N. 87 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 8 agosto 2019
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria l'8 agosto 2019 (della Regione autonoma della Sardegna). Bilancio e contabilita' pubblica - Misure urgenti di crescita economica - Disposizioni in materia di Regioni a statuto speciale - Concorso delle Regioni Friuli-Venezia Giulia e Sardegna al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica - Differimento al 15 luglio 2019 del termine ultimo per la ridefinizione dei rapporti finanziari con lo Stato mediante la conclusione di accordi bilaterali, garantendo, in ogni caso, complessivamente il concorso complessivo alla finanza pubblica previsto - Determinazione in via provvisoria negli importi indicati, in caso di mancata conclusione degli accordi entro il termine previsto, del contributo complessivo alla finanza pubblica per gli anni dal 2019 al 2021 - Previsione, per la Regione Sardegna, del termine per il versamento del contributo e, in mancanza di versamento entro il termine, autorizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze a recuperare gli importi a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali. - Decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi), convertito, con modificazioni, nella legge 28 giugno 2019, n. 58, art. 33-ter, comma 5, lettere a) e c).(GU n.39 del 25-9-2019 )
Ricorso della Regione autonoma della Sardegna (codice fiscale 80002870923) con sede legale in 09123 Cagliari (CA), Viale Trento, n. 69, in persona del Presidente pro tempore Christian Solinas, giusta delibera di Giunta regionale n. 29/1, del 31 luglio 2019 ed in forza di procura speciale a margine del presente atto rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Massimo Luciani (codice fiscale LCNMSM52L23H501G; fax: 06.90236029, posta elettronica certificata massimoluciani@ordineavvocatiroma.org) ed Alessandra Camba (codice fiscale CMBLSN57D49B354X; fax 070.6062418, posta elettronica certificata acamba@pec.regione.sardegna.it) ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in 00153 Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio, n. 9; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede in 00186 Roma, Via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliato ex lege; Per la dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 33-ter, comma 5, lettere a) e c), del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 aprile 2019, n. 100, convertito in legge dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 29 giugno 2019, n. 151, S.O. Fatto 1. - Oggetto del presente giudizio e' l'art. 33-ter, comma 5, del decreto-legge n. 34 del 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 aprile 2019, n. 100, introdotto in sede di conversione in legge dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 29 giugno 2019, n. 151, S.O., che ha novellato l'art. 1, comma 875, della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio per il 2019). Detta disposizione ha regolato i rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le Regioni autonome Sardegna e Friuli-Venezia Giulia, con particolare riferimento al contributo di finanza pubblica imposto alle due Autonomie speciali. Nella sua formulazione originaria, tale previsione disponeva quanto segue: «Al fine di assicurare il necessario concorso delle Regioni Friuli-Venezia Giulia e Sardegna al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, entro il 31 gennaio 2019 sono ridefiniti i complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e ciascuno dei predetti enti, mediante la conclusione di appositi accordi bilaterali, che tengano conto anche delle sentenze della Corte costituzionale n. 77 del 13 maggio 2015, n. 154 del 4 luglio 2017 e n. 103 del 23 maggio 2018 e che garantiscano, in ogni caso, il concorso complessivo alla finanza pubblica di cui al secondo periodo. In caso di mancata conclusione degli accordi entro il termine previsto dal primo periodo, in applicazione dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica previsti dagli articoli 117, terzo comma, e 119, primo comma, della Costituzione, il contributo complessivo alla finanza pubblica per gli anni dal 2019 al 2021 e' determinato in via provvisoria negli importi indicati nella tabella 8 allegata alla presente legge, quale concorso al pagamento degli oneri del debito pubblico, salva diversa intesa con ciascuno dei predetti enti entro l'esercizio finanziario di riferimento. Gli importi della predetta tabella 8 possono essere modificati, a invarianza di concorso complessivo alla finanza pubblica, mediante accordi stipulati tra le regioni interessate entro il 30 aprile di ciascun anno, da comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze entro il 31 maggio del medesimo anno. L'importo del concorso previsto dai periodi precedenti e' versato al bilancio dello Stato da ciascuna autonomia speciale entro il 30 giugno di ciascun anno; in mancanza di tale versamento, il Ministero dell'economia e delle finanze e' autorizzato a recuperare gli importi a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali. Per la Regione Friuli-Venezia Giulia resta ferma la disposizione dell'art. 1, comma 151, lettera a), della legge 13 dicembre 2010, n. 220». Gia' con l'art. 11-bis, comma 10, lettera c), del decreto-legge n. 135 del 2018, convertito in legge n. 12 del 2019 detta disposizione veniva modificata, con la proroga al 15 marzo 2019 dell'originario termine di conclusione degli accordi di finanza pubblica, originariamente fissato al 31 gennaio 2019. Da ultimo, il comma 5 dell'art. 33-ter, qui censurato, ha previsto che «All'art. 1, comma 875, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, sono apportate le seguenti modificazioni: a) le parole: "15 marzo 2019" sono sostituite dalle seguenti: "15 luglio 2019"; b) il terzo e il quinto periodo sono soppressi; c) il quarto periodo e' sostituito dal seguente: "Per la regione Sardegna, l'importo del concorso previsto dai periodi precedenti e' versato al bilancio dello Stato entro il 10 agosto 2019 per l'anno 2019 ed entro il 30 aprile di ciascun anno per gli anni successivi; in mancanza di tale versamento entro il predetto termine, il Ministero dell'economia e delle finanze e' autorizzato a recuperare gli importi a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali"». La formulazione vigente del comma 875, dunque, e' la seguente: «Al fine di assicurare il necessario concorso delle Regioni Friuli-Venezia Giulia e Sardegna al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, entro il 15 luglio 2019 sono ridefiniti i complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e ciascuno dei predetti enti, mediante la conclusione di appositi accordi bilaterali, che tengano conto anche delle sentenze della Corte costituzionale n. 77 del 13 maggio 2015, n. 154 del 4 luglio 2017 e n. 103 del 23 maggio 2018 e che garantiscano, in ogni caso, il concorso complessivo alla finanza pubblica di cui al secondo periodo. In caso di mancata conclusione degli accordi entro il termine previsto dal primo periodo, in applicazione dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica previsti dagli articoli 117, terzo comma, e 119, primo comma, della Costituzione, il contributo complessivo alla finanza pubblica per gli anni dal 2019 al 2021 e' determinato in via provvisoria negli importi indicati nella tabella 8 allegata alla presente legge, quale concorso al pagamento degli oneri del debito pubblico, salva diversa intesa con ciascuno dei predetti enti entro l'esercizio finanziario di riferimento. Per la Regione Sardegna, l'importo del concorso previsto dai periodi precedenti e' versato al bilancio dello Stato entro il 10 agosto 2019 per l'anno 2019 ed entro il 30 aprile di ciascun anno per gli anni successivi; in mancanza di tale versamento entro il predetto termine, il Ministero dell'economia e delle finanze e' autorizzato a recuperare gli importi a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali». Da ultimo, si deve dare conto del contenuto della tabella 8, che e' il seguente (e che non e' stato novellato dopo l'approvazione della legge n. 145 del 2018: in milioni di euro ===================================================================== | | 2019 | 2020 | 2021 | +=============================+=============+============+==========+ |Friuli-Venezia Giulia | 716 | 836 |836 | +-----------------------------+-------------+------------+----------+ |Sardegna | 536 | 536 |536 | +-----------------------------+-------------+------------+----------+ |Totale | 1.252 | 1.372 |1.372 | +-----------------------------+-------------+------------+----------+ 2. - Il comma 875 dell'art. 1 della legge n. 145 del 2018 (nella formulazione gia' modificata dall'art. 11-bis, comma 10, lettera c), del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135) e' stato impugnato dall'odierna ricorrente con ricorso pendente al reg. ric. n. 32 del 2019. In particolare, la Sardegna ha censurato detto comma limitatamente alle parole da «e che garantiscano, in ogni caso» alla fine del comma, in una con l'allegata Tabella 8. 2.1. - Nel ricorso e' stato osservato che il comma 875 ha reiterato il contenuto di analoghe previsioni dettate da precedenti leggi di bilancio, in quanto ha contemplato la possibilita' per lo Stato e la Regione Sardegna di stipulare un «accordo bilaterale» che definisca il concorso regionale alla finanza pubblica. Tuttavia ha stabilito che, ove il termine indicato per legge fosse decorso senza che le parti avessero concluso l'accordo (e di chiunque fosse la responsabilita' della mancata convergenza di volonta'), il concorso regionale alla finanza pubblica sarebbe stato determinato nella cifra indicata dalla Tabella 8, allegata alla legge di bilancio. Le parti avrebbero potuto modificare tale importo, ma a condizione che rimanesse invariato il «concorso complessivo» delle due regioni alla finanza pubblica. Infine, si prevedeva (e tuttora si prevede) che la Regione versi allo Stato il contributo di finanza pubblica entro il 30 giugno e che, in difetto, lo Stato possa operare attraverso i c.d. «accantonamenti», ovverosia trattenendo le somme dovute a titolo di compartecipazione ai tributi erariali. 