N. 6 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 9 ottobre 2007
Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (merito) depositato in cancelleria il 9 ottobre 2007 (della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano) Segreto di Stato - Indagini della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano nell'ambito del procedimento penale sul sequestro di persona di Nasr Osama Mustafa Hassan, alias Abu Omar, instaurato nei confronti di funzionari del SISMI e di agenti di un Servizio straniero - Richiesta inoltrata dalla Procura di Milano al Ministro della difesa per l'acquisizione di atti e informazioni concernenti il sequestro o in generale di documenti, informative e atti relativi alla pratica delle c.d. «renditions» - Nota prot. n. USG/2.SP/813/50/347 del 26 luglio 2006 a firma del Presidente del Consiglio dei ministri, on. Prodi, e nota prot. n. USG/2-SP/1318/50/347 dell'11 novembre 2005 a firma del precedente Presidente del Consiglio dei ministri, on. Berlusconi, che appongono il segreto di stato sugli atti concernenti il sequestro, nonche' «nota per la stampa» del 5 giugno 2007 dell'Ufficio Stampa e del Portavoce del Presidente del Consiglio, on. Prodi, e direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri, on. Berlusconi, del 30 luglio 2005 n. 2001.5/707 - Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri sollevato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri - Denunciata violazione della sfera di attribuzioni costituzionali del P.M. attraverso atti commessi in violazione del divieto di coprire col segreto di Stato fatti eversivi dell'ordine costituzionale, con eccesso di potere per errore o falsita' dei presupposti, con assoluta carenza di motivazione, con lesione del principio di legalita', con lesione del principio di irretroattivita' dell'apposizione del segreto di Stato, con lesione del principio dell'obbligatorieta' dell'azione penale - Richiesta alla Corte costituzionale: a) di dichiarare, con riferimento al sequestro di persona di Abu Omar, la non spettanza al Presidente del Consiglio dei ministri di disporre la secretazione di atti e notizie riguardanti le modalita' progettuali, organizzative ed esecutive del suo rapimento, in quanto «fatti eversivi dell'ordine costituzionale»; nonche' la non spettanza al Presidente del Consiglio dei ministri di secretare notizie e documenti sia genericamente, sia immotivatamente, sia retroattivamente; b) di ordinare, in via istruttoria, al Presidente del Consiglio dei ministri l'esibizione della direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 luglio 2005 n. 2001.5/07 e di ogni altro atto con cui il segreto in questione sarebbe stato apposto - Conseguente richiesta alla Corte di annullamento degli atti sopra indicati. - Nota prot. n. USG/2.SP/813/50/347 del 26 luglio 2006 a firma del Presidente del Consiglio dei ministri, on. Prodi; nota prot. n. USG/2-SP/1318/50/347 dell'11 novembre 2005 a firma del precedente Presidente del Consiglio dei ministri, on. Berlusconi; «nota per la stampa» del 5 giugno 2007 dell'Ufficio Stampa e del Portavoce del Presidente del Consiglio, on. Prodi; direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri, on. Berlusconi, del 30 luglio 2005 n. 2001.5/707. - Costituzione, art. 112; legge 24 ottobre 1977, n. 801, artt. 12, comma 2, e 16; cod. proc. pen., artt. 202 e 256.(GU n.42 del 31-10-2007 )
Ricorso della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano in persona del Procuratore della Repubblica, dott. Manlio Minale, sedente per la carica presso il Palazzo di giustizia di Milano, corso di Porta Vittoria, rappresentato e difeso dal prof. avv. Alessandro Pace, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, piazza delle Muse n. 8, come da procura a margine del presente atto; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore sedente per la carica in Roma, Palazzo Chigi, in relazione: alla nota prot. n. USG/2.SP/813/50/347 del 26 luglio 2006 del Presidente del Consiglio on. Romano Prodi, pervenuta al Procuratore della Repubblica di Milano in data 1° agosto 2007, con la quale il Presidente del Consiglio pro tempore, con riferimento alle note vicende del sequestro di persona di Nasr Osama Mustafa Hassan, alias Abu Omar avvenuto in Milano il 17 febbraio 2003, comunicava alla Procura di Milano che su tutti i «fatti concernenti il sequestro di Abu Omar», sulle «vicende sopra descritte che lo hanno preceduto» e «in generale (su) tutti i documenti, informative o atti relativi alla pratica delle c.d. "renditions"», era stato apposto il segreto di Stato dal precedente Presidente del Consiglio dei ministri, on. Silvio Berlusconi, e che tale segreto, in data e con modalita' imprecisate, e' stato successivamente confermato dallo scrivente (doc. n. 1); alla nota prot. n. USG/2-SP/1318/50/347 dell'11 novembre 2005 a firma del precedente Presidente del Consiglio on. Silvio Berlusconi (doc. n. 2); alla «nota per la stampa» del 5 giugno 2007 dell'ufficio stampa e del portavoce del Presidente del Consiglio on. Romano Prodi (doc. n. 3), e, per quanto possa occorrere, in relazione alla direttiva del Presidente del Consiglio pro tempore del 30 luglio 2005 n. 2001.5/19707. I fatti antecedenti il ricorso per conflitto di attribuzioni del Presidente del Consiglio dei ministri contro la Procura di Milano La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano e la Digos della Questura di Milano avevano, sin dalla meta' del 2002, sottoposto a indagini per il reato di cui all'art. 270-bis c.p. Nasr Osama Mustafa Hassan detto Abu Omar, quando improvvisamente, il 17 febbraio 2003, egli scompariva. La moglie ne denunciava la sparizione dopo un paio di giorni. Le conseguenti indagini si sviluppavano grazie, soprattutto, ad intercettazioni telefoniche ed all'analisi del traffico di telefonia mobile intervenuto nel giorno, nell'ora e nell'area in cui il sequestro era stato consumato. Quanto alle intercettazioni telefoniche - che erano state disposte nell'ambito delle indagini per reati connessi al terrorismo di cd. matrice islamica a carico dello stesso Abu Omar - emergeva dalle stesse che costui, verso il 20 aprile del 2004, era stato liberato da una prigione egiziana dove si trovava detenuto sin dalla sua scomparsa e si era messo in contatto telefonicamente sia con la moglie sia con un suo correligionario islamico (Elbrady Mohamed Reda), anche lui sottoposto ad indagini ed intercettazioni. Ad entrambi Abu Omar aveva raccontato di essere stato sequestrato, messo su un furgone, bendato e trasportato prima in una base aerea sita a cinque ore circa di distanza da Milano (individuata dagli inquirenti in quella di Aviano) e poi, in aereo, a Il Cairo (previa sosta intermedia nell'aeroporto di Ramstein, in Germania, come pure accertato dagli inquirenti). Durante la detenzione, aveva subito torture e violenze di vario tipo. L'analisi del traffico di telefonia mobile prendeva spunto dalla dichiarazione di una teste egiziana, la quale aveva visto uno dei rapitori parlare al telefonino. Proprio per tale ragione, l'analisi riguardava il traffico intervenuto nelle «celle» che coprono territorialmente il luogo del sequestro (la via Guerzoni a Milano) e le vie limitrofe, il 17 febbraio e nei giorni precedenti. Era cosi' possibile selezionare, tra migliaia di telefonate e utenze, 17 utenze risultate in contatto tra loro, nel giorno del sequestro. Quasi tutte queste utenze erano state attivate circa un mese prima del sequestro ed avevano cessato di funzionare due giorni dopo la sua consumazione. Sedici di esse risultavano intestate fittiziamente a persone inconsapevoli (cinque o sei alla stessa persona), altre non intestate ad alcuno, una risultava intestata ad una cittadina statunitense. Lo sviluppo dei dati dei tabulati relativi al traffico telefonico di tali utenze, e di altre utenze risultate in contatto con queste, consentiva di identificare 25 cittadini statunitensi che ne erano intestatari. I loro nominativi venivano individuati attraverso controlli in hotel milanesi siti nelle zone dove i telefonini avevano funzionato in ore notturne, in hotel di altre citta', nonche' incrociando dati relativi alle chiamate effettuate, all'uso di carte di credito, di Viacard autostradali, agli accertati noleggi di autovetture etc. In alcuni hotel, cosi' come presso autonoleggi, venivano anche acquisite copie di alcuni passaporti. Tra gli utilizzatori di questi telefoni cellulari, alcuni risultavano essere giunti ad Aviano (partendo dalla zona del sequestro) appena quattro o cinque ore dopo il sequestro stesso; altri risultavano solo avere partecipato ai sopralluoghi ed agli studi preliminari in vista del sequestro; l'utilizzatore di uno dei telefoni era il Capo Centro C.I.A. di Milano, a casa del quale - in zona di Asti - veniva eseguita una perquisizione, rinvenendo tracce inconfutabili della preparazione del sequestro (foto del sequestrando durante gli studi preliminari, studio del miglior percorso stradale fino ad Aviano, prenotazioni aeree per il trasferimento dello stesso a Il Cairo, messaggi di posta elettronica dal significato inequivocabile etc.). Attraverso indagini condotte nelle basi militari di Aviano, Poggio Renatico (Ferrara), nonche' presso i Centri Controllo Volo di Linate e Bruxelles, venivano pure individuati i due aerei con cui Abu Omar era stato portato da Aviano a Ramstein e da Ramstein al Cairo, nello stesso giorno del 17 febbraio 2003. Le ordinanze di custodia cautelare contro i 26 indagati americani - rimasti tutti latitanti - venivano emesse tra il giugno del 2005 ed il 3 luglio 2006, man mano che gli elementi probatori si accumulavano a loro carico. In alcuni casi, i latitanti appartenevano al personale consolare americano ufficialmente accreditato in Italia o a personale della C.I.A. conosciuto come tale, comunque tutti privi di immunita' in ragione della gravita' del reato (punito con pena superiore ai cinque anni) e della loro qualifica (Consoli o semplici addetti e non Ambasciatori). Lo sviluppo dei dati relativi al traffico telefonico consentiva anche di accertare che il 17 febbraio 2003, in via Guerzoni, all'ora del sequestro, ed in tre altri giorni precedenti, era stato presente anche un maresciallo appartenente al ROS dei Carabinieri, intestatario di un'utenza che risultava avere agganciato la cella di corrispondenza. Interrogato, il maresciallo del ROS dapprima taceva, in seguito ammetteva di avere partecipato materialmente al sequestro, cioe' a quella che il capo della C.I.A. a Milano (e suo amico-arruolatore) gli aveva presentato come un'operazione congiunta tra C.I.A. e S.I.S.Mi. Poiche' nelle sue dichiarazioni, relative ai rapporti con il capo della C.I.A., il maresciallo si era riferito ad un colonnello (gia' Capo Centro S.I.S.Mi. a Milano fino all'inizio di dicembre del 2002 e da tempo rientrato nell'Arma dei Carabinieri) quale persona probabilmente al corrente del piano, questi veniva sentito come persona informata sui fatti e riferiva di essere stato destinatario delle confidenze del Capo C.I.A. di Milano, in merito al progetto di sequestro di Abu Omar, progetto che la C.I.A. stava curando insieme al S.I.S.Mi. Va pero' sottolineato che gia' nel caso delle precedenti indagini, la Procura di Milano il 1° luglio e il 5 novembre aveva richiesto ai Direttori del S.I.S.Mi. e del SISDe di comunicare se, in base agli accordi con la C.I.A., questa fosse tenuta a comunicare al S.I.S.Mi. e al SISDe la presenza sul territorio nazionale italiano di personale dipendente dalla stessa C.I.A. e se, con riferimento al sequestro di Abu Omar, fosse stata segnalata la presenza in Italia di taluni cittadini statunitensi la cui identita' era emersa a seguito delle anzidette intercettazioni telefoniche. Entrambi i Servizi davano alla Procura le informazioni richieste con la prima missiva senza sollevare il benche' minimo rilievo attinente all'esistenza di possibili segreti di Stato sui fatti connessi al rapimento di Abu Omar. Non rispondevano, invece, alla seconda richiesta. In data 11 novembre 2005, l'allora Presidente del Consiglio dei ministri, on. Silvio Berlusconi, faceva pervenire alla Procura di Milano la seguente nota prot. USG/2-SP/1318/50/347 (doc. n. 2). Oggetto: Procedimento n. 10838/05.21 relativo al sequestro in danno di Nasr Osama Mustafa Hassan, alias Abu Omar (Milano 17 febbraio 2003). Il direttore del SISMI mi ha informato delle richieste formulategli da codesta Procura della Repubblica nel luglio scorso e nel corrente mese, con riguardo all'argomento indicato in oggetto. Lo stesso alto Funzionario ha infatti correttamente valutato come per lui non direttamente disponibili determinazioni che investono invece funzioni esclusive del Presidente del Consiglio dei ministri, con connessi responsabilita' e poteri, a mente dell'Ordinamento vigente. Ho pertanto asseverato i suoi pregressi contegni formali ed ufficiali, accogliendo la sua richiesta di fornire gli elementi di informazione richiesti nella misura in cui gli stessi risultavano partecipabili all'autorita' giudiziaria, perche' non pregiudizievoli di beni giuridici salvaguardato dall'Ordinamento, anche alla luce della costante giurisprudenza della Corte costituzionale. Analoga autorizzazione ho accordato anche in questa circostanza, riservandomi di dare le pertinenti istruzioni allorche' saranno conclusi le verifiche e gli approfondimenti che il direttore del S.I.S.Mi. mi ha confermato di avere gia' avviato. Si tratta di autorizzazioni richieste e concesse nella responsabile, consapevole certezza che il Governo ed il S.I.S.Mi. sono del tutto e sotto ogni profilo estranei rispetto a qualsivoglia risvolto riconducibile al «sequestro in danno di Nasr Osama Mustafa Hassan, alias Abu Omar (Milano il 17 febbraio 2003)». Del pari, il Governo ed il Servizio non hanno avuto ne' hanno notizia, se non dalla stampa e da codesta autorita' giudiziaria, in ordine a coinvolgimenti di persone nel fatto. Tanto premesso, desidero, nell'esercizio delle funzioni che mi sono proprie ai sensi dell'art. 1 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, richiamare personalmente all'attenzione come sia mio preciso ed indefettibile dovere istituzionale salvaguardare nei modi e nelle forme normativamente previsti la riservatezza di atti, documenti, notizie e ogni altra cosa sia idonea a recar danno agli interessi protetti dall'art. 12 della menzionata legge. Vengono pertanto all'attenzione anche le relazioni con altri Stati, rispetto alle quali le relazioni dei Servizi di cui agli artt. 4 e 6 della legge n. 801/1977 con organi informativi di altri Stati costituiscono senz'altro uno dei punti di maggiore sensibilita', per valutazione ribadita nel tempo anche dai miei predecessori con apposite direttive tutt'ora vigenti. Tali disposizioni impongono pertanto il massimo riserbo su qualsiasi aspetto riferito a tali rapporti, vincolando chiunque ne abbia cognizione al segreto salvo deroga concessa dal Presidente del Consiglio dei ministri. Cio' posto, e' mio intendimento onorare appieno i doveri cui mi chiama l'Ordinamento repubblicano e democratico, cosi' come assicurare la migliore e piu' ampia collaborazione all'autorita' giudiziaria. Questo documento e' da considerarsi «di vietata divulgazione» ai sensi della normativa vigente. Il Presidente del Consiglio dei ministri f.to Silvio Berlusconi Successivamente, il 16 dicembre 2005, la Procura di Milano reiterava le richieste del 5 novembre rivolte ai direttori del S.I.S.Mi. e del SISDe, specificando inoltre di voler sapere se i Servizi avessero intrattenuto rapporti o scambiato documenti in relazione al sequestro di Abu Omar con personale addetto alla C.I.A. in Italia e, in particolare, con le persone indicate dalla stessa Procura nelle sue missive. Entrambi i Servizi davano le informazioni richieste senza eccepire alcun segreto. Tra il 15 maggio 2006 ed il 30 maggio 2006, la Procura esaminava, in qualita' di persone informate sui fatti, ben 12 funzionari o appartenenti ai Centri S.I.S.Mi. di Milano e Trieste. Quasi tutti concordemente affermavano di essere stati convocati dal Servizio di appartenenza in Roma o in Trieste e di avere ricevuto da alti funzionari l'invito a rispondere senza esitazioni sul sequestro di Abu Omar poiche' sulla vicenda non esisteva segreto di Stato. Nessuno di loro, dunque, opponeva il segreto di Stato. Nei mesi di aprile e maggio 2006 la Procura disponeva intercettazioni telefoniche, debitamente autorizzate, su 15 utenze in uso a otto funzionari del S.I.S.Mi. I gestori di telefonia mobile presso cui dovevano essere disposte le intercettazioni non comunicavano alla Procura che le utenze erano coperte da segreto di Stato, ma soltanto che sei di esse erano caratterizzate da «esigenze di particolare riservatezza contrattuale». Al fine di ridurre al massimo la diffusione di informazioni circa l'identita' di soggetti appartenenti al S.I.S.Mi. estranei alle indagini, la Procura disponeva, peraltro, che la polizia giudiziaria delegata alle operazioni di intercettazione omettesse di specificare, in ogni successiva informativa, i dati identificativi relativi agli altri funzionari del S.I.S.Mi. che venivano in contatto telefonico con i titolari delle utenze intercettate. Il 3 luglio 2006, la Procura disponeva la perquisizione degli uffici del S.I.S.Mi. in uso ad un funzionario indagato dello stesso S.I.S.Mi., siti in Roma, via Nazionale n. 230, e ordinava al S.I.S.Mi. l'esibizione di una serie di atti relativi al sequestro di Abu Omar. Alla perquisizione, effettuata il 5 luglio 2006, procedeva direttamente il p.m., con l'assistenza del personale della Digos di Milano e Roma. Nel corso delle operazioni, effettuate alla presenza di funzionari del S.I.S.Mi. e conclusesi con sequestro di documentazione e materiale informatico, non veniva opposto alcun segreto di Stato dal funzionario indagato del S.I.S.Mi. Qualche giorno dopo, precisamente il 12 luglio 2006, poiche' nel corso della perquisizione precedente, non era stato possibile aprire una cassaforte che si trovava nei locali perquisiti, la Procura emetteva altro ordine di esibizione in relazione al contenuto della stessa ed invitava il direttore del S.I.S.Mi. o un funzionario da lui delegato a presenziare alle operazioni. La perquisizione veniva effettuata il 13 luglio 2006 e vi presenziavano sia il funzionario indagato che un altro funzionario del S.I.S.Mi. appositamente delegato dal direttore del S.I.S.Mi. (nell'atto di delega veniva specificato espressamente che essa rispondeva alla necessita' di verificare se gli atti contenuti nella cassaforte fossero o meno coperti da segreto di Stato, subordinandone la consegna all'autorita' giudiziaria degli stessi all'esito negativo di tale verifica). Neanche in tale occasione veniva opposta la segretezza su alcun documento sequestrato il 5 luglio 2006 o lo stesso 13 luglio 2006. L'11 luglio 2006 il direttore del S.I.S.Mi. specificava che la determinazione