N. 39 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 ottobre 1997
N. 39 Ordinanza emessa il 20 ottobre 1997 dal pretore di Bologna sul ricorso proposto da Beccati Simona contro l'Ente Poste italiane Poste e telecomunicazioni - Ente Poste italiane - Dipendenti assunti con contratto a tempo determinato - Trasformazione del rapporto di lavoro in rapporto a tempo indeterminato, cosi' come previsto dalla precedente disciplina - Esclusione - Irragionevolezza - Violazione del principio di eguaglianza sotto i profili della disparita' di trattamento dei lavoratori dell'Ente Poste italiane sia rispetto a coloro che abbiano usufruito del beneficio sia rispetto ai lavoratori del settore privato - Lesione del diritto al lavoro e della sua tutela in tutte le forme ed applicazioni. (D.-L. 1 ottobre 1996, n. 510, art. 9, comma 21, convertito in legge 28 novembre 1996, n. 608). (Cost., artt. 3, 4 e 35).(GU n.6 del 11-2-1998 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza per la rimessione di questioni di legittimita' costituzionale alla Corte costituzionale nella causa r.g.l. n. 4299/96 promossa da Beccati Simona, (avv.ti L. Ruggiero e G. Bozzi), contro Ente Poste italiane, (avv.ti E. Baldi e A. Ambroz). Svolgimento del processo 1. - Simona Beccati ha chiamato in giudizio con ricorso dell'11 novembre 1996 l'Ente Poste italiane (EPI), da cui era stata assunta con un contratto a tempo determinato, durato dal 6 giugno al 3 settembre 1996. La ricorrente ha dedotto che il rapporto di lavoro a tempo determinato era inficiato da diverse violazioni della legge n. 230/1962; ha chiesto dichiararsi la nullita' del termine di durata apposto nel contratto, la prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto, la reintegrazione nel posto di lavoro ed altro. 2. - L'EPI si e' costituito in giudizio; ha sostenuto la legittimita' e la regolarita' del contratto e del rapporto di lavoro a termine; ha concluso per la reiezione delle domande, anche con il richiamo all'art. 9 comma 21 della legge 28 novembre 1996 n. 608, con il quale era stato stabilito che i contratti di lavoro a termine conclusi dall'EPI "dalla data della sua costituzione e comunque non oltre il 30 giugno 1997 non possono dar luogo a rapporti di lavoro a tempo indeterminato e decadono allo scadere del termine finale di ciascun contratto". 3. - Il difensore della ricorrente, dopo aver affermato la inapplicabilita' della norma richiamata alla fattispecie, in via subordinata ha sollevato la eccezione della illegittimita' costituzionale della stessa norma, con riferimento agli artt. 3, 4, 25, 35, 39, 77 e 101 della Costituzione, enunciandone le ragioni ed i profili. Motivi della decisione La rilevanza. 4. - La eccezione della legittimita' costituzionale della norma citata e' rilevante ai fini della decisione. La applicazione della norma citata della legge n. 608/1996, farebbe considerare non fondate le domande. Cio' e' dimostrato - tra l'altro - dalla sentenza richiamata dalla difesa dell'EPI, pronunciata dal pretore di Fano il 16 ottobre 1996, che riguarda la disposizione dell'art. 1, comma 21 del d.-l. 1 ottobre 1996, n. 404, convertito dalla legge n. 608/1996, e divenutone l'art. 9, comma 21. Cio' e' dimostrato anche dalla sentenza n. 291 pronunciata il 18 marzo 1997 da un altro pretore di Bologna, con il rigetto di domande analoghe a quelle di questo giudizio. Il merito delle eccezioni. 5.1. - Le eccezioni non sono manifestamente infondate, come invece e' stato sostenuto dalla difesa dell'EPI e nelle sentenze citate. 5.2. - La difesa dell'ente ha affermato che l'intervento del legislatore risponde "a precise finalita' di tutela del pubblico interesse per la cui tutela e' stato istituito l'EPI e che si inseriscono nei piu' generali obiettivi di risanamento della finanza pubblica non disgiunti dall'assicurare efficacia ed efficienza all'azione di erogazione di pubblici esercizi". E' stato anche sostenuto che il legislatore ha salvaguardato nel caso l'interesse generale "con misure che consentano di salvaguardare esigenze assunzionali straordinarie legate ad ipotesi specifiche di carenza funzionale senza che cio' possa comportare l'instaurazione di rapporti a tempo indeterminato che vanificherebbero le razionalizzazioni di organico che il consiglio di amministrazione dell'EPI si e' impegnato di fronte al Governo di realizzare, con conseguente esposizione di molti dipendenti al rischio della perdita del posto di lavoro". La norma in esame, sempre secondo la difesa dell'EPI, "posta a garanzia del perseguimento degli scopi per la cui realizzazione