N. 261 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 novembre 2014

Ordinanza del 13 novembre 2014 della Corte d'appello  di  Milano  nel
procedimento civile promosso dal Consiglio Notarile di Milano  contro
M.F.. 
 
Professioni - Notaio - Divieto di riabilitazione in caso di  condanna
  per falso, frode, abuso d'ufficio, concussione, corruzione,  furto,
  appropriazione indebita aggravata, peculato, truffa  e  calunnia  -
  Violazione  del  principio  di  uguaglianza  per  irragionevolezza,
  nonche' per ingiustificata disparita' di trattamento rispetto  agli
  altri pubblici dipendenti - Lesione del principio  della  finalita'
  di reinserimento del condannato nella vita sociale. 
- Legge 16 febbraio 1913, n. 89, art. 159, comma 3,  come  sostituito
  dall'art. 47 del decreto legislativo 1° agosto 2006, art. 249. 
- Costituzione, artt. 3 e 27, comma terzo. 
(GU n.5 del 4-2-2015 )
 
                    LA CORTE D'APPELLO DI MILANO 
                       (Prima Sezione Civile) 
 
    Nelle persone dei Magistrati 
        Dott. Amedeo Santosuosso Presidente 
        Dott. Alberto Massimo Vigorelli Consigliere 
        Dott.ssa Elisa Fazzini Consigliere rel. est. 
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  visto  il  ricorso  tra
Consiglio Notarile di Milano, elettivamente  domiciliato  in  Milano,
via Guastalla, 15, presso lo studio dell'avvocato Remo Danovi, che lo
rappresenta  e  difende  giusto  mandato  a  margine   del   ricorso,
ricorrente contro F.M. elettivamente domiciliato in Milano, via Poma,
7 presso lo studio dell'avvocato Barbara Randazzo, che lo rappresenta
e  difende  giusta  procura  in  calce  all'atto   di   costituzione,
resistente. 
 
                                Fatto 
 
    Con ricorso depositato  in  data  14  maggio  2014  il  Consiglio
notarile di Milano agiva davanti alla Corte d'Appello di  Milano  nei
confronti di M.F., esponendo quanto segue. 
    Il notaio M., a seguito di una condanna penale per il delitto  di
peculato (art. 314 c.p.) e  per  quello  di  appropriazione  indebita
(art. 646 c.p.), era stato destituito dall'esercizio  della  funzione
notarile con sentenza n. 53/1998, emessa dal Tribunale di  Milano  in
data 15 giugno 1998, successivamente  confermata  dalla  sentenza  n.
3353/2003, emessa dalla  Corte  di  Appello  competente  in  data  10
dicembre 2003. Il notaio aveva  scontato  la  condanna  in  parte  in
carcere e in parte agli arresti domiciliari, con affidamento, poi, in
prova ai servizi sociali. In data 19 ottobre 2006 la pena  era  stata
dichiarata estinta a seguito dell'esito  favorevole  del  periodo  di
prova. 
    In data 31 gennaio 2014, il notaio  M.  presentava  al  Consiglio
notarile di Milano un'istanza volta alla riabilitazione all'esercizio
delle funzioni notarili, ex art. 159 l. notarile. Il Consiglio,  dopo
avere sentito il notaio  istante  alla  riunione  consiliare  dell'11
marzo 2014, con provvedimento del 27 marzo 2014 rigettava la  domanda
di  riabilitazione  professionale,  ritenendola  non  meritevole   di
accoglimento, stante la gravita' e la risonanza  pubblica  dei  fatti
commessi dal notaio e, comunque, a causa della preclusione  contenuta
nella legge notarile per quel tipo di reato. 
    Successivamente, in data 18 aprile 2014, il notaio M.  presentava
un'ulteriore istanza al Consiglio notatile, con la quale chiedeva  di
sottoporre la delibera di rigetto alla Corte  di  appello  competente
perche' provvedesse alla omologa, ex art. 159 comma  2  l.  notarile.