del S.I.S.Mi. di non opporre il segreto di Stato sulla vicenda del sequestro era stata «ripetutamente asseverata dall'Autorita' di Governo» ... «di tal che sono anche state assunte iniziative che valessero e rendere perfettamente chiaro cio' agli Appartenenti al Servizio in procinto di essere esclusi». Anzi, con lettera del 13 luglio 2006, il direttore del S.I.S.Mi. - a fronte della disponibilita' manifestata dalla Procura a consentire un «esame preliminare» da parte dei funzionari del S.I.S.Mi. di tutta la documentazione da acquisirsi agli atti al fine di salvaguardare i profili di sicurezza e riservatezza concernenti l'attivita' del Servizio - esprimeva «ogni apprezzamento per la considerazione manifestata per i profili di sicurezza e riservatezza concernenti l'attivita' e il personale del S.I.S.Mi.». In data 15 luglio 2006, veniva interrogato, dopo aver assunto qualita' di persona sottoposta alle indagini, il direttore del S.I.S.Mi. gen. Pollari, al quale venivano poste domande fondate anche sulle circostanze che egli, nella precedente corrispondenza intercorsa con la Procura, aveva gia' fermamente negato senza opporre l'esistenza di un segreto di Stato, ma che, invece, emergevano dalle nuove risultanze probatorie, e cioe' di avere intrattenuto rapporti e scambiato documenti con la C.I.A. in relazione al sequestro di Abu Omar. In sede di interrogatorio, egli riferiva di essere impossibilitato a rispondere, in quanto la prova della sua estraneita' ai fatti oggetto di contestazione sarebbe risultata da documenti coperti da segreto di Stato. Sempre in sede di interrogatorio, a fronte dell'osservazione del p.m. che dalla corrispondenza tra loro intercorsa e in atti risultava al contrario che non era mai stato apposto il segreto di Stato sulla vicenda Abu Omar, il gen. Pollari confermava che la vicenda de qua non era coperta da segreto di Stato ed anzi evidenziava di aver lui stesso chiesto sia al precedente Governo che all'attuale di non apporvi il segreto e precisava che, cio' nonostante, gli risultava impossibile chiarire la propria posizione in relazione ai fatti contestati senza far riferimento ad altri documenti, non meglio precisabili, segretati. Chiedeva, quindi, che venissero interpellati in proposito il Presidente del Consiglio ed il Ministro della difesa. Con successiva istanza del 22 luglio 2006, il gen. Pollari insisteva perche' il p.m. esaminasse come persone informate sui fatti i Presidenti del Consiglio, i Ministri della difesa ed i Sottosegretari di Stato in carica all'epoca del sequestro ed attualmente. Il p.m. rigettava tali istanze ritenendo giuridicamente infondata la tesi del gen. Pollari circa l'impossibilita' di difendersi, in presenza di un segreto di Stato, essendo noto che nel nostro ordinamento e' riconosciuto all'indagato il piu' ampio esercizio del diritto di difesa, e quindi non esiste, per lui, l'obbligo di rispondere, invece previsto per i testimoni. Di qui il rigetto delle istanze del gen. Pollari, anche perche' gli esami richiesti si appalesavano non necessari perche' il contenuto degli ipotetici documenti coperti da segreto non appariva in alcun modo decisivo. In ogni caso, per verificare la circostanza addotta dal gen. Pollari, nonche' ai sensi dell'art. 358 c.p.p. - stante la genericita' della dichiarazione del direttore del S.I.S.Mi. sull'esistenza di documenti asseritamente coperti da segreto di Stato e rilevanti a suo favore -, la Procura di Milano richiedeva al Ministro della difesa «la trasmissione di ogni comunicazione o documento eventualmente trasmessi a quel Ministero o dal Ministero trasmessi al direttore del S.I.S.Mi. o ad altri eventuali destinatari concernenti il sequestro in oggetto indicato o le vicende (...) che lo hanno preceduto, o in generale tutti i documenti, informative o atti relativi alla pratica delle cd. "renditions" (con tale termine intendendosi sequestri e trasferimenti di sospetti terroristi al di fuori delle procedure legali)». Con altra missiva, pure del 18 luglio 2006, la Procura di Milano richiedeva invece al Presidente del Consiglio, «nella ipotesi in cui gli atti, documenti o informative richiesti - al Ministro della difesa - fossero effettivamente esistenti e gravati dal segreto di Stato, di valutare l'opportunita' di revocarlo». Data la sua importanza (per comprendere esattamente la risposta del Presidente del Consiglio) si ritiene opportuno trascriverne integralmente il testo (doc. n. 4). Milano, 18 luglio 2006 Al sig. Presidente del Consiglio dei ministri - On.le Prof. Romano PRODI - Palazzo Chigi - Roma Oggetto: Procedimento n. 10838/05.21, relativo al sequestro in danno di Nasr Osama Mustafa Hassan, alias Abu Omar (Milano, 17 febbraio 2003). Nell'ambito del procedimento penale concernente il sequestro di persona in oggetto indicato pendente presso questa Procura della Repubblica, nove appartenenti al S.I.S.Mi. sono, tra gli altri, attualmente sottoposti ad indagine per concorso nel sequestro stesso (ex art. 110, 112 n. 1, 605 primo e secondo comma n. 2 c.p.), secondo l'imputazione di cui all'allegato, tratta dai provvedimenti cautelari o dagli inviti a comparire sin qui emessi. Un altro funzionario del medesimo servizio (Pio Pompa) e' sottoposto ad indagini per il reato di favoreggiamento personale (ex art. 378 c.p.). E' inoltre emerso, da intercettazioni telefoniche ed ammissioni dell'interessato, che il giornalista professionista Renato Farina, in violazione dell'art. 7, comma 1 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, prestava attivita' retribuita per il S.I.S.Mi., con lo pseudonimo di «Fonte Betulla» (rapporti e ricevute di somme di denaro a sua firma, tra l'altro, sono stati sequestrati nei locali utilizzati dal S.I.S.Mi., siti in via Nazionale n. 230 a Roma). Tra le persone sottoposte ad indagine per concorso nel sequestro vi sono: il gen. Nicolo' Pollari, direttore del S.I.S.Mi., il quale - a seguito di invito a comparire notificatogli il 13 luglio 2005 e' stato interrogato in data 15 luglio 2005 alla presenza dei suoi difensori di fiducia, e si e' avvalso della facolta' di non rispondere alle domande; il gen. Gustavo Pignero, all'epoca dei fatti responsabile della Divisione CS-CT-COT (Controspionaggio, Controterrorismo e Criminalita' Organizzata Transnazionale) del S.I.S.Mi. ed attualmente direttore del Dipartimento Info-Operativo del S.I.S.Mi. stesso: egli e' stato colpito da ordinanza di custodia cautelare con sottoposizione agli arresti domiciliari, emessa dal giudice per le indagini preliminari di Milano il 3 luglio 2006 e revocata, per il venire meno del rischio di «inquinamento probatorio», in data 15 luglio 2006; il dr. Marco Mancini, all'epoca dei fatti responsabile dell'Area Nord Italia della Divisione CS-CT-COT (Controspionaggio, Controterrorismo e Criminalita' Organizzata Transnazionale) del S.I.S.Mi. e dall'agosto del 2003 direttore della medesima Divisione, fino alla sua recente sostituzione: egli e' stato colpito da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari di Milano il 3 luglio 2006; l'11 luglio 2006 l'indagato e' stato posto agli arresti domiciliari per l'attenuarsi delle esigenze cautelari ed il 15 luglio 2006, infine, tale misura e' stata revocata, per il venire meno del rischio di «inquinamento probatorio». A seguito degli elementi acquisiti, risulta che: il gen. POLLARI ebbe a ricevere nell'autunno del 2002 da Jeffrey Castelli, responsabile della C.I.A. in Italia, la richiesta rivolta al S.I.S.Mi. di cooperare negli accertamenti preliminari finalizzati al sequestro del cittadino egiziano in oggetto indicato ed, a sua volta, diede direttive al gen. Gustavo Pignero, all'epoca responsabile della Divisione CS-CT-COT (Controspionaggio, Controterrorismo e Criminalita' Organizzata Transnazionale), per avviare tali accertamenti; al Castelli fu assicurata la collaborazione del S.I.S.Mi.; a sua volta, il gen. Pignero imparti' analoghe direttive al Responsabile dei Centri del Nord Italia della suddetta Divisione del S.I.S.Mi., dr. Marco Mancini, riferendogli che l'ordine proveniva dal direttore del Servizio; il Mancini convoco' in Bologna apposita riunione dei Responsabili dei Centri del Nord Italia della Divisione CS-CT-COT del S.I.S.Mi., ai quali comunico' la direttiva e la sua provenienza, il progetto al sequestro e la necessita' di dar luogo agli accertamenti preliminari ad esso finalizzati, come da richiesta della C.I.A.; successivamente, su disposizione del Mancini, alcuni appartenenti al S.I.S.Mi. (tra cui due Capi Centro del Nord Italia) effettuarono accertamenti sui luoghi frequentati dall'egiziano Abu Omar, ivi compresa la sua abitazione, riferendone al Mancini che, a sua volta, ne riferi' al Pignero. Tali circostanze sono suffragate da intercettazioni telefoniche, registrazioni di conversazioni e dichiarazioni rese da varie persone esaminate come «persone informate sui fatti», nonche' da quelle ampiamente ammissorie rese da «indagati» che effettuarono gli accertamenti preliminari o parteciparono alla riunione di Bologna, nonche' rese dagli stessi Mancini e Pignero. In data odierna, l'amm. Gianfranco Battelli, gia' direttore del S.I.S.Mi. fino alla data del 15 ottobre 2001, ha dichiarato di avere ricevuto nel suo ufficio, pochi giorni prima del passaggio di consegne al suo successore gen. Pollari, il predetto Jeffrey Castelli, il quale gli chiese una valutazione sulla possibilita' di realizzare in Italia sequestri di persona in danno di sospetti terroristi, con successivo trasporto dei medesimi ad aeroporti siti in Italia, tra cui quello di Aviano, in modo da poterli illegalmente trasferire all'estero al di fuori di qualsiasi procedura legale. L'amm. Battelli ha dichiarato di avere comunicato al Castelli che egli era sul punto di lasciare la Direzione del Servizio e che, comunque, una eventuale richiesta scritta in merito a quanto sopra, vista la sua delicatezza, sarebbe stata inoltrata alla autorita' politica competente. Ha specificato, infine, di avere oralmente riferito il contenuto del discorso di Castelli al gen. Pollari, all'atto del cambio di consegne con il medesimo. Nella precedente corrispondenza intercorsa con i direttori del S.I.S.Mi. e del SISDe (ivi comprese le risposte negative dai medesimi fornite a quest'Ufficio alla missiva del 5 novembre 2005 con cui si chiedeva, tra l'altro, se i predetti Servizi, a livello centrale o periferico, avessero intrattenuto rapporti o scambiato documenti in relazione al sequestro in oggetto con personale addetto alla C.I.A., tra cui Jeff Castelli, responsabile della C.I.A. in Italia), mai i medesimi hanno fatto alcun riferimento alla esistenza di un segreto di Stato. Finanche con recente missiva dell'11 luglio 2006, il gen. Pollari, rispondendo in modo interlocutorio ad un ordine di esibizione del 4 luglio 2006 di questa Procura della Repubblica, ha specificato che la determinazione del S.I.S.Mi. di non opporre il segreto di Stato sulla vicenda del sequestro e' stata «ripetutamente asseverata dall'Autorita' di Governo» .. «di tal che sono anche state assunte iniziative che valessero e rendere perfettamente chiaro cio' agli Appartenenti al Servizio in procinto di essere esclusi»; In effetti questo Ufficio, tra il 15 maggio 2006 ed il 30 maggio 2006, ha esaminato come persone informate sui fatti ben tredici funzionari o appartenenti ai Centri S.I.S.Mi. di Milano e Trieste e tutti hanno concordemente affermato di essere stati convocati in Roma o in Trieste e di avere ricevuto da alti funzionari del S.I.S.Mi. l'invito a rispondere senza esitazioni sul sequestro di Abu Omar poiche' sulla vicenda non esisteva segreto di Stato. Il 5 luglio 2005, venivano esaminati in Roma come persone informate sui fatti altri funzionari del S.I.S.Mi. e nessuno di essi faceva riferimento ad eventuali segreti di Stato sulla vicenda. Anche il precedente Presidente del Consiglio on. Silvio Berlusconi, con missiva di vietata divulgazione dell'11 novembre 2005, comunicava a questo Ufficio che «.. il Governo ed il S.I.S.Mi. sono del tutto e sotto ogni profilo estranei rispetto a qualsivoglia risvolto riconducibile al sequestro di Nasr Osama Mustafa Hassan, alias Abu Omar (Milano, 17 febbraio 2003)», senza fare in alcun modo riferimento ad eventuali segreti di Stato che riguardassero la vicenda. Con la missiva in data odierna che si allega in copia, quest'Ufficio ha peraltro richiesto al Ministro della difesa, destinatario, ai sensi dell'art. 4 della citata legge 24 ottobre 1977, n. 801, delle comunicazioni del S.I.S.Mi. ivi previste, la trasmissione di ogni comunicazione o documento eventualmente trasmessi a quel Ministero o dal Ministero trasmessi al direttore del S.I.S.Mi. o ad altri eventuali destinatari - concernenti il sequestro in oggetto indicato o le vicende sopra descritte che lo hanno preceduto, o in generale tutti i documenti, informative o atti relativi alla pratica delle cd. «renditions» (con tale termine intendendosi sequestri e trasferimenti di sospetti terroristi al di fuori delle procedure legali). Tanto premesso, rivolgo richiesta alla S.V., competente ai sensi dell'art. 1, legge 24 ottobre 1977, n. 801, nella ipotesi in cui su tali atti, documenti o informative, ove effettivamente esistenti, gravasse il segreto di Stato, di valutare l'opportunita' di revocarlo. Il Procuratore della Repubblica: dr. Manlio Minale Allegato Pollari Nicolo', Pignero Gustavo, Mancini Marco, Di Troia Raffaele, Di Gregori Luciano, Pillinini Lorenzo, Iodice Marco, Regondi Maurizio, Ciorra Giuseppe, indagati per: delitto p. e p. dagli artt. 110, 112, n. 1, 605, primo e secondo comma n. 2 c.p. per avere, in concorso tra loro, con Castaldo Eliana Isabella, Castellano Victor, Gurley John Thomas, Ibanez Brenda Liliana, Jenkins Anne Lidia, Kirkland James Robert, Adler Monica Courtney, Asherleigh Gregory, Carrera Lorenzo, Channing Drew Carlyle, Duffin John Kevin, Faldo Vincent, Harbaugh Raymond, Harbison James Thomas, Harty Benamar, Logan Cynthia Dame, Medero Betnie, Purvis George, Rueda Pilar, Sofin Joseph, Vasiliou Michalis, Romano Joseph, Jeff Castelli, Lady Robert Seldon, Sabrina De Sousa, Ralph Russomando, Luciano Pironi e con altre persone (anche di nazionalita' egiziana) - e quindi con l'aggravante di avere commesso il reato in numero di persone superiore a cinque - privato della liberta' personale, sequestrandolo, Nasr Osama Mustafa Hassan alias Abu Omar immobilizzandolo con la forza e con la forza facendolo salire su un furgone, cosi' trasportandolo prima presso la base militare aeronautica di Aviano, sede del 31° FW (Fighter Wing) dell'Aviazione degli Stati Uniti d'America e successivamente in Egitto; concorso consistito per Castaldo Eliana Isabella, Castellano Victor, Gurley John Thomas, Ibanez Brenda Liliana, Jenkins Anne Lidia e Kirkland James Robert nella partecipazione alle fasi preparatorie del sequestro (preliminari osservazioni e studio della zona in cui esso doveva essere consumato, studio delle abitudini di Abu Omar, studio delle zone circostanti a quella del progettato sequestro nonche' della via piu' idonea a consentire il raggiungimento piu' veloce e sicuro dell'autostrada per Aviano; per Castaldo, Castellano, Kirkland e Jenkins anche nella partecipazione ad appostamenti finalizzati a sequestrare effettivamente Abu Omar rimasti senza effetto per il mancato avvistamento della vittima designata); per Adler Monica Courtney, Asherleigh Gregory, Carrera Lorenzo, Channing Drew Carlyle, Duffin John Kevin, Faldo Vincent, Harbaugh Raymond, Harbison James Thomas, Harty Benamar, Logan Cynthia Dame, Medero Betnie, Purvis George, Rueda Pilar, Sofin Joseph, Vasiliou Michalis, nella partecipazione alla descritta fase di preparazione preliminare e a quella di consumazione del sequestro con connesso trasferimento del sequestrato ad Aviano; per Romano Joseph, ufficiale superiore responsabile statunitense della sicurezza nella base di Aviano, nell'attendere i sequestratori ed il sequestrato nella predetta base, garantendo ai primi l'ingresso sicuro e la possibilita' di imbarcare il sequestrato su un aereo che lo conduceva fuori dell'Italia; per Jeff Castelli, Lady Robert Seldon, Sabrina De Sousa e Ralph Russomando, nell'avere deliberato e coordinato l'azione, garantendo agli altri concorrenti nel reato anche l'appoggio in fase organizzativa e preparatoria di una struttura del S.I.S.Mi. e garantendo loro collegamenti ed assistenza, anche per effetto della qualita' di responsabile della C.I.A. in Italia rivestita dal Castelli, della qualita' di responsabile della C.I.A. in Milano rivestita dal Lady (che a Milano risiedeva ed in tale veste ha operato da epoca anteriore al sequestro ed in epoca successiva al medesimo), della qualita' di componenti della rete C.I.A. in Italia della De Sousa e del Russomando, il quale cooperava pure con la Medero nella fase preparatoria del sequestro e, successivamente alla sua consumazione, forniva personalmente notizie depistanti alle Autorita' italiane, cui comunicava la falsa informazione secondo cui il sequestrato si sarebbe trovato presumibilmente nella zona dei Balcani; per Nicolo' Pollari, quale direttore del S.I.S.Mi. (Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare), nell'avere ricevuto ed accolto la richiesta di compartecipazione all'«operazione» ed, in particolare, nelle condotte appresso specificate ed attribuibili a personale del S.I.S.Mi., finalizzate alla preparazione del sequestro, formulatagli da Jeff Castelli, Responsabile della C.I.A. in Italia e nell'avere impartito le conseguenti direttive operative al Pignero; per Gustavo Pignero e Marco Mancini nell'avere assicurato, quali alti dirigenti dello stesso Servizio, l'appoggio di altre persone pure appartenenti al S.I.S.Mi. - o a tale Servizio collegate - nella fase di preparazione del sequestro (studio delle abitudini del sequestrando, dei luoghi dove il sequestro poteva o doveva avvenire, del percorso da seguire per trasportare il sequestrato fuori Milano fino ad un aeroporto originariamente individuato in quello di Ghedi, presso Brescia e, successivamente, in quello di Aviano); per Luciano Pironi, fisicamente presente nella zona dove il sequestro veniva consumato, nel prestare sostegno agli autori materiali del medesimo, in quanto, grazie alla propria qualita' di sottufficiale del Ros Carabinieri-Sezione Anticrimine di Milano, consentiva ai medesimi di agire in condizioni di sicurezza, potendo sviare dalla zona - ove necessario - eventuali e casuali controlli delle forze di polizia e giustificare la presenza in loco delle altre persone concorrenti nel reato, provvedendo altresi', mediante richiesta di documenti personali, alla identificazione del sequestrando, apparentemente legittima, ma in realta' finalizzata a consentirne il sequestro; per Luciano Di Gregori, Raffaele Di Troia, Lorenzo Pillinini, Marco Iodice, Maurizio Regondi e Giuseppe Ciorra, rispettivamente - all'epoca del fatto - in servizio il Di Gregori presso il Centro