N. 289 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 gennaio 1990

                                 N. 289
 Ordinanza  emessa  il  23  gennaio 1990 dalla Corte di cassazione nel
 procedimento civile vertente tra  l'I.N.P.S.   e  la  S.p.a.  Credito
 italiano
   Previdenza  e assistenza sociale - Esclusione dalla base imponibile
 dei contributi di previdenza e di assistenza sociale  dei  contributi
 versati  al  Fondo  nazionale  di  previdenza per gli impiegati delle
 imprese di spedizione e delle  agezie  marittime  Mancata  previsione
 dell'esclusione  dalla retribuzione imponibile dei contributi versati
 dal datore di lavoro a favore di regimi di  previdenza  complementare
 diversi  dal Fondo predetto e, segnatamente, dei contributi versati a
 favore del Fondo aziendale di previdenza - Ingiustificata  disparita'
 di trattamento di situazioni analoghe.
   (Legge  30  aprile  1969, n. 153, art. 12, in relazione al d.-l. 1›
 marzo 1985, n. 44, art. 1,  quarto  comma,  convertito  in  legge  26
 aprile 1985, n. 155).
   (Cost., art. 3).
(GU n.19 del 9-5-1990 )
                         LA CORTE DI CASSAZIONE
    Ha   pronunciato   la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  proposto
 dall'Istituto nazionale della previdenza  sociale  -  I.N.P.S.  -  in
 persona  del  presidente  pro-tempore,  elettivamente  domiciliato in
 Roma, via della Frezza n. 17, presso gli avv.ti Gianni Romoli e Fabio
 Fonzo  che  lo  rappresentano  e difendono giusta procura speciale in
 calce al ricorso, ricorrente, contro il Credito italiano  S.p.a.,  in
 persona   dei   legali   rappresentanti   pro-tempore,  elettivamente
 domiciliati in Roma, via Ciro  Menotti,  24,  presso  l'avv.  Rosario
 Flammia  che  unitamente  agli  avv.ti  Cesare  Grassetti e Salvatore
 Trifiro' li rappresenta e difende giusta procura speciale atti  notar
 Alfonso Ajello del 5 giugno 1986 n. rep. 63245, nonche' rappresentati
 e difesi dall'avv. Giuseppe  Guarino  giusta  procura  speciale  atti
 notar   Pietro   Sornani   del  22  dicembre  1989,  n.  rep.  73830,
 controricorrente, per l'annullamento della sentenza del tribunale  di
 Milano  in  data  17  gennaio 1985 dep. il giorno 8 maggio 1985 al n.
 418/1984 r.g.;
    Udita  - nella pubblica udienza del 23 gennaio 1990 - la relazione
 della causa svolta dal cons. rel. dott. De Luca;
    Uditi gli avv.ti Fonzo, Trifiro', Flammia e Guarino;
    Udito  il  p.m.  nella  persona  del  sost. proc. gen. dott. Paolo
 Dettori che ha concluso per  la  remissione  degli  atti  alla  Corte
 costituzionale.
                           RITENUTO IN FATTO
    Con  la sentenza ora denunciata, il tribunale di Milano confermava
 la sentenza 24 febbraio 1984 del pretore della stessa sede, che aveva
 accolto la domanda della S.p.a. Credito italiano, diretta ad ottenere
 l'accertamento   negativo   dell'obbligo   di   versare    contributi
 all'Istituto  nazionale  della  previdenza  sociale  (I.N.P.S.) sulle
 somme corrisposte al Fondo aziendale di previdenza per  il  personale
 dipendente,  istituito  allo  scopo  di erogare pensioni dirette e di
 riversibilita' (oltreche' di svolgere  funzioni  minori),  dotato  di
 autonomia  patrimoniale  e giuridica e finanziato da contributi della
 societa'  datrice  di  lavoro,  appunto,  oltreche'  dei   lavoratori
 partecipanti al Fondo.