Sosteneva,  infatti,  che  tale  controllo  giurisdizionale   dovesse
sussistere sia nel caso di  accoglimento  sia  nel  caso  di  rigetto
dell'istanza di riabilitazione. 
    A  fronte  di  tale  ulteriore  istanza,  il  Consiglio  notarile
proponeva ricorso davanti alla Corte d'Appello di Milano,  chiedendo,
in via principale, di  "accertare  e  dichiarare  l'improponibilita',
l'inammissibilita' e la infondatezza della domanda di  riabilitazione
proposta dal dott. M.", in quanto il giudizio di omologazione,  nella
prospettazione del Consiglio  notarile,  poteva  riguardare  solo  le
delibere di accoglimento delle  istanze  di  riabilitazione.  In  via
subordinata, in caso di ritenuta ammissibilita' del ricorso, chiedeva
che, "previa occorrendo l'adozione di  un  provvedimento  formale  di
omologazione,  ex  art.  159  comma  2  l.  not.",  altresi',   fosse
confermata, "in ogni caso, la  legittimita'  e  la  fondatezza  della
delibera di rigetto" del 27 marzo 2014, in quanto il requisito  della
buona condotta, di cui costituiva componente essenziale l'assenza  di
condanne   penali,   rappresentava   un   requisito    indispensabile
dell'esercizio della professione notarile, sia al momento di  nomina,
sia nell'ipotesi, come quella  di  specie,  di  nuova  iscrizione.  A
fondamento del proprio ricorso, il Consiglio dell'ordine dei Notai di
Milano riteneva, inoltre, che il  provvedimento  di  rigetto  del  27
marzo 2014 era pienamente coerente con il fatto che  il  legislatore,
al comma 3 dell'art. 159 della legge n. 89 del 1913, come  sostituito
dall'art. 47 del d.lgs. 249 del 2006, aveva espressamente precluso la
possibilita' di richiedere la riabilitazione ai notai responsabili di
reati  particolarmente  gravi  ed  evidentemente  incompatibili   con
l'esercizio professionale, tra i quali il peculato e l'appropriazione
indebita. Inoltre, secondo il  ricorrente,  nel  caso  specifico,  il
rigetto  era  tanto  piu'  giustificato  se  si  teneva  conto  della
peculiarita' del caso concreto, evidenziata anche nella delibera  del
27 marzo 2014, caratterizzata dal fatto che  i  comportamenti  tenuti
dal notaio erano stati particolarmente gravi e avevano avuto un'ampia
risonanza pubblica, tanto da minare alla radice  il  prestigio  e  il
decoro dell'intera categoria professionale. 
    A seguito della notifica  del  ricorso  e  del  provvedimento  di
fissazione di udienza, il notaio F. M. si costituiva  in  giudizio  e
chiedeva  a)  che  fosse  rifiutata  l'omologazione  della   predetta
delibera,  in  quanto  illegittima  e  infondata,  e  b)  che   fosse
pronunciata la sua riabilitazione ovvero che fossero rimessi gli atti
al Consiglio notarile per una  nuova  deliberazione  sull'istanza  di
riabilitazione, "previa per quanto  occorra,  rimessione  alla  Corte
Costituzionale, ai sensi dell'art.  1  l.  cost.  n.  1  del  1948  e
dell'art. 23 legge n. 87 del 1953, della  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 159, terzo comma, della medesima legge n. 89
del 1913, come sostituito dall'art. 47 del d.lgs. 249 del 2006, nella
parte in cui non consente la riabilitazione del notaio che sia  stato
condannato  per  i  reati  ivi  indicati,   indipendentemente   dalle
circostanze concrete,  dal  tempo  trascorso  e  dalla  condotta  del
notaio,  anche  dopo   che   questi   abbia   conseguito   la   piena
riabilitazione sul terreno penale, con la  cessazione  degli  effetti
della condanna e di ogni altro effetto penale della stessa a  seguito
