IL MINISTRO DELL'INTERNO 
 
                                  e 
 
                            IL PRESIDENTE 
                      DELL'AUTORITA' NAZIONALE 
                           ANTICORRUZIONE 
 
  Visto l'art. 32 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito
con  modificazioni  dalla  legge  11  agosto  2014,  n.  114  e,   in
particolare, il comma 7 del citato articolo; 
  Considerate le precedenti quattro linee guida in materia di  misure
straordinarie  di  gestione,  sostegno  e  monitoraggio,   ai   sensi
dell'art. 32 del decreto-legge n.  90/2014,  adottate  congiuntamente
dal Presidente dell'Autorita' nazionale anticorruzione e dal Ministro
dell'interno; 
  Rilevata la necessita' di perfezionare, sotto il profilo operativo,
la regolamentazione del regime di accantonamento dell'utile d'impresa
derivante dalla esecuzione dei  contratti  pubblici  d'appalto  e  di
concessione sottoposti alla  misura  di  straordinaria  e  temporanea
gestione, ai sensi del citato art. 32, comma 7, al fine di  orientare
in  modo  uniforme  le  Prefetture  e  i  soggetti  incaricati  della
conduzione «amministrata» dei contratti e di garantire certezza  alle
stazioni   appaltanti   e   agli   operatori   economici    coinvolti
nell'applicazione delle suddette misure; 
  Ritenuta l'opportunita' di adottare un atto  d'indirizzo  condiviso
dalle due Amministrazioni; 
  Considerate  la  complessita'  della   materia   e   la   rilevanza
dell'impatto finanziario di tale atto sugli assetti  aziendali  delle
imprese; 
  Vista la richiesta di parere al Consiglio di Stato sullo schema  di
«Quinte linee guida», trasmessa con nota prot. n.  29231  in  data  4
aprile 2018; 
  Visto  il  parere  del  Consiglio  di  Stato  n.   706/2018,   reso
nell'adunanza della Commissione speciale dell'11 maggio 2018; 
 
                              Adottano 
                      le seguenti linee guida: 
 
Oggetto e finalita' delle linee guida 
 
  Il presente atto di indirizzo rappresenta la base di  partenza  per
un approfondimento della tematica relativa alla gestione degli  utili
che  derivano  dalla  esecuzione  dei  contratti   d'appalto   e   di
concessione «commissariati» ai sensi dell'art. 32, comma  1,  lettera
b) del decreto-legge n. 90/2014, convertito con  modificazioni  dalla
legge n. 114/2014, e si pone in un'ottica risolutiva  delle  varie  e
complesse  questioni  sorte  sulla  scorta   dell'esperienza   finora
maturata in materia di misure di straordinaria gestione. 
  Esso  muove  dall'esigenza  di  delineare  correttamente   l'ambito
applicativo del comma 7 dell'art. 32 cit., il quale dispone che: «Nel
periodo di applicazione della misura di  straordinaria  e  temporanea
gestione di cui al comma 2, i pagamenti sono corrisposti al netto del
compenso riconosciuto agli amministratori di cui al comma 2 e l'utile
d'impresa derivante dalla conclusione dei contratti d'appalto di  cui
al comma 1, determinato anche in via presuntiva dagli amministratori,
e' accantonato in apposito fondo e non puo'  essere  distribuito  ne'
essere soggetto a pignoramento, sino all'esito dei  giudizi  in  sede
penale  ovvero,  nei  casi  di  cui  al  comma  10,  dei  giudizi  di
impugnazione  o  cautelari   riguardanti   l'informazione   antimafia
interdittiva». 
  Con tale norma, il legislatore si e' premurato di prevedere, per il
periodo  di  vigenza  della   gestione   commissariale,   un   regime
provvisorio  di   accantonamento   della   quota   di   corrispettivo
contrattuale  percepita  dall'impresa  a  titolo  di  utile,  nonche'
l'indisponibilita' di tali somme fino all'esito dei giudizi  in  sede
penale  o  in  sede  amministrativa,  a  seconda  che  la  misura  di
straordinaria gestione sia  stata  disposta  sulla  base  di  vicende
giudiziarie (art. 32, comma  1)  ovvero  a  seguito  di  informazione
antimafia interdittiva (art. 32, comma  10).  In  via  ordinaria,  la
modalita' operativa con cui assolvere all'obbligo previsto  dall'art.
32, comma 7, puo' individuarsi nell'accensione di un  conto  corrente
vincolato, con  potere  dispositivo  esclusivo  degli  amministratori
straordinari, sul quale confluiscono le  somme  per  l'accantonamento
dell'utile. 
  La norma, invece, nulla  ha  previsto  in  merito  alla  definitiva
destinazione   degli   utili   accantonati    alla    scadenza    del
commissariamento  o  alla  conclusione  delle  menzionate   attivita'
giurisdizionali. L'assenza  di  regolamentazione  specifica  su  tale
aspetto essenziale dell'istituto introdotto con  l'art.  32  comporta
rilevanti  criticita'  e  implicazioni  sul  versante  applicativo  e
richiede, pertanto, un approccio esegetico improntato a ponderazione,
ragionevolezza e coerenza con l'intero ordinamento giuridico. 
  In prima battuta, occorre indagare  la  ratio  sottesa  al  sistema
delle misure straordinarie di gestione con riferimento al  regime  di
congelamento e alla sorte degli utili derivanti dalla conclusione dei
contratti d'appalto e concessione, distinguendo gia' in  questa  fase
le due fattispecie di commissariamento: da  un  lato,  per  fatti  di
matrice corruttiva o fraudolenta  ex  comma  1,  e,  dall'altro,  per
motivi d'infiltrazione mafiosa ex comma 10. Le due misure  gestionali
mostrano, infatti,  una  significativa  autonomia  l'una  dall'altra,
postulano  la  sussistenza  di  presupposti  applicativi  del   tutto
differenti e rispondono  a  finalita'  diverse,  seppur  entrambe  di
natura lato sensu preventiva. 
 
