N. 429 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 luglio 2006
Ordinanza emessa il 19 luglio 2006 dal tribunale amministrativo regionale della Campania - Napoli sui ricorsi riuniti proposti da Tremiterra Errico ed altri contro comune di Carinaro ed altri Espropriazione per pubblica utilita' - Regione Campania - Piani regolatori delle aree di sviluppo industriale - Vincoli preordinati all'espropriazione - Proroga di validita' dei piani esistenti, anche se medio tempore scaduti - Violazione del diritto all'indennizzo in caso di espropriazione - Incidenza sul principio di uguaglianza e sui principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione - Richiamo alle sentenze della Corte costituzionale nn. 179/1999 e 411/2001. - Legge della Regione Campania 13 agosto 1998, n. 16, art. 10, comma 9; legge della Regione Campania 11 agosto 2001, n. 10, art. 77, comma 2. - Costituzione, artt. 3, 42 e 97.(GU n.24 del 20-6-2007 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi nn. 697/1999 e 13593/2004 Reg. Gen., proposti da Tremiterra Errico, Tremiterra Emilio, Tremiterra Pasquale, Tremiterra Carmina e Tinto Bianca, tutti rappresentati e difesi dagli avv. Pasquale ed Enrico Tremiterra, con domicilio eletto in Napoli alla Il Traversa di Via Nicolardi, 85, presso lo studio dell'avv. Maurizio Coppa; Contro il comune di Carinaro, in persona del sindaco pro tempore, non costituito; nonche' il Consorzio A.S.I.-Area di Sviluppo Industriale di Caserta, in persona del legale rapp. te pro tempore, rappresentato e difeso, nel ricorso n. 697/1999 Reg. Gen., dall'avv. Fulvio Papa, con domicilio eletto in Napoli alla Via dei Cimbri 23, presso lo studio dell'avv. A. Di Monda, nel ricorso n. 13593/2004 Reg. Gen. dall'avv. Teresa Pagliaro, con domicilio eletto in Napoli alla Via F. Verrotti 6, presso lo studio dell'avv. A. Capotosto; il Ministero del bilancio e della programmazione economica poi Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso, ex lege, dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici domicilia, ope legis, in Napoli alla via Diaz, 11 e nei confronti limitatamente al giudizio n. 697/1999 Reg. Gen della Societa' Consortile Unica s.c.r.l., in persona del legale rapp. te pro tempore, con sede in Aversa alla via Salvo D'Acquisto 5, non costituita per l'annullamento, previa sospensiva guanto al ricorso n. 697/1999 Reg. Gen.: «del decreto del sindaco del comune di Carinaro prot. n. 7246 del 25 novembre 1998, di occupazione temporanea e d'urgenza e dell'avviso prot. n. ri 7108, 7110, 7111, 7112, 7113 del 1° dicembre 1998 a firma del Presidente del Consorzio A.S.I. di Caserta, entrambi notificati il 14 dicembre 1998 a cura dello stesso Consorzio, e di tutti gli atti e provvedimenti preordinati, connessi, presupposti e conseguenti, con particolare riferimento a quelli riportati nelle premesse dello stesso decreto e non conosciuti perche' mai notificati e/o comunicati; nonche' per la declaratoria del diritto ex artt. 33 e ss. del d.lgs. n. 80/1998, al risarcimento del danno ingiusto, con conseguente condanna degli intimati, in solido, ovvero quello di essi che sara' ritenuto legittimato passivo, al pagamento in favore dei sig. ri Tremiterra e della sig.ra Tinto Bianca, del valore degli immobili di rispettiva proprieta', anche in funzione della loro destinazione, rivalutato fino alla data dell'emittenda sentenza, con interessi legali sulla somma rivalutata dalla data della occupazione fino al soddisfo.»; Quanto al ricorso n. 13593/2004 Reg. Gen. per l'annullamento, previa sospensiva: «1) del decreto di esproprio n. 5682 del 15 luglio 2004, notificato agli interessati nelle date 24 e 25 settembre 2004 con il quale il comune di Carinaro, in persona del Responsabile dell'Ufficio Tecnico, pronunciava definitivamente l'espropriazione dei terreni di proprieta' dei ricorrenti in favore del Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale di Caserta; 2) di tutti gli atti ed i provvedimenti preordinati, connessi, presupposti e conseguenti, con particolare riferimento a quelli riportati nelle premesse dello stesso decreto, e non conosciuti perche' mai notificati e/o comunicati e comunque lesivi degli interessi dei ricorrenti», nonche' per la declaratoria dell'abusivita' dell'occupazione degli immobili di proprieta' dei ricorrenti, e per la condanna «dell'amministrazione resistente al pagamento in favore dei ricorrenti ed in ragione delle rispettive quote di proprieta' del valore venale degli immobili oltre