finalita' pubbliche. L'art. 1, commi 59 e 60, della  legge
n.  190  del  2012,  non  puo'  che  ricevere   una   interpretazione
costituzionalmente orientata volta a  ricomprendere  nel  novero  dei
soggetti tenuti all'applicazione delle  disposizioni  di  prevenzione
della corruzione anche gli enti pubblici economici atteso che,  anche
per la natura delle funzioni svolte, essi sono  esposti  ai  medesimi
rischi che il  legislatore  ha  inteso  prevenire  per  le  pubbliche
amministrazioni, per le societa', e gli altri enti di diritto privato
controllati o partecipati.  Diversamente,  la  normativa  genererebbe
un'evidente asimmetria applicandosi  a  soggetti  privati,  quali  le
societa', che esercitano attivita' d'impresa, ma non ad enti pubblici
che pure svolgono il medesimo tipo di attivita'. 
  Gli enti pubblici economici, d'altra parte, sono  da  subito  stati
inclusi  dal  Piano  Nazionale  Anticorruzione  tra  i  soggetti  cui
applicare le disposizioni in materia di prevenzione della  corruzione
e trasparenza della legge n. 190 del 2012. La delibera dell'Autorita'
n. 50 del 2013 aveva chiarito l'applicabilita' ad essi  delle  misure
di trasparenza, anche se, allora, limitatamente, alle previsioni  dei
commi da 15 a 33 dell'art.  1  della  legge  n.  190.  Da  ultimo,  a
ulteriore conferma, e'  intervenuta  la  modifica  dell'art.  11  del
d.lgs. n. 33 del 2013, che al co. 2,  lett.  a),  si  riferisce  agli
«enti di diritto  pubblico  non  territoriali,  comunque  denominati,
istituiti,  vigilati,  finanziati  dalla  pubblica   amministrazione,
ovvero i cui  amministratori  siano  da  questa  nominati»,  tra  cui
rientrano gli enti pubblici economici, come ha precisato  l'Autorita'
con la delibera n. 144 del 2014. 
 
4.1. Le misure organizzative per la prevenzione della corruzione e il
  Responsabile della prevenzione della corruzione 
 
  Nella prospettiva indicata, le misure introdotte dalla legge n. 190
del 2012 ai fini di prevenzione della corruzione  si  applicano  agli
enti pubblici economici. 
  In particolare,  considerate  le  attivita'  svolte  in  regime  di
diritto privato e tenuto conto  che  a  tali  enti  si  applicano  le
disposizioni  previste  dal  d.lgs.  n.  231/2001   appare   coerente
un'interpretazione  delle  norme  che  prevede  l'applicazione  delle
misure stabilite per le societa' in controllo pubblico e indicate nei
paragrafi 2.1.1. e 2.1.2. ai quali, dunque, si rinvia. 
 
4.2. La trasparenza 
 
  A seguito delle modifiche  introdotte  dal  d.l.  n.  90  del  2014
all'art. 11 del d.lgs. n. 33 del 2013  gli  enti  pubblici  economici
sono tenuti  ad  osservare  la  medesima  disciplina  in  materia  di
trasparenza prevista per le pubbliche amministrazioni. 
  Sulla base del nuovo quadro normativo sono, pertanto, da  ritenersi
superate le indicazioni in materia di trasparenza rivolte  agli  enti
pubblici economici contenute nella delibera A.N.AC. n. 50 del 2013  e
nel PNA. 
  Per l'attuazione degli obblighi di trasparenza del d.lgs. n. 33 del
2013 gli enti pubblici economici adottano il Programma triennale  per
la  trasparenza  e  l'integrita',  nominano  il  Responsabile   della
trasparenza,  di  norma  coincidente  con   il   Responsabile   della
prevenzione della corruzione, istituiscono sul proprio sito  web  una
sezione  denominata   "Amministrazione   trasparente"   nella   quale
pubblicano i documenti, le informazioni e i dati previsti dal  d.lgs.
n. 33/2013 e assicurano l'esercizio dell'accesso civico. 
 
5. Attivita' di vigilanza dell'A.N.AC. 
 
  Come  sopra  ricordato  le  pubbliche  amministrazioni  redigono  e
pubblicano sul proprio sito istituzionale, ai sensi dell'art. 22, co.
1, del d.lgs. n. 33 del 2013, un elenco degli enti e  delle  societa'
da esse partecipate o controllate. 
  L'attivita'  di  vigilanza  e  controllo  dell'A.N.AC.,  che   puo'
comportare anche l'adozione di sanzioni, e' svolta anche tenuto conto
di  tali  elenchi  nonche'  dei  dati  sulle   societa'   partecipate
comunicati dalle pubbliche amministrazioni al Dipartimento del Tesoro
del MEF, in attuazione del decreto del Ministero dell'Economia del 30
luglio 2010(adottato ai sensi dell'art.  2,  co.  222,  della  l.  n.
191/2009), e dell'art. 17, co. 3 e 4, del d.l. n. 90/2014, convertito
con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014. 
  I documenti contenenti le misure di prevenzione della corruzione ex
lege n. 190/2012 e i loro  aggiornamenti,  ivi  inclusi  i  Programmi
triennali per la trasparenza e l'integrita', devono essere pubblicati
esclusivamente nei siti istituzionali delle societa'  e  degli  enti,
nella sezione  "Amministrazione  trasparente"/"Societa'  trasparente"
sotto-sezione "Altri  contenuti  -  Corruzione".  In  una  logica  di
semplificazione  degli  oneri,  pertanto,  essi  non  devono   essere
trasmessi all'A.N.AC. ne' al  Dipartimento  della  Funzione  Pubblica
mediante il sistema integrato "PERLA PA". 
 