dell'esito positivo, accertato e dichiarato dal competente  tribunale
di sorveglianza, del periodo  di  prova  in  affidamento  ai  servizi
sociali, ai sensi dell'art. 47, comma 12, della legge n. 354 del 1974
sull'ordinamento penitenziario - in  riferimento  agli  artt.  3,  27
terzo comma, 36 e  38  della  Costituzione,  nonche'  in  riferimento
all'art. 117, primo comma, della Costituzione in relazione all'art. 1
Protocollo  addizionale  n.  1  della  Convenzione  europea  per   la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,
come  interpretato  e  applicato  nella  giurisprudenza  della  Corte
europea dei diritti dell'uomo". A fondamento delle  proprie  domande,
il resistente affermava,  in  via  preliminare,  che  non  sussisteva
alcuna preclusione in ordine alla omologazione da parte  della  Corte
di appello adita di un provvedimento  di  rigetto  della  istanza  di
riabilitazione  e,  nel  merito,  che  tale  omologa  doveva   essere
rifiutata  stante  la  illogicita'  e  la  contraddittorieta'   della
motivazione della delibera che, da una parte, aveva  evidenziato  che
l'art. 159, comma 3, l. not. fosse idoneo ad escludere, in ogni caso,
la riabilitazione professionale del notaio destituito in  conseguenza
dei reati ivi indicati (senza possibilita' per il Consiglio  notarile
di  esercitare  alcun  potere  discrezionale  in  ordine  al   merito
dell'istanza  volto  a   valutare   autonomamente   l'esistenza   dei
presupposti per la riabilitazione professionale) e, dall'altra parte,
aveva dichiarato  che  tale  norma  non  comportava  una  preclusione
automatica e  di  diritto  alla  riabilitazione  all'esercizio  della
professione di notaio, bensi'  un  requisito  di  compatibilita'.  Il
notaio M. evidenziava, infine, l'illegittimita' del provvedimento  di
diniego per omessa valutazione della sussistenza delle condizioni per
ottenere la riabilitazione all'esercizio della professione  notarile,
non avendo esso  tenuto  conto  degli  elementi  relativi  alla  fase
successiva   alla   sua   destituzione   e   motivando   il   diniego
esclusivamente sugli elementi che avevano gia' fondato, a suo  tempo,
la destituzione. 
    Il Pubblico Ministero, in data 3 settembre 2014, dava il  proprio
parere, chiedendo che fosse dichiarato  il  non  luogo  a  provvedere
sulla omologazione richiesta dal Consiglio notarile  in  ordine  alla
sua delibera del 27  marzo  2014,  in  quanto  l'omologazione  poteva
essere prevista, ex art. 159  comma  2  l.  not.,  unicamente  per  i
provvedimenti che dispongono la  riabilitazione  all'esercizio  delle
funzioni e non anche per quelli di rigetto; in subordine, rilevata la
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
eccepita  dal  M.  nella  istanza  del  18  aprile  2014,  che  fosse
dichiarata inammissibile l'istanza proposta del notaio di  sottoporre
a procedimento di omologazione la richiamata delibera di rigetto;  in
estremo subordine, che fosse omologata la delibera del 27 marzo  2014
del Consiglio Notarile di Milano. 
    La Corte, all'udienza del 15 ottobre 2014, sentiti in  camera  di
consiglio i difensori delle parti, si riservava di provvedere. 
 
                       Motivi della decisione 
 
    In via preliminare, questo Collegio ritiene che non esista alcuna
preclusione per la Corte d'appello di esercitare il proprio controllo
formale di omologa  nei  confronti  non  solo  dei  provvedimenti  di
accoglimento  ma  anche  di  quelli  di  rigetto  della  istanza   di
riabilitazione. 