2.2. - Nel ricorso si osservava che la regolazione dei rapporti finanziari dello Stato con le Regioni Sardegna e Friuli-Venezia Giulia rappresentava un unicum nella legge di bilancio, atteso che la legge di bilancio prevedeva specifiche provvidenze e misure a favore di altre Regioni autonome e, in particolare, della Valle d'Aosta e della Sicilia, con le quali erano stati recentemente stipulati specifici accordi di finanza pubblica (appena piu' risalente, ma tuttora valido tra le parti, era l'accordo di finanza pubblica con le Province autonome di Trento e Bolzano e la Regione autonoma Trentino-Alto Adige). Come dimostra proprio l'art. 33-ter qui gravato, la condizione della Regione Sardegna e', oggi, diventata addirittura «singolare», atteso che anche la Regione Friuli-Venezia Giulia ha stipulato un accordo di finanza pubblica con lo Stato, i cui termini e condizioni generali sono riportati nei commi da 1 a 4 dell'art. 33-ter. L'art. 33-ter, comma 5, lettere a) e c), del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 aprile 2019, n. 100, convertito in legge dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 29 giugno 2019, n. 151, S.O., e' illegittimo e gravemente lesivo delle attribuzioni costituzionali della ricorrente, che ne chiede la declaratoria d'incostituzionalita' per i seguenti motivi di Diritto 1. - I rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione ricorrente. La disposizione censurata si inserisce nella complessa vicenda dei rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione Sardegna, piu' volte scrutinata da codesta ecc.ma Corte e nota come «vertenza entrate», che ha visto le attribuzioni costituzionali e statutarie regionali vulnerate a piu' riprese e per differenti profili dal legislatore statale. Tale vicenda e' stata integralmente ripercorsa nel ricorso proposto avverso l'art. 1, comma 875, della legge n. 145 del 2018. Tale sintesi si deve qui riproporre integralmente, con doppia bordatura a margine e come parte integrante del presente ricorso, anche al fine di illustrare all'ecc.ma Corte i piu' recenti sviluppi dei rapporti tra lo Stato e la Regione (che - si anticipa - possono riassumersi nelle reiterate, definite e circostanziate proposte regionali di accordo, articolate sulla base delle indicazioni della giurisprudenza costituzionale, e nell'inerzia dell'Amministrazione statale). 1.1. - Nel corso dell'estate del 2005, come risulta dal carteggio tra la Ragioneria generale dello Stato e la Regione, il Ministero dell'economia e delle finanze prendeva atto della necessita' di una revisione dell'ordinamento finanziario regionale disciplinato dall'art. 8 dello Statuto di autonomia, al fine di rendere attuale lo strumento di garanzia dell'autonomia economico-finanziaria della Regione, diventato obsoleto a seguito delle riforme della fiscalita' che avevano reso parzialmente inoperativo il meccanismo di compartecipazione alle entrate erariali vigente illo tempore. Proprio in considerazione della palese insufficienza del quadro finanziario delle entrate regionali, riconosciuta espressamente dalla Ragioneria generale dello Stato, con l'art. 1, comma 834, della legge n. 296 del 2006 il Parlamento modificava l'art. 8 dello Statuto di autonomia, aumentando i canali di compartecipazione fissa alle entrate. Contestualmente, lo Stato devolveva alla Regione ulteriori 25 milioni di Euro (comma 835), ma le imponeva il finanziamento integrale del sistema sanitario nazionale sul territorio sardo «senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato» (comma 836) e trasferiva all'Ente anche «le funzioni relative al trasporto pubblico locale (Ferrovie Sardegna e Ferrovie Meridionali Sarde) e le funzioni relative alla continuita' territoriale» (comma 837). Il comma 838 fissava un «tetto» progressivo agli oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato per l'attuazione del nuovo art. 8 dello Statuto per le annualita' 2007 (344 milioni di Euro), 2008 (371 milioni di Euro) e 2009 (482 milioni di Euro), specificando che «la nuova compartecipazione della regione Sardegna al gettito erariale entra a regime dall'anno 2010». 1.2. - Successivamente all'entrata in vigore del riformato art. 8 dello Statuto, sorgeva una vasta controversia tra la Regione e lo Stato, concernente l'esecuzione dello stesso art. 8. In buona sostanza, il contenzioso, in sintesi, ha riguardato i seguenti profili: a) l'inerzia e/o il rifiuto dello Stato di dare esecuzione al riformato art. 8 attraverso la stipula di un accordo relativo alla capacita' di spesa regionale nel contesto del «Patto di stabilita' interno/territoriale». A questo proposito l'ecc.ma Corte (pur dichiarando inammissibile un conflitto proposto dalla Regione avverso la Nota ministeriale che negava l'accordo sul patto di stabilita' ampliando la capacita' di spesa della Regione) ha accolto le tesi della Regione, affermando che la riforma dell'art. 8 dello Statuto non puo' che riverberarsi immediatamente sull'equilibrio del bilancio regionale, tanto sul lato delle entrate, quanto su quello della spesa (cfr. sentenza Corte costituzionale, n. 118 del 2012); b) l'inerzia e/o il rifiuto dello Stato di liquidare concretamente alla Regione le maggiori somme derivanti dal rinnovato regime di compartecipazione, se non previa adozione di norme d'attuazione statutaria. Per questo profilo l'ecc.ma Corte costituzionale, pur nel dichiarare inammissibile un conflitto avverso l'inerzia serbata dallo Stato nel liquidare integralmente tutte le somme dovute, ha rivolto a quest'ultimo un severo monito affinche' si attivasse con particolare sollecitudine per dare piena esecuzione al novellato art. 8 (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 95 del 2013); c) la possibilita' per la Regione di indicare come attivita' di bilancio in conto competenza le maggiori entrate derivanti dal riformato art. 8. A tal proposito, l'ecc.ma Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dallo Stato avverso una disposizione di legge regionale che consentiva alla Regione di indicare in bilancio quelle somme (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 99 del 2012); d) l'inclusione di alcune specifiche tipologie di entrate nella clausola residuale di cui alla riformata lettera m) dell'art. 8 (che assegna alla Regione i «sette decimi di tutte le entrate erariali, dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione di quelle di spettanza di altri enti pubblici»; su questo profilo, come si dira' di seguito, sono intervenute le norme d'attuazione statutaria, a seguito di accordo in sede di «commissione paritetica»); e) l'imposizione, da parte del legislatore statale, di contributi di finanza pubblica in capo alla Regione Sardegna, in via unilaterale nonche' nelle more dell'effettiva entrata a regime del nuovo sistema di compartecipazione. A tal proposito l'ecc.ma Corte costituzionale ha affermato che, nei confronti delle autonomie speciali, oneri nelle forme di generali contributi di finanza pubblica possono essere imposti esclusivamente attraverso il metodo pattizio, che deve essere sempre osservato. Inoltre, la Corte ha stabilito che, nell'esercizio della competenza legislativa concorrente in materia di «coordinamento della finanza pubblica», lo Stato puo' disporre unilateralmente obblighi di finanza pubblica solo se sono rispettati i seguenti limiti: i vincoli di spesa devono avere ad oggetto non la generale autonomia finanziaria regionale, bensi' un ben specifico settore delle funzioni pubbliche regionali, nel quale si intende conseguire risparmi di spesa partitamente indicati (Corte cost., sentenza n. 154 del 2017); non sono imponibili limiti di finanza pubblica per i settori di attivita' alla quale lo Stato non concorre almeno in parte (Corte cost., sentenze n. 341 del 2009 e n. 133 del 2010); il vincolo deve comunque consentire l'esercizio dell'autonomia regionale nell'allocazione delle risorse, pur nel rispetto del generale obiettivo di risparmio (Corte cost., sentenza n. 82 del 2007); il vincolo deve essere temporalmente limitato (Corte cost., sentenza n. 199 del 2012); non sono consentite proroghe dei vincoli e l'estensione dei contributi di finanza pubblica puo' intervenire solo attraverso una nuova e integrale valutazione dei rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione relativi al settore specifico per il quale rileva (Corte cost., sentenza n. 154 del 2017); lo Stato puo' anticipare gli effetti positivi di tali contributi di finanza pubblica attraverso i c.d. «accantonamenti», ma tali somme devono comunque considerarsi nella disponibilita' contabile delle regioni e gli stessi accantonamenti non possono protrarsi per un periodo di tempo eccessivo e irragionevole (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 77 del 2015); deve sempre essere consentita alle parti la possibilita' di intraprendere la via pattizia per regolare, anche a esercizio di bilancio inoltrato, i rapporti di finanza pubblica tra le parti (Corte cost., sentenza n. 19 del 2015); non sono consentite, se non negli esatti limiti indicati dallo Statuto e dalle norme di attuazione statutaria, riserve erariali, ovverosia prelievi diretti a valere sulle risorse compartecipate (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 241 del 2012); gli accordi di finanza pubblica devono essere rispettati (Corte cost., sentenza n. 154 del 2017). 1.3. - Dopo le numerose e significative sollecitazioni di codesta ecc.ma Corte, il Ministero dell'economia e delle finanze e la Regione Sardegna hanno stipulato in data 21 luglio 2014 un «accordo in materia di finanza pubblica», con il quale si regolavano i seguenti elementi del rapporto economico-finanziario tra Stato e Regione: i) fissazione del livello massimo di spesa regionale per l'anno 2013 (art. 1, comma 1); ii) certificazione del rispetto del patto di stabilita' regionale per l'anno 2013 (art. 1, comma 2); iii) determinazione dell'obiettivo programmatico per la finanza regionale per l'anno 2014 (art. 2); iv) determinazione del vincolo di bilancio per la Regione ai sensi dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012 e corrispondente non applicabilita', per la Sardegna, delle non compatibili disposizioni di legge in materia di patto di stabilita' (art. 3); v) determinazione del sistema di controllo sulla finanza regionale (monitoraggio, certificazione e relative sanzioni (art. 4); vi) composizione stragiudiziale del contenzioso in materia di finanza pubblica o, in caso di definizione giudiziaria, limitazione degli effetti positivi a favore della Regione per un triennio (art. 5); vii) recepimento, da parte della Regione, delle disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili (art. 6). Alcune clausole dell'accordo sono state recepite dallo Stato tramite la loro trasposizione nell'art. 42, commi 9-12, del decreto-legge n. 133 del 2014. Ivi si dispone quanto segue: «9. Al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, in applicazione della normativa vigente e dell'Accordo sottoscritto il 21 luglio 2014 fra il Ministro dell'economia e delle finanze ed il Presidente della regione Sardegna, l'obiettivo di atto di stabilita' interno della regione Sardegna, di cui al comma 454 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e' determinato in 2.696 milioni di euro per l'anno 2014. Dall'obiettivo 2014 sono escluse le sole spese previste dalla normativa statale vigente e le spese per i servizi ferroviari di interesse regionale e locale erogati da Trenitalia s.p.a. 10. A decorrere dall'anno 2015 la regione Sardegna consegue il pareggio di bilancio come definito dall'art. 9 della legge n. 243 del 2012. A decorrere dal 2015 alla regione Sardegna non si applicano il limite di spesa di cui al comma 454 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 e le disposizioni in materia di patto di stabilita' interno in contrasto con il pareggio di bilancio di cui al primo periodo. Restano ferme le disposizioni in materia di monitoraggio, certificazione e sanzioni previsti dai commi 460, 461 e 462 dell'art. 1 della citata legge 24 dicembre 2012, n. 228. 11. Non si applica alla regione Sardegna quanto disposto dagli ultimi due periodi del comma 454 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228. 