    Avverso  la  sentenza  d'appello,  l'istituto  soccombente propone
 ricorso per cassazione affidato da un solo motivo.
    L'intimata  resiste  con controricorso, illustrato da memoria, nel
 quale propone, tra l'altro, questione di legittimita'  costituzionale
 dell'art. 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153.
                           OSSERVA IN DIRITTO
    1.  -  Con  l'unico  motivo  del ricorso, denunciando violazione e
 falsa applicazione dell'art. 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153  e
 degli  artt. 1362 e segg. del c.c. nonche' vizio di motivazione (art.
 360, n. 3 e 5, del c.p.c.),  l'Istituto  negoziale  della  previdenza
 sociale  (I.N.P.S.) censura la sentenza impugnata per avere negato la
 soggezione ad obbligo contributivo in favore di esso  istituto  delle
 somme   erogate   dalle   societa'  datrice  di  lavoro  (ed  attuale
 resistente)  al  Fondo  aziendale  di  previdenza  per  il  personale
 dipendente.
    La   societa'  resistente  propone,  in  subordine,  questione  di
 legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 36, 38 e 53
 della  Costituzione, dell'art. 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153,
 se interpretata nel senso che le somme erogate dal datore  di  lavoro
 al  Fondo  aziendale  di  previdenza,  di cui si discute nel presente
 giudizio, debbano essere assoggettate a contribuzione  previdenziale,
 specie  dopo l'entrata in vigore dell'art. 1, quarto comma, del d.-l.
 n. 44 convertito nella legge n. 155/1985 (che testualmente  sancisce:
 "art.  12  della  legge  30  aprile 1969, n. 153, va interpretata nel
 senso che sono  esclusi  dalla  base  imponibile  dei  contributi  di
 previdenza  e  di  assistenza  sociale  i contributi versati al Fondo
 nazionale  di  previdenza  per  gli  impiegati  delle   imnprese   di
 spedizione e delle agenzie marittime".
    Analogamente  al  Fondo aziendale di previdenza, di cui si discute
 nel presente giudizio, infatti il Fondo nazionale di  previdenza  per
 gli  impiegati  delle imprese di spedizione e delle agenzie marittime
 (costruito con il c.c.n.l. di  categorie  del  25  gennaio  1936,  in
 Gazzetta  Ufficiale  n.  47,  26  febbraio  1936, come modificato dal
 d.P.R. 8 settembre 1951, n. 1635, in Gazzetta  Ufficiale  n.  27,  1›
 febbraio   1952)   -   preso   in   considerazione  della  menzionata
 disposizione legislativa di interpretazione autentica (art. 1, quarto
 comma, e legge n. 44 conv. in legge n. 155/1985) -, e' finanziata, ad
 avviso della societa' resistente, da contributi di datori di lavoro e
 lavoratori.
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale  -  che  e'  stata
 prospettata in riferimento all'art. 3 della  Costituzione  -  e',  ad
 avviso  della  Corte rilevante e non manifestamente infondata (in tal
 seno vedi l'ordinanza di questa Corte n. 713/1989).
    2.  -  Solo  a  seguito  della menzionata norma di interpretazione
 autenticata (art. 1, quarto comma, d.-l. n. 44,  conv.  in  legge  n.
 155/1985),  infatti,  questa Corte (vedine le sentenze nn. 1242 e 929
 del 1989, 4023/1988  e  4422/1987)  ha  escluso  dalla  "retribuzione
 imponibile"  -  con  effetto  retroattivo  - i contributi versati dai
 datori di lavoro al Fondo nazionale di previdenza per  gli  impiegati
 delle imprese di spedizione e delle agenzie marittime.
    La  Corte si e' discostata, cosi', dal contrario orientamento fino
 ad allora espresso anche con riferimento ai contributi  datoriali  in
 favore  dello  stesso  Fondo  (vedi Cass. n. 1136/1974, 5980/1978) -,
 aderendo   alla   interpretazione   imperativamente    imposta    dal
 legislatore.
