N. 6 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 9 ottobre 2007

Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (merito)
depositato  in  cancelleria  il  9  ottobre 2007 (della Procura della
Repubblica presso il Tribunale di Milano)

Segreto  di Stato - Indagini della Procura della Repubblica presso il
  Tribunale   di  Milano  nell'ambito  del  procedimento  penale  sul
  sequestro  di persona di Nasr Osama Mustafa Hassan, alias Abu Omar,
  instaurato  nei confronti di funzionari del SISMI e di agenti di un
  Servizio straniero - Richiesta inoltrata dalla Procura di Milano al
  Ministro  della  difesa  per  l'acquisizione di atti e informazioni
  concernenti  il sequestro o in generale di documenti, informative e
  atti  relativi  alla  pratica  delle c.d. «renditions» - Nota prot.
  n. USG/2.SP/813/50/347  del  26 luglio  2006 a firma del Presidente
  del   Consiglio   dei   ministri,   on.   Prodi,   e   nota   prot.
  n. USG/2-SP/1318/50/347   dell'11   novembre   2005   a  firma  del
  precedente  Presidente  del Consiglio dei ministri, on. Berlusconi,
  che  appongono  il  segreto  di  stato  sugli  atti  concernenti il
  sequestro,   nonche'   «nota   per  la  stampa»  del  5 giugno 2007
  dell'Ufficio  Stampa  e del Portavoce del Presidente del Consiglio,
  on.  Prodi,  e direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri,
  on.  Berlusconi,  del  30 luglio  2005  n. 2001.5/707 - Ricorso per
  conflitto  di attribuzione tra poteri sollevato dalla Procura della
  Repubblica   presso  il  Tribunale  di  Milano  nei  confronti  del
  Presidente del Consiglio dei ministri - Denunciata violazione della
  sfera  di  attribuzioni  costituzionali  del  P.M.  attraverso atti
  commessi  in violazione del divieto di coprire col segreto di Stato
  fatti  eversivi  dell'ordine  costituzionale, con eccesso di potere
  per  errore  o  falsita'  dei  presupposti, con assoluta carenza di
  motivazione,  con  lesione  del principio di legalita', con lesione
  del  principio  di irretroattivita' dell'apposizione del segreto di
  Stato,  con  lesione del principio dell'obbligatorieta' dell'azione
  penale - Richiesta alla Corte costituzionale: a) di dichiarare, con
  riferimento  al  sequestro di persona di Abu Omar, la non spettanza
  al   Presidente   del   Consiglio   dei  ministri  di  disporre  la
  secretazione   di   atti   e   notizie   riguardanti  le  modalita'
  progettuali,  organizzative  ed  esecutive  del  suo  rapimento, in
  quanto  «fatti eversivi dell'ordine costituzionale»; nonche' la non
  spettanza  al  Presidente  del  Consiglio dei ministri di secretare
  notizie  e  documenti  sia  genericamente, sia immotivatamente, sia
  retroattivamente; b) di ordinare, in via istruttoria, al Presidente
  del   Consiglio  dei  ministri  l'esibizione  della  direttiva  del
  Presidente   del   Consiglio   dei   ministri  del  30 luglio  2005
  n. 2001.5/07  e  di ogni altro atto con cui il segreto in questione
  sarebbe  stato  apposto  -  Conseguente  richiesta  alla  Corte  di
  annullamento degli atti sopra indicati.
- Nota  prot.  n. USG/2.SP/813/50/347  del 26 luglio 2006 a firma del
  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  on. Prodi;  nota  prot.
  n. USG/2-SP/1318/50/347   dell'11   novembre   2005   a  firma  del
  precedente  Presidente  del Consiglio dei ministri, on. Berlusconi;
  «nota  per  la  stampa» del 5 giugno 2007 dell'Ufficio Stampa e del
  Portavoce  del  Presidente  del Consiglio, on. Prodi; direttiva del
  Presidente   del   Consiglio   dei  ministri,  on. Berlusconi,  del
  30 luglio 2005 n. 2001.5/707.
- Costituzione,  art. 112;  legge  24 ottobre 1977, n. 801, artt. 12,
  comma 2, e 16; cod. proc. pen., artt. 202 e 256.
(GU n.42 del 31-10-2007 )
    Ricorso  della  Procura  della  Repubblica presso il Tribunale di
Milano  in  persona  del  Procuratore  della Repubblica, dott. Manlio
Minale,  sedente  per  la  carica  presso  il Palazzo di giustizia di
Milano,  corso  di  Porta  Vittoria, rappresentato e difeso dal prof.
avv.  Alessandro  Pace,  ed  elettivamente  domiciliato presso il suo
studio in Roma, piazza delle Muse n. 8, come da procura a margine del
presente atto;

    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri pro tempore
sedente per la carica in Roma, Palazzo Chigi, in relazione:
        alla nota prot. n. USG/2.SP/813/50/347 del 26 luglio 2006 del
Presidente  del  Consiglio on. Romano Prodi, pervenuta al Procuratore
della  Repubblica  di  Milano in data 1° agosto 2007, con la quale il
Presidente  del  Consiglio  pro  tempore,  con  riferimento alle note
vicende  del sequestro di persona di Nasr Osama Mustafa Hassan, alias
Abu  Omar  avvenuto  in  Milano  il 17 febbraio 2003, comunicava alla
Procura  di  Milano che su tutti i «fatti concernenti il sequestro di
Abu  Omar»,  sulle «vicende sopra descritte che lo hanno preceduto» e
«in generale (su) tutti i documenti, informative o atti relativi alla
pratica  delle  c.d.  "renditions"»,  era stato apposto il segreto di
Stato   dal   precedente   Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
on. Silvio  Berlusconi,  e  che tale segreto, in data e con modalita'
imprecisate,  e'  stato  successivamente  confermato  dallo scrivente
(doc. n. 1);
        alla nota prot. n. USG/2-SP/1318/50/347 dell'11 novembre 2005
a firma del precedente Presidente del Consiglio on. Silvio Berlusconi
(doc. n. 2);
        alla  «nota  per  la  stampa»  del 5 giugno 2007 dell'ufficio
stampa  e del portavoce del Presidente del Consiglio on. Romano Prodi
(doc.  n. 3),  e,  per  quanto  possa  occorrere,  in  relazione alla
direttiva del Presidente del Consiglio pro tempore del 30 luglio 2005
n. 2001.5/19707.
    I fatti antecedenti il ricorso per conflitto di attribuzioni
del Presidente del Consiglio dei ministri contro la Procura di Milano
    La  Procura  della  Repubblica presso il Tribunale di Milano e la
Digos  della  Questura  di  Milano avevano, sin dalla meta' del 2002,
sottoposto  a indagini per il reato di cui all'art. 270-bis c.p. Nasr
Osama  Mustafa  Hassan  detto Abu Omar, quando improvvisamente, il 17
febbraio 2003, egli scompariva.
    La  moglie ne denunciava la sparizione dopo un paio di giorni. Le
conseguenti   indagini   si   sviluppavano  grazie,  soprattutto,  ad
intercettazioni  telefoniche ed all'analisi del traffico di telefonia
mobile  intervenuto  nel  giorno,  nell'ora  e  nell'area  in  cui il
sequestro era stato consumato.
    Quanto   alle  intercettazioni  telefoniche  -  che  erano  state
disposte  nell'ambito delle indagini per reati connessi al terrorismo
di  cd.  matrice  islamica  a carico dello stesso Abu Omar - emergeva
dalle  stesse  che  costui,  verso  il  20 aprile del 2004, era stato
liberato  da una prigione egiziana dove si trovava detenuto sin dalla
sua  scomparsa  e si era messo in contatto telefonicamente sia con la
moglie  sia  con  un  suo  correligionario  islamico (Elbrady Mohamed
Reda),  anche  lui  sottoposto  ad  indagini  ed  intercettazioni. Ad
entrambi Abu Omar aveva raccontato di essere stato sequestrato, messo
su  un  furgone, bendato e trasportato prima in una base aerea sita a
cinque  ore circa di distanza da Milano (individuata dagli inquirenti
in  quella  di  Aviano)  e  poi,  in  aereo, a Il Cairo (previa sosta
intermedia   nell'aeroporto  di  Ramstein,  in  Germania,  come  pure
accertato  dagli  inquirenti).  Durante  la  detenzione, aveva subito
torture e violenze di vario tipo.
    L'analisi  del traffico di telefonia mobile prendeva spunto dalla
dichiarazione  di  una  teste  egiziana, la quale aveva visto uno dei
rapitori  parlare  al telefonino. Proprio per tale ragione, l'analisi
riguardava   il   traffico  intervenuto  nelle  «celle»  che  coprono
territorialmente  il luogo del sequestro (la via Guerzoni a Milano) e
le  vie  limitrofe, il 17 febbraio e nei giorni precedenti. Era cosi'
possibile selezionare, tra migliaia di telefonate e utenze, 17 utenze
risultate in contatto tra loro, nel giorno del sequestro. Quasi tutte
queste  utenze erano state attivate circa un mese prima del sequestro
ed avevano cessato di funzionare due giorni dopo la sua consumazione.
Sedici   di   esse  risultavano  intestate  fittiziamente  a  persone
inconsapevoli (cinque o sei alla stessa persona), altre non intestate
ad alcuno, una risultava intestata ad una cittadina statunitense.
    Lo sviluppo dei dati dei tabulati relativi al traffico telefonico
di  tali  utenze, e di altre utenze risultate in contatto con queste,
consentiva  di  identificare  25  cittadini statunitensi che ne erano
intestatari.   I  loro  nominativi  venivano  individuati  attraverso
controlli in hotel milanesi siti nelle zone dove i telefonini avevano
funzionato  in  ore  notturne,  in  hotel  di  altre  citta', nonche'
incrociando  dati relativi alle chiamate effettuate, all'uso di carte
di  credito,  di  Viacard  autostradali,  agli  accertati  noleggi di
autovetture  etc.  In  alcuni  hotel,  cosi' come presso autonoleggi,
venivano anche acquisite copie di alcuni passaporti.
    Tra   gli  utilizzatori  di  questi  telefoni  cellulari,  alcuni
risultavano   essere  giunti  ad  Aviano  (partendo  dalla  zona  del
sequestro)  appena  quattro  o  cinque  ore dopo il sequestro stesso;
altri  risultavano  solo  avere  partecipato  ai sopralluoghi ed agli
studi  preliminari  in vista del sequestro; l'utilizzatore di uno dei
telefoni  era  il Capo Centro C.I.A. di Milano, a casa del quale - in
zona  di  Asti - veniva eseguita una perquisizione, rinvenendo tracce
inconfutabili della preparazione del sequestro (foto del sequestrando
durante  gli  studi preliminari, studio del miglior percorso stradale
fino  ad Aviano, prenotazioni aeree per il trasferimento dello stesso
a   Il   Cairo,   messaggi   di  posta  elettronica  dal  significato
inequivocabile   etc.).   Attraverso  indagini  condotte  nelle  basi
militari  di  Aviano,  Poggio  Renatico  (Ferrara),  nonche' presso i
Centri   Controllo   Volo   di  Linate  e  Bruxelles,  venivano  pure
individuati  i due aerei con cui Abu Omar era stato portato da Aviano
a  Ramstein  e  da  Ramstein  al  Cairo,  nello  stesso giorno del 17
febbraio 2003.
    Le ordinanze di custodia cautelare contro i 26 indagati americani
- rimasti tutti latitanti - venivano emesse tra il giugno del 2005 ed
il 3 luglio 2006, man mano che gli elementi probatori si accumulavano
a loro carico.
    In  alcuni casi, i latitanti appartenevano al personale consolare
americano  ufficialmente  accreditato  in  Italia o a personale della
C.I.A.  conosciuto  come  tale,  comunque tutti privi di immunita' in
ragione della gravita' del reato (punito con pena superiore ai cinque
anni)  e  della  loro  qualifica  (Consoli  o  semplici addetti e non
Ambasciatori).
    Lo  sviluppo  dei dati relativi al traffico telefonico consentiva
anche  di accertare che il 17 febbraio 2003, in via Guerzoni, all'ora
del  sequestro, ed in tre altri giorni precedenti, era stato presente
anche   un   maresciallo   appartenente   al   ROS  dei  Carabinieri,
intestatario  di un'utenza che risultava avere agganciato la cella di
corrispondenza.  Interrogato, il maresciallo del ROS dapprima taceva,
in seguito ammetteva di avere partecipato materialmente al sequestro,
cioe'   a   quella   che  il  capo  della  C.I.A.  a  Milano  (e  suo
amico-arruolatore)  gli aveva presentato come un'operazione congiunta
tra C.I.A. e S.I.S.Mi.
    Poiche' nelle sue dichiarazioni, relative ai rapporti con il capo
della  C.I.A.,  il maresciallo si era riferito ad un colonnello (gia'
Capo Centro S.I.S.Mi. a Milano fino all'inizio di dicembre del 2002 e
da   tempo   rientrato   nell'Arma  dei  Carabinieri)  quale  persona
probabilmente  al  corrente  del  piano,  questi  veniva sentito come
persona  informata  sui fatti e riferiva di essere stato destinatario
delle  confidenze del Capo C.I.A. di Milano, in merito al progetto di
sequestro  di  Abu Omar, progetto che la C.I.A. stava curando insieme
al S.I.S.Mi.
    Va   pero'  sottolineato  che  gia'  nel  caso  delle  precedenti
indagini,  la  Procura  di  Milano il 1° luglio e il 5 novembre aveva
richiesto ai Direttori del S.I.S.Mi. e del SISDe di comunicare se, in
base  agli accordi con la C.I.A., questa fosse tenuta a comunicare al
S.I.S.Mi. e al SISDe la presenza sul territorio nazionale italiano di
personale  dipendente  dalla  stessa  C.I.A. e se, con riferimento al
sequestro di Abu Omar, fosse stata segnalata la presenza in Italia di
taluni  cittadini  statunitensi la cui identita' era emersa a seguito
delle  anzidette  intercettazioni  telefoniche.  Entrambi  i  Servizi
davano  alla  Procura  le informazioni richieste con la prima missiva
senza  sollevare il benche' minimo rilievo attinente all'esistenza di
possibili  segreti  di  Stato  sui fatti connessi al rapimento di Abu
Omar. Non rispondevano, invece, alla seconda richiesta.
    In  data  11 novembre 2005, l'allora Presidente del Consiglio dei
ministri,  on. Silvio  Berlusconi,  faceva  pervenire alla Procura di
Milano la seguente nota prot. USG/2-SP/1318/50/347 (doc. n. 2).
Oggetto:  Procedimento  n. 10838/05.21 relativo al sequestro in danno
di  Nasr  Osama  Mustafa  Hassan,  alias Abu Omar (Milano 17 febbraio
2003).
    Il   direttore   del   SISMI  mi  ha  informato  delle  richieste
formulategli  da codesta Procura della Repubblica nel luglio scorso e
nel corrente mese, con riguardo all'argomento indicato in oggetto.
    Lo stesso alto Funzionario ha infatti correttamente valutato come
per  lui  non  direttamente  disponibili determinazioni che investono
invece  funzioni esclusive del Presidente del Consiglio dei ministri,
con  connessi  responsabilita'  e  poteri,  a  mente dell'Ordinamento
vigente.
    Ho  pertanto  asseverato  i  suoi  pregressi  contegni formali ed
ufficiali,  accogliendo  la  sua richiesta di fornire gli elementi di
informazione  richiesti  nella  misura  in cui gli stessi risultavano
partecipabili  all'autorita' giudiziaria, perche' non pregiudizievoli
di  beni  giuridici  salvaguardato  dall'Ordinamento, anche alla luce
della costante giurisprudenza della Corte costituzionale.
    Analoga  autorizzazione ho accordato anche in questa circostanza,
riservandomi  di  dare  le  pertinenti  istruzioni  allorche' saranno
conclusi  le  verifiche  e  gli  approfondimenti che il direttore del
S.I.S.Mi. mi ha confermato di avere gia' avviato.
    Si   tratta   di   autorizzazioni   richieste  e  concesse  nella
responsabile,  consapevole  certezza  che  il Governo ed il S.I.S.Mi.
sono  del tutto e sotto ogni profilo estranei rispetto a qualsivoglia
risvolto  riconducibile  al «sequestro in danno di Nasr Osama Mustafa
Hassan,  alias  Abu  Omar (Milano il 17 febbraio 2003)». Del pari, il
Governo  ed  il  Servizio  non  hanno avuto ne' hanno notizia, se non
dalla  stampa  e  da  codesta  autorita'  giudiziaria,  in  ordine  a
coinvolgimenti di persone nel fatto.
    Tanto  premesso,  desidero,  nell'esercizio delle funzioni che mi
sono  proprie  ai  sensi  dell'art. 1  della  legge  24 ottobre 1977,
n. 801,  richiamare personalmente all'attenzione come sia mio preciso
ed  indefettibile dovere istituzionale salvaguardare nei modi e nelle
forme  normativamente  previsti  la  riservatezza di atti, documenti,
notizie  e  ogni  altra  cosa sia idonea a recar danno agli interessi
protetti dall'art. 12 della menzionata legge.
    Vengono  pertanto  all'attenzione  anche  le  relazioni con altri
Stati,  rispetto  alle  quali  le  relazioni  dei Servizi di cui agli
artt. 4  e  6 della legge n. 801/1977 con organi informativi di altri
Stati   costituiscono   senz'altro   uno   dei   punti   di  maggiore
sensibilita',  per  valutazione  ribadita  nel  tempo  anche dai miei
predecessori   con   apposite   direttive   tutt'ora   vigenti.  Tali
disposizioni  impongono  pertanto  il  massimo  riserbo  su qualsiasi
aspetto  riferito  a  tali  rapporti,  vincolando  chiunque  ne abbia
cognizione  al  segreto  salvo  deroga  concessa  dal  Presidente del
Consiglio dei ministri.
    Cio'  posto,  e' mio intendimento onorare appieno i doveri cui mi
chiama   l'Ordinamento   repubblicano   e   democratico,  cosi'  come
assicurare  la  migliore  e  piu'  ampia collaborazione all'autorita'
giudiziaria.
    Questo  documento e' da considerarsi «di vietata divulgazione» ai
sensi della normativa vigente.
                             Il Presidente del Consiglio dei ministri
                                              f.to Silvio Berlusconi
    Successivamente,  il  16  dicembre  2005,  la  Procura  di Milano
reiterava  le  richieste  del  5  novembre  rivolte  ai direttori del
S.I.S.Mi.  e  del  SISDe,  specificando  inoltre di voler sapere se i
Servizi  avessero  intrattenuto  rapporti  o  scambiato  documenti in
relazione  al sequestro di Abu Omar con personale addetto alla C.I.A.
in  Italia  e,  in  particolare, con le persone indicate dalla stessa
Procura  nelle sue missive. Entrambi i Servizi davano le informazioni
richieste senza eccepire alcun segreto.
    Tra il 15 maggio 2006 ed il 30 maggio 2006, la Procura esaminava,
in  qualita'  di  persone  informate  sui  fatti, ben 12 funzionari o
appartenenti  ai  Centri  S.I.S.Mi.  di Milano e Trieste. Quasi tutti
concordemente  affermavano  di essere stati convocati dal Servizio di
appartenenza  in  Roma  o  in  Trieste  e  di  avere ricevuto da alti
funzionari  l'invito  a  rispondere senza esitazioni sul sequestro di
Abu Omar poiche' sulla vicenda non esisteva segreto di Stato. Nessuno
di loro, dunque, opponeva il segreto di Stato.
    Nei   mesi   di   aprile  e  maggio  2006  la  Procura  disponeva
intercettazioni telefoniche, debitamente autorizzate, su 15 utenze in
uso  a  otto  funzionari  del S.I.S.Mi. I gestori di telefonia mobile
presso   cui   dovevano   essere   disposte  le  intercettazioni  non
comunicavano  alla  Procura che le utenze erano coperte da segreto di
Stato,  ma soltanto che sei di esse erano caratterizzate da «esigenze
di particolare riservatezza contrattuale».
    Al fine di ridurre al massimo la diffusione di informazioni circa
l'identita'  di  soggetti  appartenenti  al  S.I.S.Mi.  estranei alle
indagini,  la Procura disponeva, peraltro, che la polizia giudiziaria
delegata alle operazioni di intercettazione omettesse di specificare,
in  ogni  successiva informativa, i dati identificativi relativi agli
altri  funzionari  del  S.I.S.Mi. che venivano in contatto telefonico
con i titolari delle utenze intercettate.
    Il  3  luglio  2006,  la Procura disponeva la perquisizione degli
uffici  del  S.I.S.Mi. in uso ad un funzionario indagato dello stesso
S.I.S.Mi.,  siti  in  Roma,  via  Nazionale  n. 230,  e  ordinava  al
S.I.S.Mi.  l'esibizione di una serie di atti relativi al sequestro di
Abu Omar.
    Alla  perquisizione,  effettuata  il  5  luglio  2006,  procedeva
direttamente  il  p.m., con l'assistenza del personale della Digos di
Milano  e  Roma. Nel corso delle operazioni, effettuate alla presenza
di   funzionari   del   S.I.S.Mi.   e  conclusesi  con  sequestro  di
documentazione  e  materiale  informatico,  non  veniva opposto alcun
segreto di Stato dal funzionario indagato del S.I.S.Mi.
    Qualche  giorno dopo, precisamente il 12 luglio 2006, poiche' nel
corso  della perquisizione precedente, non era stato possibile aprire
una  cassaforte  che  si  trovava  nei  locali perquisiti, la Procura
emetteva  altro  ordine di esibizione in relazione al contenuto della
stessa ed invitava il direttore del S.I.S.Mi. o un funzionario da lui
delegato  a  presenziare  alle  operazioni.  La  perquisizione veniva
effettuata  il  13  luglio 2006 e vi presenziavano sia il funzionario
indagato   che  un  altro  funzionario  del  S.I.S.Mi.  appositamente
delegato  dal  direttore  del  S.I.S.Mi.  (nell'atto di delega veniva
specificato  espressamente  che  essa  rispondeva  alla necessita' di
verificare  se  gli  atti  contenuti  nella cassaforte fossero o meno
coperti da segreto di Stato, subordinandone la consegna all'autorita'
giudiziaria  degli  stessi  all'esito  negativo  di  tale  verifica).
Neanche  in  tale  occasione  veniva  opposta  la segretezza su alcun
documento sequestrato il 5 luglio 2006 o lo stesso 13 luglio 2006.
    L'11  luglio  2006  il direttore del S.I.S.Mi. specificava che la
determinazione del S.I.S.Mi. di non opporre il segreto di Stato sulla
vicenda   del   sequestro   era   stata   «ripetutamente   asseverata
dall'Autorita'  di  Governo» ... «di tal che sono anche state assunte
iniziative  che  valessero  e  rendere perfettamente chiaro cio' agli
Appartenenti  al  Servizio  in procinto di essere esclusi». Anzi, con
lettera  del  13  luglio  2006, il direttore del S.I.S.Mi. - a fronte
della disponibilita' manifestata dalla Procura a consentire un «esame
preliminare»  da  parte  dei  funzionari  del  S.I.S.Mi.  di tutta la
documentazione  da  acquisirsi  agli  atti al fine di salvaguardare i
profili  di  sicurezza  e  riservatezza  concernenti  l'attivita' del
Servizio  -  esprimeva  «ogni  apprezzamento  per  la  considerazione
manifestata  per  i  profili  di sicurezza e riservatezza concernenti
l'attivita' e il personale del S.I.S.Mi.».
