N. 65 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 dicembre 1990
N. 65 Ordinanza emessa il 4 dicembre 1990 dal pretore di Pistoia, sezione dist. di Monsummano Terme, nel procedimento civile vertente tra Santiloni Luca ed altro e Lupicchi Calistri Riccardo ed altri Impiego pubblico - Dipendenti comunali - Pignoramento dello stipendio - Pignoramento successivo alla cessione perfezionata e debitamente notificata del quinto dello stipendio stesso - Pignorabilita' della somma risultante dalla differenza tra la meta' dello stipendio, valutato al netto delle ritenute, e la quota ceduta Mancata previsione della disciplina prevista dall'art. 547 del c.p.c. in linea generale che impone il calcolo della somma pignorabile in base alla differenza tra la retribuzione globale (al netto delle ritenute) e la quota ceduta - Ingiustificato trattamento di favore per i pubblici dipendenti non giustificabile per l'inesistenza di specifici e ben individuati motivi di interesse pubblico - Richiamo alle sentenze della Corte costituzionale nn. 89/1987 e 878/1988. Impiego pubblico - Indennita' di fine rapporto dei dipendenti pubblici - Mancata previsione della pignorabilita' fino al quinto per ogni tipo di credito come previsto per i lavoratori privati - Ingiustificata disparita' di trattamento di situazioni analoghe. (D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, artt. 2 e 68, secondo comma). (Cost., art. 3).(GU n.7 del 13-2-1991 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza. A scioglimento della riserva del 14 novembre 1990 osserva quanto segue: con atto notificato in data 7 settembre 1989, in virtu' di decreto ingiuntivo del 9 febbraio 1988 del presidente del tribunale di Pistoia, l'ufficiale giudiziario addetto a questa sezione distaccata, ad istanza di Luca Santiloni e Alberto Angelo Breschi, sottoponeva a pignoramento la misura di un quinto di tutti i crediti vantati da Lupicchi Calistri Riccardo nei confronti del comune di Montecatini Terme, quale dipendente della medesima amministrazione, sia a titolo di retribuzione mensile di qualunque altra indennita', ivi compresa quella per fine rapporto di lavoro, fino alla concorrenza della somma di lire 23.618.860, oltre interessi fino al saldo e competenze della procedura. Il terzo pignorato compariva a rendere la dichiarazione ex art. 547 del c.p.c., precisando, fra l'altro, che "il quinto dello stipendio erogato dal comune di Montecatini e' stato soggetto a cessione nei confronti della Fincral fino al maggio 1991 compreso"; produceva altresi' certificazione del sindaco del citato comune con la specifica delle varie voci componenti la retribuzione dalla quale risultava la predetta cessione. Dopo alcuni differimenti i creditori formulavano istanza di assegnazione della somma pignorata, chiedendo che la misura del quinto venisse calcolato sull'importo lordo della retribuzione, senza tener conto della cessione di credito in favore della Fincral. La fattispecie pone dubbi di costituzionalita' sotto due distinti profili che appare opportuno esaminare separatamente: 1) il primo riguardo all'efficacia ed opponibilita' al creditore procedente della cessione volontaria di parte dello stipendio del pubblico dipendente (nella specie del comune) debitore sottoposto ad esecuzione; 2) il secondo, riguarda la mancata previsione normativa della pignorabilita' delle indennita' di fine rapporto dovuto al pubblico dipendente. Sotto il primo profilo il dubbio di costituzionalita' deriva dall'applicabilita' - e di qui la rilevanza della questione - nella specie dell'art. 68, secondo comma del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, che dispone "Qualora i sequestri ed i pignoramenti abbiano luogo dopo una cessione perfezionata e debitamente notificata, non si puo' sequestrare o pignorare se non la differenza fra la meta' dello stipendio o del salario valutati al netto di ritenute e la quota ceduta, fermi restando i limiti di cui all'art. 2". Occorre verificare se detta discilina sia difforme da quella applicabile qualora il debitore sia un lavoratore subordinato. Invero, il codice di rito nulla dispone espressamente riguardo alla fattispecie in esame nel caso di dipendente "privato", limitandosi a prevedere l'onere per il terzo pignorato di specificare anche le "cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato" (art. 547, secondo comma, del c.p.c.). Premesso che la cessione di credito e' opponibile al creditore pignorante allorquando sia stata accettata dal debitore ceduto ed a lui notificata anteriormente al pignoramento (art. 2914, n. 2 cod. civ.) - tant'e', appunto, che il terzo, come detto, deve specificarne l'esistenza - pare legittimo ritenere, che la disciplina debba essere ricavata sul piano del diritto sostanziale e cioe' in virtu' degli effetti della cessione di crediti desumibili dagli artt. 1260 e ss. del cod. civ. Costituisce principio pacifico che la cessione di credito costituisce un contratto con efficacia traslativa tra cedente e cessionario, il quale determina la successione del secondo al primo del medesimo rapporto obbligatorio. In altre parole produce una trasformazione del rapporto obbligatorio riguardo al soggetto attivo, cosicche' il debitore ceduto deve adempiere la propria obbligazione nei confronti di un nuovo e diverso creditore (cessionario). Se cio' e' vero, ne discende che la cessione di parte dello stipendio da parte del lavoratore subordinato - sempre che sia opponibile al creditore