N. 362 SENTENZA 24 - 28 novembre 1997
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Previdenza ed assistenza - Avvocato e procuratore - Pensioni di vecchiaia e pensioni di anzianita' erogate dalla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense - Reiscrizione nell'albo professionale del titolare di pensione di anzianita' - Revoca del trattamento di anzianita' con esclusione altresi' del trattamento di vecchiaia - Riferimento alla giurisprudenza della Corte in materia (vedi sentenze nn. 194/1991 e 73/1992) - Necessita' di interpretare la revoca come misura provvista di effetti meramente sospensivi destinati a perdurare sino alla cessazione della causa di incompatibilita' - Non fondatezza. (Legge 20 settembre 1980, n. 576, artt. 2 e 3). (Cost., artt. 3, 4 e 38).(GU n.49 del 3-12-1997 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
ha pronunciato la seguente Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2 e 3 della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense) promosso con ordinanza emessa il 3 aprile 1996 dalla Corte di cassazione, nel procedimento civile vertente tra Giacomini Mario e Cassa nazionale di previdenza e assistenza avvocati e procuratori, iscritta al n. 969 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1996; Visti gli atti di costituzione di Giacomini Mario e della Cassa nazionale di previdenza e assistenza avvocati e procuratori, nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nell'udienza pubblica del 17 giugno 1997 il giudice relatore Fernanda Contri; Uditi gli avvocati Luigi Esposito per Giacomini Mario, Maurizio de Stefano e Maurizio Cinelli per la Cassa nazionale di previdenza e assistenza avvocati e procuratori e l'avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei Ministri; Ritenuto in fatto 1. - Nel corso di un giudizio promosso contro la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli avvocati ed i procuratori dall'iscritto Mario Giacomini, la Corte di cassazione, Sezione lavoro, con ordinanza emessa il 3 aprile 1996 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 4 e 38 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 2 (modificato dalla legge 2 maggio 1983, n. 175 e dalla legge 11 febbraio 1992, n. 141) e 3 della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense). Con ricorso in Cassazione, l'avvocato Mario Giacomini - titolare di pensione di anzianita' con decorrenza 27 gennaio 1987 e dalla stessa data cancellato dall'albo professionale - chiedeva l'annullamento della sentenza del tribunale di Novara depositata l'11 ottobre 1994 che confermava la decisione del pretore del lavoro di Novara, sezione distaccata di Borgomanero, con la quale veniva rigettato il ricorso diretto ad ottenere - avendo egli raggiunto l'eta' di 65 anni ed essendo sua intenzione reiscriversi all'albo - il riconoscimento del diritto alla reiscrizione all'albo medesimo e la concessione, in luogo della pensione di anzianita', della pensione di vecchiaia. Secondo l'avviso del giudice a quo che condivide l'interpretazione seguita in primo e in secondo grado, al ricorrente non poteva riconoscersi il diritto alla pensione di vecchiaia, in quanto la concessione della stessa presuppone l'attualita' dell'iscrizione all'albo professionale - elemento che, come si desume dall'art. 3 della legge n. 576 del 1980, non puo' ricorrere per chi goda della pensione di anzianita' - ed altresi' richiede l'applicazione di un criterio di calcolo inapplicabile al caso di specie (l'art. 2 della legge n. 576 del 1980 prevede infatti che la pensione di vecchiaia e' pari, per ogni anno di effettiva iscrizione e contribuzione, all'1,75 per cento della media dei piu' elevati dieci redditi professionali dichiarati dall'iscritto ai fini dell'Irpef, risultanti dalle dichiarazioni relative ai quindici anni solari anteriori alla maturazione del diritto a pensione). Da quanto precede, ad avviso del collegio rimettente, discende la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 2 e 3 della legge n. 576 del 1980, in riferimento agli artt. 3, 4 e 38 della Costituzione, sollevata sulla scorta della considerazione che, "se si giustifica, come ha ritenuto la Corte costituzionale, la incompatibilita' della pensione di anzianita' con la