    Contestualmente,  pero',  la Corte si e' discostata (relativamente
 al detto Fondo) dal proprio orientamento consolidato che, - sia prima
 che  dopo  la  norma  d'interpretazione autentica in esame -, include
 nella "retribuzione imponibile" i contributi dei datori di lavoro  in
 favore  di  regimi  di previdenza complementare di versi dal Fondo in
 questione (vedi, per tutte, Cass.  nn.  5801,  3866,  1967,  61/1987,
 7354, 3877, 3121, 1546 del 1986, 1717/1984).
    Ne'  tale orientamento risulta contraddetto dalla esclusione dalla
 "retribuzione imponibile" - talora affermata da questa Corte (vedine,
 per  tutte,  le sentenze n. 3749/1988, 1900/1988) -, di somme versate
 dal datore di lavoro per l'assicurazione dei rischi professionali (ad
 integrazione   o  in  sostituzione  dell'assicurazione  obbligatoria)
 oppure extraprofessionali dei propri dipendenti, in quanto tali somme
 sono  volte  a  tenere  indenne  il  datore di lavoro dalla eventuale
 responsabilita' ( ex art.  2087  c.),  oppure  risultano  erogate  "a
 titolo  di liberalita'" e, come tali, sono riconducibili ad "elementi
 esclusi dal calcolo della retribuzione imponibile" (art. 12, cpv., n.
 6, legge n. 153/1969.
    Pertanto,  a  seguito  della norma di interpretazione autentica in
 esame (art. 1, quarto comma d.-l. n. 44 conv. in legge n.  155/1985),
 il  significato,  da  questa  imposto  alla disposizione interpretata
 (art. 12 della legge n. 153/1969),  contrasta  con  l'interpretazione
 che  della  stessa  disposizione  continua a dare - con riferimento a
 regimi di previdenza complementare diversi  dal  Fondo  nazionale  di
 previdenza  per  gli  impiegati  delle  imprese di spedizione e delle
 agenzie marittime -,  l'"ufficio  giudiziario  al  quale  compete  il
 magistero    della    nomofilachia"    (cosi'   testualmente,   Corte
 costituzionale n. 204/1982), cioe' quel  "diritto  vivente",  che  la
 stessa  Corte  costituzionale (vedine, per tutte, le sentenze n. 268,
 231, 221, 184,  52,  42  del  1986,  369,  361,  360  del  1985)  ha,
 ripetutamente    assunto    quale    oggetto   dello   scrutinio   di
 costituzionalita'.
    Ora   e'   proprio  il  rilevato  contrasto  tra  "interpretazione
 autentica" ed  interpretazione  giurisprudenziale  della  definizione
 legale  di  "retribuzione imponibile" (di cui all'art. 12 della legge
 n. 153/1969) - con riferimento specifico ai  contributi  erogati  dal
 datore  di  lavoro  al  menzionato Fondo e, rispettivamente, ad altri
 regimi di previdenza complementare -, a rendere  "rilevante"  e  "non
 manifestamente infondata" la questione di legittimita' costituzionale
 prospettata.
    A  differenza  di altre "novelle" dello stesso art. 12 della legge
 n. 153/1969, infatti,  la  disposizione  "interpretazione"  in  esame
 (art.  1,  quarto comma, del d.-l. n. 44, conv. in legge n. 155/1985)
 pare riferita alla definizione di "retribuzione"  imponibile"  -  che
 forma oggetto della girisprudenza di legittimita' menzionata -, e non
 gia' a singoli "elementi esclusi" oppure alla loro  elencazione  (cui
 si  riferiscono,  invece, l'art. 11 della legge n. 467/1984, e l'art.
