N. 87 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 8 agosto 2019

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria l'8 agosto 2019 (della Regione autonoma della Sardegna). 
 
Bilancio  e  contabilita'  pubblica  -  Misure  urgenti  di  crescita
  economica - Disposizioni in materia di Regioni a statuto speciale -
  Concorso  delle  Regioni  Friuli-Venezia  Giulia  e   Sardegna   al
  raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica  -  Differimento
  al 15 luglio 2019 del  termine  ultimo  per  la  ridefinizione  dei
  rapporti finanziari con lo Stato mediante la conclusione di accordi
  bilaterali, garantendo, in ogni caso, complessivamente il  concorso
  complessivo alla finanza pubblica previsto - Determinazione in  via
  provvisoria negli importi indicati, in caso di mancata  conclusione
  degli accordi entro il termine previsto, del contributo complessivo
  alla finanza pubblica per gli anni dal 2019 al 2021  -  Previsione,
  per  la  Regione  Sardegna,  del  termine  per  il  versamento  del
  contributo  e,  in  mancanza  di  versamento  entro   il   termine,
  autorizzazione  del  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  a
  recuperare gli importi a valere sulle quote di compartecipazione ai
  tributi erariali. 
- Decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34  (Misure  urgenti  di  crescita
  economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di  crisi),
  convertito, con modificazioni, nella legge 28 giugno 2019,  n.  58,
  art. 33-ter, comma 5, lettere a) e c). 
(GU n.39 del 25-9-2019 )
    Ricorso della Regione autonoma  della  Sardegna  (codice  fiscale
80002870923) con sede legale in 09123 Cagliari (CA), Viale Trento, n.
69, in persona del Presidente pro tempore Christian  Solinas,  giusta
delibera di Giunta regionale n. 29/1, del 31 luglio 2019 ed in  forza
di procura speciale a  margine  del  presente  atto  rappresentata  e
difesa  dagli  avv.ti   prof.   Massimo   Luciani   (codice   fiscale
LCNMSM52L23H501G; fax:  06.90236029,  posta  elettronica  certificata
massimoluciani@ordineavvocatiroma.org) ed  Alessandra  Camba  (codice
fiscale  CMBLSN57D49B354X;   fax   070.6062418,   posta   elettronica
certificata    acamba@pec.regione.sardegna.it)    ed    elettivamente
domiciliata presso lo studio del primo  in  00153  Roma,  Lungotevere
Raffaello Sanzio, n. 9; 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in  persona  del
Presidente  del  Consiglio  pro  tempore,  rappresentato   e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la  cui  sede  in  00186
Roma, Via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliato ex lege; 
    Per la dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale dell'art.
33-ter, comma 5, lettere a) e c), del decreto-legge 30  aprile  2019,
n. 34, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 aprile  2019,  n.  100,
convertito in legge dalla legge 28 giugno  2019,  n.  58,  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale 29 giugno 2019, n. 151, S.O. 
 
                                Fatto 
 
    1. - Oggetto del presente giudizio e' l'art. 33-ter, comma 5, del
decreto-legge n. 34 del 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  30
aprile 2019, n. 100, introdotto in sede di conversione in legge dalla
legge 28 giugno 2019, n. 58, pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  29
giugno 2019, n. 151, S.O., che ha  novellato  l'art.  1,  comma  875,
della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio per  il  2019).  Detta
disposizione ha regolato i rapporti economico-finanziari tra lo Stato
e  le  Regioni  autonome  Sardegna  e  Friuli-Venezia   Giulia,   con
particolare riferimento al contributo  di  finanza  pubblica  imposto
alle due Autonomie speciali. 
    Nella sua  formulazione  originaria,  tale  previsione  disponeva
quanto segue: «Al fine di assicurare  il  necessario  concorso  delle
Regioni Friuli-Venezia Giulia  e  Sardegna  al  raggiungimento  degli
obiettivi  di  finanza  pubblica,  entro  il  31  gennaio  2019  sono
ridefiniti i complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e  ciascuno
dei predetti  enti,  mediante  la  conclusione  di  appositi  accordi
bilaterali, che  tengano  conto  anche  delle  sentenze  della  Corte
costituzionale n. 77 del 13 maggio 2015, n. 154 del 4 luglio  2017  e
n. 103 del 23 maggio 2018  e  che  garantiscano,  in  ogni  caso,  il
concorso complessivo alla finanza pubblica di cui al secondo periodo.
In caso  di  mancata  conclusione  degli  accordi  entro  il  termine
previsto dal primo periodo, in applicazione dei principi fondamentali
di coordinamento della finanza pubblica previsti dagli articoli  117,
terzo comma, e 119, primo comma, della  Costituzione,  il  contributo
complessivo alla finanza pubblica per gli anni dal 2019  al  2021  e'
determinato in via provvisoria negli importi indicati nella tabella 8
allegata alla presente legge, quale concorso al pagamento degli oneri
del debito pubblico, salva diversa intesa con ciascuno  dei  predetti
enti entro l'esercizio finanziario di riferimento. Gli importi  della
predetta  tabella  8  possono  essere  modificati,  a  invarianza  di
concorso  complessivo  alla  finanza   pubblica,   mediante   accordi
stipulati tra le regioni interessate entro il 30  aprile  di  ciascun
anno, da comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze  entro
il 31 maggio del medesimo anno. L'importo del concorso  previsto  dai
periodi precedenti e' versato al bilancio  dello  Stato  da  ciascuna
autonomia speciale entro il 30 giugno di ciascun anno; in mancanza di
tale versamento,  il  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  e'
autorizzato  a  recuperare  gli  importi  a  valere  sulle  quote  di
compartecipazione ai tributi erariali. Per la Regione  Friuli-Venezia
Giulia resta ferma la disposizione dell'art. 1,  comma  151,  lettera
a), della legge 13 dicembre 2010, n. 220». 
    Gia' con l'art. 11-bis, comma 10, lettera c),  del  decreto-legge
n.  135  del  2018,  convertito  in  legge  n.  12  del  2019   detta
disposizione veniva modificata, con  la  proroga  al  15  marzo  2019
dell'originario termine  di  conclusione  degli  accordi  di  finanza
pubblica, originariamente fissato al 31 gennaio 2019. 
    Da ultimo,  il  comma  5  dell'art.  33-ter,  qui  censurato,  ha
previsto che «All'art. 1, comma 875, della legge 30 dicembre 2018, n.
145, sono apportate le seguenti modificazioni: 
        a) le parole: "15 marzo 2019" sono sostituite dalle seguenti:
"15 luglio 2019"; 
        b) il terzo e il quinto periodo sono soppressi; 
        c) il quarto periodo e'  sostituito  dal  seguente:  "Per  la
regione  Sardegna,  l'importo  del  concorso  previsto  dai   periodi
precedenti e' versato al bilancio dello Stato entro il 10 agosto 2019
per l'anno 2019 ed entro il 30 aprile di ciascun anno  per  gli  anni
successivi; in mancanza di tale versamento entro il predetto termine,
il  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  e'   autorizzato   a
recuperare gli importi a valere sulle quote di  compartecipazione  ai
tributi erariali"». 
    La formulazione vigente del comma 875, dunque,  e'  la  seguente:
«Al  fine  di  assicurare  il  necessario  concorso   delle   Regioni
Friuli-Venezia Giulia e Sardegna al raggiungimento degli obiettivi di
finanza  pubblica,  entro  il  15  luglio  2019  sono  ridefiniti   i
complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e ciascuno dei  predetti
enti, mediante la conclusione di  appositi  accordi  bilaterali,  che
tengano conto anche delle sentenze della Corte costituzionale  n.  77
del 13 maggio 2015, n. 154 del 4 luglio 2017 e n. 103 del  23  maggio
2018 e che garantiscano, in ogni caso, il concorso  complessivo  alla
finanza pubblica di cui  al  secondo  periodo.  In  caso  di  mancata
conclusione  degli  accordi  entro  il  termine  previsto  dal  primo
periodo, in applicazione dei principi fondamentali  di  coordinamento
della finanza pubblica previsti dagli articoli 117,  terzo  comma,  e
119, primo comma, della Costituzione, il contributo complessivo  alla
finanza pubblica per gli anni dal 2019 al 2021 e' determinato in  via
provvisoria negli importi indicati  nella  tabella  8  allegata  alla
presente legge, quale concorso al pagamento degli  oneri  del  debito
pubblico, salva diversa intesa con ciascuno dei predetti  enti  entro
l'esercizio finanziario di  riferimento.  Per  la  Regione  Sardegna,
l'importo del concorso previsto dai periodi precedenti e' versato  al
bilancio dello Stato entro il 10 agosto 2019 per l'anno 2019 ed entro
il 30 aprile di ciascun anno per gli anni successivi; in mancanza  di
tale versamento entro il predetto termine, il Ministero dell'economia
e delle finanze e' autorizzato a  recuperare  gli  importi  a  valere
sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali». 
    Da ultimo, si deve dare conto del contenuto della tabella 8,  che
e' il seguente (e che non  e'  stato  novellato  dopo  l'approvazione
della legge n. 145 del 2018: 
in milioni di euro 
 
=====================================================================
|                             |     2019    |    2020    |   2021   |
+=============================+=============+============+==========+
|Friuli-Venezia Giulia        | 716         | 836        |836       |
+-----------------------------+-------------+------------+----------+
|Sardegna                     | 536         | 536        |536       |
+-----------------------------+-------------+------------+----------+
|Totale                       | 1.252       | 1.372      |1.372     |
+-----------------------------+-------------+------------+----------+
 
    2. - Il comma 875 dell'art. 1 della legge n. 145 del 2018  (nella
formulazione gia' modificata dall'art. 11-bis, comma 10, lettera  c),
del decreto-legge 14  dicembre  2018,  n.  135)  e'  stato  impugnato
dall'odierna ricorrente con ricorso pendente al reg. ric. n.  32  del
2019.  In  particolare,  la  Sardegna  ha   censurato   detto   comma
limitatamente alle parole da «e che garantiscano, in ogni caso»  alla
fine del comma, in una con l'allegata Tabella 8. 
    2.1. - Nel ricorso  e'  stato  osservato  che  il  comma  875  ha
reiterato il contenuto di analoghe previsioni dettate  da  precedenti
leggi di bilancio, in quanto ha contemplato la  possibilita'  per  lo
Stato e la Regione Sardegna di stipulare un «accordo bilaterale»  che
definisca il concorso regionale alla finanza  pubblica.  Tuttavia  ha
stabilito che, ove il termine indicato per legge fosse decorso  senza
che le parti avessero concluso l'accordo  (e  di  chiunque  fosse  la
responsabilita' della mancata convergenza di volonta'),  il  concorso
regionale alla finanza pubblica sarebbe stato determinato nella cifra
indicata dalla Tabella 8, allegata alla legge di bilancio.  Le  parti
avrebbero  potuto  modificare  tale  importo,  ma  a  condizione  che
rimanesse invariato il «concorso complessivo» delle due regioni  alla
finanza pubblica. Infine, si prevedeva (e tuttora si prevede) che  la
Regione versi allo Stato il contributo di finanza pubblica  entro  il
30 giugno e che, in difetto, lo Stato possa operare attraverso i c.d.
«accantonamenti», ovverosia trattenendo le somme dovute a  titolo  di
compartecipazione ai tributi erariali. 
    2.2. - Nel ricorso si osservava che la regolazione  dei  rapporti
finanziari dello Stato  con  le  Regioni  Sardegna  e  Friuli-Venezia
Giulia rappresentava un unicum nella legge di bilancio, atteso che la
legge di bilancio prevedeva specifiche provvidenze e misure a  favore
di altre Regioni autonome e, in particolare, della  Valle  d'Aosta  e
della Sicilia,  con  le  quali  erano  stati  recentemente  stipulati
specifici accordi di finanza  pubblica  (appena  piu'  risalente,  ma
tuttora valido tra le parti, era l'accordo di finanza pubblica con le
Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano  e  la  Regione   autonoma
Trentino-Alto Adige). 
    Come dimostra proprio l'art. 33-ter qui  gravato,  la  condizione
della Regione Sardegna e', oggi, diventata  addirittura  «singolare»,
atteso che anche la Regione Friuli-Venezia  Giulia  ha  stipulato  un
accordo di finanza pubblica con lo Stato, i cui termini e  condizioni
generali sono riportati nei commi da 1 a 4 dell'art. 33-ter. 
    L'art. 33-ter, comma 5, lettere a) e  c),  del  decreto-legge  30
aprile 2019, n. 34, pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  30  aprile
2019, n. 100, convertito in legge dalla legge 28 giugno 2019, n.  58,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 29 giugno 2019, n. 151, S.O.,  e'
illegittimo e gravemente  lesivo  delle  attribuzioni  costituzionali
della ricorrente, che ne chiede la declaratoria d'incostituzionalita'
per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
1. - I rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione ricorrente. 