pignorante - assume rilevanza ai fini della determinazione della somma da considerare per il calcolo della quota pignorabile ed assegnabile, in quanto a seguito della cessione il terzo pignorato (debitore ceduto) non e' piu' creditore del debitore esecutato (cedente) della parte di credito ceduta. Pertanto allorquando in sede di dichiarazione ex art. 547 del c.p.c. si specifichi l'esistenza di una cessione di parte dello stipendio, il quinto della retribuzione assegnabile (art. 552 e 553 del c.p.c.) deve essere calcolato sulla differenza fra la retribuzione globale (al netto delle ritenute) e la parte della stessa in precedenza ceduta. Questo per il lavoratore subordinato. Per il pubblico dipendente (in questo caso di amministrazione comunale sottoposto al regime del d.P.R., n. 180/1950 ex art. 1) invece il meccanismo previsto dal'art. 68 del citato d.P.R. comporta che il pignoramento sia eseguibile e le relative somme assegnabili se non per la differenza fra la meta' dello stpendio valutato al netto delle ritenute e la quota ceduta, fermi i limiti di cui all'art. 2 del d.P.R. Non e' manifestamente infondato ritenere che la norma appena citata comporti una disparita' di trattamento per il pubblico dipendente che non trova razionale giustificazione. Disparita' di trattamento che - se tutte le suesposte considerazioni sono esatte - puo' evitarsi o con la rimozione della citata norma) riportando anche l'ipotesi in essa regolata alla disciplina "comune" o con l'estensione analogica, ma di dubbia correttezza, al lavoratore subordinato del meccanismo previsto nella disposizione in esame. D'altra parte i dubbi di legittimita' costituzionale sono corroborati dalla considerazione che l'art. 68 del d.P.R. n. 180/1950 appare in linea con la generale impostazione di favore per il pubblico dipendente (funzionale all'esigenza di buona amministrazione) cui e' informato l'intero "Testo unico delle leggi concernenti il sequestro il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni". Impostazione che la Corte costituzionale ha avuto modo di definire non piu' sorretta da valida motivazione (sentenza nn. 89 del 31 marzo 1987 e 878 del 26 luglio 1988), se non quando siano individuabili specifici e ben individuati motivi di pubblico interesse, che nella specie non paiono sussistere. E pertanto fondato appare il dubbio di costituzionalita' dell'art. 68, secondo comma del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, in riferimento all'art. 3 della Costituzione nella parte in cui a differenza di quanto previsto dall'art. 543 e ss. del c.p.c. prevede che qualora il pignoramento abbia luogo dopo una cessione perfezionata e debitamente notificata dello stipendio del dipendente comunale, non si possa pignorare se non la differenza fra la meta' dello stipendio, valutato al netto di ritenute e la quota ceduta, fermo restando i limiti previsti dall'art. 2 dello stesso d.P.R. Il secondo ordine di problema riguarda la pignorabilita' della indennita' di fine rapporto di un pubblico dipendente. La questione e' rilevante poiche' nella specie i creditori procedenti hanno pignorato anche il quinto di tale indennita' chiedendone l'assegnazione. L'art. 545, terzo comma, del c.p.c. consente il pignoramento della indennita' di fine rapporto corrisposta al lavoratore subordinato per qualunque credito nei suoi confronti. L'art. 2 secondo comma del d.P.R. n. 180/1950 non prevede invece tale possibilita', consentendone il pignoramento solo per i crediti espressamente indicati ai nn. 1, 2 e 3. I ricordati motivi che hanno determinato le pronunce di illegittimita' costituzionale della suddetta norma, fanno ritenere, ancora una volta, non manifestamente infondato il dubbio di costituzionalita' sotto il profilo della violazione dell'art. 3 della Costituzione per ingiustificata disparita' di trattamento tra dipendente pubblico (nella specie di amministrazione comunale) e lavoratore subordinato. Ad abuntantiam, per questa indennita', appare arduo sostenere che la limitazione prevista dal citato art. 2 sia finalizzabile alla tutela del buon andamento degli uffici e della continuita' dei servizi della pubblica amministrazione, poiche' essa e' corrisposta dopo la cessazione del rapporto di pubblico impiego. Pertanto non appare manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale in relazione all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 2, primo comma, n. 3 del d.P.R. n. 180/1950 nella parte in cui in contrasto con l'art. 545, quarto comma del c.p.c. non prevede la pignorabilita' della indennita' di fine rapporto di lavoro nei limiti di un quinto corrisposta dai comuni per ogni credito vantato nei confronti del personale.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta la rilvanza e la non manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, dell'art. 68, secondo comma del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 e dell'art. 2 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, nei limiti enunciati in parte motiva; Dispone la immediata trasmissione degli atti relativi al proc. n. 447/1988 r.g. esecuzioni civili della pretura di Monsummano Terme alla Corte costituzionale sospendendo il presente processo esecutivo; Manda alla cancelleria per la notifica della presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' la comunicazione della medesima ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Monsummano Terme, addi' 4 dicembre 1990 Il vice pretore: PANELLI 91C0144