 31, sesto comma, della legge n. 41/1936, l'art. 5, secondo comma, del
 d.-l.  n.  317 conv. in legge n. 398/1987, l'art. 4, comma 2-bis, del
 d.-l. n. 173 conv. in legge n. 291/1988 e, rispettivamente, l'art.  1
 della legge n. 876/1986).
    3.   -   la  "rilevanza"  -  che  e'  rimessa  alla  "motivazione"
 valutazione del giudice a quo (in tal senso, vedi, per  tutte,  Corte
 costituzionale  n.  297 e 247 del 1986, 228 e 165 del 1985, 293 e 286
 del 1984 -, si risolve, infatti, nella  influenza  -  ai  fini  della
 definizione,  appunto,  del  giudizio  a  quo -, delle disposizioni o
 delle  "norme"  (sullo  specifico  punto,  vedi,  per  tutte,   Corte
 costituzionale  n.  204/1982,  cit.,  e  Cass.,  sez.  un.  civ.,  n.
 4823/1987), che risultino investite dalla questione  di  legittimita'
 costituzionale  (in tal senso, vedi, per tutte, Cass. nn. 4389 e 3003
 del 1987, 5694 e 4789/1986, 3802/1985.
    In  particolare,  la  questione  di legittimita' costituzionale e'
 "rilevante" nel giudizio di  cassazione  quando  risulti  strumentale
 rispetto  alla soluzione - censurata con il ricorso - di questioni di
 diritto sostanziale o processuale (in tal  senso,  vedi,  per  tutte,
 Cass.  nn.  4389/1987,  5694/1986,  3802/1985 cit. e, con riferimento
 alle  impugnazioni  in  generale,  n.  4789/1986),  senza   supporre,
 tuttavia,  un accertamento di fatto ulteriore da parte del giudice di
 merito (vedi Cass. n. 4389/1987, cit).
    Ora,  nel  caso  di  specie,  la  decisione  del  ricorso dipende,
 appunto, dalla applicazione - ai contributi datoriali in  favore  del
 Fondo  aziendale  di  previdenza,  di  cui si discute -, dell'art. 12
 della legge n. 153/1969, nella  interpretazione  che  ne  viene  data
 dalla   consolidata   giurisprudenza   di   legttimita',  oppure  nel
 significato - affatto diverso -  imposto  dalla  norma  in  esame  di
 "interpretazione  autentica" (art. 1, quarto comma, del d.-l. nn. 44,
 conv. in legge n. 155/1985).
    Oltre  che  "rilevante",  la  prospettata questine di legittimita'
 costituzionale  e',  ad  avviso   di   questa   Corte,   anche   "non
 manifestamente infondata".
    4.  -  E'  benvero,  infatti,  che  la  legge  di "interpretazione
 autentica"  non  e',  di  per  se',   in   contrasto   con   precetti
 costituzionali,  potendo,  di  regola, il legislatore, nell'esercizio
 della propria "discrezionalita'", imporre un significato  determinato
 -  anche  con  effetto retroattivo - a disposizioni precedenti, senza
 interferire, con cio', nella sfera riservata  al  potere  giudiziario
 (in  tal  senso,  vedi, per tutte, Corte costituzionale nn. 118/1957,
 175/1974, 68/1984, 36/1985, 167 e 236 del 1986, 123, 233  e  754  del
 1988, 283/1989).
    Tuttavia  cio' non esclude che singole disposizioni legislative di
 "interpretazione  autentica"  possono  risultare  in  contrasto   con
 specifici precetti costituzionali.
    In  particolare,  vi'ola il principio di uguaglianza (art. 3 della
 Costituzione)   -   secondo   l'insegnamento   della   stessa   Corte
 costituzionale   (vedi   la   citata  sentenza  n.  283/1989)  -,  la
 disposizione  di  "interpretazione  autentica",  che,   discostandosi
 dall'orientamento   giurisprudenziale  consolidato  da  lungo  tempo,
 costituisca "elemento rivelatore di concreta  irrazionalita'"  (sullo
 specifico  punto,  vedi, da ultima, Corte costituzionale n. 55/1989),
 in dipendenza della proposta disciplina uniforme di  situazioni  (nel
 senso   considerato  da  Corte  costituzionale  n.  283/1989)  oppure
 dell'arbitraria diversificazione nel trattamento di situazioni  (fino
 ad allora considerate) omogenee o, addirittura, identiche.