    La disposizione censurata si inserisce  nella  complessa  vicenda
dei rapporti finanziari fra lo Stato  e  la  Regione  Sardegna,  piu'
volte scrutinata da  codesta  ecc.ma  Corte  e  nota  come  «vertenza
entrate», che ha visto le attribuzioni  costituzionali  e  statutarie
regionali vulnerate a piu'  riprese  e  per  differenti  profili  dal
legislatore statale. Tale vicenda e' stata  integralmente  ripercorsa
nel ricorso proposto avverso l'art. 1, comma 875, della legge n.  145
del 2018. Tale sintesi si  deve  qui  riproporre  integralmente,  con
doppia bordatura a margine  e  come  parte  integrante  del  presente
ricorso, anche al fine di illustrare all'ecc.ma Corte i piu'  recenti
sviluppi dei rapporti tra lo Stato e la Regione (che - si anticipa  -
possono  riassumersi  nelle  reiterate,  definite  e   circostanziate
proposte  regionali  di  accordo,   articolate   sulla   base   delle
indicazioni  della  giurisprudenza  costituzionale,  e   nell'inerzia
dell'Amministrazione statale). 
    1.1. - Nel corso dell'estate del 2005, come risulta dal carteggio
tra la Ragioneria generale dello Stato e  la  Regione,  il  Ministero
dell'economia e delle finanze prendeva atto della necessita'  di  una
revisione   dell'ordinamento   finanziario   regionale   disciplinato
dall'art. 8 dello Statuto di autonomia, al fine di rendere attuale lo
strumento  di  garanzia  dell'autonomia  economico-finanziaria  della
Regione, diventato obsoleto a seguito delle riforme della  fiscalita'
che  avevano  reso  parzialmente   inoperativo   il   meccanismo   di
compartecipazione alle entrate erariali vigente illo tempore. 
    Proprio in considerazione della palese insufficienza  del  quadro
finanziario delle entrate regionali, riconosciuta espressamente dalla
Ragioneria generale dello Stato, con l'art. 1, comma 834, della legge
n. 296 del 2006 il Parlamento modificava l'art. 8  dello  Statuto  di
autonomia,  aumentando  i  canali  di  compartecipazione  fissa  alle
entrate. 
    Contestualmente, lo Stato devolveva  alla  Regione  ulteriori  25
milioni  di  Euro  (comma  835),  ma  le  imponeva  il  finanziamento
integrale del sistema sanitario nazionale sul territorio sardo «senza
alcun apporto a carico  del  bilancio  dello  Stato»  (comma  836)  e
trasferiva all'Ente anche «le funzioni relative al trasporto pubblico
locale (Ferrovie Sardegna e Ferrovie Meridionali Sarde) e le funzioni
relative alla continuita' territoriale» (comma 837). 
    Il comma 838 fissava un «tetto» progressivo agli oneri aggiuntivi
a carico del bilancio dello Stato per l'attuazione del nuovo  art.  8
dello Statuto per le annualita' 2007 (344 milioni di Euro), 2008 (371
milioni di Euro) e 2009 (482 milioni di Euro), specificando  che  «la
nuova compartecipazione della regione Sardegna  al  gettito  erariale
entra a regime dall'anno 2010». 
    1.2. - Successivamente all'entrata in vigore del riformato art. 8
dello Statuto, sorgeva una vasta controversia tra  la  Regione  e  lo
Stato, concernente l'esecuzione dello stesso art. 8. 
    In buona sostanza, il contenzioso, in sintesi,  ha  riguardato  i
seguenti profili: 
        a) l'inerzia e/o il rifiuto dello Stato di dare esecuzione al
riformato art. 8 attraverso la stipula di un  accordo  relativo  alla
capacita' di spesa regionale nel contesto del  «Patto  di  stabilita'
interno/territoriale».  A  questo  proposito  l'ecc.ma   Corte   (pur
dichiarando inammissibile un conflitto proposto dalla Regione avverso
la Nota ministeriale che negava l'accordo  sul  patto  di  stabilita'
ampliando la capacita' di spesa della Regione)  ha  accolto  le  tesi
della Regione, affermando che la riforma dell'art.  8  dello  Statuto
non puo' che riverberarsi immediatamente sull'equilibrio del bilancio
regionale, tanto sul lato delle entrate, quanto su quello della spesa
(cfr. sentenza Corte costituzionale, n. 118 del 2012); 
        b)  l'inerzia  e/o  il  rifiuto  dello  Stato  di   liquidare
concretamente alla Regione le maggiori somme derivanti dal  rinnovato
regime  di  compartecipazione,  se  non  previa  adozione  di   norme
d'attuazione  statutaria.   Per   questo   profilo   l'ecc.ma   Corte
costituzionale, pur nel dichiarare inammissibile un conflitto avverso
l'inerzia serbata dallo Stato nel liquidare  integralmente  tutte  le
somme dovute, ha rivolto a quest'ultimo un severo monito affinche' si
attivasse con particolare sollecitudine per dare piena esecuzione  al
novellato art. 8 (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 95 del 2013); 
        c) la possibilita' per la Regione di indicare come  attivita'
di bilancio in conto competenza le  maggiori  entrate  derivanti  dal
riformato art. 8. A  tal  proposito,  l'ecc.ma  Corte  ha  dichiarato
inammissibile  il  ricorso   proposto   dallo   Stato   avverso   una
disposizione di  legge  regionale  che  consentiva  alla  Regione  di
indicare  in  bilancio  quelle  somme  (cfr.  Corte   costituzionale,
sentenza n. 99 del 2012); 
        d) l'inclusione di alcune  specifiche  tipologie  di  entrate
nella clausola residuale di cui alla riformata lettera m) dell'art. 8
(che assegna alla  Regione  i  «sette  decimi  di  tutte  le  entrate
erariali, dirette o indirette, comunque denominate, ad  eccezione  di
quelle di spettanza di altri enti pubblici»; su questo profilo,  come
si  dira'  di  seguito,  sono  intervenute  le   norme   d'attuazione
statutaria,  a  seguito  di   accordo   in   sede   di   «commissione
paritetica»); 
        e)  l'imposizione,  da  parte  del  legislatore  statale,  di
contributi di finanza pubblica in capo alla Regione Sardegna, in  via
unilaterale nonche' nelle more dell'effettiva entrata  a  regime  del
nuovo sistema di compartecipazione. A tal  proposito  l'ecc.ma  Corte
costituzionale  ha  affermato  che,  nei  confronti  delle  autonomie
speciali,  oneri  nelle  forme  di  generali  contributi  di  finanza
pubblica possono essere imposti esclusivamente attraverso  il  metodo
pattizio, che deve essere sempre  osservato.  Inoltre,  la  Corte  ha
stabilito   che,   nell'esercizio   della   competenza    legislativa
concorrente in materia di «coordinamento della finanza pubblica»,  lo
Stato puo' disporre unilateralmente obblighi di finanza pubblica solo
se sono rispettati i seguenti limiti: 
          i vincoli di spesa devono avere ad oggetto non la  generale
autonomia finanziaria regionale,  bensi'  un  ben  specifico  settore
delle funzioni pubbliche regionali, nel quale si  intende  conseguire
risparmi di spesa partitamente indicati (Corte cost., sentenza n. 154
del 2017); 
          non sono  imponibili  limiti  di  finanza  pubblica  per  i
settori di attivita' alla quale lo Stato non concorre almeno in parte
(Corte cost., sentenze n. 341 del 2009 e n. 133 del 2010); 
          il   vincolo   deve   comunque    consentire    l'esercizio
dell'autonomia regionale  nell'allocazione  delle  risorse,  pur  nel
rispetto del generale obiettivo di risparmio (Corte  cost.,  sentenza
n. 82 del 2007); 
          il vincolo deve essere temporalmente limitato (Corte cost.,
sentenza n. 199 del 2012); 
          non sono consentite proroghe dei vincoli e l'estensione dei
contributi di finanza pubblica puo' intervenire solo  attraverso  una
nuova e integrale valutazione dei rapporti finanziari tra lo Stato  e
la Regione relativi al settore specifico per il quale  rileva  (Corte
cost., sentenza n. 154 del 2017); 
          lo Stato puo'  anticipare  gli  effetti  positivi  di  tali
contributi di finanza pubblica attraverso i c.d. «accantonamenti», ma
tali  somme  devono  comunque   considerarsi   nella   disponibilita'
contabile delle regioni  e  gli  stessi  accantonamenti  non  possono
protrarsi per un periodo di tempo  eccessivo  e  irragionevole  (cfr.
Corte costituzionale, sentenza n. 77 del 2015); 
          deve sempre essere consentita alle parti la possibilita' di
intraprendere la via pattizia per  regolare,  anche  a  esercizio  di
bilancio inoltrato, i rapporti  di  finanza  pubblica  tra  le  parti
(Corte cost., sentenza n. 19 del 2015); 
          non sono consentite, se non negli  esatti  limiti  indicati
dallo  Statuto  e  dalle  norme  di  attuazione  statutaria,  riserve
erariali,  ovverosia  prelievi  diretti  a   valere   sulle   risorse
compartecipate (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 241 del 2012); 
          gli accordi di finanza pubblica  devono  essere  rispettati
(Corte cost., sentenza n. 154 del 2017). 
    1.3. - Dopo le numerose e significative sollecitazioni di codesta
ecc.ma Corte, il Ministero dell'economia e delle finanze e la Regione
Sardegna hanno stipulato in  data  21  luglio  2014  un  «accordo  in
materia di finanza pubblica», con il quale si regolavano  i  seguenti
elementi del rapporto economico-finanziario tra Stato e Regione: 
        i) fissazione del livello  massimo  di  spesa  regionale  per
l'anno 2013 (art. 1, comma 1); 
        ii) certificazione  del  rispetto  del  patto  di  stabilita'
regionale per l'anno 2013 (art. 1, comma 2); 
        iii)  determinazione  dell'obiettivo  programmatico  per   la
finanza regionale per l'anno 2014 (art. 2); 
        iv) determinazione del vincolo di bilancio per la Regione  ai
sensi dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012  e  corrispondente  non
applicabilita', per la Sardegna, delle non  compatibili  disposizioni
di legge in materia di patto di stabilita' (art. 3); 
        v) determinazione del  sistema  di  controllo  sulla  finanza
regionale (monitoraggio, certificazione e relative sanzioni (art. 4); 
        vi) composizione stragiudiziale del contenzioso in materia di
finanza pubblica o, in caso di definizione  giudiziaria,  limitazione
degli effetti positivi a favore della Regione per un  triennio  (art.
5); 
        vii) recepimento, da parte della Regione, delle  disposizioni
in materia di armonizzazione dei sistemi contabili (art. 6). 
    Alcune clausole dell'accordo  sono  state  recepite  dallo  Stato
tramite  la  loro  trasposizione  nell'art.  42,  commi   9-12,   del
decreto-legge n. 133 del 2014. Ivi si dispone quanto segue: 
        «9. Al fine di  assicurare  il  concorso  agli  obiettivi  di
finanza  pubblica,  in  applicazione  della   normativa   vigente   e
dell'Accordo  sottoscritto  il  21  luglio  2014  fra   il   Ministro
dell'economia  e  delle  finanze  ed  il  Presidente  della   regione
Sardegna, l'obiettivo di atto di  stabilita'  interno  della  regione
Sardegna, di cui al comma 454 dell'art. 1  della  legge  24  dicembre
2012, n. 228, e' determinato in 2.696  milioni  di  euro  per  l'anno
2014. Dall'obiettivo 2014 sono escluse le sole spese  previste  dalla
normativa statale vigente e le spese  per  i  servizi  ferroviari  di
interesse regionale e locale erogati da Trenitalia s.p.a. 
    10. A decorrere dall'anno 2015 la regione  Sardegna  consegue  il
pareggio di bilancio come definito dall'art. 9 della legge n. 243 del
2012. A decorrere dal 2015 alla regione Sardegna non si applicano  il
limite di spesa di cui al  comma  454  dell'art.  1  della  legge  24
dicembre 2012, n. 228 e  le  disposizioni  in  materia  di  patto  di
stabilita' interno in contrasto con il pareggio di bilancio di cui al
primo  periodo.  Restano  ferme  le  disposizioni   in   materia   di
monitoraggio, certificazione e sanzioni previsti dai commi 460, 461 e
462 dell'art. 1 della citata legge 24 dicembre 2012, n. 228. 
    11. Non si applica alla regione Sardegna  quanto  disposto  dagli
ultimi due periodi del comma 454 dell'art. 1 della legge 24  dicembre
2012, n. 228. 
    12. La  regione  Sardegna  nel  2014  non  puo'  impegnare  spese
correnti, al netto delle spese per la sanita',  in  misura  superiore
all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati  nel
triennio 2011-2013. Nell'ambito della certificazione di cui al  comma
461 dell'art. 1 della legge 24 dicembre  2012,  n.  228,  la  regione
comunica al Ministero dell'economia e delle finanze il  rispetto  del
predetto limite». 