12. La regione Sardegna nel 2014 non puo' impegnare spese correnti, al netto delle spese per la sanita', in misura superiore all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nel triennio 2011-2013. Nell'ambito della certificazione di cui al comma 461 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la regione comunica al Ministero dell'economia e delle finanze il rispetto del predetto limite». Successivamente, nel dicembre del 2015, lo Stato e la Regione sono addivenuti a una seconda intesa, recante «accordo [...] per il coordinamento della finanza pubblica nell'ambito del procedimento di attuazione dell'art. 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3». Con tale intesa lo Stato e la Regione hanno eliminato alcuni residui elementi d'incertezza concernenti il catalogo delle compartecipazioni erariali di cui all'art. 8 dello Statuto (in particolare per quanto concerne le entrate derivanti da giochi e scommesse e la compensazione per la perdita di gettito derivante dalla soppressione della tassa sulle concessioni governative per le patenti di guida; cfr. articoli 1 e 2 dell'intesa) e hanno convenuto che «il saldo del maggior gettito spettante alla Regione per gli anni dal 2010 al 2015 in conseguenza dell'adozione del decreto legislativo di attuazione dell'art. 8 della legge cost. 26 febbraio 1948, n. 3, rispetto all'importo gia' attribuito, e' erogato alla medesima in 4 annualita' costanti a decorrere dall'anno 2016» (art. 3). Contestualmente, la «commissione paritetica» ai sensi dell'art. 56 dello Statuto regionale ha licenziato il testo delle norme di attuazione del novellato art. 8 dello Statuto speciale, recepito dal decreto legislativo n. 114 del 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27 giugno 2016, n. 148. 1.4. - Nelle more della stipula dell'accordo, pero', la Regione Sardegna e' stata sottoposta a contributi di finanza pubblica sempre crescenti, alcuni dei quali imposti non in via temporanea, bensi' senza limiti di tempo. In particolare, non prevedono limiti di tempo i seguenti accantonamenti: l'art. 15, comma 22, del decreto-legge n. 95 del 2012, l'art. 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012 e l'art. 1, comma 481 della legge n. 147 del 2013 hanno determinato per il periodo 2012-2017 contributi di finanza pubblica pari a complessivi € 475.998.000; l'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012 ha determinato per il periodo 2012-2017 contributi di finanza pubblica pari a complessivi € 1.428.404.000; l'art. 28, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011 ha determinato per il periodo 2012-2017 contributi di finanza pubblica pari a complessivi € 903.303.000. Sono invece temporanei (con scadenza nell'anno 2018 compreso), i seguenti accantonamenti: l'art. 1, comma 526, della legge n. 147 del 2013 ha imposto contributi di finanza pubblica pari a complessivi € 229.604.000 per il periodo 2014-2017; l'art. 1, comma 400, della legge n. 190 del 2014 ha imposto contributi di finanza pubblica pari a complessivi € 291.000.000 per il periodo 2015-2017. 1.5. - Nonostante l'apparente chiusura in via pattizia, la «vertenza entrate» si e' immediatamente riaperta, e non certo per responsabilita' dell'odierna ricorrente. Appena 17 mesi dopo la stipula e 15 mesi dopo il suo recepimento da parte del legislatore statale, la legge di bilancio per l'anno 2016 (legge n. 208 del 2015), al comma 680, ha imposto nuovi contributi di finanza pubblica a carico della Regione Sardegna, senza far precedere tale imposizione dalla revisione dell'accordo di finanza pubblica. Con la legge di bilancio successiva, poi, lo Stato ha ulteriormente definito e aggravato tale obbligo. La Regione, ritenendo che fosse stata cosi' violata la Costituzione, anche in riferimento all'accordo di finanza pubblica stipulato in data 21 luglio 2014 e successivamente recepito dal legislatore regionale, impugnava l'art. 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015, nonche' l'art. 1, commi 392 sgg., della legge n. 232 del 2016. In particolare, deduceva la Regione, la clausola di cui all'art. 3 dell'accordo di finanza pubblica del 21 luglio 2014 (a tenor del quale «a decorrere dall'anno 2015 [...] la Regione Sardegna si impegna a garantire il pareggio di bilancio come definito dall'art. 9 della legge n. 243 del 2012») aveva determinato il modo in cui la Regione contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica nazionali. Per tale motivo la Regione confidava nella stabilita' del quadro regolatorio dei rapporti economico-finanziari, con esclusione di nuovi oneri imposti dallo Stato per almeno un triennio (periodo che rappresenta l'arco di tempo di ordinaria programmazione di bilancio ai sensi della legge di contabilita' pubblica). Nella sentenza n. 154 del 2017, l'ecc.ma Corte ha chiarito quale sia il regime dei rapporti di finanza pubblica tra lo Stato e la Regione Sardegna a seguito della stipula del menzionato accordo di finanza pubblica. In estrema sintesi, in quella sentenza e' stato affermato che: l'accordo del 21 luglio 2014 «non escludeva affatto la possibilita' di imporre ulteriori contributi al risanamento finanziario, purche' fosse rispettato il metodo pattizio, nella specie garantito con la previsione di apposite intese da concludere con tutte le autonomie speciali, inclusa la Regione Sardegna»; per tale ragione, il legislatore statale puo' chiamare le regioni autonome, compresa la ricorrente, a nuovi contributi di finanza pubblica, ma solo «previa intesa» con le medesime autonomie; fissato l'obiettivo di finanza pubblica da raggiungere anche con il coinvolgimento delle autonomie speciali, queste ultime non hanno «potesta' di deviare rispetto al comune percorso definito dalla Costituzione» e, dunque, di sottrarsi all'interlocuzione con lo Stato al fine di concordare il proprio contributo di finanza pubblica, in quanto «il principio di leale collaborazione [...] richiede un confronto autentico, orientato al superiore interesse pubblico di conciliare l'autonomia finanziaria delle regioni con l'indefettibile vincolo di concorso di ciascun soggetto ad autonomia speciale alla manovra di stabilita', sicche' su ciascuna delle parti coinvolte ricade un preciso dovere di collaborazione e di discussione, articolato nelle necessarie fasi dialogiche»; l'accordo di finanza pubblica tra lo Stato e la Regione Sardegna «va ascritto al cosiddetto coordinamento dinamico della finanza pubblica, concernente le singole misure finanziarie adottate per il governo di quest'ultima, come tali soggette a periodico adeguamento». 1.6. - Alla luce di tali statuizioni, gia' prima dell'entrata in vigore della legge n. 208 del 2015, la Regione Sardegna chiedeva allo Stato di addivenire alla stipula di un nuovo accordo di finanza pubblica, specificamente rivolto al triennio 2017-2019 o al successivo triennio 2018-2020. In particolare, per limitarsi alle interlocuzioni intervenute nell'ultimo anno, si puo' ricordare che, con Nota del 24 marzo 2017, prot. n. 2111, indirizzata al Presidente del Consiglio e ai Ministri dell'economia e delle finanze, per la coesione territoriale e per gli affari regionali, il Presidente della Regione ricordava che nei giorni 16 febbraio e 17 marzo 2017 si erano avute interlocuzioni tecniche tra l'Assessore regionale al, bilancio e il Sottosegretario di Stato con delega agli affari regionali al fine di definire le linee di una nuova intesa tra Stato e Regione che subentrasse a quella stipulata in data 21 luglio 2014, destinata a esaurire i propri effetti con l'esercizio di bilancio 2017. A tal proposito, la Regione chiedeva che si tenesse una riunione al fine di definire l'accordo di finanza pubblica per il successivo triennio. Tale richiesta e' rimasta inevasa. La medesima richiesta e' stata rinnovata con Nota prot. n. 1010 del 5 aprile 2017 dell'Assessore regionale al bilancio, indirizzata al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Successivamente, con Nota prot. 3930 del 12 giugno 2017, il Presidente della Regione ha nuovamente prospettato al Governo la necessita' di addivenire a un'intesa in materia di contributo di finanza pubblica, facendo presente che: «la Sardegna, diversamente dalle altre Regioni italiane, non ha ancora ripreso un sentiero di crescita economica dopo la forte crisi che ha investito l'Italia dal 2009 e mostra la maggiore riduzione del PIL tra tutte le aree territoriali (-11.3% tra il 2008 e il 2015)»; «a partire dal 2012 (primo anno di applicazione degli accantonamenti di finanza pubblica) sono stati sottratti alla disponibilita' della Regione 3,3 miliardi di Euro di entrate proprie stabilite dalle norme statutarie»; «a legislazione vigente permangono contributi di finanza pubblica, sotto la forma di accantonamenti a valere sulle entrate tributarie erariali compartecipate, dichiarati incostituzionali perche' si protraggono senza un limite temporale o istituiti per il contenimento della spesa sanitaria che la Regione Sardegna finanzia in proprio»; «a partire dal 2018 la Sardegna chiede di rientrare in possesso di tali quote di entrate spettanti alla Regione, in modo da superare il regime degli accantonamenti nel quadro di un nuovo accordo di finanza pubblica che tenga conto della capacita' fiscale e contributiva dei diversi territori italiani». Infine, con successiva Nota prot. n. 5870 del 1° settembre 2017, il Presidente della Regione rivolgeva nuovamente un appello al Governo, al fine di recepire (almeno alcune del)le richieste regionali, tenendo in conto (almeno alcune del)le statuizioni rese da codesta ecc.ma Corte nel vasto contenzioso in tema di finanza pubblica intervenuto tra le parti del presente giudizio. Anche quell'appello e' rimasto inascoltato. 1.7. - Successivamente, l'art. 1, comma 851, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, ha disposto che «[n]ell'anno 2019, nelle more della definizione dei complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione Sardegna che tenga conto, tra l'altro, delle sentenze della Corte costituzionale n. 77 del 2015 e n. 154 del 2017, anche in considerazione del ritardo nello sviluppo economico dovuto all'insularita', e' riconosciuto alla Regione Sardegna un contributo pari a 15 milioni di euro». Anche questa disposizione e' stata impugnata dalla ricorrente, per violazione delle sue attribuzioni in materia finanziaria, nonche' per violazione del principio di leale collaborazione. L'ecc.ma Corte costituzionale ha accolto il ricorso con la recentissima e fondamentale sentenza n. 6 del 2019, che ha dichiarato «l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 851, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), nella parte in cui, nel triennio 2018-2020 e nelle more della definizione dell'accordo di finanza pubblica, non riconosce alla Regione autonoma Sardegna adeguate risorse, determinate secondo i criteri di cui in motivazione». Si tornera' su quest'ultima decisione infra. Sin d'ora, pero', si deve ricordare che, con tale sentenza, codesta ecc.ma Corte ha affermato che il legislatore statale, nel regolare i rapporti finanziari con la Regione Sardegna: non puo' ritardare l'esatta e piena esecuzione delle precedenti sentenze della medesima Corte; nelle more della stipula dell'intesa non solo non puo' imporre ingiustificati sacrifici alla ricorrente, ma deve anche anticipare gli effetti della stipulanda intesa, sulla base dei criteri definiti desumibili dalla Costituzione e dai principi fondamentali dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le Autonomie speciali; deve ispirare tanto gli atti amministrativi e le interlocuzioni con la Regione quanto gli atti legislativi ai principi di chiarezza e trasparenza nell'elaborazione e rappresentazione dei dati finanziari e di bilancio. 