    Pare  proprio  quest'ultima  l'ipotesi  che si e' verificata nella
 presente fattispecie.
    Peraltro la disposizione in esame (art. 1, quarto comma, del d.-l.
 n. 44, conv. n.  155/1985)  non  pare  rispettosa  del  principio  di
 uguaglianza (art. 3 della costituzione), anche sotto il profilo della
 "razionalita'"  e  della  "ragionevolezza",  laddove  -  nel  dettare
 l'"interpretazione    autentica"    della   definizione   legale   di
 "retribuzione imponibile" (art. 12, primo comma del testo sostituito,
 legge  n.  153/1969)  -,  ne escluda soltanto alcuni degli "elementi"
 parimenti  sussumibili   (e   della   giurisprudenza   effettivamente
 sussunti)  in  quel concetto (quali, appunto, contributi in favore di
 qualsiasi regime di previdenza "complementare").
   5.  - La ritenuta irrilevanza - in relazione alla "nozione causale"
 di "retribuzione imponibile" - della "funzione  previdenziale",  come
 ai  diversi regimi di previdenza complementare, costituisce, infatti,
 la    specifica    ratio    decidendi,    sottesa    all'orientamento
 giurisprudenziale   consolidato,   che,   include,   appunto,   nella
 "retribuzione  imponibile"  (di  cui  all'art.  12  della  legge   n.
 153/1969) i contributi datoriali a favore di quei regimi.
    In    relazione    alla   irrilevanza   della   comune   "funzione
 previdenziale" - che ha finora giustificato il menzionato trattamento
 omogeneo  dei  contributi  datoriali  a  favore  di regimi diversi di
 previdenza  complementare  -,  non  pare,  quindi,  "ragionevole"  e,
 comunque,  rispettosa  del  principio  di  uguaglianza  (art. 3 della
 Costituzione), la diversificazione arbitraria  di  quel  trattamento,
 imposta  dalla  disposizione in esame di "interpretazione autentica",
 ove questa vada intesa nel senso che  la  prevista  esclusione  dalla
 "retribuzione   imponibile"  (di  cui  all'art.  12  della  legge  n.
 153/1969) debba essere limitata ai contributi datoriali in favore del
 regime di previdenza complementare, menzionato contestualmente (Fondo
 nazionale di previdenza per gli impiegati delle imprese di spedizione
 e delle agenzie marittime).
    Infatti non hanno influito su quel trattamento omogeneo - di fonte
 esclusivamente giurisprudenziale - le diversita' che,  indubbiamente,
 connotano  i  regimi  di  previdenza complementare, in difetto di una
 disciplina unitraria di tali regimi nel nostro ordinamento.
    Ne'   e'  dato  individuare  elementi  idonei  a  giustificare  la
 diversificazione di  trattamento  -  in  punto  di  esclusione  dalla
 "retribuzione   imponibile"  (di  cui  all'art.  12  della  legge  n.
 153/1969) -, (ove questa sia) stabilita dalla disposizione  in  esame
 di  interpretazione  autentica (art. 1, quarto comma del d.-l. n. 44,
 conv. in legge n. 155/1985), tra i contributi datoriali a favore  del
 Fondo  nazionale  di  previdenza  per  gli impiegati delle imprese di
 spedizione e delle agenzie marittime (istituito  e  disciplinato  dal
 c.c.n.l.  28 gennaio 1936 e successive modifiche ed integrazioni), da
 un lato, e, dall'altro, i contributi datoriali a favore di  qualsiasi
 altro  regime  di  previdenza complementare e, segnatamente, a favore
 del Fondo aziendale di previdenza, di cui  si  discute  nel  presente
 giudizio,  sebbene  siano  anch'essi  istituiti  dalla contrattazione
 collettiva  (o  da  fonti  equipollenti)  per   erogare   prestazioni
 integrative  (o, comunque, "complementari") rispetto alle prestazioni
 della previdenza pubblica.