    Successivamente, nel dicembre del 2015, lo  Stato  e  la  Regione
sono addivenuti a una seconda intesa, recante «accordo [...]  per  il
coordinamento della finanza pubblica nell'ambito del procedimento  di
attuazione dell'art. 8 della legge costituzionale 26  febbraio  1948,
n. 3». Con tale intesa lo Stato e la Regione hanno  eliminato  alcuni
residui  elementi  d'incertezza   concernenti   il   catalogo   delle
compartecipazioni erariali  di  cui  all'art.  8  dello  Statuto  (in
particolare per quanto concerne le  entrate  derivanti  da  giochi  e
scommesse e la compensazione per  la  perdita  di  gettito  derivante
dalla soppressione della tassa sulle concessioni governative  per  le
patenti di guida; cfr. articoli 1 e 2 dell'intesa) e hanno  convenuto
che «il saldo del maggior gettito spettante alla Regione per gli anni
dal 2010 al 2015 in conseguenza dell'adozione del decreto legislativo
di attuazione dell'art. 8 della legge cost. 26 febbraio 1948,  n.  3,
rispetto all'importo gia' attribuito, e' erogato alla medesima  in  4
annualita' costanti a decorrere dall'anno 2016» (art. 3). 
    Contestualmente, la «commissione paritetica» ai  sensi  dell'art.
56 dello Statuto regionale ha licenziato  il  testo  delle  norme  di
attuazione del novellato art. 8 dello Statuto speciale, recepito  dal
decreto legislativo  n.  114  del  2016,  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale 27 giugno 2016, n. 148. 
    1.4. - Nelle more della stipula dell'accordo, pero',  la  Regione
Sardegna e' stata sottoposta a contributi di finanza pubblica  sempre
crescenti, alcuni dei quali imposti non  in  via  temporanea,  bensi'
senza limiti di tempo. 
    In  particolare,  non  prevedono  limiti  di  tempo  i   seguenti
accantonamenti: 
        l'art. 15, comma 22, del decreto-legge n. 95 del 2012, l'art.
1, comma 132, della legge n. 228 del 2012 e l'art. 1, comma 481 della
legge n. 147 del 2013 hanno  determinato  per  il  periodo  2012-2017
contributi di finanza pubblica pari a complessivi € 475.998.000; 
        l'art. 16, comma 3, del  decreto-legge  n.  95  del  2012  ha
determinato per il periodo 2012-2017 contributi di  finanza  pubblica
pari a complessivi € 1.428.404.000; 
        l'art. 28, comma 3, del decreto-legge  n.  201  del  2011  ha
determinato per il periodo 2012-2017 contributi di  finanza  pubblica
pari a complessivi € 903.303.000. 
    Sono invece temporanei (con scadenza nell'anno 2018 compreso),  i
seguenti accantonamenti: 
        l'art. 1, comma 526, della legge n. 147 del 2013  ha  imposto
contributi di finanza pubblica pari a complessivi €  229.604.000  per
il periodo 2014-2017; 
        l'art. 1, comma 400, della legge n. 190 del 2014  ha  imposto
contributi di finanza pubblica pari a complessivi €  291.000.000  per
il periodo 2015-2017. 
    1.5. -  Nonostante  l'apparente  chiusura  in  via  pattizia,  la
«vertenza entrate» si e' immediatamente riaperta,  e  non  certo  per
responsabilita' dell'odierna ricorrente. 
    Appena 17 mesi dopo la stipula e 15 mesi dopo il suo  recepimento
da parte del legislatore statale, la legge  di  bilancio  per  l'anno
2016 (legge n.  208  del  2015),  al  comma  680,  ha  imposto  nuovi
contributi di finanza pubblica a carico della Regione Sardegna, senza
far  precedere  tale  imposizione  dalla  revisione  dell'accordo  di
finanza pubblica. Con la legge di bilancio successiva, poi, lo  Stato
ha ulteriormente definito e aggravato tale obbligo. 
    La  Regione,  ritenendo  che  fosse  stata   cosi'   violata   la
Costituzione, anche in riferimento all'accordo  di  finanza  pubblica
stipulato in data 21  luglio  2014  e  successivamente  recepito  dal
legislatore regionale, impugnava l'art. 1, comma 680, della legge  n.
208 del 2015, nonche' l'art. 1, commi 392 sgg., della  legge  n.  232
del 2016. 
    In particolare, deduceva la Regione, la clausola di cui  all'art.
3 dell'accordo di finanza pubblica del 21 luglio 2014  (a  tenor  del
quale «a decorrere  dall'anno  2015  [...]  la  Regione  Sardegna  si
impegna a garantire il pareggio di bilancio come definito dall'art. 9
della legge n. 243 del 2012») aveva determinato il  modo  in  cui  la
Regione contribuisce al raggiungimento  degli  obiettivi  di  finanza
pubblica nazionali.  Per  tale  motivo  la  Regione  confidava  nella
stabilita' del quadro regolatorio dei rapporti  economico-finanziari,
con esclusione di nuovi oneri  imposti  dallo  Stato  per  almeno  un
triennio (periodo  che  rappresenta  l'arco  di  tempo  di  ordinaria
programmazione di bilancio  ai  sensi  della  legge  di  contabilita'
pubblica). 
    Nella sentenza n. 154 del 2017, l'ecc.ma Corte ha chiarito  quale
sia il regime dei rapporti di finanza pubblica  tra  lo  Stato  e  la
Regione Sardegna a seguito della stipula del  menzionato  accordo  di
finanza pubblica. 
    In estrema sintesi, in quella sentenza e' stato affermato che: 
        l'accordo del  21  luglio  2014  «non  escludeva  affatto  la
possibilita'  di  imporre   ulteriori   contributi   al   risanamento
finanziario, purche'  fosse  rispettato  il  metodo  pattizio,  nella
specie garantito con la previsione di apposite intese  da  concludere
con tutte le autonomie speciali, inclusa la Regione Sardegna»; 
        per tale ragione, il legislatore  statale  puo'  chiamare  le
regioni autonome, compresa  la  ricorrente,  a  nuovi  contributi  di
finanza pubblica, ma solo «previa intesa» con le medesime autonomie; 
        fissato l'obiettivo di finanza pubblica da raggiungere  anche
con il coinvolgimento delle autonomie  speciali,  queste  ultime  non
hanno «potesta' di deviare rispetto al comune percorso definito dalla
Costituzione» e, dunque, di sottrarsi all'interlocuzione con lo Stato
al fine di concordare il proprio contributo di finanza  pubblica,  in
quanto «il  principio  di  leale  collaborazione  [...]  richiede  un
confronto autentico, orientato al  superiore  interesse  pubblico  di
conciliare l'autonomia finanziaria delle regioni con  l'indefettibile
vincolo di concorso di ciascun soggetto ad  autonomia  speciale  alla
manovra di stabilita', sicche'  su  ciascuna  delle  parti  coinvolte
ricade  un  preciso  dovere  di  collaborazione  e  di   discussione,
articolato nelle necessarie fasi dialogiche»; 
        l'accordo di finanza pubblica  tra  lo  Stato  e  la  Regione
Sardegna «va ascritto  al  cosiddetto  coordinamento  dinamico  della
finanza pubblica, concernente le singole misure finanziarie  adottate
per il governo  di  quest'ultima,  come  tali  soggette  a  periodico
adeguamento». 
    1.6. - Alla luce di tali statuizioni, gia' prima dell'entrata  in
vigore della legge n. 208 del 2015, la Regione Sardegna chiedeva allo
Stato di addivenire alla stipula  di  un  nuovo  accordo  di  finanza
pubblica,  specificamente  rivolto  al  triennio   2017-2019   o   al
successivo triennio 2018-2020. 
    In particolare, per  limitarsi  alle  interlocuzioni  intervenute
nell'ultimo anno, si puo' ricordare che, con Nota del 24 marzo  2017,
prot. n. 2111, indirizzata al Presidente del Consiglio e ai  Ministri
dell'economia e delle finanze, per la coesione territoriale e per gli
affari regionali, il  Presidente  della  Regione  ricordava  che  nei
giorni 16 febbraio e 17 marzo  2017  si  erano  avute  interlocuzioni
tecniche tra l'Assessore regionale al, bilancio e il  Sottosegretario
di Stato con delega agli affari regionali  al  fine  di  definire  le
linee di una nuova intesa tra  Stato  e  Regione  che  subentrasse  a
quella stipulata in data 21  luglio  2014,  destinata  a  esaurire  i
propri effetti con l'esercizio di bilancio 2017. A tal proposito,  la
Regione chiedeva che si tenesse una  riunione  al  fine  di  definire
l'accordo di  finanza  pubblica  per  il  successivo  triennio.  Tale
richiesta e' rimasta inevasa. 
    La medesima richiesta e' stata rinnovata con Nota prot.  n.  1010
del 5 aprile 2017 dell'Assessore regionale al  bilancio,  indirizzata
al  Sottosegretario  di  Stato  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri. 
    Successivamente, con Nota prot.  3930  del  12  giugno  2017,  il
Presidente della Regione ha  nuovamente  prospettato  al  Governo  la
necessita' di addivenire a un'intesa  in  materia  di  contributo  di
finanza pubblica, facendo presente che: 
        «la Sardegna, diversamente dalle altre Regioni italiane,  non
ha ancora ripreso un sentiero di crescita  economica  dopo  la  forte
crisi che ha  investito  l'Italia  dal  2009  e  mostra  la  maggiore
riduzione del PIL tra tutte le aree territoriali (-11.3% tra il  2008
e il 2015)»; 
        «a  partire  dal  2012  (primo  anno  di  applicazione  degli
accantonamenti  di  finanza  pubblica)  sono  stati  sottratti   alla
disponibilita' della Regione 3,3 miliardi di Euro di entrate  proprie
stabilite dalle norme statutarie»; 
        «a legislazione  vigente  permangono  contributi  di  finanza
pubblica, sotto la forma di accantonamenti  a  valere  sulle  entrate
tributarie  erariali  compartecipate,   dichiarati   incostituzionali
perche' si protraggono senza un limite temporale o istituiti  per  il
contenimento della spesa sanitaria che la Regione  Sardegna  finanzia
in proprio»; 
        «a partire dal  2018  la  Sardegna  chiede  di  rientrare  in
possesso di tali quote di entrate spettanti alla Regione, in modo  da
superare il regime  degli  accantonamenti  nel  quadro  di  un  nuovo
accordo di finanza pubblica che tenga conto della capacita' fiscale e
contributiva dei diversi territori italiani». 
    Infine, con successiva Nota prot. n. 5870 del 1° settembre  2017,
il Presidente  della  Regione  rivolgeva  nuovamente  un  appello  al
Governo,  al  fine  di  recepire  (almeno  alcune  del)le   richieste
regionali, tenendo in conto (almeno alcune del)le statuizioni rese da
codesta ecc.ma  Corte  nel  vasto  contenzioso  in  tema  di  finanza
pubblica intervenuto  tra  le  parti  del  presente  giudizio.  Anche
quell'appello e' rimasto inascoltato. 
    1.7. - Successivamente, l'art.  1,  comma  851,  della  legge  27
dicembre 2017, n. 205, ha disposto che «[n]ell'anno 2019, nelle  more
della definizione dei complessivi rapporti finanziari fra lo Stato  e
la Regione Sardegna che tenga  conto,  tra  l'altro,  delle  sentenze
della Corte costituzionale n. 77 del 2015 e n. 154 del 2017, anche in
considerazione  del   ritardo   nello   sviluppo   economico   dovuto
all'insularita', e' riconosciuto alla Regione Sardegna un  contributo
pari a 15 milioni  di  euro».  Anche  questa  disposizione  e'  stata
impugnata dalla ricorrente, per violazione delle sue attribuzioni  in
materia finanziaria, nonche' per violazione del  principio  di  leale
collaborazione. 
    L'ecc.ma Corte  costituzionale  ha  accolto  il  ricorso  con  la
recentissima e fondamentale sentenza n. 6 del 2019, che ha dichiarato
«l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 851, della  legge
27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per
l'anno finanziario  2018  e  bilancio  pluriennale  per  il  triennio
2018-2020), nella parte in cui, nel triennio 2018-2020 e  nelle  more
della definizione dell'accordo di  finanza  pubblica,  non  riconosce
alla Regione autonoma Sardegna adeguate risorse, determinate  secondo
i criteri di cui in motivazione». 
    Si tornera' su quest'ultima decisione infra. Sin d'ora, pero', si
deve ricordare che,  con  tale  sentenza,  codesta  ecc.ma  Corte  ha
affermato  che  il  legislatore  statale,  nel  regolare  i  rapporti
finanziari con la Regione Sardegna: 
        non  puo'  ritardare  l'esatta  e  piena   esecuzione   delle
precedenti sentenze della medesima Corte; 
        nelle more  della  stipula  dell'intesa  non  solo  non  puo'
imporre ingiustificati  sacrifici  alla  ricorrente,  ma  deve  anche
anticipare gli  effetti  della  stipulanda  intesa,  sulla  base  dei
criteri  definiti  desumibili  dalla  Costituzione  e  dai   principi
fondamentali dei rapporti economico-finanziari  tra  lo  Stato  e  le
Autonomie speciali; 
        deve  ispirare   tanto   gli   atti   amministrativi   e   le
interlocuzioni con la Regione quanto gli atti legislativi ai principi
di chiarezza e trasparenza nell'elaborazione e  rappresentazione  dei
dati finanziari e di bilancio. 