1.8. - Nelle more della pubblicazione della sentenza Corte costituzionale, n. 6 del 2019, il legislatore statale ha approvato la legge n. 145 del 2018, novellata dalla disposizione in esame. La Regione Sardegna ha censurato tale disposizione, lamentando i vizi di «Violazione degli articoli 7 e 8 della legge cost. n. 3 del 1948, recante Statuto speciale per la Sardegna; violazione degli articoli 117 e 119 Cost. in riferimento all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001; violazione del principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost., del principio dell'equilibrio dinamico di bilancio ex art. 81 Cost., del principio del buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost., del principio di leale collaborazione ex art. 117 Cost. e dell'art. 136 Cost., in riferimento agli articoli 7 e 8 della legge cost. n. 3 del 1948, recante Statuto speciale per la Sardegna, nonche' agli articoli 117 e 119 Cost. e all'art. 10 della legge cost., n. 3 del 2001» (p. 15 del ricorso). In particolare, nel gravame si e' detto che: i) l'art. 1, comma 875 della legge n. 145 del 2018 consente alle parti di stipulare un accordo di finanza pubblica, ma tale accordo risulta formalmente e sostanzialmente vincolato nel quantum, sicche' l'intesa con le Regioni autonome e' destinata a disporre solo in riferimento al riparto dell'onere tra le due Autonomie, alle quali, pero', non e' riconosciuto alcun potere di intervento sul quantum complessivo del contributo; ii) tale meccanismo e' violativo del principio di leale collaborazione, in quanto azzera gli spazi disponibili al confronto tra lo Stato e le Regioni sul contributo regionale alla finanza pubblica; iii) la disposizione e' violativa dell'art. 117, comma 3, Cost., in quanto lo Stato ha definito nel dettaglio i rapporti economico-finanziari con la Regione, azzerando l'ambito di autonomia riconosciuto alla ricorrente e, conseguentemente, ledendone la competenza legislativa in materia di «coordinamento della finanza pubblica» nonche' le attribuzioni in materia economico-finanziarie ex art. 119 Cost.; iv) la disposizione impugnata e' illegittima anche perche' i limiti all'autonomia finanziaria regionale previsti dallo Stato non sono temporanei. Gli accantonamenti imposti dallo Stato alla Regione Sardegna, infatti, sono costantemente aumentati dalla loro iniziale imposizione nel 2011, fino a quadruplicare nell'anno 2018, circostanza che dimostra come i sacrifici imposti alla Regione non siano temporanei, con conseguente violazione degli articoli 7 e 8 dello Statuto e 117 e 119 Cost.; v) il comma 875 e' violativo degli articoli 81 e 136 Cost., in quanto con tale disposizione lo Stato si e' sottratto dall'esecuzione delle sentenze Corte costituzionale, n. 77 del 2015, 205 del 2016 e 84 del 2018, con le quali codesta ecc.ma Corte aveva limitato la potesta' dello Stato nell'imposizione di alcuni obblighi di finanza pubblica alla ricorrente, e ha illegittimamente previsto, quali risorse per il bilancio statale, illegittimi contributi imposti alle Regioni; vi) da ultimo, la disposizione e' stata censurata per violazione degli articoli 7 e 8 dello Statuto e 117 e 119 Cost. in quanto il legislatore statale, in ragione della riscontrata debolezza economico-sociale strutturale del territorio sardo, nelle more della definizione dell'accordo di finanza pubblica avrebbe dovuto disporre in favore della Regione Sardegna un contributo inteso ad anticipare gli effetti positivi dell'accordo, invece di imporre ulteriori sacrifici, come stabilito dall'ecc.ma Corte nella sentenza n. 6 del 2019. 1.9.- A seguito della pubblicazione della sentenza Corte costituzionale, n. 6 del 2019, la Regione si e' fatta parte diligente per la definizione dell'accordo di finanza pubblica, legislativamente previsto. Nelle more dell'insediamento della nuova Giunta regionale (essendosi celebrati in data 24 febbraio 2019 i comizi elettorali per l'elezione del Presidente della Regione e per il rinnovo del Consiglio regionale), nelle giornate del 25 febbraio e del 5 marzo si sono svolti due incontri delle delegazioni di dirigenti e tecnici (nonche' per la prima, legali) regionali e del Ministero dell'economia e delle finanze. Il 9 maggio, presso la sede del Ministero per gli affari regionali, si e' tenuto un incontro al quale hanno partecipato, oltre allo staff tecnico e legale regionale e ministeriale, il Ministro per gli affari regionali, il vice-Ministro dell'economia e delle finanze, il Presidente della Regione Sardegna e l'Assessore regionale al Bilancio. In data 16 maggio si e' svolto un ulteriore incontro tecnico tra i rappresentanti della Regione e quelli del MEF. Nel corso di queste interlocuzioni la Regione ha formulato le seguenti richieste (formalizzate con messaggio a mezzo posta elettronica del 25 maggio 2019 trasmesso dagli uffici dell'Assessorato regionale del bilancio agli uffici del MEF e della Ragioneria generale dello Stato, nonche' successivamente ribaditi dal Presidente della Regione con Nota prot. n. 5719 del 12 luglio 2019, trasmessa al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze): i) un riequilibro degli accantonamenti che tenga in conto l'incidenza sul PIL regionale del concorso alla finanza pubblica imposto alla Regione e, secondo questo criterio, l'avvicinamento al rapporto tra contributo di finanza pubblica e PIL regionale che e' stato impiegato per la definizione del recente accordo di finanza pubblica stipulato tra il MEF e la Regione Siciliana, l'autonomia che presenta condizioni analoghe quanto a tessuto economico regionale e condizioni geografiche. Secondo quanto risulta alla Regione, l'incidenza del concorso alla finanza pubblica imposto alla Sardegna sul PIL regionale e' pari all'1,60% mentre quello della Sicilia ammonta all'1,14%. In questa prospettiva e' stata chiesta una «correzione» in riduzione del contributo pari a 153 milioni di euro annui; ii) l'applicazione delle sentenze Corte costituzionale, n. 6 del 2019 e 77 del 2015 e, conseguentemente, la soppressione del contributo di finanza pubblica pari a € 285 milioni illegittimamente imposto in illegittima applicazione ultra vires dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012; iii) la ridefinizione del contributo di finanza pubblica imposto alle autonomie locali, in ossequio a quanto statuito dall'ecc.ma Corte nelle sentenze n. 205 del 2016 e n. 84 del 2018; iv) la liquidazione delle somme a titolo di trasferimento di entrate erariali trattenute dallo Stato dal 2010 in avanti, la cui spettanza e' stata gia' riconosciuta formalmente dallo Stato ma che non sono state ancora versate al patrimonio regionale. A fronte di tali circostanziate e specifiche richieste, lo Stato non ha formulato controproposte, men che meno migliorative di quanto previsto nella citata Tabella 8 allegata alla legge n. 145 del 2018, in evidente violazione del principio di leale collaborazione. 1.10. - Nelle more, ulteriori pronunce di codesta ecc.ma Corte costituzionale nonche' del Giudice amministrativo hanno riconosciuto l'illegittimita' dell'accantonamento di ulteriori somme da parte dello Stato in danno della Regione Sardegna. Ci si riferisce: alla sentenza Corte costituzionale, n. 31 del 2019, che ha accertato che lo Stato ha illegittimamente trattenuto somme pari a oltre 7 milioni di Euro a titolo di regolazioni contabili concernenti la tassa sulle emissioni degli autoveicoli per le annualita' 2012 e 2013; alla sentenza Tribunale amministrativo regionale Sardegna n. 194 del 2019, che ha dichiarato l'illegittimita' in parte qua del decreto ministeriale MEF 11 gennaio 2018, recante «Modalita' di attribuzione alla Regione Sardegna della compartecipazione al gettito delle ritenute e delle imposte sostitutive dei redditi di capitale», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 16 gennaio 2018 (il Giudice amministrativo ha affermato che i criteri di attribuzione alla Regione dei sette decimi di quelle entrate erariali debbono essere impiegati dal 2010 invece che dal 2017, in ossequio al regime temporale di decorrenza del novellato art. 8 dello Statuto regionale di cui all'art. 1, comma 838, della legge n. 296 del 2006). La Regione, dunque, ha anche richiesto allo Stato di dare esatta e completa esecuzione alle sentenze sopra citate. Anche per questo profilo, pero', lo Stato non ha assunto alcun concreto impegno nei confronti della Regione. 2. - Gli effetti della disposizione impugnata. Cio' detto, si devono esaminare gli effetti prodotti dalla disposizione impugnata e, conseguentemente, il disposto del comma 875 dell'art. 1 della legge n. 145 del 2018, nella formulazione vigente. 2.1. - Essi possono essere agevolmente sintetizzati. i) Il primo periodo del comma 875 prevede che il contributo di finanza pubblica delle Regioni Friuli-Venezia Giulia e Sardegna sia determinato mediante la conclusione di specifici accordi di finanza pubblica. Tali accordi devono tenere conto di quanto stabilito dall'ecc.ma Corte nelle sentenze numeri 77 del 2015, 154 del 2017 e 103 del 2018, ma devono comunque garantire il concorso complessivo alla finanza pubblica previsto dal secondo periodo. ii) Il secondo periodo stabilisce che, in caso di mancata conclusione degli accordi entro il termine previsto dal primo periodo, «in applicazione dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica previsti dagli articoli 117, terzo comma, e 119, primo comma, della Costituzione», il contributo complessivo alla finanza pubblica per gli anni dal 2019 al 2021 e' determinato in via provvisoria negli importi indicati nella «tabella 8» (sopra gia' riportata), «quale concorso al pagamento degli oneri del debito pubblico, salva diversa intesa con ciascuno dei predetti enti entro l'esercizio finanziario di riferimento». iii) Il terzo periodo detta distinte norme procedimentali riferite alla Regione Sardegna, disponendo che l'importo del concorso previsto dai periodi precedenti sia versato al bilancio dello Stato «entro il 10 agosto 2019 per l'anno 2019 ed entro il 30 aprile di ciascun anno per gli anni successivi», con la precisazione che; in mancanza di tale versamento entro il predetto termine, il Ministero dell'economia e delle finanze e' autorizzato a recuperare gli importi a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, ovverosia trattenendo quanto sarebbe di spettanza della Regione ai sensi della disciplina sulla compartecipazione al gettito erariale / tributario. iv) Come si e' visto, sono stati abrogati l'originario terzo e quinto periodo del comma 875. L'originario terzo comma prevedeva che «gli importi della predetta tabella 8 possono essere modificati, a invarianza di concorso complessivo alla finanza pubblica, mediante accordi stipulati tra le regioni interessate entro il 30 aprile di ciascun anno, da comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze entro il 31 maggio del medesimo anno». Il quinto comma, poi, aggiungeva che, «Per la regione Friuli-Venezia Giulia resta ferma la disposizione dell'art. 1, comma 