    In  data  15  luglio  2006, veniva interrogato, dopo aver assunto
qualita'  di  persona  sottoposta  alle  indagini,  il  direttore del
S.I.S.Mi. gen. Pollari, al quale venivano poste domande fondate anche
sulle   circostanze   che   egli,   nella  precedente  corrispondenza
intercorsa con la Procura, aveva gia' fermamente negato senza opporre
l'esistenza  di un segreto di Stato, ma che, invece, emergevano dalle
nuove risultanze probatorie, e cioe' di avere intrattenuto rapporti e
scambiato  documenti  con  la C.I.A. in relazione al sequestro di Abu
Omar.
    In    sede   di   interrogatorio,   egli   riferiva   di   essere
impossibilitato   a   rispondere,   in  quanto  la  prova  della  sua
estraneita'  ai  fatti  oggetto di contestazione sarebbe risultata da
documenti coperti da segreto di Stato.
    Sempre  in sede di interrogatorio, a fronte dell'osservazione del
p.m. che dalla corrispondenza tra loro intercorsa e in atti risultava
al  contrario che non era mai stato apposto il segreto di Stato sulla
vicenda  Abu  Omar,  il gen. Pollari confermava che la vicenda de qua
non  era  coperta da segreto di Stato ed anzi evidenziava di aver lui
stesso  chiesto  sia  al  precedente  Governo  che all'attuale di non
apporvi  il  segreto  e precisava che, cio' nonostante, gli risultava
impossibile  chiarire  la  propria  posizione  in  relazione ai fatti
contestati  senza  far  riferimento  ad  altri  documenti, non meglio
precisabili, segretati.
    Chiedeva,  quindi,  che  venissero  interpellati  in proposito il
Presidente del Consiglio ed il Ministro della difesa.
    Con  successiva  istanza  del  22  luglio  2006,  il gen. Pollari
insisteva perche' il p.m. esaminasse come persone informate sui fatti
i   Presidenti   del   Consiglio,   i  Ministri  della  difesa  ed  i
Sottosegretari   di  Stato  in  carica  all'epoca  del  sequestro  ed
attualmente.
    Il p.m. rigettava tali istanze ritenendo giuridicamente infondata
la  tesi  del  gen. Pollari  circa l'impossibilita' di difendersi, in
presenza  di  un  segreto  di  Stato,  essendo  noto  che  nel nostro
ordinamento  e' riconosciuto all'indagato il piu' ampio esercizio del
diritto  di  difesa,  e  quindi  non  esiste,  per  lui, l'obbligo di
rispondere, invece previsto per i testimoni.
    Di  qui  il rigetto delle istanze del gen. Pollari, anche perche'
gli   esami  richiesti  si  appalesavano  non  necessari  perche'  il
contenuto  degli  ipotetici documenti coperti da segreto non appariva
in alcun modo decisivo.
    In  ogni  caso,  per  verificare  la circostanza addotta dal gen.
Pollari,   nonche'   ai  sensi  dell'art.  358  c.p.p.  -  stante  la
genericita'   della   dichiarazione   del   direttore  del  S.I.S.Mi.
sull'esistenza di documenti asseritamente coperti da segreto di Stato
e  rilevanti  a  suo  favore  -,  la  Procura di Milano richiedeva al
Ministro  della  difesa  «la  trasmissione  di  ogni  comunicazione o
documento  eventualmente  trasmessi  a quel Ministero o dal Ministero
trasmessi al direttore del S.I.S.Mi. o ad altri eventuali destinatari
concernenti  il  sequestro in oggetto indicato o le vicende (...) che
lo  hanno  preceduto,  o in generale tutti i documenti, informative o
atti  relativi  alla pratica delle cd. "renditions" (con tale termine
intendendosi  sequestri  e trasferimenti di sospetti terroristi al di
fuori delle procedure legali)».
    Con  altra missiva, pure del 18 luglio 2006, la Procura di Milano
richiedeva  invece al Presidente del Consiglio, «nella ipotesi in cui
gli  atti,  documenti  o  informative  richiesti  - al Ministro della
difesa  -  fossero  effettivamente esistenti e gravati dal segreto di
Stato, di valutare l'opportunita' di revocarlo».
    Data  la  sua importanza (per comprendere esattamente la risposta
del  Presidente  del  Consiglio)  si  ritiene  opportuno trascriverne
integralmente il testo (doc. n. 4).
    Milano, 18 luglio 2006
                                 Al sig. Presidente del Consiglio dei
                                        ministri - On.le Prof. Romano
                                         PRODI - Palazzo Chigi - Roma
Oggetto:  Procedimento n. 10838/05.21, relativo al sequestro in danno
di  Nasr  Osama  Mustafa  Hassan, alias Abu Omar (Milano, 17 febbraio
2003).
    Nell'ambito  del  procedimento penale concernente il sequestro di
persona  in  oggetto  indicato  pendente  presso questa Procura della
Repubblica,  nove  appartenenti  al  S.I.S.Mi.  sono,  tra gli altri,
attualmente  sottoposti ad indagine per concorso nel sequestro stesso
(ex art. 110, 112 n. 1, 605 primo e secondo comma n. 2 c.p.), secondo
l'imputazione di cui all'allegato, tratta dai provvedimenti cautelari
o  dagli  inviti a comparire sin qui emessi. Un altro funzionario del
medesimo  servizio (Pio Pompa) e' sottoposto ad indagini per il reato
di  favoreggiamento  personale (ex art. 378 c.p.). E' inoltre emerso,
da intercettazioni telefoniche ed ammissioni dell'interessato, che il
giornalista  professionista Renato Farina, in violazione dell'art. 7,
comma  1  della  legge  24  ottobre  1977, n. 801, prestava attivita'
retribuita  per  il  S.I.S.Mi.,  con lo pseudonimo di «Fonte Betulla»
(rapporti  e  ricevute  di  somme di denaro a sua firma, tra l'altro,
sono  stati  sequestrati nei locali utilizzati dal S.I.S.Mi., siti in
via Nazionale n. 230 a Roma).
    Tra  le persone sottoposte ad indagine per concorso nel sequestro
vi sono:
        il  gen. Nicolo' Pollari, direttore del S.I.S.Mi., il quale -
a  seguito  di  invito a comparire notificatogli il 13 luglio 2005 e'
stato  interrogato  in  data  15  luglio  2005 alla presenza dei suoi
difensori  di  fiducia,  e  si  e'  avvalso  della  facolta'  di  non
rispondere alle domande;
        il  gen. Gustavo  Pignero,  all'epoca  dei fatti responsabile
della   Divisione  CS-CT-COT  (Controspionaggio,  Controterrorismo  e
Criminalita' Organizzata Transnazionale) del S.I.S.Mi. ed attualmente
direttore  del Dipartimento Info-Operativo del S.I.S.Mi. stesso: egli
e'   stato   colpito   da   ordinanza   di   custodia  cautelare  con
sottoposizione  agli  arresti  domiciliari, emessa dal giudice per le
indagini  preliminari  di  Milano il 3 luglio 2006 e revocata, per il
venire  meno  del  rischio  di  «inquinamento  probatorio»,  in  data
15 luglio 2006;
        il  dr.  Marco  Mancini,  all'epoca  dei  fatti  responsabile
dell'Area  Nord  Italia  della Divisione CS-CT-COT (Controspionaggio,
Controterrorismo   e  Criminalita'  Organizzata  Transnazionale)  del
S.I.S.Mi.  e dall'agosto del 2003 direttore della medesima Divisione,
fino  alla  sua  recente  sostituzione:  egli  e'  stato  colpito  da
ordinanza  di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le
indagini  preliminari  di  Milano  il 3 luglio 2006; l'11 luglio 2006
l'indagato  e'  stato posto agli arresti domiciliari per l'attenuarsi
delle esigenze cautelari ed il 15 luglio 2006, infine, tale misura e'
stata  revocata,  per  il  venire  meno  del rischio di «inquinamento
probatorio».
    A seguito degli elementi acquisiti, risulta che:
        il  gen. POLLARI  ebbe  a  ricevere  nell'autunno del 2002 da
Jeffrey  Castelli,  responsabile della C.I.A. in Italia, la richiesta
rivolta  al  S.I.S.Mi.  di  cooperare  negli accertamenti preliminari
finalizzati  al  sequestro del cittadino egiziano in oggetto indicato
ed,  a  sua volta, diede direttive al gen. Gustavo Pignero, all'epoca
responsabile    della    Divisione    CS-CT-COT    (Controspionaggio,
Controterrorismo  e  Criminalita'  Organizzata  Transnazionale),  per
avviare tali accertamenti;
        al Castelli fu assicurata la collaborazione del S.I.S.Mi.;
        a  sua  volta, il gen. Pignero imparti' analoghe direttive al
Responsabile  dei Centri del Nord Italia della suddetta Divisione del
S.I.S.Mi., dr. Marco Mancini, riferendogli che l'ordine proveniva dal
direttore del Servizio;
        il   Mancini   convoco'  in  Bologna  apposita  riunione  dei
Responsabili dei Centri del Nord Italia della Divisione CS-CT-COT del
S.I.S.Mi.,  ai  quali comunico' la direttiva e la sua provenienza, il
progetto  al sequestro e la necessita' di dar luogo agli accertamenti
preliminari ad esso finalizzati, come da richiesta della C.I.A.;
        successivamente,   su   disposizione   del   Mancini,  alcuni
appartenenti  al  S.I.S.Mi. (tra cui due Capi Centro del Nord Italia)
effettuarono  accertamenti  sui  luoghi frequentati dall'egiziano Abu
Omar,  ivi  compresa la sua abitazione, riferendone al Mancini che, a
sua volta, ne riferi' al Pignero.
    Tali  circostanze sono suffragate da intercettazioni telefoniche,
registrazioni  di conversazioni e dichiarazioni rese da varie persone
esaminate  come  «persone  informate  sui  fatti»,  nonche' da quelle
ampiamente   ammissorie  rese  da  «indagati»  che  effettuarono  gli
accertamenti  preliminari  o  parteciparono alla riunione di Bologna,
nonche' rese dagli stessi Mancini e Pignero.
    In  data  odierna, l'amm. Gianfranco Battelli, gia' direttore del
S.I.S.Mi.  fino alla data del 15 ottobre 2001, ha dichiarato di avere
ricevuto  nel  suo  ufficio,  pochi  giorni  prima  del  passaggio di
consegne   al  suo  successore  gen.  Pollari,  il  predetto  Jeffrey
Castelli,  il  quale gli chiese una valutazione sulla possibilita' di
realizzare  in  Italia  sequestri  di  persona  in  danno di sospetti
terroristi,  con  successivo trasporto dei medesimi ad aeroporti siti
in  Italia, tra cui quello di Aviano, in modo da poterli illegalmente
trasferire  all'estero  al  di  fuori  di qualsiasi procedura legale.
L'amm.  Battelli  ha  dichiarato  di avere comunicato al Castelli che
egli  era  sul  punto  di  lasciare  la Direzione del Servizio e che,
comunque,  una  eventuale richiesta scritta in merito a quanto sopra,
vista  la  sua  delicatezza,  sarebbe  stata inoltrata alla autorita'
politica  competente.  Ha  specificato,  infine,  di  avere oralmente
riferito  il  contenuto  del  discorso  di  Castelli al gen. Pollari,
all'atto del cambio di consegne con il medesimo.
    Nella  precedente  corrispondenza  intercorsa con i direttori del
S.I.S.Mi. e del SISDe (ivi comprese le risposte negative dai medesimi
fornite  a  quest'Ufficio alla missiva del 5 novembre 2005 con cui si
chiedeva,  tra  l'altro,  se i predetti Servizi, a livello centrale o
periferico,  avessero  intrattenuto rapporti o scambiato documenti in
relazione  al sequestro in oggetto con personale addetto alla C.I.A.,
tra  cui  Jeff  Castelli, responsabile della C.I.A. in Italia), mai i
medesimi  hanno  fatto alcun riferimento alla esistenza di un segreto
di Stato.
    Finanche    con   recente   missiva   dell'11 luglio   2006,   il
gen. Pollari,  rispondendo  in  modo  interlocutorio  ad un ordine di
esibizione  del  4 luglio 2006 di questa Procura della Repubblica, ha
specificato  che  la  determinazione  del S.I.S.Mi. di non opporre il
segreto  di Stato sulla vicenda del sequestro e' stata «ripetutamente
asseverata dall'Autorita' di Governo» .. «di tal che sono anche state
assunte  iniziative che valessero e rendere perfettamente chiaro cio'
agli Appartenenti al Servizio in procinto di essere esclusi»;
    In  effetti questo Ufficio, tra il 15 maggio 2006 ed il 30 maggio
2006,  ha  esaminato  come  persone  informate  sui fatti ben tredici
funzionari  o  appartenenti ai Centri S.I.S.Mi. di Milano e Trieste e
tutti hanno concordemente affermato di essere stati convocati in Roma
o  in  Trieste  e  di avere ricevuto da alti funzionari del S.I.S.Mi.
l'invito  a  rispondere  senza  esitazioni  sul sequestro di Abu Omar
poiche' sulla vicenda non esisteva segreto di Stato.
    Il  5 luglio  2005,  venivano  esaminati  in  Roma  come  persone
informate  sui fatti altri funzionari del S.I.S.Mi. e nessuno di essi
faceva riferimento ad eventuali segreti di Stato sulla vicenda.
    Anche   il   precedente   Presidente  del  Consiglio  on.  Silvio
Berlusconi,  con  missiva  di  vietata  divulgazione dell'11 novembre
2005,  comunicava a questo Ufficio che «.. il Governo ed il S.I.S.Mi.
sono  del tutto e sotto ogni profilo estranei rispetto a qualsivoglia
risvolto  riconducibile  al  sequestro  di Nasr Osama Mustafa Hassan,
alias  Abu Omar (Milano, 17 febbraio 2003)», senza fare in alcun modo
riferimento  ad  eventuali  segreti  di  Stato  che  riguardassero la
vicenda.
    Con   la  missiva  in  data  odierna  che  si  allega  in  copia,
quest'Ufficio   ha  peraltro  richiesto  al  Ministro  della  difesa,
destinatario,  ai  sensi  dell'art. 4  della  citata legge 24 ottobre
1977,  n. 801,  delle  comunicazioni  del  S.I.S.Mi. ivi previste, la
trasmissione   di   ogni   comunicazione  o  documento  eventualmente
trasmessi a quel Ministero o dal Ministero trasmessi al direttore del
S.I.S.Mi. o ad altri eventuali destinatari - concernenti il sequestro
in  oggetto  indicato  o  le  vicende  sopra  descritte  che lo hanno
preceduto,  o  in  generale  tutti  i  documenti,  informative o atti
relativi  alla  pratica  delle  cd.  «renditions»  (con  tale termine
intendendosi  sequestri  e trasferimenti di sospetti terroristi al di
fuori delle procedure legali).
    Tanto  premesso, rivolgo richiesta alla S.V., competente ai sensi
dell'art.  1,  legge 24 ottobre 1977, n. 801, nella ipotesi in cui su
tali  atti,  documenti  o  informative, ove effettivamente esistenti,
gravasse   il   segreto  di  Stato,  di  valutare  l'opportunita'  di
revocarlo.
         Il Procuratore della Repubblica: dr. Manlio Minale
                                                             Allegato
    Pollari   Nicolo',  Pignero  Gustavo,  Mancini  Marco,  Di  Troia
Raffaele,  Di  Gregori  Luciano,  Pillinini  Lorenzo,  Iodice  Marco,
Regondi Maurizio, Ciorra Giuseppe, indagati per:
        delitto  p.  e  p.  dagli  artt. 110, 112, n. 1, 605, primo e
secondo comma n. 2 c.p. per avere, in concorso tra loro, con Castaldo
Eliana Isabella, Castellano Victor, Gurley John Thomas, Ibanez Brenda
Liliana,  Jenkins  Anne  Lidia,  Kirkland  James Robert, Adler Monica
Courtney, Asherleigh Gregory, Carrera Lorenzo, Channing Drew Carlyle,
Duffin  John  Kevin,  Faldo Vincent, Harbaugh Raymond, Harbison James
Thomas,  Harty  Benamar,  Logan  Cynthia  Dame, Medero Betnie, Purvis
George,  Rueda Pilar, Sofin Joseph, Vasiliou Michalis, Romano Joseph,
Jeff   Castelli,   Lady   Robert  Seldon,  Sabrina  De  Sousa,  Ralph
Russomando, Luciano Pironi e con altre persone (anche di nazionalita'
egiziana)  -  e quindi con l'aggravante di avere commesso il reato in
numero  di  persone  superiore  a  cinque  -  privato  della liberta'
personale,  sequestrandolo,  Nasr Osama Mustafa Hassan alias Abu Omar
immobilizzandolo  con  la forza e con la forza facendolo salire su un
furgone,   cosi'   trasportandolo   prima  presso  la  base  militare
aeronautica  di Aviano, sede del 31° FW (Fighter Wing) dell'Aviazione
degli Stati Uniti d'America e successivamente in Egitto;
        concorso  consistito per Castaldo Eliana Isabella, Castellano
Victor, Gurley John Thomas, Ibanez Brenda Liliana, Jenkins Anne Lidia
e  Kirkland  James Robert nella partecipazione alle fasi preparatorie
del  sequestro  (preliminari  osservazioni e studio della zona in cui
esso  doveva  essere  consumato,  studio delle abitudini di Abu Omar,
studio  delle  zone  circostanti  a  quella  del progettato sequestro
nonche'  della  via  piu'  idonea a consentire il raggiungimento piu'
veloce e sicuro dell'autostrada per Aviano;
        per  Castaldo,  Castellano,  Kirkland  e  Jenkins anche nella
partecipazione    ad    appostamenti    finalizzati   a   sequestrare
effettivamente   Abu  Omar  rimasti  senza  effetto  per  il  mancato
avvistamento della vittima designata);
        per   Adler  Monica  Courtney,  Asherleigh  Gregory,  Carrera
Lorenzo,  Channing  Drew  Carlyle,  Duffin John Kevin, Faldo Vincent,
Harbaugh Raymond, Harbison James Thomas, Harty Benamar, Logan Cynthia
Dame,  Medero  Betnie,  Purvis  George,  Rueda  Pilar,  Sofin Joseph,
Vasiliou  Michalis,  nella  partecipazione  alla  descritta  fase  di
preparazione preliminare e a quella di consumazione del sequestro con
connesso trasferimento del sequestrato ad Aviano;
        per   Romano   Joseph,   ufficiale   superiore   responsabile
statunitense  della  sicurezza nella base di Aviano, nell'attendere i
sequestratori  ed  il  sequestrato nella predetta base, garantendo ai
primi l'ingresso sicuro e la possibilita' di imbarcare il sequestrato
su un aereo che lo conduceva fuori dell'Italia;
        per  Jeff  Castelli,  Lady  Robert Seldon, Sabrina De Sousa e
Ralph   Russomando,  nell'avere  deliberato  e  coordinato  l'azione,
garantendo  agli altri concorrenti nel reato anche l'appoggio in fase
organizzativa  e  preparatoria  di  una  struttura  del  S.I.S.Mi.  e
garantendo  loro  collegamenti ed assistenza, anche per effetto della
qualita'  di  responsabile  della  C.I.A.  in  Italia  rivestita  dal
Castelli,  della  qualita'  di  responsabile  della  C.I.A. in Milano
rivestita  dal  Lady  (che  a  Milano  risiedeva  ed in tale veste ha
operato  da  epoca  anteriore  al sequestro ed in epoca successiva al
medesimo),  della  qualita' di componenti della rete C.I.A. in Italia
della  De  Sousa  e  del  Russomando,  il quale cooperava pure con la
Medero  nella fase preparatoria del sequestro e, successivamente alla
sua  consumazione,  forniva  personalmente  notizie  depistanti  alle
Autorita'  italiane, cui comunicava la falsa informazione secondo cui
il  sequestrato  si  sarebbe  trovato  presumibilmente nella zona dei
Balcani;
        per  Nicolo' Pollari, quale direttore del S.I.S.Mi. (Servizio
per  le Informazioni e la Sicurezza Militare), nell'avere ricevuto ed
accolto  la  richiesta  di  compartecipazione all'«operazione» ed, in
particolare,  nelle  condotte  appresso specificate ed attribuibili a
personale del S.I.S.Mi., finalizzate alla preparazione del sequestro,
formulatagli  da Jeff Castelli, Responsabile della C.I.A. in Italia e
nell'avere impartito le conseguenti direttive operative al Pignero;
        per  Gustavo  Pignero  e Marco Mancini nell'avere assicurato,
quali  alti  dirigenti  dello  stesso  Servizio,  l'appoggio di altre
persone  pure appartenenti al S.I.S.Mi. - o a tale Servizio collegate
-  nella  fase  di preparazione del sequestro (studio delle abitudini
del  sequestrando,  dei  luoghi  dove  il  sequestro  poteva o doveva
avvenire,  del  percorso  da  seguire  per trasportare il sequestrato
fuori  Milano  fino  ad  un  aeroporto originariamente individuato in
quello  di  Ghedi,  presso  Brescia  e, successivamente, in quello di
Aviano);
        per  Luciano  Pironi, fisicamente presente nella zona dove il
sequestro   veniva  consumato,  nel  prestare  sostegno  agli  autori
materiali  del  medesimo,  in quanto, grazie alla propria qualita' di
sottufficiale  del  Ros  Carabinieri-Sezione  Anticrimine  di Milano,
consentiva  ai  medesimi di agire in condizioni di sicurezza, potendo
sviare  dalla  zona  - ove necessario - eventuali e casuali controlli
delle forze di polizia e giustificare la presenza in loco delle altre
persone   concorrenti   nel  reato,  provvedendo  altresi',  mediante
richiesta   di   documenti   personali,   alla   identificazione  del
sequestrando,  apparentemente  legittima, ma in realta' finalizzata a
consentirne il sequestro;
        per Luciano Di Gregori, Raffaele Di Troia, Lorenzo Pillinini,
Marco  Iodice,  Maurizio Regondi e Giuseppe Ciorra, rispettivamente -
all'epoca  del  fatto  -  in  servizio il Di Gregori presso il Centro
S.I.S.Mi.  di  Bologna,  il  Di  Troia  presso il Centro S.I.S.Mi. di
Torino,  il  Pillinini  direttore  del  Centro  S.I.S.Mi. di Trieste,
Iodice direttore del Centro S.I.S.Mi. di Padova, Regondi dirigente di
fatto   del   Centro   S.I.S.Mi.  di  Milano  (essendone  formalmente
responsabile  il  Mancini),  Ciorra  in  servizio  presso  il  Centro
S.I.S.Mi. di Milano, nell'avere, direttamente o tramite altre persone
da  loro  coordinate,  partecipato  alla  decisione  ed  alla fase di
preparazione  del sequestro (studio delle abitudini del sequestrando,
dei luoghi dove il sequestro doveva avvenire, del percorso da seguire
per  trasportare  il  sequestrato  fuori  Milano fino ad un aeroporto
originariamente  individuato  in  quello  di Ghedi, presso Brescia e,
successivamente, in quello di Aviano);
        con   l'ulteriore  aggravante  di  cui  all'art.  605,  comma
secondo,  n. 2  c.p.  per  tutti,  essendo stato il fatto commesso da
pubblici  ufficiali  con  abuso dei poteri inerenti le loro funzioni,
qualita'  soggettivamente propria dei soli Pollari, Pignero, Mancini,
Pillinini, Iodice, Regondi, Di Gregori, Di Troia, Ciorra, Pironi e di
altri soggetti italiani allo stato sconosciuti, ma indispensabile per
la consumazione del sequestro;
        con  l'ulteriore aggravante di cui all'art. 112, primo comma,
n. 2  c.p.  per Jeff Castelli e Nicolo' Pollari, per avere i medesimi
promosso  ed  organizzato  la  cooperazione  nel  reato  di  tutti  i
coindagati  ed  il  Castelli  per  avere  diretto  le  attivita'  dei
co-indagati   di  nazionalita'  statunitense  sequestro  avvenuto  in
Milano, il febbraio 2003.