    1.8. -  Nelle  more  della  pubblicazione  della  sentenza  Corte
costituzionale, n. 6 del 2019, il legislatore statale ha approvato la
legge n. 145 del 2018, novellata dalla disposizione in esame. 
    La Regione Sardegna ha censurato tale disposizione, lamentando  i
vizi di «Violazione degli articoli 7 e 8 della legge cost. n.  3  del
1948, recante Statuto speciale  per  la  Sardegna;  violazione  degli
articoli 117 e 119 Cost. in riferimento all'art. 10 della legge cost.
n. 3 del 2001; violazione del principio di ragionevolezza ex  art.  3
Cost., del principio dell'equilibrio dinamico di bilancio ex art.  81
Cost.,   del   principio   del   buon   andamento   della    pubblica
amministrazione  ex  art.  97   Cost.,   del   principio   di   leale
collaborazione  ex  art.  117  Cost.  e  dell'art.  136   Cost.,   in
riferimento agli articoli 7 e 8 della legge  cost.  n.  3  del  1948,
recante Statuto speciale per la Sardegna, nonche' agli articoli 117 e
119 Cost. e all'art. 10 della legge cost., n. 3 del 2001» (p. 15  del
ricorso). 
    In particolare, nel gravame si e' detto che: 
        i) l'art. 1, comma 875 della legge n. 145 del  2018  consente
alle parti di stipulare un  accordo  di  finanza  pubblica,  ma  tale
accordo risulta formalmente e sostanzialmente vincolato nel  quantum,
sicche' l'intesa con le Regioni autonome e' destinata a disporre solo
in riferimento al riparto  dell'onere  tra  le  due  Autonomie,  alle
quali, pero', non e' riconosciuto  alcun  potere  di  intervento  sul
quantum complessivo del contributo; 
        ii) tale meccanismo  e'  violativo  del  principio  di  leale
collaborazione, in quanto azzera gli spazi disponibili  al  confronto
tra lo Stato e le  Regioni  sul  contributo  regionale  alla  finanza
pubblica; 
        iii) la disposizione e' violativa  dell'art.  117,  comma  3,
Cost., in quanto lo  Stato  ha  definito  nel  dettaglio  i  rapporti
economico-finanziari con la Regione, azzerando l'ambito di  autonomia
riconosciuto  alla  ricorrente  e,  conseguentemente,  ledendone   la
competenza legislativa in materia  di  «coordinamento  della  finanza
pubblica» nonche' le attribuzioni in materia economico-finanziarie ex
art. 119 Cost.; 
        iv) la disposizione impugnata e' illegittima anche perche'  i
limiti all'autonomia finanziaria regionale previsti dallo  Stato  non
sono temporanei. Gli accantonamenti imposti dallo Stato alla  Regione
Sardegna, infatti, sono costantemente aumentati dalla  loro  iniziale
imposizione  nel  2011,  fino   a   quadruplicare   nell'anno   2018,
circostanza che dimostra come i sacrifici imposti  alla  Regione  non
siano temporanei, con conseguente violazione degli  articoli  7  e  8
dello Statuto e 117 e 119 Cost.; 
        v) il comma 875 e' violativo degli articoli 81 e  136  Cost.,
in  quanto  con  tale  disposizione  lo   Stato   si   e'   sottratto
dall'esecuzione delle sentenze Corte costituzionale, n. 77 del  2015,
205 del 2016 e 84 del 2018, con le quali codesta ecc.ma  Corte  aveva
limitato la potesta' dello Stato nell'imposizione di alcuni  obblighi
di finanza pubblica alla ricorrente, e ha illegittimamente  previsto,
quali risorse per il bilancio statale, illegittimi contributi imposti
alle Regioni; 
        vi)  da  ultimo,  la  disposizione  e'  stata  censurata  per
violazione degli articoli 7 e 8 dello Statuto e 117 e  119  Cost.  in
quanto il legislatore statale, in ragione della riscontrata debolezza
economico-sociale strutturale del territorio sardo, nelle more  della
definizione dell'accordo di finanza pubblica avrebbe dovuto  disporre
in favore della Regione Sardegna un contributo inteso  ad  anticipare
gli  effetti  positivi  dell'accordo,  invece  di  imporre  ulteriori
sacrifici, come stabilito dall'ecc.ma Corte nella sentenza n.  6  del
2019. 
    1.9.-  A  seguito  della  pubblicazione  della   sentenza   Corte
costituzionale, n. 6 del 2019, la Regione si e' fatta parte diligente
per la definizione dell'accordo di finanza pubblica, legislativamente
previsto. 
    Nelle  more  dell'insediamento  della  nuova   Giunta   regionale
(essendosi celebrati in data 24 febbraio 2019 i comizi elettorali per
l'elezione  del  Presidente  della  Regione  e  per  il  rinnovo  del
Consiglio regionale), nelle giornate del 25 febbraio e del 5 marzo si
sono svolti due incontri delle delegazioni  di  dirigenti  e  tecnici
(nonche'  per  la  prima,   legali)   regionali   e   del   Ministero
dell'economia e delle finanze. 
    Il 9  maggio,  presso  la  sede  del  Ministero  per  gli  affari
regionali, si e' tenuto un incontro al quale hanno partecipato, oltre
allo staff tecnico e legale regionale e ministeriale, il Ministro per
gli affari regionali, il vice-Ministro dell'economia e delle finanze,
il Presidente della  Regione  Sardegna  e  l'Assessore  regionale  al
Bilancio. 
    In data 16 maggio si e' svolto un ulteriore incontro tecnico  tra
i rappresentanti della Regione e quelli del MEF. 
    Nel corso di queste interlocuzioni la  Regione  ha  formulato  le
seguenti  richieste  (formalizzate  con  messaggio  a   mezzo   posta
elettronica   del   25   maggio   2019   trasmesso    dagli    uffici
dell'Assessorato regionale del bilancio agli uffici del MEF  e  della
Ragioneria generale dello Stato, nonche' successivamente ribaditi dal
Presidente della Regione con Nota prot. n. 5719 del 12  luglio  2019,
trasmessa al Presidente del Consiglio  dei  ministri  e  al  Ministro
dell'economia e delle finanze): 
        i) un riequilibro degli accantonamenti  che  tenga  in  conto
l'incidenza sul PIL regionale  del  concorso  alla  finanza  pubblica
imposto alla Regione e, secondo questo criterio,  l'avvicinamento  al
rapporto tra contributo di finanza pubblica e PIL  regionale  che  e'
stato impiegato per la definizione del  recente  accordo  di  finanza
pubblica stipulato tra il MEF e la Regione Siciliana, l'autonomia che
presenta condizioni analoghe quanto a tessuto economico  regionale  e
condizioni  geografiche.  Secondo  quanto   risulta   alla   Regione,
l'incidenza del concorso alla finanza pubblica imposto alla  Sardegna
sul PIL regionale e'  pari  all'1,60%  mentre  quello  della  Sicilia
ammonta  all'1,14%.  In  questa  prospettiva  e'  stata  chiesta  una
«correzione» in riduzione del contributo pari a 153 milioni  di  euro
annui; 
        ii) l'applicazione delle sentenze Corte costituzionale, n.  6
del 2019 e 77 del  2015  e,  conseguentemente,  la  soppressione  del
contributo di finanza pubblica pari a € 285 milioni  illegittimamente
imposto in illegittima applicazione ultra vires dell'art.  16,  comma
3, del decreto-legge n. 95 del 2012; 
        iii) la ridefinizione  del  contributo  di  finanza  pubblica
imposto  alle  autonomie  locali,  in  ossequio  a  quanto   statuito
dall'ecc.ma Corte nelle sentenze n. 205 del 2016 e n. 84 del 2018; 
        iv) la liquidazione delle somme a titolo di trasferimento  di
entrate erariali trattenute dallo Stato dal 2010 in  avanti,  la  cui
spettanza e' stata gia' riconosciuta formalmente dallo Stato  ma  che
non sono state ancora versate al patrimonio regionale. 
    A fronte di tali circostanziate e specifiche richieste, lo  Stato
non ha formulato controproposte, men che meno migliorative di  quanto
previsto nella citata Tabella 8 allegata alla legge n. 145 del  2018,
in evidente violazione del principio di leale collaborazione. 
    1.10. - Nelle more, ulteriori pronunce di  codesta  ecc.ma  Corte
costituzionale nonche' del Giudice amministrativo hanno  riconosciuto
l'illegittimita' dell'accantonamento  di  ulteriori  somme  da  parte
dello Stato in danno della Regione Sardegna. 
    Ci si riferisce: 
        alla sentenza Corte costituzionale, n. 31 del  2019,  che  ha
accertato che lo Stato ha illegittimamente trattenuto  somme  pari  a
oltre 7 milioni di Euro a titolo di regolazioni contabili concernenti
la tassa sulle emissioni degli autoveicoli per le annualita'  2012  e
2013; 
        alla sentenza Tribunale amministrativo regionale Sardegna  n.
194 del 2019, che ha dichiarato l'illegittimita'  in  parte  qua  del
decreto ministeriale MEF  11  gennaio  2018,  recante  «Modalita'  di
attribuzione alla Regione Sardegna della compartecipazione al gettito
delle ritenute e delle imposte sostitutive dei redditi di  capitale»,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del  16  gennaio  2018  (il
Giudice amministrativo ha affermato che  i  criteri  di  attribuzione
alla Regione dei sette decimi  di  quelle  entrate  erariali  debbono
essere impiegati dal 2010 invece che dal 2017, in ossequio al  regime
temporale di decorrenza del novellato art. 8 dello Statuto  regionale
di cui all'art. 1, comma 838, della legge n. 296 del 2006). 
    La Regione, dunque, ha anche richiesto allo Stato di dare  esatta
e completa esecuzione alle sentenze sopra citate. 
    Anche per questo profilo, pero', lo Stato non  ha  assunto  alcun
concreto impegno nei confronti della Regione. 
2. - Gli effetti della disposizione impugnata. 
    Cio' detto,  si  devono  esaminare  gli  effetti  prodotti  dalla
disposizione impugnata e, conseguentemente, il disposto del comma 875
dell'art. 1 della legge n. 145 del 2018, nella formulazione vigente. 
    2.1. - Essi possono essere agevolmente sintetizzati. 
        i) Il primo periodo del comma 875 prevede che  il  contributo
di finanza pubblica delle Regioni Friuli-Venezia  Giulia  e  Sardegna
sia determinato mediante  la  conclusione  di  specifici  accordi  di
finanza  pubblica.  Tali  accordi  devono  tenere  conto  di   quanto
stabilito dall'ecc.ma Corte nelle sentenze numeri 77  del  2015,  154
del 2017 e 103 del 2018, ma devono  comunque  garantire  il  concorso
complessivo alla finanza pubblica previsto dal secondo periodo. 
        ii) Il secondo periodo stabilisce che,  in  caso  di  mancata
conclusione  degli  accordi  entro  il  termine  previsto  dal  primo
periodo, «in applicazione dei principi fondamentali di  coordinamento
della finanza pubblica previsti dagli articoli 117,  terzo  comma,  e
119, primo comma, della Costituzione», il contributo complessivo alla
finanza pubblica per gli anni dal 2019 al 2021 e' determinato in  via
provvisoria negli importi indicati  nella  «tabella  8»  (sopra  gia'
riportata), «quale concorso  al  pagamento  degli  oneri  del  debito
pubblico, salva diversa intesa con ciascuno dei predetti  enti  entro
l'esercizio finanziario di riferimento». 
        iii) Il terzo periodo  detta  distinte  norme  procedimentali
riferite alla Regione Sardegna, disponendo che l'importo del concorso
previsto dai periodi precedenti sia versato al bilancio  dello  Stato
«entro il 10 agosto 2019 per l'anno 2019 ed entro  il  30  aprile  di
ciascun anno per gli anni successivi», con la  precisazione  che;  in
mancanza di tale versamento entro il predetto termine,  il  Ministero
dell'economia e delle finanze e' autorizzato a recuperare gli importi
a valere  sulle  quote  di  compartecipazione  ai  tributi  erariali,
ovverosia trattenendo quanto sarebbe di spettanza  della  Regione  ai
sensi della disciplina sulla compartecipazione al gettito erariale  /
tributario. 
        iv) Come si e' visto, sono stati abrogati l'originario  terzo
e quinto periodo del comma 875. L'originario  terzo  comma  prevedeva
che «gli importi della predetta tabella 8 possono essere  modificati,
a invarianza di concorso complessivo alla finanza pubblica,  mediante
accordi stipulati tra le regioni interessate entro il  30  aprile  di
ciascun anno,  da  comunicare  al  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze entro il 31 maggio del medesimo anno». Il quinto comma,  poi,
aggiungeva che, «Per la regione Friuli-Venezia Giulia resta ferma  la
disposizione dell'art. 1, comma  151,  lettera  a),  della  legge  13
dicembre 2010, n. 220» (tale  disposizione  prevedeva  che  lo  Stato
riconoscesse    alla    Regione    Friuli-Venezia     Giulia     «una
compartecipazione  sulle   ritenute   sui   redditi   da   pensione»,
specificata nel quantum dalla successiva a)). 