151, lettera a), della legge 13 dicembre 2010, n. 220» (tale disposizione prevedeva che lo Stato riconoscesse alla Regione Friuli-Venezia Giulia «una compartecipazione sulle ritenute sui redditi da pensione», specificata nel quantum dalla successiva a)). Per un primo profilo, va osservato che la disposizione vigente non presenta piu' le previsioni indirizzate alla Regione Friuli-Venezia Giulia. Dette previsioni, ovviamente, sono diventate anacronistiche a seguito dell'accordo di finanza pubblica ha concluso con lo Stato in data 25 febbraio 2019 (menzionato e attuato, per le clausole che richiedevano un intervento legislativo, proprio dall'art. 33-ter qui in esame, nei commi non oggetto d'impugnazione). La ricorrente, come si evince dalla delimitazione del thema decidendum e come gia' osservato nel ricorso iscritto al reg. ric. n. 32 del 2019, non ha alcun interesse a censurare e/o a dolersi del raggiungimento dell'accordo di finanza pubblica con la Regione Friuli-Venezia Giulia e, anzi, in una prospettiva istituzionale, non puo' che esprimere la propria soddisfazione per la stipula dell'intesa tra le parti. La ricorrente, invece, lamenta esclusivamente come lo Stato non solo rifiuti di stipulare l'intesa con la Regione Sardegna, ma ometta persino di prendere in esame la proposta della ricorrente e di formulare una controproposta, come sarebbe necessario secondo il comune buon senso, la prassi istituzionale e, non da ultimo, le limpide indicazioni della giurisprudenza costituzionale. Tanto, si badi, proprio in forza dell'usbergo costruito dalla norma qui censurata, che mette l'Amministrazione statale completamente al riparo da qualunque conseguenza negativa della sua inerzia. 2.2. - La controversia che tuttora oppone lo Stato alla Sardegna non e' dunque da promuovere attraverso un giudizio per conflitto d'attribuzione tra Enti, nel quale la Sardegna censuri la condotta (e le omissioni) dello Stato nel procedimento di stipula dell'accordo di finanza pubblica, facendo valere quanto l'ecc.ma Corte ha statuito quantomeno nelle sentenze numeri 112 del 2018 e 83 del 2013, ove ha richiamato lo Stato a ispirare le relazioni economico-finanziarie con la Regioni all'integrale rispetto dell'autonomia economico-finanziaria regionale, delle previsioni statutarie sulla compartecipazione al gettito erariale e del principio di leale collaborazione. Come sopra accennato, infatti, l'effetto principale della disposizione impugnata e' proprio quello d'impedire la stipula dell'accordo di finanza pubblica e di offrire un fondamento normativo alla c.d. «condotta di blocco» adottata dall'Amministrazione statale. Amministrazione statale che pero' bellamente disinteressandosi delle proposte regionale, perche' sa che la propria inerzia sara' ... ricompensata con l'imposizione alla Regione, sia pure «in via [pretesamente] provvisoria», di gravosissimi e indebiti oneri di finanza pubblica. Per tale motivo, la tutela delle attribuzioni statutarie e costituzionali della Regione non puo' che passare attraverso la rimozione della disposizione impugnata (rimozione che - si precisa una volta di piu' - essendo richiesta in parte qua, non comporterebbe alcun effetto sui rapporti economico-finanziari tra lo Stato e la Regione Friuli-Venezia Giulia). 2.3. - Che sia cosi' e' evidente dal singolare meccanismo con cui il primo periodo del comma 875 vigente fa riferimento al contributo di finanza pubblica atteso dal legislatore statale e indicato nella «tabella 8». Come si e' detto, il secondo periodo prevede che, ove l'accordo non intervenga, il contributo imposto alla Sardegna e' pari a 536 milioni di Euro per ciascun anno del triennio 2019-2021, tale essendo la cifra indicata nella Tabella 8. Questa cifra, indica il secondo periodo, puo' essere modificata tramite intesa. Ma in che modo? La risposta si trova nel primo periodo, in cui si specifica che il concorso complessivo delle due Regioni autonome deve rimanere invariato nell'ammontare indicato al secondo periodo. Ebbene: l'ammontare complessivo del contributo alla finanza pubblica previsto dalla Tabella 8 e' tuttora pari a 1.252 milioni di Euro. Si deve pero' considerare che il contributo inizialmente previsto in capo alla Regione Friuli-Venezia Giulia era pari a 716 milioni di Euro per il 2019 e a 836 milioni di Euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021. Ai sensi dell'art. 33-ter, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2019, pero', il contributo della Regione Friuli-Venezia Giulia e' stato rideterminato «nell'ammontare complessivo di 686 milioni di euro per l'anno 2019, di 726 milioni di euro per l'anno 2020 e di 716 milioni di euro per l'anno 2021». Tale sgravio e' stato oggetto di specifica «copertura finanziaria» dello stesso art. 33-ter, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2019 (ove si prevede che «All'onere di cui al comma 875-ter dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, introdotto dal comma 1 del presente articolo, si provvede, quanto a 30 milioni di euro per l'anno 2019, a 86 milioni di euro per l'anno 2020 e a 120 milioni di euro per l'anno 2021, mediante corrispondente riduzione del fondo di cui al comma 748 del citato art. 1 della legge n. 145 del 2018. Al restante onere, pari a 24 milioni di euro per l'anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'art. 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307»). A questo punto, dunque, sono possibili due ipotesi: i) dato che il legislatore statale, pur avendo disposto la copertura economica per la riduzione del contributo di finanza pubblica la Regione Friuli-Venezia Giulia, ha lasciato invariato il «contributo complessivo» previsto dalla Tabella 8, la Regione Sardegna, al momento di concludere l'accordo di finanza pubblica, dovrebbe farsi carico anche del trattamento di maggior favore riconosciuto dal legislatore alla Regione Friuli-Venezia Giulia, pari a 30 milioni di Euro per l'anno 2019 e a ben 120 milioni di Euro per gli anni 2020 e 2012; ii) avendo il legislatore statale approntato la copertura economica per la riduzione del contributo di finanza pubblica per la Regione Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna non dovrebbe farsi carico di tale riduzione, ma dovrebbe comunque necessariamente versare allo Stato esattamente quanto originariamente previsto nella medesima Tabella proprio in riferimento alla Sardegna, senza possibilita' di derogare. In entrambi i casi si ottiene (sia pure in misura diversamente onerosa) lo stesso risultato: il legislatore statale ha, in buona sostanza, disincentivato lo Stato a stipulare l'accordo di finanza pubblica, ottenendo l'effetto d'imporre alla Regione un contributo di finanza pubblica interamente «eterodeterminato», senza che l'autonomia regionale abbia alcun rilievo. In questo modo, il legislatore statale ha ottenuto anche ulteriori effetti: consente allo Stato di omettere qualunque intervento in favore della Regione Sardegna, nonostante l'art. 1, comma 851, della legge n. 205 del 2017 avesse rilevato la necessita' di ridefinire i rapporti economico-finanziari della Regione «anche in considerazione del ritardo nello sviluppo economico dovuto all'insularita'»; consente allo Stato di omettere un immediato intervento finanziario da adottare nelle more della stipula dell'accordo di finanza pubblica, come invece imposto da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 6 del 2019; consente allo Stato di incamerare immediatamente il contributo di finanza pubblica attraverso i c.d. «accantonamenti» a valere sulle quote di compartecipazione al gettito erariale. Tutto questo e' palesemente illegittimo, per le ragioni che appresso si esporranno. 3. - Violazione degli articoli 7 e 8 della legge cost. n. 3 del 1948, recante Statuto speciale per la Sardegna; violazione degli articoli 117 e 119 Cost. in riferimento all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001; violazione del principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost., del principio dell'equilibrio dinamico di bilancio ex art. 81 Cost., del principio del buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost., del principio di leale collaborazione ex art. 117 Cost. e dell'art. 136 Cost., in riferimento agli articoli 7 e 8 della legge cost. n. 3 del 1948, recante Statuto speciale per la Sardegna, nonche' agli articoli 117 e 119 Cost. e all'art. 10 della legge cost., n. 3 del 2001. Alla luce di quanto sopra indicato e' possibile ora illustrare i motivi di ricorso. Il primo motivo riprende quanto gia' dedotto nel gravame proposto avverso l'art. 1, comma 875, della legge n. 145 del 2018, nella precedente formulazione. 3.1. - Come si e' gia' detto in narrativa, l'art. 1, comma 875, della legge n. 145 del 2018, nella formulazione novellata dall'art. 33-ter, comma 5, del decreto-legge n. 34 del 20129, disciplina il contributo delle Regioni Sardegna e Friuli-Venezia Giulia alla finanza pubblica per il triennio 2019-2021. Come si confida di aver gia' illustrato, detta disposizione ha una formulazione molto particolare. Per un verso, infatti, esibisce un formale ossequio al principio dell'accordo tra lo Stato e le due Regioni, ma subito precisa che, comunque, l'accordo deve «garantire in ogni caso, il concorso complessivo alla finanza pubblica di cui al secondo periodo» del medesimo comma, ovverosia quello previsto nella Tabella 8, come sopra indicato. Ne consegue che tale accordo e' sostanzialmente vincolato nel quantum, sicche' le parti non hanno alcun effettivo potere d'intervento sull'ammontare del contributo imposto alla Regione. Come gia' detto nel ricorso proposto avverso la legge n. 145 del 2018, tale modus procedendi e' illegittimo, in quanto violativo del principio di leale collaborazione, nella misura in cui, di fatto, azzera gli spazi disponibili al confronto tra lo Stato e le Regioni sul contributo regionale alla finanza pubblica. La soppressione di ogni spazio di autonomia economico-finanziaria determina ipso iure la violazione degli articoli 7 e 8 dello Statuto regionale e 117 Cost., anche in riferimento alla clausola di salvaguardia di cui all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, in quanto rappresenta un'ingiustificata e irragionevole lesione delle attribuzioni regionali in materia finanziaria ed esorbita dall'ambito competenziale dello Stato che, ai sensi dell'art. 117, comma 3, Cost., deve limitarsi a dettare i principi fondamentali della materia «coordinamento della finanza pubblica», senza poter determinare iussu principis, addirittura numericamente, il contenuto delle relazioni finanziarie con le regioni. La manifesta impossibilita' per la Regione di addivenire a un accordo che le riconosca maggiori spazi, determinata dal contributo di finanza pubblica previsto unilateralmente dal legislatore statale, poi, determina anche la violazione delle attribuzioni amministrative regionali in materia finanziaria, tutelate non solo dagli articoli 7 e 8 dello Statuto, ma anche dall'art. 119 Cost., ancora in riferimento all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Quanto sin qui dedotto trova conferma nella giurisprudenza costituzionale intervenuta in materia. Nella sentenza n. 154 del 2017, codesta ecc.ma Corte costituzionale ha stabilito che: va «ribadito che - ancora per costante giurisprudenza