al risarcimento dei danni sofferti, con rivalutazione, interessi dalla data di occupazione fino al soddisfo». Visti i ricorsi ed i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consorzio A.S.I. di Caserta e del Ministero del bilancio e della programmazione economica (poi Ministero dell'economia e delle finanze), con le annesse produzioni; Visti gli atti tutti di causa; Uditi alla udienza pubblica del 27 aprile 2006 - relatore il Magistrato Dr. Cerpentieri - gli avv.ti riportati a verbale; F a t t o Con il primo dei due ricorsi in esame - ritualmente notificato in data 8-11-12 gennaio 1999, depositato nella segreteria del Tribunale il successivo 25 gennaio e iscritto al n. 697/1999 Reg. Gen. - i ricorrenti, proprietari di alcuni immobili ubicati nel comune di Carinaro e distinti al catasto al foglio 4, p.lle 76 e 5178 - ex 49 (i sig. ri Tremiterra) e p.lla 258 (la sig.ra Tinto), hanno impugnato il decreto prot. n. 7246 del 25 novembre 1998 con cui il sindaco del comune di Carinaro ha autorizzato il Consorzio A.S.I. di Caserta ad occupare in via temporanea e d'urgenza le suddette aree per la realizzazione degli insediamenti produttivi e connesse infrastrutture delle societa' consorziate nella societa' consortile «Unica s.c.r.l.», diretti a produrre l'intera filiera calzaturiera dell'agglomerato industriale «Aversa Nord-tenimento comunale di Carinaro». Hanno altresi' impugnato l'atto notificato in data 14 dicembre 1998 con cui il suddetto Consorzio ha comunicato - unitamente al decreto comunale e all'allegato piano particellare grafico-descrittivo - la data di inizio delle operazioni di occupazione e di redazione dello stato di consistenza degli immobili occupandi per il successivo giorno 11 gennaio 1999. A sostegno del gravame i ricorrenti hanno dedotto diversi motivi di incompetenza, violazione di legge e di eccesso di potere. In data 29 gennaio 1999 si e' costituito in giudizio il Ministero del bilancio e della programmazione economica, con mera memoria di stile. Il successivo 27 febbraio 1999 si e' costituito il Consorzio A.S.I. di Caserta, che ha contestato la fondatezza del ricorso, chiedendone il rigetto. Alla Camera di consiglio del 9 febbraio 1999, fissata per l'esame dell'istanza cautelare, la causa e' stata cancellata per rinuncia alla istanza di sospensiva. Con deposito in data 14 ottobre 2002 l'Avvocatura dello Stato ha prodotto documentazione. Con il secondo dei ricorsi in trattazione - notificato in data 18 novembre 2004, depositato nella Segreteria del Tribunale il successivo 16 dicembre e iscritto al n. 13593/2004 - i medesimi ricorrenti impugnano il decreto prot. n. 5682 del 15 luglio 2004, con cui il comune di Carinaro ha infine disposto l'espropriazione definitiva delle aree gia' oggetto di occupazione, in favore del Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale di Caserta, con la medesima finalita' della regione degli insediamenti produttivi e connesse infrastrutture relativi alla filiera calzaturiera dell'agglomerato industriale «Aversa Nord - tenimento comunale di Carinaro». In data 11 febbraio 2005 si e' costituito il Consorzio A.S.I. di Caserta che ha contestato la fondatezza del ricorso, chiedendone il rigetto. Il successivo 10 ottobre 2005 si e' costituito in giudizio il Ministero dell'economia e delle finanze che, con successiva, generica memoria, ha concluso per l'inammissibilita' e per l'infondatezza del ricorso. Alla camera di consiglio del 10 ottobre 2005, fissata per l'esame dell'istanza cautelare, la causa e' stata cancellata dal ruolo delle «sospensive». Alla udienza pubblica del 27 aprile 2006 entrambe le cause in discussione sono state chiamate e assunte in decisione. D i r i t t o Devesi in primo luogo dispone in rito la riunione dei due fascicoli, evidentemente avvinti da un palese nesso di connessione sia oggettiva che soggettiva. Sempre in rito, il Collegio riconosce la sussistenza, nella cognizione delle controversie de quibus, della giurisdizione di questo adito giudice amministrativo, giusta la recente chiarificazione introdotta in materia dalla Corte costituzionale con la sentenza 11 maggio 2006, n. 191 [la Corte, nel dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 53, comma 1, del t.u. espropriazioni «nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a «i comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati» non esclude i comportamenti non riconducibii, nemmeno mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere» ha nella sostanza