1. La  gestione  degli  utili  nel  commissariamento  per   finalita'
  anticorruzione art. 32, comma 1. 
 
  La misura di straordinaria gestione disposta ai sensi dell'art. 32,
comma 1  ha  una  stretta  connessione  genetica  con  il  rispettivo
procedimento penale, che ne costituisce il  fondamentale  presupposto
applicativo.   La   dipendenza   strutturale   e    funzionale    del
commissariamento  dalle  vicende  giudiziarie  avviate  in  ordine  a
fattispecie delittuose di  matrice  corruttiva  e'  avvalorata  dallo
stesso legislatore, che ha previsto in capo al  Presidente  dell'Anac
l'onere  di  comunicare  anche  al  Procuratore   delle   Repubblica,
territorialmente competente per il procedimento penale in  corso,  la
proposta di adozione di misure gestionali straordinarie,  indirizzata
al Prefetto. 
  Il suddetto circuito informativo  e'  di  fondamentale  rilievo  in
quanto consente di avvisare l'autorita' giudiziaria procedente per  i
delitti elencati all'art. 32, comma 1, della  probabile  e  imminente
applicazione  della  misura  commissariale  da  parte  dell'autorita'
prefettizia. La successiva comunicazione del  decreto  da  parte  del
Prefetto  competente  permette  alla  Procura   di   avere   contezza
dell'avvio  di  una  separata  gestione   economico-contabile   della
specifica commessa pubblica - attraverso la costituzione di un  conto
corrente affidato in via esclusiva agli amministratori straordinari -
e del provvisorio accantonamento in apposito  fondo  delle  somme  di
denaro  corrisposte  all'operatore  economico  a  titolo   di   utile
d'impresa. 
  La conoscenza di queste informazioni pone  l'autorita'  giudiziaria
nella condizione di assumere, nel corso del procedimento  penale,  le
determinazioni ritenute piu' idonee su tali somme vincolate. Cio' non
solo in conformita' con la natura  dichiaratamente  indisponibile  di
tali somme fino all'esito del giudizio penale, ma  anche  a  conferma
dell'interazione e della convergenza funzionale tra tipici  strumenti
cautelari o di sicurezza, a carattere patrimoniale, di cui dispone il
giudice penale - quali il sequestro preventivo e la confisca -  e  il
rimedio amministrativo di natura precauzionale previsto dall'art. 32.
Invero, la costituzione di una  riserva  di  denaro,  pari  all'utile
contrattuale, sottratta alle ordinarie attivita' di distribuzione tra
i soci nonche' a qualsiasi  procedura  esecutiva  (impignorabilita'),
resta a disposizione del giudice ai fini dell'adozione delle suddette
misure   cautelari,   inibitorie   o   ablatorie,   nell'ambito   del
procedimento penale. 
  Riferendosi alla gestione autonoma  e  distinta  del  contratto  da
parte dei commissari, la Corte suprema di cassazione  ha  qualificato
l'accantonamento degli utili alla stregua  di  «un  ''buon  governo''
dell'appalto affidato ad Amministratori di nomina prefettizia  ed  il
cui portato economico va  a  confluire  su  un  apposito  fondo,  non
disponibile ed intangibile ad iniziative esecutive di  terzi,  quindi
insuscettibile  di  confusione  con  il  patrimonio   sociale».   Con
l'ulteriore precisazione che «la normativa in esame non  distingue  a
seconda del numero di procedimento penale iscritto, ma  afferisce  ex
se all'appalto interessato ed alle condotte illecite  ipotizzate  con
riguardo ad esso» (Cass. Pen. , Sez. III, n.  51085  del  9  novembre
2017). 
  L'accantonamento dell'utile in un apposito  fondo  costituisce  una
misura di natura economica, accessoria rispetto a  quella  principale
della  straordinaria  e  temporanea  gestione,  che   la   presuppone
necessariamente e non ne puo' prescindere.  In  altre  parole,  «esso
rappresenta una conseguenza tipizzata dalla legge della straordinaria
e temporanea gestione, circoscritta, sotto il profilo soggettivo,  al
soggetto destinatario di detta misura e, sotto il profilo  oggettivo,
al contratto da seguire correlato ai fatti penali oggetto di relativo
procedimento» (Tar Lazio, Sez. I ter, n. 243 del 9 gennaio 2017). 
  Dottrina e  giurisprudenza  sono  concordi  nel  sostenere  che  la
gestione commissariale - oltre a garantire l'interesse pubblico  alla
completa e regolare  esecuzione  dell'appalto  -  e'  volta  anche  a
sterilizzare la gestione  del  contratto,  oggetto  del  procedimento
penale, dal pericolo di  acquisizione  delle  utilita'  illecitamente
captate  in  danno   della   pubblica   amministrazione.   L'istituto
dell'accantonamento obbligatorio  dell'utile  d'impresa  va,  quindi,
qualificato alla stregua di uno strumento di autotutela  contrattuale
previsto direttamente  dalla  legge,  che  risponde  all'esigenza  di
ricondurre il rapporto negoziale, alterato da condotte  corruttive  o
fraudolente, ad un  originario  equilibrio  sinallagmatico  a  favore
della parte contrattuale pubblica, per impedire  all'impresa  collusa
di conseguire ulteriori guadagni illeciti. 
  In tale ottica, la regola dell'accantonamento degli utili manifesta
appieno la sua valenza di misura  cautelare,  che  si  affianca  alla
gestione  del  contratto  in  regime  di  «legalita'  controllata»  e
completa il sistema di tutela dell'interesse  pubblico,  «aggiungendo
all'interesse alla prosecuzione del contratto commissariato anche  la
salvaguardia del recupero «patrimoniale» che  puo'  conseguire  dalla
definizione dei procedimenti penali. Cio' al fine di  scongiurare  il
paradossale  effetto  di  far  percepire,   proprio   attraverso   il
commissariamento, il profitto dell'attivita' criminosa;  in  coerenza
sia con la disposizione generale che consente nel processo penale  di
disporre la confisca del profitto del  reato  (art.  240  c.p.),  sia
avuto riguardo, nella fattispecie, alla speciale disposizione di  cui
all'art. 322-ter c.p.» (Cons. Stato, Sez. III, n. 93 del  10  gennaio
2018). 
  Considerata la specifica funzione di garanzia  cui  e'  preordinato
l'istituto previsto dal comma 7 dell'art. 32  cit.,  si  rende  tanto
piu' indispensabile consolidare il circuito informativo tra Autorita'
giudiziaria  ordinaria,   Prefettura   e   Commissari   straordinari,
affinche' le misure  di  salvaguardia  previste  dalla  legge  penale
possano essere attivate con efficacia e sollecitudine. 
  In  tal  senso,  il  Prefetto  che  ha  disposto   la   misura   di
straordinaria  gestione,  assunte  le  opportune   informazioni   dai
commissari  incaricati,  ha  l'obbligo  di   curare   il   tempestivo
coordinamento con il Procuratore della Repubblica competente (1) , in
vista delle sue  determinazioni  sulla  confiscabilita'  degli  utili
accantonati ovvero sulla loro eventuale restituzione, anche parziale,
all'avente diritto. 
  La  strutturazione  efficiente  di  tale  canale   informativo   e'
necessaria ad assicurare che, all'esito del processo penale ovvero al
termine del commissariamento,  l'autorita'  giudiziaria  possa  avere
contezza  dell'entita'  degli   utili   accantonati,   procedendo   a
determinare  l'an  e  il  quantum  materialmente  confiscabile,   con
conseguente   restituzione   della    parte    residua    all'impresa
commissariata. In tal modo, il  raccordo  comunicativo  tra  la  sede
amministrativa (Prefetto)  e  la  sede  penale  (Pubblico  Ministero)
diventa funzionale a garantire un equo bilanciamento tra le  esigenze
dell'autorita' giudiziaria di procedere all'acquisizione di tutti gli
utili   confiscabili   e   l'interesse   dell'impresa   alla   celere
restituzione della  parte  di  utili  accantonati  non  sottoposta  a
confisca, nel rispetto rigoroso del criterio fondamentale che collega
in modo  diretto,  esclusivo  e  strumentale  la  sorte  delle  somme
accantonate alle  definitive  determinazioni  assunte  dall'autorita'
giudiziaria in ordine alla misura reale della confisca. 
 