    Cosi'  rispondeva,  in  data  26  luglio  2006, il Presidente del
Consiglio on. Prodi (doc. n. 1).
Oggetto:  Procedimento n. 10838/05.21, relativo al sequestro in danno
di  Nasr  Osama  Mustafa  Hassan, alias Abu Omar (Milano, 17 febbraio
2003).
    «Con  lettera in data 18 luglio 2006, prot. n. 10838/05.21, la S.
V.  ha  chiesto  al  Ministro  della  difesa  la trasmissione di ogni
comunicazione  o documento eventualmente trasmessi a quel Ministero o
dal  Ministero  trasmessi  al  direttore  del  S.I.S.Mi.  o  ad altri
eventuali  destinatari concernenti il sequestro in oggetto indicato o
le  vicende  sopra  descritte  che  lo hanno preceduto, o in generale
tutti  i  documenti,  informative  o atti relativi alla pratica delle
c.d. "renditions...".
    Su  tale  premessa,  la  S. V. chiede con lettera in pari data al
Presidente  del  Consiglio dei ministri, "ella ipotesi in cui su tali
atti, documenti o informative, ove effettivamente esistenti, gravasse
il segreto di Stato, di valutare l'opportunita' di revocarlo".
    Sentito  in  proposito  il  Ministro  della difesa, rilevo che su
detta  documentazione  risulta  effettivamente  apposto il segreto di
Stato  dal  precedente  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri; il
segreto e' stato successivamente confermato dallo scrivente.
    Ne'   sussistono,   nell'attuale   contesto,  le  condizioni  per
rimuovere  il  segreto  di  Stato  da  detta  documentazione, pur nel
rispetto  dei  principi  di  correttezza  e lealta', richiamati dalla
giurisprudenza  in materia della Corte costituzionale, cui il Governo
intende ispirare la propria azione».
     Il Presidente del Consiglio dei ministri: f.to Romano Prodi
    Il  Ministro  della  difesa,  a sua volta, con nota del 27 luglio
2006,  pervenuta  alla  Procura  il  2  agosto 2006, si adeguava alla
risposta  del  Presidente  del  Consiglio, dichiarandosi vincolato al
segreto di Stato.
    La  Procura  di  Milano,  a fronte delle citate comunicazioni del
Presidente  del  Consiglio e del Ministro della difesa, non formulava
alcun interpello ai sensi dell'art. 202 c.p.p. o dell'art. 256 c.p.p.
ritenendo  gli  elementi eventualmente acquisibili non essenziali per
la  definizione  del  processo,  ed  avendo gia' raccolto elementi di
prova ritenuti sufficienti per esercitare l'azione penale.
    Il 6 ottobre 2006 tutti gli atti del procedimento compresi quelli
relativi  a  tutti  i  sequestri effettuati anche presso il S.I.S.Mi.
venivano depositati ex art. 415-bis c.p.p.
    In  data  15 novembre 2006, il p.m. - anche in ossequio alla gia'
manifestata   scelta   del  Presidente  del  Consiglio  -  respingeva
ulteriori  istanze difensive del gen. Pollari tendenti ad ottenere il
sequestro  di documenti coperti dal segreto di Stato e di assumere le
dichiarazioni,   come   persone   informate   sui   fatti,  di  varie
personalita'  politiche  come  i  Presidenti  del Consiglio, Ministri
della  difesa  e  Sottosegretari con delega ai Servizi dell'attuale e
del precedente Governo.
    Il  5  dicembre  2006 veniva richiesto il rinvio a giudizio degli
imputati   (doc.   n. 5).   Il  9  gennaio  2007  iniziava  l'udienza
preliminare  e  neppure in tale sede veniva manifestata una qualsiasi
opposizione   rispetto   all'allegazione   agli  atti  dei  documenti
sequestrati il 5 luglio 2006 in via Nazionale n. 230, in Roma.
    In  sede  di  udienza  preliminare  la  difesa  del  gen. Pollari
chiedeva  al  g.u.p.  di sollevare la q.l.c. dell'art. 202 c.p.p. per
asserita   disparita'   di   trattamento  dell'imputato  rispetto  al
testimone.  L'eccezione  veniva  respinta dal g.u.p., con ordinanza 6
febbraio  2007, perche' ritenuta non rilevante ai fini del giudizio e
manifestamente infondata.
    Peraltro  nel corso dell'udienza preliminare del 29 gennaio 2007,
l'imputato  gen. Pollari  rendeva dichiarazioni spontanee leggendo un
documento, a cui erano allegate - a scopo difensivo - copie integrali
e  non  omissate  di  due  dei documenti sequestrati il 5 luglio 2006
nella  sede S.I.S.Mi. di Roma, via Nazionale n. 230, in Roma (e cioe'
proprio  quei  documenti della cui utilizzazione da parte del p.m. il
Presidente  del Consiglio si sarebbe successivamente lamentato a pag.
5  del  ricorso  per  conflitto di attribuzioni del 14 febbraio 2007,
contro la Procura di Milano.
    In  data 16 febbraio 2007, il g.u.p. emetteva decreto che dispone
il  giudizio  nei  confronti  degli  imputati, ivi compresi tutti gli
appartenenti  al  S.I.S.Mi.  per  cui  il rinvio a giudizio era stato
richiesto.
            Il ricorso per conflitto di attribuzioni del
  Presidente del Consiglio dei ministri contro la Procura di Milano
    Il  10  maggio  2007,  il  Presidente  del Consiglio dei ministri
on. Romano  Prodi  notificava  al  Procuratore  della  Repubblica  di
Milano,  insieme  con la relativa ordinanza (di ammissibilita) n. 124
del  2007  della  Corte  costituzionale,  un ricorso per conflitto di
attribuzioni  tra  poteri  dello  Stato  «in relazione alla attivita'
istruttoria svolta nei confronti di funzionari del S.I.S.Mi. (tra cui
il  suo  direttore),  di  agenti di un Servizio straniero e di altri,
volta  ad  acquisire elementi di conoscenza su circostanze incise dal
segreto  di Stato ritualmente apposto dal Presidente del Consiglio ex
art. 12, legge 24 ottobre 1977, n. 801, ed alla richiesta di rinvio a
giudizio  che  ha offerto alla pubblicita' del processo una gran mole
di  fatti,  nominativi,  documenti  e  notizie  coperti da segreto di
Stato» (doc. n. 6).
    In  punto  di fatto, il Presidente del Consiglio assumeva che «la
Procura  della  Repubblica  di  Milano, procedendo nelle indagini sul
sequestro  di  persona di Nasr Osama Mustafa Hassan, alias Abu Omar»,
avrebbe   avvertito  «ben  presto»  «che  la  sua  attivita'  sarebbe
necessariamente  entrata  in contatto con aree coperte dal segreto di
Stato  e  di  questo  ebbe,  anzi, preciso avvertimento, oltre che da
parte  dei  testimoni  e  degli indagati, da parte del Presidente del
Consiglio  pro  tempore  (on. Silvio  Berlusconi,  n.d.r.)  il quale,
informato  dal  direttore  del  S.I.S.Mi.  delle richieste di notizie
indirizzategli  dalla  Procura  milanese,  con  nota 11 novembre 2005
n. USG/2.SP/1318/50/347     (...),    nell'affermare    energicamente
l'assoluta  estraneita'  del  Governo e del S.I.S.Mi. al sequestro in
danno   di   Abu  Omar,  confermo'  le  disposizioni  precedentemente
impartite  dai  suoi  predecessori in materia di segreto di Stato, in
particolare  per  quanto  attiene alle "relazioni dei Servizi ... con
organi informativi di altri Stati"».
    Dopo  aver richiamato la direttiva 30 luglio 1985, n. 2001.5/707,
indirizzata  al Ministero dell'interno, al Ministero della difesa, al
CESIS,  al  S.I.S.Mi.  e  al SISDe, di cui infondatamente assumeva la
vincolativita'   nei   confronti   dell'autorita'   giudiziaria,   il
Presidente  del  Consiglio,  a  mezzo  dell'Avvocatura generale dello
Stato, sottolineava che «l'apposizione del segreto di Stato fu ancora
reiterata dal Presidente del Consiglio pro tempore (on. Romano Prodi,
n.d.r.),  con  nota  26  luglio  2006,  n. USG/2.SP/813/50/347  (...)
contenente  risposta  al  Procuratore  della  Repubblica di Milano il
quale   aveva  chiesto  «la  trasmissione  di  ogni  comunicazione  o
documento ... concernenti il sequestro in oggetto indicato (Abu Omar:
n.d.r.)  o  le  vicende  sopra descritte che lo hanno preceduto o, in
generale, tutti i documenti informativi e atti relativi alle pratiche
delle  c.d.  "renditions"  (...).  La  risposta  del  Presidente  del
Consiglio  pro  tempore»  - si sottolinea ancora nel ricorso - «fu la
seguente:   "...   rilevo   che   su   detta  documentazione  risulta
effettivamente  apposto  il  segreto di Stato da parte del precedente
Presidente   del   Consiglio   dei  ministri;  il  segreto  e'  stato
successivamente   confermato   dallo   scrivente.   Ne'   sussistono,
nell'attuale  contesto,  le  condizioni  per  rimuovere il segreto di
Stato da detta documentazione ..."».
    Nel  ricorso  si  assume  poi,  del  tutto  inesattamente, che il
Procuratore  di  Milano  avrebbe  proceduto  al sequestro di tutta la
documentazione  esistente presso un Ufficio del S.I.S.Mi. sito in via
Nazionale, in Roma, tra cui documenti all'evidenza coperti da segreto
di  Stato  e  che  essi  sarebbero  serviti - circostanza altrettanto
infondata  -  «come  fonte  di  ulteriori  indagini e come base della
richiesta  di  rinvio  a giudizio (...), cosi' violando il segreto di
Stato».  Dopo aver ricordato, sempre inesattamente, che «un ulteriore
strumento  di  indagine  utilizzato  dalla  Procura milanese e' stato
quello  delle  intercettazioni  telefoniche effettuate "a tappeto" su
utenze  "di  servizio"  del S.I.S.Mi., nella consapevolezza, da parte
della  Procura, di cio' informata dal gestore della telefonia mobile,
che  l'associazione  ai  numeri  di  utenza  S.I.S.Mi. era coperta da
segreto  di Stato», e che tali intercettazioni sarebbero illegali, il
ricorrente  lamenta  le  gravi pressioni che gli inquirenti avrebbero
esercitato sugli indagati, «forzandoli» a rispondere «anche quando la
risposta  avrebbe  comportato  la violazione di un opposto segreto di
Stato».  Tale  linea di condotta si sarebbe articolata «a volte nella
negazione  dell'esistenza  di  un  segreto  di  Stato  (...)  a volte
nell'invito  a  violarlo  perche'  il  relativo  reato  sarebbe stato
scriminato  dall'esercizio  del  diritto  di  difesa  (...),  a volte
qualificando  la  mancata  risposta  per  opposizione di segreto come
rifiuto di rispondere».
    Dopo  aver  ulteriormente ribadito, anche nella parte in diritto,
che  il  Presidente  del Consiglio avrebbe in due riprese affermato e
confermato  l'esistenza  di  un  segreto  di Stato e cioe' «Una prima
volta  precisando che il segreto copriva i rapporti del S.I.S.Mi. con
i  Servizi  stranieri,  una  seconda  volta che detto segreto copriva
«tutti gli atti, documenti e informative relativi alle pratiche delle
c.d.  "renditions"»  -  l'Avvocatura  generale dello Stato sottolinea
che,  nonostante  cio',  la  Procura  milanese  «procedette nelle sue
indagini violando il segreto sotto almeno tre profili».
    Una prima violazione atterrebbe all'utilizzo della documentazione
sequestrata  nell'Ufficio  S.I.S.Mi.  di  via  Nazionale. Una seconda
violazione  consisterebbe nelle intercettazioni telefoniche a tappeto
di   ben  85  utenze  di  servizio  di  agenti  S.I.S.Mi.  Una  terza
ipotizzabile  violazione  riguarderebbe  infine  «la non commendevole
pressione  esercitata  dal p.m. sugli indagati perche' rivelassero il
segreto  di  Stato  da loro opposto», con conseguente «prevaricazione
degli indagati-imputati».
    Una  prima  violazione  consisterebbe  in cio', che la Procura di
Milano  avrebbe  utilizzato  a  fini  di indagine documenti sui quali
sarebbe  stato  opposto  il  segreto  di Stato ai sensi dell'art. 256
c.p.p. o che, comunque, la Procura avrebbe dovuto ritenere coperti da
tale segreto anche a prescindere da formale opposizione del medesimo;
    Una  seconda  violazione  andrebbe  individuata  nelle  modalita'
utilizzate  nello svolgimento delle indagini della Procura di Milano,
che   sarebbe   stata   effettuata   anche   tramite  intercettazioni
telefoniche  di  numerose  utenze  in  uso a funzionari ed agenti del
S.I.S.Mi.; avrebbe comportato il disvelamento dei nominativi di 85 di
loro,  nonche'  delle  strutture  organizzative  del  servizio.  Tali
intercettazioni   sarebbero   illegali  sia  perche'  autorizzate  in
violazione  della  normativa  sul  segreto  di  Stato, sia perche' il
gestore   di   telefonia   avrebbe   informato   gli  inquirenti  che
«l'associazione  ai  numeri di utenza Sismi era coperta da segreto di
Stato».
    Infine  i  pubblici ministeri titolari del procedimento avrebbero
esercitato   indebite  pressioni  morali  su  persone  sottoposte  ad
indagini  -  cosi'  prevaricandole  -  al  fine  di  ricevere le loro
dichiarazioni  affermando,  contrariamente al vero, che sui fatti non
era  stato  opposto  alcun  segreto di Stato o invitandole a violarlo
«...perche' il relativo reato sarebbe stato scriminato dall'esercizio
del  diritto di difesa», oppure «qualificando la mancata risposta per
opposizione di segreto come rifiuto di rispondere».
    In  conclusione, secondo il Presidente del Consiglio, «la Procura
della  Repubblica  di  Milano» avrebbe «svolto sotto svariati profili
attivita'  istruttoria  volta  a  violare un segreto di Stato e sulla
base  delle  fonti di prova direttamente o indirettamente ottenute da
tali  violazioni» avrebbe «chiesto il rinvio a giudizio del direttore
del  S.I.S.Mi.  e di numerosi agenti dello stesso servizio (oltre che
di   altri   soggetti)   arrogandosi   la   potesta'   di   procedere
nell'esercizio di una funzione che le era preclusa dal limite apposto
dal Presidente del Consiglio nell'esercizio del suo potere politico».
    Conseguentemente  il ricorrente Presidente del Consiglio chiedeva
alla  Corte costituzionale di dichiarare: «che non spetta al pubblico
ministero in persona del Procuratore della Repubblica di Milano e dei
suoi sostituti:
        procedere  nelle  indagini  utilizzando  documenti coperti da
segreto  di Stato ed allegare tali documenti alla richiesta di rinvio
a  giudizio  nei  confronti  dei  soggetti  ritenuti responsabili del
sequestro di persona ai danni di Abu Omar;
        chiedere  l'autorizzazione  -  ed ottenutola procedere - alle
intercettazioni  delle  utenze riservate del S.I.S.Mi., o quanto meno
farlo  in  misura  tale  da  mettere sotto inchiesta non gia' singoli
indagati  ma  l'intero apparato operativo del servizio, utilizzare le
risultanze  come elementi di prova e spunto per ulteriori indagini ed
allegare  le  risultanze  di  tali  intercettazioni alla richiesta di
rinvio a giudizio di cui sopra;
        esercitare   pressioni  sugli  indagati  perche'  svelino  il
segreto  di  Stato  da  essi  opposto  assumendone la inesistenza, la
inopponibilita'  da  parte loro ed affermando il loro buon diritto di
rivelarlo, in quanto scriminati dall'esercizio del diritto di difesa;
utilizzare  le  relative risposte come elementi di prova e spunti per
ulteriori  indagini  ed allegare i verbali alla richiesta di rinvio a
giudizio;
        procedere  ad  un incidente probatorio al fine di accertare i
rapporti  fra  S.I.S.Mi.  ed  un  servizio  straniero, utilizzarne le
risultanze a fini di indagine ed allegarle alla richiesta di rinvio a
giudizio».
    Il   Presidente   del   Consiglio  chiedeva  conseguentemente  di
annullare  «gli  atti  di  indagine  sopra elencati e la richiesta di
rinvio a giudizio (anche) su di essi basata».
La  costituzione in giudizio della Procura di Milano nel conflitto di
attribuzioni  sollevato dal Presidente del Consiglio dei ministri. La
nota  5  giugno  2007  del portavoce del Presidente del Consiglio dei
                              ministri
    Il   Procuratore   della   Repubblica  di  Milano  si  costituiva
tempestivamente   in   giudizio   contestando   punto  per  punto  le
affermazioni contenute nel ricorso del Presidente del Consiglio (doc.
n. 7).
    A   fronte   della   tesi   -   svolta  nel  ricorso  predisposto
dall'Avvocatura generale dello Stato - secondo la quale il Presidente
del  Consiglio avrebbe affermato due volte l'esistenza del segreto di
Stato  sui  fatti  connessi  al  rapimento  di Abu Omar, sui quali la
Procura aveva indagato, la Procura contestava la tesi dell'Avvocatura
dello  Stato  che  l'apposizione  del  segreto  di  Stato fosse stata
effettuata   con   la  nota  dell'11  novembre  2005  del  Presidente
Berlusconi. Per quanto invece riguarda la nota del 26 luglio 2006 del
Presidente  Prodi,  la  Procura  eccepiva che, dopo il ricevimento di
tale  lettera,  nessuna  ulteriore  attivita'  di  indagine era stata
svolta.  Comunque  sia,  per  cio'  che riguarda il rinvio a giudizio
degli  imputati  Pollari  +  30 esso si basava su atti e documenti in
ordine  ai  quali  l'attuale apposizione del segreto di Stato era del
tutto ininfluente.
    Tuttavia,    nell'ipotesi    che    il    mutamento    di   linea
politico-istituzionale  (da  Berlusconi  a  Prodi)  sottintendesse il
proposito  di  far ritenere alla Corte costituzionale che, gia' prima
dell'overruling  del  Presidente  Prodi,  la  Procura  di  Milano  si
trovasse,  nel corso di tali indagini, in una sorta di «campo minato»
nel  quale,  ad  ogni  piu'  sospinto,  avrebbe  dovuto richiedere, a
ripetizione,  autorizzazioni al Presidente del Consiglio dei ministri
onde  poter  proseguire  nelle  indagini  1), la Procura di Milano si
riservava  di  elevare,  a  sua  volta, conflitto di attribuzioni nei
confronti  del  Presidente del Consiglio dei ministri con riferimento
alla  nota  del  26  luglio 2006. In tale ottica, la nota si palesava
infatti  doppiamente  lesiva  delle attribuzioni costituzionali della
Procura della Repubblica di Milano, e cioe':
        a)  in  primo luogo, perche' il Presidente del Consiglio, con
la nota del 26 luglio 2006, retroagendo il segreto sui fatti di causa
all'11 novembre 2005 o ad altra data anteriore ancorche' sconosciuta,
pretende  di  incidere sulla celebrazione e/o sull'esito del processo
penale n. 10838/05.21, a carico del gen. Nicolo' Pollari + 30, per il
reato   di   sequestro  aggravato  di  persona,  la  cui  trattazione
dibattimentale  ha  avuto inizio 1'8 giugno 2007 dinanzi alla sez. IV
del Tribunale di Milano;
    b)  in  secondo luogo, perche', a prescindere dal condizionamento
sul  processo  sopra  indicato,  il  «revirement»  del Presidente del
Consiglio del 26 luglio 2006 difficulterebbe comunque l'effettuazione
di  ulteriori  indagini della Procura di Milano sui fatti concernenti
il  sequestro  di Abu Omar, sulle vicende che lo hanno preceduto e in
generale  su  tutti  i  documenti,  informative  o atti relativi alla
pratica  delle  c.d.  «extraordinary renditions», in contrasto con la
specificita'   delle   apposizioni  di  segreto  e  con  le  doverose
esplicitazioni  delle  ragioni  che  le  giustificano, che dovrebbero
caratterizzare  tutte  le  apposizioni  di segreto di Stato, il quale
resta   pur  sempre  un'eccezione  in  un  ordinamento  compiutamente
democratico  e rispettoso dei diritti individuali e delle prerogative
della Magistratura.
    Nell'uno come nell'altro caso sarebbero state, quindi, gravemente
incise  le  attribuzioni costituzionali del p.m. ad esso spettanti ai
sensi dell'art. 112 Cost.
    Nel  tardo  pomeriggio  del  5 giugno 2007 l'Ufficio stampa e del
portavoce  della  Presidenza del Consiglio dei ministri diffondeva la
seguente  «Nota  per  la stampa», asseritamente occasionata da talune
pretese  inesattezze  in  un  articolo  apparso  lo stesso giorno sul
quotidiano «La Repubblica» (doc. n. 3). Va sottolineato che tale nota
veniva  direttamente  inviata,  tra  gli  altri, dalla Presidenza del
Consiglio al Procuratore della Repubblica di Milano.
    In essa si legge:
        «Al  fine  di  ristabilire  la  verita'  a  fronte  di alcune
inesattezze  contenute  nell'articolo del 5 giugno 2007 pubblicato su
La  Repubblica  a firma del giornalista D'Avanzo si ritiene opportuno
precisare quanto segue:
          Sul  fatto  «rapimento  Abu  Omar» del 17 febbraio 2003 non
esiste agli atti del S.I.S.Mi. nessun documento quindi nessun segreto
di Stato.
    Nella  lettera  dell'11  novembre  2005 richiamata nell'articolo,
rivolta  al  Procuratore  della  Repubblica  di  Milano e firmata dal
Presidente  del  Consiglio dei ministri dell'epoca Silvio Berlusconi,
si diceva tra l'altro che il Governo e il S.I.S.Mi. «non hanno avuto,
ne'  hanno  notizia  se  non  dalla  stampa  e  da  codesta autorita'
giudiziaria in ordine al coinvolgimento di persone nel fatto».
          Il   Governo,   nel  corso  dell'audizione  al  COPACO  del
sottosegretario  con  delega  Enrico  Micheli  avvenuta il 25 ottobre
2006,  ha  confermato  l'inesistenza  di ogni documentazione circa il
fatto   del   17 febbraio  2003  nell'ambito  di  una  relazione  che
affrontava    vari    momenti   tra   cui   anche   quello   relativo
all'avvicendamento al vertice dei servizi che fu poi realizzato a far
data dal 16 dicembre 2006.