S.I.S.Mi. di Bologna, il Di Troia presso il Centro S.I.S.Mi. di Torino, il Pillinini direttore del Centro S.I.S.Mi. di Trieste, Iodice direttore del Centro S.I.S.Mi. di Padova, Regondi dirigente di fatto del Centro S.I.S.Mi. di Milano (essendone formalmente responsabile il Mancini), Ciorra in servizio presso il Centro S.I.S.Mi. di Milano, nell'avere, direttamente o tramite altre persone da loro coordinate, partecipato alla decisione ed alla fase di preparazione del sequestro (studio delle abitudini del sequestrando, dei luoghi dove il sequestro doveva avvenire, del percorso da seguire per trasportare il sequestrato fuori Milano fino ad un aeroporto originariamente individuato in quello di Ghedi, presso Brescia e, successivamente, in quello di Aviano); con l'ulteriore aggravante di cui all'art. 605, comma secondo, n. 2 c.p. per tutti, essendo stato il fatto commesso da pubblici ufficiali con abuso dei poteri inerenti le loro funzioni, qualita' soggettivamente propria dei soli Pollari, Pignero, Mancini, Pillinini, Iodice, Regondi, Di Gregori, Di Troia, Ciorra, Pironi e di altri soggetti italiani allo stato sconosciuti, ma indispensabile per la consumazione del sequestro; con l'ulteriore aggravante di cui all'art. 112, primo comma, n. 2 c.p. per Jeff Castelli e Nicolo' Pollari, per avere i medesimi promosso ed organizzato la cooperazione nel reato di tutti i coindagati ed il Castelli per avere diretto le attivita' dei co-indagati di nazionalita' statunitense sequestro avvenuto in Milano, il febbraio 2003. Cosi' rispondeva, in data 26 luglio 2006, il Presidente del Consiglio on. Prodi (doc. n. 1). Oggetto: Procedimento n. 10838/05.21, relativo al sequestro in danno di Nasr Osama Mustafa Hassan, alias Abu Omar (Milano, 17 febbraio 2003). «Con lettera in data 18 luglio 2006, prot. n. 10838/05.21, la S. V. ha chiesto al Ministro della difesa la trasmissione di ogni comunicazione o documento eventualmente trasmessi a quel Ministero o dal Ministero trasmessi al direttore del S.I.S.Mi. o ad altri eventuali destinatari concernenti il sequestro in oggetto indicato o le vicende sopra descritte che lo hanno preceduto, o in generale tutti i documenti, informative o atti relativi alla pratica delle c.d. "renditions...". Su tale premessa, la S. V. chiede con lettera in pari data al Presidente del Consiglio dei ministri, "ella ipotesi in cui su tali atti, documenti o informative, ove effettivamente esistenti, gravasse il segreto di Stato, di valutare l'opportunita' di revocarlo". Sentito in proposito il Ministro della difesa, rilevo che su detta documentazione risulta effettivamente apposto il segreto di Stato dal precedente Presidente del Consiglio dei ministri; il segreto e' stato successivamente confermato dallo scrivente. Ne' sussistono, nell'attuale contesto, le condizioni per rimuovere il segreto di Stato da detta documentazione, pur nel rispetto dei principi di correttezza e lealta', richiamati dalla giurisprudenza in materia della Corte costituzionale, cui il Governo intende ispirare la propria azione». Il Presidente del Consiglio dei ministri: f.to Romano Prodi Il Ministro della difesa, a sua volta, con nota del 27 luglio 2006, pervenuta alla Procura il 2 agosto 2006, si adeguava alla risposta del Presidente del Consiglio, dichiarandosi vincolato al segreto di Stato. La Procura di Milano, a fronte delle citate comunicazioni del Presidente del Consiglio e del Ministro della difesa, non formulava alcun interpello ai sensi dell'art. 202 c.p.p. o dell'art. 256 c.p.p. ritenendo gli elementi eventualmente acquisibili non essenziali per la definizione del processo, ed avendo gia' raccolto elementi di prova ritenuti sufficienti per esercitare l'azione penale. Il 6 ottobre 2006 tutti gli atti del procedimento compresi quelli relativi a tutti i sequestri effettuati anche presso il S.I.S.Mi. venivano depositati ex art. 415-bis c.p.p. In data 15 novembre 2006, il p.m. - anche in ossequio alla gia' manifestata scelta del Presidente del Consiglio - respingeva ulteriori istanze difensive del gen. Pollari tendenti ad ottenere il sequestro di documenti coperti dal segreto di Stato e di assumere le dichiarazioni, come persone informate sui fatti, di varie personalita' politiche come i Presidenti del Consiglio, Ministri della difesa e Sottosegretari con delega ai Servizi dell'attuale e del precedente Governo. Il 5 dicembre 2006 veniva richiesto il rinvio a giudizio degli imputati (doc. n. 5). Il 9 gennaio 2007 iniziava l'udienza preliminare e neppure in tale sede veniva manifestata una qualsiasi opposizione rispetto all'allegazione agli atti dei documenti sequestrati il 5 luglio 2006 in via Nazionale n. 230, in Roma. In sede di udienza preliminare la difesa del gen. Pollari chiedeva al g.u.p. di sollevare la q.l.c. dell'art. 202 c.p.p. per asserita disparita' di trattamento dell'imputato rispetto al testimone. L'eccezione veniva respinta dal g.u.p., con ordinanza 6 febbraio 2007, perche' ritenuta non rilevante ai fini del giudizio e manifestamente infondata. Peraltro nel corso dell'udienza preliminare del 29 gennaio 2007, l'imputato gen. Pollari rendeva dichiarazioni spontanee leggendo un documento, a cui erano allegate - a scopo difensivo - copie integrali e non omissate di due dei documenti sequestrati il 5 luglio 2006 nella sede S.I.S.Mi. di Roma, via Nazionale n. 230, in Roma (e cioe' proprio quei documenti della cui utilizzazione da parte del p.m. il Presidente del Consiglio si sarebbe successivamente lamentato a pag. 5 del ricorso per conflitto di attribuzioni del 14 febbraio 2007, contro la Procura di Milano. In data 16 febbraio 2007, il g.u.p. emetteva decreto che dispone il giudizio nei confronti degli imputati, ivi compresi tutti gli appartenenti al S.I.S.Mi. per cui il rinvio a giudizio era stato richiesto. Il ricorso per conflitto di attribuzioni del Presidente del Consiglio dei ministri contro la Procura di Milano Il 10 maggio 2007, il Presidente del Consiglio dei ministri on. Romano Prodi notificava al Procuratore della Repubblica di Milano, insieme con la relativa ordinanza (di ammissibilita) n. 124 del 2007 della Corte costituzionale, un ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato «in relazione alla attivita' istruttoria svolta nei confronti di funzionari del S.I.S.Mi. (tra cui il suo direttore), di agenti di un Servizio straniero e di altri, volta ad acquisire elementi di conoscenza su circostanze incise dal segreto di Stato ritualmente apposto dal Presidente del Consiglio ex art. 12, legge 24 ottobre 1977, n. 801, ed alla richiesta di rinvio a giudizio che ha offerto alla pubblicita' del processo una gran mole di fatti, nominativi, documenti e notizie coperti da segreto di Stato» (doc. n. 6). In punto di fatto, il Presidente del Consiglio assumeva che «la Procura della Repubblica di Milano, procedendo nelle indagini sul sequestro di persona di Nasr Osama Mustafa Hassan, alias Abu Omar», avrebbe avvertito «ben presto» «che la sua attivita' sarebbe necessariamente entrata in contatto con aree coperte dal segreto di Stato e di questo ebbe, anzi, preciso avvertimento, oltre che da parte dei testimoni e degli indagati, da parte del Presidente del Consiglio pro tempore (on. Silvio Berlusconi, n.d.r.) il quale, informato dal direttore del S.I.S.Mi. delle richieste di notizie indirizzategli dalla Procura milanese, con nota 11 novembre 2005 n. USG/2.SP/1318/50/347 (...), nell'affermare energicamente l'assoluta estraneita' del Governo e del S.I.S.Mi. al sequestro in danno di Abu Omar, confermo' le disposizioni precedentemente impartite dai suoi predecessori in materia di segreto di Stato, in particolare per quanto attiene alle "relazioni dei Servizi ... con organi informativi di altri Stati"». Dopo aver richiamato la direttiva 30 luglio 1985, n. 2001.5/707, indirizzata al Ministero dell'interno, al Ministero della difesa, al CESIS, al S.I.S.Mi. e al SISDe, di cui infondatamente assumeva la vincolativita' nei confronti dell'autorita' giudiziaria, il Presidente del Consiglio, a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, sottolineava che «l'apposizione del segreto di Stato fu ancora reiterata dal Presidente del Consiglio pro tempore (on. Romano Prodi, n.d.r.), con nota 26 luglio 2006, n. USG/2.SP/813/50/347 (...) contenente risposta al Procuratore della Repubblica di Milano il quale aveva chiesto «la trasmissione di ogni comunicazione o documento ... concernenti il sequestro in oggetto indicato (Abu Omar: n.d.r.) o le vicende sopra descritte che lo hanno preceduto o, in generale, tutti i documenti informativi e atti relativi alle pratiche delle c.d. "renditions" (...). La risposta del Presidente del Consiglio pro tempore» - si sottolinea ancora nel ricorso - «fu la seguente: "... rilevo che su detta documentazione risulta effettivamente apposto il segreto di Stato da parte del precedente Presidente del Consiglio dei ministri; il segreto e' stato successivamente confermato dallo scrivente. Ne' sussistono, nell'attuale contesto, le condizioni per rimuovere il segreto di Stato da detta documentazione ..."». Nel ricorso si assume poi, del tutto inesattamente, che il Procuratore di Milano avrebbe proceduto al sequestro di tutta la documentazione esistente presso un Ufficio del S.I.S.Mi. sito in via Nazionale, in Roma, tra cui documenti all'evidenza coperti da segreto di Stato e che essi sarebbero serviti - circostanza altrettanto infondata - «come fonte di ulteriori indagini e come base della richiesta di rinvio a giudizio (...), cosi' violando il segreto di Stato». Dopo aver ricordato, sempre inesattamente, che «un ulteriore strumento di indagine utilizzato dalla Procura milanese e' stato quello delle intercettazioni telefoniche effettuate "a tappeto" su utenze "di servizio" del S.I.S.Mi., nella consapevolezza, da parte della Procura, di cio' informata dal gestore della telefonia mobile, che l'associazione ai numeri di utenza S.I.S.Mi. era coperta da segreto di Stato», e che tali intercettazioni sarebbero illegali, il ricorrente lamenta le gravi pressioni che gli inquirenti avrebbero esercitato sugli indagati, «forzandoli» a rispondere «anche quando la risposta avrebbe comportato la violazione di un opposto segreto di Stato». Tale linea di condotta si sarebbe articolata «a volte nella negazione dell'esistenza di un segreto di Stato (...) a volte nell'invito a violarlo perche' il relativo reato sarebbe stato scriminato dall'esercizio del diritto di difesa (...), a volte qualificando la mancata risposta per opposizione di segreto come rifiuto di rispondere». Dopo aver ulteriormente ribadito, anche nella parte in diritto, che il Presidente del Consiglio avrebbe in due riprese affermato e confermato l'esistenza di un segreto di Stato e cioe' «Una prima volta precisando che il segreto copriva i rapporti del S.I.S.Mi. con i Servizi stranieri, una seconda volta che detto segreto copriva «tutti gli atti, documenti e informative relativi alle pratiche delle c.d. "renditions"» - l'Avvocatura generale dello Stato sottolinea che, nonostante cio', la Procura milanese «procedette nelle sue indagini violando il segreto sotto almeno tre profili». Una prima violazione atterrebbe all'utilizzo della documentazione sequestrata nell'Ufficio S.I.S.Mi. di via Nazionale. Una seconda violazione consisterebbe nelle intercettazioni telefoniche a tappeto di ben 85 utenze di servizio di agenti S.I.S.Mi. Una terza ipotizzabile violazione riguarderebbe infine «la non commendevole pressione esercitata dal p.m. sugli indagati perche' rivelassero il segreto di Stato da loro opposto», con conseguente «prevaricazione degli indagati-imputati». Una prima violazione consisterebbe in cio', che la Procura di Milano avrebbe utilizzato a fini di indagine documenti sui quali sarebbe stato opposto il segreto di Stato ai sensi dell'art. 256 c.p.p. o che, comunque, la Procura avrebbe dovuto ritenere coperti da tale segreto anche a prescindere da formale opposizione del medesimo; Una seconda violazione andrebbe individuata nelle modalita' utilizzate nello svolgimento delle indagini della Procura di Milano, che sarebbe stata effettuata anche tramite intercettazioni telefoniche di numerose utenze in uso a funzionari ed agenti del S.I.S.Mi.; avrebbe comportato il disvelamento dei nominativi di 85 di loro, nonche' delle strutture organizzative del servizio. Tali intercettazioni sarebbero illegali sia perche' autorizzate in violazione della normativa sul segreto di Stato, sia perche' il gestore di telefonia avrebbe informato gli inquirenti che «l'associazione ai numeri di utenza Sismi era coperta da segreto di Stato». Infine i pubblici ministeri titolari del procedimento avrebbero esercitato indebite pressioni morali su persone sottoposte ad indagini - cosi' prevaricandole - al fine di ricevere le loro dichiarazioni affermando, contrariamente al vero, che sui fatti non era stato opposto alcun segreto di Stato o invitandole a violarlo «...perche' il relativo reato sarebbe stato scriminato dall'esercizio del diritto di difesa», oppure «qualificando la mancata risposta per opposizione di segreto come rifiuto di rispondere». In conclusione, secondo il Presidente del Consiglio, «la Procura della Repubblica di Milano» avrebbe «svolto sotto svariati profili attivita' istruttoria volta a violare un segreto di Stato e sulla base delle fonti di prova direttamente o indirettamente ottenute da tali violazioni» avrebbe «chiesto il rinvio a giudizio del direttore del S.I.S.Mi. e di numerosi agenti dello stesso servizio (oltre che di altri soggetti) arrogandosi la potesta' di procedere nell'esercizio di una funzione che le era preclusa dal limite apposto dal Presidente del Consiglio nell'esercizio del suo potere politico». Conseguentemente il ricorrente Presidente del Consiglio chiedeva alla Corte costituzionale di dichiarare: «che non spetta al pubblico ministero in persona del Procuratore della Repubblica di Milano e dei suoi sostituti: procedere nelle indagini utilizzando documenti coperti da segreto di Stato ed allegare tali documenti alla richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dei soggetti ritenuti responsabili del sequestro di persona ai danni di Abu Omar; chiedere l'autorizzazione - ed ottenutola procedere - alle intercettazioni delle utenze riservate del S.I.S.Mi., o quanto meno farlo in misura tale da mettere sotto inchiesta non gia' singoli indagati ma l'intero apparato operativo del servizio, utilizzare le risultanze come elementi di prova e spunto per ulteriori indagini ed allegare le risultanze di tali intercettazioni alla richiesta di rinvio a giudizio di cui sopra; esercitare pressioni sugli indagati perche' svelino il segreto di Stato da essi opposto assumendone la inesistenza, la inopponibilita' da parte loro ed affermando il loro buon diritto di rivelarlo, in quanto scriminati dall'esercizio del diritto di difesa; utilizzare le relative risposte come elementi di prova e spunti per ulteriori indagini ed allegare i verbali alla richiesta di rinvio a giudizio; procedere ad un incidente probatorio al fine di accertare i rapporti fra S.I.S.Mi. ed un servizio straniero, utilizzarne le risultanze a fini di indagine ed allegarle alla richiesta di rinvio a giudizio». Il Presidente del Consiglio chiedeva conseguentemente di annullare «gli atti di indagine sopra elencati e la richiesta di rinvio a giudizio (anche) su di essi basata». La costituzione in giudizio della Procura di Milano nel conflitto di attribuzioni sollevato dal Presidente del Consiglio dei ministri. La nota 5 giugno 2007 del portavoce del Presidente del Consiglio dei ministri Il Procuratore della Repubblica di Milano si costituiva tempestivamente in giudizio contestando punto per punto le affermazioni contenute nel ricorso del Presidente del Consiglio (doc. n. 7). A fronte della tesi - svolta nel ricorso predisposto dall'Avvocatura generale dello Stato - secondo la quale il Presidente del Consiglio avrebbe affermato due volte l'esistenza del segreto di Stato sui fatti connessi al rapimento di Abu Omar, sui quali la Procura aveva indagato, la Procura contestava la tesi dell'Avvocatura dello Stato che l'apposizione del segreto di Stato fosse stata effettuata con la nota dell'11 novembre 2005 del Presidente Berlusconi. Per quanto invece riguarda la nota del 26 luglio 2006 del Presidente Prodi, la Procura eccepiva che, dopo il ricevimento di tale lettera, nessuna ulteriore attivita' di indagine era stata svolta. Comunque sia, per cio' che riguarda il rinvio a giudizio degli imputati Pollari + 30 esso si basava su atti e documenti in ordine ai quali l'attuale apposizione del segreto di Stato era del tutto ininfluente. Tuttavia, nell'ipotesi che il mutamento di linea politico-istituzionale (da Berlusconi a Prodi) sottintendesse il proposito di far ritenere alla Corte costituzionale che, gia' prima dell'overruling del Presidente Prodi, la Procura di Milano si trovasse, nel corso di tali indagini, in una sorta di «campo minato» nel quale, ad ogni piu' sospinto, avrebbe dovuto richiedere, a ripetizione, autorizzazioni al Presidente del Consiglio dei ministri onde poter proseguire nelle indagini 1), la Procura di Milano si riservava di elevare, a sua volta, conflitto di attribuzioni nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri con riferimento alla nota del 26 luglio 2006. In tale ottica, la nota si palesava infatti doppiamente lesiva delle attribuzioni costituzionali della Procura della Repubblica di Milano, e cioe': a) in primo luogo, perche' il Presidente del Consiglio, con la nota del 26 luglio 2006, retroagendo il segreto sui fatti di causa all'11 novembre 2005 o ad altra data anteriore ancorche' sconosciuta, pretende di incidere sulla celebrazione e/o sull'esito del processo penale n. 10838/05.21, a carico del gen. Nicolo' Pollari + 30, per il reato di sequestro aggravato di persona, la cui trattazione dibattimentale ha avuto inizio 1'8 giugno 2007 dinanzi alla sez. IV del Tribunale di Milano; b) in secondo luogo, perche', a prescindere dal condizionamento sul processo sopra indicato, il «revirement» del Presidente del Consiglio del 26 luglio 2006 difficulterebbe comunque l'effettuazione di ulteriori indagini della Procura di Milano sui fatti concernenti il sequestro di Abu Omar, sulle vicende che lo hanno preceduto e in generale su tutti i documenti, informative o atti relativi alla pratica delle c.d. «extraordinary renditions», in contrasto con la specificita' delle apposizioni di segreto e con le doverose esplicitazioni delle ragioni che le giustificano, che dovrebbero caratterizzare tutte le apposizioni di segreto di Stato, il quale resta pur sempre un'eccezione in un ordinamento compiutamente democratico e rispettoso dei diritti individuali e delle prerogative della Magistratura. Nell'uno come nell'altro caso sarebbero state, quindi, gravemente incise le attribuzioni costituzionali del p.m. ad esso spettanti ai sensi dell'art. 112 Cost. Nel tardo pomeriggio del 5 giugno 2007 l'Ufficio stampa e del portavoce della Presidenza del Consiglio dei ministri diffondeva la seguente «Nota per la stampa», asseritamente occasionata da talune pretese inesattezze in un articolo apparso lo stesso giorno sul quotidiano «La Repubblica» (doc. n. 3). Va sottolineato che tale nota veniva direttamente inviata, tra gli altri, dalla Presidenza del Consiglio al Procuratore della Repubblica di Milano. In essa si legge: «Al fine di ristabilire la verita' a fronte di alcune inesattezze contenute nell'articolo del 5 giugno 2007 pubblicato su La Repubblica a firma del giornalista D'Avanzo si ritiene opportuno precisare quanto segue: Sul fatto «rapimento Abu Omar» del 17 febbraio 2003 non esiste agli atti del S.I.S.Mi. nessun documento quindi nessun segreto di Stato. Nella lettera dell'11 novembre 2005 richiamata nell'articolo, rivolta al Procuratore della Repubblica di Milano e firmata dal Presidente del Consiglio dei ministri dell'epoca Silvio Berlusconi, si diceva tra l'altro che il Governo e il S.I.S.Mi. «non hanno avuto, ne' hanno notizia se non dalla stampa e da codesta autorita' giudiziaria in ordine al coinvolgimento di persone nel fatto». Il Governo, nel corso dell'audizione al COPACO del sottosegretario con delega Enrico Micheli avvenuta il 25 ottobre 2006, ha confermato l'inesistenza di ogni documentazione circa il fatto del 17 febbraio 2003 nell'ambito di una relazione che affrontava vari momenti tra cui anche quello relativo all'avvicendamento al vertice dei servizi che fu poi realizzato a far data dal 16 dicembre 2006. Sempre nella lettera datata 11 novembre 2005 a firma del Presidente Berlusconi si aggiungeva per altro «come sia mio preciso ed indefettibile dovere istituzionale salvaguardare nei modi e nelle forme normativamente previsti la riservatezza di atti, documenti, notizie e ogni altra cosa sia idonea a recare danno agli interessi protetti dall'art. 