1.1. Accantonamento degli utili e provvedimenti del giudice penale. 
 
  La funzione cautelare e preventiva  del  regime  di  accantonamento
degli utili  derivanti  dal  contratto  commissariato  va  intesa  in
stretto collegamento con  l'esito  del  giudizio  penale,  dal  quale
discende la necessita'  di  assicurare  la  definitiva  confisca  del
profitto dei  reati  che  giustificano  l'applicazione  della  misura
straordinaria nonche' di  determinarne  il  quantum  complessivamente
confiscabile. 
  Seppure  con  intensita'   diversa,   le   due   misure   cautelari
patrimoniali di cui dispone il giudice penale - sequestro  preventivo
e confisca - possono colpire in via diretta i beni  che  servirono  o
furono  destinati  a  commettere  il  reato  e  le  utilita'  che  ne
costituiscono il prodotto o il profitto oppure, in alternativa,  beni
diversi e utilita'  ulteriori  ritenuti  di  valore  equivalente.  In
entrambi i casi, i provvedimenti dell'autorita' giudiziaria  incidono
soltanto  sul  patrimonio  del  soggetto  sottoposto  a  procedimento
penale: il provvedimento di sequestro preventivo mira ad evitare  che
la durata del giudizio penale  possa  pregiudicare  irrimediabilmente
l'efficacia  di  una  eventuale  sentenza  definitiva   di   condanna
(impedendo che,  nelle  more,  il  soggetto  indagato/imputato  possa
intenzionalmente depauperare il proprio patrimonio da  ogni  bene  ed
utilita' suscettibile di  confisca);  il  provvedimento  di  confisca
serve, invece, ad espropriare definitivamente il soggetto dei  propri
beni  e/o  altre  utilita'  a  favore  dello  Stato,  per  un  valore
equivalente al profitto del reato. 
  Il giudice penale potrebbe considerare l'utile netto d'impresa  (2)
derivante dalla esecuzione di un contratto d'appalto o di concessione
ai fini della individuazione/quantificazione del profitto  del  reato
commesso in relazione a quel contratto e,  di  conseguenza,  potrebbe
disporre, in relazione  a  tale  utile,  provvedimenti  di  sequestro
preventivo o di confisca in via diretta o per equivalente. 
  Nel primo caso, sarebbero sottoposte  a  sequestro  o  confisca  le
somme appositamente accantonate a titolo di utile, mentre nel secondo
caso queste ultime potrebbero servire come parametro  di  calcolo  ai
fini della determinazione del quantum da assoggettare a  sequestro  o
confisca. In quest'ultima ipotesi, infatti,  l'autorita'  giudiziaria
puo' considerare il valore degli utili  derivanti  dal  completamento
del contratto quale misura corrispondente, in parte  o  in  toto,  al
profitto del reato, ma  puo'  individuare  e  rendere  effettivamente
indisponibili utilita' economiche diverse e ulteriori  rispetto  alle
somme accantonate nel fondo  speciale  gestito  dagli  amministratori
straordinari (ad esempio,  conto  correnti  bancari,  beni  mobili  e
immobili, contratti di assicurazione, ecc.). 
  In  entrambe  le  suddette  modalita'  -  in  via  diretta  o   per
equivalente - il giudice penale: 
    qualora la persona sottoposta a procedimento penale o  condannata
sia anche titolare,  in  toto  o  pro  quota,  del  capitale  sociale
dell'impresa, potrebbe disporre il sequestro preventivo o la confisca
sugli utili accantonati nei limiti della citata partecipazione; 
    qualora anche l'impresa nel suo complesso, come persona giuridica
e soggetto autonomo, sia ritenuta perseguibile in ordine all'illecito
da responsabilita' amministrativa ai sensi dell'art. 25  del  decreto
legislativo   n.   231/2001   e   impegnata   in   solido   con   gli
imputati/persone fisiche per i reati per  cui  si  procede,  potrebbe
considerare, ai fini  del  sequestro  preventivo  o  della  confisca,
l'intera  somma  accantonata  a   titolo   di   utile   come   valore
corrispondente all'unico e  identico  profitto  derivante  dal  reato
attribuito non solo  alle  persone  fisiche  (indagati/imputati),  ma
anche all'impresa in quanto tale. 
  Del resto, la giurisprudenza ha enunciato un importante  corollario
di tale approccio argomentativo, asserendo che «non a caso  la  norma
non offre indicazioni quantitative in ordine all'entita' degli  utili
accantonabili. Utili che devono,  invece,  essere  accantonati  nella
loro  totalita',  ponendo  la  legge  una  regola  cautelare  in   se
autosufficiente e volta a garantire, in  corso  di  commissariamento,
che tutti i ricavi maturati che derivano dal  contratto  amministrato
siano impiegati esclusivamente a copertura dei costi»  (Cons.  Stato,
Sez. III, n. 93 del 10 gennaio 2018). In quest'ottica va letta  anche
la disposizione del comma 7  dell'art.  32  cit.,  che  demanda  agli
amministratori   incaricati   della   straordinaria    gestione    la
determinazione anche in via presuntiva dell'utile d'impresa derivante
dalla conclusione dei contratti d'appalto commissariati. 
 
1.2.  Quantificazione  degli  utili  da  accantonare  nei   casi   di
  raggruppamento temporaneo d'imprese e di avvalimento. 
 