          Sempre  nella  lettera  datata 11 novembre 2005 a firma del
Presidente  Berlusconi  si aggiungeva per altro «come sia mio preciso
ed  indefettibile dovere istituzionale salvaguardare nei modi e nelle
forme  normativamente  previsti  la  riservatezza di atti, documenti,
notizie  e  ogni  altra cosa sia idonea a recare danno agli interessi
protetti dall'art. 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801».
    Il  Presidente Berlusconi, infatti, appose il segreto di Stato su
tutti  i  documenti  riguardanti  la  politica  di  difesa  contro il
terrorismo dopo l'11 settembre 2001, che conteneva, ovviamente, anche
il delicato capitolo riguardante i rapporti con gli alleati.
          Tale  segreto  di  Stato  apposto dal Presidente Berlusconi
veniva  confermato dall'attuale Presidente del Consiglio Romano Prodi
su  segnalazione  del  suo  predecessore  al momento del passaggio di
consegne avvenuto il 17 maggio 2006.
          In  data  18 luglio  2006  la  Procura  della Repubblica di
Milano  chiedeva,  in una lettera indirizzata al Presidente Prodi, se
esistessero documenti riguardanti la vicenda oggetto dell'indagine e,
ove  effettivamente esistessero, se su di loro gravasse il segreto di
Stato e, nel caso, di valutarne l'opportunita' di revocarlo.
    Il  Presidente  Prodi, con lettera del 26 luglio 2006, rispondeva
«che  su  detta  documentazione  risulta  effettivamente  apposto  il
segreto   di  Stato  dal  precedente  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;  il  segreto  e'  stato  successivamente  confermato  dallo
scrivente»  e  aggiungeva che «Ne' sussistono, nell'attuale contesto,
le   condizioni   per   rimuovere   il  segreto  di  Stato  da  detta
documentazione».
          Quindi,  non  risulta  esatto  che  il segreto di Stato sia
stato  opposto  dal Presidente Prodi, che si e' limitato a confermare
il  segreto  gia'  opposto  dal Presidente Berlusconi e nei limiti di
tale  opposizione;  cioe', con esclusione di quanto relativo al fatto
«rapimento  Abu Omar», peraltro sempre accertabile dai magistrati con
ogni  consentita  acquisizione probatoria nel rispetto del segreto di
Stato.
          Quanto  al conflitto di attribuzioni, si tratta, come noto,
di  strumento  previsto  dalla  Costituzione  proprio per dirimere le
questioni  riguardanti  i  limiti  delle  rispettive attribuzioni tra
poteri  dello  Stato  e,  in  materia  di  segreto  di  Stato, tra il
Presidente  del  consiglio  e  la  magistratura.  Di  conseguenza, la
proposizione   di  conflitto  di  attribuzioni  anche  nei  confronti
dell'azione   della   magistratura   rientra  nella  fisiologia  dell
'ordinamento  costituzionale, proprio a garanzia del corretto uso del
potere  attribuito  dalla Carta costituzionale. In tale contesto e in
tal  senso  il  Governo ha proposto il conflitto di attribuzioni, nel
cui  ricorso  depositato  dall'Avvocatura  dello  Stato non viene mai
usata  l'espressione, cosi' impegnativa e fuori luogo, «comportamenti
criminosi» dei magistrati di Milano.
          Per  quanto riguarda, infine, l'attuale capo del S.I.S.Mi.,
ammiraglio Branciforte - nel ribadire quanto gia' dichiarato ieri dal
Ministro  della  difesa  -  non  possiamo che condividere il giudizio
ampiamente positivo che ne viene dato nell'articolo.
    Come  potremmo  fare  diversamente  visto  che  e' stato nominato
proprio dal Governo Prodi a far data dal 16 dicembre 2006?
          Lo  stesso  ammiraglio  Branciforte potra' confermare senza
ombra  di dubbio che sin dal primo momento gli fu data «carta bianca»
in  tutti  i sensi per assolvere al compito di cambiamento che gli e'
stato affidato dal Governo.
    Quindi  l'ammiraglio  e' nella situazione di potere operare senza
alcun   condizionamento   a   differenza   di   quanto   viene  detto
nell'articolo richiamato.
    Il  Governo  lo ha supportato, lo supporta e lo supportera' senza
alcuna interferenza della politica e nel solo interesse dello Stato».
    Roma, 5 giugno 2007.
    La  nota dell'Ufficio stampa e del portavoce della Presidenza del
Consiglio    dei    ministri   confermava   le   gravi   perplessita'
sull'effettivo  significato  che  lo  stesso Presidente del Consiglio
on. Prodi  intendesse  attribuire  sia alla sua missiva del 26 luglio
2006,  sia  alla  missiva  dell'11  novembre  2005 del Presidente del
Consiglio on. Berlusconi.
    Ed infatti, nella nota del Portavoce si afferma:
        da un lato, in palese contrasto con la missiva del Presidente
on. Prodi del 26 luglio 2006, che «sul fatto "rapimento Abu Omar" del
17 febbraio  2003 non esiste agli atti del S.I.S.Mi. nessun documento
quindi nessun segreto di Stato» (e l'inesistenza del segreto di Stato
su  tali  fatti  sarebbe  stata  confermata  dinanzi al Co.pa.co. dal
sottosegretario con delega Enrico Micheli);
        dall'altro,  si  afferma  che  il  passaggio,  apparentemente
neutro,  contenuto  nella  missiva  dell'11 novembre 2005 a firma del
Presidente  on. Berlusconi  (secondo  il  quale  e'  «mio  preciso ed
indefettibile  dovere  istituzionale  salvaguardare  nei modi e nelle
forme  normativamente  previsti  la  riservatezza di atti, documenti,
notizie  e  ogni  altra cosa sia idonea a recare danno agli interessi
protetti dall'art. 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801"), andrebbe
inteso  nel  senso  che  il Presidente Berlusconi avrebbe apposto «il
segreto  di  Stato  su  tutti  i documenti riguardanti la politica di
difesa  contro il terrorismo dopo l'11 settembre 2001, che conteneva,
ovviamente, anche il delicato capitolo riguardante i rapporti con gli
alleati».
    Conseguentemente,  il  Presidente  on.  Prodi  nel  confermare il
segreto   di   Stato   apposto   dal  Presidente  on. Berlusconi  (su
segnalazione  di  quest'ultimo  al  momento del passaggio di consegne
avvenuto  il  17 maggio 2006), avrebbe fatto riferimento - secondo il
suo Portavoce - al «segreto di Stato su tutti i documenti riguardanti
la  politica di difesa contro il terrorismo dopo l'11 settembre 2001,
che  conteneva,  ovviamente, anche il delicato capitolo riguardante i
rapporti con gli alleati».
    E  quindi il Presidente on. Prodi, quando rispondeva alla lettera
del 18 luglio 2006 del Procuratore della Repubblica di Milano che gli
chiedeva  se  esistessero  documenti  riguardanti  la vicenda oggetto
dell'indagine  e,  ove  effettivamente  esistessero,  se  su  di essi
gravasse   il   segreto  di  Stato  e,  in  tal  caso,  di  valutarne
l'opportunita'   di   revocarlo,   pensava   al   «delicato  capitolo
riguardante i rapporti con gli alleati» e quindi ai fatti preparatori
del  rapimento  di Abu Omar e non, ovviamente, al fatto materiale del
rapimento!
    In  conclusione,  secondo  la  nota  del Portavoce, il Presidente
on. Prodi,  confermando  il  segreto di Stato... segretamente apposto
dal  Presidente  on. Berlusconi,  non avrebbe sottratto alla pubblica
conoscenza  il  fatto  che il 17 febbraio 2003 Abu Omar sarebbe stato
rapito.
    Invece,  sempre  secondo il Portavoce, sarebbero stati coperti da
segreto  di  Stato - ma in contrasto testuale con la nota 11 novembre
2005  del Presidente Berlusconi e con quanto nei fatti avvenuto prima
e dopo tale nota - i fatti organizzativi e preparatori del rapimento.
    Il  che, conclusivamente, consente di leggere in una diversa luce
quanto,  assai cripticamente, si legge nel ricorso del Presidente del
Consiglio  on. Prodi,  a p. 13 (all'inizio del 1/2 2.2.), e cioe' che
«...  il  Presidente  del  Consiglio  aveva a due riprese affermato e
confermato  l'esistenza  di  un  segreto di Stato. // Una prima volta
precisando  che  il  segreto  copriva  i rapporti del S.I.S.Mi. con i
Servizi stranieri, una seconda volta che detto segreto copriva "tutti
gli  atti,  documenti e informative relativi alle pratiche delle c.d.
"renditions"».
    Di  qui la conseguenza che, diversamente da quanto si e' ritenuto
in  sede  di  redazione  della  memoria di costituzione del 29 maggio
2007,  le  censure  del presente ricorso coinvolgono anche la missiva
dell'  11  novembre  2005  del Presidente on. Berlusconi nonche', per
quanto possa occorrere, tanto la nota del 5 giugno 2007 del Portavoce
del Presidente Prodi quanto la direttiva del Presidente del Consiglio
pro  tempore  del  30  luglio  1985 n. 2001.5/707 che nel ricorso del
Presidente on. Prodi si ritiene applicabile anche all'a.g.o.
    Tanto fin qui premesso in fatto, si osserva quanto segue in

                            D i r i t t o

1) Premesse generali.
    Se  si  ritiene  -  come si deduce facilmente dalla piana lettura
della  nota  dell'11 novembre 2005 - che il Presidente on. Berlusconi
non  intese  apporre  il  segreto  di  Stato a «qualsivoglia risvolto
riconducibile  al  "sequestro  in danno ...ad Abu Omar"», e' di tutta
evidenza che la nota del 26 luglio 2006 del Presidente on. Prodi, la'
dove  afferma  che il segreto su tali fatti sarebbe stato apposto dal
suo    predecessore,    menomerebbe    gravemente   le   attribuzioni
costituzionali  del p.m. attinenti all'esercizio dell'azione penale -
ribadite da codesta ecc.ma Corte costituzionale anche nell'ipotesi di
opposizione del segreto di Stato (sentt. nn. 110 e 410 del 1998) - in
quanto  affermerebbe  la  sussistenza del limite del segreto di Stato
(su  tali  fatti e a danno delle attribuzioni del p.m.) ancorche' non
esplicitamente  apposto e quindi a fortiori illegittimo perche' privo
di motivazione.
    Se  invece  si ritiene - come afferma l'Avvocatura generale dello
Stato  nel  ricorso  del  14  febbraio  2007  - che il Presidente del
Consiglio dei ministri on. Prodi, confermando, con la sua nota del 26
luglio   2006,   la   nota   dell'11 novembre   2005  del  Presidente
on. Berlusconi,  avrebbe inteso impedire ab initio alla Procura della
Repubblica   di   Milano  l'esercizio  dei  poteri  di  indagine  con
riferimento ai fatti connessi e conseguenti al rapimento di Abu Omar,
adducendosi  al  riguardo  «i  rapporti  del  S.I.S.Mi. con i Servizi
stranieri»  (o,  come  si legge nella nota del Portavoce del 5 giugno
2007, «il delicato capitolo riguardante i rapporti con gli alleati»),
e'  altrettanto  evidente che le attribuzioni costituzionali del p.m.
attinenti  all'esercizio  dell'azione  penale risulterebbero non meno
gravemente  menomate  dal  potere  esecutivo,  in  quanto tali limiti
sarebbero   stati   apposti   surrettiziamente   retroattivamente   e
immotivatamente.  Infatti,  mentre  nella nota del 26 luglio 2006 non
v'e'  traccia  di  tale  apposizione  (ma  solo un fumoso rinvio alla
precedente  nota),  nella nota dell'11 novembre 2005 il richiamo alle
relazioni  dei  Servizi  con gli organi informativi degli altri Stati
(ult. cpv.) e' assolutamente generico.
    Pertanto,   poiche'  entrambe  tali  note  della  Presidenza  del
Consiglio,   quale   che  ne  sia  l'interpretazione,  non  appongono
chiaramente,  specificatamente  e  motivatamente  un legittimo limite
all'attivita'   della   Procura   di   Milano   (ma  anzi,  sia  pure
ambiguamente,  vengono di fatto a coprire col segreto di Stato «fatti
eversivi   dell'ordine   costituzionale»),   il   Procuratore   della
Repubblica  presso  il  Tribunale  di  Milano,  con il presente atto,
solleva,  a  sua  volta,  conflitto di attribuzioni nei confronti del
Presidente  del  Consiglio  in relazione a tali due note e agli altri
atti sopra indicati, sulla base dei motivi di diritto qui in appresso
specificamente illustrati.
2) In rito. Sull'ammissibilita' del ricorso.
    Sotto il profilo soggettivo, e' pacifica, nella giurisprudenza di
codesta   ecc.ma  Corte,  la  legittimazione  del  Procuratore  della
Repubblica  «a  sollevare conflitto di attribuzione, in quanto organo
direttamente  investito delle funzioni previste dall'art. 112 Cost. e
dunque  gravato  dall'obbligo  di  esercitare  l'azione  penale  e le
attivita'  di  indagine  a  questa  finalizzate» (v. da ultimo l'ord.
n. 404  del 2005 nonche' la stessa ord. n. 124 del 2007). Altrettanto
pacifica  e'  la  legittimazione  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri  a  resistere  al  conflitto  «in quanto organo competente a
dichiarare  definitivamente  la volonta' del potere cui appartiene in
ordine  alla  tutela, apposizione, opposizione e conferma del segreto
di  Stato,  non  solo sulla base della legge n. 801 del 1977, ma come
(la)   Corte  ha  piu'  volte  chiarito,  anche  alla  stregua  delle
disposizioni  costituzionali  che  ne delimitano le attribuzioni» (v.
ancora l'ord. n. 404 del 2005, ed ivi ulteriori indicazioni).
    Sotto  il  profilo oggettivo, il presente ricorso ha come oggetto
la menomazione delle attribuzioni costituzionali del p.m. derivanti:
        a)  dalla  nota del Presidente del Consiglio on. Prodi del 26
luglio 2006, qualora il senso di essa sia:
          a1)  quello  di  far  ritenere  che  il  segreto  sui fatti
relativi  al  rapimento  di  Abu  Omar sarebbe stato surrettiziamente
apposto dal precedente Presidente del Consiglio;
          oppure  quello  ad  essa attribuita dallo stesso Presidente
del  Consiglio  on.  Prodi  nel ricorso per conflitto di attribuzioni
(reg.   confl.   n. 2   del   2007),  e  cioe'  che  le  attribuzioni
costituzionali  del  p.m.  sarebbero  limitate  dalla  direttiva  del
Presidente del Consiglio pro tempore del 30 luglio 1985, n. 2001.5/07
o  genericamente  dai  «rapporti con gli alleati», ivi esplicitamente
richiamati  (come  si  legge  anche nella nota del Portavoce), con la
conseguenza    che    verrebbe   genericamente   impedita   al   p.m.
l'acquisizione  e l'utilizzazione di tutte le informazioni e di tutti
i  documenti  anche  quando  non  vi  sia un'esplicita apposizione ed
opposizione  del segreto di Stato. Il che va ben oltre quanto codesta
ecc.ma  Corte  costituzionale  ha insegnato nelle sentenze nn. 86 del
1977, 110 e 410 del 1998.
        b)  dalla  nota  del  Presidente del Consiglio on. Berlusconi
dell'11  novembre  2005,  nel  significato  ad  essa  attribuita  dal
Presidente del Consiglio on. Prodi sia con la nota del 26 luglio 2006
sia  nel  ricorso  per conflitto di attribuzioni reg. confl. n. 2 del
2007,  sia  infine del suo Portavoce nella «nota per la stampa» del 5
giugno 2007.
3) Nel  merito.  La  giurisprudenza  della  Corte  costituzionale sul
segreto di Stato e nei rapporti con il p.m.
    Nella  sent.  n. 86  del 1977, codesta ecc.ma Corte, come a tutti
noto,  ha  tracciato  le  linee  guida  per la riforma del segreto di
Stato, peraltro tutt'oggi in attesa di completamento.
    In  ossequio  ai  principi  individuati  in  tale  decisione,  la
disciplina  introdotta  dalla  legge  24  settembre  1977,  n. 801 ha
circoscritto  l'ambito  oggettivo  della  segretazione  ai  soli beni
esplicitamente  individuati  nell'art. 12,  comma  1,  e ponendo, nel
comma  2,  come  limite insuperabile («in nessun caso») il divieto di
coprire con il segreto «fatti eversivi dell'ordine costituzionale».
    Fermo  restando  questo  insuperabile limite, la legge n. 801 del
1977  attribuisce,  all'esecutivo  il  solo  potere  di apprezzare la
lesivita',  per  gli  indicati beni, della diffusione dei documenti e
delle notizie.
    Il  potere di segretazione non costituisce, quindi, «esercizio di
una  discrezionalita' puramente politica - e quindi libera nei fini»,
come  erroneamente  pretende  il  Presidente  del  Consiglio  nel suo
ricorso (reg. confl. n. 2 del 2007). Esso e', invece - come e' giusto
e  doveroso  che  sia,  in  uno  «Stato costituzionale» (attento alla
tutela  dei  singoli,  non  meno  che delle istituzioni) -, un potere
vincolato  sia  nel perseguimento dei fini prefissati dal legislatore
in  conformita'  con  la  Costituzione, sia nelle forme e nei modi di
estrinsecazione  nei confronti dell'autorita' giudiziaria, cosi' come
codificate negli artt. 202 e 256 c.p.p.
    Oltre alla fondamentale sent. n. 86 del 1977, deve poi ricordarsi
l'altrettanto  importante  sent. n. 110 del 1998, nella quale, al 1/2
5, codesta ecc.ma Corte ha sottolineato, ricollegandosi alle sentenze
nn. 82 del 1976, 49 e 86 del 1977, «che la potesta' dell'esecutivo in
questa  materia (rectius, in materia coperta da segreto di Stato) non
e' illimitata» e nella quale «ha fatto salva l'esigenza - destinata a
trovare  il  suo  punto  di  equilibrio  e la sua definizione in sede
legislativa  -  di  assicurare,  in  ogni  singolo  caso concreto, un
ragionevole  rapporto  di mezzo a fine; precisando che mai il segreto
potrebbe   essere  allegato  per  impedire  l'accertamento  di  fatti
eversivi  dell'ordine  costituzionale;  affermando  la necessita' che
l'esecutivo indichi le ragioni essenziali che stanno a fondamento del
segreto; insistendo sulla centralita' della sede parlamentare ai fini
del  sindacato  politico sulla tutela del segreto, attraverso tutti i
modi  consentiti  dalla  Costituzione,  riconducibili  alla  funzione
ispettiva   delle   Camere,   ovvero   all'ambito   dei  procedimenti
fiduciari».
    Sottolinea  inoltre codesta ecc.ma Corte (al 1/2 7) che «non puo'
essere condivisa» «(l)a tesi prospettata dall'Avvocatura dello Stato,
secondo  la  quale  l'opposizione  del  segreto  inibirebbe  in  modo
assoluto  all'autorita'  giudiziaria la conoscenza dei fatti ai quali
il segreto si riferisce, e quindi precluderebbe al pubblico ministero
di  compiere  qualsiasi  indagine,  anche  se  fondata su elementi di
conoscenza altrimenti acquisiti».
    Tale   impostazione,  infatti,  «altererebbe  in  questa  materia
l'equilibrio   dei   rapporti   tra   potere  esecutivo  e  autorita'
giudiziaria, che debbono essere improntati al principio di legalita';
ne'  potrebbe  questa  Corte sostituirsi al legislatore, operando, in
concreto  e  di  volta  in  volta,  senza  alcuna  base  legislativa,
valutazioni   di   merito  attinenti  al  bilanciamento  tra  i  beni
costituzionali  sottostanti  rispettivamente  alle esigenze di tutela
del  segreto  e  di  salvaguardia  dei  valori protetti dalle singole
fattispecie incriminatrici».
    «Sulla base di questi principi - prosegue la Corte -, e alla luce
della disciplina vigente, che non delinea alcuna ipotesi di immunita'
sostanziale   collegata   all'attivita'   dei   servizi  informativi,
l'opposizione  del  segreto  di  Stato  da  parte  del Presidente del
Consiglio  dei  ministri non ha l'effetto di impedire che il pubblico
ministero  indaghi  sui  fatti  di  reato cui si riferisce la notitia
criminis in suo possesso, ed eserciti se del caso l'azione penale, ma
ha  l'effetto  di  inibire  all'autorita'  giudiziaria di acquisire e
conseguentemente  di utilizzare gli elementi di conoscenza e di prova
coperti dal segreto».
    E'  sufficiente  avere presenti le precise indicazioni desumibili
da   queste   due   pronunce,   per   rendersi   subito  conto  dello
stravolgimento  che arrecano a tali principi le note dell'11 novembre
2005  e  del  26  luglio 2006, sia che il loro senso sia quello fatto
palese dalle parole usate, sia che vengano interpretate come vorrebbe
l'Avvocatura dello Stato e il portavoce del Presidente Prodi.
    Ne  segue  che gli atti contestati in premesse vanno annullati in
base ai seguenti
                  M o t i v i   d i   d i r i t t o
I  motivo.  Violazione  del  divieto  di coprire col segreto di Stato
fatti  eversivi  dell'ordine  costituzionale (art. 12, comma 2, legge
n. 801 del 1977).
    Il  Presidente  del Consiglio on. Prodi, nella nota del 26 luglio
2006,  afferma  che il suo predecessore on. Berlusconi avrebbe posto,
con  riferimento  al  rapimento  di  Abu Omar, il segreto di Stato su
«ogni   comunicazione   o  documento  eventualmente  trasmessi  (...)
concernenti  il  sequestro  o le vicende sopra descritte che lo hanno
preceduto,  o  in  generale  tutti  i  documenti,  informative o atti
relativi  alla  pratica  delle  c.d.  "renditions..."». Il Presidente
Prodi  afferma  inoltre  che  tale  precedente apposizione di segreto
sarebbe stata da lui confermata.
    Cosi'  facendo,  il  Presidente del Consiglio ha pero' gravemente
violato  l'art. 12,  comma  2,  della  legge 24 ottobre 1977, n. 801,
secondo il quale «In nessun caso possono essere oggetto di segreto di
Stato fatti eversivi dell'ordine costituzionale».
    I  gravissimi  reati,  con  riferimento  ai  quali la nota del 26
luglio 2006 pretende di menomare l'esercizio dell'azione penale della
Procura  di  Milano,  risultano  dalle  imputazioni  contenute  nella
richiesta di rinvio a giudizio (doc. n. 5) che si trascrivono in nota
2).  Tali  reati consistono nella privazione della liberta' personale
di  Abu  Omar  mediante  il  suo  sequestro  e  il  suo trasferimento
all'aeroporto  di  Aviano  per  essere trasportato fuori dall'Italia,
nonche'  nella  partecipazione  alle  fasi preparatorie del sequestro
stesso.