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801». Il Presidente Berlusconi, infatti, appose il segreto di Stato su tutti i documenti riguardanti la politica di difesa contro il terrorismo dopo l'11 settembre 2001, che conteneva, ovviamente, anche il delicato capitolo riguardante i rapporti con gli alleati. Tale segreto di Stato apposto dal Presidente Berlusconi veniva confermato dall'attuale Presidente del Consiglio Romano Prodi su segnalazione del suo predecessore al momento del passaggio di consegne avvenuto il 17 maggio 2006. In data 18 luglio 2006 la Procura della Repubblica di Milano chiedeva, in una lettera indirizzata al Presidente Prodi, se esistessero documenti riguardanti la vicenda oggetto dell'indagine e, ove effettivamente esistessero, se su di loro gravasse il segreto di Stato e, nel caso, di valutarne l'opportunita' di revocarlo. Il Presidente Prodi, con lettera del 26 luglio 2006, rispondeva «che su detta documentazione risulta effettivamente apposto il segreto di Stato dal precedente Presidente del Consiglio dei ministri; il segreto e' stato successivamente confermato dallo scrivente» e aggiungeva che «Ne' sussistono, nell'attuale contesto, le condizioni per rimuovere il segreto di Stato da detta documentazione». Quindi, non risulta esatto che il segreto di Stato sia stato opposto dal Presidente Prodi, che si e' limitato a confermare il segreto gia' opposto dal Presidente Berlusconi e nei limiti di tale opposizione; cioe', con esclusione di quanto relativo al fatto «rapimento Abu Omar», peraltro sempre accertabile dai magistrati con ogni consentita acquisizione probatoria nel rispetto del segreto di Stato. Quanto al conflitto di attribuzioni, si tratta, come noto, di strumento previsto dalla Costituzione proprio per dirimere le questioni riguardanti i limiti delle rispettive attribuzioni tra poteri dello Stato e, in materia di segreto di Stato, tra il Presidente del consiglio e la magistratura. Di conseguenza, la proposizione di conflitto di attribuzioni anche nei confronti dell'azione della magistratura rientra nella fisiologia dell 'ordinamento costituzionale, proprio a garanzia del corretto uso del potere attribuito dalla Carta costituzionale. In tale contesto e in tal senso il Governo ha proposto il conflitto di attribuzioni, nel cui ricorso depositato dall'Avvocatura dello Stato non viene mai usata l'espressione, cosi' impegnativa e fuori luogo, «comportamenti criminosi» dei magistrati di Milano. Per quanto riguarda, infine, l'attuale capo del S.I.S.Mi., ammiraglio Branciforte - nel ribadire quanto gia' dichiarato ieri dal Ministro della difesa - non possiamo che condividere il giudizio ampiamente positivo che ne viene dato nell'articolo. Come potremmo fare diversamente visto che e' stato nominato proprio dal Governo Prodi a far data dal 16 dicembre 2006? Lo stesso ammiraglio Branciforte potra' confermare senza ombra di dubbio che sin dal primo momento gli fu data «carta bianca» in tutti i sensi per assolvere al compito di cambiamento che gli e' stato affidato dal Governo. Quindi l'ammiraglio e' nella situazione di potere operare senza alcun condizionamento a differenza di quanto viene detto nell'articolo richiamato. Il Governo lo ha supportato, lo supporta e lo supportera' senza alcuna interferenza della politica e nel solo interesse dello Stato». Roma, 5 giugno 2007. La nota dell'Ufficio stampa e del portavoce della Presidenza del Consiglio dei ministri confermava le gravi perplessita' sull'effettivo significato che lo stesso Presidente del Consiglio on. Prodi intendesse attribuire sia alla sua missiva del 26 luglio 2006, sia alla missiva dell'11 novembre 2005 del Presidente del Consiglio on. Berlusconi. Ed infatti, nella nota del Portavoce si afferma: da un lato, in palese contrasto con la missiva del Presidente on. Prodi del 26 luglio 2006, che «sul fatto "rapimento Abu Omar" del 17 febbraio 2003 non esiste agli atti del S.I.S.Mi. nessun documento quindi nessun segreto di Stato» (e l'inesistenza del segreto di Stato su tali fatti sarebbe stata confermata dinanzi al Co.pa.co. dal sottosegretario con delega Enrico Micheli); dall'altro, si afferma che il passaggio, apparentemente neutro, contenuto nella missiva dell'11 novembre 2005 a firma del Presidente on. Berlusconi (secondo il quale e' «mio preciso ed indefettibile dovere istituzionale salvaguardare nei modi e nelle forme normativamente previsti la riservatezza di atti, documenti, notizie e ogni altra cosa sia idonea a recare danno agli interessi protetti dall'art. 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801"), andrebbe inteso nel senso che il Presidente Berlusconi avrebbe apposto «il segreto di Stato su tutti i documenti riguardanti la politica di difesa contro il terrorismo dopo l'11 settembre 2001, che conteneva, ovviamente, anche il delicato capitolo riguardante i rapporti con gli alleati». Conseguentemente, il Presidente on. Prodi nel confermare il segreto di Stato apposto dal Presidente on. Berlusconi (su segnalazione di quest'ultimo al momento del passaggio di consegne avvenuto il 17 maggio 2006), avrebbe fatto riferimento - secondo il suo Portavoce - al «segreto di Stato su tutti i documenti riguardanti la politica di difesa contro il terrorismo dopo l'11 settembre 2001, che conteneva, ovviamente, anche il delicato capitolo riguardante i rapporti con gli alleati». E quindi il Presidente on. Prodi, quando rispondeva alla lettera del 18 luglio 2006 del Procuratore della Repubblica di Milano che gli chiedeva se esistessero documenti riguardanti la vicenda oggetto dell'indagine e, ove effettivamente esistessero, se su di essi gravasse il segreto di Stato e, in tal caso, di valutarne l'opportunita' di revocarlo, pensava al «delicato capitolo riguardante i rapporti con gli alleati» e quindi ai fatti preparatori del rapimento di Abu Omar e non, ovviamente, al fatto materiale del rapimento! In conclusione, secondo la nota del Portavoce, il Presidente on. Prodi, confermando il segreto di Stato... segretamente apposto dal Presidente on. Berlusconi, non avrebbe sottratto alla pubblica conoscenza il fatto che il 17 febbraio 2003 Abu Omar sarebbe stato rapito. Invece, sempre secondo il Portavoce, sarebbero stati coperti da segreto di Stato - ma in contrasto testuale con la nota 11 novembre 2005 del Presidente Berlusconi e con quanto nei fatti avvenuto prima e dopo tale nota - i fatti organizzativi e preparatori del rapimento. Il che, conclusivamente, consente di leggere in una diversa luce quanto, assai cripticamente, si legge nel ricorso del Presidente del Consiglio on. Prodi, a p. 13 (all'inizio del 1/2 2.2.), e cioe' che «... il Presidente del Consiglio aveva a due riprese affermato e confermato l'esistenza di un segreto di Stato. // Una prima volta precisando che il segreto copriva i rapporti del S.I.S.Mi. con i Servizi stranieri, una seconda volta che detto segreto copriva "tutti gli atti, documenti e informative relativi alle pratiche delle c.d. "renditions"». Di qui la conseguenza che, diversamente da quanto si e' ritenuto in sede di redazione della memoria di costituzione del 29 maggio 2007, le censure del presente ricorso coinvolgono anche la missiva dell' 11 novembre 2005 del Presidente on. Berlusconi nonche', per quanto possa occorrere, tanto la nota del 5 giugno 2007 del Portavoce del Presidente Prodi quanto la direttiva del Presidente del Consiglio pro tempore del 30 luglio 1985 n. 2001.5/707 che nel ricorso del Presidente on. Prodi si ritiene applicabile anche all'a.g.o. Tanto fin qui premesso in fatto, si osserva quanto segue in D i r i t t o 1) Premesse generali. Se si ritiene - come si deduce facilmente dalla piana lettura della nota dell'11 novembre 2005 - che il Presidente on. Berlusconi non intese apporre il segreto di Stato a «qualsivoglia risvolto riconducibile al "sequestro in danno ...ad Abu Omar"», e' di tutta evidenza che la nota del 26 luglio 2006 del Presidente on. Prodi, la' dove afferma che il segreto su tali fatti sarebbe stato apposto dal suo predecessore, menomerebbe gravemente le attribuzioni costituzionali del p.m. attinenti all'esercizio dell'azione penale - ribadite da codesta ecc.ma Corte costituzionale anche nell'ipotesi di opposizione del segreto di Stato (sentt. nn. 110 e 410 del 1998) - in quanto affermerebbe la sussistenza del limite del segreto di Stato (su tali fatti e a danno delle attribuzioni del p.m.) ancorche' non esplicitamente apposto e quindi a fortiori illegittimo perche' privo di motivazione. Se invece si ritiene - come afferma l'Avvocatura generale dello Stato nel ricorso del 14 febbraio 2007 - che il Presidente del Consiglio dei ministri on. Prodi, confermando, con la sua nota del 26 luglio 2006, la nota dell'11 novembre 2005 del Presidente on. Berlusconi, avrebbe inteso impedire ab initio alla Procura della Repubblica di Milano l'esercizio dei poteri di indagine con riferimento ai fatti connessi e conseguenti al rapimento di Abu Omar, adducendosi al riguardo «i rapporti del S.I.S.Mi. con i Servizi stranieri» (o, come si legge nella nota del Portavoce del 5 giugno 2007, «il delicato capitolo riguardante i rapporti con gli alleati»), e' altrettanto evidente che le attribuzioni costituzionali del p.m. attinenti all'esercizio dell'azione penale risulterebbero non meno gravemente menomate dal potere esecutivo, in quanto tali limiti sarebbero stati apposti surrettiziamente retroattivamente e immotivatamente. Infatti, mentre nella nota del 26 luglio 2006 non v'e' traccia di tale apposizione (ma solo un fumoso rinvio alla precedente nota), nella nota dell'11 novembre 2005 il richiamo alle relazioni dei Servizi con gli organi informativi degli altri Stati (ult. cpv.) e' assolutamente generico. Pertanto, poiche' entrambe tali note della Presidenza del Consiglio, quale che ne sia l'interpretazione, non appongono chiaramente, specificatamente e motivatamente un legittimo limite all'attivita' della Procura di Milano (ma anzi, sia pure ambiguamente, vengono di fatto a coprire col segreto di Stato «fatti eversivi dell'ordine costituzionale»), il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, con il presente atto, solleva, a sua volta, conflitto di attribuzioni nei confronti del Presidente del Consiglio in relazione a tali due note e agli altri atti sopra indicati, sulla base dei motivi di diritto qui in appresso specificamente illustrati. 2) In rito. Sull'ammissibilita' del ricorso. Sotto il profilo soggettivo, e' pacifica, nella giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, la legittimazione del Procuratore della Repubblica «a sollevare conflitto di attribuzione, in quanto organo direttamente investito delle funzioni previste dall'art. 112 Cost. e dunque gravato dall'obbligo di esercitare l'azione penale e le attivita' di indagine a questa finalizzate» (v. da ultimo l'ord. n. 404 del 2005 nonche' la stessa ord. n. 124 del 2007). Altrettanto pacifica e' la legittimazione del Presidente del Consiglio dei ministri a resistere al conflitto «in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volonta' del potere cui appartiene in ordine alla tutela, apposizione, opposizione e conferma del segreto di Stato, non solo sulla base della legge n. 801 del 1977, ma come (la) Corte ha piu' volte chiarito, anche alla stregua delle disposizioni costituzionali che ne delimitano le attribuzioni» (v. ancora l'ord. n. 404 del 2005, ed ivi ulteriori indicazioni). Sotto il profilo oggettivo, il presente ricorso ha come oggetto la menomazione delle attribuzioni costituzionali del p.m. derivanti: a) dalla nota del Presidente del Consiglio on. Prodi del 26 luglio 2006, qualora il senso di essa sia: a1) quello di far ritenere che il segreto sui fatti relativi al rapimento di Abu Omar sarebbe stato surrettiziamente apposto dal precedente Presidente del Consiglio; oppure quello ad essa attribuita dallo stesso Presidente del Consiglio on. Prodi nel ricorso per conflitto di attribuzioni (reg. confl. n. 2 del 2007), e cioe' che le attribuzioni costituzionali del p.m. sarebbero limitate dalla direttiva del Presidente del Consiglio pro tempore del 30 luglio 1985, n. 2001.5/07 o genericamente dai «rapporti con gli alleati», ivi esplicitamente richiamati (come si legge anche nella nota del Portavoce), con la conseguenza che verrebbe genericamente impedita al p.m. l'acquisizione e l'utilizzazione di tutte le informazioni e di tutti i documenti anche quando non vi sia un'esplicita apposizione ed opposizione del segreto di Stato. Il che va ben oltre quanto codesta ecc.ma Corte costituzionale ha insegnato nelle sentenze nn. 86 del 1977, 110 e 410 del 1998. b) dalla nota del Presidente del Consiglio on. Berlusconi dell'11 novembre 2005, nel significato ad essa attribuita dal Presidente del Consiglio on. Prodi sia con la nota del 26 luglio 2006 sia nel ricorso per conflitto di attribuzioni reg. confl. n. 2 del 2007, sia infine del suo Portavoce nella «nota per la stampa» del 5 giugno 2007. 3) Nel merito. La giurisprudenza della Corte costituzionale sul segreto di Stato e nei rapporti con il p.m. Nella sent. n. 86 del 1977, codesta ecc.ma Corte, come a tutti noto, ha tracciato le linee guida per la riforma del segreto di Stato, peraltro tutt'oggi in attesa di completamento. In ossequio ai principi individuati in tale decisione, la disciplina introdotta dalla legge 24 settembre 1977, n. 801 ha circoscritto l'ambito oggettivo della segretazione ai soli beni esplicitamente individuati nell'art. 12, comma 1, e ponendo, nel comma 2, come limite insuperabile («in nessun caso») il divieto di coprire con il segreto «fatti eversivi dell'ordine costituzionale». Fermo restando questo insuperabile limite, la legge n. 801 del 1977 attribuisce, all'esecutivo il solo potere di apprezzare la lesivita', per gli indicati beni, della diffusione dei documenti e delle notizie. Il potere di segretazione non costituisce, quindi, «esercizio di una discrezionalita' puramente politica - e quindi libera nei fini», come erroneamente pretende il Presidente del Consiglio nel suo ricorso (reg. confl. n. 2 del 2007). Esso e', invece - come e' giusto e doveroso che sia, in uno «Stato costituzionale» (attento alla tutela dei singoli, non meno che delle istituzioni) -, un potere vincolato sia nel perseguimento dei fini prefissati dal legislatore in conformita' con la Costituzione, sia nelle forme e nei modi di estrinsecazione nei confronti dell'autorita' giudiziaria, cosi' come codificate negli artt. 202 e 256 c.p.p. Oltre alla fondamentale sent. n. 86 del 1977, deve poi ricordarsi l'altrettanto importante sent. n. 110 del 1998, nella quale, al 1/2 5, codesta ecc.ma Corte ha sottolineato, ricollegandosi alle sentenze nn. 82 del 1976, 49 e 86 del 1977, «che la potesta' dell'esecutivo in questa materia (rectius, in materia coperta da segreto di Stato) non e' illimitata» e nella quale «ha fatto salva l'esigenza - destinata a trovare il suo punto di equilibrio e la sua definizione in sede legislativa - di assicurare, in ogni singolo caso concreto, un ragionevole rapporto di mezzo a fine; precisando che mai il segreto potrebbe essere allegato per impedire l'accertamento di fatti eversivi dell'ordine costituzionale; affermando la necessita' che l'esecutivo indichi le ragioni essenziali che stanno a fondamento del segreto; insistendo sulla centralita' della sede parlamentare ai fini del sindacato politico sulla tutela del segreto, attraverso tutti i modi consentiti dalla Costituzione, riconducibili alla funzione ispettiva delle Camere, ovvero all'ambito dei procedimenti fiduciari». Sottolinea inoltre codesta ecc.ma Corte (al 1/2 7) che «non puo' essere condivisa» «(l)a tesi prospettata dall'Avvocatura dello Stato, secondo la quale l'opposizione del segreto inibirebbe in modo assoluto all'autorita' giudiziaria la conoscenza dei fatti ai quali il segreto si riferisce, e quindi precluderebbe al pubblico ministero di compiere qualsiasi indagine, anche se fondata su elementi di conoscenza altrimenti acquisiti». Tale impostazione, infatti, «altererebbe in questa materia l'equilibrio dei rapporti tra potere esecutivo e autorita' giudiziaria, che debbono essere improntati al principio di legalita'; ne' potrebbe questa Corte sostituirsi al legislatore, operando, in concreto e di volta in volta, senza alcuna base legislativa, valutazioni di merito attinenti al bilanciamento tra i beni costituzionali sottostanti rispettivamente alle esigenze di tutela del segreto e di salvaguardia dei valori protetti dalle singole fattispecie incriminatrici». «Sulla base di questi principi - prosegue la Corte -, e alla luce della disciplina vigente, che non delinea alcuna ipotesi di immunita' sostanziale collegata all'attivita' dei servizi informativi, l'opposizione del segreto di Stato da parte del Presidente del Consiglio dei ministri non ha l'effetto di impedire che il pubblico ministero indaghi sui fatti di reato cui si riferisce la notitia criminis in suo possesso, ed eserciti se del caso l'azione penale, ma ha l'effetto di inibire