    Per un primo profilo, va osservato che  la  disposizione  vigente
non  presenta   piu'   le   previsioni   indirizzate   alla   Regione
Friuli-Venezia Giulia. Dette previsioni, ovviamente,  sono  diventate
anacronistiche a seguito dell'accordo di finanza pubblica ha concluso
con lo Stato in data 25 febbraio 2019 (menzionato e attuato,  per  le
clausole  che  richiedevano  un   intervento   legislativo,   proprio
dall'art. 33-ter qui in esame, nei commi non oggetto d'impugnazione). 
    La ricorrente, come  si  evince  dalla  delimitazione  del  thema
decidendum e come gia' osservato nel ricorso iscritto al reg. ric. n.
32 del 2019, non ha alcun interesse a censurare  e/o  a  dolersi  del
raggiungimento  dell'accordo  di  finanza  pubblica  con  la  Regione
Friuli-Venezia Giulia e, anzi, in una prospettiva istituzionale,  non
puo'  che  esprimere  la  propria  soddisfazione   per   la   stipula
dell'intesa  tra   le   parti.   La   ricorrente,   invece,   lamenta
esclusivamente come lo Stato non solo rifiuti di  stipulare  l'intesa
con la Regione Sardegna, ma ometta persino di prendere  in  esame  la
proposta della ricorrente e di  formulare  una  controproposta,  come
sarebbe  necessario  secondo  il  comune  buon   senso,   la   prassi
istituzionale  e,  non  da  ultimo,  le  limpide  indicazioni   della
giurisprudenza costituzionale.  Tanto,  si  badi,  proprio  in  forza
dell'usbergo  costruito  dalla  norma  qui   censurata,   che   mette
l'Amministrazione  statale  completamente  al  riparo  da   qualunque
conseguenza negativa della sua inerzia. 
    2.2. - La controversia che tuttora oppone lo Stato alla  Sardegna
non e' dunque da promuovere  attraverso  un  giudizio  per  conflitto
d'attribuzione tra Enti, nel quale la Sardegna censuri la condotta (e
le omissioni) dello Stato nel procedimento di stipula dell'accordo di
finanza pubblica, facendo valere quanto l'ecc.ma  Corte  ha  statuito
quantomeno nelle sentenze numeri 112 del 2018 e 83 del 2013,  ove  ha
richiamato lo Stato a ispirare le relazioni economico-finanziarie con
la      Regioni      all'integrale      rispetto       dell'autonomia
economico-finanziaria regionale, delle  previsioni  statutarie  sulla
compartecipazione al  gettito  erariale  e  del  principio  di  leale
collaborazione. 
    Come  sopra  accennato,  infatti,  l'effetto   principale   della
disposizione  impugnata  e'  proprio  quello  d'impedire  la  stipula
dell'accordo di finanza pubblica e di offrire un fondamento normativo
alla c.d. «condotta di blocco» adottata dall'Amministrazione statale.
Amministrazione statale che pero' bellamente disinteressandosi  delle
proposte regionale, perche' sa  che  la  propria  inerzia  sara'  ...
ricompensata  con  l'imposizione  alla  Regione,  sia  pure  «in  via
[pretesamente] provvisoria», di  gravosissimi  e  indebiti  oneri  di
finanza pubblica. 
    Per tale  motivo,  la  tutela  delle  attribuzioni  statutarie  e
costituzionali della Regione  non  puo'  che  passare  attraverso  la
rimozione della disposizione impugnata (rimozione che  -  si  precisa
una volta di piu' - essendo richiesta in parte qua, non comporterebbe
alcun effetto sui rapporti economico-finanziari tra  lo  Stato  e  la
Regione Friuli-Venezia Giulia). 
    2.3. - Che sia cosi' e' evidente dal singolare meccanismo con cui
il primo periodo del comma 875 vigente fa riferimento  al  contributo
di finanza pubblica atteso dal legislatore statale e  indicato  nella
«tabella 8». 
    Come si e' detto, il secondo periodo prevede che,  ove  l'accordo
non intervenga, il contributo imposto alla Sardegna  e'  pari  a  536
milioni di Euro per ciascun anno del triennio 2019-2021, tale essendo
la cifra indicata nella Tabella 8. Questa cifra,  indica  il  secondo
periodo, puo' essere modificata tramite intesa. Ma in  che  modo?  La
risposta si trova nel primo periodo,  in  cui  si  specifica  che  il
concorso  complessivo  delle  due  Regioni  autonome  deve   rimanere
invariato  nell'ammontare  indicato  al  secondo   periodo.   Ebbene:
l'ammontare complessivo del contributo alla finanza pubblica previsto
dalla Tabella 8 e' tuttora pari a 1.252 milioni di Euro. 
    Si deve pero' considerare che il contributo inizialmente previsto
in capo alla Regione Friuli-Venezia Giulia era pari a 716 milioni  di
Euro per il 2019 e a 836 milioni di Euro per ciascuno degli anni 2020
e 2021. 
    Ai sensi dell'art. 33-ter, comma 1, del decreto-legge n.  34  del
2019, pero', il contributo della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  e'
stato rideterminato «nell'ammontare complessivo  di  686  milioni  di
euro per l'anno 2019, di 726 milioni di euro per l'anno 2020 e di 716
milioni di euro per l'anno 2021». Tale sgravio e'  stato  oggetto  di
specifica «copertura finanziaria» dello stesso art. 33-ter, comma  2,
del decreto-legge n. 34 del 2019 (ove si prevede  che  «All'onere  di
cui al comma 875-ter dell'art. 1 della legge  30  dicembre  2018,  n.
145, introdotto dal comma  1  del  presente  articolo,  si  provvede,
quanto a 30 milioni di euro per l'anno 2019, a 86 milioni di euro per
l'anno 2020 e a  120  milioni  di  euro  per  l'anno  2021,  mediante
corrispondente riduzione del fondo di cui al  comma  748  del  citato
art. 1 della legge n. 145 del 2018. Al  restante  onere,  pari  a  24
milioni di euro per l'anno 2020, si provvede mediante  corrispondente
riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica,
di cui all'art. 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre  2004,  n.
282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004,  n.
307»). 
    A questo punto, dunque, sono possibili due ipotesi: 
        i) dato che il legislatore statale, pur  avendo  disposto  la
copertura economica  per  la  riduzione  del  contributo  di  finanza
pubblica la Regione Friuli-Venezia Giulia, ha lasciato  invariato  il
«contributo  complessivo»  previsto  dalla  Tabella  8,  la   Regione
Sardegna, al momento di concludere  l'accordo  di  finanza  pubblica,
dovrebbe  farsi  carico  anche  del  trattamento  di  maggior  favore
riconosciuto dal legislatore alla Regione Friuli-Venezia Giulia, pari
a 30 milioni di Euro per l'anno 2019 e a ben 120 milioni di Euro  per
gli anni 2020 e 2012; 
        ii) avendo il legislatore  statale  approntato  la  copertura
economica per la riduzione del contributo di finanza pubblica per  la
Regione Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna non dovrebbe farsi  carico
di tale riduzione, ma dovrebbe comunque necessariamente versare  allo
Stato esattamente  quanto  originariamente  previsto  nella  medesima
Tabella proprio in riferimento alla Sardegna, senza  possibilita'  di
derogare. 
    In entrambi i casi si ottiene (sia pure  in  misura  diversamente
onerosa) lo stesso risultato: il legislatore  statale  ha,  in  buona
sostanza, disincentivato lo Stato a stipulare  l'accordo  di  finanza
pubblica, ottenendo l'effetto d'imporre alla Regione un contributo di
finanza   pubblica   interamente   «eterodeterminato»,   senza    che
l'autonomia regionale abbia alcun rilievo. 
    In  questo  modo,  il  legislatore  statale  ha  ottenuto   anche
ulteriori effetti: 
        consente allo  Stato  di  omettere  qualunque  intervento  in
favore della Regione Sardegna, nonostante l'art. 1, comma 851,  della
legge n. 205 del 2017 avesse rilevato la necessita' di  ridefinire  i
rapporti economico-finanziari della Regione «anche in  considerazione
del ritardo nello sviluppo economico dovuto all'insularita'»; 
        consente allo  Stato  di  omettere  un  immediato  intervento
finanziario da adottare nelle  more  della  stipula  dell'accordo  di
finanza pubblica, come invece imposto da codesta ecc.ma  Corte  nella
sentenza n. 6 del 2019; 
        consente  allo  Stato   di   incamerare   immediatamente   il
contributo di finanza pubblica attraverso i c.d.  «accantonamenti»  a
valere sulle quote di compartecipazione al gettito erariale. 
    Tutto questo e'  palesemente  illegittimo,  per  le  ragioni  che
appresso si esporranno. 
3. - Violazione degli articoli 7 e 8 della legge cost. n. 3 del 1948,
recante Statuto speciale per la Sardegna; violazione  degli  articoli
117 e 119 Cost. in riferimento all'art. 10 della legge cost. n. 3 del
2001; violazione del principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost., del
principio dell'equilibrio dinamico di bilancio ex art. 81 Cost.,  del
principio del buon andamento della pubblica amministrazione  ex  art.
97 Cost., del principio di leale collaborazione ex art. 117  Cost.  e
dell'art. 136 Cost., in riferimento agli articoli 7 e 8  della  legge
cost. n. 3 del  1948,  recante  Statuto  speciale  per  la  Sardegna,
nonche' agli articoli 117 e 119  Cost.  e  all'art.  10  della  legge
cost., n. 3 del 2001. 
    Alla luce di quanto sopra indicato e' possibile ora illustrare  i
motivi di ricorso. 
    Il primo motivo riprende quanto gia' dedotto nel gravame proposto
avverso l'art. 1, comma 875, della  legge  n.  145  del  2018,  nella
precedente formulazione. 
    3.1. - Come si e' gia' detto in narrativa, l'art. 1,  comma  875,
della legge n. 145 del 2018, nella formulazione  novellata  dall'art.
33-ter, comma 5, del decreto-legge n. 34  del  20129,  disciplina  il
contributo  delle  Regioni  Sardegna  e  Friuli-Venezia  Giulia  alla
finanza pubblica per il triennio 2019-2021. Come si confida  di  aver
gia'  illustrato,  detta  disposizione  ha  una  formulazione   molto
particolare. Per un verso, infatti, esibisce un formale  ossequio  al
principio dell'accordo tra lo Stato  e  le  due  Regioni,  ma  subito
precisa che, comunque, l'accordo deve «garantire  in  ogni  caso,  il
concorso complessivo alla finanza pubblica di cui al secondo periodo»
del medesimo comma, ovverosia quello previsto nella Tabella  8,  come
sopra indicato. 
    Ne consegue che tale accordo  e'  sostanzialmente  vincolato  nel
quantum,  sicche'  le  parti  non  hanno   alcun   effettivo   potere
d'intervento sull'ammontare del contributo imposto alla Regione. 
    Come gia' detto nel ricorso proposto avverso la legge n. 145  del
2018, tale modus procedendi e' illegittimo, in quanto  violativo  del
principio di leale collaborazione, nella misura  in  cui,  di  fatto,
azzera gli spazi disponibili al confronto tra lo Stato e  le  Regioni
sul contributo regionale alla finanza pubblica.  La  soppressione  di
ogni spazio di autonomia economico-finanziaria determina ipso iure la
violazione degli articoli 7 e 8 dello Statuto regionale e 117  Cost.,
anche in riferimento alla clausola di salvaguardia di cui all'art. 10
della  legge  cost.  n.   3   del   2001,   in   quanto   rappresenta
un'ingiustificata  e   irragionevole   lesione   delle   attribuzioni
regionali   in   materia   finanziaria   ed   esorbita    dall'ambito
competenziale dello Stato che,  ai  sensi  dell'art.  117,  comma  3,
Cost., deve limitarsi a dettare i principi fondamentali della materia
«coordinamento della finanza pubblica», senza poter determinare iussu
principis, addirittura numericamente, il  contenuto  delle  relazioni
finanziarie con  le  regioni.  La  manifesta  impossibilita'  per  la
Regione di addivenire a un accordo che le riconosca  maggiori  spazi,
determinata   dal   contributo   di   finanza    pubblica    previsto
unilateralmente dal legislatore  statale,  poi,  determina  anche  la
violazione delle attribuzioni  amministrative  regionali  in  materia
finanziaria, tutelate non solo dagli articoli 7 e 8 dello Statuto, ma
anche dall'art. 119 Cost., ancora in riferimento  all'art.  10  della
legge cost. n. 3 del 2001. 
    Quanto  sin  qui  dedotto  trova  conferma  nella  giurisprudenza
costituzionale intervenuta in materia. 