  Merita  una   breve   riflessione   la   tematica   relativa   alla
individuazione  dei  criteri  di  quantificazione  degli   utili   da
accantonare  nelle  ipotesi  in  cui  siano  sottoposti  ad  un'unica
gestione commissariale piu' operatori economici facenti parte  di  un
raggruppamento temporaneo d'imprese (RTI). 
  In  tali  casi,  bisogna  considerare  principalmente  due  fattori
essenziali: la qualificazione degli  utili  derivanti  dal  contratto
commissariato come profitto del reato, nonche' la funzione  cautelare
e preventiva dell'accantonamento  di  tali  somme  in  vista  di  una
definitiva confisca, per la salvaguardia  del  recupero  patrimoniale
che puo' conseguire dalla definizione del procedimento penale. 
  In base a queste due coordinate  e  in  ossequio  al  principio  di
personalita'   della   responsabilita'   penale,   ciascuna   impresa
partecipante al raggruppamento temporaneo affidatario dell'appalto  e
sottoposta   alla   medesima   gestione   commissariale    dev'essere
considerata singolarmente e separatamente ai fini dell'accantonamento
dell'utile,  sulla  base  della  rispettiva  quota   percentuale   di
partecipazione al RTI e di esecuzione delle prestazioni contrattuali.
Ne'  potrebbe  sostenersi  legittimamente  una  diversa  e  contraria
interpretazione, che invochi il profilo di  unicita'  della  gestione
commissariale del contratto con riferimento al totale delle quote  di
esecuzione di tutte le imprese «commissariate»  per  giustificare  la
determinazione unitaria e indistinta dell'utile da  accantonare.  Una
simile impostazione rischierebbe di ridurre  la  portata  applicativa
dell'istituto, stravolgendo e vanificando la principale finalita' cui
assolve tale regime di accantonamento, ossia la costituzione  di  una
riserva vincolata a garanzia dell'autonomo recupero patrimoniale  nei
confronti  di  ciascuna  impresa,  nella  misura  corrispondente   al
rispettivo profitto del  reato,  che  puo'  risultare  all'esito  del
giudizio penale. 
  Nella diversa fattispecie dell'avvalimento, occorre considerare, ai
fini  del  metodo  di  calcolo  e  di  imputazione  degli  utili   da
accantonare, che  il  profitto  dell'impresa  ausiliaria  rappresenta
tecnicamente, a carico dell'ausiliata, un  corrispondente  costo.  Ne
discende - per l'eventualita' che l'impresa coinvolta dall'iniziativa
penale sia l'ausiliata -  che  potra'  procedersi  all'accantonamento
degli utili solo a carico di quest'ultima, senza intaccare  la  quota
di profitto spettante all'ausiliaria. 
 