costituzionale - i rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie speciali sono regolati dal principio dell'accordo, inteso, tuttavia, come vincolo di metodo (e non gia' di risultato) e declinato nella forma della leale collaborazione (sentenze n. 88 del 2014, n. 193 e n. 118 del 2012)»; «tale meccanismo puo' essere derogato dal legislatore ordinario, fino a che gli statuti o le norme di attuazione lo consentono (sentenza n. 23 del 2014; seguita dalle sentenze n. 19, n. 46, n. 77, n. 82, n. 238, n. 239 e n. 263 del 2015, n. 40 e n. 155 del 2016)»; «Lo Stato, dunque, puo' imporre contributi al risanamento della finanza pubblica a carico delle regioni a statuto speciale, quantificando, come nella specie, l'importo complessivo del concorso, e rimettendo alla stipula di accordi bilaterali con ciascuna autonomia, non solo la definizione dell'importo gravante su ciascuna di esse, ma, eventualmente, la stessa riallocazione delle risorse disponibili, anche a esercizio inoltrato (sentenza n. 19 del 2015)». Alla luce di tali affermazioni di principio, l'ecc.ma Corte e' pervenuta a un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione scrutinata con la predetta sentenza n. 154 del 2017, affermando ch'essa si sarebbe dovuta leggere nel senso di consentire allo Stato e alle regioni autonome interessate di modificare anche il quantum complessivo del contributo richiesto al comparto delle autonomie. Tale possibilita' ermeneutica, pero', non e' consentita dalla previsione qui impugnata, che, come si e' visto, a piu' riprese insiste sull'invarianza del gettito complessivo nel triennio di programmazione. Per vero, lo stesso orientamento opportunamente era stato gia' seguito dall'ecc.ma Corte, nella sentenza n. 19 del 2015, nella quale si era affermato che la determinazione unilaterale preventiva del contributo delle autonomie speciali alla manovra puo' essere «conforme a Costituzione», purche' siano rispettati i «termini appresso specificati relativamente al carattere delle trattative finalizzate all'accordo». Tali termini, pero', sono i seguenti: i) deve sussistere un «margine di negoziabilita'» del contributo delle regioni autonome; ii) tale margine di negoziabilita' non puo' limitarsi (come accade nel caso di specie) «ad una rimodulazione interna tra le varie componenti presenti nella citata tabella relative alle diverse autonomie speciali, con obbligo di integrale compensazione tra variazioni attive e passive», per l'ovvia considerazione che «ogni margine di accordo comportante un miglioramento individuale dovrebbe essere compensato da un acquiescente reciproco aggravio di altro ente, difficilmente realizzabile», sicche' «il meccanismo normativo [...] sarebbe sostanzialmente svuotato dalla prevedibile indisponibilita' di tutti gli enti interessati ad accollarsi l'onere dei miglioramenti destinati ad altri e, conseguentemente, sarebbe lesivo del principio di leale collaborazione e dell'autonomia finanziaria regionale»; iii) «lo strumento dell'accordo», invece, deve servire a «determinare nel loro complesso punti controversi o indefiniti delle relazioni finanziarie tra Stato e regioni, sia ai fini del raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica nel rispetto dei vincoli europei, sia al fine di evitare che il necessario concorso delle regioni comprima oltre i limiti consentiti l'autonomia finanziaria ad esse spettante»; iv) proprio a tale proposito la Corte ha richiamato la «prassi» e la «morfologia degli ultimi accordi stipulati in questa materia tra Governo ed autonomie speciali (Accordo tra il Governo e la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano del 15 ottobre 2014; Accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione siciliana del 9 giugno 2014; Accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione autonoma Sardegna del 21 luglio 2014; Accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia del 28 ottobre 2014)»; v) «il contenuto degli accordi, oltre che la riduzione dei programmi in rapporto al concorso della Regione interessata ad obiettivi di finanza pubblica, puo' e deve riguardare anche altri profili di natura contabile quali, a titolo esemplificativo, le fonti di entrata fiscale, la cui compartecipazione sia quantitativamente controversa, l'accollo di rischi di andamenti difformi tra dati previsionali ed effettivo gettito dei tributi, le garanzie di finanziamento integrale di spese essenziali, la ricognizione globale o parziale dei rapporti finanziari tra i due livelli di Governo e di adeguatezza delle risorse rispetto alle funzioni svolte o di nuova attribuzione, la verifica di congruita' di dati e basi informative finanziarie e tributarie, eventualmente conciliandole quando risultino palesemente difformi, ed altri elementi finalizzati al percorso di necessaria convergenza verso gli obiettivi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea»; vi) in conclusione, «l'oggetto dell'accordo e' costituito dalle diverse componenti delle relazioni finanziarie che, nel loro complesso, comprendono e trascendono la misura del concorso regionale». Nel caso di specie, invece, come gia' detto, non ci sono spazi per una rimodulazione dei carichi finanziari previsti in capo alle regioni, sicche' la disposizione in esame non puo' che essere dichiarata illegittima per i segnalati vizi. Si aggiunga che il comma 875 nemmeno consente alla regione di recuperare spazi d'autonomia in ambiti diversi rispetto a quello dei rapporti economico-finanziari, ad esempio nel campo dell'imposizione tributaria o della finanza locale, come l'ecc.ma Corte ha suggerito al legislatore, menzionando le «diverse componenti delle relazioni finanziarie» che «trascendono la misura del concorso regionale». In conclusione, la via pattizia e' formalmente menzionata, ma sostanzialmente impedita dal comma impugnato, che deve essere annullato. 3.2. - Il comma impugnato e' illegittimo anche in quanto conferma per l'ottavo, il nono e il decimo anno (!) consecutivo l'imposizione, in capo alla Regione Sardegna, di un contributo di finanza pubblica di ammontare particolarmente elevato e crescente dal 2011 in avanti. In particolare, come si e' gia' detto nel precedente ricorso, i contributi imposti alla regione (e assistiti dal meccanismo degli «accantonamenti») sono passati dai circa 160 milioni di Euro previsti tra la fine del 2011 e l'inizio del 2012 (cfr. art. 28, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011; art. 35, comma 4, del decreto-legge n. 1 del 2012; art. 4, comma 11, del decreto-legge n. 16 del 2012) agli oltre 684 milioni di Euro imposti nel 2018, ai 536 milioni di Euro del trienni 2019-2021. Cio' sta a significare che il legislatore statale, anche attraverso tecniche legislative piu' volte stigmatizzate da codesta ecc.ma Corte costituzionale (come l'allungamento, anno per anno, della durata dei contributi inizialmente imposti: cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 154 del 2017, par. 4.6.2.2) ha eluso il principio della temporaneita' dei contributi di finanza pubblica. Tale elusione si produce e si aggrava ulteriormente anche nel caso di specie, in quanto protrae i contributi di finanza pubblica per ulteriori 3 anni, sino al 2020, per un ammontare particolarmente elevato. Risulta violato - si ribadisce - il principio di temporaneita' delle imposizioni economico-finanziarie. Tale circostanza costituisce elemento sintomatico della violazione degli articoli 117 Cost. e 7 e 8 dello Statuto sardo. Per costante giurisprudenza costituzionale, lo Stato puo' imporre in via autoritativa contributi straordinari di finanza pubblica alle regioni ordinarie e alle autonomie speciali, ma solo in presenza di un'ulteriore condizione: che il contributo richiesto sia imposto per un periodo di tempo limitato e ragionevole. Nella sentenza n. 193 del 2012, ad esempio, codesta ecc.ma Corte costituzionale ha ricordato di essersi «espressa sulla non incompatibilita' con la Costituzione delle misure disposte con l'art. 14, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 78 del 2010, sul presupposto - richiesto dalla propria costante giurisprudenza - che [sono legittime] le norme che «si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente e non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalita' per il perseguimento dei suddetti obiettivi» (sentenza n. 148 del 2012; conformi, ex plurimis, sentenze n. 232 del 2011 e n. 326 del 2010). Ove tale limite non sia rispettato, il contributo di finanza pubblica imposto alle regioni costituisce disposizione «di dettaglio» in una materia affidata alla competenza legislativa concorrente, ai sensi dell'art. 117 Cost., con la conseguenza ch'essa esorbita dall'ambito competenziale riconosciuto al legislatore statale. Per tale ragione, il contributo di finanza pubblica imposto con il comma in esame, eludendo l'obbligo di temporaneita' delle misure restrittive di finanza pubblica piu' volte sancito dall'ecc.ma Corte costituzionale, e' violativo dell'art. 117, comma 3, Cost., per avere lo Stato debordato dall'ambito di competenza legislativa concorrente nella materia del «coordinamento della finanza pubblica», nonche' degli articoli 7 e 8 dello Statuto sardo, che tutelano l'autonomia finanziaria della regione. 3.3. - Il comma in esame e' violativo degli articoli 3, 81, 97 e 136 Cost., in relazione alle attribuzioni di autonomia statutaria e costituzionale della ricorrente in materia economico-finanziaria, ex articoli 7 e 8 dello Statuto e 117 e 118 Cost. Lo stesso legislatore statale, nel novellare il comma 875 dell'art. 1 della legge n. 145 del 2018, ha confermato che l'accordo con la Regione ricorrente deve tenere in considerazione le «sentenze della Corte costituzionale n. 77 del 13 maggio 2015, n. 154 del 4 luglio 2017 e n. 103 del 23 maggio 2018». Cio' sta a significare che gli «spazi finanziari» disponibili dovrebbero consentire di: rimuovere il contributo di finanza pubblica previsto dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, in ossequio a quanto stabilito dall'ecc.ma Corte nella sentenza n. 77 del 2015; far si' che la regione concorra, previa intesa, al contributo di finanza pubblica previsto per l'intero comparto delle regioni e delle province autonome dagli articoli 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015 e 1, commi 392, 394 e 528, della legge n. 232 del 2016, come prospettato dall'ecc.ma Corte nelle sentenze n. 154 del 2017 e n. 103 del 2018. A fronte dei dati numerici inseriti nella Tabella 8, il legislatore statale ha assegnato alle parti un obiettivo impossibile. Valga il vero. Per gli anni 2019, 2020 e 2021, sono tuttora imposti sulla regione i seguenti contributi di finanza pubblica (corredati dal meccanismo degli accantonamenti sulle compartecipazioni): 148,5 milioni di euro derivanti dagli arti. 28, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011; dall'art. 35, comma 4, del decreto-legge n. 1 del 2012; dall'art. 4, comma 11, del decreto-legge n. 16 del 2012; 101,7 milioni di euro derivanti dagli articoli 15, comma 22, del decreto-legge n. 95 del 2012, 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012; 1, comma 481, della legge n. 147 del 2013; 285,3 milioni di euro derivanti dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012. Ne viene un totale di 535,5 