    La parificazione di trattamento tra i diversi regimi di previdenza
 complementari - che risultano connotati da sostanziale omogeneita' -,
 pare  affidata,  quindi,  alla "lettura costituzionale" (che non pare
 possibile, tuttavia,  attraverso  la  interpretazione  "adeguatrice")
 della  disposizione  in  esame  di  "interpretazione  autentica", che
 estenda l'applicazione della disposizione e, segnatamente,  al  Fondo
 aziendale di previdenza, di cui si discute nel presente giudizio.
    Ne'  puo' sfuggire la funzione "promozionale" di tale soluzione in
 favore dei regimi di previdenza complementare, che sono  destinati  a
 svolgere, in prospettiva, un ruolo di particolare rilievo (anche) nel
 nostro ordinamento.
    6.  -  La  conclusione  raggiunta  - in punto di rilevanza" e "non
 manifesta infondatezza" della prospettata questione  di  legittimita'
 costituzionale -, non muta ove la disposizione) art. 1, quarto comma,
 del d.-l. n.  44,  conv.  in  legge  n.  155/1985),  che  ne  risulta
 investita,   si  dovesse  configurare  come  disposizione  innovativa
 anziche' interpretativa (sui criteri differenziali, vedi, per  tutte,
 Corte costituzionale n. 233/1988).
    Siffatta  configurazione  - benche' negata da questa Corte (vedine
 le sentenze nn. 1242 e 929 del 1989, 4023/1988 e 4422/1987, cit.)  -,
 potrebbe  riposare,  tuttavia,  sul  rilievo  che,  non  immutando la
 definizione  del  concetto  di  "retribuzione  imponibile"  (di   cui
 all'art.  12 della legge n. 153/1969), la disposizione in esame (art.
 1, quarto comma, del d.-l. n. 44 conv. in legge n. 155/1985)  non  si
 limiti   ad  intervenire  sul  "significato  normativo"  (vedi  Corte
 costituzionale n. 233/1988, citato) della  disposizione  interpretata
 (appunto  l'art.  12  della  legge  n. 153/1969), ma espressamente ne
 escluda l'applicazione ad una delle fattispecie  "sussunte"  in  quel
 concetto  (per  una ipotesi, che pare analoga, vedi, per tutte, Cass.
 nn. 6061/1986, 3693, 4432, 8750 e 9482 del 1987).
    Il carattere innovativo della disposizione impugnata, infatti, non
 ne   escluderebbe   la   "concreta   irrazionalita'"   e,   comunque,
 l'attitudine  a  violare  il  principio  di uguaglianza (art. 3 della
 costituzione),  in  quanto  parimenti  diversificherebbe,  sia   pure
 soltanto  per  l'avvenire,  il  trattamento  giuridico  di situazioni
 sostanzialmente  omogenee,  in  difetto  di  qualsiasi  "ragionevole"
 giustificazione.
    7.   -  La  questione  di  legittimita'  costituzionale,  fin  qui
 esaminata, pare, invece, "manifestamente infondata"  con  riferimento
 agli altri parametri invocati dalla resistente (art. 36, 38 e 53).
    La  norma denunciata, infatti, comporta un aggravamento dell'onere
 a carico del  datore  di  lavoro,  per  contributi  in  favore  della
 previdenza     (oltreche'    dell'assistenza)    "pubblica",    senza
 pregiudicarne, tuttavia, le prestazioni in favore dei lavoratori.