all'autorita' giudiziaria di acquisire e conseguentemente di utilizzare gli elementi di conoscenza e di prova coperti dal segreto». E' sufficiente avere presenti le precise indicazioni desumibili da queste due pronunce, per rendersi subito conto dello stravolgimento che arrecano a tali principi le note dell'11 novembre 2005 e del 26 luglio 2006, sia che il loro senso sia quello fatto palese dalle parole usate, sia che vengano interpretate come vorrebbe l'Avvocatura dello Stato e il portavoce del Presidente Prodi. Ne segue che gli atti contestati in premesse vanno annullati in base ai seguenti M o t i v i d i d i r i t t o I motivo. Violazione del divieto di coprire col segreto di Stato fatti eversivi dell'ordine costituzionale (art. 12, comma 2, legge n. 801 del 1977). Il Presidente del Consiglio on. Prodi, nella nota del 26 luglio 2006, afferma che il suo predecessore on. Berlusconi avrebbe posto, con riferimento al rapimento di Abu Omar, il segreto di Stato su «ogni comunicazione o documento eventualmente trasmessi (...) concernenti il sequestro o le vicende sopra descritte che lo hanno preceduto, o in generale tutti i documenti, informative o atti relativi alla pratica delle c.d. "renditions..."». Il Presidente Prodi afferma inoltre che tale precedente apposizione di segreto sarebbe stata da lui confermata. Cosi' facendo, il Presidente del Consiglio ha pero' gravemente violato l'art. 12, comma 2, della legge 24 ottobre 1977, n. 801, secondo il quale «In nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato fatti eversivi dell'ordine costituzionale». I gravissimi reati, con riferimento ai quali la nota del 26 luglio 2006 pretende di menomare l'esercizio dell'azione penale della Procura di Milano, risultano dalle imputazioni contenute nella richiesta di rinvio a giudizio (doc. n. 5) che si trascrivono in nota 2). Tali reati consistono nella privazione della liberta' personale di Abu Omar mediante il suo sequestro e il suo trasferimento all'aeroporto di Aviano per essere trasportato fuori dall'Italia, nonche' nella partecipazione alle fasi preparatorie del sequestro stesso. Questi fatti, gia' di per se' gravissimi e contrari all'ordine costituzionale, vanno pero' ulteriormente valutati alla luce delle successive vicende concernenti Abu Omar, il quale, dopo il trasferimento ad Aviano, fu trasportato in aereo prima a Ramstein (Germania), e poi a Il Cairo, per essere quivi interrogato, sotto tortura, dalle autorita' egiziane (docc. 8, 9, 10 e 11) 3). Tali fatti si iscrivono quindi nel piu' ampio contesto delle c.d. extraordinary renditions («consegne speciali»), stigmatizzate a livello ufficiale sia dal Parlamento europeo (risoluzione 2006/2200 LINI) del 14 febbraio 2007 (doc. n. 12) «sul presunto uso dei paesi europei da parte della C.I.A. per il trasporto e la detenzione illegali di prigionieri») 4) sia dal Consiglio d'Europa (risoluzione n. 1507 e raccomandazione n. 1754, entrambe adottate il 27 giugno 2006, sulla base del rapporto del 12 giugno 2006 doc. n. 10957 della Commissione affari legali e diritti umani, rel. Dick Marty, nel quale si fa tra l'altro riferimento al caso Abu Omar [doc. n. 1315], 5) nonche' le recentissime proposte di risoluzione e di raccomandzione del Consiglio Europeo del 7 giugno 2007 predisposte dalla stessa Commissione Affari Legali e Diritti Umani [doc. n. 14) 6). Le c.d. «consegne speciali» identificano, infatti uno dei piu' discutibili strumenti escogitati dalla C.I.A., dopo l'11 settembre 2001, per combattere il terrorismo di radice islamica: uno strumento che consiste nella privazione della liberta' personale di individui sospettati di terrorismo (non di rado, erroneamente) 7), senza alcuna garanzia giurisdizionale, al fine di trasportarle in paesi terzi - poco sensibili per le garanzie delle persona e per ivi farli interrogare sotto tortura. Essi configurano quindi «fatti eversivi» del nostro «ordine costituzionale». Tale locuzione va infatti ben oltre quella di ordinamento democratico - con la quale si individua il mero assetto democratico-parlamentare del nostro ordinamento (assetto che e' comunque specificamente tutelato, sotto vari aspetti, dal primo comma dello stesso art. 12) 7). Come ripetutamente sottolineato da codesta ecc.ma Corte, il segreto di Stato mira per vero a tutelare lo Stato comunita' e non il Governo e i partiti che sorreggono (Corte cost., sentt. nn. 82 del 1976, 86 del 1977 e 110 del 1998), e quindi le strutture istituzionali. Pertanto esso non puo' essere allegato contro la comunita' stessa e in pregiudizio dei «principi supremi» del nostro ordinamento, tra i quali le norme costituzionali che garantiscono i diritti inviolabili dell'uomo (v. la sent. n. 1146 del 1988, ma v. gia' prima le sentt. nn. 183 del 1973 e 180 del 1974). In altre parole l'art. 12, comma 2, della legge n. 801 del 1977 mira ad evitare che il segreto di Stato sia apposto in spregio di quell'insieme di principi e di regole che identificano lo Stato costituzionale, i quali cosi' come rifiutano, senza eccezioni, «ogni violenza fisica o morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di liberta» - tant'e' vero che il nostro ordinamento non solo vieta tali violenze, ma addirittura ne impone la punizione a carico di chi si sia macchiato di siffatti reati (art. 13, comma 4, Cost.) -, cosi' altrettanto non possono tollerare che sul proprio territorio nazionale siano effettuati sequestri di persone da tradurre manu militari in altri Paesi, per essere ivi interrogate con l'uso, appunto, di violenza fisica o morale. Se infatti si sostenesse il contrario, e cioe' che la locuzione «ordine costituzionale» individui esclusivamente l'«ordine democratico», verrebbe con cio' stesso (inammissibilmente) affermato che la Repubblica italiana non garantirebbe, oltre alle istituzioni democratiche, quei principi fondamentali di dignita', di liberta' e di eguaglianza (artt. 2 e 3 Cost.), che codesta ecc.ma Corte ha piu' volte identificati come principi supremi addirittura sottratti al potere di revisione costituzionale. Ne' si puo' dimenticare che siffatte gravissime violazioni della liberta' personale, con specifico riferimento alla tortura, sono espressamente vietate dall'art. 4 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (ONU, 1948), dall'art. 5 del Patto internazionale sui diritti civili e politici (ONU, 1966), dagli artt. 1 ss. della Dichiarazione sulla protezione contro la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti (ONU, 1975), dagli artt. 1 ss. della Convenzione internazionale contro la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, immani e degradanti 8) (ONU, 1984; tale convenzione e' stata ratificata in Italia il 12 gennaio 1989 a seguito di legge di autorizzazione 3 novembre 1988, n. 498), dall'art. 3 della Convenzione europea per la salvaguardia, dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, 9) dall'art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dall'art. 65 del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa e cosi' via. Merita infine di essere ricordato che la proibizione della tortura e' stata piu' volte ribadita, in termini estremamente drastici, dalla Corte suprema degli Stati Uniti, in forza dell'VIII emendamento (divieto di punizioni crudeli e inusuali), a partire dal caso Wilkerson v. Utah, 99 U.S. 130 (1878), seguito dai casi in re Kemmler, 136 U.S. 436 (1890); Weems v. US., 217 U.S. 349 (1910); Trop v. Dulles, 356 U.S. 86 (1958); Estelle v. Gamble, 429 U.S. 97 (1976); Whitley v. Albers, 475 U.S. 312 (1986); Hudson v. MsMillian et 503 U.S. 1 (1992) ecc. ecc. II motivo. Illegittimita' della nota del 26 luglio 2006 perche' falsamente afferma che il segreto di Stato sui fatti connessi al rapimento di Abu Omar sarebbe stato apposto dal suo predecessore. Eccesso di potere per errore o falsita' dei presupposti. Se si legge la nota dell'11 novembre 2005 cosi' come e' stata scritta - dalla, quale risulta che il Presidente on. Berlusconi affermo' «che il Governo ed il S.I.S.Mi. sono del tutto e sotto ogni profilo estranei rispetto a qualsivoglia risvolto riconducibile al "sequestro in danno di Nasr Osama Mustafa Hassan, alias Abu Omar (Milano il 17 febbraio 2003)"» e che «Del pari, il Governo ed il Servizio non hanno avuto ne' hanno notizia, se non dalla stampa e da codesta autorita' giudiziaria, in ordine a coinvolgimenti di persone nel fatto» - la conclusione, diversamente da quanto affermato dal Presidente Prodi, sia direttamente nella nota del 26 luglio 2006 sia per il tramite del suo Portavoce, e' che il Presidente Berlusconi non intese affatto coprire col segreto di Stato i fatti preparatori, connessi e conseguenti al sequestro di Abu Omar. (E questa e' stata infatti la tesi che la Procura di Milano ha sostenuto nella memoria 29 maggio 2007, resa nel giudizio reg. confl. n. 2 del 2007, prima della nota 5 giugno 2007 del Portavoce del Presidente Prodi). Ma se cosi' fosse - come la Procura di Milano, in via principale, ritiene -, sarebbe allora altrettanto evidente che la nota del 26 luglio 2006 e' illegittima per eccesso di potere per errore sui presupposti o per falsita' dei medesimi, in quanto in essa si afferma una cosa che non risponde a verita', e cioe' che il Presidente Berlusconi aveva apposto il segreto in subiecta materia. Se invece - e questa e' un'ulteriore tesi che potrebbe sostenersi, data la varieta' delle interpretazioni delle due note provenienti dalla stessa Presidenza del Consiglio - il Presidente on. Berlusconi effettivamente appose il segreto di Stato sui fatti connessi al rapimento, ma tale apposizione ancorche' comunicata al Presidente Prodi all'atto del passaggio delle consegne - non fu mai comunica ufficialmente all'a.g.o. quando questa gliene fece richiesta, e' altresi' di tutta evidenza che tale apposizione sarebbe illegittima e inefficace, e il Presidente on. Prodi avrebbe fatto assai male a confermarla, coinvolgendo cosi' la sua responsabilita' politica. Il che e' tanto piu' evidente se, come risulta dalla nota del suo Portavoce, egli avrebbe fatto affermare dal Sottosegretario Micheli, il 25 ottobre 2006, dinanzi al Co.pa.co., l' «inesistenza di ogni documentazione circa il fatto del 17 febbraio 2003». III motivo. Violazione dell'art. 16 della legge n. 801 del 1977. Mancata enunciazione delle ragioni essenziali dell'opposizione del segreto di Stato. Assoluta carenza di motivazione. Implicazioni del principio della doverosa motivazione sulla necessita' della specifica apposizione. Illegittimita' delle contrarie interpretazioni dell'Avvocatura dello Stato nel ricorso sollevato contro la Procura di Milano il 14 febbraio 2007. III.1) Codesta ecc.ma Corte, nella giurisprudenza sopra richiamata, ha ripetutamente affermato che il potere di segretazione non e' illimitato e che conseguentemente l'esecutivo deve indicare le ragioni essenziali che stanno a fondamento dell'apposizione del segreto; ed ha sottolineato che l'obbligo di motivazione, in questa materia, e' imposto «dalla estrema delicatezza della materia e dalla necessita' di ridurre al minimo sia gli abusi sia la possibilita' di contrasti con il potere giurisdizionale» (sent. n. 86 del 1977). Questi principi sono stati fatti propri dal legislatore sia nella legge n. 801 del 1977, sia negli artt. 202 e 256 c.p.p. Per vero, quando il legislatore ha disposto espressamente, all'art. 16 della legge n. 801 del 1977, l'obbligo del Presidente del Consiglio dei ministri di indicare, nell'atto di conferma del segreto di Stato, «con sintetica motivazione, le ragioni essenziali» della sua adozione, non ha affermato una regola per l'esecutivo valevole solo nei confronti del Co.pa.co, bensi' ha previsto un principio generale in tema di apposizione/opposizione del segreto, che e' chiaramente desumibile anche dai citt. artt. 202 e 256 c.p.p., ove parimenti si allude alla «conferma». Ebbene, se si ha presente la varieta' dei significati che alla nota dell'11 novembre 2005 sono stati attribuiti dal Presidente del Consiglio Prodi, sia direttamente che indirettamente; e, quindi, si ha presente la varieta' di senso che assume la nota del 26 luglio 2006 a seconda che si ritenga, o non, che gia' in precedenza il Presidente Berlusconi avesse apposto il segreto di Stato sulle vicende attinenti al sequestro di Abu Omar, ne consegue che non solo e' dubbio che il segreto di Stato sia stato apposto sulle vicende del rapimento di Abu Omar (come risulta testualmente dalla nota dell'11 novembre 2005 del Presidente Berlusconi e dalle parole del Portavoce dell'on. Prodi), ma e' altresi' dubbio - qualora si ritenga che esso sia stato apposto - chi abbia apposto il segreto e come e quando cio' sia avvenuto. A maggior ragione, quindi, manca qualsivoglia enunciazione delle ragioni essenziali dell'apposizione e dell'opposizione del segreto di Stato (che, secondo il Portavoce, non ci sarebbe stata; ma che l'Avvocatura assume ci sia stata sin dall'inizio, quanto meno...allo stato diffuso). E' percio' evidente, in tutta questa vicenda, una insuperabile ambiguita' nel comportamento della Presidenza del Consiglio (quale che ne sia il titolare). E la nota del Portavoce e' sintomatica in tal senso. Infatti, quando essa parla del «rapimento di Abu Omar», essa non si riferisce (ne' si puo' riferire, trattandosi di un fatto-reato di cui si devono valutare tutte le sfaccettature) al mero «fatto» del rapimento, ma necessariamente allude anche ai fatti preparatori e organizzativi del medesimo, nei quali hanno avuto parte preponderante (e quindi risultano certamente coinvolti) numerosi agenti della C.I.A. Per cui non puo' sostenersi che essa, nel contempo, affermi che il segreto di Stato non sarebbe stato apposto sul «fatto» del rapimento e sarebbe stato invece apposto sui «rapporti» tra il S.I.S.Mi. e la C.I.A. Affermare che il segreto di Stato sia stato posto su tali «rapporti» equivale infatti a precludere la conoscibilita' delle effettive responsabilita' del «fatto» rapimento nonche' di tutti i dettagli del rapimento. Ebbene, nel caso che il segreto di Stato sia stato apposto con riferimento ai «rapporti con gli alleati» (come dice il portavoce), e cioe' con la C.I.A., le note dell'11 novembre 2005 e del 26 luglio 2006 non ci dicono chi, come e quando abbia apposto tale segreto: Berlusconi o Prodi? quando e come? direttamente o per interposta persona? Ovviamente non si mette in dubbio che la salvaguardia dei rapporti con altri Stati possa, in talune rarissime circostanze, giustificare l'apposizione del segreto di Stato (lo ammette lo stesso art. 12 della legge n. 801). Non si deve pero' dimenticare che, nella specie, come sottolineato nel I motivo, si aveva a che fare con «fatti eversivi dell'ordine costituzionale», sui quali il segreto di Stato «in nessun caso» puo' essere apposto, ne' ufficialmente ne' tanto meno surrettiziamente (come ai tempi degli esecutivi monarchici nello Stato predemocratico). III.2) Un ultimo rilievo: il fatto che codesta ecc.ma Corte e il legislatore abbiano concordemente ritenuto che l'apposizione del segreto di Stato debba essere specificamente motivata e che si debbano quindi evidenziare le specifiche ragioni dell'apposizione implica l'illegittimita' di qualsivoglia interpretazione delle due note della Presidenza del Consiglio, in forza della quale si pretenda sostenere - come invece fa l'Avvocatura dello Stato, richiamando a supporto niente meno che la direttiva del Presidente Craxi per i Servizi segreti - che la segretezza sia la regola e la pubblicita' sia l'eccezione anche per l'a.g.o., quando essa abbia a che fare, direttamente o indirettamente, con fatti nei quali sono coinvolti o possano essere coinvolti i Servizi segreti. Cio' e' profondamente errato e urta contro le fondamenta del nostro Stato di diritto, secondo il quale, come affermato da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 110 del 1998, «i rapporti tra potere esecutivo e autorita' giudiziaria debbono essere improntati al principio di legalita». Le due note qui censurate pretenderebbero, invece, secondo l'interpretazione dell'Avvocatura dello Stato (ric. confl. n. 2 del 2007), di attuare un vero e proprio rovesciamento dei termini della questione, configurando un anomalo «onere» del magistrato (sia giudicante che requirente), il quale dovrebbe richiedere al Presidente del Consiglio, di volta in volta, una espressa «deroga» al segreto generalmente imposto, alla quale resterebbe subordinato il pieno esercizio dei propri poteri. IV motivo. Illegittima retroattivita' dell'apposizione del segreto da parte del Presidente on. Prodi, qualora si pretenda che l'apposizione del segreto del 26 luglio 2006 costituisca la conferma di una precedente segretazione effettuata il 25 novembre 2005 o comunque in altra data. La nota del 26 luglio 2006 del Presidente del Consiglio on. Prodi si inserisce in uno scambio di corrispondenza tra Procura di Milano, Ministro della difesa e Presidente del Consiglio, avente ad oggetto la richiesta di esibizione dei documenti nella disponibilita' del Ministro concernenti il sequestro di Abu Omar e, in generale, la pratica delle c.d. renditions (doc. n. 4). La nota del 26 luglio 2006, pertanto, non fa (ne' poteva fare) riferimento ne' ai documenti sequestrati presso l'ufficio del S.I.S.Mi. di via Nazionale, ne' agli esiti delle intercettazioni disposte su utenze in uso a funzionari del Servizio. Si riferiva esclusivamente alla documentazione richiesta al Ministro della difesa. Tuttavia, il Presidente del Consiglio, nel ricorso del 14 febbraio 2007, sembrerebbe sostenere (e la tesi e' confermata dal Portavoce nella sua nota del 5 giugno) che il segreto sarebbe stato apposto precedentemente, e cioe' il 25 novembre 2005 o addirittura in data anteriore (la nota parla finanche dell'11 settembre 2001!). Conseguentemente il segreto si applicherebbe a tutti i documenti e a tutte le notizie gia' acquisite dal p.m. relativi al sequestro di Abu Omar e, in generale, alla pratica delle c.d. renditions. Se cosi' fosse, si tratterebbe pero' di un atto assolutamente irrazionale e gravemente lesivo delle attribuzioni costituzionali del p.m., posto che la segretazione di atti e documenti e' una norma di condotta, e per definizione le norme di condotta non possono essere retroattive (factum infectum fieri nequit). Se pretendessero di esserlo, sarebbero palesemente irrazionali e conseguentemente andrebbero annullate per contrasto con l'art. 3 Cost. E' d'altra parte noto (v. supra nella I Parte in fatto, p. 6 ss.) che prima e dopo la nota dell'11 novembre 2005 del Presidente Berlusconi, nessuno - nemmeno il direttore del S.I.S.Mi. - oppose mai il segreto di Stato. Il che conferma la speciosita' del tentativo dell'Avvocatura dello Stato. V motivo. Violazione del principio dell'obbligatorieta' dell'azione penale (art. 112 Cost.). Si sono gia' ricordate, nel 1/2 3, le importanti precisazioni di codesta ecc.ma Corte, esplicitate nella sent. n. 110 del 1998, relativamente