    Questi  fatti,  gia'  di per se' gravissimi e contrari all'ordine
costituzionale,  vanno  pero'  ulteriormente valutati alla luce delle
successive   vicende   concernenti   Abu  Omar,  il  quale,  dopo  il
trasferimento  ad  Aviano,  fu  trasportato in aereo prima a Ramstein
(Germania),  e  poi  a  Il Cairo, per essere quivi interrogato, sotto
tortura, dalle autorita' egiziane (docc. 8, 9, 10 e 11) 3).
    Tali fatti si iscrivono quindi nel piu' ampio contesto delle c.d.
extraordinary   renditions  («consegne  speciali»),  stigmatizzate  a
livello  ufficiale  sia dal Parlamento europeo (risoluzione 2006/2200
LINI)  del  14 febbraio 2007 (doc. n. 12) «sul presunto uso dei paesi
europei  da  parte  della  C.I.A.  per  il  trasporto e la detenzione
illegali  di prigionieri») 4) sia dal Consiglio d'Europa (risoluzione
n. 1507  e  raccomandazione  n. 1754,  entrambe adottate il 27 giugno
2006,  sulla base del rapporto del 12 giugno 2006 doc. n. 10957 della
Commissione affari legali e diritti umani, rel. Dick Marty, nel quale
si  fa  tra  l'altro  riferimento al caso Abu Omar [doc. n. 1315], 5)
nonche'  le  recentissime proposte di risoluzione e di raccomandzione
del  Consiglio  Europeo  del  7  giugno 2007 predisposte dalla stessa
Commissione Affari Legali e Diritti Umani [doc. n. 14) 6).
    Le  c.d.  «consegne  speciali» identificano, infatti uno dei piu'
discutibili  strumenti  escogitati  dalla C.I.A., dopo l'11 settembre
2001,  per combattere il terrorismo di radice islamica: uno strumento
che  consiste  nella privazione della liberta' personale di individui
sospettati di terrorismo (non di rado, erroneamente) 7), senza alcuna
garanzia  giurisdizionale,  al  fine di trasportarle in paesi terzi -
poco  sensibili  per  le  garanzie  delle  persona  e  per  ivi farli
interrogare  sotto  tortura. Essi configurano quindi «fatti eversivi»
del nostro «ordine costituzionale».
    Tale  locuzione  va  infatti  ben  oltre  quella  di  ordinamento
democratico   -   con   la   quale   si  individua  il  mero  assetto
democratico-parlamentare  del  nostro  ordinamento  (assetto  che  e'
comunque specificamente tutelato, sotto vari aspetti, dal primo comma
dello stesso art. 12) 7).
    Come  ripetutamente  sottolineato  da  codesta  ecc.ma  Corte, il
segreto di Stato mira per vero a tutelare lo Stato comunita' e non il
Governo  e  i  partiti che sorreggono (Corte cost., sentt. nn. 82 del
1976,   86   del  1977  e  110  del  1998),  e  quindi  le  strutture
istituzionali.  Pertanto  esso  non  puo'  essere  allegato contro la
comunita'  stessa  e in pregiudizio dei «principi supremi» del nostro
ordinamento,  tra  i quali le norme costituzionali che garantiscono i
diritti  inviolabili  dell'uomo  (v. la sent. n. 1146 del 1988, ma v.
gia' prima le sentt. nn. 183 del 1973 e 180 del 1974).
    In  altre  parole l'art. 12, comma 2, della legge n. 801 del 1977
mira  ad  evitare  che  il segreto di Stato sia apposto in spregio di
quell'insieme  di  principi  e  di  regole  che identificano lo Stato
costituzionale,  i quali cosi' come rifiutano, senza eccezioni, «ogni
violenza   fisica  o  morale  sulle  persone  comunque  sottoposte  a
restrizioni  di liberta» - tant'e' vero che il nostro ordinamento non
solo  vieta  tali  violenze,  ma addirittura ne impone la punizione a
carico  di  chi si sia macchiato di siffatti reati (art. 13, comma 4,
Cost.)  -,  cosi'  altrettanto  non possono tollerare che sul proprio
territorio   nazionale  siano  effettuati  sequestri  di  persone  da
tradurre manu militari in altri Paesi, per essere ivi interrogate con
l'uso, appunto, di violenza fisica o morale.
    Se  infatti  si sostenesse il contrario, e cioe' che la locuzione
«ordine    costituzionale»    individui    esclusivamente   l'«ordine
democratico»,  verrebbe con cio' stesso (inammissibilmente) affermato
che  la  Repubblica italiana non garantirebbe, oltre alle istituzioni
democratiche,  quei  principi fondamentali di dignita', di liberta' e
di  eguaglianza (artt. 2 e 3 Cost.), che codesta ecc.ma Corte ha piu'
volte  identificati  come  principi  supremi addirittura sottratti al
potere di revisione costituzionale.
    Ne'  si puo' dimenticare che siffatte gravissime violazioni della
liberta'  personale,  con  specifico  riferimento  alla tortura, sono
espressamente  vietate dall'art. 4 della Dichiarazione universale dei
diritti  dell'uomo  (ONU, 1948), dall'art. 5 del Patto internazionale
sui  diritti  civili  e politici (ONU, 1966), dagli artt. 1 ss. della
Dichiarazione  sulla  protezione  contro la tortura e le altre pene o
trattamenti  crudeli, inumani e degradanti (ONU, 1975), dagli artt. 1
ss.  della  Convenzione  internazionale  contro la tortura e le altre
pene  o  trattamenti crudeli, immani e degradanti 8) (ONU, 1984; tale
convenzione  e'  stata  ratificata  in  Italia  il  12 gennaio 1989 a
seguito   di  legge  di  autorizzazione  3  novembre  1988,  n. 498),
dall'art. 3  della  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia,  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, 9) dall'art. 4 della
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dall'art. 65 del
Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa e cosi' via.
    Merita  infine  di  essere  ricordato  che  la  proibizione della
tortura  e'  stata  piu'  volte  ribadita,  in  termini  estremamente
drastici,  dalla  Corte suprema degli Stati Uniti, in forza dell'VIII
emendamento  (divieto di punizioni crudeli e inusuali), a partire dal
caso  Wilkerson  v.  Utah, 99 U.S. 130 (1878), seguito dai casi in re
Kemmler, 136 U.S. 436 (1890); Weems v. US., 217 U.S. 349 (1910); Trop
v. Dulles, 356 U.S. 86 (1958); Estelle v. Gamble, 429 U.S. 97 (1976);
Whitley  v.  Albers,  475 U.S. 312 (1986); Hudson v. MsMillian et 503
U.S. 1 (1992) ecc. ecc.
II  motivo.  Illegittimita'  della  nota  del  26 luglio 2006 perche'
falsamente  afferma  che  il  segreto  di Stato sui fatti connessi al
rapimento  di  Abu  Omar  sarebbe stato apposto dal suo predecessore.
Eccesso di potere per errore o falsita' dei presupposti.
    Se  si  legge  la  nota dell'11 novembre 2005 cosi' come e' stata
scritta  -  dalla,  quale  risulta  che  il Presidente on. Berlusconi
affermo'  «che il Governo ed il S.I.S.Mi. sono del tutto e sotto ogni
profilo  estranei  rispetto  a qualsivoglia risvolto riconducibile al
"sequestro  in  danno  di  Nasr  Osama Mustafa Hassan, alias Abu Omar
(Milano  il  17 febbraio  2003)"»  e  che «Del pari, il Governo ed il
Servizio  non hanno avuto ne' hanno notizia, se non dalla stampa e da
codesta  autorita' giudiziaria, in ordine a coinvolgimenti di persone
nel  fatto»  -  la  conclusione, diversamente da quanto affermato dal
Presidente  Prodi, sia direttamente nella nota del 26 luglio 2006 sia
per il tramite del suo Portavoce, e' che il Presidente Berlusconi non
intese  affatto  coprire  col  segreto  di Stato i fatti preparatori,
connessi  e  conseguenti al sequestro di Abu Omar. (E questa e' stata
infatti  la  tesi che la Procura di Milano ha sostenuto nella memoria
29 maggio  2007,  resa  nel giudizio reg. confl. n. 2 del 2007, prima
della nota 5 giugno 2007 del Portavoce del Presidente Prodi).
    Ma se cosi' fosse - come la Procura di Milano, in via principale,
ritiene  -,  sarebbe  allora  altrettanto  evidente  che  la nota del
26 luglio  2006  e'  illegittima per eccesso di potere per errore sui
presupposti o per falsita' dei medesimi, in quanto in essa si afferma
una  cosa  che  non  risponde  a  verita',  e cioe' che il Presidente
Berlusconi aveva apposto il segreto in subiecta materia.
    Se   invece   -  e  questa  e'  un'ulteriore  tesi  che  potrebbe
sostenersi,  data  la  varieta'  delle interpretazioni delle due note
provenienti  dalla  stessa  Presidenza  del Consiglio - il Presidente
on. Berlusconi  effettivamente  appose  il segreto di Stato sui fatti
connessi  al  rapimento,  ma tale apposizione ancorche' comunicata al
Presidente  Prodi  all'atto del passaggio delle consegne - non fu mai
comunica   ufficialmente   all'a.g.o.   quando   questa  gliene  fece
richiesta, e' altresi' di tutta evidenza che tale apposizione sarebbe
illegittima  e  inefficace,  e  il Presidente on. Prodi avrebbe fatto
assai  male  a confermarla, coinvolgendo cosi' la sua responsabilita'
politica.
    Il che e' tanto piu' evidente se, come risulta dalla nota del suo
Portavoce,  egli avrebbe fatto affermare dal Sottosegretario Micheli,
il  25 ottobre  2006,  dinanzi  al Co.pa.co., l' «inesistenza di ogni
documentazione circa il fatto del 17 febbraio 2003».
III  motivo.  Violazione  dell'art. 16  della  legge n. 801 del 1977.
Mancata  enunciazione  delle  ragioni essenziali dell'opposizione del
segreto  di  Stato. Assoluta carenza di motivazione. Implicazioni del
principio della doverosa motivazione sulla necessita' della specifica
apposizione.    Illegittimita'    delle   contrarie   interpretazioni
dell'Avvocatura  dello  Stato nel ricorso sollevato contro la Procura
di Milano il 14 febbraio 2007.
    III.1)   Codesta   ecc.ma   Corte,   nella  giurisprudenza  sopra
richiamata,  ha ripetutamente affermato che il potere di segretazione
non e' illimitato e che conseguentemente l'esecutivo deve indicare le
ragioni  essenziali  che  stanno  a  fondamento  dell'apposizione del
segreto;  ed  ha sottolineato che l'obbligo di motivazione, in questa
materia,  e' imposto «dalla estrema delicatezza della materia e dalla
necessita'  di ridurre al minimo sia gli abusi sia la possibilita' di
contrasti con il potere giurisdizionale» (sent. n. 86 del 1977).
    Questi principi sono stati fatti propri dal legislatore sia nella
legge  n. 801  del  1977,  sia negli artt. 202 e 256 c.p.p. Per vero,
quando  il  legislatore  ha disposto espressamente, all'art. 16 della
legge  n. 801  del  1977,  l'obbligo del Presidente del Consiglio dei
ministri  di  indicare,  nell'atto  di conferma del segreto di Stato,
«con   sintetica   motivazione,  le  ragioni  essenziali»  della  sua
adozione,  non  ha affermato una regola per l'esecutivo valevole solo
nei  confronti del Co.pa.co, bensi' ha previsto un principio generale
in  tema  di  apposizione/opposizione del segreto, che e' chiaramente
desumibile  anche  dai citt. artt. 202 e 256 c.p.p., ove parimenti si
allude alla «conferma».
    Ebbene,  se  si  ha presente la varieta' dei significati che alla
nota  dell'11  novembre 2005 sono stati attribuiti dal Presidente del
Consiglio  Prodi,  sia direttamente che indirettamente; e, quindi, si
ha  presente  la  varieta'  di senso che assume la nota del 26 luglio
2006  a  seconda  che  si  ritenga,  o non, che gia' in precedenza il
Presidente  Berlusconi  avesse  apposto  il  segreto  di  Stato sulle
vicende  attinenti al sequestro di Abu Omar, ne consegue che non solo
e' dubbio che il segreto di Stato sia stato apposto sulle vicende del
rapimento  di  Abu Omar (come risulta testualmente dalla nota dell'11
novembre  2005 del Presidente Berlusconi e dalle parole del Portavoce
dell'on. Prodi),  ma e' altresi' dubbio - qualora si ritenga che esso
sia stato apposto - chi abbia apposto il segreto e come e quando cio'
sia avvenuto.
    A  maggior ragione, quindi, manca qualsivoglia enunciazione delle
ragioni essenziali dell'apposizione e dell'opposizione del segreto di
Stato  (che,  secondo  il  Portavoce,  non  ci  sarebbe stata; ma che
l'Avvocatura  assume ci sia stata sin dall'inizio, quanto meno...allo
stato diffuso).
    E'  percio'  evidente,  in tutta questa vicenda, una insuperabile
ambiguita'  nel  comportamento  della Presidenza del Consiglio (quale
che ne sia il titolare).
    E la nota del Portavoce e' sintomatica in tal senso.
    Infatti,  quando essa parla del «rapimento di Abu Omar», essa non
si  riferisce (ne' si puo' riferire, trattandosi di un fatto-reato di
cui  si  devono  valutare tutte le sfaccettature) al mero «fatto» del
rapimento,  ma  necessariamente  allude  anche ai fatti preparatori e
organizzativi del medesimo, nei quali hanno avuto parte preponderante
(e  quindi  risultano  certamente  coinvolti)  numerosi  agenti della
C.I.A.
    Per  cui  non puo' sostenersi che essa, nel contempo, affermi che
il  segreto  di  Stato  non  sarebbe  stato  apposto  sul «fatto» del
rapimento  e  sarebbe  stato  invece  apposto  sui  «rapporti» tra il
S.I.S.Mi.  e  la  C.I.A.  Affermare che il segreto di Stato sia stato
posto   su   tali   «rapporti»   equivale  infatti  a  precludere  la
conoscibilita'  delle effettive responsabilita' del «fatto» rapimento
nonche' di tutti i dettagli del rapimento.
    Ebbene,  nel  caso  che il segreto di Stato sia stato apposto con
riferimento ai «rapporti con gli alleati» (come dice il portavoce), e
cioe'  con  la  C.I.A., le note dell'11 novembre 2005 e del 26 luglio
2006  non  ci  dicono  chi, come e quando abbia apposto tale segreto:
Berlusconi  o  Prodi?  quando  e  come? direttamente o per interposta
persona?
    Ovviamente  non  si  mette  in  dubbio  che  la  salvaguardia dei
rapporti  con  altri  Stati  possa,  in talune rarissime circostanze,
giustificare l'apposizione del segreto di Stato (lo ammette lo stesso
art. 12 della legge n. 801).
    Non   si   deve   pero'   dimenticare  che,  nella  specie,  come
sottolineato  nel  I  motivo, si aveva a che fare con «fatti eversivi
dell'ordine costituzionale», sui quali il segreto di Stato «in nessun
caso»   puo'   essere  apposto,  ne'  ufficialmente  ne'  tanto  meno
surrettiziamente  (come  ai  tempi  degli  esecutivi monarchici nello
Stato predemocratico).
    III.2)  Un ultimo rilievo: il fatto che codesta ecc.ma Corte e il
legislatore  abbiano  concordemente  ritenuto  che  l'apposizione del
segreto  di  Stato  debba  essere  specificamente  motivata  e che si
debbano  quindi  evidenziare  le  specifiche ragioni dell'apposizione
implica  l'illegittimita'  di  qualsivoglia interpretazione delle due
note della Presidenza del Consiglio, in forza della quale si pretenda
sostenere  -  come  invece fa l'Avvocatura dello Stato, richiamando a
supporto  niente  meno  che  la  direttiva del Presidente Craxi per i
Servizi  segreti  -  che la segretezza sia la regola e la pubblicita'
sia  l'eccezione  anche  per  l'a.g.o., quando essa abbia a che fare,
direttamente  o  indirettamente, con fatti nei quali sono coinvolti o
possano essere coinvolti i Servizi segreti.
    Cio'  e'  profondamente  errato  e  urta contro le fondamenta del
nostro  Stato di diritto, secondo il quale, come affermato da codesta
ecc.ma  Corte  nella sentenza n. 110 del 1998, «i rapporti tra potere
esecutivo  e  autorita'  giudiziaria  debbono  essere  improntati  al
principio di legalita».
    Le  due  note  qui  censurate  pretenderebbero,  invece,  secondo
l'interpretazione  dell'Avvocatura  dello Stato (ric. confl. n. 2 del
2007),  di  attuare un vero e proprio rovesciamento dei termini della
questione,  configurando  un  anomalo  «onere»  del  magistrato  (sia
giudicante   che   requirente),   il  quale  dovrebbe  richiedere  al
Presidente del Consiglio, di volta in volta, una espressa «deroga» al
segreto  generalmente  imposto,  alla quale resterebbe subordinato il
pieno esercizio dei propri poteri.
IV motivo. Illegittima retroattivita' dell'apposizione del segreto da
parte del Presidente on. Prodi, qualora si pretenda che l'apposizione
del  segreto  del  26  luglio  2006  costituisca  la  conferma di una
precedente  segretazione effettuata il 25 novembre 2005 o comunque in
altra data.
    La nota del 26 luglio 2006 del Presidente del Consiglio on. Prodi
si  inserisce in uno scambio di corrispondenza tra Procura di Milano,
Ministro  della  difesa e Presidente del Consiglio, avente ad oggetto
la  richiesta  di  esibizione  dei documenti nella disponibilita' del
Ministro  concernenti  il  sequestro  di  Abu Omar e, in generale, la
pratica delle c.d. renditions (doc. n. 4).
    La  nota  del  26 luglio 2006, pertanto, non fa (ne' poteva fare)
riferimento   ne'  ai  documenti  sequestrati  presso  l'ufficio  del
S.I.S.Mi.  di  via  Nazionale,  ne'  agli esiti delle intercettazioni
disposte  su  utenze  in  uso  a funzionari del Servizio. Si riferiva
esclusivamente   alla  documentazione  richiesta  al  Ministro  della
difesa.
    Tuttavia,  il  Presidente  del  Consiglio,  nel  ricorso  del  14
febbraio  2007,  sembrerebbe  sostenere  (e la tesi e' confermata dal
Portavoce  nella  sua nota del 5 giugno) che il segreto sarebbe stato
apposto precedentemente, e cioe' il 25 novembre 2005 o addirittura in
data  anteriore  (la  nota  parla  finanche dell'11 settembre 2001!).
Conseguentemente  il segreto si applicherebbe a tutti i documenti e a
tutte le notizie gia' acquisite dal p.m. relativi al sequestro di Abu
Omar e, in generale, alla pratica delle c.d. renditions.
    Se  cosi'  fosse,  si  tratterebbe pero' di un atto assolutamente
irrazionale e gravemente lesivo delle attribuzioni costituzionali del
p.m.,  posto  che la segretazione di atti e documenti e' una norma di
condotta,  e  per definizione le norme di condotta non possono essere
retroattive  (factum  infectum  fieri  nequit).  Se  pretendessero di
esserlo,   sarebbero   palesemente   irrazionali  e  conseguentemente
andrebbero annullate per contrasto con l'art. 3 Cost.
    E' d'altra parte noto (v. supra nella I Parte in fatto, p. 6 ss.)
che  prima  e  dopo  la  nota  dell'11 novembre  2005  del Presidente
Berlusconi, nessuno - nemmeno il direttore del S.I.S.Mi. - oppose mai
il  segreto  di  Stato.  Il che conferma la speciosita' del tentativo
dell'Avvocatura dello Stato.
V  motivo.  Violazione del principio dell'obbligatorieta' dell'azione
penale (art. 112 Cost.).
    Si  sono gia' ricordate, nel 1/2 3, le importanti precisazioni di
codesta  ecc.ma  Corte,  esplicitate  nella  sent.  n. 110  del 1998,
relativamente  agli  effetti  della  segretazione  sulle attribuzioni
costituzionali del p.m.
    Le  sottolineiamo ancora una volta: l'apposizione del segreto non
puo'  inibire  in  modo  assoluto all'a.g. la conoscenza dei fatti ai
quali  il  segreto  si riferisce; essa non puo' precludere al p.m. di
compiere   qualsiasi   indagine,  che  sia  fondata  su  elementi  di
conoscenza  altrimenti  acquisiti;  i rapporti tra potere esecutivo e
autorita'  giudiziaria  debbono  essere  improntati  al  principio di
legalita'; l'apposizione del segreto di Stato da parte del Presidente
del  Consiglio dei ministri non puo' impedire al p.m. di indagare sui
fatti di reato cui si riferisce la notitia criminis in suo possesso e
di  esercitare,  se  del caso, l'azione penale; la segretazione ha il
solo  effetto  di inibire all'a.g. di acquisire e conseguentemente di
utilizzare gli elementi di conoscenza e di prova coperti dal segreto.
    Nemmeno  devono  poi essere dimenticati le altrettanto importanti
indicazioni      giurisprudenziali     specificamente     concernenti
l'obbligatorieta'      dell'azione     penale:     «L'obbligatorieta'
dell'esercizio  dell'azione  penale  ad  opera del pubblico ministero
(...)   e'  stata  costituzionalmente  affermata  come  elemento  che
concorre  a  garantire,  da  un  lato,  l'indipendenza  del  pubblico
ministero   nell'esercizio  della  propria  funzione  e,  dall'altro,
l'uguaglianza  dei cittadini di fronte alla legge penale». «L'obbligo
dell'esercizio  dell'azione  penale  da  parte del pubblico ministero
esige  che  egli sia titolare di tale azione in relazione a qualunque
fatto  di  reato,  comunque  conosciuto»  (sent. n. 84 del 1979). «Il
principio  di  obbligatorieta' e', dunque, punto di convergenza di un
complesso di principi basilari del sistema costituzionale, talche' il
suo venir meno ne altererebbe l'assetto complessivo». Esso «esige che
nulla  venga  sottratto  al  controllo  di  legalita'  effettuato dal
giudice:  ed in esso e' insito, percio', quello che in dottrina viene
definito  favor  actionis.  Cio'  comporta  non  solo  il rigetto del
contrapposto  principio  di  opportunita' che opera, in varia misura,
nei sistemi ad azione penale facoltativa (...) ma comporta, altresi',
che in casi dubbi l'azione vada esercitata e non omessa» (sent. n. 88
del 1991).
    Ebbene,  la  pretesa,  da  parte del Presidente del Consiglio, di
coprire   surrettiziamente   col   segreto  di  Stato  - ambiguamente
giustificato  sulla  base  dei  «rapporti con gli alleati» - tutte le
vicende  connesse  al  rapimento  di Abu Omar, urta non solo contro i
principi  in  tema  di  segreto  di  Stato  che si sono ricordati nei
precedenti  motivi,  ma  incide  nel  contempo  anche  sul  principio
dell'obbligatorieta'  dell'azione  penale  (art. 112  Cost.) e quindi
direttamente menoma le attribuzioni costituzionali del p.m.
    Di  talche',  tutte  le  cose  che  si sono fin qui osservate con
riferimento  ai principi in tema di segretazione potrebbero ripetersi
dall'angolo visuale dell'art. 112 Cost.
                         Istanza istruttoria
    Si  chiede,  altresi',  che  venga  ordinata  al  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri l'esibizione della direttiva 30 luglio 1985,
n. 2001.5/07  e  di  ogni  altro atto con cui il segreto in questione
sarebbe stato apposto.