    A fondamento di tale decisione,  si  evidenzia  che  una  diversa
interpretazione della disposizione di cui all'art. 159, comma  2,  l.
not., volta  a  ritenere  necessaria  la  omologa  solo  in  caso  di
accoglimento  della  domanda  di  riabilitazione,  comporterebbe  una
violazione dell'art. 3 della Costituzione, dato che,  cosi'  facendo,
verrebbero a essere pregiudicati i diritti  del  singolo  notaio,  il
quale, a fronte di una delibera di diniego della riabilitazione,  non
avrebbe diritto ad alcun controllo formale da parte  della  Corte  di
appello in relazione a provvedimenti che, oltre a incidere su profili
pubblicistici della professione  notarile,  sono  idonei  a  incidere
anche  su   diritti   soggettivi   fondamentali,   costituzionalmente
garantiti, quali il diritto alla  funzione  rieducativa  a  cui  deve
tendere la pena, ex art.  27,  comma  3,  della  Costituzione,  e  il
diritto al lavoro, ex art. 4 della Costituzione. 
    Peraltro, la presente interpretazione e' possibile  e  necessaria
anche sotto un diverso profilo, anch'esso connesso all'art.  3  della
Costituzione. Se e' vero, infatti, che la ratio dell'omologa nel caso
di un provvedimento di riammissione sta nell'interesse  pubblicistico
all'integrita'  professionale  degli  esercenti  la  professione   di
notaio, e' anche vero che  un  controllo  sui  provvedimenti  di  non
riabilitazione e'  comunque  necessario.  L'integrita'  professionale
posta alla base  dei  poteri  del  Consiglio  notarile  puo'  essere,
infatti, violata in entrambi i sensi, sia nel caso  di  provvedimenti
di riabilitazioni riconosciute non correttamente,  sia  nel  caso  di
provvedimenti di diniego della richiesta di  riabilitazione  adottati
in violazione di legge,  e  quindi  idonei  a  ledere  quei  diritti,
costituzionalmente  garantiti,  della  persona   del   notaio   sopra
evidenziati. 
    Sempre in  via  preliminare,  questo  Collegio  ritiene,  invece,
inammissibile la domanda proposta dal Consiglio notarile e volta  "ad
accertare e dichiarare l'improponibilita',  l'inammissibilita'  e  la
infondatezza della domanda di  riabilitazione  proposta  dal  notaio,
dott. M., non essendo configurabile un interesse ad  agire,  ex  art.
100 c.p.c., nell'ipotesi, come quello di specie, in  cui  la  domanda
mira    proprio    a    fare    dichiarare    la    improponibilita',
l'inammissibilita' ovvero la infondatezza della medesima domanda. 
    Cio' premesso in ordine all'ammissibilita' dell'omologa anche per
i provvedimenti di rigetto da parte della Corte, per quanto  concerne
il merito, e' necessario  procedere  a  un  controllo  formale  della
delibera adottata dal Consiglio notarile di Milano in data  27  marzo
2014, alla luce della disposizione di cui all'art. 159 l.  not.,  che
costituisce un passaggio obbligato, in quanto trattasi di' norma  che
disciplina  specificamente  il  procedimento  di  omologa.  La  norma
prevede quanto segue: 
      Il notaio che sia stato destituito  puo'  domandare  di  essere
riabilitato  all'esercizio  professionale   con   deliberazione   del
consiglio notarile del distretto al cui ruolo era iscritto quando  fu
destituito nei seguenti casi: 
        a) se ha ottenuto la  riabilitazione  ai  sensi  della  legge
penale, quando  e'  stato  condannato  per  uno  dei  reati  indicati
nell'articolo 5, primo comma, numero 3°; 
        b) se, negli altri casi, sono decorsi almeno tre  anni  dalla
destituzione o dalla espiazione della pena. 
      La deliberazione del consiglio e' soggetta ad  omologazione  da
parte della Corte d'appello  del  distretto  nel  quale  ha  sede  il
consiglio notarile. La corte provvede in camera di consiglio, sentito
il pubblico ministero ed il notaio interessato. 