condiviso l'indirizzo dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato (Con. Stato, ad. plen., 30 agosto 2005, n. 4; 16 novembre 2005, n. 9) in base al quale esulano dalla cognizione del G.A.. solo i comportamenti acquisitivi «meri», ma non anche i c.d. «comportamenti amministrativi», ossia i casi, quale quello in esame, di c.d. «occupazione acquisitiva» in cui i dedotti fatti di irreversibile trasformazione del fondo anteriormente al (tardivo) decreto di esproprio si inquadrino comunque in tiri complesso procedimento amministrativo (ancorche' di contestata legittimita), muovente dalla inclusione delle aree in strumenti urbanistici introduttivi di vincoli preordinati all'esproprio e dalla dichiarazione di pubblica utilita' ed urgenza delle opere (trattandosi, in tutta evidenza, nel caso di specie, sotto l'evidenziato profilo, di comportamenti senz'altro riconducibili, almeno mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere)]. Nel merito, il punto centrale della complessiva controversia e' costituito dalla questione della perdurante efficacia del piano di sviluppo dell'area industriale di Caserta del 16 gennaio 1968-28 luglio 1970 alla data degli impugnati atti presupposti di ambo le procedure in discussione, quella occupativa e quella espropriativa, costitutivi della dichiarazione di pubblica utilita', indifferibilita' e urgenza delle opere (in particolare, con riferimento alla delibera del comitato direttivo del Consorzio ASI intimato n. 209 dell'11 ottobre 1998 di approvazione del progetto esecutivo degli interventi di infrastrutturazione alla cui realizzazione e' preordinata la procedura ablatoria oggetto di lite). La decisione e' pregiudicata dalla questione di legittimita' costituzionale, rilevante e non manifestamente infondata, in relazione ai parametri costituiti dagli artt. 3, 42 e 97 della Costituzione, dell'art. 10, comma 9, della legge regionale della Campania 13 agosto 1998, n. 16, e dell'articolo 77, comma 2, della legge regionale della Campania 11 agosto 2001, n. 10, che hanno prorogato (o rideterminato) i termini di efficacia del suddetto piano di sviluppo industriale. Prima di procedere alla disamina di questo pregiudiziale profilo, giova, soprattutto ai fini della dimostrazione della rilevanza nel presente giudizio della ora riferita questione di legittimita' costituzionale, una breve ricapitolazione dei fatti di causa e dei termini della controversia. Parte ricorrente, nel primo dei due ricorsi in esame (n. 697/1999 Reg. Gen.), diretto avverso l'occupazione d'urgenza, ha dedotto l'insussistenza della dichiarazione di pubblica utilita' delle opere (che avrebbero natura sostanzialmente privata), la mancata, rituale, apposizione preventiva del vincolo preordinato all'espropriazione (essendo ampiamente scaduti i termini di validita' del piano di sviluppo industriale), l'omessa, preventiva fissazione dei termini ex art. 13, legge n. 2359 del 1865, la inapplicabilita' dell'art. 1 della legge n. 1 del 1978 che consente la redazione contestuale dello stato di consistenza all'atto dell'immissione in possesso, l'omissione di qualsivoglia forma di pubblicita' e comunicazione di avvio del procedimento, nonche' l'incompetenza del sindaco per essere la competenza del dirigente, ex leggi 127 del 1997 e 191 del 1998. il Consorzio A.S.I. resistente ha replicato richiamando la delibera del comitato direttivo consortile n. 209 dell' 11 ottobre 1998 di approvazione dei piani esecutivi di espropriazione per gli insediamenti industriali di Carinaro, atto avente valore di dichiarazione di pubblica utilita' ex lege reg.le n. 16 del 1998; affermando l'avvenuta fissazione delle date di inizio e fine dei lavori e della procedura espropriativa nell'ambito della convenzione stipulata tra il Consorzio e la societa' consortile «Unica s.c. a r.l.», convenzione richiamata negli atti del procedimento ablatorio (la data di inizio corrisponderebbe alla data della convenzione, quella di ultimazione sarebbe stata indicata in cinque anni dalla stipula del predetto atto); obiettando la non necessita' della comunicazione di avvio del procedimento, stante la intrinseca celerita' dell'occupazione d'urgenza; contestando infine l'eccepita incompetenza del sindaco ad adottare l'atto di occupazione d'urgenza (trattandosi di procedura complessa attuatici di un accordo di programma). Con il secondo dei ricorsi in esame parte ricorrente ha dunque impugnato il sopravvenuto decreto di esproprio, deducendone la nullita' per carenza