    Nella  sentenza  n.  154   del   2017,   codesta   ecc.ma   Corte
costituzionale ha stabilito che: 
        va  «ribadito  che  -  ancora  per  costante   giurisprudenza
costituzionale - i rapporti finanziari tra lo Stato  e  le  autonomie
speciali sono regolati dal principio dell'accordo, inteso,  tuttavia,
come vincolo di metodo (e non gia' di risultato)  e  declinato  nella
forma della leale collaborazione (sentenze n. 88 del 2014, n.  193  e
n. 118 del 2012)»; 
        «tale  meccanismo  puo'  essere  derogato   dal   legislatore
ordinario, fino a che  gli  statuti  o  le  norme  di  attuazione  lo
consentono (sentenza n. 23 del 2014; seguita dalle sentenze n. 19, n.
46, n. 77, n. 82, n. 238, n. 239 e n. 263 del 2015, n. 40  e  n.  155
del 2016)»; 
        «Lo Stato, dunque, puo'  imporre  contributi  al  risanamento
della finanza pubblica a carico delle  regioni  a  statuto  speciale,
quantificando, come nella specie, l'importo complessivo del concorso,
e  rimettendo  alla  stipula  di  accordi  bilaterali  con   ciascuna
autonomia, non solo la definizione dell'importo gravante su  ciascuna
di esse, ma, eventualmente, la  stessa  riallocazione  delle  risorse
disponibili, anche a esercizio inoltrato (sentenza n. 19 del 2015)». 
    Alla luce di tali affermazioni di principio,  l'ecc.ma  Corte  e'
pervenuta a  un'interpretazione  costituzionalmente  orientata  della
disposizione scrutinata con la predetta sentenza  n.  154  del  2017,
affermando ch'essa si sarebbe dovuta leggere nel senso di  consentire
allo Stato e alle regioni autonome interessate di modificare anche il
quantum  complessivo  del  contributo  richiesto  al  comparto  delle
autonomie. 
    Tale possibilita' ermeneutica, pero',  non  e'  consentita  dalla
previsione qui impugnata, che, come  si  e'  visto,  a  piu'  riprese
insiste sull'invarianza  del  gettito  complessivo  nel  triennio  di
programmazione. 
    Per vero, lo stesso orientamento opportunamente  era  stato  gia'
seguito dall'ecc.ma Corte, nella sentenza n. 19 del 2015, nella quale
si era affermato che la  determinazione  unilaterale  preventiva  del
contributo  delle  autonomie  speciali  alla  manovra   puo'   essere
«conforme  a  Costituzione»,  purche'  siano  rispettati  i  «termini
appresso specificati  relativamente  al  carattere  delle  trattative
finalizzate all'accordo». 
    Tali termini, pero', sono i seguenti: 
        i)  deve  sussistere  un  «margine  di  negoziabilita'»   del
contributo delle regioni autonome; 
        ii) tale margine di negoziabilita' non puo'  limitarsi  (come
accade nel caso di specie) «ad una rimodulazione interna tra le varie
componenti  presenti  nella  citata  tabella  relative  alle  diverse
autonomie  speciali,  con  obbligo  di  integrale  compensazione  tra
variazioni attive e passive», per l'ovvia  considerazione  che  «ogni
margine di accordo comportante un miglioramento individuale  dovrebbe
essere compensato da un  acquiescente  reciproco  aggravio  di  altro
ente, difficilmente realizzabile», sicche' «il  meccanismo  normativo
[...]   sarebbe   sostanzialmente    svuotato    dalla    prevedibile
indisponibilita' di tutti gli enti interessati ad accollarsi  l'onere
dei miglioramenti destinati ad  altri  e,  conseguentemente,  sarebbe
lesivo  del  principio  di  leale  collaborazione  e   dell'autonomia
finanziaria regionale»; 
        iii) «lo strumento  dell'accordo»,  invece,  deve  servire  a
«determinare nel loro complesso punti controversi o indefiniti  delle
relazioni  finanziarie  tra  Stato  e  regioni,  sia  ai   fini   del
raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica nel  rispetto  dei
vincoli europei, sia al fine di evitare che  il  necessario  concorso
delle  regioni  comprima  oltre  i  limiti   consentiti   l'autonomia
finanziaria ad esse spettante»; 
        iv) proprio a  tale  proposito  la  Corte  ha  richiamato  la
«prassi» e la «morfologia degli ultimi accordi  stipulati  in  questa
materia tra Governo ed autonomie speciali (Accordo tra il  Governo  e
la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e  di
Bolzano del 15 ottobre 2014; Accordo tra il Ministro dell'economia  e
delle finanze e la Regione siciliana del 9 giugno 2014;  Accordo  tra
il Ministro dell'economia e  delle  finanze  e  la  Regione  autonoma
Sardegna del 21 luglio 2014; Accordo tra il Ministro dell'economia  e
delle finanze e la Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  del  28
ottobre 2014)»; 
        v) «il contenuto degli accordi, oltre che  la  riduzione  dei
programmi in  rapporto  al  concorso  della  Regione  interessata  ad
obiettivi di finanza pubblica, puo' e  deve  riguardare  anche  altri
profili di natura contabile quali, a titolo esemplificativo, le fonti
di entrata fiscale, la cui  compartecipazione  sia  quantitativamente
controversa, l'accollo di  rischi  di  andamenti  difformi  tra  dati
previsionali  ed  effettivo  gettito  dei  tributi,  le  garanzie  di
finanziamento integrale di spese essenziali, la ricognizione  globale
o parziale dei rapporti finanziari tra i due livelli di Governo e  di
adeguatezza delle risorse rispetto alle funzioni svolte  o  di  nuova
attribuzione, la verifica di congruita' di dati  e  basi  informative
finanziarie  e   tributarie,   eventualmente   conciliandole   quando
risultino palesemente difformi,  ed  altri  elementi  finalizzati  al
percorso di necessaria  convergenza  verso  gli  obiettivi  derivanti
dall'appartenenza all'Unione europea»; 
        vi) in conclusione,  «l'oggetto  dell'accordo  e'  costituito
dalle diverse componenti delle relazioni finanziarie  che,  nel  loro
complesso,  comprendono  e  trascendono  la   misura   del   concorso
regionale». 
    Nel caso di specie, invece, come gia' detto, non  ci  sono  spazi
per una rimodulazione dei carichi finanziari previsti  in  capo  alle
regioni, sicche'  la  disposizione  in  esame  non  puo'  che  essere
dichiarata illegittima per i segnalati vizi. Si aggiunga che il comma
875 nemmeno consente alla regione di recuperare spazi d'autonomia  in
ambiti diversi rispetto a quello dei  rapporti  economico-finanziari,
ad esempio nel campo  dell'imposizione  tributaria  o  della  finanza
locale, come l'ecc.ma Corte ha suggerito al legislatore,  menzionando
le «diverse componenti delle relazioni finanziarie» che  «trascendono
la misura del concorso regionale». 
    In conclusione, la via pattizia  e'  formalmente  menzionata,  ma
sostanzialmente  impedita  dal  comma  impugnato,  che  deve   essere
annullato. 
    3.2. - Il comma impugnato e' illegittimo anche in quanto conferma
per l'ottavo, il nono e il decimo anno (!) consecutivo l'imposizione,
in capo alla Regione Sardegna, di un contributo di  finanza  pubblica
di ammontare particolarmente elevato e crescente dal 2011 in  avanti.
In particolare, come si e'  gia'  detto  nel  precedente  ricorso,  i
contributi imposti alla regione (e  assistiti  dal  meccanismo  degli
«accantonamenti») sono passati dai circa 160 milioni di Euro previsti
tra la fine del 2011 e l'inizio del 2012 (cfr. art. 28, comma 3,  del
decreto-legge n. 201 del 2011; art. 35, comma 4, del decreto-legge n.
1 del 2012; art. 4, comma 11, del decreto-legge n. 16 del 2012)  agli
oltre 684 milioni di Euro imposti nel 2018, ai 536  milioni  di  Euro
del trienni 2019-2021. 
    Cio'  sta  a  significare  che  il  legislatore  statale,   anche
attraverso tecniche legislative piu' volte stigmatizzate  da  codesta
ecc.ma Corte costituzionale  (come  l'allungamento,  anno  per  anno,
della  durata  dei  contributi  inizialmente  imposti:   cfr.   Corte
costituzionale, sentenza n. 154 del 2017, par. 4.6.2.2) ha  eluso  il
principio della temporaneita' dei  contributi  di  finanza  pubblica.
Tale elusione si produce e si aggrava ulteriormente anche nel caso di
specie, in quanto  protrae  i  contributi  di  finanza  pubblica  per
ulteriori 3 anni, sino al  2020,  per  un  ammontare  particolarmente
elevato. 
    Risulta violato - si ribadisce - il  principio  di  temporaneita'
delle imposizioni economico-finanziarie. Tale circostanza costituisce
elemento sintomatico della violazione degli articoli 117 Cost. e 7  e
8 dello Statuto sardo. 
    Per costante giurisprudenza costituzionale, lo Stato puo' imporre
in via autoritativa contributi straordinari di finanza pubblica  alle
regioni ordinarie e alle autonomie speciali, ma solo in  presenza  di
un'ulteriore condizione: che il contributo richiesto sia imposto  per
un periodo di tempo limitato e ragionevole. Nella sentenza n. 193 del
2012, ad esempio, codesta ecc.ma Corte costituzionale ha ricordato di
essersi «espressa sulla  non  incompatibilita'  con  la  Costituzione
delle misure disposte con l'art. 14, commi 1 e 2,  del  decreto-legge
n. 78 del 2010, sul presupposto - richiesto  dalla  propria  costante
giurisprudenza - che [sono legittime] le norme  che  «si  limitino  a
porre obiettivi di riequilibrio della finanza  pubblica,  intesi  nel
senso di  un  transitorio  contenimento  complessivo,  anche  se  non
generale, della spesa corrente e  non  prevedano  in  modo  esaustivo
strumenti o modalita' per il perseguimento  dei  suddetti  obiettivi»
(sentenza n. 148 del 2012; conformi, ex plurimis, sentenze n. 232 del
2011 e n. 326 del 2010). 
    Ove tale limite non sia  rispettato,  il  contributo  di  finanza
pubblica imposto alle regioni costituisce disposizione «di dettaglio»
in una materia affidata alla competenza legislativa  concorrente,  ai
sensi dell'art.  117  Cost.,  con  la  conseguenza  ch'essa  esorbita
dall'ambito competenziale riconosciuto al legislatore statale. 
    Per tale ragione, il contributo di finanza pubblica  imposto  con
il comma in esame, eludendo l'obbligo di temporaneita'  delle  misure
restrittive di finanza pubblica piu' volte sancito dall'ecc.ma  Corte
costituzionale, e' violativo dell'art. 117, comma 3, Cost., per avere
lo Stato debordato dall'ambito di competenza legislativa  concorrente
nella materia del «coordinamento  della  finanza  pubblica»,  nonche'
degli articoli 7 e 8 dello Statuto sardo,  che  tutelano  l'autonomia
finanziaria della regione. 
    3.3. - Il comma in esame e' violativo degli articoli 3, 81, 97  e
136 Cost., in relazione alle attribuzioni di autonomia  statutaria  e
costituzionale della ricorrente in materia economico-finanziaria,  ex
articoli 7 e 8 dello Statuto e 117 e 118 Cost. 
    Lo  stesso  legislatore  statale,  nel  novellare  il  comma  875
dell'art. 1 della legge n. 145 del 2018, ha confermato che  l'accordo
con la Regione ricorrente deve tenere in considerazione le  «sentenze
della Corte costituzionale n. 77 del 13 maggio 2015,  n.  154  del  4
luglio 2017 e n. 103 del 23 maggio 2018». Cio' sta a significare  che
gli «spazi finanziari» disponibili dovrebbero consentire di: 
        rimuovere  il  contributo  di   finanza   pubblica   previsto
dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, in  ossequio
a quanto stabilito dall'ecc.ma Corte nella sentenza n. 77 del 2015; 
        far si' che la regione concorra, previa intesa, al contributo
di finanza pubblica previsto per l'intero comparto  delle  regioni  e
delle province autonome dagli articoli 1, comma 680, della  legge  n.
208 del 2015 e 1, commi 392, 394 e 528, della legge n. 232 del  2016,
come prospettato dall'ecc.ma Corte nelle sentenze n. 154 del  2017  e
n. 103 del 2018. 
    A  fronte  dei  dati  numerici  inseriti  nella  Tabella  8,   il
legislatore statale ha assegnato alle parti un obiettivo impossibile. 
    Valga il vero. 
    Per gli anni 2019,  2020  e  2021,  sono  tuttora  imposti  sulla
regione i seguenti contributi  di  finanza  pubblica  (corredati  dal
meccanismo degli accantonamenti sulle compartecipazioni): 
        148,5 milioni di euro derivanti dagli arti. 28, comma 3,  del
decreto-legge  n.  201  del  2011;  dall'art.  35,   comma   4,   del
decreto-legge n. 1 del 2012; dall'art. 4, comma 11, del decreto-legge
n. 16 del 2012; 
        101,7 milioni di euro derivanti dagli articoli 15, comma  22,
del decreto-legge n. 95 del 2012, 1, comma 132, della  legge  n.  228
del 2012; 1, comma 481, della legge n. 147 del 2013; 
        285,3 milioni di euro derivanti dall'art. 16,  comma  3,  del
decreto-legge n. 95 del 2012. 