e' stato istituito l'EPI ed in particolare il pareggio del bilancio attraverso un radicale abbattimento dei costi, anche tramite un drastico ridimensionamento del personale", rappresenterebbe la traduzione di "un principio di ragionevolezza", per cui la tutela delle ragioni di pubblico interesse espresse dalla legge ordinaria necessariamente prevalgono sulle fonti di pari grado che riguardino altre materie, ed anche sulle disposizioni del contratto nazionale collettivo di lavoro della categoria. Tali argomenti sono stati fatti propri nella gia' citata sentenza del pretore di Fano, il quale ha affermato la manifesta infondatezza delle eccezioni di legittimita sollevate con queste testuali affermazioni: "In realta' il legislatore ha applicato un principio di ragionevolezza ed ha tenuto in considerazione, cosi' come la precedente legislazione aveva gia' fatto, la particolare condizione in cui l'Ente Poste si pone nell'ambito dei servizi pubblici. Questo ente assicura un servizio sociale di grande rilevanza ed ha sempre ottenuto una regolamentazione non privilegiata ma particolare che giustamente continua ad avere, avendo importato le ultime modifiche strutturali soltanto un mutamento organizzativo ma non la qualita' e la natura del servizio". Nella sentenza del 18 marzo 1997 del pretore di Bologna sono state ritenute manifestamente infondate le eccezioni di legittimita' costituzionale sollevate con riferimento al principio di uguaglianza e di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, tra l'altro, con le argomentazioni che seguono: "C) E' accaduto invece che il nuovo ente delle Poste italiane abbia proceduto a massicce assunzioni di personale a termine in completo spregio ed aperta noncuranza delle leggi vigenti, determinando cosi', nella materia dei contratti a termine, una specie di patologia (in senso economico-sociale) della patologia (in senso giuridico) consistente nel simultaneo attivarsi, in favore di migliaia di precari, di meccanismi sanzionatori che erano stati invece concepiti dal legislatore - e cosi', infatti, erano vissuti nell'ordinamento per alcuni decenni - per svolgere una funzione eminentemente dissuasiva, nell'ambito della quale lo scatto del meccanismo predisposto dalla legge e la conseguente effettiva conversione dei contratti avrebbe dovuto avvalersi in un numero marginale od opinabile di casi. D) Se lo sconsiderato e insipiente datore di lavoro autore di tanti inammissibili errori di gestione del personale fosse stato un soggetto privato certamente non sarebbe stato in alcun modo giustificabile un intervento in suo favore del legislatore (imputet sibi, si sarebbe dovuto dire): si trattava invece di un ente pubblico economico (frutto, tra l'altro, di una recente trasformazione di un'amministrazione statale) il cui immenso deficit di bilancio e' interamente a carico della collettivita' nazionale e dunque appariva innegabile l'esistenza di alcune ragioni d'intervento: ragioni sia di - evidente - ordine economico e finanziario sia di ordine etico (posto che si trattava di impedire che fosse recata a compimento quella specie di lotteria del posto fisso nella quale poteva ormai essere inquadrata la vicenda e di porre riparo a un disordine, ormai verificatosi, che sarebbe potuto anche sfociare nell'estrema misura di un licenziamento collettivo di massa). E) E questo il quadro storico nel quale, come del resto risulta anche dall'ordine del giorno della Camera che si e' supra riportato, il legislatore si e' indotto a intervenire con la grave misura del mutamento retroattivo delle regole e, se cosi' e', non pare al pretore che l'intervento legislativo in questione, diretto ad evitare che ricadessero sull'intera comunita' e su altri lavoratori gli errori sistematicamente compiuti da responsabili imperiti, possa qualificarsi, quantunque extra ordinem, irragionevole nel senso dei valori costituzionali (ne' puo' indurre a mutare opinione sul tema in discorso il fatto che, a quanto pare, l'autorita' competente abbia poi omesso di allontanare dall'Azienda i responsabili materiali del pasticcio: tale misura sarebbe stata certamente ragionevole ma non puo' dirsi che la sua mancanza faccia venir meno la ragionevolezza dell'intervento legislativo di cui trattasi). F) Per le considerazioni supra svolte appaiono manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale riferite al disposto degli artt. 3, 4, 35 e 77 della Costituzione". 