N. 83 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 settembre 2006
Ordinanza emessa il 27 settembre 2006 dal tribunale amministrativo regionale della Sicilia - Sezione staccata di Catania, sul ricorso proposto da Grifo' Francesco ed altra contro Presidente della Regione Siciliana ed altri Giustizia amministrativa - Controversie relative alla legittimita' delle ordinanze e dei conseguenziali provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 - Competenza, in via esclusiva, in primo grado, attribuita al Tribunale amministrativo regionale del Lazio - sede di Roma - Irragionevole deroga al principio della competenza del Tribunale amministrativo regionale della Regione in cui il provvedimento e' destinato ad avere incidenza - Violazione del diritto di difesa e del principio del giudice naturale - Violazione del principio del decentramento territoriale della giurisdizione amministrativa - Violazione della norma statutaria che attribuisce al Tribunale amministrativo regionale Sicilia le controversie di interesse regionale. - Decreto legge 30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21. - Costituzione, artt. 3, 24, 25 e 125; Statuto della Regione Siciliana art. 23.(GU n.11 del 14-3-2007 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23, comma 2, legge n. 87/1953 sul ricorso n. 1869/2006 R.G. proposto da Francesco Grifo' ed Agata Migliorino, quest'ultima in proprio e nella qualita' di legale rappresentante pro tempore della Piccola Societa' Cooperativa a r.l. Grifo', di recente trasformata in Grifo' Societa' Cooperativa S.r.L, rappresentati e difesi dall'avv. Rosario Polizzi con domicilio ex lege in Catania via Milano presso la segreteria di questo Tribunale amministrativo regionale Contro il Presidente della Regione Siciliana (quale Commissario delegato con l'incarico di provvedere alla realizzazione dei primi interventi urgenti diretti a fronteggiare i danni conseguenti agli eccezionali eventi atmosferici che hanno colpito il territorio della Regione Siciliana nel periodo compreso tra settembre e dicembre 2003), il Dipartimento della protezione civile della Regione Siciliana, in persona del legale rappresentante pro tempore (quale Ufficio di cui il predetto Commissario delegato si avvale per la relativa attivita' amministrativo-contabile), l'Agenzia del demanio, filiale Sicilia, ufficio di Catania, in persona del legale rappresentante pro tempore, il Genio civile di Catania in persona del legale rappresentante pro tempore, il Genio civile di Messina, in persona del legale rappresentante pro tempore, tutti rappresentati e difesi ope legis dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, presso il cui ufficio sono legalmente domiciliati, nonche' l'Ente parco fluviale dell'Alcantara, in persona del legale rappresentante pro tempore il comune di Castiglione di Sicilia, in persona del sindaco pro tempore, la Commissione con funzione di conferenza dei servizi ex Disposizione presidenziale della Regione Siciliana del 28 febbraio 2005, in persona del legale rappresentante pro tempore, presso il Comune di Castiglione di Sicilia, il Comune di Malvagna, in persona del sindaco pro tempore, la Commissione con funzione di conferenza dei servizi ex Disposizione presidenziale della Regione Siciliana del 28 febbraio 2005, in persona del legale rappresentante pro tempore presso il Comune di Malvagna; non costituiti in giudizio, per la dichiarazione di illegittimita' e per l'annullamento del silenzio rifiuto e/o inadempimento formatosi sulle istanze del 12 dicembre 2003 e 16 febbraio 2004, nonche' sull'istanza del 16 marzo 2006, notificata a mezzo ufficiale giudiziario il 21/22 marzo successivo, tendenti all'adozione degli interventi di somma urgenza per limitare i danni subiti dai ricorrenti a causa degli eccezionali eventi atmosferici che hanno colpito il territorio della Regione Siciliana, nel periodo compreso tra i mesi di settembre e dicembre 2003 e per evitare che gli stessi danni possano ripetersi in futuro, oltre che per il riconoscimento e l'ottenimento del contributo economico richiesto dai ricorrenti medesimi in conseguenza dei danni subiti. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio delle Amm.ni intimate; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore per la camera di consiglio del 14 settembre 2006 il referendario Maria Stella Boscarino; Sentiti gli Avvocati delle parti, come da verbale; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o I ricorrenti espongono di essere comproprietari dei terreni siti in Castiglione di Sicilia (CT), localita' Carranco e Malvagna (ME) localita' Cannarozzo o Cuba, divisi dal fiume Alcantara. Gli stessi, a seguito del maltempo degli scorsi inverni, particolarmente nel periodo settembre/dicembre 2003, hanno subito gravi danni a causa dello straripamento del fiume Alcantara, che ha travolto porzioni di fabbricati di proprieta' dei ricorrenti nonche' piante, trascinandoli nel letto del fiume. I ricorrenti hanno quindi chiesto, in conformita' all'ordinanza del commissario delegato all'emergenza di cui infra, interventi urgenti a tutela della pubblica incolumita' nonche' contributi per alcuni interventi eseguiti in via di urgenza dai ricorrenti stessi. Con il ricorso in epigrafe i ricorrenti impugnano il silenzio serbato dalle Amm.ni intimate su atto stragiudiziale di messa in mora. Nella camera di consiglio del giorno 14 settembre 2006 la causa e' passata in decisione. D i r i t t o Con d.P.C.m. 20 febbraio 2004 e' stato dichiarato lo stato di emergenza a seguito degli eventi calamitosi verificatisi nel periodo ricompreso tra settembre e dicembre 2003 nel territorio della Regione Siciliana, ai sensi e per gli effetti dell'art. 5. comma 1. della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Con o.P.C.m. 21 maggio 2004, n. 3360 il Presidente della Regione Siciliana e' stato nominato Commissario delegato al fine di provvedere, anche avvalendosi di soggetti attuatori che agiscono sulla base di specifiche direttive ed indicazioni impartite dal medesimo commissario delegato, alla realizzazione degli interventi diretti a fronteggiare i danni conseguenti agli eventi alluvionali ed ai dissesti idrogeologici di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 febbraio 2004. In particolare, per quanto qui rileva, la citata o.m. prevede che il Commissario delegato provvede: a) alla individuazione dei comuni colpiti dagli eventi alluvionali; b) alla individuazione delle opere e degli interventi da realizzare per il ripristino, in condizioni di sicurezza, delle infrastrutture pubbliche danneggiate, per la pulizia e la manutenzione straordinaria degli alvei dei corsi d'acqua, per la stabilizzazione dei versanti e per la prevenzione dei rischi e la messa in sicurezza relativa ai dissesti idrogeologici, nonche' alla definizione ed approvazione di tutti gli atti e provvedimenti necessari e propedeutici alla realizzazione delle opere e degli interventi medesimi; c) alla determinazione delle misure dirette a favorire l'immediata ripresa delle attivita' produttive e il ritorno alle normali condizioni di vita delle popolazioni, prevedendo la concessione di contributi per il ristoro dei danni ai beni mobili, ai beni mobili registrati ed ai beni immobili e per l'autonoma sistemazione dei nuclei familiari rimasti senza tetto a seguito degli eventi calamitosi; d) alla determinazione, in relazione ai contributi di cui alla lettera b) delle voci ammissibili, dei criteri di priorita' e delle modalita' attuative, nonche' alla conseguente individuazione dei soggetti beneficiari dei predetti contributi e dell'importo spettante a ciascuno, garantendo trattamenti uniformi rispetto a quelli assicurati in analoghe situazioni emergenziali; e) alla individuazione dei soggetti istituzionali cui computa provvedere, in regime di ordinarieta', alla gestione esecutiva degli interventi conseguenti alle attivita' di cui alle lettere precedenti. Con successiva o.P.C.m.. 10 giugno 2005, n. 3440, adottata, come si legge nelle premesse, ai sensi dell'art. 5, comma 3, della legge n. 225 del 1992, il Presidente della Regione Siciliana e' stato confermato, fino al 31 dicembre 2005, Commissario delegato per fronteggiare le situazioni di criticita' conseguenti agli eventi calamitosi di cui in premessa; in particolare, al fine di provvedere, in regime ordinario, all'attuazione ed al completamento degli interventi e delle opere gia' programmate per il superamento dell'emergenza, di cui all'o.P.C.m. n. 3340 del 20 febbraio 2004 