di potere, sia per effetto della invalidita' derivata dai vizi degli atti presupposti gia' dedotti avverso la fase dell'occupazione d'urgenza, sia per la sopravvenuta inefficacia dell'occupazione medesima (per scadenza del termine quinquennale dell'occupazione d'urgenza, per l'avvenuta irreversibile trasformazione medio tempore delle aree occupate, nonche' la intervenuta scadenza del termine di validita' decennale ex art. 25, legge n. 1/1978 del piano dell'area di sviluppo di Caserta del 16 gennaio 1968-28 luglio 1970 (cui sarebbero inapplicabili le proroghe triennali disposte con le leggi regionali n. 16 del 1998 e n. 10 del 2001, come gia' statuito da questa Sezione con sentenza n. 6882 del 2002). Il Consorzio di sviluppo industriale ha replicato adducendo la ordinatorieta' del termine di conclusione del procedimento ablatorio e la sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 3130 del 2004, di riforma della sentenza di questo Tar n. 6882 del 2002, affermativa della applicabilita' delle suddette proroghe di legge regionale. Cio' premesso, il Collegio rileva in primo luogo, agli effetti della corretta definizione dell'ordine logico delle questioni, che l'eventuale accoglimento di talune censure procedurali - quali l'incompetenza del sindaco (per la competenza dirigenziale) o il difetto partecipativo procedimentale - svolte nel primo ricorso, relativo all'occupazione d'urgenza, non risolverebbe comunque la complessiva controversia, anche sul piano del secondo contenzioso inerente il decreto di espropriazione, attesa l'autonomia delle due procedure (per cui l'annullamento dell'una non ha effetti caducanti sulla seconda, come invece avverrebbe nel caso di vizio di atti presupposti tanto dell'occupazione quanto dell'espropriazione, quali l'atto appositivo del vincolo preordinato all'espropriazione o l'atto dichiarativo della pubblica utilita' dell'opera). La disamina delle questioni forinali-procedurali dedotte nel primo contenzioso, relativo al decreto di occupazione, non riveste dunque carattere logicamente pregiudiziale. Viene invece al pettine con carattere di priorita' il «nodo» della perdurante vigenza, al tempo dell'adozione degli atti di approvazione del progetto (e di dichiarazione di pubblica utilita' dell'intervento) e di seguente occupazione d'urgenza (e, quindi, realizzazione effettiva delle opere) dell'atto che ha impresso agli immobili oggetto di causa il vincolo di finalizzazione alla realizzazione degli insediamenti produttivi preordinato all'esproprio. Si tratta insomma di stabilire se l'interesse pubblico alla realizzazione delle opere di infrastrutturazione serventi allo sviluppo industriale - consacrato nel piano del 1968-1970 - fosse ancora attuale e vigente (o, comunque, validamente prorogato) alla data della procedura ablatoria che ha travolto il diritto di proprieta' dei ricorrenti. E' da precisare che questo profilo, sia pure in termini molto stringati, e' dedotto anche nel primo giudizio (n. 697/1999 Reg. Gen.; dove, alla pag. 4 dell'atto introduttivo, sotto il punto D del motivo I, si afferma: «non risulta che le opere progettate siano state precedute da una rituale apposizione del vincolo preordinato all'espropriazione, ne' che ne sussista uno temporalmente vigente»). Esso viene poi dibattuto tra le parti in termini piu' ampi e dettagliati, come esposto sopra, nell'ambito del secondo giudizio (n. 13593/2004 Reg. Gen.). Al riguardo il Collegio non intende discostarsi dall'indicazione derivante dalla gia' citata sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 3130 del 2004, che ha affermato la intervenuta proroga fino al 2004 dei «vecchi» piani delle aree di sviluppo industriale della Campania giusta le sopra ricordate leggi regionali n. 16 del 1998 e n. 10 del 2001. Sennonche' il giudice di appello, nel ribaltare la (contraria) tesi sostenuta nel 2002 da questa Sezione, ha giustamente rilevato d'ufficio l'oggettivo dubbio di legittimita' costituzionale di queste leggi regionali che avrebbero «riesumato» piani «gia' morti». Ha pertanto rimesso gli atti al giudice delle leggi (con distinta ordinanza n. 3278/2004 del 25 novembre 2003 - 20 maggio 2004) perche' fosse affrontata e decisa la relativa questione di costituzionalita'. Questa questione, a quello che consta dagli atti (oltre che dalla rilevazione dai siti internet della Consulta e della Giustizia amministrativa), non risulta ancora decisa. Ora, consegue da quanto sopra esposto che si palesa parimenti rilevante nel