N. 71 SENTENZA 20 - 22 febbraio 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza e assistenza sociale - Infortuni sul lavoro in settori
 diversi di attivita' - Inabilita' permanente Valutazione complessiva
 e relativa liquidazione in unica rendita  - Limitazione allo stesso
 settore lavorativo - Deteriore trattamento per il lavoratore
 infortunato per eventi verificatisi non nello stesso settore -
 Razionalita' di una organizzazione previdenziale separata - Non
 fondatezza.
 
 (D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 80, ultimo comma, e 212).
 
 (Cost., art. 38, secondo comma, e 3, primo comma).
(GU n.9 del 28-2-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo  CASAVOLA,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,  avv.  Mauro
 FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli artt. 80, ultimo
 comma, e 212, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo  unico  delle
 disposizioni  per  l'assicurazione  obbligatoria contro gli infortuni
 sul lavoro e  le  malattie  professionali),  promosso  con  ordinanza
 emessa  il  12  aprile  1989  dal  Pretore di Torino nel procedimento
 civile vertente tra Lucco Bossu' Armando e l'I.N.A.I.L., iscritta  al
 n.  416  del  registro  ordinanze  1989  e  pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 38,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1989;
    Visti   gli  atti  di  costituzione  di  Lucco  Bossu'  Armando  e
 l'I.N.A.I.L.  nonche'  l'atto  di  intervento  del   Presidente   del
 Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  12  dicembre  1989  il Giudice
 relatore Aldo Corasaniti;
    Uditi l'avv. Salvatore Calibbo per Lucco Bossu' Armando e Antonino
 Catania per l'I.N.A.I.L. e l'Avvocato dello Stato Luigi Sinicolfi per
 il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Il Pretore di Torino, nel giudizio promosso da Bossu' Lucco
 nei  confronti  dell'INAIL,  per  conseguire   la   rendita,   previa
 valutazione   complessiva   delle   invalidita'   conseguenti  ad  un
 infortunio subito lavorando nel settore  dell'industria  e  ad  altro
 infortunio   subito  nell'espletamento  di  attivita'  agricola,  con
 ordinanza emessa il 12 aprile 1989 (R.O. n. 416/1989),  ha  sollevato
 questione  di  legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt.
 38, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, degli  artt.
 80,  ultimo  comma,  e  212 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1125 (Testo
 unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro  gli
 infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
    Osserva  il  giudice  a  quo che l'art. 80, ultimo comma, e l'art.
 212, che alla precedente disposizione rinvia, consentono di liquidare
 la  rendita,  nel  caso di infortuni plurimi, solo se questi si siano
 verificati   tutti   nell'ambito   dell'industria,   o    nell'ambito
 dell'agricoltura.
    Cio'  peraltro  sembra  contrastre  con  l'art. 38, secondo comma,
 della Costituzione, poiche' le suindicate norme precludono la  tutela
 assicurativa  al  lavoratore  che  abbia  riportato  piu'  infortuni,
 comportanti complessivamente una percentuale di invalidita' superiore
 al  minimo  indennizzabile,  subiti  in  diversi settori di attivita'
 protette.
    Appare  inoltre leso, ad avviso del giudice a quo, l'art. 3, primo
 comma, della Costituzione, non sembrando razionalmente giustificabile
 una diversita' di trattamento fra assicurati che abbiano riportato, a
 seguito di  piu'  infortuni,  una  invalidita'  eccedente  il  minimo
 indennizzabile,  a seconda della omogeneita', o meno, delle attivita'
 lavorative protette nel cui ambito gli infortuni si sono  verificati.
    2.  -  Si  sono  costituiti  innanzi  a  questa  Corte  il Bossu',
 sollecitando l'accoglimento della questione, e l'INAIL, chiedendo che
 la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.
    3.  -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato   dall'Avvocatura   dello   Stato,   che   ha   dedotto
 l'infondatezza della questione.
    Osserva l'Avvocatura dello Stato che l'applicabilita' dell'art. 80
 del d.P.R. n.1124 del 1965 al caso di  piu'  infortuni  riportati  in
 diversi  ambiti dallo stesso soggetto non esclude che al procedimento
 di unificazione si debba pervenire attraverso il  disposto  dell'art.
 79  dello  stesso  d.P.R.,  che  consente di calcolare la rendita per
 l'inabilita' permanente per il danno prodotto  dall'ultimo  sinistro,
 rapportandola  non  all'attitudine dell'assicurato al lavoro normale,
 ma a  quella  ridotta  per  effetto  della  concorrente  preesistente
 invalidita'.