e all'o.P.C.m. n. 3360 del 21 maggio 2004, entrambe di protezione civile. Con il ricorso in epigrafe, come detto, i ricorrenti censurano l'inerzia serbata sulle loro istanze e diffide, volte ad ottenere l'intervento, in via principale, del Presidente della Regione Siciliana quale Commissario delegato, titolare della competenza per eseguire interventi urgenti per fronteggiare i danni, sia mediante di riparazioni strutture pubbliche che mediante la individuazione di criteri e modalita' per detti interventi sia infine mediante la concessione di contributi infuori dei privati, attivita' che i provvedimenti in questione consentono di svolgere anche mediante l'avvalimento di altri soggetti attuatori, rispetto i quali tuttavia il Commissario mantiene, per espressa previsione delle citate disposizioni, il potere di agire anche in sostituzione. Pertanto il Collegio deve affrontare d'ufficio la questione relativa alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio a conoscere della vicenda introdotta dalla legge n. 21/2006 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2006, che, all'art. 3, per quel che qui rileva dispone: ... omissis ... «2-bis. In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimita' delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per - l'emanazione di misure cautelari, al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma; 2-ter. Le questioni di cui al comma 2-bis, sono rilevate d'ufficio. Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito con sentenza succintamente motivata ai sensi dell'art. 26, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando applicazione i commi 2 e seguenti dell'art. 23-bis della stessa legge. 2-quater. Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si' applicano anche ai processi in corso. L'efficacia delle misure cautelari adottate da' un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al comma 2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata puo' riproporre il ricorso». Osserva il Collegio che la fattispecie in esame e' attratta nell'applicazione della citata legge n. 21/2006, art. 3. Il collegio, pertanto, ritenendola rilevante ai fui della decisione da assumere in ordine alla predetta trasmissione degli atti al Tribunale amministrativo regionale Lazio e non manifestamente infondata, solleva questione di legittimita' costituzionale del predetto art. 3, e segnatamente del comma 2 nelle sottonumerazioni bis, ter, quater, come sara' esposto nei seguenti paragrafi e come gia' fatto in ordine ad altra fattispecie per la cui decisione e' venuta in rilievo la medesima norma (Tribunale amministrativo regionale Sicilia, I, ord. n. 90 del 7 marzo 2006). I) La rilevanza della questione ai fini della decisione da assumere e' di tutta evidenza. Il collegio sarebbe tenuto, sulla base della normativa sopravvenuta - ove non dubitasse della incostituzionalita' di essa e quindi non ritenesse necessario investire il giudice delle leggi della relativa questione - a trasmettere gli atti al Tribunale amministrativo regionale Lazio. II) Circa la non manifesta infondatezza e le ragioni che fanno sospettare le norme in esame di incostituzionalita', osserva il collegio che la normativa introdotta dal legislatore con l'art. 3, comma 2, da bis a quater, della legge n. 21/2006, contrasta innanzitutto con l'art. 125 della Costituzione, e segnatamente con il principio della articolazione su base regionale degli organi statali di giustizia amministrativa di primo grado ivi espressa («Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica») che implica il rilievo e la garanzia costituzionale della sfera di competenza dei singoli organi predetti. Non appaiono, all'evidenza, manifeste o comunque sufficienti ragioni logiche o di coerenza istituzionale per derogare a tale sfera di competenze costituzionalmente garantita nella materia di cui trattasi quando, come nel caso in esame, le singole situazioni di emergenza hanno rilievo spiccatamente locale con conseguente efficacia locale dei relativi provvedimenti adottati dai soggetti delegati alla cura delle varie situazioni emergenziali, anche se (arg. ex art. 2, comma 1, lett. c) della legge n. 225/1992, richiamato dall'art. 5, comma 1, legge cit.) essi sono adottati per