agli effetti della segretazione sulle attribuzioni costituzionali del p.m. Le sottolineiamo ancora una volta: l'apposizione del segreto non puo' inibire in modo assoluto all'a.g. la conoscenza dei fatti ai quali il segreto si riferisce; essa non puo' precludere al p.m. di compiere qualsiasi indagine, che sia fondata su elementi di conoscenza altrimenti acquisiti; i rapporti tra potere esecutivo e autorita' giudiziaria debbono essere improntati al principio di legalita'; l'apposizione del segreto di Stato da parte del Presidente del Consiglio dei ministri non puo' impedire al p.m. di indagare sui fatti di reato cui si riferisce la notitia criminis in suo possesso e di esercitare, se del caso, l'azione penale; la segretazione ha il solo effetto di inibire all'a.g. di acquisire e conseguentemente di utilizzare gli elementi di conoscenza e di prova coperti dal segreto. Nemmeno devono poi essere dimenticati le altrettanto importanti indicazioni giurisprudenziali specificamente concernenti l'obbligatorieta' dell'azione penale: «L'obbligatorieta' dell'esercizio dell'azione penale ad opera del pubblico ministero (...) e' stata costituzionalmente affermata come elemento che concorre a garantire, da un lato, l'indipendenza del pubblico ministero nell'esercizio della propria funzione e, dall'altro, l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge penale». «L'obbligo dell'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero esige che egli sia titolare di tale azione in relazione a qualunque fatto di reato, comunque conosciuto» (sent. n. 84 del 1979). «Il principio di obbligatorieta' e', dunque, punto di convergenza di un complesso di principi basilari del sistema costituzionale, talche' il suo venir meno ne altererebbe l'assetto complessivo». Esso «esige che nulla venga sottratto al controllo di legalita' effettuato dal giudice: ed in esso e' insito, percio', quello che in dottrina viene definito favor actionis. Cio' comporta non solo il rigetto del contrapposto principio di opportunita' che opera, in varia misura, nei sistemi ad azione penale facoltativa (...) ma comporta, altresi', che in casi dubbi l'azione vada esercitata e non omessa» (sent. n. 88 del 1991). Ebbene, la pretesa, da parte del Presidente del Consiglio, di coprire surrettiziamente col segreto di Stato - ambiguamente giustificato sulla base dei «rapporti con gli alleati» - tutte le vicende connesse al rapimento di Abu Omar, urta non solo contro i principi in tema di segreto di Stato che si sono ricordati nei precedenti motivi, ma incide nel contempo anche sul principio dell'obbligatorieta' dell'azione penale (art. 112 Cost.) e quindi direttamente menoma le attribuzioni costituzionali del p.m. Di talche', tutte le cose che si sono fin qui osservate con riferimento ai principi in tema di segretazione potrebbero ripetersi dall'angolo visuale dell'art. 112 Cost. Istanza istruttoria Si chiede, altresi', che venga ordinata al Presidente del Consiglio dei ministri l'esibizione della direttiva 30 luglio 1985, n. 2001.5/07 e di ogni altro atto con cui il segreto in questione sarebbe stato apposto. 1) La serieta' di tale ipotesi e' desumibile dallo stesso incipit del ricorso e dalla quantita' delle infondate allegazioni «retroattive» contenute nel ricorso dell'Avvocatura generale dello Stato («La Procura della Repubblica di Milano, procedendo nelle indagini sul sequestro di persona di Nasr Osama Mustafa Hassan, alias Abu Omar, avverti' ben presto che la sua attivita' sarebbe necessariamente entrata in contatto con aree coperte dal segreto di Stato e di questo ebbe, anzi, preciso avvertimento, oltre che da parte dei testimoni e degli indagati, da parte del Presidente del Consiglio pro tempore ...») e dalle numerose infondate allegazioni ecc. 2) Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano. Richiesta di rinvio a giudizio, artt. 416, 417 c.p.p., 130, d.lgs. n. 271/1989. Al giudice per l'udienza preliminare presso il Tribunale di Milano Il pubblico ministero visti gli atti del procedimento penale indicato in epigrafe, nei confronti di: 1) Adler Monica Courtney, nata a Seattle (Washington - USA) in data 2 febbraio 1973, cittadina USA con passaporto Usa n. 017017139 (rilasciato il 25 luglio 2001), patente di guida internazionale (acquisita in copia) n. 66605387, rilasciata da Autorita' americane di Heatrow (Florida) il 3 aprile 2002; domiciliata 2001 N.Adams, Arlington VIRGINIA 22201; 2) Asherleigh Gregory, nato a Hyattsvulle Mariland (USA) Usa il 23 dicembre 1955, Coachmen Enterprises Washington, DC P.O. Box 91228 Washington DC (USA), oppure STS Inc. P.O. Box 1606 Hyattsville (Maryland) 20788 (USA), recapito telefonico n. 3015953823; cittadino USA, con passaporto Usa n. 015135635, rilasciato il 4 giugno 1996; patente di guida USA n. 66605685; carta di credito Visa Card n. 4118160311575248 (valida sino a giugno/2005); 3) Carrera Lorenzo Gabriel, nato nel Texas (USA) il 29 gennaio 1971, cittadino USA, con passaporto Usa n. 016422583, rilasciato 12 febbraio 1995 o n. 016422583, rilasciato il 28 gennaio 2000; 4) Channing Drew Carlyle, nato a New York (USA) in data 26 aprile 1965, cittadino USA, con passaporto Usa n. 017121103, rilasciato il 10 giugno 2002; 5) Duffin John Kevin, nato in Illinois (USA) in data 3 maggio 1952, P.O. Box 60031 19406 King of Prussia PA (USA) o 649 South Henderson Rd, King of Prussia 19406 PA o presso Krauss Nannette 329 Prince Frederick St King of Prussia, PA 19406 (tel. 6102650563); cittadino USA, con passaporto Usa n. 016434535 rilasciato il 15 settembre 1999; 6) Harbaugh Raymond, nato in Alaska (USA) il 9 giugno 1939, Box 73 Newington 22122 VA (USA), cittadino USA, con passaporto Usa n. 016136600, rilasciato il 17 marzo 1999; 7) Harty Ben Amar, nato in Iowa (USA) il 20 ottobre 1944, Box 73 Newington 22122 VA (USA), cittadino USA, con passaporto Usa n. 017120164, rilasciato il 9 novembre 2001 e valido sino al 9 novembre 2007; 8) Lady Robert Seldon, nato a Tegucigalpa (Honduras) il 5 febbraio 1954, cittadino USA, domiciliato o residente in via Don Bosco n. 40, in Penango (AT); 9) Logan Cyntia Dame, nata nel Maryland (USA) in data 1° maggio 1960; Coachmen Enterprises Washington, DC P.O. Box 91228 Washington DC (USA). Cittadina Usa, con passaporto Usa n. 016430730, rilasciato il 3 gennaio 2000 dalla Passport Agency di Washington; 10) Purvis L. George, nato in Cina il 29 maggio 1959, 21008 Matchlock Ct 20147 Ashburn Virginia (USA), cittadino USA, con passaporto Usa n. 015645726, rilasciato il 20 maggio 1997; 11) Rueda Pilar, nata in California (USA) l'8 maggio 1961, P.O. Box 80027 Washington D.C. 20618 (USA); cittadina USA, con passaporto Usa n. 016518173, rilasciato il 27 febbraio 2001; 12) Sofin Joseph, nato in Moldavia in data 13 febbraio 1953, P.O. 4173 Arlington 22203 VA (USA); cittadino USA, con passaporto Usa n. 016138217 rilasciato il 18 novembre 1999; 13) Vasiliou Michalis nato in Grecia in data 5 novembre 1962, cittadino USA, con passaporto Usa n. 015456173, rilasciato l'11 ottobre 1995. Tutti latitanti; dal n. 1 al n. 7 e dal n. 9 al n. 13 difesi di ufficio dall'avv. Arianna Barbazza, via Strambio Gaetano n. 22 - Milano, (tel. e fax 02/76113124); Lady Robert, difeso di fiducia dall'avv. Daria Pesce, via C. Battisti 23 - Milano (te1.02/5455553; fax: 02/55180986). 14) Castaldo Eliana, nata in Florida (USA) in data 14 novembre 1969, P.O. Box 1041 Norristown 19404 PA (USA), cittadina USA, con passaporto Usa n. 026138038 rilasciato il 2 novembre 1998; 15) Castellano Victor, nato in Texas (USA) in data 1° maggio 1968, P.O. Box 41471 Arlington VA 22204, cittadino USA, con passaporto Usa n. 015914097 (rilasciato il 14 luglio 1997); 16) Gurley John Thomas, nato a Los Angeles (USA) il 10 luglio 1969, 2783 Lb Mcloud Rd 32805 Orlando (USA), cittadino USA, con passaporto Usa n. 045029843, rilasciato il 10 dicembre 1999; 17) Kirkland James Robert, nato nel Tennessee (USA) il 13 luglio 1942, cittadino USA, con passaporto Usa n. 045032045, rilasciato i1 1° ottobre 1998 dalla Passport Agency di Miami, valido fino al 30 settembre 2008; 18) Jenkins Anne Lidia, nata in Florida in data 24 settembre 1946, cittadina USA, con passaporto Usa n. 016698784 (acquisito in copia), rilasciato dalla Passport Agency di Washington, il 28 giugno 2001 e valido fino al 27 giugno 2011; 19) Ibanez brenda Liliana, nata a New York (USA) il 7 gennaio 1960, Coachmen Enterprises Washington, DC P.O. Box 91228 Washington DC (USA), cittadina Usa, con passaporto Usa n. 017018953; Tutti latitanti, difesi di ufficio dall'avv. Guido Meroni, con studio in via dei Piatti n. 8 - Milano (tel. 02/863886; fax 02/876692); 20) Medero Betnie, nata il 29 marzo 1967, in U.S.A., titolare del passaporto USA n. 016051676, rilasciato il 27 aprile 1988; 21) Faldo Vincent, nato i1 1° novembre 1950 in Massachussetts (USA), titolare del passaporto USA n. 102026001, rilasciato a Boston, il 7 giugno 2000; 22) Harbison James Thomas, nato il 15 dicembre 1948, New Jersey, negli Stati Uniti; 16ª strada Silver Spring, Maryland (USA), titolare di passaporto n. 900339023 rilasciato il 2 ottobre 2002. Risulta anche titolare di Passaporto n. 016054429, rilasciato dall'Agenzia Passaporti DC, il 9 settembre 1997; Tutti latitanti difesi di ufficio dall'avv. Alessia Sorgato, via Donizetti n. 4 - Milano - tel. 02/54050345; fax 02/54135438). 23) Romano Joseph L. III, nato a Darby (Pensylvania-USA), il 18 aprile 1957, gia' domiciliato in Italia in via Viola n. 9 - Rovereto in Piano (Pordenone), tenente colonnello, Comandante - dal 6 luglio 2001 al 7 luglio 2003 - del 31° SFS (Security Forces Squadron) Usaf dell'Aeroporto di Aviano, successivamente ai fatti trasferito presso il «Pentagono 31P» in Washington DC (USA), S.S.N. 184-48-4663; Latitante, difeso di ufficio dall'avv. Caterina Cattani, viale Biancamaria n. 22 - Milano (tel. 02/76007801 - fax 02/780662); 24) Russomando Ralph Henry, nato il 24 ottobre 1950 in Metford (U.S.A.), identificato con passaporto USA n. 016487529 rilasciato il 5 maggio 2000, gia' Primo Segretario presso la Ambasciata USA in Roma, dal 2 agosto 2000 al giugno del 2003. 25) Castelli Jeffrey, nato a Fukuoka (Giappone) il 5 maggio 1955; gia' Consigliere presso l'Ambasciata degli Stati Uniti d'America a Roma, tra i1 1° settembre 1999 ed il 20 luglio 2003; 26) De Sousa Sabrina D., nata a Bombay (India) il 19 novembre 1955; gia' Secondo Segretario d'Ambasciata, presso l'Ambasciata degli Stati Uniti d'America a Roma. Tutti latitanti, difesi di ufficio dall' avv. SAnsalone Matilde - Milano, piazza Velasca n. 4 - tel. 02/5454429 - fax 02/45472503; 27) MANCINI Marco, nato il 3 ottobre 1960 a Castel San Pietro (Bologna) ivi residente in via D. Speranza n. 48, difeso di fiducia dall'avv. Luigi Antonio Paolo Panella, via del Corso n. 504 - Roma (tel. 06/32110084 - fax 06/32110119) e dall'avv. Luca Iacopo Lauri, via Fatebenefratelli n. 9 - Milano (tel. 02/6592883 - fax 02/29013101); elettivamente domiciliato presso l'avv. Panella; 28) Pironi Luciano nato il 16 novembre 1961 a Karlsruhe (Germania); difeso di fiducia dall'avv. Salvatore Catalano del foro di Milano, via C. Battisti n. 23, tel. 02/55015050, fax 02/55187416 e presso lo studio di tale difensore elettivamente domiciliato; 29) Ciorra Giuseppe nato il 27 luglio 1961 a Sessa Aurunca (Caserta), difeso di fiducia dall'avv. Massimo Pellicciotta del foro di Milano (tel. 02/20241616 - fax 02/29532993); piazzale Lavater n. 5 - Milano; e presso lo studio di tale difensore elettivamente domiciliato; 30) Pollari Nicolo', nato a Caltanissetta, il 3 maggio 1943, difeso di fiducia dagli avv.ti Franco COPPI, Roma, via Bruno Buozzi n. 3, tel. 06/8085758 - fax 06/8085769 e Titta Madia, via dei Colli della Farnesina n. 144 - Roma - tel. 06/36301773 - fax 06/3292975; elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Titta Madia, in Roma; 31) Di Troia Raffaele nato il 25 marzo 1964 a Taranto, difeso di fiducia dall' avv. Mittone Alberto, Torino, corso Matteotti n. 31 tel. 011/5628279 - fax 011/542938 e dall'avv. Salvatore Lo Giudice del foro di Milano, con studio in Milano, corso Italia n. 6 - tel. 02/72001656 - fax 02/878905; elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Mittone in Torino; 32) Di Gregori Luciano nato il 18 ottobre 1949 a Roma, difeso di fiducia dall'avv. Milella Tito Lucrezio - Roma, viale Medaglie d'Oro n. 419/G - Roma - tel. 06/35450460; e presso tale difensore elettivamente domiciliato; 33) Pompa Pio, nato a L'Aquila il 15 febbraio 1951; funzionario del S.I.S.Mi., in servizio a Roma, difeso di fiducia dall'avv. Titta Madia del foro di Roma - (tel. 06/36301773 - fax 06/3292975); elettivamente domiciliato presso lo studio del predetto difensore, in via dei Colli della Farnesina n. 144, ROMA; 34) Farina Renato, nato a Desio il 10 novembre 1954, ivi residente in via Cadore n 10, giornalista, difeso di fiducia da avv. Grazia Volo del foro di Roma (fax 06/44237996, tel. 335389412) via Giovanbattista De Rossi n. 36 - Roma e Massimo Rossi del foro di Milano (tel. 02/5510194 e fax 02/5466216), con studio in via Manara n. 1 - Milano; elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Grazia Volo; 35) Seno Luciano, nato a Bagnasco (Cuneo), il 15 settembre 1940, gia' funzionario del S.I.S.Mi. (Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare), Roma; elettivamente domiciliato a Roma, in via S. Agatone Papa n. 35, presso la propria abitazione difeso di fiducia dall'avv. Luigi Scialla del Foro di Roma, con studio in piazza G. Mazzini n. 8 - Roma, tel. 06/3203751 - fax 06/3210959, Imputati le persone indicate dal n. 1 al n. 32 della lista per: A) delitto p. e p. dagli artt. 110, 112 n 1, 605 primo e secondo comma n. 2 c.p. per avere, in concorso tra loro, con Gustavo Pignero (deceduto 1'11 settembre 2006) e con altre persone (anche di nazionalita' egiziana) - e quindi con l'aggravante di avere commesso il reato in numero di persone superiore a cinque - privato della liberta' personale, sequestrandolo, Nasr Osama Mustafa Hassan alias Abu Omar immobilizzandolo con la forza e con la forza facendolo salire su un furgone, cosi' trasportandolo prima presso la base militare aeronautica di Aviano, sede del 31° FW (Fighter Wing) dell'Aviazione degli Stati Uniti d'America e successivamente in Egitto; concorso consistito per Castaldo Eliana Isabella, Castellano Victor, Gurley John Thomas, Ibanez Brenda Liliana, Jenkins Anne Lidia e Kirkland James Robert nella partecipazione alle fasi preparatorie del sequestro (preliminari osservazioni e studio della zona in cui esso doveva essere consumato, studio delle abitudini di Abu Omar, studio delle zone circostanti a quella del progettato sequestro nonche' della via piu' idonea a consentire il raggiungimento piu' veloce e sicuro dell'autostrada per Aviano; per Castaldo, Castellano, Kirkland e Jenkins anche nella partecipazione ad appostamenti finalizzati a sequestrare effettivamente Abu Omar rimasti senza effetto per il mancato avvistamento della vittima designata); per Adler Monica Courtney, Asherleigh Gregory, Carrera Lorenzo, Channing Drew Carlyle, Duffin John Kevin, Faldo Vincent, Harbaugh Raymond, Harbison James Thomas, Harty Benamar, Logan Cynthia Dame, Medero Betnie, Purvis George, Rueda Pilar, Sofia Joseph, Vasiliou Michalis, nella partecipazione alla descritta fase di preparazione preliminare e a quella di consumazione del sequestro con connesso trasferimento del sequestrato ad Aviano; per Romano Joseph, ufficiale superiore responsabile statunitense della sicurezza nella base di Aviano, nell'attendere i sequestratori ed il sequestrato nella predetta base, garantendo ai primi l'ingresso sicuro e la possibilita' di imbarcare il sequestrato su un aereo che lo conduceva fuori dell'Italia; per Jeff Castelli, Lady Robert Seldon, Sabrina De Sousa e Ralph Russomando, nell'avere deliberato e coordinato l'azione, garantendo agli altri concorrenti nel reato anche l'appoggio in fase organizzativa e preparatoria di una struttura del S.I.S.Mi. e garantendo loro collegamenti ed assistenza, anche per effetto della qualita' di responsabile della C.I.A. in Italia rivestita dal Castelli, della qualita' di responsabile della C.I.A. in Milano rivestita dal Lady (che a Milano risiedeva ed in tale veste ha operato da epoca anteriore al sequestro ed in epoca successiva al medesimo), della qualita' di componenti della rete C.I.A. in Italia della De Sousa e del Russomando, il quale cooperava pure con la Medero nella fase preparatoria del sequestro e, successivamente alla sua consumazione, forniva personalmente notizie depistanti alle Autorita' italiane, cui comunicava la falsa informazione secondo cui il sequestrato si sarebbe trovato presumibilmente nella zona dei Balcani; per Nicolo' Pollari, quale direttore del S.I.S.Mi. (Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare), nell'avere ricevuto ed accolto la richiesta di compartecipazione all'«operazione» ed, in particolare, nelle condotte appresso specificate ed attribuibili a personale del S.I.S.Mi., finalizzate alla preparazione del sequestro, formulatagli da Jeff Castelli, Responsabile della C.I.A. in Italia e nell'avere impartito le conseguenti direttive operative al Pignero; per Gustavo Pignero e Marco Mancini nell'avere assicurato, quali alti dirigenti dello stesso Servizio, l'appoggio di altre persone pure appartenenti al S.I.S.Mi. - o a tale Servizio collegate - nella fase di preparazione del sequestro (studio delle abitudini del sequestrando, dei luoghi dove il sequestro poteva o doveva avvenire, del percorso da seguire per trasportare il sequestrato fuori Milano fino ad un aeroporto originariamente individuato in quello di Ghedi, presso Brescia e, successivamente, in quello di Aviano); per Luciano Pironi, fisicamente presente nella zona dove il sequestro veniva consumato, nel prestare sostegno agli autori materiali del medesimo, in quanto, grazie alla propria qualita' di sottufficiale del Ros Carabinieri-Sezione Anticrimine di Milano, consentiva ai medesimi di agire in condizioni di sicurezza, potendo sviare dalla zona - ove necessario - eventuali e casuali controlli delle forze di polizia e giustificare la presenza in loco delle altre persone concorrenti nel reato, provvedendo altresi', mediante richiesta di documenti personali, alla identificazione del sequestrando, apparentemente legittima, ma in realta' finalizzata a consentirne il sequestro; per Luciano Di Gregori, Raffaele Di Troia e Giuseppe Ciorra, rispettivamente all'epoca del fatto in servizio il Di Gregori presso il Centro S.I.S.Mi. di Bologna, il Di Troia presso il Centro S.I.S.Mi. di Torino ed il Ciorra in servizio presso il Centro S.I.S.Mi. di Milano, nell'avere, direttamente o tramite altre persone da loro coordinate, partecipato alla decisione ed alla fase di preparazione del sequestro (studio delle abitudini del sequestrando, dei luoghi dove il sequestro doveva avvenire, del percorso da seguire per trasportare il sequestrato fuori Milano