N. 96 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 aprile 2006
Ordinanza emessa il 27 aprile 2006 (pervenuta alla Corte costituzionale l'8 febbraio 2007) dal tribunale di Treviso nel procedimento civile promosso da Anselmi Claudia contro Cimba S.r.l. Lavoro e previdenza (controversie in materia di) - Tentativo obbligatorio di conciliazione - Condizione di procedibilita' della domanda - Possibilita' di agire in giudizio a seguito di tentativo di conciliazione ritualmente richiesto e successivamente archiviato dalla competente commissione per mancata comparizione delle parti - Omessa previsione - Denunciata lesione del principio di ragionevole durata del processo. - Codice di procedura civile, art. 410-bis, comma secondo. - Costituzione, art. 111, comma secondo.(GU n.11 del 14-3-2007 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento in materia di regolarizzazione del rapporto di lavoro n. 1151/2005 R.G. pendente tra Anselmi Claudia, ricorrente, rappresentata e difesa dall'avv. Antonio Guarnieri e dall'avv. Maria Luisa Terrin, con domicilio eletto presso lo studio di Treviso, piazza Ancillotto n. 8 giusta mandato a margine del ricorso, e Cimba S.r.l., in persona del legale rappresentante dott. Ringleb Alan Hungh, resistente, rappresentato e difeso dagli avv. Italo e Marina Melchiori, con domicilio eletto presso il loro studio in Treviso giusta mandato a margine della memoria difensiva ex art. 416 c.p.c., a scioglimento della riserva che precede, esaminati gli atti di causa, osserva quanto segue. La presentazione del ricorso per cui e' causa, avvenuta tramite deposito in cancelleria in data 19 ottobre 2005, non e' stata preceduta dall'espletamento del tentativo di conciliazione previsto dell'art. 412-bis, comma primo, c.p.c. come condizione di procedibilita' della domanda. Infatti, la procuratrice della ricorrente, dopo aver richiesto con raccomandata datata 22 aprile 2004 la convocazione della competente Commissione di conciliazione per la trattazione della controversia promossa dalla lavoratrice da lei assistita nei confronti del datore di lavoro ed ottenuta detta convocazione per il giorno 27 luglio 2004 (cfr. documenti n. 43 allegati al ricorso), concordava con la procuratrice della Cimba S.r.l. che quest'ultima comunicasse in data 21 luglio 2004 alla Commissione di conciliazione presso la Direzione provinciale del Lavoro di Treviso la loro richiesta di rinvio della suddetta convocazione «se possibile, ai prossimi mesi di settembre o ottobre» (cfr. doc. 1 allegato dai procuratori della ricorrente alla nota autorizzata depositata il 22 marzo 2006 su richiesta del G.L.). La Commissione di conciliazione non avrebbe accolto la richiesta archiviando la posizione per mancata comparizione delle parti (cfr. doc. 2 dimesso dai procuratori dell'Anselmi in data 22 marzo 2006 su richiesta del G.L.). Osserva questo giudicante che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 276/2000 ha stabilito che la «giurisprudenza consolidata di questa Corte ritiene che l'art. 24 della Costituzione, laddove tutela il diritto di azione, non comporta l'assoluta immediatezza del suo esperimento, ben potendo la legge imporre oneri finalizzati a salvaguardare «interessi generali», con le dilazioni conseguenti. E' appunto questo il caso in esame, in quanto il tentativo obbligatorio di conciliazione tende a soddisfare l'interesse generale sotto un duplice profilo: da un lato, evitando che l'aumento delle controversie attribuite al giudice ordinario in materia di lavoro provochi un sovraccarico dell'apparato giudiziario, con conseguenti difficolta' per il suo funzionamento; dall'altro, favorendo la composizione preventiva della lite, che assicura alle situazioni sostanziali un soddisfacimento piu' immediato rispetto a quella conseguita attraverso il processo»... «Il tempo di sessanta giorni durante il quale perdura l'impedimento e' obbiettivamente limitato e non irragionevole, anche considerando: a) che la richiesta del tentativo obbligatorio di conciliazione produce sostanzialmente gli effetti della domanda giudiziale, comportando la sospensione del decorso di ogni termine di prescrizione e di decadenza, per i sessanta giorni nei quali deve avvenire l'espletamento del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, cioe' per un tempo sufficiente ad instaurare la lite; b) che il giudice adito prima dell'esperimento del tentativo, o in pendenza del termine di cui sopra, si limita a sospendere il processo ed a fissare il termine perentorio di sessanta giorni per promuovere il tentativo, dopo di che il processo deve essere riassunto entro centottanta giorni, pena l'estinzione (art. 412-bis, terzo, quarto e quinto comma); c) che, prima dell'espletamento del tentativo di conciliazione e durante il termine per il suo espletamento, la situazione sostanziale e' comunque tutelabile in via cautelare, onde e' posta al riparo da eventuali pregiudizi derivanti dalla durata del processo a cognizione piena (art. 412-bis, ultimo comma)». Si ritiene pertanto che un siffatto sistema di garanzia di superiori interessi pubblici non puo' tradursi in un mero differimento temporale dell'esercizio della giurisdizione sulla domanda giudiziale, come invece accadrebbe, in palese violazione dell'art. 111 Cost., ove si ammettesse che trascorso il tempo della sospensione la parte sia comunque affrancata dal praticare un previo tentativo di conciliazione. Rileva il giudicante che nella fattispecie non appare manifestamente inf ondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 410-bis, secondo comma c.p.c. per violazione art. 111 della Costituzione - laddove al secondo comma prevede che la legge assicura la ragionevole durata di ogni processo -, in quanto la suddetta disposizione, in base alla quale trascorso inutilmente il termine di sessanta giorni dalla presentazione della richiesta di tentativo di conciliazione esso si considera comunque espletato ai fini dell'art. 412-bis, nel combinato disposto con quest'ultima norma e' tale da imporre (senza possibilita' di interpretazioni adeguatrici) di considerare legittima la condotta della parte che abbia omesso di espletare il tentativo di conciliazione. Infatti se la ratio della norma appare chiaramente quella di consentire all'interessato una rapida presentazione del ricorso in sede giurisdizionale, senza che egli possa subire pregiudizio dall'eventuale non tempestiva convocazione da parte della Commissione di conciliazione, non sembra consentito invece ammettere anche che l'espletamento del tentativo di conciliazione possa essere omesso allorche' come nella fattispecie sarebbe stato praticabile oltre un anno prima della presentazione del ricorso in sede giurisdizionale, trattandosi come sopra gia' detto di un istituto posto a presidio di interessi generali quali la deflazione delle controversie attribuite al giudice ordinario in materia di lavoro e la possibilita' di assicurare all'interessato un soddisfacimento piu' immediato rispetto a quello conseguibile attraverso il processo. Sussiste altresi' la rilevanza della questione nel presente giudizio, richiamate le circostanze in fatto e le argomentazioni in diritto suesposte.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost. e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta non manifestamente infondata e rilevante la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 410-bis comma secondo c.p.c. in relazione all'art. 111 Cost. per le argomentazioni indicate nella parte motiva della presente ordinanza; Sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga notificata al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Treviso, addi' 21 aprile 2006 Il giudice unico del lavoro: Napolitano 07C0271