6. Disciplina transitoria 
 
  Considerate le modifiche apportate dalla disciplina delle  presenti
Linee guida rispetto ai contenuti del PNA, le societa'  e  gli  altri
enti di diritto privato  in  controllo  pubblico,  nonche'  gli  enti
pubblici economici, procedono, qualora non l'abbiano  gia'  fatto,  a
nominare tempestivamente  il  Responsabile  della  prevenzione  della
corruzione affinche'  predisponga  entro  il  15  dicembre  2015  una
relazione recante i risultati dell'attivita'  di  prevenzione  svolta
sulla base di quanto gia' previsto dal PNA e dando conto delle misure
gia' adottate in attuazione delle presenti Linee guida. 
  L'adeguamento alle  presenti  Linee  guida,  con  l'adozione  delle
misure  di  organizzazione  e  gestione  per  la  prevenzione   della
corruzione ex lege n. 190/2012, dovra' comunque avvenire entro il  31
gennaio 2016. 
  Per quanto attiene alla trasparenza,  fermo  restando  quanto  gia'
stabilito anche in termini di sanzioni dall'art.  22  del  d.lgs.  n.
33/2013, le societa' e gli  enti  destinatari  delle  presenti  Linee
guida adeguano tempestivamente i propri siti web  con  i  dati  e  le
informazioni da pubblicare,  tenuto  conto  che  le  disposizioni  in
materia di trasparenza di cui al d.lgs. n.  33/2013  si  applicano  a
tali soggetti gia' in virtu' di quanto previsto dall'art. 24 bis  del
d.l. n. 90/2014. 
  Per le misure di prevenzione della corruzione e di  trasparenza  da
introdurre nelle societa' e  negli  altri  enti  di  diritto  privato
partecipati,    le    amministrazioni    partecipanti     promuovono,
tempestivamente e comunque non oltre il 31 dicembre 2015, la  stipula
dei protocolli di legalita', ove e'  indicata  la  cadenza  temporale
delle misure da adottare negli enti. 
  Le  presenti  Linee  guida  entrano  in  vigore   dalla   data   di
pubblicazione sul sito istituzionale dell'Autorita'. 
  Il  Consiglio  ne  dispone  anche  la  pubblicazione  in   Gazzetta
Ufficiale. 
  Approvato dal Consiglio nella seduta del 17 giugno 2015. 
 
    Roma, 17 giugno 2015 
 
                                               Il Presidente: Cantone 
 
Depositata presso la Segreteria del Consiglio il 23 giugno 2015 
 
Il Segretario: Esposito 

(1) In particolare le Linee guida intervengono sulle  seguenti  parti
    del PNA: 1.3 - Destinatari - pag. 12; 3.1.1 - I  Piani  Triennali
    di Prevenzione della Corruzione -  P.T.P.C.  -  e  i  modelli  di
    organizzazione e gestione del d.lgs.  n.  231  del  2001  -  pag.
    33-34; 3.1.2 Trasparenza -  pag.  35;  3.1.7  -  Conferimento  di
    incarichi  dirigenziali  in  caso  di  particolari  attivita'   o
    incarichi precedenti (pantouflage - revolving doors) -  pag.  40;
    3.1.8 - Incompatibilita' specifiche per posizioni dirigenziali  -
    pag. 42; Allegato  1  A  Soggetti  e  ruoli  della  strategia  di
    prevenzione; A.1 Soggetti e ruoli della strategia di  prevenzione
    a livello  nazionale  -  pag.  3;  A.2  Soggetti  e  ruoli  della
    strategia di prevenzione a livello decentrato - pag. 5 e 6; B.3.1
    Ambito di applicazione  delle  norme  sulla  trasparenza  -  pag.
    34-36; B.9 Incompatibilita' specifiche per posizioni dirigenziali
    - pag. 50. 

(2) Ministero economia e finanza, Dipartimento del Tesoro "Patrimonio
    della  PA.   Rapporto   sulle   partecipazioni   detenute   dalle
    Amministrazioni Pubbliche al 31 dicembre  2012"  -  Luglio  2014.
    http://www.dt.tesoro.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/
    programmi_cartolarizzazione/patrimonio_pa/Rapporto_Partecipazioni
    _DatiAnno2012.pdf. 

(3) Per quanto riguardo il c.d. "controllo di fatto"  cfr.  Tribunale
    di Venezia, decreto 10 febbraio 2011, ove si afferma che  «Mentre
    il controllo di una societa' su un'altra e' presunto in  caso  di
    maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea  ordinaria,  per
    dimostrare "l'influenza dominante" e'  indispensabile  verificare
    in concreto l'andamento delle assemblee della partecipata per  un
    arco di tempo ragionevolmente significativo, al fine di  valutare
    se vi sia stata un'effettiva  capacita'  di  controllo  da  parte
    dell'asserita controllante».