presente giudizio la medesima questione di legittimita' costituzionale gia' sollevata dalla riferita pronuncia del Consiglio di Stato nel 2004, la cui non manifesta infondatezza, come gia' anticipato, e' allo stesso modo in foto condivisa da questo Collegio, negli esatti termini compiutamente ivi sviluppati dal Consiglio. La fattispecie esaminata dal Consiglio di Stato - e' bene subito precisare - aveva ad oggetto il medesimo piano regolatore dell'area di sviluppo industriale di Caserta di cui si discute nella presente controversia, originariamente approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 gennaio 1968, poi integrato e nuovamente approvato con il successivo decreto del 28 luglio 1970. In quel caso come in quello che forma oggetto del presente giudizio «non puo' ragionevolmente dubitarsi che lo stesso (piano di sviluppo industriale), per effetto dell'art. 25 della legge 3 gennaio 1978, n. 1 (e dell'art. 52, secondo comma, del d.P.R 6 marzo 1978, n. 218) sia effettivamente scaduto in data 28 luglio 1980, come correttamente ritenuto» in precedenti giudizi «di questa stessa sezione (decisioni 4723 e 4724 del 7 settembre 2000; 3349 del 21 giugno 2001)» [a Sezione IV del Consiglio di Stato, nei citati precedenti aveva motivatamente escluso che al piano consortile in esame fosse applicabile l'articolo 11 della legge 31 maggio 1990, n. 128, che ha prorogato al 31 dicembre 1990 il termine di validita' dell'art. 25 della legge 3 gennaio 1978, n. 1, non potendo ammettersi la prorogabilita' di un provvedimento non piu' efficace perche' scaduto, nonche' l'ulteriore proroga triennale di validita' dei piani consortili prevista dal secondo comma dell'articolo 52 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 (nel testo novellato dall'articolo 25 della legge 3 gennaio 1978, n. 1), termine a sua volta prorogato dal d.l. 13 febbraio 1981, n. 19 (art. 2) di tre anni (15 gennaio 1984), dal decreto-legge 28 febbraio 1986, n. 48 (art. 1) per un altro anno, dall'art. 1 del decreto-legge 20 novembre 1987, n. 474, fino al 30 giugno 1988, dall'art. 13 della legge 10 febbraio 1989, n. 48 fino al 31 dicembre 1989 ed all'art. 11 della legge 31 maggio 1990 n. 128, fino al 31 dicembre 1990]. Il Consiglio di Stato, sez. IV, nella ripetuta decisione n. 3130/2004, ha preso le mosse dalla considerazione che «le opere comprese nei piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale previsti dal d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, sono considerate di pubblica utilita', urgenti ed indifferibili per effetto dell'art. 53 del citato d.P.R. n. 218, con la conseguenza che, ai fini dell'adozione di un provvedimento di espropriazione, l'approvazione dei piani implica la valutazione della preminenza dell'interesse pubblico su quello privato (Cd.S., IV, 3 giugno 1996, n. 720)». Ha dunque rilevato che i predetti vincoli preordinati all'esproprio, giusta l'art. 25 della legge 3 gennaio 1978, n. 1, hanno durata di efficacia decennale e sono comunque reiterabili, secondo i principi generali, «in ragione di motivato esigenze di pubblico interesse, previo completo riesame dell'assetto urbanistico dell'area industriale (C.d.S., II, 24 ottobre 1990 n. 438)», ovvero possono essere prorogati prima della loro scadenza (con la precisazione che la proroga, per sua stessa natura, si configura come un atto accessorio rispetto ad un altro atto, principale, valido ed efficace C.G.A., 25 gennaio1990, n. 2). Tutto cio' premesso, il Consiglio di Stato ha dunque esaminato la questione dell'applicabilita' della proroga di efficacia disposta dall'articolo 10, comma 9, della legge regionale 16 marzo 1998, n. 16 (recante «Assetto dei Consorzi per le aree di sviluppo industriale»), interpretato autenticamente dal secondo comma dell'articolo 77 della successiva legge regionale 11 agosto 2001, n. 10 (concernente «Disposizioni di finanza regionale Anno 2001»). Il predetto articolo 10, rubricato «Piani regolatori delle aree e dei nuclei industriali», al comma 9, dopo aver fissato in via generale la efficacia dei piani dei Consorzi in dieci anni, espressamente afferma «La validita' dei piani esistenti e' prorogata per tre anni dalla data di entrata in vigore»; il secondo comma dell'articolo 77 della legge regionale n. 10 del 2001, fornendone l'interpretazione autentica, ha disposto che «la proroga di validita' ed efficacia dei Piani Regolatori delle Aree e dei Nuclei di cui all'articolo 10, comma 9. della l.r. 13 agosto 1998, n. 16 e' intesa