          1)  La  serieta' di tale ipotesi e' desumibile dallo stesso
          incipit  del  ricorso  e  dalla  quantita'  delle infondate
          allegazioni    «retroattive»    contenute    nel    ricorso
          dell'Avvocatura  generale  dello  Stato  («La Procura della
          Repubblica   di   Milano,  procedendo  nelle  indagini  sul
          sequestro  di  persona  di Nasr Osama Mustafa Hassan, alias
          Abu  Omar, avverti' ben presto che la sua attivita' sarebbe
          necessariamente  entrata  in  contatto con aree coperte dal
          segreto   di   Stato   e  di  questo  ebbe,  anzi,  preciso
          avvertimento,  oltre  che  da  parte  dei testimoni e degli
          indagati, da parte del Presidente del Consiglio pro tempore
          ...») e dalle numerose infondate allegazioni ecc.
          2)  Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano.
          Richiesta di rinvio a giudizio, artt. 416, 417 c.p.p., 130,
          d.lgs. n. 271/1989.
          Al giudice per l'udienza preliminare presso il Tribunale di
                                    Milano
              Il  pubblico  ministero visti gli atti del procedimento
          penale indicato in epigrafe, nei confronti di:
                  1)   Adler   Monica   Courtney,   nata   a  Seattle
          (Washington  -  USA) in data 2 febbraio 1973, cittadina USA
          con  passaporto  Usa  n. 017017139 (rilasciato il 25 luglio
          2001), patente di guida internazionale (acquisita in copia)
          n. 66605387,  rilasciata  da Autorita' americane di Heatrow
          (Florida)  il  3 aprile  2002;  domiciliata  2001  N.Adams,
          Arlington VIRGINIA 22201;
                  2)  Asherleigh Gregory, nato a Hyattsvulle Mariland
          (USA)   Usa   il  23 dicembre  1955,  Coachmen  Enterprises
          Washington,  DC  P.O. Box 91228 Washington DC (USA), oppure
          STS  Inc. P.O. Box 1606 Hyattsville (Maryland) 20788 (USA),
          recapito   telefonico  n. 3015953823;  cittadino  USA,  con
          passaporto  Usa  n. 015135635, rilasciato il 4 giugno 1996;
          patente  di  guida  USA  n. 66605685; carta di credito Visa
          Card n. 4118160311575248 (valida sino a giugno/2005);
                  3) Carrera Lorenzo Gabriel, nato nel Texas (USA) il
          29 gennaio   1971,   cittadino   USA,  con  passaporto  Usa
          n. 016422583,  rilasciato  12 febbraio 1995 o n. 016422583,
          rilasciato il 28 gennaio 2000;
                  4)  Channing Drew Carlyle, nato a New York (USA) in
          data  26  aprile  1965,  cittadino  USA, con passaporto Usa
          n. 017121103, rilasciato il 10 giugno 2002;
                  5)  Duffin  John  Kevin,  nato in Illinois (USA) in
          data 3 maggio 1952, P.O. Box 60031 19406 King of Prussia PA
          (USA)  o 649 South Henderson Rd, King of Prussia 19406 PA o
          presso  Krauss  Nannette  329  Prince  Frederick St King of
          Prussia,  PA  19406  (tel.  6102650563); cittadino USA, con
          passaporto  Usa  n. 016434535  rilasciato  il  15 settembre
          1999;
                  6)  Harbaugh  Raymond,  nato  in  Alaska  (USA)  il
          9 giugno  1939,  Box 73 Newington 22122 VA (USA), cittadino
          USA,   con   passaporto  Usa  n. 016136600,  rilasciato  il
          17 marzo 1999;
                  7) Harty Ben Amar, nato in Iowa (USA) il 20 ottobre
          1944,  Box  73 Newington 22122 VA (USA), cittadino USA, con
          passaporto  Usa n. 017120164, rilasciato il 9 novembre 2001
          e valido sino al 9 novembre 2007;
                  8)   Lady   Robert   Seldon,   nato  a  Tegucigalpa
          (Honduras) il 5 febbraio 1954, cittadino USA, domiciliato o
          residente in via Don Bosco n. 40, in Penango (AT);
                  9)  Logan  Cyntia  Dame, nata nel Maryland (USA) in
          data  1° maggio  1960;  Coachmen Enterprises Washington, DC
          P.O.  Box  91228  Washington  DC  (USA). Cittadina Usa, con
          passaporto  Usa  n. 016430730, rilasciato il 3 gennaio 2000
          dalla Passport Agency di Washington;
                  10)  Purvis  L.  George,  nato in Cina il 29 maggio
          1959,  21008  Matchlock  Ct  20147  Ashburn Virginia (USA),
          cittadino  USA, con passaporto Usa n. 015645726, rilasciato
          il 20 maggio 1997;
                  11)  Rueda  Pilar,  nata  in  California  (USA) l'8
          maggio  1961,  P.O.  Box 80027 Washington D.C. 20618 (USA);
          cittadina  USA, con passaporto Usa n. 016518173, rilasciato
          il 27 febbraio 2001;
                  12)   Sofin   Joseph,  nato  in  Moldavia  in  data
          13 febbraio  1953,  P.O.  4173  Arlington  22203  VA (USA);
          cittadino  USA,  con passaporto Usa n. 016138217 rilasciato
          il 18 novembre 1999;
                  13)  Vasiliou  Michalis  nato  in  Grecia  in  data
          5 novembre   1962,   cittadino   USA,  con  passaporto  Usa
          n. 015456173,   rilasciato   l'11 ottobre  1995.      Tutti
          latitanti;  dal  n. 1 al n. 7 e dal n. 9 al n. 13 difesi di
          ufficio  dall'avv.  Arianna  Barbazza, via Strambio Gaetano
          n. 22  -  Milano,  (tel.  e  fax 02/76113124); Lady Robert,
          difeso di fiducia dall'avv. Daria Pesce, via C. Battisti 23
          - Milano (te1.02/5455553; fax: 02/55180986).
                  14)  Castaldo Eliana, nata in Florida (USA) in data
          14 novembre  1969, P.O. Box 1041 Norristown 19404 PA (USA),
          cittadina  USA,  con passaporto Usa n. 026138038 rilasciato
          il 2 novembre 1998;
                  15)  Castellano Victor, nato in Texas (USA) in data
          1°   maggio  1968,  P.O.  Box  41471  Arlington  VA  22204,
          cittadino  USA, con passaporto Usa n. 015914097 (rilasciato
          il 14 luglio 1997);
                  16) Gurley John Thomas, nato a Los Angeles (USA) il
          10 luglio  1969,  2783  Lb  Mcloud  Rd 32805 Orlando (USA),
          cittadino  USA, con passaporto Usa n. 045029843, rilasciato
          il 10 dicembre 1999;
                  17) Kirkland James Robert, nato nel Tennessee (USA)
          il  13 luglio  1942,  cittadino  USA,  con  passaporto  Usa
          n. 045032045,  rilasciato i1 1° ottobre 1998 dalla Passport
          Agency di Miami, valido fino al 30 settembre 2008;
                  18)  Jenkins  Anne  Lidia,  nata in Florida in data
          24 settembre   1946,  cittadina  USA,  con  passaporto  Usa
          n. 016698784   (acquisito   in   copia),  rilasciato  dalla
          Passport  Agency  di Washington, il 28 giugno 2001 e valido
          fino al 27 giugno 2011;
                  19) Ibanez brenda Liliana, nata a New York (USA) il
          7 gennaio  1960,  Coachmen  Enterprises Washington, DC P.O.
          Box   91228   Washington   DC  (USA),  cittadina  Usa,  con
          passaporto Usa n. 017018953;     Tutti latitanti, difesi di
          ufficio  dall'avv.  Guido  Meroni,  con  studio  in via dei
          Piatti n. 8 - Milano (tel. 02/863886; fax 02/876692);
                  20)  Medero  Betnie,  nata  il  29 marzo  1967,  in
          U.S.A.,   titolare   del   passaporto   USA   n. 016051676,
          rilasciato il 27 aprile 1988;
                  21)  Faldo  Vincent,  nato  i1  1° novembre 1950 in
          Massachussetts   (USA),   titolare   del   passaporto   USA
          n. 102026001, rilasciato a Boston, il 7 giugno 2000;
                  22)  Harbison  James  Thomas,  nato  il 15 dicembre
          1948,  New  Jersey,  negli  Stati  Uniti; 16ª strada Silver
          Spring, Maryland (USA), titolare di passaporto n. 900339023
          rilasciato  il  2 ottobre  2002.  Risulta anche titolare di
          Passaporto n. 016054429, rilasciato dall'Agenzia Passaporti
          DC,  il  9 settembre  1997;      Tutti  latitanti difesi di
          ufficio  dall'avv.  Alessia  Sorgato,  via Donizetti n. 4 -
          Milano - tel. 02/54050345; fax 02/54135438).
                  23)   Romano   Joseph   L.   III,   nato   a  Darby
          (Pensylvania-USA),  il  18 aprile 1957, gia' domiciliato in
          Italia  in  via Viola n. 9 - Rovereto in Piano (Pordenone),
          tenente  colonnello,  Comandante  -  dal 6 luglio 2001 al 7
          luglio  2003  - del 31° SFS (Security Forces Squadron) Usaf
          dell'Aeroporto   di   Aviano,   successivamente   ai  fatti
          trasferito  presso  il  «Pentagono  31P»  in  Washington DC
          (USA), S.S.N. 184-48-4663;     Latitante, difeso di ufficio
          dall'avv.  Caterina  Cattani,  viale  Biancamaria  n. 22  -
          Milano (tel. 02/76007801 - fax 02/780662);
                  24) Russomando Ralph Henry, nato il 24 ottobre 1950
          in Metford   (U.S.A.),   identificato  con  passaporto  USA
          n. 016487529   rilasciato  il  5 maggio  2000,  gia'  Primo
          Segretario  presso  la Ambasciata USA in Roma, dal 2 agosto
          2000 al giugno del 2003.
                  25)  Castelli Jeffrey, nato a Fukuoka (Giappone) il
          5 maggio  1955;  gia' Consigliere presso l'Ambasciata degli
          Stati  Uniti  d'America a Roma, tra i1 1° settembre 1999 ed
          il 20 luglio 2003;
                  26)  De  Sousa Sabrina D., nata a Bombay (India) il
          19 novembre  1955;  gia'  Secondo  Segretario d'Ambasciata,
          presso  l'Ambasciata  degli  Stati  Uniti d'America a Roma.
              Tutti latitanti, difesi di ufficio dall' avv. SAnsalone
          Matilde  -  Milano, piazza Velasca n. 4 - tel. 02/5454429 -
          fax 02/45472503;
                  27)  MANCINI Marco, nato il 3 ottobre 1960 a Castel
          San  Pietro  (Bologna)  ivi  residente  in  via D. Speranza
          n. 48,  difeso  di  fiducia  dall'avv.  Luigi Antonio Paolo
          Panella,  via  del  Corso n. 504 - Roma (tel. 06/32110084 -
          fax   06/32110119)  e  dall'avv.  Luca  Iacopo  Lauri,  via
          Fatebenefratelli  n. 9  -  Milano  (tel. 02/6592883  -  fax
          02/29013101);   elettivamente   domiciliato  presso  l'avv.
          Panella;
                  28)  Pironi  Luciano  nato  il  16  novembre 1961 a
          Karlsruhe (Germania); difeso di fiducia dall'avv. Salvatore
          Catalano  del  foro  di Milano, via C. Battisti n. 23, tel.
          02/55015050,  fax  02/55187416  e  presso lo studio di tale
          difensore elettivamente domiciliato;
                  29)  Ciorra Giuseppe nato il 27 luglio 1961 a Sessa
          Aurunca  (Caserta),  difeso  di  fiducia  dall'avv. Massimo
          Pellicciotta  del  foro  di  Milano (tel. 02/20241616 - fax
          02/29532993);  piazzale  Lavater n. 5 - Milano; e presso lo
          studio di tale difensore elettivamente domiciliato;
                  30)  Pollari  Nicolo',  nato  a  Caltanissetta,  il
          3 maggio 1943, difeso di fiducia dagli avv.ti Franco COPPI,
          Roma,   via  Bruno  Buozzi  n. 3,  tel.  06/8085758  -  fax
          06/8085769  e  Titta  Madia,  via dei Colli della Farnesina
          n. 144   -  Roma  -  tel.  06/36301773  -  fax  06/3292975;
          elettivamente  domiciliato presso lo studio dell'avv. Titta
          Madia, in Roma;
                  31)  Di  Troia  Raffaele  nato  il  25 marzo 1964 a
          Taranto,  difeso  di  fiducia  dall'  avv. Mittone Alberto,
          Torino,  corso  Matteotti  n. 31  tel.  011/5628279  -  fax
          011/542938  e  dall'avv.  Salvatore  Lo Giudice del foro di
          Milano,  con  studio  in  Milano,  corso Italia n. 6 - tel.
          02/72001656  -  fax  02/878905;  elettivamente  domiciliato
          presso lo studio dell'avv. Mittone in Torino;
                  32)  Di  Gregori  Luciano nato il 18 ottobre 1949 a
          Roma,  difeso  di fiducia dall'avv. Milella Tito Lucrezio -
          Roma,   viale   Medaglie  d'Oro  n. 419/G  -  Roma  -  tel.
          06/35450460;   e   presso   tale   difensore  elettivamente
          domiciliato;
                  33) Pompa Pio, nato a L'Aquila il 15 febbraio 1951;
          funzionario  del  S.I.S.Mi.,  in servizio a Roma, difeso di
          fiducia  dall'avv.  Titta  Madia  del  foro di Roma - (tel.
          06/36301773  -  fax  06/3292975); elettivamente domiciliato
          presso  lo  studio del predetto difensore, in via dei Colli
          della Farnesina n. 144, ROMA;
                  34)  Farina  Renato,  nato  a  Desio il 10 novembre
          1954, ivi residente in via Cadore n 10, giornalista, difeso
          di  fiducia  da  avv.  Grazia  Volo  del  foro di Roma (fax
          06/44237996,  tel.  335389412)  via Giovanbattista De Rossi
          n. 36  -  Roma  e  Massimo  Rossi  del foro di Milano (tel.
          02/5510194 e fax 02/5466216), con studio in via Manara n. 1
          -   Milano;  elettivamente  domiciliato  presso  lo  studio
          dell'avv. Grazia Volo;
                  35)  Seno  Luciano,  nato a  Bagnasco  (Cuneo),  il
          15 settembre 1940, gia' funzionario del S.I.S.Mi. (Servizio
          per   le  Informazioni  e  la  Sicurezza  Militare),  Roma;
          elettivamente  domiciliato  a  Roma, in via S. Agatone Papa
          n. 35,  presso  la  propria  abitazione  difeso  di fiducia
          dall'avv.  Luigi  Scialla  del  Foro di Roma, con studio in
          piazza  G.  Mazzini  n. 8  -  Roma,  tel.  06/3203751 - fax
          06/3210959,
              Imputati  le  persone  indicate dal n. 1 al n. 32 della
          lista per:
                  A)  delitto  p.  e p. dagli artt. 110, 112 n 1, 605
          primo  e secondo comma n. 2 c.p. per avere, in concorso tra
          loro,  con Gustavo Pignero (deceduto 1'11 settembre 2006) e
          con  altre  persone  (anche  di  nazionalita' egiziana) - e
          quindi  con  l'aggravante  di  avere  commesso  il reato in
          numero  di  persone  superiore  a  cinque  -  privato della
          liberta'  personale,  sequestrandolo,  Nasr  Osama  Mustafa
          Hassan  alias  Abu Omar immobilizzandolo con la forza e con
          la   forza   facendolo   salire   su   un   furgone,  cosi'
          trasportandolo prima presso la base militare aeronautica di
          Aviano, sede del 31° FW (Fighter Wing) dell'Aviazione degli
          Stati Uniti d'America e successivamente in Egitto; concorso
          consistito per Castaldo Eliana Isabella, Castellano Victor,
          Gurley  John  Thomas,  Ibanez  Brenda Liliana, Jenkins Anne
          Lidia  e  Kirkland  James  Robert nella partecipazione alle
          fasi preparatorie del sequestro (preliminari osservazioni e
          studio  della  zona  in  cui  esso doveva essere consumato,
          studio  delle  abitudini  di  Abu  Omar,  studio delle zone
          circostanti a quella del progettato sequestro nonche' della
          via  piu' idonea a consentire il raggiungimento piu' veloce
          e   sicuro   dell'autostrada   per  Aviano;  per  Castaldo,
          Castellano,  Kirkland  e Jenkins anche nella partecipazione
          ad  appostamenti  finalizzati  a sequestrare effettivamente
          Abu  Omar rimasti senza effetto per il mancato avvistamento
          della vittima designata);
                  per  Adler  Monica  Courtney,  Asherleigh  Gregory,
          Carrera  Lorenzo, Channing Drew Carlyle, Duffin John Kevin,
          Faldo  Vincent,  Harbaugh  Raymond,  Harbison James Thomas,
          Harty  Benamar,  Logan  Cynthia Dame, Medero Betnie, Purvis
          George, Rueda Pilar, Sofia Joseph, Vasiliou Michalis, nella
          partecipazione   alla   descritta   fase   di  preparazione
          preliminare  e  a  quella di consumazione del sequestro con
          connesso trasferimento del sequestrato ad Aviano;
                  per Romano Joseph, ufficiale superiore responsabile
          statunitense   della   sicurezza   nella  base  di  Aviano,
          nell'attendere  i  sequestratori  ed  il  sequestrato nella
          predetta  base,  garantendo ai primi l'ingresso sicuro e la
          possibilita' di imbarcare il sequestrato su un aereo che lo
          conduceva fuori dell'Italia;
                  per  Jeff  Castelli, Lady Robert Seldon, Sabrina De
          Sousa   e   Ralph   Russomando,   nell'avere  deliberato  e
          coordinato  l'azione, garantendo agli altri concorrenti nel
          reato anche l'appoggio in fase organizzativa e preparatoria
          di   una   struttura   del   S.I.S.Mi.  e  garantendo  loro
          collegamenti   ed   assistenza,  anche  per  effetto  della
          qualita'  di  responsabile della C.I.A. in Italia rivestita
          dal  Castelli,  della qualita' di responsabile della C.I.A.
          in  Milano rivestita dal Lady (che a Milano risiedeva ed in
          tale veste ha operato da epoca anteriore al sequestro ed in
          epoca successiva al medesimo), della qualita' di componenti
          della   rete   C.I.A.  in  Italia  della  De  Sousa  e  del
          Russomando,  il  quale  cooperava  pure con la Medero nella
          fase preparatoria del sequestro e, successivamente alla sua
          consumazione, forniva personalmente notizie depistanti alle
          Autorita'  italiane,  cui  comunicava la falsa informazione
          secondo    cui    il   sequestrato   si   sarebbe   trovato
          presumibilmente nella zona dei Balcani;
                  per  Nicolo' Pollari, quale direttore del S.I.S.Mi.
          (Servizio  per  le  Informazioni  e la Sicurezza Militare),
          nell'avere    ricevuto   ed   accolto   la   richiesta   di
          compartecipazione   all'«operazione»  ed,  in  particolare,
          nelle  condotte  appresso  specificate  ed  attribuibili  a
          personale  del S.I.S.Mi., finalizzate alla preparazione del
          sequestro,  formulatagli  da  Jeff  Castelli,  Responsabile
          della   C.I.A.   in   Italia   e  nell'avere  impartito  le
          conseguenti direttive operative al Pignero;
                  per  Gustavo  Pignero  e  Marco  Mancini nell'avere
          assicurato,  quali  alti  dirigenti  dello stesso Servizio,
          l'appoggio  di altre persone pure appartenenti al S.I.S.Mi.
          -  o a tale Servizio collegate - nella fase di preparazione
          del sequestro (studio delle abitudini del sequestrando, dei
          luoghi  dove  il  sequestro  poteva  o doveva avvenire, del
          percorso  da  seguire  per trasportare il sequestrato fuori
          Milano  fino ad un aeroporto originariamente individuato in
          quello  di  Ghedi,  presso  Brescia  e, successivamente, in
          quello di Aviano);
                  per Luciano Pironi, fisicamente presente nella zona
          dove  il  sequestro veniva consumato, nel prestare sostegno
          agli  autori materiali del medesimo, in quanto, grazie alla
          propria     qualita'     di     sottufficiale    del    Ros
          Carabinieri-Sezione  Anticrimine  di  Milano, consentiva ai
          medesimi  di  agire  in  condizioni  di  sicurezza, potendo
          sviare  dalla  zona  - ove necessario - eventuali e casuali
          controlli delle forze di polizia e giustificare la presenza
          in   loco   delle  altre  persone  concorrenti  nel  reato,
          provvedendo   altresi',  mediante  richiesta  di  documenti
          personali,    alla    identificazione   del   sequestrando,
          apparentemente  legittima,  ma  in  realta'  finalizzata  a
          consentirne il sequestro;
                  per   Luciano  Di  Gregori,  Raffaele  Di  Troia  e
          Giuseppe  Ciorra,  rispettivamente  all'epoca  del fatto in
          servizio  il  Di  Gregori  presso  il  Centro  S.I.S.Mi. di
          Bologna,  il  Di Troia presso il Centro S.I.S.Mi. di Torino
          ed  il  Ciorra  in  servizio  presso il Centro S.I.S.Mi. di
          Milano, nell'avere, direttamente o tramite altre persone da
          loro coordinate, partecipato alla decisione ed alla fase di
          preparazione  del  sequestro  (studio  delle  abitudini del
          sequestrando, dei luoghi dove il sequestro doveva avvenire,
          del  percorso  da  seguire  per  trasportare il sequestrato
          fuori   Milano   fino   ad   un  aeroporto  originariamente
          individuato   in   quello   di  Ghedi,  presso  Brescia  e,
          successivamente, in quello di Aviano);
                  con  l'ulteriore  aggravante  di  cui all'art. 605,
          comma  secondo  n. 2 c.p. per tutti, essendo stato il fatto
          commesso   da  pubblici  ufficiali  con  abuso  dei  poteri
          inerenti le loro funzioni, qualita' soggettivamente propria
          dei  soli  Pollari, Pignero, Mancini, Di Gregori, Di Troia,
          Ciorra,  Pironi  e  di  altri  soggetti italiani allo stato
          sconosciuti,  ma  indispensabile  per  la  consumazione del
          sequestro;
                  con  l'ulteriore  aggravante  di  cui all'art. 112,
          primo  comma n. 2 c.p. per Jeff Castelli e Nicolo' Pollari,
          per   avere   i   medesimi   promosso   ed  organizzato  la
          cooperazione nel reato di tutti i coindagati ed il Castelli
          per   avere   diretto   le  attivita'  dei  co-indagati  di
          nazionalita' statunitense.
              Sequestro avvenuto in Milano, il 17 febbraio 2003.