prosecuzione nella stessa attivita' professionale, non si comprende perche', raggiunta l'eta' pensionabile, l'avvocato non possa riprendere quell'esercizio professionale, invece permesso all'iscritto che, conseguita la pensione di vecchiaia, intenda proseguire nella stessa attivita', con la possibilita' anche di incrementare, per effetto dell'ulteriore contribuzione, il trattamento pensionistico". Sotto il profilo della non manifesta infondatezza, nell'ordinanza di rimessione si prospetta il contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in quando non appare al giudice a quo giustificata la disparita' di trattamento tra il professionista che, godendo della pensione di anzianita', vi rinunci per iscriversi nuovamente all'albo professionale al compimento del sessantacinquesimo anno e riprendere l'attivita' senza il supporto di alcuna prestazione previdenziale, rispetto al professionista coetaneo il quale, ancora iscritto all'albo, prosegua nell'attivita' professionale dopo aver maturato il diritto alla pensione di vecchiaia. Il contrasto con l'art. 4 della Costituzione deriverebbe dalla circostanza che all'iscritto titolare di pensione di anzianita' "viene di fatto impedita la possibilita', al compimento dell'eta' pensionabile, di riprendere quell'attivita' per la quale ha comunque acquisita una specifica professionalita', con menomazione del suo diritto al lavoro". Il collegio rimettente prospetta altresi' la violazione dell'art. 38 della Costituzione, poiche' il professionista che versi nella situazione del ricorrente nel giudizio a quo nonostante abbia maturato la dovuta anzianita' contributiva e raggiunto l'eta' pensionabile, nel caso intenda riprendere ad esercitare la professione, "viene ad essere privato di ogni forma di previdenza, in quanto non solo perde il diritto alla pensione di anzianita', ma non puo' nemmeno ottenere quella di vecchiaia". 2. - Nel giudizio davanti a questa Corte si sono costituite le parti del procedimento civile a quo. 2.1. - Con l'atto di costituzione, Mario Giacomini aderisce alle argomentazioni svolte nell'ordinanza di rimessione, insistendo nel denunciare la iniquita' della situazione in cui versa il professionista il quale, al compimento del sessantacinquesimo anno di eta', "per non perdere la pensione di anzianita' finisce per non fare l'avvocato quando tutti gli avvocati pensionati di vecchiaia possono pacificamente percepire la pensione e restare iscritti agli albi". 2.2. - La Cassa di previdenza ed assistenza forense convenuta nel procedimento a quo deduce innanzitutto l'inammissibilita' delle questioni sollevate per irrilevanza. Nell'atto di costituzione si osserva a questo riguardo che il ricorrente ha agito per ottenere la corresponsione della pensione di vecchiaia in luogo della pensione di anzianita'. Egli, in altri termini, senza previamente reiscriversi all'albo professionale, "ha fatto questione del diritto al mutamento del titolo della pensione in godimento", non disciplinato dalle disposizioni impugnate. Per quanto riguarda il merito delle questioni sollevate, la Cassa convenuta richiama innanzitutto la sentenza di questa Corte n. 73 del 1992, che ha ritenuto non ingiustificata l'incompatibilita' del trattamento di anzianita' con l'esercizio della professione, ed osserva che la lamentata disparita' di trattamento troverebbe una ragionevole giustificazione nel differente regime giuridico riservato alle pensioni di vecchiaia e di anzianita'. In particolare, ad avviso della Cassa di previdenza ed assistenza forense il rigore della disciplina impugnata troverebbe la sua giustificazione nel principio di solidarieta', tendendo le condizioni che limitano l'accesso al trattamento di anzianita' a bilanciare l'interesse del professionista a godere dei frutti della propria contribuzione con quello della Cassa "a che la frequenza statistica del ricorso a tale forma anticipata di pensionamento sia contenuta in limiti fisiologici", anche al fine di non compromettere l'equilibrio finanziario della gestione. In merito alla prospettata violazione dell'art. 4 della Costituzione, il convenuto nel procedimento civile a quo osserva che il diritto al lavoro non puo' considerarsi leso "solo perche' la norma non ha previsto che l'esercizio di questo (o la sua ripresa) sia ''assistito'' dalla concorrente erogazione di una prestazione pensionistica". In ordine al prospettato contrasto della disciplina impugnata con l'art. 38 della Costituzione, la Cassa osserva che "sia la richiesta di pensione di anzianita', sia la decisione, ottenuta quest'ultima, di riprendere l'attivita', e' frutto di una libera scelta, rimessa alla discrezionalita' dell'interessato, il quale e' in condizione di poter pienamente valutare a priori le conseguenze dei suoi atti volitivi e determinarsi in conseguenza". 