nel senso che la stessa si applica a tutti i Piani esistenti, anche se medio tempore scaduti». Il giudice di appello ha quindi respinto l'interpretazione «costituzionalmente orientata», pure avanzata da questa Sezione, secondo la quale l'espressione «medio tempore scaduti» non potesse riferirsi indiscriminatamente a tutti i piani dei consorzi delle aree di sviluppo industriale comunque scaduti (ed indipendentemente dal momento della scadenza), ma dovesse riferirsi esclusivamente a quei piani venuti in scadenza tra il 1° gennaio 1991 (data di scadenza dell'ultima proroga degli stessi stabilita con norma statale e cioe' con la legge 31 maggio 1990, n. 128) ed il 25 agosto 1998, data di entrata in vigore della legge regionale 13 agosto 1998, n. 16. Per ragioni inerenti la lettera della norma regionale e l'intenzione del legislatore il Consiglio di Stato ha invece optato per una ricostruzione del significato della norma regionale nel senso che «sulla base del significato proprio delle parole contenute nell'articolo 10, comma 9, della legge 13 agosto 1998, n. 16, e dell'effettiva intenzione del legislatore, autenticamente interpretato dal secondo comma dell'articolo 77 della successiva legge 11 agosto 2001, n. 10, non puo' ragionevolmente dubitarsi che lo scopo delle ricordate disposizioni era proprio quello di rendere validi ed efficaci i piani che i Consorzi per le aree di sviluppo industriale avevano gia' elaborato anche da tempo e che, dunque, fossero suscettibili di immediata attuazione ... in realta' la voluntas del legislatore e' stata - evidentemente - quella di «prorogare» (impropriamente ovvero di far rivivere) tutti i piani approvati, in qualsiasi tempo scaduti». Da qui la conclusione della sicura applicabilita' al caso di specie della normativa contenuta nel comma 9 dell'articolo 10 della legge regionale 13 agosto 1998, n. 16, come autenticamente interpretato dal secondo comma dell'articolo 77 della legge 11 agosto 2001, n. 10, con la conseguenza della piena efficacia ovvero della rinnovata vigenza del piano regolatore consortile del Consorzio per l'area di sviluppo industriale di Caserta, approvato una prima volta con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 16 gennaio 1978 e successivamente, a seguito di un ampliamento territoriale dello stesso, con decreto del 28 luglio 1970. Ne consegue la necessita', sempre in linea con l'ampia motivazione fornita sul punto dal Consiglio di Stato nel richiamato precedente, che il Collegio proceda a delibare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale della ricordata normativa regionale con riferimento agli articoli 3, 42 e 97 della Costituzione in relazione alla «ammissibilita' di una siffatta compressione del diritto di proprieta', che puo' essere sussunta nell'ipotesi della reiterazione dei vincoli espropriativi». In merito il Collegio fa proprie le argomentazioni svolte sul punto dal giudice d'appello: «premesso che, com'e' noto, ai sensi dell'articolo 42, terzo comma, della Costituzione, la proprieta' privata puo' essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale, deve rammentarsi che l'articolo 53 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, stabilisce che le opere comprese nei piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale sono considerate di pubblica utilita', urgenti ed indifferibili, con la conseguenza, per un verso, che l'approvazione dei predetti piani regolatori comporta la valutazione di preminenza dell'interesse pubblico su quello privato dispone e, per altro verso, che i terreni compresi in tali strumenti sono sottoposti ad evidenti vincoli espropriativi. Pertanto, la questione che la Sezione deve delibare consiste nello stabilire se la normativa regionale, disponendo automaticamente e senza alcun incombente, istruttorio e/o procedimentale in capo ai consorzi per le aree di sviluppo industriale, la proroga dei piani regolatori consortili esistenti, anche se medio tempore scaduti, abbia o meno violato il principio della temporaneita' dei vincoli espropriativi, nonche' l'obbligo della puntuale motivazione in caso di reiterazione e quello di prevedere il giusto indennizzo. La Corte costituzionale con la sentenza n. 179 del 20 maggio 1999 ha espressamente affermato, al riguardo, che la reiterazione dei vincoli decaduti (preordinati all'espropriazione o con carattere sostanzialmente espropriativi) ovvero la loro proroga in via legislativa non costituiscono fenomeni per cio' solo inammissibili dal punto