milioni di euro (tanto risulta dal decreto ministeriale MEF 10 ottobre 2018, che ha definito l'ammontare di tutti i contributi richiesti alla Regione per l'esercizio di bilancio appena passato). Secondo le indicazioni del comma impugnato, da questa somma: deve essere sottratto il contributo di finanza pubblica ex art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, pari a 285 milioni di Euro l'anno; dovrebbe essere aggiunta la quota spettante alla regione dei contributi di cui alle legge n. 208 del 2015 e 232 del 2016, pari a 219 milioni di Euro l'anno (questa cifra si evince dalla proposta formulata dalla PCM alla Regione Sardegna concernente i contributi ora menzionati, cfr. Nota della PCM - DAR prot. n. 1834 del 31 gennaio 2017). Al netto delle sole decisioni assunte dallo Stato, dunque, i contributi richiesti dalla disposizione qui impugnata sarebbero pari a 468,7 milioni di Euro. Si tratta di una cifra ben minore di quella imposta dalla Tabella 8, pari a 536 milioni di Euro, dunque con una differenza di circa 67,3 milioni di Euro. Si badi: tale calcolo e' formulato secondo il peggiore scenario immaginabile, nel contesto della presente controversia, per la Regione Sardegna. Il contributo di 219 milioni di Euro sopra ipotizzato, infatti, e' stato calcolato recependo acriticamente la proposta elaborata da parte dell'Amministrazione statale. Tale proposta, pero', in ossequio al principio di leale collaborazione, deve essere oggetto di franca contrattazione tra le parti, anche in ragione dei criteri guida per la determinazione del concorso alla finanza pubblica elencati nella predetta sentenza Corte costituzionale, n. 6 del 2019, sicche' potrebbe anche modificarsi in senso piu' favorevole per la regione. In altri termini: le somme che devono essere «scorporate» dal contributo sinora imposto alla regione sono certe, mentre quelle che devono essere «sommate» sono incerte. Nondimeno, anche a voler prendere per buona l'ipotesi di parte statale, gli spazi finanziari previsti dalla normativa censurata sarebbero certamente insufficienti. Ne consegue che, dato che il contributo complessivo qui in esame non puo' essere modificato, il legislatore statale ha aumentato l'imposizione complessiva a carico della finanza regionale e si e' sottratto all'esecuzione della sentenza Corte costituzionale, n. 77 del 2015, in quanto difettano gli spazi finanziari per poter «assorbire» la doverosa soppressione del contributo di finanza pubblica ex art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012. Ne consegue che anche il comma impugnato (come gia' l'art. 1, comma 875, della legge n. 145 del 2018): viola il principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost., nella misura in cui regola i rapporti finanziari tra Stato e Regione Sardegna in maniera palesemente contraddittoria con gli obiettivi prefissati dallo stesso legislatore statale; viola il principio del buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost. e il principio di leale collaborazione ex art. 117 Cost., atteso che mette i competenti organi e uffici statali e regionali nella condizione di dover raggiungere un accordo di finanza pubblica le cui basi legislative sono inconciliabili con le finalita' stabilite tanto dalla legge quanto dai principi costituzionali; viola l'art. 136 Cost., che regola gli effetti del «giudicato costituzionale» e impone al legislatore statale di «provvedere nelle forme costituzionali» a dare esecuzione alle sentenze dell'ecc.ma Corte, in quanto il legislatore statale si sottrae di bel nuovo all'onere di dare applicazione alla sentenza Corte costituzionale, n. 77 del 2015; viola gli articoli 7 e 8 dello Statuto sardo nonche' gli articoli 117 e 119 Cost., che tutelano l'autonomia economico-finanziaria regionale, qui illegittimamente compressa. 3.4. - A tal proposito, come gia' osservato nel ricorso avverso la legge n. 145 del 2018, deve essere richiamata la sentenza Corte costituzionale, n. 6 del 2019, che ha precisato le modalita' attraverso le quali sia lo Stato sia le regioni e le province autonome devono dare esecuzione alle pronunce di codesta ecc.ma Corte costituzionale. In particolare, ivi si e' ribadito «il principio, secondo cui gli oneri conseguenti alle pronunzie di incostituzionalita' adottate in subiecta materia possono essere traslati su esercizi successivi laddove quello in corso non consenta proficue rimodulazioni conformi all'art. 81 Cost. e agli altri precetti costituzionali di ordine finanziario (sentenze n. 188 del 2016 e n. 155 del 2015)». Nondimeno, «le diacroniche rimodulazioni derivanti dalle pronunzie di questa Corte non possono essere rinviate ad libitum, ma devono essere adottate tempestivamente e comunque entro la prima manovra di finanza pubblica utile, perche' altrimenti gli interessi costituzionalmente tutelati rimarrebbero nella sostanza privi di garanzia». Le «pronunzie adottate nella materia finanziaria», infatti, «ingenerano nei soggetti destinatari un obbligo a ottemperare che non contrasta con la naturale ampia discrezionalita' in sede legislativa nel determinare le politiche finanziarie, ma la circoscrive parzialmente entro il limite della doverosa conformazione alle statuizioni del giudice costituzionale». A tal proposito, «in presenza di un difetto di copertura di spese obbligatorie accertato in sede di giudizio costituzionale, e' stato statuito che la doverosita' dell'adozione di appropriate misure da parte della regione - pur rimanendo ferma la discrezionalita' della stessa nell'adozione della propria programmazione economico-finanziaria - viene a costituire un limite nella determinazione delle politiche di bilancio di futuri esercizi, circoscrivendone la portata attraverso il "rispetto del principio di priorita' dell'impiego delle risorse disponibili" (sentenza n. 266 del 2013) per coprire le spese derivanti dalle pronunce del giudice costituzionale (in tal senso anche sentenze n. 188 del 2016 e n. 250 del 2013)». In questo senso, «e' proprio il meccanismo della "priorita' di intervento finanziario" a connotare il principio dell'equilibrio dinamico come giusto contemperamento, nella materia finanziaria, tra i precetti dell'art. 81 Cost., la salvaguardia della discrezionalita' legislativa e l'effettivita' dei vincoli costituzionali». Alla luce delle indicazioni della sentenza Corte costituzionale, n. 6 del 2019, e' doveroso concludere nel senso che la mancata ottemperanza alla sentenza n. 77 del 2015 costituisce elemento sintomatico della violazione non solo dell'art. 136 Cost., ma anche dell'art. 81 Cost., atteso che l'illegittima imposizione di un contributo di finanza pubblica alle regioni e la mancata riassegnazione delle risorse per le ex funzioni provinciali equivalgono, in termini contabili, a un «difetto di copertura» nel bilancio dello Stato, che il legislatore statale dovrebbe sanare secondo il «principio di priorita'», ovverosia «entro la prima manovra di finanza pubblica utile». Anche tale vizio, ovviamente, e' censurabile in questa sede, in quanto - per le ragioni piu' volte illustrate - ridonda in compressione delle attribuzioni regionali in materia di coordinamento della finanza pubblica (art. 117, comma 3, Cost.), copertura delle funzioni pubbliche di competenza (art. 119 Cost.), speciale autonomia finanziaria della Sardegna (articoli 7 e 8 dello Statuto). 3.5. - Gli articoli 117, comma 3, e 119 Cost. e gli articoli 7 e 8 dello Statuto, ancora in riferimento al principio del rispetto del giudicato costituzionale e dell'equilibrio dinamico di bilancio, sono violati (con illegittima compressione dell'autonomia finanziaria regionale) anche per un altro profilo. La menzionata sentenza Corte costituzionale, n. 6 del 2019, ha affermato che il legislatore statale, nelle more della stipula dell'accordo di finanza pubblica, non puo' imporre all'odierna ricorrente oneri sostanzialmente «espropriativi» delle risorse finanziarie regionali. Al contrario, «fermo restando l'istituto dell'accordo come principale strumento attuativo del principio di leale collaborazione tra Stato e autonomia speciale nella materia finanziaria e - conseguentemente - impregiudicata la possibilita' che la trattativa tra Stato e Regione autonoma Sardegna possa riprendere con immediato esito costituzionalmente conforme, deve essere comunque assicurato per il triennio 2018-2020 un tempestivo, ragionevole e proporzionato contributo dello Stato che anticipi nel corso dell'esercizio 2019, gli effetti dell'accordo in itinere nel caso in cui quest'ultimo non venga stipulato con analoga tempestivita'». E' la stessa sentenza a illustrare in che modo deve essere definito questo «tempestivo, ragionevole e proporzionato contributo» che «anticipi» gli effetti positivi dell'accordo: «nella determinazione di tale concorso gli elementi da sottoporre a ragionevole e proporzionata ponderazione - al fine di concretizzare il principio di leale cooperazione tra Stato, ed enti territoriali, conciliando le istanze di politica economica generale con la struttura regionalista del nostro ordinamento - sono ricavabili direttamente dalla vigente legislazione e dalla giurisprudenza di questa Corte» e sono i seguenti: i) «andamento storico delle entrate e delle spese della regione, antecedente all'entrata in vigore della legge n. 42 del 2009»; ii) «dimensione della finanza regionale rispetto alla finanza pubblica complessiva»; iii) «funzioni esercitate e relativi oneri»; iv) «svantaggi strutturali permanenti», relativi in particolare a «costi dell'insularita'» e «reddito pro capite» rispetto alla media nazionale; v) valore medio dei contributi di finanza pubblica imposti al comparto delle autonomie; vi) costi di «finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali»; vii) principio dell'equilibrio dinamico di bilancio. Secondo quanto illustrato dai competenti uffici regionali, in applicazione delle «linee guida» dettate da codesta ecc.ma Corte, lo Stato avrebbe dovuto determinare in favore della Regione Sardegna un ulteriore contributo, tale da consentire alla Regione di recuperare uno svantaggio strutturale che si compone (quantomeno) delle seguenti voci: 660 milioni di Euro di costi aggiuntivi da trasporto marittimo; 432 milioni di Euro per assenza di rete di metanodotto; minori entrate in ragione di un PIL pro capite pari a poco piu' del 70% della media nazionale. Il legislatore, dunque, nel novellare il comma 875 della legge n. 145 del 2018 a seguito della pubblicazione della sentenza Corte costituzionale, n. 6 del 2019, avrebbe dovuto stanziare risorse adeguate al «ragionevole contributo» richiesto dall'ecc.ma Corte. Tanto non ha fatto, dimostrando di volersi sottrarre alle indicazioni della giurisprudenza costituzionale. Anche per questo profilo, dunque, risulta evidente che lo Stato ha regolato i rapporti finanziari con la Regione in maniera illegittima, irragionevole e contraria ai chiarissimi dicta di codesta ecc.ma Corte, in violazione degli articoli 117, comma 3, 119 e 136 Cost., nonche' degli articoli 7 e 8 dello Statuto. 