                         Considerato in diritto
    1.   -   E'  stata  sollevata  in  via  incidentale  questione  di
 legittimita' costituzionale della normativa racchiusa  nell'art.  80,
 ultimo  comma,  e  nell'art.  212  del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124
 (Testo unico  delle  disposizioni  per  l'assicurazione  obbligatoria
 contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali).
    La  prima  disposizione,  che  fa  parte del titolo I, concernente
 l'assicurazione  nell'industria  -  nel   prevedere   il   caso   che
 l'assicurato,  gia'  raggiunto da inabilita' permanente in misura non
 indennizzabile (non superiore al dieci per  cento),  per  effetto  di
 infortuni  precedenti  verificatisi  nello stesso settore lavorativo,
 sia colpito da un nuovo infortunio,  anche  esso  recante  inabilita'
 permanente  non  indennizzabile - impone di valutare complessivamente
 l'inabilita' risultante a suo carico e, qualora essa superi la soglia
 dell'indennizzabilita',  di  liquidare  una  rendita in base al grado
 dell'inabilita' cosi' accertata ed  alla  retribuzione  percepita  al
 momento  del  nuovo infortunio. La seconda disposizione, che fa parte
 del titolo II, concernente l'assicurazione nell'agricoltura, dichiara
 applicabili  alle  rendite  per  inabilita'  permanente  derivante da
 infortuni e da malattie professionali e ai relativi  procedimenti  di
 liquidazione  le disposizioni del titolo I, e quindi anche l'art. 80.
    Sospetta  il  giudice  a  quo  che  tale  normativa  -  in quanto,
 nell'introdurre   il   beneficio   della   valutazione    complessiva
 dell'inabilita'  permanente  e della liquidazione di un'unica rendita
 come sopra indicato, lo limita  all'ipotesi  di  infortuni  policroni
 verificatisi  tutti  nello stesso settore lavorativo, cioe' tutti nel
 lavoro nell'industria, o tutti nel lavoro nell'agricoltura -  sia  in
 contrasto con l'art. 38, secondo comma, della Costituzione, in quanto
 precluderebbe la tutela assicurativa al lavoratore comunque raggiunto
 per  effetto  di  infortuni,  sia  pure verificatisi non nello stesso
 settore, da inabilita' permanente oltre la soglia indennizzabile (ora
 quella del 10 per cento sia nell'una che nell'altra assicurazione), e
 con l'art. 3, primo comma, della Costituzione, in  quanto  sancirebbe
 una  ingiustificata disparita' di trattamento fra il detto lavoratore
 e quello raggiunto da inabilita' permanente nello  stesso  grado  per
 effetto di infortuni verificatisi nello stesso settore lavorativo.
    2. - La questione cosi' posta non e' fondata.
   La  normativa impugnata risponde, secondo giurisprudenza e dottrina
 prevalenti,  alla  esigenza  di  una  valutazione  delle   inabilita'
 permanenti   omogenee   (quelle   appunto   derivanti   da  infortuni
 verificatisi in tempi successivi  nello  stesso  settore  lavorativo)
 complessiva  (e  quindi  riferita  all'intera capacita' lavorativa) e
 della conseguente liquidazione di un'unica rendita  commisurata  alla
 detta  valutazione complessiva (e alla retribuzione piu' elevata). In
 particolare il terzo comma dell'art. 80  mira  a  soddisfare  con  la
 maggiore  ampiezza  tale  esigenza,  in  quanto  concerne  il caso di
 successione nel tempo di piu' infortuni  nessuno  dei  quali  ex  se'
 recante  inabilita'  indenizzabile  (i  primi  due  commi  riguardano
 rispettivamente   il   caso   di   infortunio   recante    inabilita'
 indennizzabile che si aggiunge ad un altro che avesse, o ad altri che
 avessero, recato inabilita' indennizzabile, e il caso  di  infortunio
 non  recante  ex  se'  inabilita'  indennizzabile, che si aggiunge ad
 altro  che  avesse,  o  ad  altri  che  avessero,  recato  inabilita'
 indennizzabile).
    Con  riferimento  alla  assicurazione  (contro  gli infortuni e le
 malattie professionali) nell'industria e, rispettivamente,  a  quella
 (contro  gli  infortuni e le malattie professionali) nell'agricoltura
 (della  quale  si  tratta  nel  caso  concreto),  come  dalla   legge
 separatamente considerate, l'esigenza suindicata e' dunque pienamente
 soddisfatta.