fare fronte a situazioni che «per intensita' ed estensione debbono essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari». III) Anzi, sotto questo aspetto, la norma e' altresi' contraddittoria ed irrazionale in quanto sottopone al medesimo trattamento processuale situazioni disparate e differenti tra di loro. In questo quadro, l'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, richiama, ai fini della applicazione dell'intera disposizione normativa, i casi in cui (ex art. 2, comma 1, lettera c) della legge n. 225/1992) sia necessario fare fronte con mezzi e poteri straordinari alle calamita' naturali, catastrofi o gli altri eventi che richiedano tale intervento per intensita' ed estensione. La previsione di cui alla legge n. 21/2006 radica la competenza del Tribunale amministrativo regionale Lazio in tutti i casi in cui sia dichiarato lo stato di emergenza ai sensi del comma 1 dell'art. 5 appena citato e quindi con esclusione dei casi di intervento di protezione civile per gli eventi che possano essere affrontati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria (art. 2, lettera a) e di quelli che richiedano intervento coordinato di questi ultimi (art. 2, lettera b). Quindi, il sistema della Protezione civile e' articolato in vari livelli di intervento, contraddistinti dal corrispondente grado di ampiezza della situazione emergenziale. Quindi per ogni tipologia territoriale e «qualitativa» alla situazione di emergenza e' chiamato ad intervenire in merito il «livello» di governo piu' vicino alla concreta dimensione delle comunita' colpite e della natura dell'emergenza, quindi secondo un chiaro criterio di sussidiarieta' e senza escludere - funzionalmente e residualmente - che determinate funzioni siano «trasversali» ossia comprendano le competenze di piu' amministrazioni o livelli di governo. A fronte di questa multiformita' possibile di manifestazioni concrete dell'esercizio del potere, la regola generale di ripartizione delle competenze delineata dagli artt. 2 e ss, della legge Tribunale amministrativo regionale appresta una tutela coerente con l'art. 125 della Costituzione: derogando ad essa, l'art. 3 della legge n. 21/2006, contradditoriamente ed immotivatamente assegna ex lege rilevanza nazionale a qualsiasi controversia insorga nell'esercizio del potere di protezione civile, facendo leva solo sulla necessita' che esso presupponga l'intervento extra ordinem e quindi a dispetto dell'articolazione del potere previsto dalla legge n. 225/1992, posto che assegna la competenza funzionale a conoscere delle relative questioni al Tribunale amministrativo regionale Lazio (e quindi spinge l'interprete a dover ritenere che il legislatore abbia cristallizzato una valutazione di rilevanza nazionale di qualsiasi questione inerente la Protezione Civile, richieda interventi extra ordinem). Appare utile rilevare, in questa sede, come la giurisprudenza della Corte costituzionale abbia espressamente riconosciuto che: con l'art. 5 della legge n. 225 del 1992, e' attribuito al Consiglio dei ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza in ipotesi di calamita' naturali, ed a seguito della dichiarazione di emergenza, e per fare fronte ad essa, lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, il Ministro dell'interno possano adottare ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico; l'art. 107, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo1997, n. 59), a sua volta, chiarisce che tali funzioni hanno rilievo nazionale, escludendo che il riconoscimento di poteri straordinari e derogatori della legislazione vigente possa avvenire da parte di una legge regionale; queste ultime due previsioni, inoltre, sono gia' stata ritenute dalla Corte costituzionale (sentenza n. 327 del 2003) come espressive di un principio fondamentale della materia della protezione civile, sicche' deve ritenersi che esse delimitino il potere normativo regionale, anche sotto il nuovo regime di competenze legislative delineato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione). Alla luce di quanto sopra ricordato, la Corte ha dichiarato illegittimo l'art. 4, comma 4, della legge della Regione Campania n. 8 del 2004, nella misura in cui essa ha attribuito al Sindaco di Napoli i poteri