3.6. - Nei precedenti paragrafi si sono esaminati gli effetti prodotti in via immediata dalla disposizione impugnata sull'autonomia economico-finanziaria della Regione ricorrente. Nel presente, invece, si devono sottolineare in particolare i profili procedimentali, connessi al principio di leale collaborazione. La disposizione impugnata e' violativa del principio di leale collaborazione sancito dagli articoli 5 e 117 Cost., gli articoli 7 e 8 dello Statuto regionale e l'art. 117, comma 3, Cost., per una pluralita' di profili. Il legislatore, in sede di conversione in legge del decreto-legge n. 34 del 2019, ha previsto che l'accordo di finanza pubblica tra le parti (in disparte il profilo della sua «utilita'», per le ragioni illustrate in precedenza) avrebbe dovuto essere stipulato entro il 15 luglio 2019. L'iter di conversione del decreto-legge si e' concluso con l'approvazione definitiva del Senato della Repubblica in data 27 giugno 2019 e con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale in data di sabato 29 giugno 2019. Cio' sta a significare che il legislatore statale ha assegnato alle parti 15 giorni (!) per la conclusione dell'accordo, un termine del tutto inadatto allo scopo, manifestamente irragionevole e tale da impedire ipso iure la conclusione dell'accordo, con conseguente violazione del principio di leale collaborazione. La fissazione di un termine che impedisce un leale confronto collaborativo tra le parti impedisce alla Sardegna di esercitare la propria autonomia economico-finanziaria garantita dagli articoli 7 e 8 dello Statuto, nonche' di esercitare la sua competenza in materia di «coordinamento della finanza pubblica» ex art. 117, comma 3, Cost. Alla lesione delle competenze statutarie e costituzionali si lega anche un concreto pregiudizio, atteso che, come ampiamente segnalato, in questo modo il legislatore ostacola la rinegoziazione anche pro futuro dei contributi gia' in essere e impedisce alla regione di ottenere il risultato della soppressione degli strumenti finanziari che sono finora sfuggiti allo scrutinio di codesta ecc.ma Corte ma che sono ascrivibili a figure non compatibili con le norme costituzionali, statutarie e di attuazione statutaria rilevanti in materia (riserve erariali, contributi e accantonamenti sine die e/o imposti in settori di spesa non co-finanziati, etc.). Tale effetto e' manifestamente illegittimo, atteso che, come gia' accennato, il principio di leale collaborazione «richiede un confronto autentico [...] sicche' su ciascuna delle parti coinvolte ricade un preciso dovere di collaborazione e di discussione, articolato nelle necessarie fasi dialogiche» (Corte cost., sentenza n. 154 del 2017 in termini anche le sentenze n. 19 e n. 82 del 2015). In termini generali, poi, nella giurisprudenza costituzionale e' fermo l'orientamento che l'adozione «di una condotta meramente passiva, che si traduca nell'assenza di ogni forma di collaborazione, si risolve in una inerzia idonea a creare un vero e proprio blocco procedimentale» costituisce un «indubbio pregiudizio per il principio di leale collaborazione e per il buon andamento dell'azione amministrativa» (sent. Corte costituzionale, n. 219 del 2013). Nel caso di specie, tale effetto e' determinato direttamente dalla disposizione impugnata, che impedisce un concreto confronto tra le parti, fornendo allo Stato una base normativa a «copertura» della «condotta di blocco» tenuta nel corso delle interlocuzioni con la regione (sull'illegittimita' delle «leggi di blocco» si veda Corte costituzionale, sentenza n. 198 del 2004). 4. - Violazione degli articoli 7 e 8 della legge cost. n. 3 del 1948, recante Statuto speciale per la Sardegna; violazione degli articoli 117 e 119 Cost. in riferimento all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001; violazione del principio di leale collaborazione ex art. 117 Cost. e dell'art. 136 Cost., in riferimento agli articoli 7 e 8 della legge cost. n. 3 del 1948, recante Statuto speciale per la Sardegna, nonche' agli articoli 117 e 119 Cost. e all'art. 10 della legge cost., n. 3 del 2001. Nel precedente motivo di ricorso si e' gia' osservato che la disposizione censurata e' violativa del principio di leale collaborazione per diversi profili: i) vincola i termini dell'intesa che puo' essere raggiunta tra le parti, cosi' sostanzialmente sopprimendo l'autonomia della regione; ii) assegna alle parti un termine inidoneo a far concludere un accordo che non sia un mero recepimento delle condizioni dettate dal legislatore. Si deve ora esaminare un ulteriore e ancor piu' radicale profilo di violazione del principio cooperativo. 4.1. - Come si e' gia' osservato, la fissazione del termine di conclusione dell'accordo opera a solo vantaggio dello Stato. Una volta decorso tale termine, infatti, lo Stato ha titolo per operare gli accantonamenti nei confronti delle quote di compartecipazione alle entrate erariali. La stessa ultima parte del secondo periodo del vigente comma 875, che fa «salva» la «diversa intesa con ciascuno dei predetti enti entro l'esercizio finanziario di riferimento» non incide su tale profilo e non inficia la potesta' dello Stato di incamerare le somme oggetto del contributo imposto alla ricorrente, proprio perche' il suo intervento autoritativo puo' essere scongiurato solo da un'intesa, che lo Stato non ha alcun interesse a raggiungere. La mera decorrenza del termine, dunque, determina un risultato equivalente a quella di un provvedimento amministrativo statale che «supera» il dissenso della regione, in quanto cristallizza le determinazioni autoritative dello Stato. Ove tale inerzia perduri sino alla fine dell'anno, poi, l'assetto delle regolazioni economico-finanziarie per l'esercizio di bilancio appena passato diventa intangibile anche di diritto (la clausola di salvaguardia delle intese intervenute, infatti, prevede ch'esse debbano essere stipulate «entro l'esercizio finanziario di riferimento»). 4.2. - Se cosi' e', come e', allora la disposizione in esame deve essere valutata alla luce della nota giurisprudenza costituzionale in materia di superamento del dissenso nei procedimenti in cui si prevede l'intesa tra le parti. Si tratta di approdi consolidati che possono essere facilmente richiamati: «i rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie speciali sono [...] regolati dal principio dell'accordo, inteso come vincolo di metodo (e non gia' di risultato) e declinato nella forma della leale collaborazione (sentenze n. 88 del 2014, n. 193 e n. 118 del 2012)» (sent. n. 103 del 2018); il ricorso a meccanismi unilaterali di superamento delle divergenze e' legittimo solo quale extrema ratio, impiegabile solo qualora le parti non siano addivenute all'accordo all'esito di leali, effettive e reiterate trattative; «la previsione dell'intesa, imposta dal principio di leale collaborazione, implica che non sia legittima una norma contenente una "drastica previsione" della decisivita' della volonta' di una sola parte, in caso di dissenso, ma che siano necessarie "idonee procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze" (ex plurimis, sentenze n. 121 del 2010, n. 24 del 2007, n. 339 del 2005)» (Corte cost., sentenza n. 165 del 2011); la legge statale deve orientare la condotta cooperativa delle parti e non - ovviamente - una decisione unilaterale del Governo nazionale, tanto che e' necessario che sia individuata anche la sede «idonea» per il tentativo di intesa fra Stato e regione, perche' non puo' considerarsi come adeguato surrogato dell'intesa l'invito a partecipare alla riunione del Consiglio dei ministri, occorrendo invece che il confronto fra lo Stato e le regioni avvenga in una sede istituzionale in cui «le parti siano poste su un piano di parita'» (Corte cost., sentenza n. 165 del 2011); per converso, e' necessario che lo schema normativo impegni «le parti secondo il modulo della leale collaborazione nella conduzione delle trattative, esigendo un motivato confronto sulle ragioni del reciproco dissenso, e, alla luce di questo, una progressiva contrazione della distanza che le separa», ovverosia preveda «L'obbligo di formulare specifiche proposte di mediazione corrisponde all'obbligo dell'altra parte di prenderle in considerazione e di indicare le ragioni che ostano a un loro accoglimento» (Corte cost., sentenza n. 142 del 2016); in questo senso, infatti, «nella progressione delle trattative la leale collaborazione, precludendo un ostinato rifiuto di soluzioni di compromesso, e' diretta a definire il contenuto della decisione in termini maggiormente condivisi», tanto che allo stesso «risultato [...] in qualche misura dovrebbe pervenirsi anche nell'ipotesi ultima che l'intesa non sia raggiunta e lo Stato debba percio' assumere la determinazione finale, che puo' pero' basarsi sugli eventuali punti di contatto emersi nel corso delle trattative e sui quali un parziale consenso puo' reputarsi conseguito» (Corte cost., sentenza n. 142 del 2016). 4.3. - Tutto cio' considerato, il modello di confronto tra Stato e regione disegnato dalla disposizione impugnata e' illegittimo, in quanto: consente il «superamento del dissenso» in favore dello Stato attraverso la mera inerzia dell'Amministrazione statale; non impone che lo Stato, prima di assumere una determinazione unilaterale, si impegni effettivamente in reiterate trattative, migliorative della proposta inizialmente formulata nei confronti della regione; addossa ex lege alla regione, pur se incolpevole, le gravi conseguenze del fallimento delle trattative e, contestualmente, riconosce allo Stato tutti i vantaggi per il mancato conseguimento dell'intesa; non impone allo Stato di rimediare al mancato conseguimento dell'intesa attraverso una determinazione che, per quanto unilaterale, tenga in conto le posizioni espresse dalla regione. In altri termini, un automatismo che si attiva per il solo decorrere del tempo facendo impone alla regione gravissimi oneri finanziari non equivale affatto a un provvedimento espresso, che - gia' secondo gli ordinari principi del diritto pubblico, oltre che secondo le chiare indicazioni della giurisprudenza costituzionale - dovrebbe essere adeguatamente istruito e motivato (istruttoria e motivazione che, com'e' noto, sono presidio di legalita' e garanzia della parte che e' soggetta all'esercizio di un potere autoritativo dello Stato). 4.4. - La norma censurata prevede il primo e non il secondo e per questo viola frontalmente il principio di leale collaborazione. La violazione del principio di leale collaborazione, alla luce di quanto gia' osservato nel precedente motivo, determina anche la violazione dell'autonomia economico-finanziaria della regione, protetta e garantita dagli articoli 7 e 8 dello Statuto e 117 e 119 Cost. in riferimento all'art. 10 della legge cost., n. 3 del 2001, parametri conseguentemente violati dalla disposizione in esame.
P.Q.M. La Regione autonoma della Sardegna, come in epigrafe rappresentata e difesa, chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia: accogliere il presente ricorso; per l'effetto, dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 33-ter, comma 5, lettere a) e c), del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 aprile 2019, n. 100, convertito in legge dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 29 giugno 2019, n. 151, S.O. Si deposita copia conforme all'originale dell'atto della Giunta regionale della Regione autonoma della Sardegna recante deliberazione dell'impugnazione e conferimento dell'incarico defensionale. Roma-Cagliari, 5 agosto 2019 Avv. Camba - Avv. prof. Luciani