fino ad un aeroporto originariamente individuato in quello di Ghedi, presso Brescia e, successivamente, in quello di Aviano); con l'ulteriore aggravante di cui all'art. 605, comma secondo n. 2 c.p. per tutti, essendo stato il fatto commesso da pubblici ufficiali con abuso dei poteri inerenti le loro funzioni, qualita' soggettivamente propria dei soli Pollari, Pignero, Mancini, Di Gregori, Di Troia, Ciorra, Pironi e di altri soggetti italiani allo stato sconosciuti, ma indispensabile per la consumazione del sequestro; con l'ulteriore aggravante di cui all'art. 112, primo comma n. 2 c.p. per Jeff Castelli e Nicolo' Pollari, per avere i medesimi promosso ed organizzato la cooperazione nel reato di tutti i coindagati ed il Castelli per avere diretto le attivita' dei co-indagati di nazionalita' statunitense. Sequestro avvenuto in Milano, il 17 febbraio 2003. Pompa e Farina: B) delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv., 110, 378 c.p., perche', dopo la consumazione del sequestro di persona in danno del cittadino egiziano Nasr Osama Mustafa Hassan alias Abu Omar, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, aiutavano Mancini Marco ed altri appartenenti al S.I.S.Mi. ad eludere le investigazioni dell'Autorita'; in particolare, il Pompa dava incarico al giornalista Renato Farina (utilizzato quale stabile fonte del S.I.S.Mi., con l'appellativo di «Fonte-Betulla») di prendere contatto con il p.m. di Milano, titolare delle indagini sul predetto sequestro, simulando un interesse meramente giornalistico ad un colloquio sulla vicenda, in realta' al fine di porgli specifici quesiti (da lui stesso suggeriti al giornalista) in modo da poter apprezzare il grado di conoscenze degli inquirenti sul coinvolgimento del S.I.S.Mi. nella vicenda, nonche' al fine di sviare gli accertamenti dello stesso Ufficio del p.m. attraverso la comunicazione al medesimo di false informazioni (anche in questo caso suggerite al giornalista dal Pompa) circa presunte responsabilita' organizzative nel sequestro del magistrato dr. Stefano Dambruoso (gia' Sostituto Procuratore della Repubblica a Mutilano e titolare della inchiesta del sequestro fino alla sua collocazione fuori ruolo della magistratura avvenuta nella primavera del 2004) e del personale della DIGOS di Milano; sempre il Pompa, tramite Farina e l'altro giornalista Antonelli (che ne riferiva al Farina), cercava di acquisire illecitamente notizie, anche nell'ambito del Palazzo di giustizia di Milano sul procedere delle indagini dei pubblici ministeri nonche' ancora suggeriva a vari altri giornalisti con i quali era in stretto contatto la pubblicazione di artt. tendenti ad accreditare l'ipotesi di responsabilita' del dott. Dambruoso e della DIGOS di Milano nell'organizzazione del sequestro; Farina, chiedeva, su indicazione del Pompa, il predetto colloquio al p.m. di Milano, lo effettuava il 22 maggio 2006 allo scopo predetto e redigeva anche specifico rapporto - inviato al Pompa - sul contenuto del medesimo; ricercava, inoltre, di acquisire illecitamente notizie, anche nell'ambito del Palazzo di Giustizia di Milano e tramite il collega Claudio Antonelli, presso fonti allo stato sconosciute, sul procedere delle indagini dei pubblici ministeri, notizie che sistematicamente Farina comunicava al Pompa; il Farina, ancora, allo scopo predetto, comunicava al Pompa anche gli spostamenti fisici del p.m. procedente (spostamenti che aveva modo di conoscere), compresi incontri a scopi investigativi che il p.m. effettuava con il funzionario della Digos delegato alle indagini, nella giornata domenicale del 21 maggio 2006, presso la Questura di Milano; per il Pompa con l'aggravante di cui all'art. 61 n. 9 c.p., per avere commesso il fatto con violazione dei doveri inerenti la sua qualita' di pubblico ufficiale, in quanto appartenente al S.I.S.Mi.; reato commesso da Pompa in Roma, tra il maggio ed il giugno del 2006; in particolare, anche in data 22 maggio 2006 (data dell'incontro tra i giornalisti Renato Farina e Claudio Antonelli con i p.m. di Milano); reato commesso da Farina, in Milano, nello stesso periodo, in particolare, anche in data 22 maggio 2006 (data del suo incontro con i p.m. di Milano); Seno Luciano: C) delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv., 378 c.p., perche', dopo la consumazione del sequestro di persona in danno del cittadino egiziano Nasr Osama Mustafa Hassan alias Abu Omar, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, aiutava Mancini Marco, Pignero Gustavo ed altri sconosciuti appartenenti al S.I.S.Mi. ad eludere le investigazioni dell'Autorita'; in particolare, il Seno consentiva che Mancini e Pignero utilizzassero il suo apparecchio di telefonia mobile (sul presupposto che esso non fosse sottoposto ad intercettazione dalla a.g.) per scambiarsi informazioni sul procedere delle indagini del p.m. di Milano, per concordare prospettazioni difensive atte a sviarle, per indurre potenziali testimoni a dichiarare il falso ove convocati dall'a.g.; il Seno, ancora, organizzava un incontro in Roma, per la mattinata del 2 giugno 2006, cioe' all'indomani delle dichiarazioni rese al p.m. dal Pignero come persona informata sui fatti, tra Mancini e Pignero stesso perche' i due, al fine predetto, potessero parlarsi direttamente e senza alcun rischio di essere scoperti; con l'aggravante di cui all'art. 61 n. 9 codice penale, per avere commesso il fatto con violazione dei doveri inerenti la sua qualita' di pubblico ufficiale, in quanto appartenente al S.I.S.Mi. Reato commesso in Roma, tra il maggio ed il giugno del 2006; in particolare, anche in data 1° e 2 maggio 2006; Rilevato che alle suddette persone imputate ed ai loro difensori e' gia' stato notificato l'avviso di chiusura delle indagini preliminari ex art. 415-bis c.p.p., con i connessi avvisi, inviti e comunicazioni previsti dalla norma e che nessuno ha chiesto di essere interrogato; Evidenziata l'acquisizione delle seguenti fonti di prova: elementi di prova indicati e riassunti nella ordinanza di custodia cautelare in carcere o - per Pignero - agli arresti domiciliari, emessa dal G.i.p. di Milano in data 3 luglio 2006, alla quale sono allegate, come parte integrante, le precedenti ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal G.i.p. stesso in data 22 giugno 2005, dal Tribunale del Riesame di Milano in data 20 luglio 2005 ed ancora dal G.i.p. di Milano in data 27 settembre 2005: in tali provvedimenti sono analiticamente richiamate le fonti di prova acquisite fino al 3 luglio 2006, alle quali deve farsi qui integrale richiamo e che, comunque, saranno appresso citati; quanto alla effettiva consumazione del sequestro: denuncia di scomparsa di Abu Omar sporta dalla moglie Ghali Nabila e dichiarazioni da lei rese a piu' riprese al p.m., anche dopo avere incontrato in carcere, in Egitto, il marito sequestrato (vol. I, IV atti processuali); dichiarazioni come persone informate sui fatti rese a piu' riprese (vedi vol. I, IV degli atti processuali) dalla testimone oculare del sequestro Rezk Merfat, nonche' da Elbady Mohamed Reda, Arman Ahmed El Hissiny Helmy, detto Abu Imad, da Salem Shawki Bakry (marito della citata teste oculare), da Hassanein Hayam (che dalla stessa teste ebbe a ricevere confidenze sul rapimento cui quest'ultima aveva assistito il 17 febbraio 2003 in via Guerzoni, a Milano); atti del separato procedimento penale n. 64847/06, iscritto a carico di ignoti il 20 ottobre 2006, a seguito di informativa in pari data della Digos della Questura di Milano, nonche' dichiarazioni come persona informata sui fatti di Elbrady Mohamed Reda (in data 24 ottobre 2006), missiva di Ghali Nabila, moglie del sequestrato Nasr Osama Mustafa Hassan alias Abu Omar; memoriale del sequestrato Nasr Osama Mustafa Hassan alias Abu Omar, allegato alla missiva di cui al punto precedente, in ordine alle circostanze del suo sequestro, del suo successivo trasferimento illegale in Egitto e delle torture ivi subite (con traduzioni in italiano dei due ultimi documenti): vedi vol. XXXII atti processuali; esiti di indagini compiute dal Ros dei Carabinieri di Milano, in particolare esito delle intercettazioni telefoniche effettuate sulle utenze telefoniche in uso a Ghali Nabila e Elbadry Mohamed Reda attraverso cui e' stato possibile registrare conversazioni del 20 aprile e del 5 e 10 maggio del 2004 tra Abu Omar (chiamante dall'Egitto) ed i due predetti interlocutori, contenenti precisi riferimenti al sequestro del 17 febbraio 2003 (vedi vol. II atti processuali); esiti di indagini compiute dalla DIGOS di Milano sul conto di Abu Omar, documentate nella informativa del 29 giugno 2006 che riguarda anche i rapporti intrattenuti tra lo stesso ufficio e personale dell'FBI e della C.I.A. (vedi in vol. VI), nonche' dal Ros dei Carabinieri di Milano, sull'associazione terroristica di cui Abu Omar e' accusato di essere componente (vedi informativa 29 luglio 2004 ed atti conseguenti in vol. IV atti processuali, ivi compresa l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa contro Abu Omar il 24 giugno 2005). Si tratta di atti utili per illuminare il movente del sequestro; quanto all' individuazione dell'aeroporto di Aviano quale base ove Abu Omar fu trasportato dopo il sequestro e da cui fu illegalmente trasferito all'estero, nonche' degli aerei sui quali (da Aviano a Ramstein e da Ramstein a Il Cairo) avvenne tale illegale trasporto dall'Italia in Egitto: indagini svolte dalla Polizia di Frontiera dell'Aeroporto di Linate (anche presso Eurocontrol in Bruxelles), dalla Compagnia C.C. di Vicenza e dal Comando C.C. presso l'Aeroporto di Aviano; attivita' svolte direttamente dal p.m. presso gli aeroporti di Aviano e Poggio Renatico con acquisizione delle dichiarazioni rese come persone informate sui fatti dal col. Scarpolini, dal gen. Gargini, dal col. Ceccitetti, dal col. Scarabotto e dal magg. Turrin; con acquisizione, altresi', di documenti presso gli Aeroporti di Aviano e Poggio Renatico. Dichiarazioni del giornalista inglese Stephen Grey e di quello italiano Paolo Biondani (circa i risultati delle loro inchieste giornalistiche sui voli organizzati dalla C.I.A. per lo spostamento di presunti terroristi illegalmente sequestrati in varie parti del mondo); (Vedi per tutti questi atti: vol. I e, per quanto riguarda le dichiarazioni di P. Biondani, vol. V); atti acquisiti in base a formale rogatoria internazionale dalla Procura Generale di Zweibrucken, competente sulla zona dell'Aeroporto di Ramstein: vedi in vol. XVII atti processuali; da tali atti risultano le presenze in Germania, subito dopo il sequestro, di alcuni imputati statunitensi ed intensi contatti di varie utenze tedesche, intestate alle Autorita' militari statunitensi, con utenze che hanno operato in Italia all'atto del sequestro (tra queste l'utenza del col. Joseph Romano, responsabile della sicurezza all'aeroporto di Aviano al momento del sequestro). Le Autorita' militari statunitensi si sono rifiutate di comunicare a quelle tedesche la identita' degli utilizzatori dei telefoni che risultano in contatto con quelle dei sequestratori in Italia; atti acquisiti in base a formale rogatoria internazionale dall'Ufficio istruzione di Palma di Maiorca, relativi - per la parte di interesse - al transito in Spagna dello stesso aereo utilizzato per il trasferimento di Abu Omar da Ramstein a Il Cairo: vedi in vol. XVIII atti processuali; quanto alla individuazione degli organizzatori ed esecutori del sequestro (sia di nazionalita' statunitense, sia di nazionalita' italiana come il Pironi e gli imputati appartenenti al S.I.S.Mi.): esiti delle indagini della Polizia giudiziaria, in particolare compiute dalla Digos della Questura di Milano (informative contenute nel vol. I, tra cui quella riassuntiva del 24 febbraio 2005) anche al fine di individuare gli utilizzatori dei telefoni mobili usati dagli organizzatori ed esecutori del sequestro (vedi atti in faldone n. 2); acquisizione dei tabulati del traffico telefonico dei telefoni mobili usati dagli organizzatori ed esecutori del sequestro, attraverso cui e' stato possibile individuare la loro presenza in vari hotel di Milano e di altre localita', acquisire i contratti di «apertura» di varie carte SIM telefoniche e, conseguentemente, identificare buona parte dei responsabili del sequestro (vedi atti in Volumi nn. 1 e 2); altre indagini della Digos che hanno consentito di identificare in Pironi Luciano, Medero B., Harbison G. e Faldo V. altri responsabili del sequestro (vedi atti in vol. V) e di acquisire ulteriori elementi di prova a carico del Lady Robert e degli altri coindagati: in particolare informative 16 luglio 2005, 19 luglio 2005, 3 agosto 2005, 14 settembre 2005, 20 ottobre 2005, 2 dicembre 2005, 13 dicembre 2005, 21 febbraio 2006, 13 aprile 2006; indagini ed informative Digos di Milano e Digos di Roma in vol. VI, anche relative a richieste di autorizzazione ad effettuare intercettazioni telefoniche e ad acquisire tabulati di traffico telefonico, recanti date 24 aprile 2006, 27 aprile 2006, 28 aprile 2006, 13 maggio 2006, 18 magio 2006, 23 maggio 2006, 26 maggio 2006, 1° giugno 2006, 2 giugno 2006 (su osservazione incontro Mancini-Pignero del 2 giugno 2006), 27 giugno 2006, ed altre (tutte comunque contenute in vol. VI atti processuali); informativa 6 dicembre 2005 della Polizia di frontiera di Milano Linate sugli spostamenti in Europa di vari imputati, individuati grazie all'utilizzo, da parte dei medesimi, di tessere «frequent flyers» di varie compagnie aeree (vedi in vol. V atti processuali); Dichiarazioni rese dal giornalista Carlo Bonini (vedi vol. IV e V atti processuali) circa l'intervista da lui effettuata ad un ex alto esponente della C.I.A. circa la pratica delle c.d. «renditions» deliberata dalla amministrazione statunitense quale mezzo di contrasto del terrorismo; esiti di attivita' di intercettazioni sia telefoniche, acquisizioni ed analisi di traffico telefonico, pedinamento, perquisizioni e sequestri, peraltro sintetizzati nelle informative dei predetti organi di polizia giudiziaria: vedi, in particolare, oltre quelli qui citati, informative della Digos di Milano e gli atti contenuti nei volumi nn. VII, del fascicolo processuale; analisi traffico telefonico del Pironi, acquisizione e contenuto dei documenti sequestrati presso il ROS C.C. di Milano relativi al Pironi, informative del ROS C.C. di Milano sull'attivita' del Pironi (Atti in vol. VI); dichiarazioni come persone informate sui fatti di Stefano D'Ambrosio, Sergio Fedrico, Migliorini Danilo, Armiento Jose' Lucio, Giuseppe Gerli, Maurizio Regondi, Paolo Di Rocco, Mario Mettifogo, Emilio Palmieri, Benedetto Lauretti, Corrado Miralli, Giuseppe Mascolo, Aldo Bernobich, Franco Gallo, Diego Mansutti, Eraldo Indri, Alessandro Rizzi, Giuseppe Russo, Francesco Trippa, Roberta Sansovini, Giulia Sbrizzai, Enrico Bison, Giorgio Mastroli (verbali tutti in vol. VI atti processuali); confessioni e dichiarazioni a carico di coimputati del Pironi in data 14 aprile 2006 (vol. VI atti processuali), in data 20 luglio 2006 (in vol. XIII) e nel corso dell'incidente probatorio del 30 settembre 2006 (vedi trascrizione integrale in vol. XXX degli atti processuali); dichiarazioni come persone informate sui fatti (in vol. VI) di Gustavo Pignero; esito perquisizione e sequestro effettuati dalla Digos di Milano nella casa di Penango di Lady Robert in data 23 giugno 2005 (vedi vol. III atti processuali); corrispondenza varia con Carabinieri presso il Ministero degli esteri e con i direttori di S.I.S.Mi., SISDe (vol. V atti processuali) da cui risultano le funzioni esercitate e le presenze in Italia di alcuni imputati di nazionalita' statunitense, da cui risulta anche la insussistenza del segreto di Stato sulla vicenda del sequestro di Abu Omar; esiti di attivita' di indagine, di arresti, perquisizioni e sequestri effettuati dalla Digos di Milano e dalla Digos di Roma il 5 luglio 2006, tra cui sequestro di documenti e materiali informatici presso l'appartamento di via Nazionale in Roma, in uso al S.I.S.Mi.: vedi atti ed informative contenuti nei volumi nn. X del fascicolo processuale. Dal materiale sequestrato in via Nazionale a Roma e' agevole dedurre l'attenzione con cui il S.I.S.Mi. (ed il Pompa in particolare) seguiva, a scopi depistanti, l'indagine della Procura di Milano sul sequestro di Abu Omar. Ed e' stata anche sequestrata documentazione da cui risulta pacificamente che, contrariamente a quanto affermato dall'imputato Pollari in sedi istituzionali nazionali ed internazionali, il S.I.S.Mi. era stato informato dalla C.I.A. sulla effettiva sorte del sequestrato sin da epoca immediatamente successiva al 17 febbraio 2003; dichiarazioni rese da Antonelli Claudio, Ciorra Giuseppe, De Gregori Luciano, Di Troia Raffaele e Farina Renato (nel corso degli interrogatori cui sono stati sottoposti quali indagati), contenenti specifiche ammissioni sui fatti a loro rispettivamente contestati e sulle condotte tenute da alcuni coimputati italiani : vedi vol. XI atti processuali; dichiarazioni rese da Iodice Marco (nel corso dell' interrogatorio cui e' stato sottoposto quale indagato), contenenti specifiche ammissioni sui fatti a lui ascritti e sulle condotte tenute da alcuni coimputati italiani: vedi vol. XII atti processuali; dichiarazioni rese da Pillinini Lorenzo, Pironi Luciano, Regondi Maurizio, e Seno Luciano (nel corso degli interrogatori cui sono stati sottoposti quali indagati), contenenti specifiche ammissioni sui fatti a loro rispettivamente contestati e sulle condotte tenute da alcuni coimputati italiani: vedi vol. XIII atti processuali; in tale volume sono anche contenute le dichiarazioni rese quali indagati da Pollari Nicolo' (che si e' avvalso della facolta' di non rispondere alle domande, strumentalmente affermando di non poter violare il segreto di Stato, dopo avere, in precedente corrispondenza, comunicato formalmente ai p.m. l'inesistenza del segreto stesso sulla vicenda del sequestro di Abu Omar) e da Pompa Pio (che pure si e' avvalso della facolta' di non rispondere alle domande); dichiarazioni rese da Mancini Marco (nel corso degli interrogatori cui e' stato sottoposto quale indagato dal G.i.p. e dal p.m., rispettivamente in data 11 e 13 luglio 2006), contenenti specifiche ammissioni sui fatti a lui ascritti e sulle condotte tenute da alcuni coimputati italiani, compreso il Pollari da cui ebbe a ricevere direttive per la preparazione del sequestro: vedi vol. XV atti processuali; dichiarazioni rese da Pignero Gustavo (nel corso degli interrogatori cui e' stato sottoposto quale indagato dal G.i.p e dal p.m., rispettivamente in data 7 ed 8 luglio 2006), contenenti specifiche ammissioni sui fatti a lui ascritti e sulle condotte tenute da alcuni coimputati italiani: vedi vol. XIV atti processuali; dichiarazioni rese da D'Ambrosio Stefano il 12 luglio 2006, Battelli Gianfranco, Curti Gianvigio il 5 luglio 2006, D'Avanzo Giuseppe il 13 luglio 