commissariali dell'ordinanza n. 3142 del 2001 del Ministro dell'interno, dopo la scadenza della emergenza alla cui soluzione tale ordinanza era preordinata, in quanto in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione (Corte cost. n. 82/2005). Tale ragionamento comporta che, in relazione alla legge n. 225/1992 ed all'art. 107, comma 1, lettere b) e c) d.lgs. n. 112/1998, possiedono rilievo nazionale «solamente» il potere di dichiarare lo stato di emergenza e quello, distinto dal primo seppure ad esso finalisticamente connesso, di derogare a norme dell' ordinamento. Ne consegue dunque che, sotto questo profilo, la norma in esame e' irragionevole per contraddittorieta' e disparita' di trattamento processuale, poiche' utilizza lo stesso trattamento per situazioni del tutto differenti quanto ad ambito territoriale e livello e qualita' degli interessi pubblici coinvolti, nonche' per contrasto con l'art. 117 della Costituzione, poiche' implicitamente, finisce per attribuire rilievo nazionale anche alle questioni riservate alla competenza regionale. IV) Ancora, l'aggravio della tutela giurisdizionale, soprattutto ove, come nella specie, esso non sia giustificato da una effettiva natura accentrata (o dall'efficacia estesa a tutto il territorio) dei provvedimenti sui quali deve esercitarsi la cognizione del Tribunale amministrativo regionale Lazio, comporta indubbia violazione dell'art. 24 della Costituzione, in particolare della possibilita' di tutela dei propri diritti ed interessi enunciata al primo comma; detta tutela ne risulta minorata, per la evidente maggiore difficolta' di esercitare le relative azioni presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio piuttosto che presso' gli organi giurisdizionali localmente istituiti. V) Altri profili di incostituzionalita' vanno ravvisati, inoltre, nella violazione del principio del giusto processo di cui all' art. 111 della Costituzione e del principio del doppio grado di giudizio nella giustizia amministrativa, che, sia in sede cautelare sia in sede di merito, riceve garanzia costituzionale dall'art. 125 della Carta, nella parte della disciplina in questione (comma 2-quater), che consente una riforma dei provvedimenti assunti, in sede cautelare, nei giudizi pendenti, e cio' ad opera di un organo giurisdizionale pariordinato a quelli di provenienza (trattasi di giudici tutti di primo grado, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio non essendo un «super-Tribunale amministrativo regionale»). Cosi' facendo, in sostanza, il legislatore ha introdotto un rimedio inedito, che non e' di secondo grado e che finisce per costituire un doppione del gia' espletato giudizio (cautelare) di primo grado, senza alcuna possibilita' di inquadramento tra i rimedi noti e tipizzati (appello, revocazione, reclamo). Atteso che il principio del doppio grado di giudizio nella giustizia amministrativa, sia in sede cautelare sia in sede di merito, riceve garanzia costituzionale dall'art. 125 della Carta (cfr. Corte cost., sentenza n. 8 del 1982), si configura un ulteriore profilo di violazione di detta norma. Viene infatti ad essere introdotto, per le controversie introdotte avanti al Tribunale amministrativo regionale locale, un anomalo percorso che stravolge l'ordinario iter giudiziario. La regola e' che ad un giudizio di primo grado segua, ove la parte soccombente appelli, un giudizio di secondo grado, sia che si tratti di giudizio cautelare, sia che si tratti di giudizio di merito; giammai e' prevista una doppia pronuncia sulla stessa materia da parte di due diversi giudici di primo grado, uno dei quali abilitato a riformare la decisione del primo giudice. Orbene, ad avviso del collegio, siffatta disciplina integra altresi' violazione del principio del «giusto processo», di cui all'art. 111, comma primo, della medesima Carta («La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge»). Infatti, la parte soccombente nel giudizio cautelare verrebbe ad essere fornita di uno strumento giurisdizionale anomalo e atipico a tutela della propria (legittima, ma da esercitare in modi conformi ai principi costituzionali) aspirazione ad ottenere una pronuncia favorevole in secondo grado (che deve tuttavia essere un vero giudizio di secondo