di vista costituzionale, potendo in concreto sussistere ragioni giustificative, accertate attraverso la opportuna e motivata valutazione procedimenentale dell'amministrazione competente, ovvero apprezzate dalla discrezionalita' del legislatore entro i limiti della non irragionevolezza e della non arbitrarieta'. Sempre secondo il giudice delle leggi, devono, invece, considerarsi inammissibili dal punto di vista costituzionale le reiterazioni dei vincoli espropriativi nei casi di proroga sine die o all'infinito (nel senso cioe' della reiterazione di proroghe a tempo indeterminato che si aggiungano le une alle altre), ovvero quando il limite temporale di efficacia delle disposte reiterazioni e' indeterminato, cioe' non sia certo, preciso e sicuro e quindi sia sostanzialmente irragionevole, sempreche' ovviamente non sia stato previsto l'indennizzo (oltre il periodo tollerabile di durata del vincolo stesso). In altri termini, il Giudice delle leggi ha ammesso che la mera scadenza dei vincoli preordinati all'espropriazione contenuti in uno strumento di pianificazione urbanistica non priva l'amministrazione competente alla realizzazione di progetti o interventi relativi ad esigenze generali (in funzione dei quali e' previsto il piano regolatore stesso) del potere di reiterazione degli stessi, ove persistano (ovvero sopravvengano anche) situazioni che ne impongano la realizzazione anche se per finalita' diverse da quelle originarie, sempreche' tuttavia la predetta reiterazione sia puntualmente motivata circa la necessita' e l'attualita' di acquisire la proprieta' privata (da valutare sulla base di una apposita istruttoria procedimentale da cui emerga la prevalenza dell'interesse pubblico rispetto a quello privato da sacrificare) e sia contemporaneamente prevista anche la corresponsione del giusto indennizzo al cittadino sacrificato. Con successiva pronuncia n. 411 del 18 dicembre 2001 la Corte costituzionale, proprio alla stregua degli enunciati principi ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 52 del d.P.R. 6 mazzo 1978, n. 218, proprio nella parte in cui consente all'Amministrazione di reiterare i vincoli scaduti, preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificabiita', senza previsione di indennizzo. Cio' precisato, la Sezione e' dell'avviso che nel caso di specie, i delineati presupposti, idonei a rendere compatibili con le previsioni costituzionali la reiterazione dei vincoli espropriativi scaduti, non sussistano. Invero, come si e' gia' avuto modo di evidenziare, il comma 9 dell'articolo 10 della legge regionale della Campania 13 agosto 1998, n. 16, nell'ambito della regolamentazione dell'efficacia dei piani dei consorzi delle aree di sviluppo industriale e dei nuclei industriali, fissata in via generale in dieci anni, ha stabilito sic et simpliciter che «la validita' dei piani esistenti e' prorogata per tre anni dalla data di entrata in vigore». Pur a volersi ammettere che con riferimento a tale singola disposizione (autenticamente interpretata dall'articolo 77 della legge 11 agosto 2001, n. 10, nel senso che la predetta proroga di validita' si applica a tutti i piani esistenti, anche se medio tempore scaduti, cosi' ricomprendendovi anche quello che costituisce oggetto del gravame in esame), la legge in esame possa essere considerata come una legge provvedimento (sulla cui compatibilita' con la Costituzione, da ultimo anche C.d.S., sez. IV, 11 marzo 2003, n. 1321). cio' non toglie che in concreto essa manchi di qualsiasi elemento volto a provare l'effettivo svolgimento di una puntuale procedura di valutazione degli interessi pubblici e privati in gioco in relazione alla necessita' ed all'attualita' da parte della pubblica amministrazione di disporre della proprieta' privata per realizzare un progetto di interesse generale, difettando altresi' della conseguente adeguata motivazione; manca inoltre qualsiasi previsione di indennizzo per la ulteriore compressione delle facolta' di godimento del diritto di proprieta'. Ne' i delineati presupposti possono in qualche modo ricavarsi aliunde ovvero dal contesto normativo in cui si collocano le due disposizioni in esame; ne' risultano dai lavori preparatori, di cui non vi e' traccia. Al contrario, la proroga generalizzata di tutti i piani esistenti porta ad escludere una valutazione analitica delle esigenze che possano giustificare la proroga dei singoli piani. Non puo' ragionevolmente dubitarsi, sotto tale profilo, che la richiamata normativa ha