1.3. Esito del giudizio penale e durata del commissariamento. 
 
  L'art. 32, comma 7, configura l'esito dei giudizi  in  sede  penale
quale spartiacque temporale  ai  fini  della  distribuzione  e  della
pignorabilita' dell'utile d'impresa accantonato nell'apposito fondo. 
  E'  pacifico  che,  in  presenza  di  un  provvedimento  giudiziale
definitivo che dispone l'archiviazione del procedimento penale o  che
esclude  qualunque  responsabilita'  del  soggetto  coinvolto   nelle
vicende penali poste a motivo dello stesso commissariamento (sentenza
di non luogo a procedere adottata per motivi diversi  dall'estinzione
del reato, sentenza di assoluzione emessa  ai  sensi  dell'art.  530,
comma 1, c.p.p.), occorre procedere alla revoca del  commissariamento
e gli utili accantonati devono essere  definitivamente  svincolati  e
restituiti all'operatore economico. 
  In tutte le altre ipotesi (sentenze di proscioglimento  per  motivi
diversi da quelli sopra indicati, sentenze di applicazione della pena
su richiesta delle parti, ovvero  provvedimenti  che  determinano  la
cessazione   delle   misure   cautelari    disposte    dall'autorita'
giudiziaria)  si  rende  necessario,   invece,   procedere   ad   una
valutazione discrezionale delle circostanze concrete per  verificare,
ai fini  della  eventuale  cessazione  del  commissariamento,  «se  i
provvedimenti sopravvenuti siano in grado di  far  ritenere  che  sia
venuto meno il profilo di responsabilita' addebitabile all'impresa  o
che esso si sia comunque  attenuato  al  di  sotto  della  soglia  di
certezza o gravita' richiesta dal comma 1 dell'art. 32»  (3) 
  L'assenza  di  automatismo  tra  esito  del   giudizio   penale   e
conclusione  del  commissariamento  assume  particolare   valenza   e
significato nel caso di sentenza di patteggiamento. 
  Con la misura straordinaria del commissariamento, il legislatore ha
inteso concedere uno strumento preventivo di vigilanza e garanzia per
la gestione degli appalti pubblici ottenuti verosimilmente con metodi
corruttivi o fraudolenti, anticipando la soglia per l'applicazione di
tali misure addirittura allo svolgimento delle indagini  preliminari,
ovvero ad uno stadio in cui vi e'  ancora  una  mera  presunzione  di
reato e di colpevolezza,  senza  alcun  accertamento  definitivamente
compiuto. In tal senso, per assicurare reale efficacia alla norma, il
legislatore ha avuto l'accortezza di formularla tenendo  conto  della
durata ordinaria dei procedimenti penali  che,  accedendo  alla  fase
dibattimentale del processo di cognizione, si concludono  solitamente
con sentenza di merito (condanna o assoluzione) dopo  lungo  periodo,
con il rischio concreto che nel frattempo l'appalto «incriminato» sia
gia' stato ampiamente portato a termine  senza  alcun  controllo  ne'
presidio di  legalita'.  Senza  considerare  i  tempi  necessari  per
esperire i vari  gradi  di  giudizio  e  approdare  ad  una  sentenza
definitiva. 
  La sentenza di patteggiamento, nell'assolvere  ad  una  precipua  e
indubbia funzione acceleratoria che vale a  ridurre  drasticamente  i
tempi di conclusione del processo penale, non  osta  all'applicazione
dell'art.      32,      ma,      al      contrario,       costituisce
attestazione/riconoscimento della commissione dei fatti delittuosi di
matrice corruttiva e delle connesse responsabilita'  penali  in  capo
agli imputati, avvalorando cosi' l'esigenza di mantenere un controllo
pubblico  e  una   «gestione   vigilata»   degli   appalti   ottenuti
illecitamente.  Peraltro,  la  sentenza  di  patteggiamento  potrebbe
sopraggiungere in una fase iniziale o intermedia  di  esecuzione  del
contratto, laddove permanga ancora la necessita' di  un  presidio  di
legalita' in seno all'impresa esecutrice. 
  Tuttavia,  in  tale  fattispecie,  l'eventuale   prosecuzione   del
commissariamento pone un problema proprio in relazione alla  gestione
degli utili da accantonare. L'art. 32, comma 7, infatti, consente  di
paralizzare la disponibilita' delle predette somme fino all'esito dei
giudizi in sede penale. Cio' significa che in  costanza  di  gestione
straordinaria, gli amministratori di  nomina  prefettizia  dovrebbero
continuare ad accantonare gli utili in apposito  fondo,  ma  verrebbe
meno il provvisorio vincolo di impignorabilita' delle relative somme.
La  possibilita'  di  distribuzione  degli  utili,  invece,   sarebbe
scongiurata  a  monte  dalla   stessa   permanenza   della   gestione
commissariale durante la quale «e' sospeso l'esercizio dei poteri  di
disposizione e  gestione  dei  titolari  dell'impresa.  Nel  caso  di
impresa costituita in forma societaria, i poteri dell'assemblea  sono
sospesi per l'intera durata della misura»,  ai  sensi  dell'art.  32,
comma 3. 
  A  dirimere   ogni   dubbio   circa   la   legittima   prosecuzione
dell'accantonamento degli  utili  anche  nelle  suddette  ipotesi  e'
intervenuto   il   Consiglio   di   Stato,   stabilendo   chiaramente
l'applicabilita' dell'istituto anche nel caso in cui il  procedimento
penale sia stato gia' definito con  sentenza  passata  in  giudicato:
«detta norma rimane applicabile anche allorche'  i  fatti  penalmente
rilevanti  sono  gia'  stati  accertati  con  sentenza   passata   in
giudicato,  poiche'  il  quantum   confiscabile   va   specificamente
determinato  (nelle  competenti  sedi  giurisdizionali,  compreso  il
giudice  dell'esecuzione  penale)  e   [...]   non   e'   equivalente
all'ammontare del solo danno subito  dalla  pubblica  amministrazione
persona  offesa  (l'unico  possibile  oggetto  di  «transazione»)  ma
assume,  come  gia'  rilevato,  ben  piu'  ampio  rilievo,  attenendo
all'intero profitto confiscabile» (Cons. Stato, Sezione  III,  n.  93
del 10 gennaio 2018). 
  Per la diversa evenienza in cui la misura di straordinaria gestione
dovesse terminare prima  dell'esito  del  giudizio  in  sede  penale,
l'Avvocatura generale dello Stato, all'uopo interessata, nel ritenere
non percorribile l'ipotesi di affidare la gestione  del  fondo  medio
tempore - in assenza di idonei supporti  normativi  -  alla  societa'
appaltante e tantomeno alle Prefetture, ha suggerito di  valutare  la
possibilita' di definire con la Banca d'Italia, anche sulla  base  di
una eventuale Convenzione, le modalita'  per  la  regolamentazione  e
conservazione  del  predetto  fondo  nel  periodo   successivo   alla
conclusione  della   gestione   commissariale,   nelle   more   della
definizione dei procedimenti contenziosi. Cio' al fine di  consentire
la salvaguardia dell'integrita' del fondo in guisa da permetterne  la
successiva destinazione. 
  In questo senso sono state  avviate  interlocuzioni  con  la  Banca
d'Italia, nel corso delle quali sono state  prese  in  esame  diverse
opzioni: alcune di esse implicavano la maturazione d'interessi  sulle
somme accantonate a  carico  della  finanza  pubblica,  altre  invece
richiedevano l'apertura di  conti  infruttiferi  con  il  rischio  di
esposizione dell'Amministrazione a possibili azioni  risarcitorie  da
parte  dell'operatore  economico,   altre   ancora   prevedevano   la
fruttuosita' dei conti ma solo  attraverso  il  ricorso  al  circuito
bancario ordinario. 
  All'esito di ulteriori approfondimenti, l'Avvocatura generale dello
Stato ha ritenuto che vada privilegiata certamente la terza  opzione,
evidenziando come gli utili accantonati debbano produrre interessi  a
beneficio dei loro destinatari senza incidere sulla finanza pubblica.
E cio' in ossequio alle disposizioni del codice civile  e  non  quale
interpretazione imposta dall'art. 32 cit.. 
  Tale  soluzione  presuppone  quindi  che,   qualora   la   gestione
straordinaria  termini  prima  del  giudizio  penale,  la  Prefettura
interessata stipuli un'apposita convenzione con lo stesso istituto di
credito gia' depositario del conto corrente dedicato per la  commessa
pubblica o dell'ulteriore  conto  corrente  intestato  alla  gestione
commissariale  e   appositamente   vincolato   per   l'accantonamento
dell'utile, oppure, in alternativa, con altro operatore  del  mercato
bancario  ordinario  (ivi  compreso  il  sistema  di  banco   posta),
finalizzata alla costituzione di un  conto  corrente  intestato  alla
societa'/operatore economico. La  convenzione  dovra'  prevedere,  in
particolare, che qualsiasi disposizione sulle  somme  depositate  sul
conto siano subordinate alla preventiva autorizzazione del  Prefetto.
Iniziative, in tal senso, sono state gia' proficuamente  attivate  da
alcune Prefetture. 
 