      Non  puo'  in  ogni  caso  essere   riabilitato   all'esercizio
professionale il notaio che sia stato condannato  per  falso,  frode,
abuso  d'ufficio,  concussione,  corruzione,  furto,   appropriazione
indebita aggravata, peculato, truffa e calunnia. 
    La domanda di riabilitazione professionale avanzata dal notaio M.
trova, nel caso di specie, un ostacolo normativo che e'  da  ritenere
invalicabile proprio nella previsione di cui all'art. 159,  comma  3,
l. not.,  considerato  che  il  resistente  ha  subito  una  condanna
definitiva per i delitti di peculato e  di  appropriazione  indebita,
relativamente ai quali il legislatore ha escluso la riabilitazione. 
    La norma di cui al  terzo  comma  de  qua,  infatti,  non  sembra
lasciare alcun  dubbio  in  ordine  al  fatto  che,  nell'ipotesi  di
condanna per taluni delitti tassativamente previsti dalla legge,  non
possa sussistere alcuna valutazione discrezionale,  che  tenga  conto
della inclinazione a delinquere del colpevole, del suo ravvedimento e
dell'eventuale riabilitazione che ha estinto tutti gli effetti penali
della condanna, ne'  da  parte  del  Consiglio  notarile  chiamato  a
decidere ne' da parte della Corte d'appello, chiamata a esercitare il
proprio controllo formale, ai fini dell'omologa. Cio'  in  quanto  il
legislatore ha disposto, a priori  e  in  termini  generali,  che  in
quelle ipotesi, il notaio non possa essere riabilitato  all'esercizio
della professione. 
    Alla luce di tale univoca disposizione  normativa,  questa  Corte
ritiene necessario rimettere alla Corte Costituzionale  la  decisione
della questione di legittimita' costituzionale dell'art.  159,  comma
3, l. not. per contrasto con l'art. 3 della Costituzione e con l'art.
27, comma 3, della Costituzione, secondo cui le pene  devono  tendere
alla rieducazione del condannato, cosi' come sollevata  dallo  stesso
resistente. 
    E', infatti, evidente, nel caso di  specie,  la  rilevanza  della
questione ai fini del decidere, dato che  il  controllo  formale  che
spetta alla Corte non  puo'  prescindere  dall'applicazione  di  tale
norma,  la  quale,  atteso  il  suo  carattere  tassativo,   comporta
l'esclusione della riabilitazione del notaio, senza lasciare spazio a
una   diversa   interpretazione   costituzionalmente   orientata    e
compatibile con le disposizioni di cui agli artt. 3 e  27,  comma  3,
della Costituzione. 
    La questione, inoltre, non appare manifestamente infondata,  dato
che l'art. 159, comma 3, l. not. sembra porsi  in  contrasto  con  le
finalita' della rieducazione,  del  recupero  morale  e  sociale  del
condannato e del suo reinserimento nella vita  civile  (cui  s'ispira
l'art.  27,  terzo  comma,   ultima   parte,   della   Costituzione),
precludendo  ogni  potere  di  apprezzamento  da  parte   dell'ordine
professionale di appartenenza, in relazione  anche  al  comportamento
tenuto dal condannato successivamente all'applicazione della pena  e,
in  particolare,  alla  sua  inclinazione  a   delinquere,   al   suo
ravvedimento e alla sua eventuale riabilitazione che ha estinto tutti
gli effetti penali della condanna. Inoltre, tale norma  sembra  porsi
in  contrasto  anche  con  l'art.  3  della  Costituzione,  apparendo
irragionevole  che  il  Consiglio   notarile   debba   escludere   la
riabilitazione   alla   professione,   senza   alcun    margine    di
discrezionalita' che gli consenta di applicare il principio  generale
di graduazione della sanzione alla gravita' del reato e  di  valutare
l'eventuale  compatibilita'  tra   condanna   e   l'esercizio   della
professione notarile, tenendo anche conto dell'eventuale sentenza  di
riabilitazione. 
    Si osserva, peraltro, che la Corte Costituzionale,  chiamata,  in
un caso analogo, a valutare la legittimita' costituzionale  dell'art.