              Pompa e Farina:
                  B)  delitto  p.  e p. dagli artt. 81 cpv., 110, 378
          c.p.,  perche',  dopo  la  consumazione  del  sequestro  di
          persona  in danno del cittadino egiziano Nasr Osama Mustafa
          Hassan  alias  Abu  Omar,  con  piu'  azioni  esecutive del
          medesimo  disegno  criminoso,  aiutavano  Mancini  Marco ed
          altri    appartenenti    al   S.I.S.Mi.   ad   eludere   le
          investigazioni  dell'Autorita';  in  particolare,  il Pompa
          dava  incarico  al  giornalista  Renato  Farina (utilizzato
          quale  stabile  fonte  del  S.I.S.Mi., con l'appellativo di
          «Fonte-Betulla»)  di  prendere  contatto  con  il  p.m.  di
          Milano,  titolare  delle  indagini  sul predetto sequestro,
          simulando   un  interesse  meramente  giornalistico  ad  un
          colloquio  sulla  vicenda,  in  realta'  al  fine di porgli
          specifici  quesiti (da lui stesso suggeriti al giornalista)
          in  modo  da  poter apprezzare il grado di conoscenze degli
          inquirenti  sul coinvolgimento del S.I.S.Mi. nella vicenda,
          nonche'  al  fine  di  sviare gli accertamenti dello stesso
          Ufficio del p.m. attraverso la comunicazione al medesimo di
          false  informazioni  (anche  in  questo  caso  suggerite al
          giornalista   dal  Pompa)  circa  presunte  responsabilita'
          organizzative  nel  sequestro  del  magistrato  dr. Stefano
          Dambruoso  (gia'  Sostituto  Procuratore della Repubblica a
          Mutilano e titolare della inchiesta del sequestro fino alla
          sua  collocazione  fuori  ruolo della magistratura avvenuta
          nella  primavera  del  2004) e del personale della DIGOS di
          Milano;   sempre   il   Pompa,  tramite  Farina  e  l'altro
          giornalista  Antonelli (che ne riferiva al Farina), cercava
          di  acquisire  illecitamente notizie, anche nell'ambito del
          Palazzo di giustizia di Milano sul procedere delle indagini
          dei  pubblici  ministeri  nonche'  ancora  suggeriva a vari
          altri  giornalisti  con  i quali era in stretto contatto la
          pubblicazione di artt. tendenti ad accreditare l'ipotesi di
          responsabilita' del dott. Dambruoso e della DIGOS di Milano
          nell'organizzazione  del  sequestro;  Farina,  chiedeva, su
          indicazione  del  Pompa,  il  predetto colloquio al p.m. di
          Milano, lo effettuava il 22 maggio 2006 allo scopo predetto
          e  redigeva  anche  specifico rapporto - inviato al Pompa -
          sul   contenuto   del   medesimo;  ricercava,  inoltre,  di
          acquisire  illecitamente  notizie,  anche  nell'ambito  del
          Palazzo di Giustizia di Milano e tramite il collega Claudio
          Antonelli,   presso   fonti  allo  stato  sconosciute,  sul
          procedere  delle  indagini  dei pubblici ministeri, notizie
          che sistematicamente Farina comunicava al Pompa; il Farina,
          ancora,  allo scopo predetto, comunicava al Pompa anche gli
          spostamenti  fisici  del  p.m.  procedente (spostamenti che
          aveva   modo  di  conoscere),  compresi  incontri  a  scopi
          investigativi  che  il  p.m.  effettuava con il funzionario
          della   Digos   delegato   alle  indagini,  nella  giornata
          domenicale  del  21 maggio  2006,  presso  la  Questura  di
          Milano;  per  il  Pompa con l'aggravante di cui all'art. 61
          n. 9  c.p.,  per avere commesso il fatto con violazione dei
          doveri  inerenti  la sua qualita' di pubblico ufficiale, in
          quanto  appartenente  al S.I.S.Mi.; reato commesso da Pompa
          in   Roma,  tra  il  maggio  ed  il  giugno  del  2006;  in
          particolare,   anche   in   data   22   maggio  2006  (data
          dell'incontro  tra  i  giornalisti  Renato Farina e Claudio
          Antonelli  con i p.m. di Milano); reato commesso da Farina,
          in  Milano,  nello stesso periodo, in particolare, anche in
          data  22  maggio  2006 (data del suo incontro con i p.m. di
          Milano);     Seno Luciano:
                  C) delitto  p.  e p. dagli artt. 81 cpv., 378 c.p.,
          perche',  dopo  la consumazione del sequestro di persona in
          danno  del  cittadino  egiziano  Nasr  Osama Mustafa Hassan
          alias  Abu  Omar,  con  piu'  azioni esecutive del medesimo
          disegno  criminoso,  aiutava Mancini Marco, Pignero Gustavo
          ed  altri  sconosciuti appartenenti al S.I.S.Mi. ad eludere
          le  investigazioni  dell'Autorita'; in particolare, il Seno
          consentiva  che  Mancini  e  Pignero  utilizzassero  il suo
          apparecchio  di  telefonia mobile (sul presupposto che esso
          non  fosse  sottoposto  ad  intercettazione dalla a.g.) per
          scambiarsi  informazioni  sul  procedere delle indagini del
          p.m.  di  Milano,  per  concordare prospettazioni difensive
          atte   a   sviarle,  per  indurre  potenziali  testimoni  a
          dichiarare  il  falso  ove  convocati  dall'a.g.;  il Seno,
          ancora,  organizzava  un incontro in Roma, per la mattinata
          del  2 giugno  2006, cioe' all'indomani delle dichiarazioni
          rese  al p.m. dal Pignero come persona informata sui fatti,
          tra  Mancini  e  Pignero  stesso  perche'  i  due,  al fine
          predetto,  potessero  parlarsi  direttamente  e senza alcun
          rischio   di  essere  scoperti;  con  l'aggravante  di  cui
          all'art. 61 n. 9 codice penale, per avere commesso il fatto
          con  violazione  dei  doveri  inerenti  la  sua qualita' di
          pubblico  ufficiale,  in  quanto  appartenente al S.I.S.Mi.
              Reato  commesso in Roma, tra il maggio ed il giugno del
          2006;  in  particolare,  anche  in data 1° e 2 maggio 2006;
              Rilevato  che alle suddette persone imputate ed ai loro
          difensori  e'  gia'  stato  notificato l'avviso di chiusura
          delle  indagini  preliminari  ex art. 415-bis c.p.p., con i
          connessi  avvisi,  inviti  e  comunicazioni  previsti dalla
          norma  e  che  nessuno  ha  chiesto  di essere interrogato;
              Evidenziata  l'acquisizione  delle  seguenti  fonti  di
          prova:
                  elementi   di  prova  indicati  e  riassunti  nella
          ordinanza  di custodia cautelare in carcere o - per Pignero
          -  agli arresti domiciliari, emessa dal G.i.p. di Milano in
          data  3 luglio  2006,  alla quale sono allegate, come parte
          integrante,  le  precedenti ordinanze di custodia cautelare
          in carcere emesse dal G.i.p. stesso in data 22 giugno 2005,
          dal  Tribunale del Riesame di Milano in data 20 luglio 2005
          ed  ancora  dal G.i.p. di Milano in data 27 settembre 2005:
          in  tali  provvedimenti  sono  analiticamente richiamate le
          fonti  di prova acquisite fino al 3 luglio 2006, alle quali
          deve  farsi qui integrale richiamo e che, comunque, saranno
          appresso citati;
                  quanto alla effettiva consumazione del sequestro:
                    denuncia  di  scomparsa  di Abu Omar sporta dalla
          moglie  Ghali  Nabila  e  dichiarazioni  da lei rese a piu'
          riprese al p.m., anche dopo avere incontrato in carcere, in
          Egitto,   il   marito   sequestrato   (vol.   I,   IV  atti
          processuali);
                    dichiarazioni  come  persone  informate sui fatti
          rese   a   piu'   riprese  (vedi  vol.  I,  IV  degli  atti
          processuali)  dalla  testimone  oculare  del sequestro Rezk
          Merfat,  nonche'  da  Elbady  Mohamed  Reda, Arman Ahmed El
          Hissiny  Helmy,  detto  Abu  Imad,  da  Salem  Shawki Bakry
          (marito  della  citata  teste  oculare), da Hassanein Hayam
          (che  dalla  stessa  teste  ebbe  a ricevere confidenze sul
          rapimento  cui  quest'ultima aveva assistito il 17 febbraio
          2003 in via Guerzoni, a Milano);
                    atti    del    separato    procedimento    penale
          n. 64847/06,  iscritto  a  carico  di  ignoti il 20 ottobre
          2006,  a  seguito  di  informativa in pari data della Digos
          della   Questura  di  Milano,  nonche'  dichiarazioni  come
          persona  informata  sui  fatti  di Elbrady Mohamed Reda (in
          data  24 ottobre 2006), missiva di Ghali Nabila, moglie del
          sequestrato  Nasr  Osama  Mustafa  Hassan  alias  Abu Omar;
          memoriale  del  sequestrato Nasr Osama Mustafa Hassan alias
          Abu Omar, allegato alla missiva di cui al punto precedente,
          in  ordine  alle  circostanze  del  suo  sequestro, del suo
          successivo trasferimento illegale in Egitto e delle torture
          ivi  subite  (con  traduzioni  in  italiano  dei due ultimi
          documenti): vedi vol. XXXII atti processuali;
                    esiti   di   indagini   compiute   dal   Ros  dei
          Carabinieri   di   Milano,   in   particolare  esito  delle
          intercettazioni   telefoniche   effettuate   sulle   utenze
          telefoniche  in  uso  a Ghali Nabila e Elbadry Mohamed Reda
          attraverso  cui e' stato possibile registrare conversazioni
          del  20  aprile  e  del 5 e 10 maggio del 2004 tra Abu Omar
          (chiamante  dall'Egitto)  ed  i due predetti interlocutori,
          contenenti precisi riferimenti al sequestro del 17 febbraio
          2003 (vedi vol. II atti processuali);
                    esiti  di indagini compiute dalla DIGOS di Milano
          sul  conto  di  Abu Omar, documentate nella informativa del
          29 giugno  2006  che riguarda anche i rapporti intrattenuti
          tra  lo  stesso ufficio e personale dell'FBI e della C.I.A.
          (vedi  in  vol.  VI),  nonche'  dal  Ros dei Carabinieri di
          Milano,  sull'associazione  terroristica di cui Abu Omar e'
          accusato  di  essere componente (vedi informativa 29 luglio
          2004  ed  atti conseguenti in vol. IV atti processuali, ivi
          compresa  l'ordinanza  di  custodia  cautelare  in  carcere
          emessa  contro  Abu  Omar  il 24 giugno 2005). Si tratta di
          atti utili per illuminare il movente del sequestro;
                  quanto all' individuazione dell'aeroporto di Aviano
          quale  base ove Abu Omar fu trasportato dopo il sequestro e
          da cui fu illegalmente trasferito all'estero, nonche' degli
          aerei  sui  quali  (da Aviano a Ramstein e da Ramstein a Il
          Cairo)  avvenne  tale  illegale  trasporto  dall'Italia  in
          Egitto:
                    indagini   svolte   dalla  Polizia  di  Frontiera
          dell'Aeroporto  di  Linate  (anche  presso  Eurocontrol  in
          Bruxelles),  dalla  Compagnia C.C. di Vicenza e dal Comando
          C.C.   presso   l'Aeroporto  di  Aviano;  attivita'  svolte
          direttamente  dal  p.m.  presso  gli  aeroporti di Aviano e
          Poggio  Renatico  con acquisizione delle dichiarazioni rese
          come  persone  informate sui fatti dal col. Scarpolini, dal
          gen. Gargini,  dal  col.  Ceccitetti, dal col. Scarabotto e
          dal  magg. Turrin; con acquisizione, altresi', di documenti
          presso   gli   Aeroporti   di  Aviano  e  Poggio  Renatico.
          Dichiarazioni  del  giornalista  inglese  Stephen Grey e di
          quello  italiano  Paolo  Biondani  (circa i risultati delle
          loro  inchieste  giornalistiche  sui voli organizzati dalla
          C.I.A.   per   lo   spostamento   di   presunti  terroristi
          illegalmente  sequestrati  in varie parti del mondo); (Vedi
          per  tutti  questi  atti:  vol. I e, per quanto riguarda le
          dichiarazioni di P. Biondani, vol. V);
                    atti   acquisiti  in  base  a  formale  rogatoria
          internazionale   dalla  Procura  Generale  di  Zweibrucken,
          competente  sulla  zona dell'Aeroporto di Ramstein: vedi in
          vol.  XVII  atti  processuali;  da  tali  atti risultano le
          presenze  in  Germania, subito dopo il sequestro, di alcuni
          imputati  statunitensi  ed intensi contatti di varie utenze
          tedesche,  intestate  alle Autorita' militari statunitensi,
          con  utenze  che  hanno  operato  in  Italia  all'atto  del
          sequestro  (tra  queste  l'utenza  del  col. Joseph Romano,
          responsabile  della  sicurezza  all'aeroporto  di Aviano al
          momento  del sequestro). Le Autorita' militari statunitensi
          si  sono  rifiutate  di  comunicare  a  quelle  tedesche la
          identita'  degli utilizzatori dei telefoni che risultano in
          contatto con quelle dei sequestratori in Italia;
                    atti   acquisiti  in  base  a  formale  rogatoria
          internazionale dall'Ufficio istruzione di Palma di Maiorca,
          relativi  -  per  la  parte  di  interesse - al transito in
          Spagna  dello  stesso aereo utilizzato per il trasferimento
          di Abu Omar da Ramstein a Il Cairo: vedi in vol. XVIII atti
          processuali;
                  quanto  alla  individuazione degli organizzatori ed
          esecutori  del sequestro (sia di nazionalita' statunitense,
          sia  di nazionalita' italiana come il Pironi e gli imputati
          appartenenti al S.I.S.Mi.):
                    esiti  delle  indagini della Polizia giudiziaria,
          in  particolare  compiute  dalla  Digos  della  Questura di
          Milano  (informative  contenute  nel vol. I, tra cui quella
          riassuntiva   del   24 febbraio  2005)  anche  al  fine  di
          individuare  gli  utilizzatori  dei  telefoni  mobili usati
          dagli  organizzatori  ed esecutori del sequestro (vedi atti
          in faldone n. 2);
                    acquisizione dei tabulati del traffico telefonico
          dei  telefoni mobili usati dagli organizzatori ed esecutori
          del   sequestro,   attraverso   cui   e'   stato  possibile
          individuare  la  loro presenza in vari hotel di Milano e di
          altre  localita',  acquisire  i  contratti di «apertura» di
          varie    carte   SIM   telefoniche   e,   conseguentemente,
          identificare  buona  parte  dei  responsabili del sequestro
          (vedi atti in Volumi nn. 1 e 2);
                    altre  indagini  della Digos che hanno consentito
          di identificare in Pironi Luciano, Medero B., Harbison G. e
          Faldo  V.  altri  responsabili  del sequestro (vedi atti in
          vol. V) e di acquisire ulteriori elementi di prova a carico
          del  Lady  Robert  e degli altri coindagati: in particolare
          informative  16 luglio 2005, 19 luglio 2005, 3 agosto 2005,
          14 settembre   2005,   20 ottobre  2005,  2 dicembre  2005,
          13 dicembre 2005, 21 febbraio 2006, 13 aprile 2006;
                  indagini  ed informative Digos di Milano e Digos di
          Roma   in   vol.   VI,   anche   relative  a  richieste  di
          autorizzazione  ad effettuare intercettazioni telefoniche e
          ad  acquisire tabulati di traffico telefonico, recanti date
          24 aprile  2006,  27 aprile 2006, 28 aprile 2006, 13 maggio
          2006,   18 magio  2006,  23 maggio  2006,  26 maggio  2006,
          1° giugno  2006,  2 giugno  2006  (su osservazione incontro
          Mancini-Pignero  del  2  giugno  2006),  27 giugno 2006, ed
          altre   (tutte   comunque   contenute   in   vol.  VI  atti
          processuali);
                    informativa  6 dicembre  2005  della  Polizia  di
          frontiera  di  Milano Linate sugli spostamenti in Europa di
          vari  imputati,  individuati  grazie all'utilizzo, da parte
          dei   medesimi,  di  tessere  «frequent  flyers»  di  varie
          compagnie aeree (vedi in vol. V atti processuali);
                    Dichiarazioni  rese  dal giornalista Carlo Bonini
          (vedi  vol.  IV e V atti processuali) circa l'intervista da
          lui  effettuata  ad un ex alto esponente della C.I.A. circa
          la   pratica   delle  c.d.  «renditions»  deliberata  dalla
          amministrazione  statunitense  quale mezzo di contrasto del
          terrorismo;
                    esiti   di   attivita'   di  intercettazioni  sia
          telefoniche,    acquisizioni   ed   analisi   di   traffico
          telefonico,   pedinamento,   perquisizioni   e   sequestri,
          peraltro sintetizzati nelle informative dei predetti organi
          di  polizia giudiziaria: vedi, in particolare, oltre quelli
          qui  citati,  informative  della Digos di Milano e gli atti
          contenuti nei volumi nn. VII, del fascicolo processuale;
                    analisi    traffico    telefonico   del   Pironi,
          acquisizione  e  contenuto dei documenti sequestrati presso
          il  ROS  C.C. di Milano relativi al Pironi, informative del
          ROS  C.C. di Milano sull'attivita' del Pironi (Atti in vol.
          VI);
                    dichiarazioni come persone informate sui fatti di
          Stefano  D'Ambrosio,  Sergio  Fedrico,  Migliorini  Danilo,
          Armiento  Jose'  Lucio,  Giuseppe  Gerli, Maurizio Regondi,
          Paolo Di Rocco, Mario Mettifogo, Emilio Palmieri, Benedetto
          Lauretti,   Corrado   Miralli,   Giuseppe   Mascolo,   Aldo
          Bernobich,  Franco  Gallo,  Diego  Mansutti,  Eraldo Indri,
          Alessandro Rizzi, Giuseppe Russo, Francesco Trippa, Roberta
          Sansovini,  Giulia Sbrizzai, Enrico Bison, Giorgio Mastroli
          (verbali tutti in vol. VI atti processuali);
                    confessioni   e   dichiarazioni   a   carico   di
          coimputati  del Pironi in data 14 aprile 2006 (vol. VI atti
          processuali),  in  data 20 luglio 2006 (in vol. XIII) e nel
          corso dell'incidente probatorio del 30 settembre 2006 (vedi
          trascrizione integrale in vol. XXX degli atti processuali);
                    dichiarazioni  come  persone  informate sui fatti
          (in vol. VI) di Gustavo Pignero;
                    esito  perquisizione e sequestro effettuati dalla
          Digos  di  Milano  nella  casa di Penango di Lady Robert in
          data 23 giugno 2005 (vedi vol. III atti processuali);
                    corrispondenza  varia  con  Carabinieri presso il
          Ministero  degli  esteri  e  con  i direttori di S.I.S.Mi.,
          SISDe  (vol.  V  atti  processuali)  da  cui  risultano  le
          funzioni  esercitate  e  le  presenze  in  Italia di alcuni
          imputati di nazionalita' statunitense, da cui risulta anche
          la  insussistenza  del  segreto  di Stato sulla vicenda del
          sequestro di Abu Omar;
                    esiti  di  attivita'  di  indagine,  di  arresti,
          perquisizioni  e sequestri effettuati dalla Digos di Milano
          e  dalla  Digos di Roma il 5 luglio 2006, tra cui sequestro
          di  documenti e materiali informatici presso l'appartamento
          di via Nazionale in Roma, in uso al S.I.S.Mi.: vedi atti ed
          informative   contenuti  nei  volumi  nn. X  del  fascicolo
          processuale.  Dal  materiale sequestrato in via Nazionale a
          Roma  e'  agevole dedurre l'attenzione con cui il S.I.S.Mi.
          (ed  il  Pompa in particolare) seguiva, a scopi depistanti,
          l'indagine  della  Procura  di  Milano sul sequestro di Abu
          Omar.  Ed  e' stata anche sequestrata documentazione da cui
          risulta   pacificamente   che,   contrariamente   a  quanto
          affermato   dall'imputato  Pollari  in  sedi  istituzionali
          nazionali   ed   internazionali,  il  S.I.S.Mi.  era  stato
          informato   dalla   C.I.A.   sulla   effettiva   sorte  del
          sequestrato  sin  da  epoca  immediatamente  successiva  al
          17 febbraio 2003;
                    dichiarazioni  rese  da Antonelli Claudio, Ciorra
          Giuseppe,  De  Gregori  Luciano, Di Troia Raffaele e Farina
          Renato  (nel  corso  degli  interrogatori  cui  sono  stati
          sottoposti    quali    indagati),   contenenti   specifiche
          ammissioni  sui  fatti  a loro rispettivamente contestati e
          sulle  condotte tenute da alcuni coimputati italiani : vedi
          vol. XI atti processuali;
                    dichiarazioni  rese  da  Iodice  Marco (nel corso
          dell'   interrogatorio   cui   e'  stato  sottoposto  quale
          indagato), contenenti specifiche ammissioni sui fatti a lui
          ascritti  e  sulle  condotte  tenute  da  alcuni coimputati
          italiani: vedi vol. XII atti processuali;
                    dichiarazioni  rese  da Pillinini Lorenzo, Pironi
          Luciano,  Regondi Maurizio, e Seno Luciano (nel corso degli
          interrogatori  cui  sono  stati sottoposti quali indagati),
          contenenti   specifiche   ammissioni   sui   fatti  a  loro
          rispettivamente  contestati  e  sulle  condotte  tenute  da
          alcuni   coimputati   italiani:   vedi   vol.   XIII   atti
          processuali;   in  tale  volume  sono  anche  contenute  le
          dichiarazioni  rese  quali indagati da Pollari Nicolo' (che
          si  e'  avvalso  della  facolta'  di  non  rispondere  alle
          domande, strumentalmente affermando di non poter violare il
          segreto di Stato, dopo avere, in precedente corrispondenza,
          comunicato  formalmente  ai  p.m. l'inesistenza del segreto
          stesso  sulla vicenda del sequestro di Abu Omar) e da Pompa
          Pio   (che  pure  si  e'  avvalso  della  facolta'  di  non
          rispondere alle domande);
                    dichiarazioni  rese  da  Mancini Marco (nel corso
          degli  interrogatori cui e' stato sottoposto quale indagato
          dal  G.i.p.  e  dal  p.m.,  rispettivamente  in  data  11 e
          13 luglio 2006), contenenti specifiche ammissioni sui fatti
          a lui ascritti e sulle condotte tenute da alcuni coimputati
          italiani,  compreso  il  Pollari  da  cui  ebbe  a ricevere
          direttive  per  la preparazione del sequestro: vedi vol. XV
          atti processuali;
                    dichiarazioni  rese da Pignero Gustavo (nel corso
          degli  interrogatori cui e' stato sottoposto quale indagato
          dal G.i.p e dal p.m., rispettivamente in data 7 ed 8 luglio
          2006),  contenenti  specifiche  ammissioni  sui fatti a lui
          ascritti  e  sulle  condotte  tenute  da  alcuni coimputati
          italiani: vedi vol. XIV atti processuali;
                    dichiarazioni  rese  da  D'Ambrosio Stefano il 12
          luglio   2006,  Battelli  Gianfranco,  Curti  Gianvigio  il
          5 luglio  2006, D'Avanzo Giuseppe il 13 luglio 2006, Fusani
          Claudia  il 5 luglio 2006, Fusco Giovanni il 5 luglio 2006,
          Ghioni  Fabio il 5 luglio 2006, Murgolo Lorenzo il 5 luglio
          2006, Purgatori Andrea il 5 luglio 2006, Scandone Andrea il
          5 luglio 2006, Palmaroli Flavio il 6 luglio 20 luglio 2006,
          de  Marzio  Vincenzo  il  3 ottobre 2006, Jannone Angelo il
          3 ottobre  2006, De Mai Alfonso il 3 ottobre 2006, Tavaroli
          Giuliano  il  4 ottobre  2006  e Melletti Luca il 4 ottobre
          2006  (tutte  rese  nel  corso  degli  esami cui sono stati
          sottoposti  dal  p.m.  quali  persone informate sui fatti):
          vedi  in  vol.  XVI.  In  particolare, le dichiarazioni del
          Battelli,  ex  direttore  del  S.I.S.Mi., sono valutabili a
          carico  del  Castelli  e  del  Pollari e confermano in toto
          l'impianto accusatorio;
                    in  particolare,  quanto  alle responsabilita' di
          imputati  appartenenti  al  S.I.S.Mi.  (comprese quelle del
          Pompa,   imputato   del   solo   reato  di  favoreggiamento
          personale),  esito  di intercettazioni telefoniche disposte
          su  utenze in uso a Pillinini Lorenzo e Mancini Marco (vol.