    Non  pare  configurabile, pertanto, la violazione ne' dell'art. 38
 della costituzione -  che  garantisce,  appunto,  l'"adeguatezza"  di
 quelle  prestazioni  alle  "esigenze  di  vista" dei lavoratori - ne'
 dell'art. 36 della costituzione, che garantisce "proporzionalita'"  e
 "sufficienza"   della   retribuzione,   anche   a  voler  considerare
 "retribuzione  differita"  le  pensioni  erogate   dalla   previdenza
 "pubblica" (v. Corte costituzionale n. 501/1988).
    Peraltro  le  prestazioni dei regimi di previdenza complementare -
 ancorche' concorressero a garantire  la  "tutela  previdenziale"  dei
 lavoratori  (di  cui  all'art. 38 della Costituzione), siccome sembra
 prospettare la residente -,  non  sarebbero,  tuttavia,  pregiudicate
 dalla  inclusione  dei  contributi,  in  favore di quei regimi, nella
 "retribuzione imponibile"  ai  fini  della  previdenza  ed  assitenza
 "Pubblica" (di cui all'art. 12 della legge n. 153/1969).
    Del pari inconfigurabile e' la prospettata violazione dell'art. 53
 della  costituzione,  ove  si  consideri  "l'esigenza  di   specifica
 connotazione  tributaria"  dei  contributi  previdenziali  (v.  Corte
 costituzionale  n.  167/1986),  che,  peraltro,  priva  di  qualsiasi
 rilievo   -   sul  piano  della  legittimita'  costituzionale  -,  la
 esclusione del reddito di lavoro dipendente, ai fini dell'Irpef,  dei
 "contributi  versati.....  ad enti o casse aventi esclusivamente fine
 previdenziale o assistenziale...... "art. 48,  secondo  comma,  lett.
 a), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917).
    8.  - Pertanto, previa declaratoria di "rilevanza" e non manifesta
 infondatezza   della   prospettata    questione    di    legittimita'
 costituzionale  in  riferimento  all'art.  3  della  Costitizione, va
 ordinata  la   immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e sospeso il presente giudizio, disponendo che, a cura
 della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in
 causa, a, procuratore generale questa Corte nonche' al Presidente del
 Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai  Presidenti  della  Camera
 dei  deputati  e  del  Senato della Repubblica (ai sensi dell'art. 23
 della legge 11 marzo 1953, n. 87).
                                P. Q. M.
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento
 all'art.  3  della  Costituzione,  la   questione   di   legittimita'
 costituzione  dell'art.  12  della  legge 30 aprile 1969, n. 153, ove
 tale disposizione - specie dopo  l'entrata  in  vigore  dell'art.  1,
 quarto  comma,  del  decreto-legge  1›  marzo 1985, n. 44 (convertito
 nella legge 26 aprile 1985, n. 155) -, debba essere interpretata  nel
 senso  che non siano esclusi dalla "rettribuzione imponibile" (di cui
 al citato art. 12 della legge n. 153/1969) i contributi  versati  dal
 datore  di  lavoro  a  favore  di regimi di previdenza complementare,
 diversi dal Fondo nazionale di previdenza  per  gli  impiegati  delle
 imprese  di  spedizione e delle agenzie marittime, e, segnatamente, i
 contributi versati a favore del Fondo aziendale  di  previdenza,  del
 quale si discute nel presente giudizio;
    Dichiara   manifestamente   infondata   la   stessa  questione  di
 costituzionalita', in riferimento  agli  artt.  36,  38  e  53  della
 Costituzione;
    Ordina    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e sospende il presente giudizio;
    Dispone  che,  a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
 notificata alle parti in causa, al  procuratore  generale  presso  la
 Corte di cassazione nonche al Presidente del Consiglio dei Ministri e
 sia comunicata ai presidenti della Camera dei Deputati e  del  Senato
 della Repubblica.
    Cosi' deciso in Roma, il 23 gennaio 1990.
                   Il presidente: (firma illeggibile)

 90C0550