1.4. Termine della straordinaria gestione e adempimenti conclusivi. 
 
  Al termine della misura, gli amministratori  straordinari  dovranno
presentare alla Prefettura di  riferimento  un  rendiconto  analitico
della   loro   gestione,   evidenziando,   per   ciascun    contratto
«commissariato», i relativi flussi  finanziari  e  contabili  nonche'
l'importo accantonato a titolo di utile. 
  Il  Prefetto,  preso   atto   della   rendicontazione,   informera'
tempestivamente il  Procuratore  della  Repubblica  competente  circa
l'ammontare degli utili confluiti nel fondo vincolato in relazione  a
ciascun contratto gestito in  regime  commissariale,  per  consentire
all'autorita' giudiziaria di assumere ogni determinazione sulla sorte
delle somme accantonate e di disporre in via  definitiva  l'an  e  il
quantum confiscabile. 
  In   conformita'   alle   iniziative   intraprese    dall'autorita'
giudiziaria, il Prefetto adottera' poi i provvedimenti conseguenti  e
necessari alla  chiusura  definitiva  della  gestione  commissariale,
dandone comunicazione all'operatore economico. 
  Di seguito, si illustrano le modalita' di gestione degli utili e  i
provvedimenti  di  competenza  del  Prefetto,  a   seconda   che   la
conclusione della misura straordinaria avvenga prima o  dopo  l'esito
del correlato giudizio penale. 
  Se la misura commissariale e' revocata o cessa prima dell'esito del
giudizio in sede penale: 
    le somme accantonate dai commissari devono restare vincolate,  in
quanto potrebbero essere  considerate  come  profitto  del  reato  di
matrice corruttiva o come valore ad  esso  corrispondente  e  possono
essere  funzionali  all'adozione  di  provvedimenti  cautelari  o  di
sicurezza, di carattere inibitorio o ablatorio, (sequestri preventivi
o  confische),  che  solo  l'autorita'  giudiziaria   puo'   disporre
nell'ambito del procedimento penale. Pertanto, il Prefetto competente
procedera' alla stipula di apposita convenzione con  un  istituto  di
credito   del   circuito   bancario   ordinario,   finalizzata   alla
costituzione  di  un   apposito   conto   corrente   intestato   alla
societa'/operatore   economico,   ma   vincolato   alla    preventiva
autorizzazione del Prefetto per qualsiasi  disposizione  delle  somme
ivi  depositate,  dandone   tempestiva   informazione   all'autorita'
giudiziaria. 
  Una volta  intervenuto  l'esito  del  giudizio  penale,  gli  utili
precedentemente accantonati saranno destinati nel modo seguente: 
    a) in caso di decreto di archiviazione o di  sentenza  definitiva
di assoluzione o di altro provvedimento giudiziale che  definisce  il
processo  penale  con  pronuncia  liberatoria,  escludendo  qualunque
responsabilita' del soggetto coinvolto nelle vicende  corruttive,  le
somme accantonate spettano all'operatore economico. A  tal  fine,  il
Prefetto  provvedera'  ad  autorizzare  la   restituzione   immediata
dell'intero importo a favore dell'avente  diritto  e  la  conseguente
chiusura del conto corrente vincolato. 
    b)  nel  caso  contrario   di   sentenza   di   condanna   o   di
patteggiamento,   il   Prefetto   provvedera'   ad   autorizzare   la
restituzione, a  favore  dell'operatore  economico,  dell'importo  di
utile che residua al netto delle somme di cui l'autorita' giudiziaria
ha  eventualmente  disposto  il  sequestro  o  la  confisca,   e   la
contestuale chiusura del conto corrente vincolato. 
  Se la misura commissariale termina dopo che il giudizio penale  sia
stato gia'  definito  con  pronuncia  non  liberatoria  (sentenza  di
condanna o di patteggiamento, anche passata in giudicato): 
    sulla base delle definitive determinazioni del Procuratore  della
Repubblica competente, il Prefetto provvedera': - ad autorizzare  gli
amministratori straordinari a  svincolare,  a  favore  dell'operatore
economico, l'importo di utile che residua al netto delle somme di cui
l'autorita' giudiziaria ha eventualmente disposto la  confisca;  -  a
chiudere  l'apposito   conto   corrente   intestato   alla   gestione
commissariale. 
 