6.1. - Come si e' constatato la difesa dell'ente e le decisioni con le quali sono state ritenute manifestamente infondate le eccezioni sollevate nei confronti della norma che pone nel nulla con efficacia retroattiva i diritti dei lavoratori precari assunti con contratti di lavoro a termine da ritenersi illegittimi, fondano la "Iegittima e intrinseca ragionevolezza" in senso costituzionale della norma (pur riconoscendo trattarsi di una particolare o eccezionale disciplina di rapporti di lavoro privati) su un unico criterio ritenuto fondamentale: la esigenza di risanamento del bilancio dell'EPI (e percio' della finanza dello Stato) nella prospettiva che vi si provveda anche e principalmente con la riduzione del personale da effettuare nella riorganizzazione dell'ente e delle sue strutture, e con impiego del tutto anomalo rispetto al diritto civile comune del rapporto di lavoro a tempo determinato. 6.2. - Si dubita che possa essere considerato conforme alla Costituzione che al fine di provvedere alla salvaguardia e alla tutela degli interessi di bilancio di un ente pubblico economico - cui e' stata affidata la gestione del servizio pubblico postale da realizzare con i metodi della impresa e con la applicazione del diritto privato ai rapporti di lavoro dei dipendenti, ed in definitiva per la salvaguardia del bilancio dello Stato, chiamato a ripianare le perdite economiche dell'EPI - possa essere in tali maniere compiuta la lesione del principio di certezza e di affidabilita' delle norme dello Stato nella materia dei rapporti di lavoro, fondamentale per la vita civile e sociale del paese, quale emerge da tutta la vicenda. Infatti, come e' stato rilevato anche nelle varie ordinanze, con la norma in esame si e' proceduto alla retroattiva sanatoria di un comportamento dell'EPI di sistematica violazione delle leggi, esistenti e dei diritti dei giovani lavoratori, che nascevano dalle leggi, e che non erano semplici aspettative. 6.3. - Si e' gia' detto in una precedente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale di analoghe eccezioni per la declaratoria della illegittimita' costituzionale della norma, quanto appaia poco affidabile e per nulla affatto "soddisfatoria" dei diritti dei lavoratori ricorrenti che sono stati annullati dalla norma in esame la condizionata preferenza loro accordata nelle future assunzioni di personale a tempo indeterminato che l'EPI avrebbe fatto, quale stabilita nella prima parte dello steso art. 9, comma 21 della legge. 6.4. - Le eccezioni sollevate appaiono plausibili sotto il profilo della denuncia di carenza di "ragionevolezza" della norma, per il discriminatorio annullamento di diritti di lavoratori, con la violazione delle norme e dei principi degli artt. 3, 4 e 35 della Costituzione, per le ragioni sommariamente esposte, ed sviluppate anche nelle molte ordinanze di altri pretori del lavoro, quali pronunciate e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale. 6.5. - In conclusione si aggiunge quanto possa apparire scarsamente credibile la affermata volonta' di voler provvedere al ripristino della legalita', non osservata in intere regioni del paese ed in ampie aree e settori delle pubbliche amministrazioni, quando si consente ad un ente creato con l'intento di dare una gestione privata ed efficiente al servizio pubblico postale una completa ed incontrollata liberta' di azione nella assunzione di personale precario, con la sottrazione dell'ente e dei lavoratori alle regole valide per gli altri imprenditori e per gli altri lavoratori, e sopratutto all'efficace e risolutivo meccanismo normativo della sanzione costituita dalla vincolante prosecuzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro a tempo determinato illegittimamente conclusi o gestiti.
P. Q. M. Rimette alla Corte costituzionale la questione della legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 21, della legge 26 novembre 1996, n. 608, nella parte in cui dispone che "le assunzioni di personale con contratto di lavoro a tempo determinato effettuate dall'ente ''Poste italiane'', a decorrere dalla data della sua costituzione e comunque non oltre il 30 giugno 1997, non possono dar luogo a rapporti di lavoro a tempo indeterminato e decadono allo scadere del termine finale di ciascun contratto", per il contrasto con le norme e i principi degli artt. 3, 4 e 35 della Costituzione per le ragioni di cui alla motivazione; Dispone la notificazione della ordinanza alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e la comunicazione di essa ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati; Sospende il processo e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Bologna, addi' 20 ottobre 1997 Il pretore: Governatori 98C0079