12 del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 340 (secondo il quale "sono  esclusi
dalla partecipazione ai concorsi -  per  l'assunzione  del  personale
dell'amministrazione civile del ministero dell'interno -  coloro  che
siano stati destituiti o dispensati dall'impiego presso una  pubblica
amministrazione ovvero abbiano riportato condanna  a  pena  detentiva
per  reati  non  colposi  o  siano  stati  sottoposti  a  misure   di
prevenzione"), lo  ha  ritenuto  costituzionalmente  illegittimo,  in
riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, nella parte in  cui
non prevedeva il potere di valutazione, da parte dell'Amministrazione
interessata,   ai   fini   dell'ammissione   al    concorso,    della
riabilitazione ottenuta dal candidato.  A  fondamento  della  propria
decisione la Corte ha cosi' motivato: "ai sensi  dell'art.  178  cod.
pen., la riabilitazione estingue le  pene  accessorie  e  ogni  altro
effetto  penale  della  condanna,  salvo  che   la   legge   disponga
altrimenti. Non essendo l'esclusione dalla partecipazione al pubblico
concorso un effetto penale  della  condanna,  la  riabilitazione  non
comporta di per se', automaticamente, il venir  meno  dell'esclusione
stessa, quando sia prevista dalla legge.  E'  peraltro  irragionevole
(art. 3 Cost.) e contrastante con le finalita' di  reinserimento  del
condannato nella vita sociale, cui s'ispira anche  l'art.  27,  terzo
comma, ultima  parte,  della  Costituzione,  considerare  irrilevante
l'intervenuta  riabilitazione,  precludendo  all'Amministrazione   la
valutazione  di  tale  evenienza,  in  tutti  i  suoi  elementi,  con
riferimento particolare alla qualifica ed alle mansioni da  espletare
in base al concorso. Si' che proprio con riguardo all'esclusione  dal
concorso stesso la lamentata carenza di ogni potere di  apprezzamento
alla p.a.  e,  in  particolare  dell'intervenuta  riabilitazione,  si
pongono  in  contrasto  col  perseguimento  della   finalita'   della
rieducazione, del ricupero morale e sociale del condannato e del  suo
reinserimento nella vita civile" (Corte Cost. 408/1993). 
    In definitiva, questa Corte si trova, anche nel caso  di  specie,
nell'alternativa  tra  applicare  il  rigido   automatismo   previsto
dall'art. 159 l. not., con conseguente violazione dei principi di cui
agli artt. 3 e 27,  comma  3,  della  Costituzione,  oppure  valutare
discrezionalmente  il  comportamento  del  notaio,  con   conseguente
violazione di una  norma  di  legge,  l'art.  159  in  questione,  in
mancanza di alcun appiglio normativo che consenta  un'interpretazione
che tenga conto della  condotta  del  notaio  tra  il  momento  della
condanna e quello della richiesta riabilitazione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge n. 87 del 1953; 
    Ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 159, comma 3, della legge n. 89
del 1913, come sostituito dall'art. 47 del d.lgs. n.  249  del  2006,
nella parte in cui non consente, in ogni caso, la riabilitazione  del
notaio dopo la condanna per  uno  dei  reati  indicati  dalla  stessa
disposizione, in riferimento agli  artt.  3  e  27,  comma  3,  della
Costituzione; 
    Rimette la questione di legittimita'  costituzionale  alla  Corte
costituzionale; 
    Sospende il  presente  giudizio  fino  alla  comunicazione  della
decisione della Corte costituzionale; 
    Dispone  la  trasmissione  di  copia  integrale   del   fascicolo
d'ufficio e della presente ordinanza, in copia autentica, alla  Corte
costituzionale; 
    Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza  sia
notificata alle parti in  causa,  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Cosi' deciso in Milano, nella  camera  di  consiglio  del  15
ottobre 2014. 
 
                     Il Presidente: Santosuosso