    Ne viene un totale di 535,5 milioni di euro  (tanto  risulta  dal
decreto ministeriale MEF 10 ottobre 2018, che ha definito l'ammontare
di tutti i contributi  richiesti  alla  Regione  per  l'esercizio  di
bilancio appena passato). 
    Secondo le indicazioni del comma impugnato, da questa somma: 
        deve essere sottratto il contributo di  finanza  pubblica  ex
art. 16, comma 3, del decreto-legge  n.  95  del  2012,  pari  a  285
milioni di Euro l'anno; 
        dovrebbe essere aggiunta la quota spettante alla regione  dei
contributi di cui alle legge n. 208 del 2015 e 232 del 2016,  pari  a
219 milioni di Euro l'anno (questa cifra  si  evince  dalla  proposta
formulata dalla PCM alla Regione Sardegna  concernente  i  contributi
ora menzionati, cfr. Nota della PCM  -  DAR  prot.  n.  1834  del  31
gennaio 2017). 
    Al netto delle sole decisioni  assunte  dallo  Stato,  dunque,  i
contributi richiesti dalla disposizione qui impugnata sarebbero  pari
a 468,7 milioni di Euro. 
    Si tratta di una cifra ben minore di quella imposta dalla Tabella
8, pari a 536 milioni di Euro, dunque con  una  differenza  di  circa
67,3 milioni di Euro. 
    Si badi: tale calcolo e' formulato secondo il  peggiore  scenario
immaginabile,  nel  contesto  della  presente  controversia,  per  la
Regione  Sardegna.  Il  contributo  di  219  milioni  di  Euro  sopra
ipotizzato, infatti, e' stato calcolato  recependo  acriticamente  la
proposta  elaborata  da  parte  dell'Amministrazione  statale.   Tale
proposta, pero', in ossequio al principio  di  leale  collaborazione,
deve essere oggetto di franca contrattazione tra le parti,  anche  in
ragione dei criteri guida per la  determinazione  del  concorso  alla
finanza   pubblica   elencati   nella   predetta    sentenza    Corte
costituzionale, n. 6 del 2019, sicche' potrebbe anche modificarsi  in
senso piu' favorevole per la regione. 
    In altri termini: le somme che  devono  essere  «scorporate»  dal
contributo sinora imposto alla regione sono certe, mentre quelle  che
devono essere  «sommate»  sono  incerte.  Nondimeno,  anche  a  voler
prendere per buona l'ipotesi di parte statale, gli  spazi  finanziari
previsti   dalla    normativa    censurata    sarebbero    certamente
insufficienti. 
    Ne consegue che, dato che il contributo complessivo qui in  esame
non puo' essere  modificato,  il  legislatore  statale  ha  aumentato
l'imposizione complessiva a carico della finanza regionale  e  si  e'
sottratto all'esecuzione della sentenza Corte costituzionale,  n.  77
del  2015,  in  quanto  difettano  gli  spazi  finanziari  per  poter
«assorbire»  la  doverosa  soppressione  del  contributo  di  finanza
pubblica ex art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012. 
    Ne consegue che anche il comma impugnato  (come  gia'  l'art.  1,
comma 875, della legge n. 145 del 2018): 
        viola il principio di ragionevolezza ex art. 3  Cost.,  nella
misura in cui regola  i  rapporti  finanziari  tra  Stato  e  Regione
Sardegna in maniera palesemente  contraddittoria  con  gli  obiettivi
prefissati dallo stesso legislatore statale; 
        viola  il  principio  del  buon  andamento   della   pubblica
amministrazione  ex  art.  97  Cost.  e   il   principio   di   leale
collaborazione ex art. 117  Cost.,  atteso  che  mette  i  competenti
organi e  uffici  statali  e  regionali  nella  condizione  di  dover
raggiungere un accordo di finanza pubblica le  cui  basi  legislative
sono inconciliabili con le  finalita'  stabilite  tanto  dalla  legge
quanto dai principi costituzionali; 
        viola l'art. 136 Cost., che regola gli effetti del «giudicato
costituzionale» e impone al legislatore statale di «provvedere  nelle
forme costituzionali» a dare  esecuzione  alle  sentenze  dell'ecc.ma
Corte, in quanto il legislatore  statale  si  sottrae  di  bel  nuovo
all'onere di dare applicazione alla sentenza Corte costituzionale, n.
77 del 2015; 
        viola gli articoli 7 e 8  dello  Statuto  sardo  nonche'  gli
articoli   117   e    119    Cost.,    che    tutelano    l'autonomia
economico-finanziaria regionale, qui illegittimamente compressa. 
    3.4. - A tal proposito, come gia' osservato nel  ricorso  avverso
la legge n. 145 del 2018, deve essere richiamata  la  sentenza  Corte
costituzionale,  n.  6  del  2019,  che  ha  precisato  le  modalita'
attraverso le quali sia  lo  Stato  sia  le  regioni  e  le  province
autonome devono dare esecuzione alle pronunce di codesta ecc.ma Corte
costituzionale. 
    In particolare, ivi si e' ribadito «il principio, secondo cui gli
oneri conseguenti alle pronunzie di incostituzionalita'  adottate  in
subiecta materia  possono  essere  traslati  su  esercizi  successivi
laddove quello in corso non consenta proficue rimodulazioni  conformi
all'art. 81 Cost. e agli  altri  precetti  costituzionali  di  ordine
finanziario (sentenze n. 188 del 2016 e n. 155 del 2015)». 
    Nondimeno,  «le   diacroniche   rimodulazioni   derivanti   dalle
pronunzie di questa Corte non possono essere rinviate ad libitum,  ma
devono essere adottate tempestivamente  e  comunque  entro  la  prima
manovra di finanza pubblica utile, perche' altrimenti  gli  interessi
costituzionalmente tutelati  rimarrebbero  nella  sostanza  privi  di
garanzia». 
    Le  «pronunzie  adottate  nella  materia  finanziaria»,  infatti,
«ingenerano nei soggetti destinatari un obbligo a ottemperare che non
contrasta con la naturale ampia discrezionalita' in sede  legislativa
nel  determinare  le  politiche  finanziarie,   ma   la   circoscrive
parzialmente  entro  il  limite  della  doverosa  conformazione  alle
statuizioni del giudice costituzionale». 
    A tal proposito, «in presenza di un difetto di copertura di spese
obbligatorie accertato in sede di giudizio costituzionale,  e'  stato
statuito che la doverosita' dell'adozione di  appropriate  misure  da
parte della regione - pur rimanendo ferma la  discrezionalita'  della
stessa      nell'adozione      della      propria      programmazione
economico-finanziaria  -  viene  a   costituire   un   limite   nella
determinazione  delle  politiche  di  bilancio  di  futuri  esercizi,
circoscrivendone la portata attraverso il "rispetto del principio  di
priorita' dell'impiego delle risorse disponibili"  (sentenza  n.  266
del 2013) per coprire le spese derivanti dalle pronunce  del  giudice
costituzionale (in tal senso anche sentenze n. 188 del 2016 e n.  250
del 2013)». 
    In questo senso, «e' proprio il meccanismo  della  "priorita'  di
intervento finanziario"  a  connotare  il  principio  dell'equilibrio
dinamico come giusto contemperamento, nella materia finanziaria,  tra
i precetti dell'art. 81 Cost., la salvaguardia della discrezionalita'
legislativa e l'effettivita' dei vincoli costituzionali». 
    Alla luce delle indicazioni della sentenza Corte  costituzionale,
n. 6 del 2019, e'  doveroso  concludere  nel  senso  che  la  mancata
ottemperanza alla  sentenza  n.  77  del  2015  costituisce  elemento
sintomatico della violazione non solo dell'art. 136 Cost.,  ma  anche
dell'art. 81  Cost.,  atteso  che  l'illegittima  imposizione  di  un
contributo  di  finanza  pubblica   alle   regioni   e   la   mancata
riassegnazione  delle  risorse  per  le   ex   funzioni   provinciali
equivalgono, in termini contabili, a un «difetto  di  copertura»  nel
bilancio dello Stato, che  il  legislatore  statale  dovrebbe  sanare
secondo il  «principio  di  priorita'»,  ovverosia  «entro  la  prima
manovra di finanza pubblica utile». Anche tale vizio, ovviamente,  e'
censurabile in questa sede, in quanto - per  le  ragioni  piu'  volte
illustrate - ridonda in compressione delle attribuzioni regionali  in
materia di coordinamento della finanza pubblica (art. 117,  comma  3,
Cost.), copertura delle funzioni pubbliche di  competenza  (art.  119
Cost.), speciale autonomia finanziaria della Sardegna (articoli 7 e 8
dello Statuto). 
    3.5. - Gli articoli 117, comma 3, e 119 Cost. e gli articoli 7  e
8 dello Statuto, ancora in riferimento al principio del rispetto  del
giudicato costituzionale e dell'equilibrio dinamico di bilancio, sono
violati  (con  illegittima  compressione  dell'autonomia  finanziaria
regionale) anche per un altro profilo. 
    La menzionata sentenza Corte costituzionale, n. 6  del  2019,  ha
affermato che  il  legislatore  statale,  nelle  more  della  stipula
dell'accordo  di  finanza  pubblica,  non  puo'  imporre  all'odierna
ricorrente  oneri  sostanzialmente  «espropriativi»   delle   risorse
finanziarie  regionali.  Al  contrario,  «fermo  restando  l'istituto
dell'accordo come principale strumento  attuativo  del  principio  di
leale collaborazione tra Stato e  autonomia  speciale  nella  materia
finanziaria e - conseguentemente - impregiudicata la possibilita' che
la trattativa tra Stato e Regione autonoma Sardegna possa  riprendere
con immediato esito costituzionalmente conforme, deve essere comunque
assicurato per il triennio 2018-2020  un  tempestivo,  ragionevole  e
proporzionato  contributo  dello  Stato  che   anticipi   nel   corso
dell'esercizio 2019, gli effetti dell'accordo in itinere nel caso  in
cui quest'ultimo non venga stipulato con analoga tempestivita'». 
    E' la stessa sentenza  a  illustrare  in  che  modo  deve  essere
definito questo «tempestivo, ragionevole e proporzionato  contributo»
che   «anticipi»   gli   effetti   positivi   dell'accordo:    «nella
determinazione  di  tale  concorso  gli  elementi  da  sottoporre   a
ragionevole e proporzionata ponderazione - al fine  di  concretizzare
il principio di leale cooperazione tra Stato, ed  enti  territoriali,
conciliando  le  istanze  di  politica  economica  generale  con   la
struttura regionalista  del  nostro  ordinamento  -  sono  ricavabili
direttamente dalla vigente legislazione  e  dalla  giurisprudenza  di
questa Corte» e sono i seguenti: 
        i) «andamento storico  delle  entrate  e  delle  spese  della
regione, antecedente all'entrata in vigore  della  legge  n.  42  del
2009»; 
        ii) «dimensione della finanza regionale rispetto alla finanza
pubblica complessiva»; 
        iii) «funzioni esercitate e relativi oneri»; 
        iv)   «svantaggi   strutturali   permanenti»,   relativi   in
particolare  a  «costi  dell'insularita'»  e  «reddito  pro   capite»
rispetto alla media nazionale; 
        v) valore medio dei contributi di finanza pubblica imposti al
comparto delle autonomie; 
        vi) costi di  «finanziamento  dei  livelli  essenziali  delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali»; 
        vii) principio dell'equilibrio dinamico di bilancio. 
    Secondo quanto illustrato dai  competenti  uffici  regionali,  in
applicazione delle «linee guida» dettate da codesta ecc.ma Corte,  lo
Stato avrebbe dovuto determinare in favore della Regione Sardegna  un
ulteriore contributo, tale da consentire alla Regione  di  recuperare
uno svantaggio strutturale che si compone (quantomeno) delle seguenti
voci: 
        660  milioni  di  Euro  di  costi  aggiuntivi  da   trasporto
marittimo; 
        432 milioni di Euro per assenza di rete di metanodotto; 
        minori entrate in ragione di un PIL pro capite  pari  a  poco
piu' del 70% della media nazionale. 
    Il legislatore, dunque, nel novellare il comma 875 della legge n.
145 del 2018 a  seguito  della  pubblicazione  della  sentenza  Corte
costituzionale, n. 6  del  2019,  avrebbe  dovuto  stanziare  risorse
adeguate al «ragionevole  contributo»  richiesto  dall'ecc.ma  Corte.
Tanto non ha fatto, dimostrando di volersi sottrarre alle indicazioni
della giurisprudenza costituzionale. 
    Anche per questo profilo, dunque, risulta evidente che  lo  Stato
ha  regolato  i  rapporti  finanziari  con  la  Regione  in   maniera
illegittima,  irragionevole  e  contraria  ai  chiarissimi  dicta  di
codesta ecc.ma Corte, in violazione degli articoli 117, comma 3,  119
e 136 Cost., nonche' degli articoli 7 e 8 dello Statuto. 