    L'ordinanza  di  rimessione  rappresenta,  lamentandone il mancato
 soddisfacimento,  un'esigenza  ulteriore,  come   e'   quella   della
 valutazione  complessiva  delle  inabilita'  e  della liquidazione di
 un'unica rendita nel caso di inabilita' permanenti disomogenee, cioe'
 derivanti da infortuni verificatisi in tempi successivi in entrambi i
 settori lavorativi cui si riferiscono le due assicurazioni.
    Ma il mancato pieno soddisfacimento di tale ulteriore esigenza (al
 pari  della  stessa  nozione  di  omogeneita'  o  no  delle   plurime
 inabilita'  connesse ai piu' infortuni verificatisi in tempi diversi)
 discende dalla considerazione separata, ai fini dell'assicurazione in
 argomento,  dell'attivita'  lavorativa  svolta nei due settori, cioe'
 dalla organizzazione separata delle relative assicurazioni,  ciascuna
 delle   quali  rappresenta  un  sistema  con  proprie  previsioni  di
 presupposti del rapporto assicurativo,  di  doveri  contributivi,  di
 criteri  di valutazione della efficacia invalidante delle menomazioni
 fisiche (Tabella allegato 1 e Tabella allegato  2).  E  una  siffatta
 organizzazione  separata  non  appare  in  contrasto  con i parametri
 invocati - non con l'art. 38, secondo comma, ne' con l'art. 3,  primo
 comma,  della  Costituzione  -  quando  essa, come nel caso, si fondi
 sull'obbiettiva  (e  non  arbitraria)  distinzione  fra  due  settori
 lavorativi  e non lasci, nell'ambito di ciascuno di essi, alcun vuoto
 di tutela.
    Vero  e'  che l'art. 79 del d.P.R. n. 1124 del 1965 dispone che si
 tenga conto, al fine di valutare l'inabilita' permanente derivante da
 un  infortunio  in  un  settore lavorativo (industria o agricoltura),
 anche  di  quella  derivante  da  uno  o  piu'  infortuni   pregressi
 nell'altro settore (agricoltura o industria) - o addirittura da uno o
 piu' infortuni "estranei al lavoro" - alla condizione, peraltro,  che
 le  inabilita'  riguardino  il  medesimo  organo o complesso organico
 fisico dell'assicurato (ovvero due organi o complessi  organici  tali
 da  influenzarsi  fra  loro sotto l'aspetto invalidante). Condizione,
 questa, desumibile dalla  nozione  di  "aggravamento"  del  grado  di
 riduzione  dell'attitudine  al  lavoro  ivi  enunciata,  che  non  e'
 richiesta, invece, per la ipotesi di infortuni verificatisi in  tempi
 successivi nello stesso settore lavorativo ai sensi dell'art. 80.
    Ma  tale  disciplina persegue non gia' la finalita' di imporre una
 valutazione  complessiva  delle  inabilita'  e  conseguentemente   la
 liquidazione  di un'unica rendita, bensi' soltanto quella di adeguare
 realisticamente  la  valutazione  (a  se'   stante)   dell'inabilita'
 derivante   dall'ultimo   infortunio  (naturalmente  riferita  a  una
 attitudine lavorativa gia' ridotta  per  effetto  della  preesistente
 inabilita'  disomogenea  o delle preesistenti inabilita' disomogenee)
 in senso relativamente piu' favorevole  all'assicurato  (cfr.  ultima
 parte  art.  79),  nella  prevalente  considerazione dell'unitarieta'
 dell'insieme organico-funzionale interessato.Essa, dunque, per il suo
 ambito  di  applicazione  (in  quanto  l'adeguamento  riguarda  anche
 l'ipotesi di inabilita' pregresse derivanti  da  fatti  "estranei  al
 lavoro"),  e  per la sua limitata finalita' come appena indicata, non
 rappresenta un punto di convergenza  necessario  fra  i  due  sistemi
 assicurativi, ne' tanto meno esprime un princi'pio della legislazione
 in tema di valutazione complessiva delle inabilita' e di unificazione
 delle  rendite,  che imponga sul piano della coerenza, e quindi della
 ragionevolezza, di rettificare additivamente nel senso  auspicato  la
 normativa impugnata.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata la questione di legittimita' costituzionale,
 in riferimento agli artt. 38, secondo comma, e 3, primo comma,  della
 Costituzione,  degli  artt.  80,  ultimo  comma,  e 212 del d.P.R. 30
 giugno  1965,  n.  1124   (Testo   unico   delle   disposizioni   per
 l'assicurazione  obbligatoria  contro  gli  infortuni sul lavoro e le
 malattie  professionali),  sollevata  dal  Pretore  di   Torino   con
 l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 febbraio 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                        Il redattore: CORASANITI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 22 febbraio 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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