3. - E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che le questioni sollevate dalla Corte di cassazione siano dichiarate infondate. Nell'atto di intervento si sottolinea in particolare che "la scelta liberamente effettuata, e certamente non revocabile una volta che se ne siano goduti i vantaggi previdenziali, determina legittimamente un diverso destino quanto alla possibilita' e alle conseguenze di uno svolgimento dell'attivita' professionale oltre il sessantacinquesimo anno". 4. - Nell'imminenza della data fissata per l'udienza, sia Mario Giacomini sia la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense hanno depositato ulteriori memorie illustrative, per sviluppare piu' ampiamente le deduzioni gia' svolte in sede di costituzione. Considerato in diritto 1. - La Corte di cassazione, Sezione lavoro, dubita, in riferimento agli artt. 3, 4 e 38 della Costituzione, della legittimita' costituzionale degli artt. 2 (modificato dalla legge 2 maggio 1983, n. 175, e dalla legge 11 febbraio 1992, n. 141), e 3 della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense) che disciplinano, rispettivamente, la pensione di vecchiaia e la pensione di anzianita' erogate dalla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense. Le disposizioni impugnate appaiono al giudice rimettente in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui prevedono, in caso di reiscrizione nell'albo professionale del titolare di pensione di anzianita', da un lato, la revoca di quest'ultima pensione (art. 3, quarto comma), dall'altro lato, l'esclusione del trattamento di vecchiaia, anche in considerazione del particolare criterio di liquidazione di quest'ultimo (art. 2, primo comma): cio' comporterebbe una disparita' di trattamento tra il professionista che, godendo della pensione di anzianita', vi rinunci per iscriversi nuovamente, al compimento del sessantacinquesimo anno, all'albo professionale al fine di riprendere l'esercizio della professione - perche' sarebbe privato in tal caso di ogni tutela previdenziale, sia contestuale all'esercizio professionale sia successiva - ed il professionista coetaneo il quale, avendo mantenuto ininterrottamente l'iscrizione all'albo, prosegua nell'attivita' professionale dopo aver maturato il diritto alla pensione di vecchiaia, percependo quest'ultima sia durante la prosecuzione dell'attivita' oltre la soglia dei sessantacinque anni sia nel caso di cessazione dell'attivita' professionale. Della legittimita' costituzionale degli artt. 2 e 3 la Corte di cassazione dubita anche in relazione all'art. 4 della Costituzione, in quanto, di fatto, tali disposizioni impedirebbero all'iscritto gia' titolare di pensione di anzianita', al compimento dell'eta' pensionabile ai fini del trattamento di vecchiaia, di riprendere quell'attivita' per la quale ha acquisito una specifica professionalita', con conseguente menomazione del diritto al lavoro. Le denunciate disposizioni appaiono infine al giudice a quo in contrasto con l'art. 38 della Costituzione, in quanto, in caso di reiscrizione nell'albo professionale, priverebbero il professionista titolare di pensione di anzianita' di ogni forma di tutela previdenziale, giacche' egli perderebbe in modo irreversibile non solo il diritto alla pensione di anzianita', ma altresi' quello alla pensione di vecchiaia. 