2. La  gestione  degli  utili  nel  commissariamento  per   finalita'
  antimafia art. 32, comma 10. 
 
  La misura della straordinaria gestione disposta  nell'ambito  della
normativa  antimafia  si  propone  l'obiettivo  di  contemperare  una
duplice esigenza di matrice preventiva:  da  un  lato,  garantire  la
prosecuzione e il completamento del contratto d'appalto in  essere  -
in presenza di significativi e qualificati interessi  pubblici  e  in
alternativa  alla  regola  generale  che  ne  imporrebbe  l'immediata
caducazione -  e,  dall'altro,  neutralizzare  il  rischio  derivante
dall'infiltrazione  criminale  di  stampo  mafioso   nelle   imprese,
sterilizzando  la  gestione  del  contratto  anche  dal  pericolo  di
acquisizione delle utilita'  illecitamente  captate  in  danno  della
pubblica amministrazione committente. 
  Nella fattispecie  di  commissariamento  per  finalita'  antimafia,
disposto ai sensi del  comma  10  dell'art.  32  cit.,  la  questione
relativa alla sorte degli utili si pone  in  termini  piu'  complessi
rispetto alla analoga misura straordinaria in funzione anticorruttiva
e  richiede  un  approfondimento  ulteriore,  ad  integrazione  delle
valutazioni  gia'  espresse  nelle  precedenti  Seconde  linee  guida
stipulate dal Presidente dell'Anac e  dal  Ministro  dell'interno  in
data 27 gennaio 2015 (4) . 
  Aderendo all'impianto argomentativo  articolato  dal  Consiglio  di
Stato in sede consultiva (5)  ,  va  considerato  che  la  misura  di
straordinaria gestione  conseguente  alla  adozione  di  interdittiva
antimafia  trova  esclusivo  fondamento  proprio  nel   provvedimento
prefettizio di carattere  inibitorio,  che  attesta,  seppur  in  via
provvisoria, la condizione di  incapacita'  giuridica  ad  contractum
dell'impresa interdetta nei confronti della pubblica amministrazione.
Lungi  dal  configurare  un  atto  dovuto,  l'atto  dispositivo   del
commissariamento  costituisce  espressione  di  una  precisa   scelta
rimessa alla determinazione dello stesso prefetto, giustificata dalla
motivata prevalenza di specifiche e tassative  ragioni  di  «pubblica
utilita'» che impongono normativamente la prosecuzione  del  rapporto
contrattuale in regime di esecuzione controllata. 
  Il  provvedimento,  con  cui  il   prefetto   dispone   la   misura
straordinaria  e  costringe  l'impresa  a  portare  a  compimento  il
programma negoziale, diventa l'unico  fondamento  giustificativo  che
legittima la continuazione del contratto, in  deroga  all'automatismo
solutorio  derivante  dalla  interdittiva  antimafia.  In  tal  modo,
l'originario accordo contrattuale,  definito  in  ambito  prettamente
civilistico  e  paritetico,  risulta  superato  dalla  determinazione
provvedimentale del prefetto e riprodotto, unitamente  alle  relative
pattuizioni  patrimoniali,  sulla  falsariga  di  una  novazione  del
programma negoziale e del rapporto obbligatorio tra le  parti  (6)  .
Ben  potendo,  mutatis  mutandis,  accostare  concettualmente  questa
fattispecie, secondo una prospettiva quasi-contrattuale, allo  schema
generale della negotiorum  gestio  (gestione  di  affari  altrui,  in
questo  caso,  imposta),  con  identita'  meramente   formale   della
prestazione da eseguire. 
  Pertanto, tale tipologia di commissariamento assume  la  natura  di
misura ordinatoria ed esplica un'incidenza autoritativa sul  rapporto
contrattuale, che si traduce, in chiave potestativa,  nel  dovere  di
completamento delle prestazioni negoziali in capo all'impresa gestita
dagli amministratori straordinari di nomina prefettizia.  All'obbligo
della  prestazione  si  abbina,  inoltre,  il  diritto  esclusivo  al
rimborso dei costi e delle spese sostenute per l'attivita'  prestata,
con  conseguente  sottrazione  definitiva  del  profitto   d'impresa,
strumentalmente accantonato (7) . 
  Coerentemente  con  la  premessa  ricostruzione  concettuale  della
misura straordinaria disposta per finalita' antimafia, il pagamento -
spettante  all'impresa  commissariata  per  portare   a   compimento,
nell'interesse pubblico, il programma  negoziale  -  non  corrisponde
piu' propriamente ai requisiti ordinari del  «corrispettivo»  ne'  va
qualificato  in  un'ottica  retributiva,  ma  assume  piuttosto   una
funzione restitutoria e compensativa, che ne circoscrive  la  portata
unicamente  al  rimborso  dei  costi  sostenuti  per  le  prestazioni
negoziali   eseguite.   Di   conseguenza,   il   profitto   d'impresa
rappresenta, a fronte dell'esecuzione della prestazione, un oggettivo
risparmio di spesa nell'ambito della commessa pubblica. 
  La preclusione per l'impresa interdetta di  conseguire  l'utile  va
pure opportunamente interpretata alla luce del principio generale che
sancisce  il  divieto  di  arricchimento  senza  causa,   soprattutto
laddove, come nel caso di  specie,  tale  guadagno  patrimoniale  sia
riconducibile ad un comportamento antigiuridico. 
  Parimenti, occorre far  riferimento  alla  logica  del  divieto  di
arricchimento ingiustificato e/o  antigiuridico  anche  per  l'esatta
individuazione del soggetto  destinatario  dell'utile  accantonato  e
definitivamente sottratto  all'impresa  interdetta.  Seguendo  questa
impostazione,  il  profitto,  declinato  quale  economia  di   spesa,
dev'essere  correttamente  restituito  al  soggetto  che  subisce  in
concreto un effettivo depauperamento  patrimoniale  dalla  erogazione
delle somme destinate ad utile d'impresa. 
  A tal proposito, va precisato che non necessariamente  il  soggetto
«depauperato» coincide con la stazione  appaltante  in  quanto  tale,
ovvero nella sua veste di controparte negoziale,  destinataria  della
prestazione e  interessata  al  risultato  finale  dell'opera  o  del
servizio  pubblico.  Infatti,  laddove   la   provvista   finanziaria
necessaria alla realizzazione della commessa pubblica  sia  stanziata
da un soggetto diverso, sara' precisamente quest'ultimo - in qualita'
di soggetto finanziatore - a beneficiare della  quota  corrispondente
al  profitto  d'impresa  oggetto  di  accantonamento.  In   caso   di
finanziamento esterno  parziale,  in  compartecipazione  con  risorse
proprie della stazione appaltante, gli  utili  saranno  devoluti  pro
quota ad entrambi i soggetti (ente  finanziatore  ed  amministrazione
committente) nella misura corrispondente alla  incidenza  percentuale
delle rispettive erogazioni sul valore complessivo dell'appalto. 
  Pertanto, in caso di soccombenza dell'impresa nel giudizio in  sede
amministrativa avverso il provvedimento interdittivo  o  in  caso  di
decorrenza dei termini per impugnare e di  conseguente  definitivita'
della   misura   antimafia   ostativa,    l'utile    del    contratto
«commissariato» attiene alla sfera del soggetto  che  ha  erogato  le
corrispondenti risorse finanziarie. 
 
2.1.  Esito  del  giudizio  in  sede  amministrativa  e  durata   del
  commissariamento. 
 
  Parimenti a quanto prospettato in precedenza sub 1.3.), nel caso in
cui  la  misura  di  gestione  commissariale  dovesse  cessare  prima
dell'esito definitivo dei  giudizi  di  impugnazione  riguardanti  il
provvedimento antimafia interdittivo,  potra'  essere  stipulata  una
convenzione  con  un  istituto  di  credito,   che   salvaguardi   la
consistenza del fondo, mediante la costituzione di un conto  corrente
intestato  alla  societa'/operatore  economico  ma   vincolato   alla
autorizzazione con nulla osta del Prefetto competente  per  qualsiasi
disposizione delle somme ivi depositate. 
  Nell'ipotesi  inversa,  in  cui  l'esito  del  giudizio   in   sede
amministrativa fosse sfavorevole  per  l'impresa  -  con  conseguente
consolidamento  dell'informazione   antimafia   ostativa   -   e   il
commissariamento dovesse invece proseguire per assicurare  la  tutela
di interessi pubblici, le somme accantonate (che non  sarebbero  piu'
impignorabili)  sono  destinate  ad  essere  restituite  al  soggetto
beneficiario (stazione appaltante/soggetto finanziatore)  al  termine
della misura di straordinaria gestione. 
 