          XXIV atti processuali); a Ciorra Giuseppe, Regondi Maurizio
          e  Pignero  Gustavo  (vol.  XXV atti processuali); a Iodice
          Marco  e  Seno  Luciano (vol. XXVI atti processuali; per il
          solo Seno: anche atti in vol. XXXII); a Farina Renato (vol.
          XXVII  e XXVIII atti processuali); a Pompa Pio (vol. XXVIII
          atti processuali);
                    trascrizione  della  conversazione intervenuta il
          2 giugno  2006  in  Roma, tra Mancini e Pignero, registrata
          spontaneamente   dal   Mancini;  il  supporto  audio  della
          registrazione  e la trascrizione disposta dai difensori del
          Mancini   sono   stati   consegnati  al  G.i.p.  nel  corso
          dell'interrogatorio  del  7 luglio  2007: vedi atti in vol.
          XIV;
                  quanto  alla posizione del Seno, accusato del reato
          di  favoreggiamento  personale,  si  vedano  le  telefonate
          registrate  sulla  utenza a lui in uso (atti in vol. XXVI e
          XXXII),  tra  cui  quelle  in  data  1°  giugno 2006 da cui
          pacificamente  risulta  che  egli  pose  il  suo telefono a
          disposizione  di  Mancini e Pignero onde consentire loro di
          effettuare   comunicazioni   in   condizioni   di  ritenuta
          sicurezza  al  fine di concordare attivita' e dichiarazioni
          depistanti rispetto alle indagini in corso;
                  per quanto riguarda gli imputati di favoreggiamento
          Farina  e  Pompa,  oltre  le  gia'  citate  intercettazioni
          telefoniche,  costituiscono  fonti  di  prova a loro carico
          anche:
                    il materiale sequestrato in via Nazionale a Roma,
          nella  base  del  S.I.S.Mi.  gestita  da  Pio  Pompa  e  le
          dichiarazioni  rese  da Farina ed Antonelli Claudio in sede
          di interrogatorio;
                    trascrizione  del  colloquio  intervenuto  il  22
          maggio  2006 tra Farina Renato, Antonelli Claudio ed i p.m.
          A. Spataro e Pomarici (in vol. VI).
                                   P. Q. M.
              Visti gli artt. 416, 417 c.p.p.
              Chiede  l'emissione del decreto che dispone il giudizio
          nei confronti di tutti i 35 indagati in rubrica per i reati
          a ciascuno di loro rispettivamente ascritti;
              Manda alla segreteria per gli adempimenti di competenza
          e  in  particolare  per  la  trasmissione,  unitamente alla
          presente  richiesta, del fascicolo contenente la notizia di
          reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e
          i  verbali  degli  atti  eventualmente  compiuti davanti al
          giudice per le indagini preliminari.
                  Milano, addi' 5 dicembre 2006
          Il  Procuratore  della  Repubblica  agg.:  (dr.  Ferdinando
                                   Pomarici)
          Il   Procuratore   della   Repubblica  agg.:  (dr.  Armando
                                   Spataro).
          3) Si   allegano,   in  proposito,  i  seguenti  documenti:
          promemoria  di  Abu Omar (doc. n. 8); verbale di assunzione
          di  informazioni  rese alla Procura di Milano da El Hissiny
          Helmy  Arman  Ahmed  in  data  15  giugno 2004 (doc. n. 9);
          verbale  di assunzione di informazioni rese alla Procura di
          Milano da Mohamed Reda Elbadry in data 15 giugno 2004 (doc.
          n. 10)  dichiarazioni  rese  dalla  signora  Nabila  Ghali,
          moglie  di  Abu  Omar,  al  procuratore aggiunto di Milano,
          negli  uffici  della  Questura di Milano, il 26 giugno 2005
          (doc. n. 11).
          4) Si  riporta  qui  di  seguito  la  parte  iniziale della
          Risoluzione del 14 febbraio 2007 del Parlamento europeo sul
          presunto uso dei Paesi europei da parte della C.I.A. per il
          trasporto   e   la   detenzione   illegali  di  prigionieri
          (2006/2200(INI):  «Il  Parlamento  europeo,  vista  la  sua
          risoluzione del 15 dicembre 2005 sul presunto uso dei paesi
          europei  da  parte  della  C.I.A.  per  il  trasporto  e la
          detenzione illegali di prigionieri (1);
                    vista  la sua decisione del 18 gennaio 2006 sulla
          costituzione di una commissione temporanea sul presunto uso
          dei  Paesi europei da parte della C.I.A. per il trasporto e
          la detenzione illegale di prigionieri (2);
                    vista  la  risoluzione  del  6  luglio  2006  sul
          presunto uso dei paesi europei da parte della C.I.A. per il
          trasporto  e  la  detenzione  illegali di prigionieri sulla
          relazione intermedia della commissione temporanea (3);
                    viste  le  delegazioni  che  la  sua  commissione
          temporanea  ha  inviato  nell'ex  Repubblica  iugoslava  di
          Macedonia, negli Stati Uniti, in Germania, nel Regno Unito,
          in Romania, in Polonia e in Portogallo,
                    viste   le   centotrenta  audizioni  che  la  sua
          commissione  temporanea  ha  svolto  come minimo nel quadro
          delle sue riunioni, delegazioni e colloqui confidenziali;
                  visti tutti i contributi scritti ricevuti dalla sua
          commissione temporanea o ai quali essa ha avuto accesso, in
          particolare  i  documenti  confidenziali  che le sono stati
          trasmessi in particolare dall'Organizzazione europea per la
          sicurezza  della  navigazione  aerea  (Eurocontrol)  e  dal
          governo tedesco o che essa ha ottenuto da varie fonti;
                  vista  la  sua risoluzione del 30 novembre 2006 sui
          progressi  compiuti dall'U.E. nella creazione di uno spazio
          di  liberta', di sicurezza e di giustizia (artt. 2 e 39 del
          trattato UE), e in particolare il paragrafo 3 (4);
                  vista  la  sua risoluzione del 13 giugno 2006 sulla
          situazione dei prigionieri detenuti a Guantanamo (5);
                  visto l'art. 175 del suo regolamento;
                  vista la relazione della commissione temporanea sul
          presunto  utilizzo  di  paesi europei da parte della C.I.A.
          per  il  trasporto  e  la  detenzione  illegali  di persone
          (A6-0020/2007);
                  A)  considerando  che  nella  sua risoluzione del 6
          luglio  2006  il  Parlamento  ha  deciso che la commissione
          "temporanea   proseguira'  i  suoi  lavori  per  la  durata
          restante  del  mandato  regolamentare di dodici mesi, fatte
          salve  le  disposizioni  dell'art.  175 del suo regolamento
          relative ad un eventuale prolungamento";
                  (omissis);
                  C)  considerando  che  gli Stati membri non possono
          sottrarsi  agli  obblighi  che loro incombono in virtu' del
          diritto    comunitario   e   del   diritto   internazionale
          consentendo  ai  servizi segreti di altri paesi, soggetti a
          disposizioni  giuridiche  meno  severe, di operare sul loro
          territorio; considerando inoltre che l'attivita' svolta dai
          servizi  segreti  e'  conforme ai diritti fondamentali solo
          qualora  esistano disposizioni adeguate che ne garantiscano
          il controllo;
                  D)      considerando      che      il     principio
          dell'inviolabilita'  della  dignita'  umana  e' sancito dal
          diritto   internazionale   in  materia  di  diritti  umani,
          segnatamente  nel  preambolo  alla Dichiarazione universale
          dei  diritti dell'uomo e nel preambolo nonche' nell'art. 10
          della  Convenzione  internazionale  sui  diritti  civili  e
          politici,  e  considerando che detto principio e' garantito
          dalla   giurisprudenza  della  Corte  europea  dei  diritti
          dell'uomo;   considerando   che   questo   principio  viene
          riaffermato  nelle  costituzioni  della maggior parte degli
          Stati  membri  nonche'  all'art. 1  della Carta dei diritti
          fondamentali dell'Unione europea (7), e considerando che il
          principio in parola non deve essere compromesso, neanche ai
          fini della sicurezza, ne' in tempo di pace ne' in guerra;
                  E)      considerando      che      il     principio
          dell'inviolabilita'  della  dignita'  umana e' alla base di
          ogni  altro  diritto fondamentale garantito dagli strumenti
          internazionali,  europei  e nazionali in materia di diritti
          umani, in particolare il diritto alla vita, il diritto alla
          liberta'  dalla  tortura  e da pene o trattamenti inumani o
          degradanti,  il  diritto alla liberta' e alla sicurezza, il
          diritto   alla   protezione   in  caso  di  allontanamento,
          espulsione  o  estradizione  e  il  diritto  ad  un ricorso
          effettivo e ad un giudice imparziale,
                  F)  considerando che la consegna straordinaria e la
          detenzione  segreta  comportano  molteplici  violazioni dei
          diritti  umani,  in particolare violazioni del diritto alla
          liberta' e alla sicurezza, alla liberta' dalla tortura e da
          trattamenti  crudeli,  inumani o degradanti, del diritto ad
          un  ricorso  effettivo  e nei casi estremi del diritto alla
          vita;  considerando  che in taluni casi, quando la consegna
          porta   alla   detenzione  segreta,  essa  costituisce  una
          scomparsa forzata;
                  G) considerando che la proibizione della tortura e'
          una  norma imperativa del diritto internazionale jus cogens
          a  cui  non e' possibile derogare e l'obbligo di proteggere
          dalla tortura, di indagare in proposito e di condannarla e'
          un  obbligo  di  tutti  gli  Stati erga omnes, come sancito
          dall'art.  5  della  Dichiarazione  universale  dei diritti
          umani,  dall'art.  7  della  Convenzione internazionale sui
          diritti  civili  e  politici, dall'art. 3 della Convenzione
          europea  per  la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
          liberta'  fondamentali  (ECHR)  e  relativa giurisprudenza,
          dall'art. 4    della   Carta   dei   diritti   fondamentali
          dell'Unione  europea  e  dalle  costituzioni e legislazioni
          nazionali  degli Stati membri; considerando che convenzioni
          e   protocolli   specifici   concernenti  la  tortura  e  i
          meccanismi  di  controllo  adottati  a  livello  europeo  e
          internazionale  dimostrano  l'importanza  attribuita  dalla
          comunita'   internazionale   a  questa  norma  inviolabile;
          considerando   che   l'uso   di  garanzie  diplomatiche  e'
          incompatibile con tale obbligo;
                  H)  considerando  che  nelle  democrazie  in cui e'
          intrinseco il rispetto per lo Stato di diritto, la lotta al
          terrorismo  non  puo' essere vinta sacrificando o limitando
          proprio  i principi che il terrorismo cerca di distruggere,
          in   particolare   non   deve  mai  essere  compromessa  la
          protezione dei diritti umani e delle liberta' fondamentali;
          considerando   che   il   terrorismo  puo'  e  deve  essere
          combattuto  con  mezzi  legali  e deve essere sconfitto nel
          rispetto del diritto nazionale e internazionale;
                  I)  considerando  che e' necessario creare efficaci
          strumenti giuridici per combattere il terrorismo nel quadro
          del diritto internazionale e nazionale;
                  (omissis);
                  K)  considerando  che  la presente relazione non e'
          intesa  come  un  attacco  alla  natura  confidenziale  dei
          servizi   segreti   ma  e'  piuttosto  volta  a  denunciare
          l'illegalita'    delle   attivita'   segrete   che,   nelle
          circostanze  in  esame,  hanno  portato alla violazione del
          diritto  nazionale  e  internazionale  in  mancanza  di  un
          controllo democratico appropriato;
                  L)   considerando   che  il  6  settembre  2006  il
          Presidente  statunitense  George  W. Bush confermava che la
          Central   Intelligence   Agency,  la  C.I.A.,  gestisce  un
          programma  di  detenzione  segreta  al di fuori degli Stati
          Uniti;
                  M)  considerando  che  il  Presidente  statunitense
          George  W.  Bush  ha  dichiarato che le informazioni vitali
          ottenute  con  il  programma di consegne straordinarie e di
          detenzione  segreta erano state condivise con altri paesi e
          che  il  programma  sarebbe  continuato,  e che pertanto e'
          quanto  mai  possibile  che  alcuni  paesi  europei abbiano
          ricevuto, consapevolmente o inconsapevolmente, informazioni
          ottenute sotto tortura;
                  (omissis);
                  1)  ricorda che il terrorismo rappresenta una delle
          principali minacce alla sicurezza dell'Unione europea e che
          esso  deve  essere  combattuto  con  iniziative legittime e
          coordinate   da   tutti   i  Governi  europei,  in  stretta
          collaborazione  con  partner  internazionali e segnatamente
          con  gli  Stati  Uniti,  seguendo  le linee della strategia
          definita  a  livello delle Nazioni Unite; sottolinea che la
          lotta  contro  il  terrorismo  va  condotta  sulla base dei
          nostri  valori  comuni  di  democrazia,  Stato  di diritto,
          diritti  umani  e  liberta'  fondamentali  e a tutela degli
          stessi;  sottolinea  inoltre  che tutte le attivita' svolte
          dalla   commissione   temporanea   intendono   portare   un
          contributo  allo  sviluppo di misure precise e mirate nella
          lotta  al  terrorismo,  che  siano accettate da tutti e che
          rispettino il diritto nazionale e internazionale;
                  2)  ritiene  che  dopo gli eventi dell'Il settembre
          2001,  la  cosiddetta  «guerra  al  terrore»,  con  i  suoi
          eccessi, abbia prodotto una grave e pericolosa erosione dei
          diritti  umani e delle liberta' fondamentali, come rilevato
          dall'uscente Segretario generale dell'ONU Kofi Annan;
                  3)  e'  convinto  che i diritti dell'individuo e il
          pieno   rispetto  dei  diritti  umani  contribuiscano  alla
          sicurezza;   ritiene   necessario   che,  nel  contemperare
          l'esigenza   di   sicurezza   con  i  diritti  dei  singoli
          individui,  siano  sempre  pienamente  rispettati i diritti
          umani,  garantendo  quindi  che i sospetti terroristi siano
          sottoposti  a  processo  e  condannati  nel  rispetto delle
          regole di diritto;
                  4)  sottolinea che l'obbligo positivo di proteggere
          i  diritti  umani  e' vincolante, a prescindere dallo stato
          giuridico  dell'individuo  interessato,  e  che deve essere
          evitata  qualsiasi  discriminazione  tra  i  cittadini e, i
          residenti  degli  Stati  membri  o  qualsiasi altra persona
          avente  diritto  alla  protezione  degli  stessi o comunque
          soggetta alla giurisdizione di questi ultimi;
                  5)  ricorda che oggetto della presente risoluzione,
          basata  sulla  relazione  della sua commissione temporanea,
          consiste  nel  determinare le responsabilita' dei fatti che
          ha  potuto  esaminare  e  inoltre nel prevedere i mezzi per
          evitare  che  in  futuro  possano riprodursi gli abusi e le
          violazioni   perpetrati   nel   quadro   della   lotta   al
          terrorismo...».
          5) I  testi  del  Rapporto Marty, della Risoluzione n. 1507
          (2006)  e  della  Raccomandazione  1754 (2006), tradotti in
          italiano,  sono integralmente riportatati, rispettivamente,
          a  pp.  27  ss.,  155  ss.  e  165 ss. del volume a cura di
          Amnesty  International, Voli segreti, Ega, Torino, 2006. Al
          punto  3.4, il Rapporto si occupa delle vicende connesse al
          rapimento di Abu Omar (p. 91 ss. del volume).
          6) Da  ultimo, in data 7 giugno 2007, la Commissione affari
          legali  e  diritti  umani del Consiglio d'Europa ha infatti
          presentato  un rapporto aggiornato sul coinvolgimento degli
          Stati  membri  del  Consiglio  d'Europa  nei  trasferimenti
          illegali di detenuti e prigioni segrete («Secret detentions
          and  illegal  transfers  of  detainees involving Council of
          Europe  member  States: second report») (doc. n. 14). Nella
          proposta   di   Risoluzione   che  dovra'  essere  discussa
          dall'Assemblea  parlamentare  del  Consiglio  d'Europa,  la
          Commissione  deplora  che  i concetti di segreto di Stato e
          sicurezza  nazionale vengano invocati da molti Governi, tra
          cui   l'Italia,   per  ostacolare  indagini  giudiziarie  e
          parlamentari  aventi  per  obiettivo  l'accertamento  delle
          responsabilita'  dell'esecutivo in relazione a gravi accuse
          di  violazioni  dei  diritti  umani (punto n. 8) ed afferma
          esplicitamente  che il ricorso al segreto di Stato da parte
          del   Governo   italiano   costituisce   un  ostacolo  allo
          svolgimento  del giudizio penale a carico dei sequestratori
          di  Abu  Omar.  L'Assemblea  manifesta al riguardo profonda
          preoccupazione,  considerando  tali  iniziative governative
          come    intollerabili   ostacoli   all'indipendenza   della
          Giustizia    (punto   14).   Infine   nella   proposta   di
          Raccomandazione  la  Commissione  afferma,  tra l'altro, la
          necessita'   di   specifiche  iniziative  per  evitare  che
          l'indebito  utilizzo  del  segreto di Stato possa servire a
          coprire gravi violazioni dei diritti umani (punto n. 3).
          7) V.  i  casi  di  El  Masri e di Maher Arar, riportati ai
          punti  3.1 e 3.6 del rapporto Marty (Amnesty International,
          Voli segreti, cit., pp. 67 ss. e 97 ss.).
          8) ...  il  cui  art. 3,  comma  1, cosi' dispone: «Nessuno
          Stato  espellera',  respingera'  o  estradera'  una persona
          verso  un  altro  Stato  nel  quale vi siano seri motivi di
          ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura».
          9) La  Corte  europea  dei diritti dell'uomo, sin dal 1979,
          con  la  pronuncia  Airey c. Irlanda del 9 ottobre 1979, ha
          affermato,  come anche in altre ipotesi, che la Convenzione
          non  garantisce  solo  diritti  di  liberta' dall'ingerenza
          degli  Stati,  ma  impone  altresi'  agli  Stati  membri di
          intervenire  perche'  assicurino  il  rispetto  dei diritti
          proclamati   nella  Convenzione.  Piu'  di  recente  v.  la
          decisione del 28 luglio 1999, nel caso Selmouni c. Francia.
          La stessa Corte ha ravvisato una violazione «per omissione»
          dell'art. 3  C.e.d.u.  nella  decisione 30 luglio 1998, nel
          caso Aerts c. Belgio.
                              P. Q. M.
    Si   chiede  a  codesta  ecc.ma  Corte,  previa  declaratoria  di
ammissibilita' del presente conflitto, in accoglimento delle presenti
conclusioni  in via istruttoria, ordinare al Presidente del Consiglio
dei   ministri   l'esibizione  della  direttiva  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  del  30  luglio 1985 n. 2001.5/07 e di ogni
altro atto con cui il segreto in questione sarebbe stato apposto;
    Nel   merito,   dichiarare  che  non  spetta  al  Presidente  del
Consiglio,  con  riferimento  al  sequestro  di  persona di Abu Omar,
disporre  la  segretazione di atti e notizie riguardanti le modalita'
progettuali,  organizzative ed esecutive del suo rapimento, in quanto
esse costituiscono «fatti eversivi dell'ordine costituzionale»;
    Dichiarare  che  non  spetta  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri   segretare  notizie  e  documenti  sia  genericamente,  sia
immotivatamente, sia retroattivamente;
    Conseguentemente, annullare in parte qua le note dell'11 novembre
2005 e del 26 luglio 2006 e, se del caso, la direttiva del Presidente
del Consiglio del 30 luglio 1985 n. 2001.5/07 nonche' la «Nota per la
stampa»  del  5 giugno  2007 dell'Ufficio stampa e del portavoce» del
Presidente del Consiglio on. Romano Prodi.
    Si   depositano  insieme  con  il  presente  ricorso  i  seguenti
documenti:
        1)   Nota   26  luglio  2006  del  Presidente  del  Consiglio
on. Prodi.
        2)  Nota  11  novembre  2005  del  Presidente  del  Consiglio
on. Berlusconi.
        3)  Nota  5  giugno  2007  del  portavoce  del Presidente del
Consiglio on. Prodi.
        4) Missiva 18 luglio 2006 del Procuratore della Repubblica di
Milano al Presidente del Consiglio on. Prodi.
        5) Richiesta di rinvio a giudizio 5 dicembre 2006.
        6)  Ricorso  per  conflitto  del Presidente del Consiglio dei
ministri con allegata ordinanza n. 124 del 2007.
        7)  Memoria  di costituzione della Procura di Milano in detto
conflitto.
        8) Promemoria di Abu Omar.
        9) Verbale di assunzione di informazioni rese alla Procura di
Milano da El Hissiny Helmy Arman Ahmed in data 15 giugno 2004.
        10)  Verbale  di assunzione di informazioni rese alla Procura
di Milano da Mohamed Reda Elbadry in data 15 giugno 2004.
        11)  Dichiarazioni rese dalla signora Nabila Ghali, moglie di
Abu  Omar,  al  procuratore  aggiunto  di  Milano, negli uffici della
Questura di Milano, il 26 giugno 2005.
        12) Risoluzione del Parlamento Europeo del 14 febbraio 2007.
        13)  Stralci  dal  volume  «Voli  segreti»  a cura di Amnesty
International, contenente il rapporto della Commissione affari legali
e  diritti umani del Consiglio d'Europa, e il testo della risoluzione
1507 e della raccomandazione 1754 del Consiglio d'Europa.
        14)  Testo  provvisorio  delle  proposte  di risoluzione e di
raccomandazione  del  Consiglio d'Europa predisposto in data 7 giugno
2007,  dalla  Commissione affari legali e diritti umani del Consiglio
d'Europa.
        Roma, addi' 12 giugno 2007
                     Prof. avv. Alessandro Pace
          Avvertenza
              L'ammissibilita' del presente conflitto e' stata decisa
          con  ordinanza  n. 337/2007  e  pubblicata  nella  Gazzetta
          Ufficiale, 1ª serie speciale, n. 38 del 3 ottobre 2007.
07C1212