    3.6. - Nei precedenti paragrafi si  sono  esaminati  gli  effetti
prodotti in via immediata dalla disposizione impugnata sull'autonomia
economico-finanziaria della Regione ricorrente. Nel presente, invece,
si devono  sottolineare  in  particolare  i  profili  procedimentali,
connessi al principio di leale collaborazione. 
    La disposizione impugnata e' violativa  del  principio  di  leale
collaborazione sancito dagli articoli 5 e 117 Cost., gli articoli 7 e
8 dello Statuto regionale e l'art.  117,  comma  3,  Cost.,  per  una
pluralita' di profili. 
    Il legislatore, in sede di conversione in legge del decreto-legge
n. 34 del 2019, ha previsto che l'accordo di finanza pubblica tra  le
parti (in disparte il profilo della sua «utilita'»,  per  le  ragioni
illustrate in precedenza) avrebbe dovuto essere stipulato entro il 15
luglio 2019. L'iter di conversione del decreto-legge si  e'  concluso
con l'approvazione definitiva del Senato della Repubblica in data  27
giugno 2019 e con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale  in  data
di sabato 29 giugno 2019. Cio' sta a significare che  il  legislatore
statale ha assegnato alle parti 15  giorni  (!)  per  la  conclusione
dell'accordo,   un   termine   del   tutto   inadatto   allo   scopo,
manifestamente  irragionevole  e  tale  da  impedire  ipso  iure   la
conclusione dell'accordo, con conseguente violazione del principio di
leale collaborazione. 
    La fissazione di un termine  che  impedisce  un  leale  confronto
collaborativo tra le parti impedisce alla Sardegna di  esercitare  la
propria autonomia economico-finanziaria garantita dagli articoli 7  e
8 dello Statuto, nonche' di esercitare la sua competenza  in  materia
di «coordinamento della finanza pubblica» ex art. 117, comma 3, Cost. 
    Alla lesione delle competenze statutarie e costituzionali si lega
anche un concreto pregiudizio, atteso che, come ampiamente segnalato,
in questo modo il legislatore ostacola la  rinegoziazione  anche  pro
futuro dei contributi gia' in essere  e  impedisce  alla  regione  di
ottenere il risultato della soppressione degli  strumenti  finanziari
che sono finora sfuggiti allo scrutinio di codesta  ecc.ma  Corte  ma
che  sono  ascrivibili  a  figure  non  compatibili  con   le   norme
costituzionali, statutarie e di attuazione  statutaria  rilevanti  in
materia (riserve erariali, contributi e accantonamenti sine  die  e/o
imposti in settori di spesa non co-finanziati, etc.). 
    Tale effetto e' manifestamente illegittimo, atteso che, come gia'
accennato,  il  principio  di  leale  collaborazione   «richiede   un
confronto autentico [...] sicche' su ciascuna delle  parti  coinvolte
ricade  un  preciso  dovere  di  collaborazione  e  di   discussione,
articolato nelle necessarie fasi dialogiche» (Corte  cost.,  sentenza
n. 154 del 2017 in termini anche le sentenze n. 19 e n. 82 del 2015). 
    In termini generali, poi, nella giurisprudenza costituzionale  e'
fermo  l'orientamento  che  l'adozione  «di  una  condotta  meramente
passiva, che si traduca nell'assenza di ogni forma di collaborazione,
si risolve in una inerzia idonea a creare un vero  e  proprio  blocco
procedimentale» costituisce un «indubbio pregiudizio per il principio
di  leale  collaborazione  e  per  il  buon   andamento   dell'azione
amministrativa» (sent. Corte costituzionale, n. 219 del 2013). 
    Nel caso di specie,  tale  effetto  e'  determinato  direttamente
dalla disposizione impugnata, che impedisce un concreto confronto tra
le parti, fornendo allo Stato una base normativa a «copertura»  della
«condotta di blocco» tenuta nel corso  delle  interlocuzioni  con  la
regione (sull'illegittimita' delle «leggi di blocco»  si  veda  Corte
costituzionale, sentenza n. 198 del 2004). 
4. - Violazione degli articoli 7 e 8 della legge cost. n. 3 del 1948,
recante Statuto speciale per la Sardegna; violazione  degli  articoli
117 e 119 Cost. in riferimento all'art. 10 della legge cost. n. 3 del
2001; violazione del principio di leale collaborazione  ex  art.  117
Cost. e dell'art. 136 Cost., in riferimento agli articoli 7 e 8 della
legge cost. n. 3 del 1948, recante Statuto speciale per la  Sardegna,
nonche' agli articoli 117 e 119  Cost.  e  all'art.  10  della  legge
cost., n. 3 del 2001. 
    Nel precedente motivo di ricorso si  e'  gia'  osservato  che  la
disposizione  censurata  e'  violativa   del   principio   di   leale
collaborazione per diversi profili: i) vincola i termini  dell'intesa
che  puo'  essere  raggiunta  tra  le  parti,  cosi'  sostanzialmente
sopprimendo l'autonomia della regione;  ii)  assegna  alle  parti  un
termine inidoneo a far concludere un accordo  che  non  sia  un  mero
recepimento delle condizioni dettate dal  legislatore.  Si  deve  ora
esaminare un ulteriore e ancor piu' radicale  profilo  di  violazione
del principio cooperativo. 
    4.1. - Come si e' gia' osservato, la fissazione  del  termine  di
conclusione dell'accordo opera a  solo  vantaggio  dello  Stato.  Una
volta decorso tale termine, infatti, lo Stato ha titolo  per  operare
gli accantonamenti nei confronti  delle  quote  di  compartecipazione
alle entrate erariali. La stessa ultima parte del secondo periodo del
vigente comma 875, che fa «salva» la «diversa intesa con ciascuno dei
predetti enti  entro  l'esercizio  finanziario  di  riferimento»  non
incide su tale profilo e non  inficia  la  potesta'  dello  Stato  di
incamerare le somme oggetto del contributo imposto  alla  ricorrente,
proprio  perche'  il  suo   intervento   autoritativo   puo'   essere
scongiurato solo da un'intesa, che lo Stato non ha alcun interesse  a
raggiungere. 
    La mera decorrenza del termine, dunque,  determina  un  risultato
equivalente a quella di un provvedimento amministrativo  statale  che
«supera»  il  dissenso  della  regione,  in  quanto  cristallizza  le
determinazioni autoritative dello Stato.  Ove  tale  inerzia  perduri
sino  alla  fine  dell'anno,   poi,   l'assetto   delle   regolazioni
economico-finanziarie per  l'esercizio  di  bilancio  appena  passato
diventa intangibile anche di diritto  (la  clausola  di  salvaguardia
delle intese intervenute, infatti,  prevede  ch'esse  debbano  essere
stipulate «entro l'esercizio finanziario di riferimento»). 
    4.2. - Se cosi' e', come e', allora la disposizione in esame deve
essere valutata alla luce della nota giurisprudenza costituzionale in
materia di superamento  del  dissenso  nei  procedimenti  in  cui  si
prevede l'intesa tra le parti. Si tratta di approdi  consolidati  che
possono essere facilmente richiamati: 
        «i rapporti finanziari tra lo Stato e le  autonomie  speciali
sono [...] regolati dal principio dell'accordo, inteso  come  vincolo
di metodo (e non gia' di risultato) e  declinato  nella  forma  della
leale collaborazione (sentenze n. 88 del 2014, n. 193 e  n.  118  del
2012)» (sent. n. 103 del 2018); 
        il ricorso a  meccanismi  unilaterali  di  superamento  delle
divergenze e' legittimo solo quale extrema  ratio,  impiegabile  solo
qualora le parti non siano addivenute all'accordo all'esito di leali,
effettive e reiterate trattative; 
        «la previsione dell'intesa, imposta dal  principio  di  leale
collaborazione, implica che non sia legittima  una  norma  contenente
una "drastica previsione" della decisivita'  della  volonta'  di  una
sola parte, in caso di dissenso,  ma  che  siano  necessarie  "idonee
procedure per consentire reiterate trattative  volte  a  superare  le
divergenze" (ex plurimis, sentenze n. 121 del 2010, n. 24  del  2007,
n. 339 del 2005)» (Corte cost., sentenza n. 165 del 2011); 
        la legge statale deve orientare la condotta cooperativa delle
parti e non - ovviamente -  una  decisione  unilaterale  del  Governo
nazionale, tanto che e' necessario che sia individuata anche la  sede
«idonea» per il tentativo di intesa fra Stato e regione, perche'  non
puo' considerarsi come  adeguato  surrogato  dell'intesa  l'invito  a
partecipare alla riunione  del  Consiglio  dei  ministri,  occorrendo
invece che il confronto fra lo Stato e le regioni avvenga in una sede
istituzionale in cui «le parti siano poste su un  piano  di  parita'»
(Corte cost., sentenza n. 165 del 2011); 
        per converso, e' necessario che lo schema  normativo  impegni
«le  parti  secondo  il  modulo  della  leale  collaborazione   nella
conduzione delle trattative, esigendo  un  motivato  confronto  sulle
ragioni  del  reciproco  dissenso,  e,  alla  luce  di  questo,   una
progressiva contrazione della  distanza  che  le  separa»,  ovverosia
preveda «L'obbligo di formulare  specifiche  proposte  di  mediazione
corrisponde   all'obbligo   dell'altra   parte   di   prenderle    in
considerazione e  di  indicare  le  ragioni  che  ostano  a  un  loro
accoglimento» (Corte cost., sentenza n. 142 del 2016); 
        in  questo  senso,   infatti,   «nella   progressione   delle
trattative la leale collaborazione, precludendo un  ostinato  rifiuto
di soluzioni di compromesso, e' diretta a definire il contenuto della
decisione in termini maggiormente condivisi», tanto che  allo  stesso
«risultato  [...]  in  qualche  misura  dovrebbe   pervenirsi   anche
nell'ipotesi ultima che l'intesa non sia raggiunta e lo  Stato  debba
percio' assumere la determinazione finale,  che  puo'  pero'  basarsi
sugli eventuali punti di contatto emersi nel corso delle trattative e
sui quali un parziale  consenso  puo'  reputarsi  conseguito»  (Corte
cost., sentenza n. 142 del 2016). 
    4.3. - Tutto cio' considerato, il modello di confronto tra  Stato
e regione disegnato dalla disposizione impugnata e'  illegittimo,  in
quanto: 
        consente il «superamento del dissenso» in favore dello  Stato
attraverso la mera inerzia dell'Amministrazione statale; 
        non impone che lo Stato, prima di assumere una determinazione
unilaterale,  si  impegni  effettivamente  in  reiterate  trattative,
migliorative della  proposta  inizialmente  formulata  nei  confronti
della regione; 
        addossa ex lege alla regione, pur se  incolpevole,  le  gravi
conseguenze  del  fallimento  delle  trattative  e,  contestualmente,
riconosce allo Stato tutti i vantaggi per  il  mancato  conseguimento
dell'intesa; 
        non impone allo Stato di rimediare al  mancato  conseguimento
dell'intesa   attraverso   una   determinazione   che,   per   quanto
unilaterale, tenga in conto le posizioni espresse dalla regione. 
    In altri termini, un  automatismo  che  si  attiva  per  il  solo
decorrere del tempo facendo  impone  alla  regione  gravissimi  oneri
finanziari non equivale affatto a un provvedimento  espresso,  che  -
gia' secondo gli ordinari principi del diritto  pubblico,  oltre  che
secondo le chiare indicazioni della giurisprudenza  costituzionale  -
dovrebbe essere adeguatamente  istruito  e  motivato  (istruttoria  e
motivazione che, com'e' noto, sono presidio di legalita'  e  garanzia
della parte che e' soggetta all'esercizio di un  potere  autoritativo
dello Stato). 
    4.4. - La norma censurata prevede il primo e non il secondo e per
questo viola frontalmente il principio di  leale  collaborazione.  La
violazione del principio di leale collaborazione, alla luce di quanto
gia' osservato nel precedente motivo, determina anche  la  violazione
dell'autonomia  economico-finanziaria  della  regione,   protetta   e
garantita dagli articoli 7 e 8 dello Statuto e 117  e  119  Cost.  in
riferimento all'art. 10 della legge cost., n. 3 del  2001,  parametri
conseguentemente violati dalla disposizione in esame. 
 
                                P.Q.M. 
 
    La  Regione   autonoma   della   Sardegna,   come   in   epigrafe
rappresentata   e   difesa,   chiede   che   codesta   ecc.ma   Corte
costituzionale voglia: 
        accogliere il presente ricorso; 
        per  l'effetto,  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 33-ter, comma 5, lettere a)  e  c),  del  decreto-legge  30
aprile 2019, n. 34, pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  30  aprile
2019, n. 100, convertito in legge dalla legge 28 giugno 2019, n.  58,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 29 giugno 2019, n. 151, S.O. 
    Si deposita copia conforme all'originale dell'atto  della  Giunta
regionale della Regione autonoma della Sardegna recante deliberazione
dell'impugnazione e conferimento dell'incarico defensionale. 
        Roma-Cagliari, 5 agosto 2019 
 
                   Avv. Camba - Avv. prof. Luciani