grado, e non, si ribadisce, un inedito duplicato del giudizio di primo grado). Cio' comporterebbe altresi' una evidente violazione del principio del ne bis in idem, che, se pure non espressamente contemplato dalla Carta costituzionale, deve ritenersi corollario del medesimo generale principio del «giusto processo» teste' richiamato. VI) Da ultimo, secondo un aspetto diverso che si riconnette al tema del giudice naturale, la norma in esame viola l'art. 23 dello Statuto della Regione Sicilia (legge costituzionale n. 2 del 26 febbraio 1948) a norma del quale: «Gli organi giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive sezioni per gli affari concernenti la regione. Le sezioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti svolgeranno altresi' le funzioni, rispettivamente, consultive e di' controllo amministrativo e contabile. I magistrati della Corte dei conti sono nominati, di accordo, dai Governi dello Stato e della regione. I ricorsi amministrativi, avanzati in linea straordinaria contro atti amministrativi regionali, saranno decisi dal Presidente della regione sentite le sezioni regionali del Consiglio di Stato».Tale norma e' stata «interpretata» dall'art. 5 del d.lgs. 6 maggio 1948, n. 654, contenente norme per l'esercizio delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato nella Regione Sicilia, il quale prevede che il Consiglio di giustizia esercita le attribuzioni devolute dalla legge al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale nei confronti di atti e provvedimenti definitivi «dell'amministrazione regionale e delle altre autorita' amministrative aventi sede nel territorio della regione». Osserva il Collegio che gia' con «la sentenza della Corte cost. in data 12 marzo 1975, n. 61, dichiarando l'illegittimita' costituzionale delle limitazioni poste dall'art. 40, legge 6 dicembre 1971, n. 1034 alla competenza del Tribunale amministrativo regionale Sicilia, e' stato ritenuto che siano state a quest'ultimo conferite tutte le controversie d'interesse regionale considerate tali dall'art. 23, comma 1, d.l. 15 maggio 1946, n. 455, comprendendosi in tale categoria le controversie sorte da impugnazione di atti amministrativi di autorita' centrali aventi effetti limitati al territorio regionale ovvero concernenti pubblici dipendenti in servizio nella regione siciliana» (Consiglio Stato, sez. VI, 26 luglio 1979, n. 595). Quindi la legge n. 21/2006, in esame, e' costituzionalmente illegittima anche nella sua parte in cui, in violazione dell'art. 23 dello Statuto regionale, sia nella sua formulazione letterale, che nella interpretazione pacifica che di esso ha maturato la giurisprudenza, anche costituzionale, riserva al Consiglio di giustizia amministrativa ed in primo grado al Tribunale amministrativo regionale Sicilia, la competenza a conoscere circa le controversie sorte da impugnazione di atti amministrativi di autorita' centrali aventi effetti limitati al territorio regionale. VII) Per tute le esposte considerazioni, deve sollevarsi la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis, comma 2-ter, comma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli artt. 3, 125 e 24 della Costituzione e per contrasto con l'art. 23 dello statuto della Regione Sicilia. Deve pertanto essere disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione della predetta questione di legittimita' costituzionale, sospendendosi il giudizio instaurato con il ricorso in epigrafe, fino alla restituzione degli atti da parte della medesima Corte.
P. Q. M. Solleva, ritenutala rilevante e non manifestamente infondata, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis, comma 2-ter, comma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli artt. 3, 125 e 24 della Costituzione e per contrasto con l'art. 23 dello statuto della Regione Sicilia. Dispone, a norma dell'art. 23/2, legge n. 87/1953, l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Il giudizio resta sospeso sino alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale. Manda alla segreteria di notificare copia della presente ordinanza alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Catania, in Camera di consiglio, in data 14 settembre 2006. Il Presidente: Messina L'estensore: Boscarino 07C0258