2006, Fusani Claudia il 5 luglio 2006, Fusco Giovanni il 5 luglio 2006, Ghioni Fabio il 5 luglio 2006, Murgolo Lorenzo il 5 luglio 2006, Purgatori Andrea il 5 luglio 2006, Scandone Andrea il 5 luglio 2006, Palmaroli Flavio il 6 luglio 20 luglio 2006, de Marzio Vincenzo il 3 ottobre 2006, Jannone Angelo il 3 ottobre 2006, De Mai Alfonso il 3 ottobre 2006, Tavaroli Giuliano il 4 ottobre 2006 e Melletti Luca il 4 ottobre 2006 (tutte rese nel corso degli esami cui sono stati sottoposti dal p.m. quali persone informate sui fatti): vedi in vol. XVI. In particolare, le dichiarazioni del Battelli, ex direttore del S.I.S.Mi., sono valutabili a carico del Castelli e del Pollari e confermano in toto l'impianto accusatorio; in particolare, quanto alle responsabilita' di imputati appartenenti al S.I.S.Mi. (comprese quelle del Pompa, imputato del solo reato di favoreggiamento personale), esito di intercettazioni telefoniche disposte su utenze in uso a Pillinini Lorenzo e Mancini Marco (vol. XXIV atti processuali); a Ciorra Giuseppe, Regondi Maurizio e Pignero Gustavo (vol. XXV atti processuali); a Iodice Marco e Seno Luciano (vol. XXVI atti processuali; per il solo Seno: anche atti in vol. XXXII); a Farina Renato (vol. XXVII e XXVIII atti processuali); a Pompa Pio (vol. XXVIII atti processuali); trascrizione della conversazione intervenuta il 2 giugno 2006 in Roma, tra Mancini e Pignero, registrata spontaneamente dal Mancini; il supporto audio della registrazione e la trascrizione disposta dai difensori del Mancini sono stati consegnati al G.i.p. nel corso dell'interrogatorio del 7 luglio 2007: vedi atti in vol. XIV; quanto alla posizione del Seno, accusato del reato di favoreggiamento personale, si vedano le telefonate registrate sulla utenza a lui in uso (atti in vol. XXVI e XXXII), tra cui quelle in data 1° giugno 2006 da cui pacificamente risulta che egli pose il suo telefono a disposizione di Mancini e Pignero onde consentire loro di effettuare comunicazioni in condizioni di ritenuta sicurezza al fine di concordare attivita' e dichiarazioni depistanti rispetto alle indagini in corso; per quanto riguarda gli imputati di favoreggiamento Farina e Pompa, oltre le gia' citate intercettazioni telefoniche, costituiscono fonti di prova a loro carico anche: il materiale sequestrato in via Nazionale a Roma, nella base del S.I.S.Mi. gestita da Pio Pompa e le dichiarazioni rese da Farina ed Antonelli Claudio in sede di interrogatorio; trascrizione del colloquio intervenuto il 22 maggio 2006 tra Farina Renato, Antonelli Claudio ed i p.m. A. Spataro e Pomarici (in vol. VI). P. Q. M. Visti gli artt. 416, 417 c.p.p. Chiede l'emissione del decreto che dispone il giudizio nei confronti di tutti i 35 indagati in rubrica per i reati a ciascuno di loro rispettivamente ascritti; Manda alla segreteria per gli adempimenti di competenza e in particolare per la trasmissione, unitamente alla presente richiesta, del fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti eventualmente compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari. Milano, addi' 5 dicembre 2006 Il Procuratore della Repubblica agg.: (dr. Ferdinando Pomarici) Il Procuratore della Repubblica agg.: (dr. Armando Spataro). 3) Si allegano, in proposito, i seguenti documenti: promemoria di Abu Omar (doc. n. 8); verbale di assunzione di informazioni rese alla Procura di Milano da El Hissiny Helmy Arman Ahmed in data 15 giugno 2004 (doc. n. 9); verbale di assunzione di informazioni rese alla Procura di Milano da Mohamed Reda Elbadry in data 15 giugno 2004 (doc. n. 10) dichiarazioni rese dalla signora Nabila Ghali, moglie di Abu Omar, al procuratore aggiunto di Milano, negli uffici della Questura di Milano, il 26 giugno 2005 (doc. n. 11). 4) Si riporta qui di seguito la parte iniziale della Risoluzione del 14 febbraio 2007 del Parlamento europeo sul presunto uso dei Paesi europei da parte della C.I.A. per il trasporto e la detenzione illegali di prigionieri (2006/2200(INI): «Il Parlamento europeo, vista la sua risoluzione del 15 dicembre 2005 sul presunto uso dei paesi europei da parte della C.I.A. per il trasporto e la detenzione illegali di prigionieri (1); vista la sua decisione del 18 gennaio 2006 sulla costituzione di una commissione temporanea sul presunto uso dei Paesi europei da parte della C.I.A. per il trasporto e la detenzione illegale di prigionieri (2); vista la risoluzione del 6 luglio 2006 sul presunto uso dei paesi europei da parte della C.I.A. per il trasporto e la detenzione illegali di prigionieri sulla relazione intermedia della commissione temporanea (3); viste le delegazioni che la sua commissione temporanea ha inviato nell'ex Repubblica iugoslava di Macedonia, negli Stati Uniti, in Germania, nel Regno Unito, in Romania, in Polonia e in Portogallo, viste le centotrenta audizioni che la sua commissione temporanea ha svolto come minimo nel quadro delle sue riunioni, delegazioni e colloqui confidenziali; visti tutti i contributi scritti ricevuti dalla sua commissione temporanea o ai quali essa ha avuto accesso, in particolare i documenti confidenziali che le sono stati trasmessi in particolare dall'Organizzazione europea per la sicurezza della navigazione aerea (Eurocontrol) e dal governo tedesco o che essa ha ottenuto da varie fonti; vista la sua risoluzione del 30 novembre 2006 sui progressi compiuti dall'U.E. nella creazione di uno spazio di liberta', di sicurezza e di giustizia (artt. 2 e 39 del trattato UE), e in particolare il paragrafo 3 (4); vista la sua risoluzione del 13 giugno 2006 sulla situazione dei prigionieri detenuti a Guantanamo (5); visto l'art. 175 del suo regolamento; vista la relazione della commissione temporanea sul presunto utilizzo di paesi europei da parte della C.I.A. per il trasporto e la detenzione illegali di persone (A6-0020/2007); A) considerando che nella sua risoluzione del 6 luglio 2006 il Parlamento ha deciso che la commissione "temporanea proseguira' i suoi lavori per la durata restante del mandato regolamentare di dodici mesi, fatte salve le disposizioni dell'art. 175 del suo regolamento relative ad un eventuale prolungamento"; (omissis); C) considerando che gli Stati membri non possono sottrarsi agli obblighi che loro incombono in virtu' del diritto comunitario e del diritto internazionale consentendo ai servizi segreti di altri paesi, soggetti a disposizioni giuridiche meno severe, di operare sul loro territorio; considerando inoltre che l'attivita' svolta dai servizi segreti e' conforme ai diritti fondamentali solo qualora esistano disposizioni adeguate che ne garantiscano il controllo; D) considerando che il principio dell'inviolabilita' della dignita' umana e' sancito dal diritto internazionale in materia di diritti umani, segnatamente nel preambolo alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e nel preambolo nonche' nell'art. 10 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, e considerando che detto principio e' garantito dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo; considerando che questo principio viene riaffermato nelle costituzioni della maggior parte degli Stati membri nonche' all'art. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (7), e considerando che il principio in parola non deve essere compromesso, neanche ai fini della sicurezza, ne' in tempo di pace ne' in guerra; E) considerando che il principio dell'inviolabilita' della dignita' umana e' alla base di ogni altro diritto fondamentale garantito dagli strumenti internazionali, europei e nazionali in materia di diritti umani, in particolare il diritto alla vita, il diritto alla liberta' dalla tortura e da pene o trattamenti inumani o degradanti, il diritto alla liberta' e alla sicurezza, il diritto alla protezione in caso di allontanamento, espulsione o estradizione e il diritto ad un ricorso effettivo e ad un giudice imparziale, F) considerando che la consegna straordinaria e la detenzione segreta comportano molteplici violazioni dei diritti umani, in particolare violazioni del diritto alla liberta' e alla sicurezza, alla liberta' dalla tortura e da trattamenti crudeli, inumani o degradanti, del diritto ad un ricorso effettivo e nei casi estremi del diritto alla vita; considerando che in taluni casi, quando la consegna porta alla detenzione segreta, essa costituisce una scomparsa forzata; G) considerando che la proibizione della tortura e' una norma imperativa del diritto internazionale jus cogens a cui non e' possibile derogare e l'obbligo di proteggere dalla tortura, di indagare in proposito e di condannarla e' un obbligo di tutti gli Stati erga omnes, come sancito dall'art. 5 della Dichiarazione universale dei diritti umani, dall'art. 7 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, dall'art. 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (ECHR) e relativa giurisprudenza, dall'art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dalle costituzioni e legislazioni nazionali degli Stati membri; considerando che convenzioni e protocolli specifici concernenti la tortura e i meccanismi di controllo adottati a livello europeo e internazionale dimostrano l'importanza attribuita dalla comunita' internazionale a questa norma inviolabile; considerando che l'uso di garanzie diplomatiche e' incompatibile con tale obbligo; H) considerando che nelle democrazie in cui e' intrinseco il rispetto per lo Stato di diritto, la lotta al terrorismo non puo' essere vinta sacrificando o limitando proprio i principi che il terrorismo cerca di distruggere, in particolare non deve mai essere compromessa la protezione dei diritti umani e delle liberta' fondamentali; considerando che il terrorismo puo' e deve essere combattuto con mezzi legali e deve essere sconfitto nel rispetto del diritto nazionale e internazionale; I) considerando che e' necessario creare efficaci strumenti giuridici per combattere il terrorismo nel quadro del diritto internazionale e nazionale; (omissis); K) considerando che la presente relazione non e' intesa come un attacco alla natura confidenziale dei servizi segreti ma e' piuttosto volta a denunciare l'illegalita' delle attivita' segrete che, nelle circostanze in esame, hanno portato alla violazione del diritto nazionale e internazionale in mancanza di un controllo democratico appropriato; L) considerando che il 6 settembre 2006 il Presidente statunitense George W. Bush confermava che la Central Intelligence Agency, la C.I.A., gestisce un programma di detenzione segreta al di fuori degli Stati Uniti; M) considerando che il Presidente statunitense George W. Bush ha dichiarato che le informazioni vitali ottenute con il programma di consegne straordinarie e di detenzione segreta erano state condivise con altri paesi e che il programma sarebbe continuato, e che pertanto e' quanto mai possibile che alcuni paesi europei abbiano ricevuto, consapevolmente o inconsapevolmente, informazioni ottenute sotto tortura; (omissis); 1) ricorda che il terrorismo rappresenta una delle principali minacce alla sicurezza dell'Unione europea e che esso deve essere combattuto con iniziative legittime e coordinate da tutti i Governi europei, in stretta collaborazione con partner internazionali e segnatamente con gli Stati Uniti, seguendo le linee della strategia definita a livello delle Nazioni Unite; sottolinea che la lotta contro il terrorismo va condotta sulla base dei nostri valori comuni di democrazia, Stato di diritto, diritti umani e liberta' fondamentali e a tutela degli stessi; sottolinea inoltre che tutte le attivita' svolte dalla commissione temporanea intendono portare un contributo allo sviluppo di misure precise e mirate nella lotta al terrorismo, che siano accettate da tutti e che rispettino il diritto nazionale e internazionale; 2) ritiene che dopo gli eventi dell'Il settembre 2001, la cosiddetta «guerra al terrore», con i suoi eccessi, abbia prodotto una grave e pericolosa erosione dei diritti umani e delle liberta' fondamentali, come rilevato dall'uscente Segretario generale dell'ONU Kofi Annan; 3) e' convinto che i diritti dell'individuo e il pieno rispetto dei diritti umani contribuiscano alla sicurezza; ritiene necessario che, nel contemperare l'esigenza di sicurezza con i diritti dei singoli individui, siano sempre pienamente rispettati i diritti umani, garantendo quindi che i sospetti terroristi siano sottoposti a processo e condannati nel rispetto delle regole di diritto; 4) sottolinea che l'obbligo positivo di proteggere i diritti umani e' vincolante, a prescindere dallo stato giuridico dell'individuo interessato, e che deve essere evitata qualsiasi discriminazione tra i cittadini e, i residenti degli Stati membri o qualsiasi altra persona avente diritto alla protezione degli stessi o comunque soggetta alla giurisdizione di questi ultimi; 5) ricorda che oggetto della presente risoluzione, basata sulla relazione della sua commissione temporanea, consiste nel determinare le responsabilita' dei fatti che ha potuto esaminare e inoltre nel prevedere i mezzi per evitare che in futuro possano riprodursi gli abusi e le violazioni perpetrati nel quadro della lotta al terrorismo...». 5) I testi del Rapporto Marty, della Risoluzione n. 1507 (2006) e della Raccomandazione 1754 (2006), tradotti in italiano, sono integralmente riportatati, rispettivamente, a pp. 27 ss., 155 ss. e 165 ss. del volume a cura di Amnesty International, Voli segreti, Ega, Torino, 2006. Al punto 3.4, il Rapporto si occupa delle vicende connesse al rapimento di Abu Omar (p. 91 ss. del volume). 6) Da ultimo, in data 7 giugno 2007, la Commissione affari legali e diritti umani del Consiglio d'Europa ha infatti presentato un rapporto aggiornato sul coinvolgimento degli Stati membri del Consiglio d'Europa nei trasferimenti illegali di detenuti e prigioni segrete («Secret detentions and illegal transfers of detainees involving Council of Europe member States: second report») (doc. n. 14). Nella proposta di Risoluzione che dovra' essere discussa dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, la Commissione deplora che i concetti di segreto di Stato e sicurezza nazionale vengano invocati da molti Governi, tra cui l'Italia, per ostacolare indagini giudiziarie e parlamentari aventi per obiettivo l'accertamento delle responsabilita' dell'esecutivo in relazione a gravi accuse di violazioni dei diritti umani (punto n. 8) ed afferma esplicitamente che il ricorso al segreto di Stato da parte del Governo italiano costituisce un ostacolo allo svolgimento del giudizio penale a carico dei sequestratori di Abu Omar. L'Assemblea manifesta al riguardo profonda preoccupazione, considerando tali iniziative governative come intollerabili ostacoli all'indipendenza della Giustizia (punto 14). Infine nella proposta di Raccomandazione la Commissione afferma, tra l'altro, la necessita' di specifiche iniziative per evitare che l'indebito utilizzo del segreto di Stato possa servire a coprire gravi violazioni dei diritti umani (punto n. 3). 7) V. i casi di El Masri e di Maher Arar, riportati ai punti 3.1 e 3.6 del rapporto Marty (Amnesty International, Voli segreti, cit., pp. 67 ss. e 97 ss.). 8) ... il cui art. 3, comma 1, cosi' dispone: «Nessuno Stato espellera', respingera' o estradera' una persona verso un altro Stato nel quale vi siano seri motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura». 9) La Corte europea dei diritti dell'uomo, sin dal 1979, con la pronuncia Airey c. Irlanda del 9 ottobre 1979, ha affermato, come anche in altre ipotesi, che la Convenzione non garantisce solo diritti di liberta' dall'ingerenza degli Stati, ma impone altresi' agli Stati membri di intervenire perche' assicurino il rispetto dei diritti proclamati nella Convenzione. Piu' di recente v. la decisione del 28 luglio 1999, nel caso Selmouni c. Francia. La stessa Corte ha ravvisato una violazione «per omissione» dell'art. 3 C.e.d.u. nella decisione 30 luglio 1998, nel caso Aerts c. Belgio.
P. Q. M. Si chiede a codesta ecc.ma Corte, previa declaratoria di ammissibilita' del presente conflitto, in accoglimento delle presenti conclusioni in via istruttoria, ordinare al Presidente del Consiglio dei ministri l'esibizione della direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 luglio 1985 n. 2001.5/07 e di ogni altro atto con cui il segreto in questione sarebbe stato apposto; Nel merito, dichiarare che non spetta al Presidente del Consiglio, con riferimento al sequestro di persona di Abu Omar, disporre la segretazione di atti e notizie riguardanti le modalita' progettuali, organizzative ed esecutive del suo rapimento, in quanto esse costituiscono «fatti eversivi dell'ordine costituzionale»; Dichiarare che non spetta al Presidente del Consiglio dei ministri segretare notizie e documenti sia genericamente, sia immotivatamente, sia retroattivamente; Conseguentemente, annullare in parte qua le note dell'11 novembre 2005 e del 26 luglio 2006 e, se del caso, la direttiva del Presidente del Consiglio del 30 luglio 1985 n. 2001.5/07 nonche' la «Nota per la stampa» del 5 giugno 2007 dell'Ufficio stampa e del portavoce» del Presidente del Consiglio on. Romano Prodi. Si depositano insieme con il presente ricorso i seguenti documenti: 1) Nota 26 luglio 2006 del Presidente del Consiglio on. Prodi. 2) Nota 11 novembre 2005 del Presidente del Consiglio on. Berlusconi. 3) Nota 5 giugno 2007 del portavoce del Presidente del Consiglio on. Prodi. 4) Missiva 18 luglio 2006 del Procuratore della Repubblica di Milano al Presidente del Consiglio on. Prodi. 5) Richiesta di rinvio a giudizio 5 dicembre 2006. 6) Ricorso per conflitto del Presidente del Consiglio dei ministri con allegata ordinanza n. 124 del 2007. 7) Memoria di costituzione della Procura di Milano in detto conflitto. 8) Promemoria di Abu Omar. 9) Verbale di assunzione di informazioni rese alla Procura di Milano da El Hissiny Helmy Arman Ahmed in data 15 giugno 2004. 10) Verbale di assunzione di informazioni rese alla Procura di Milano da Mohamed Reda Elbadry in data 15 giugno 2004. 11) Dichiarazioni rese dalla signora Nabila Ghali, moglie di Abu Omar, al procuratore aggiunto di Milano, negli uffici della Questura di Milano, il 26 giugno 2005. 12) Risoluzione del Parlamento Europeo del 14 febbraio 2007. 13) Stralci dal volume «Voli segreti» a cura di Amnesty International, contenente il rapporto della Commissione affari legali e diritti umani del Consiglio d'Europa, e il testo della risoluzione 1507 e della raccomandazione 1754 del Consiglio d'Europa. 14) Testo provvisorio delle proposte di risoluzione e di raccomandazione del Consiglio d'Europa predisposto in data 7 giugno 2007, dalla Commissione affari legali e diritti umani del Consiglio d'Europa. Roma, addi' 12 giugno 2007 Prof. avv. Alessandro Pace Avvertenza L'ammissibilita' del presente conflitto e' stata decisa con ordinanza n. 337/2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, 1ª serie speciale, n. 38 del 3 ottobre 2007. 07C1212