2.2. Termine della straordinaria gestione e adempimenti conclusivi. 
 
  Al termine della misura, gli amministratori  straordinari  dovranno
presentare alla Prefettura di  riferimento  un  rendiconto  analitico
della loro gestione, evidenziando, per ciascuna commessa, i  relativi
flussi finanziari e contabili nonche' l'importo accantonato a  titolo
di utile. Nel resoconto, i commissari dovranno altresi' indicare  gli
affidamenti realizzati con risorse finanziarie stanziate, in tutto  o
in parte, da soggetti diversi dalla stazione appaltante, avendo  cura
di specificare, per  ciascuna  commessa,  il  soggetto  finanziatore,
l'entita' della provvista erogata e la sua incidenza percentuale  sul
valore dell'appalto o della concessione (8) . 
  Il  Prefetto,  preso  atto  della  rendicontazione,   adottera'   i
provvedimenti conseguenti e necessari alla chiusura definitiva  della
gestione   commissariale,   dandone    comunicazione    all'operatore
economico. 
  Di seguito, si illustrano le modalita' di gestione degli utili e  i
provvedimenti  di  competenza  del  Prefetto,  a   seconda   che   la
conclusione della misura straordinaria avvenga prima o  dopo  l'esito
del giudizio in sede amministrativa sull'interdittiva antimafia. 
  Se la misura e' revocata o cessa prima dell'esito del  giudizio  in
sede amministrativa: 
    le somme accantonate dai commissari devono restare vincolate,  in
quanto  potrebbero  essere  retrocesse  a   favore   della   stazione
appaltante/soggetto finanziatore in caso di pronuncia  definitiva  di
conferma   dell'informazione   antimafia   interdittiva    in    sede
giurisdizionale; 
    il  Prefetto  competente  procedera'  alla  stipula  di  apposita
convenzione  con  un  istituto  di  credito  del  circuito   bancario
ordinario,  finalizzata  alla  costituzione  di  un  apposito   conto
corrente intestato alla societa'/operatore  economico,  ma  vincolato
alla   preventiva   autorizzazione   del   Prefetto   per   qualsiasi
disposizione delle somme ivi depositate. 
  Una volta intervenuto l'esito del giudizio in sede amministrativa o
decorsi  i  termini  per  impugnare  il   provvedimento   prefettizio
interdittivo, gli utili precedentemente accantonati saranno destinati
nel modo seguente: 
      a) In caso di  annullamento  giurisdizionale  dell'informazione
antimafia interdittiva, le  somme  accantonate  spettano  di  diritto
all'operatore economico. A  tal  fine,  il  Prefetto  provvedera'  ad
autorizzare la restituzione dell'intero importo a favore dell'impresa
e la conseguente chiusura del conto corrente vincolato. 
      b)  In  caso  di  consolidamento  del  provvedimento  antimafia
interdittivo  per  mancata  o  respinta  impugnazione,  il   Prefetto
provvedera' ad autorizzare la devoluzione, a favore dei singoli  enti
beneficiari  -  stazioni  appaltante/soggetto  finanziatore  -  delle
rispettive somme accantonate, nella misura  corrispondente  all'utile
di ciascun contratto. 
  Qualora vi sia compartecipazione di piu' soggetti nel finanziamento
della  singola  commessa  pubblica,  le  somme  accantonate   saranno
destinate a ciascuno di essi, pro quota, nella misura  corrispondente
alla incidenza percentuale delle  rispettive  erogazioni  sul  valore
complessivo dell'appalto. 
  A tal fine, il Prefetto provvedera' a retrocedere l'intero  importo
degli utili alla stazione appaltante, la quale,  a  sua  volta  -  in
quanto destinataria del finanziamento e  vincolata  ad  un  onere  di
rendicontazione - dovra' restituire al soggetto finanziatore la quota
di spettanza. I provvedimenti relativi alle  suddette  operazioni  di
accredito dovranno essere comunicati  contestualmente  alla  stazione
appaltante e al soggetto finanziatore. 
  Qualora l'operatore economico  vanti,  in  relazione  al  contratto
«commissariato», un maggiore credito  nei  confronti  della  stazione
appaltante, l'importo dell'utile spettante a quest'ultima puo' essere
decurtato da tale credito. 
  Il Prefetto provvedera',  infine,  a  chiudere  il  conto  corrente
vincolato. 
  Se la misura commissariale termina dopo  l'esito  del  giudizio  in
sede amministrativa con una pronuncia definitiva  di  conferma  della
legittimita' del provvedimento antimafia interdittivo: 
    il  Prefetto  provvedera'  ad  autorizzare   gli   amministratori
straordinari a devolvere, a favore dei  singoli  enti  beneficiari  -
stazioni  appaltante/soggetto  finanziatore  -  le  rispettive  somme
accantonate,  nella  misura  corrispondente  all'utile   di   ciascun
contratto. 
  Qualora vi sia compartecipazione di piu' soggetti nel finanziamento
della  singola  commessa  pubblica,  le  somme  accantonate   saranno
destinate a ciascuno di essi, pro quota, nella misura  corrispondente
alla incidenza percentuale delle  rispettive  erogazioni  sul  valore
complessivo dell'appalto. 
  A  tal  fine,  gli  amministratori  straordinari  provvederanno   a
retrocedere l'intero importo degli utili alla stazione appaltante, la
quale, a sua volta -  in  quanto  destinataria  del  finanziamento  e
vincolata ad un onere  di  rendicontazione  -  dovra'  restituire  al
soggetto finanziatore la quota di spettanza. Gli atti  relativi  alle
suddette  operazioni  di   accredito   dovranno   essere   comunicati
contestualmente alla stazione appaltante e al soggetto finanziatore. 
  Qualora l'operatore economico  vanti,  in  relazione  al  contratto
«commissariato», un maggiore credito  nei  confronti  della  stazione
appaltante, l'importo dell'utile spettante a quest'ultima puo' essere
decurtato da tale credito. 
  Il Prefetto provvedera', infine, ad autorizzare gli  amministratori
straordinari a chiudere  l'apposito  conto  corrente  intestato  alla
gestione commissariale. 
 
    Roma, 16 ottobre 2018 
 
                                             Il Ministro dell'interno 
                                                     Salvini          
 
     Il Presidente      
dell'Autorita' nazionale 
    anticorruzione      
        Cantone         
 
____________ 

(1) Il  pubblico  ministero,  anche  nella  sua  qualita'  di  organo
    dell'esecuzione,  laddove  il  procedimento  penale   sia   stato
    definito  con  una  pronuncia  non  liberatoria   rispetto   alle
    imputazioni ascritte. 

(2) L'utile  netto  d'impresa  va  calcolato  decurtando  dai  ricavi
    dell'azienda   i   costi   effettivamente   sostenuti   per    la
    realizzazione dell'opera, per lo svolgimento del servizio  o  per
    la fornitura, e sottraendo  alla  rimanente  cifra  le  ulteriori
    somme da corrispondere a titolo d'imposta. 

(3) Prime linee guida,  stipulate  dal  Presidente  dell'Anac  e  dal
    Ministro dell'interno in data 15 luglio 2014 - pagg. 9 e 10. 

(4) Seconde linee guida - pagg. 17-20. 

(5) Consiglio di Stato, parere n. 706/2018,  reso  dalla  Commissione
    speciale nell'adunanza dell'11 maggio 2018. 

(6) Il Consiglio di Stato ha definito  il  provvedimento  prefettizio
    che dispone la misura  commissariale:  «formalmente,  un  ordine;
    funzionalmente,   una   misura   lato   sensu    di    autotutela
    amministrativa», ibid. 

(7) L'obbligo di accantonamento dell'utile e' stato configurato  come
    "fine a se stesso",  in  quanto  riconnesso  esclusivamente  alla
    adozione dell'interdittiva antimafia, ibid. 

(8) Cio' al fine di consentire l'eventuale e successivo riparto delle
    somme accantonate da destinare ai soggetti beneficiari.