2. - Preliminarmente, occorre esaminare l'eccezione d'inammissibilita', per irrilevanza delle questioni sollevate, opposta dalla Cassa di previdenza ed assistenza forense. Tale eccezione si basa sull'assunto che le disposizioni impugnate non disciplinerebbero la fattispecie concreta dedotta nel giudizio a quo, cioe' la pretesa al mutamento del titolo della pensione da parte del ricorrente (che ha agito per ottenere il riconoscimento della pensione di vecchiaia in luogo della pensione di anzianita'). L'eccezione non puo' essere accolta. Il collegio rimettente, mostrando di condividere le argomentazioni dei giudici di merito, con motivazione che non puo' ritenersi insufficiente, individua nelle disposizioni denunciate la ragione ostativa all'accoglimento della pretesa avanzata dal ricorrente: sia perche' dagli artt. 2 e 3 della legge n. 576 del 1980 non e' dato desumere alcuna deroga al principio generale di immutabilita' del titolo della pensione; sia in considerazione del criterio di calcolo della pensione di vecchiaia, che ad avviso della Corte di cassazione presuppone l'attualita' dell'iscrizione nell'albo professionale, oltre alla permanenza in tale posizione nel quindicennio precedente la maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia. 3. - La prima questione - sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione - non e' fondata. Nel prospettare tale dubbio di legittimita' costituzionale, la Corte rimettente presuppone un'interpretazione delle disposizioni denunciate secondo la quale, per un verso, esse non consentirebbero di superare il principio generale - pacifico nella giurisprudenza della Sezione lavoro della Corte di cassazione - del divieto di mutamento del titolo della pensione, salvo le ipotesi eccezionali espressamente previste dalla legge; per un altro verso, precluderebbero, a prescindere dal menzionato divieto, ed a causa del particolare criterio di liquidazione della pensione di vecchiaia, l'accesso dell'avvocato gia' titolare di pensione di anzianita' al trattamento di vecchiaia, pur in presenza del duplice presupposto della richiesta anzianita' contributiva e del raggiungimento dell'eta' pensionabile. Risultando, in ordine a tali due aspetti, ormai individuabile un diritto vivente conforme alle richiamate scelte interpretative del collegio rimettente, appare superfluo considerare opzioni esegetiche alternative volte a smentire l'assunto che configura come irreversibile il rapporto di alternativita' e di mutua esclusione tra pensione di vecchiaia e pensione di anzianita'; la tesi della necessaria attualita' dell'iscrizione nell'albo degli avvocati come presupposto per accedere al trattamento di vecchiaia al raggiungimento del sessantacinquesimo anno; la constatazione dell'inapplicabilita' al caso di specie ed a casi analoghi del criterio di liquidazione della pensione di vecchiaia (che, stando alla lettera dell'art. 2, richiede almeno dieci anni di reddito professionale dichiarato ai fini dell'Irpef, nel quindicennio precedente alla maturazione del diritto a pensione). Pur assunta nella interpretazione offerta dal collegio rimettente, la disciplina impugnata non introduce una irragionevole ed ingiustificata disparita' di trattamento tra il professionista che, godendo della pensione di anzianita', vi rinunci per iscriversi nuovamente all'albo professionale al compimento del sessantacinquesimo anno per riprendere l'esercizio della professione di avvocato, ed il professionista coetaneo il quale, ancora iscritto all'albo, prosegua nell'attivita' professionale dopo aver maturato il diritto alla pensione di vecchiaia. Questa Corte ha gia' avuto modo di illustrare le ragioni della incomparabilita' delle due forme di tutela previdenziale di cui si tratta, osservando, da un lato, che "la pensione di anzianita' non e' un'ipotesi particolare della pensione di vecchiaia, ma e' una forma previdenziale affatto diversa, indipendente dall'eta' e fondata esclusivamente sulla durata dell'attivita' lavorativa e sulla correlativa anzianita' di contribuzione effettiva" (sentenza n. 194 del 1991); dall'altro lato, con riferimento all'art. 3 della legge n. 576 del 1980, che "l'abbandono della professione, comprovato dalla cancellazione dagli albi degli avvocati e dei procuratori, e' una condizione strettamente inerente alla ratio di questa forma di pensione" (sentenza n. 73 del 1992), l'erogazione della quale consegue ad una libera scelta dell'interessato. Anche successivamente al compimento del sessantacinquesimo anno, l'onere di astenersi dall'esercizio dell'attivita' professionale - che non interessa i titolari di pensione di vecchiaia - e' riconducibile alla scelta dell'assicurato che abbia optato per questo tipo di prestazione previdenziale, basata su di un maggior numero di annualita' di contribuzione. Non travalica i limiti della ragionevolezza il legislatore previdenziale che, nel delineare il regime della pensione di anzianita' degli avvocati, anche a salvaguardia dell'equilibrio finanziario della gestione, ha discrezionalmente ritenuto di contenere il ricorso a questa particolare forma di tutela previdenziale anticipata, concessa anche in considerazione del presumibile logoramento psico-fisico sopravvenuto dopo un lungo periodo di attivita' professionale, e subordinata alla cancellazione dall'albo. Se si considera, come in altra occasione questa Corte ha rilevato, che "nel sistema riformato dalla legge n. 576 del 1980 il principio solidaristico non esclude, ma concorre col ''principio di proporzionalita' della pensione ai contributi personali versati''" (sentenza n. 1008 del 1988), non puo' ritenersi irragionevole, in assenza di un'espressa deroga al principio di immutabilita' del titolo della pensione, precludere l'erogazione di una nuova pensione di vecchiaia all'avvocato gia' titolare di pensione di anzianita' il quale, avendo incominciato a beneficiare di quest'ultima, eventualmente per vari anni, ha modificato - transitando da una posizione debitoria ad una posizione creditoria - il rapporto assicurativo, compromettendo l'integrita' della provvista contributiva alla quale dovrebbe ricondursi una nuova pensione di vecchiaia. Occorre aggiungere che le conseguenze paventate nell'ordinanza di rimessione non sono necessariamente destinate a verificarsi nei termini delineati dalla Corte rimettente. Se il diritto vivente e' orientato nel senso di escludere la possibilita' di erogare una nuova pensione di vecchiaia all'assicurato che avesse gia' optato per il trattamento di anzianita', in ordine all'interpretazione del quarto comma dell'art. 3 della legge n. 576 del 1980 non consta giurisprudenza. La privazione di ogni tutela previdenziale come conseguenza della reiscrizione nell'albo professionale del titolare di pensione di anzianita' puo' evitarsi interpretando la revoca di cui all'art. 3, quarto comma, della pensione di anzianita' in godimento come misura provvista di effetti meramente sospensivi, destinati a perdurare sino alla cessazione della causa di "incompatibilita'". 4. - Quanto precede impone di dichiarare infondata la questione sollevata con l'ordinanza in epigrafe, anche sotto il profilo della prospettata violazione degli artt. 4 e 38 della Costituzione. Per quanto riguarda il dubbio di costituzionalita' sollevato in riferimento all'art. 4 della Costituzione, alle considerazioni che precedono occorre aggiungere che questa Corte ha gia' avuto modo di rilevare, in merito ai condizionamenti che possono derivare dalla disciplina previdenziale forense, in generale, che "particolari circostanze di fatto soggettive, in relazione a qualunque normativa, possono sempre rendere difficile la scelta di un certo tipo di lavoro sotto il profilo della convenienza economica ... senza che per questo la liberta' della scelta sia esclusa o compromessa" (sentenza n. 132 del 1984); in ordine ai presupposti per il riconoscimento della pensione di anzianita', che l'art. 3 della legge n. 576 del 1980 risultava eccessivamente limitativo delle possibilita' di lavoro del pensionato per tutto il resto della sua vita, nella parte in cui prevedeva l'incompatibilita' della corresponsione della pensione di anzianita' con qualsiasi attivita' di lavoro dipendente e con l'iscrizione ad albi o elenchi di lavoratori autonomi diversi dagli albi di avvocato e di procuratore (sentenza n. 73 del 1992).
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 2 (modificato dalla legge 2 maggio 1983, n. 175 e dalla legge 11 febbraio 1992, n. 141) e 3 della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense), sollevata dalla Corte di cassazione, Sezione lavoro, in riferimento agli artt. 3, 4 e 38 della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 novembre 1997. Il Presidente: Granata Il redattore: Contri Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 28 novembre 1997. Il direttore della cancelleria: Di Paola 97C1358