cosi' comportato un'inammissibile reiterazione dei vincoli espropriativi scaduti, assoggettando ingiustificatamente, in palese contrasto delle previsioni contenute nell'articolo 42, terzo comma, della Costituzione, le aree rientranti nel piano regolatore dell'area di sviluppo industriale di Caserta (tra cui quelle dei ricorrenti), approvato una prima volta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 gennaio 1968 e poi, a seguito di un ampliamento dell'estensione territoriale dell'area consortile, con decreto del 28 luglio 1970, ad un ulteriore vincolo espropriativo, senza che siano state accertate e evidenziate le ragioni di pubblico interesse che giustificavano il perdurante sacrificio della proprieta' privata e senza alcuna previsione di indennizzo. Risultano, altresi', violati, ad avviso della sezione, anche i principi di ragionevolezza, cui deve attenersi intrinsecamente la discrezionalita' del legislatore, nonche' i principi di legalita' e di buon andamento, cui deve ispirare, ai sensi dell'art. 97 della Costituzione, l'azione amministrativa. Invero, come si e' gia' avuto modo si evidenziare, la normativa in esame proroga automaticamente e indiscriminatamente qualsiasi piano regolatore dei consorzi per le aree di sviluppo industriale per il fatto della sua semplice esistenza, indipendentemente dal fatto che essi siano eventualmente gia' scaduti e per di piu' indipendentemente dal momento in cui essi siano gia' venuti a scadenza. E' noto, al riguardo, che la proroga di un provvedimento amministrativo, quale provvedimento di secondo grado, accede necessariamente ad un precedente provvedimento esistente e efficace, incidendo proprio sulla sua efficacia: la previsione della cui legittimita' si dubita, appare pertanto evidentemente irrazionale, rappresentando una vera e propria contraddizione in termini, la proroga di un provvedimento non piu' efficace. In realta', utilizzando in modo distorto lo strumento dell' interpretazione autentica di una propria precedente norma legislativa, il legislatore regionale, con disposizione innovativa (e non meramente interpretativo) ha sostanzialmente «riadottato» un precedente atto amministrativo, che aveva definitivamente esaurito il suo periodo di efficacia ed era quindi del tutto incapace di produrre propri effetti giuridici, conferendogli una nuova efficacia (con effetto retroattivo) attraverso una ficitio iuris (cioe' l'interpretazione di una norma giuridica che poteva logicamente e razionalmente riguardare solo i piani validi ed efficaci al momento della entrata in vigore della legge 13 agosto 1998, n. 16): tutto cio' al di fuori delle norme procedimenentali che ne disciplinavano l'emanazione e dunque in patente violazione dell'articolo 97 della Costituzione. Cio' senza contare che altrettanto irragionevolmente, in stridente contrasto con il principio di uguaglianza sostanziale sancito dall'articolo 3, secondo comma, della Costituzione, la riadozione o la. rinnovata efficacia attribuita al piano regolatore dell'area di sviluppo industriale di Caserta e' avvenuta ad oltre venti anni dalla sua originaria scadenza, senza che sia stata svolta alcuna valutazione sulla necessita' dell'intervento pubblico da realizzare in relazione al sacrificio imposto al privato». Per tutte le esposte ragioni il Collegio giudica rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 10, comma 9, della legge regionale della Campania 13 agosto 1998, n. 16, autenticamente interpretato dall'articolo 77 della successiva legge regionale 11 agosto 2001, n. 10, in relazione agli artt. 3, 42 e 97 della Costituzione. Ne segue la sospensione del giudizio e la rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la conseguente decisione.
P. Q. M. Non definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe indicati, ne dispone la riunione e dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 10, comma 9, della legge regionale dalla Campania 13 agosto 1998, n. 16, autenticamente interpretato dall'articolo 77 della legge regionale 11 agosto 2001, n. l0, per contrasto con gli artt. 3, 42 e 97 della Costituzione. Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ai sensi dell'art. 23 della legge 12 marzo 1953, n. 87, sospende il giudizio ed ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e che la stessa venga comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Napoli, nella Camere di consiglio del 27 aprile e del 22 giugno 2006. Il Presidente: D'Alessandro Il relatore: Carpentieri 07C0743