N. 690 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 luglio 1990
N. 690 Ordinanza emessa il 16 luglio 1990 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Sambataro Rosario Felice Processo penale - Nuovo codice - Procedimenti speciali - Giudizio immediato - Richiesta di rito abbreviato - Dissenso del p.m. - Insindacabilita' da parte del giudice - Conseguente inapplicabilita' della diminuente ex art. 442, secondo comma Irragionevole limitazione del diritto di difesa - Compressione del potere giurisdizionale del giudice. (C.P.P. 1988, art. 458, primo e secondo comma). (Cost., artt. 24 e 101).(GU n.45 del 14-11-1990 )
LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da: Sambataro Rosario Felice, nato a Tusa il 20 maggio 1951, avverso l'ordinanza 14 marzo 1990 del g.i.p. del tribunale di Firenze; Sentita la relazione fatta dal consigliere dott. De Vincentis; Lette le conclusioni del p. m. con le quali chiede che la Corte suprema di cassazione, ritenuta l'istanza ammissibile rilevante e fondata, denunci l'illegittimita' costituzionale dell'art. 438 del c.p.p. 1988 per la parte in cui non prevede che il pubblico ministero, quando non consente alla richiesta di giudizio abbreviato, debba enunciare le ragioni del suo dissenso consentendone al giudice il controllo di "ragionevolezza", si' che la conseguente diminuzione di pena di cui all'art. 442 stesso codice, non dipenda da quell'immotivato dissenso, con violazione dei principi fissati agli artt. 3, 24, 25 e 102, secondo comma, della Costituzione. Il procedimento va conseguentemente sospeso e gli atti trasmessi alla Corte costituzionale per quanto di competenza. O S S E R V A 1. - Con atto in data 9 febbraio 1990, il p.m. presso il tribunale di Firenze chiedeva al g.i.p. in sede - a norma degli artt. 453 e 454 del c.p.p. 1988 - il giudizio immediato nei confronti di Sabataro Rosario, imputato del delitto di cui all'art. 71, primo comma, della legge 22 dicembre 1975, n. 685, commesso in Firenze il 18 gennaio 1990. Il g.i.p., con decreto 12 febbraio 1990, provvedeva in conseguenza fissando l'udienza del 21 maggio 1990. Con istanza in data 24 febbraio 1990 i difensori dell'imputato - a norma dell'art. 458 del c.p.p. - chiedevano il giudizio abbreviato, per il quale il p.m. negava il consenso. Con ordinanza 14 marzo 1990 il g.i.p. respingeva l'istanza dei difensori dell'imputato di fissazione di un'udienza, al fine di consentire alle parti di esporre le rispettive tesi in ordine all'accoglibilita' della dedotta istanza di rito abbreviato. Con i motivi di ricorso avverso quest'ultima ordinanza il difensore dell'imputato denuncia violazione ed erronea applicazione dell'art. 458 del c.p.p. e vizio di motivazione, in quanto la decisione nelle questioni dedotte con l'istanza di giudizio abbreviato e' demandata - secondo l'art. 458 del c.p.p., non al giudice del dibattimento, ma al g.i.p., di fronte al quale le parti, se autorizzate a comparire - come, nella specie, richiesto dall'imputato - possono anche sollevare questione di legittimita' costituzionale. La quale, nel caso di specie, avrebbe quella dell'art. 438 del c.p.p., che rende insidacabile il dissenso del p.m. 2. - Non e' manifestamente infondata la sollevata questione di legittimita' costituzionale, che non tocca, pero', l'art. 438 del codice di rito 1988, sebbene l'art. 458 dello stesso c.p.p., nella parte in cui - primo e secondo comma non prevede che il pubblico ministero debba motivare il diniego del consenso all'instaurazione del giudizio abbreviato chiesto dall'imputato al g.i.p. che ha emesso decreto di giudizio immediato. E' qui sufficiente richiamare in sintesi le ragioni addotte dal legislatore nella relazione al prospetto preliminare del nuovo c.p.p. circa i criteri ispiratori del principio di insindacabilita' da parte del giudice del dissenso del p.m. sulle richieste dell'imputato che riguardano - in sede di procedimenti speciali (libro VI) - la scelta del rito processuale (c.d. "patteggiamento sul rito", distinto dal "patteggiamento sulla pena"); scelta che, nella sua discrezionalita', costituisce prerogativa del potere di azione del p.m. 3. - Sono gia' stati espressi i dubbi circa la conformita' di tale disegno processuale ai parametri costituzionali e, in particolare, a quelli riguardanti il diritto di difesa e la soggezione dei giudici soltanto alla legge. La stessa Corte di legittimita' delle leggi e' intervenuta sul tema con numerose pronunce, due delle quali, di accoglimento, vanno qui richiamate: 1) la sentenza n. 66/1990, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 247, primo, secondo e terzo comma, del d.-l. n. 271/1989 - riguardante la disciplina transitoria del giudizio abbreviato - nella parte in cui non prevede che il p.m., in caso di dissenso, debba enunciarne le ragioni e nella parte in cui non prevede che il giudice, quando a dibattimento concluso ritiene ingiustificato il dissenso del p.m., possa applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442, secondo comma, del c.p.p. del 1988; 2) la sentenza n. 183/1990, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 452, secondo comma, del c.p.p. 1988, nella parte in cui non prevede che il p. m., quando non consente alla richiesta di trasformazione del giudizio direttissimo in giudizio abbreviato, debba enunciare le ragioni del suo dissenso e nella parte in cui non prevede che il giudice, quando, a giudizio direttissimo concluso, ritiene ingiustificato il dissenso del p.m., possa applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442, secondo comma, dello stesso codice. 4 - Appare, dunque, a questo collegio che la mancata previsione del dovere per il p.m. di enunciare la ragioni del dissenso sul passaggio dal rito immediato a quello abbreviato - richiesto dell'imputato a norma dell'art. 458 del c.p.p. - non solo difetti di ragionevolezza, ma violi, da un lato, il principio costituzionale (art. 24, secondo comma della Costituzione) del diritto della difesa di vedere in ogni caso valutata e decisa dal giudice la sua istanza; dalla quale possono discendere conseguenze non solo processuali, ma anche sostanziali, concernenti la riduzione della pena ex art. 442.2 del c.p.p. Dall'altro, appare violato il parametro costituzionale (art. 101 cpv. della Costituzione) riguardante l'assoggettamento del giudice soltanto alla legge, compromesso, nel caso di specie, dall'insindacabilita' di un negato consenso del p.m., che solo in parte si presenta giustificato da specifiche esigenze processuali; le quali, nel giudizio immediato, sono collocate nell'evidenza della prova (art. 453, del c.p.p.) e, nel giudizio abbreviato, risiedono nella possibilita' che il processo possa essere definito allo stato degli atti (art. 440, del c.p.p.). Cosicche' sulle prerogative del p. m. e sul potere discrezionale di scelta del rito allo stesso p.m. attribuito, non possono prevalere sia il diritto di difesa il cui ambito giunge a tutelare anche la scelta della giusta pena, e sia il potere-dovere del giudice di sindacare il dissenso del p.m., a garanzia di un giusto processo e di un equo trattamento sanzionatorio.
P. Q. M. Ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 458, primo e secondo comma, del c.p.p., in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso; Manda alla cancelleria per gli adempimenti previsti dall'art. 23, ultimo capoverso, della legge 11 marzo 1953, n. 87. Roma, addi' 16 luglio 1990 Il presidente: BOSCHI Il consigliere estensore: (firma illeggibile) 90C1336