N. 85 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 dicembre 2015

Ordinanza  dell'11  dicembre  2015   del   Tribunale   amministrativo
regionale per il Lazio sui ricorsi riuniti  proposti  da  Universita'
degli   studi   di   Macerata   contro   Ministero   dell'istruzione,
dell'universita' e della  ricerca,  Ministero  dell'economia e  delle
finanze, Universita' degli studi G. D'Annunzio - Chieti - Pescara. 
 
Universita' - Norme in materia di organizzazione  delle  universita',
  di personale  accademico  e  di  reclutamento,  nonche'  delega  al
  Governo per incentivare la  qualita'  e  l'efficienza  del  sistema
  universitario - Introduzione, sentita l'ANVUR,  di  un  sistema  di
  valutazione ex post delle politiche di reclutamento  degli  atenei,
  sulla base di criteri definiti ex ante  -  Introduzione  del  costo
  standard unitario di formazione per studenti in corso cui collegare
  una percentuale della parte di fondo di finanziamento ordinario non
  assegnato. 
- Legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia di  organizzazione
  delle universita', di personale accademico e reclutamento,  nonche'
  delega al Governo per incentivare la qualita'  e  l'efficienza  del
  sistema universitario), art. 5, comma 1, lett. c), e art. 4,  lett.
  f) [recte: art. 5, comma 4, lett. f)] 
Universita' - Norme in materia di organizzazione  delle  universita',
  di personale  accademico  e  di  reclutamento,  nonche'  delega  al
  Governo per incentivare la  qualita'  e  l'efficienza  del  sistema
  universitario - Criteri per la determinazione  del  costo  standard
  unitario per la formazione di studenti in  corso  -  Previsione  di
  programmazione triennale per la  determinazione  delle  percentuali
  del  fondo  di  finanziamento  ordinario  da   ripartire   tra   le
  universita' in base al costo di formazione standard per studenti in
  corso. 
- Decreto legislativo 29  marzo  2012,  n.  49  ("Disciplina  per  la
  programmazione, il monitoraggio e la valutazione delle politiche di
  bilancio e di reclutamento degli atenei, in attuazione della delega
  prevista dall'articolo 5, comma 1, della legge 30 dicembre 2010, n.
  240 e per il raggiungimento degli obiettivi previsti dal  comma  1,
  lettere b) e c), secondo i principi normativi e i criteri direttivi
  stabiliti al comma 4, lettere b), c), d), e) ed f) e al comma  5"),
  artt. 8 e 10. 
(GU n.18 del 4-5-2016 )
 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                         (Sezione Terza Bis) 
 
    Ha pronunciato la presente ordinanza: 
        sul ricorso  numero  di  registro  generale  3447  del  2015,
proposto dall'Universita' degli Studi di  Macerata,  in  persona  del
legale rappresentante  pro  tempore,  rappresentata  e  difesa  dagli
avv.ti Aldo Sandulli, Francesco De Leonardis e Stefano  Battini,  con
domicilio eletto presso Francesco De Leonardis in Roma, Via  Fulcieri
Paulucci de' Calboli 9; 
    contro il Ministero  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della
ricerca, il Ministero dell'economia e  delle  finanze,  l'Universita'
degli Studi "G. D'Annunzio" - Chieti - Pescara, in persona dei legali
rappresentanti  pro  tempore,  rappresentati  e  difesi   per   legge
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in  Roma,  Via  dei
Portoghesi, 12; 
        sul ricorso  numero  di  registro  generale  3448  del  2015,
proposto dall'Universita' degli Studi di  Macerata,  in  persona  del
legale rappresentante  pro  tempore,  rappresentata  e  difesa  dagli
avv.ti Francesco De Leonardis, Stefano Battini e Aldo  Sandulli,  con
domicilio eletto presso Francesco De Leonardis in Roma, Via  Fulcieri
Paulucci de' Calboli 9; 
    contro il Ministero  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della
ricerca,  l'Universita'  degli  Studi  «G.  D'Annunzio»  -  Chieti  -
Pescara, l'Universita' degli Studi di Camerino, in persona dei legali
rappresentanti  pro  tempore,  rappresentati  e  difesi   per   legge
dall'avv. Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in  Roma,  Via
dei Portoghesi, 12; 
    Per l'annullamento: 
quanto al ricorso n. 3447 del 2015: 
    del    decreto    emanato    dal    Ministro     dell'istruzione,
dell'universita'  e  della  ricerca  di  concerto  con  il   Ministro
dell'economia e delle  finanze  in  data  9  dicembre  2014  n.  893,
pubblicato sul sito del MIUR in data 17 dicembre 2014, con  il  quale
vengono introdotte disposizioni  in  materia  di  costo  standard  di
formazione per studente per corso; 
    del    decreto    emanato    dal    Ministro     dell'istruzione,
dell'universita'  e  della  ricerca  di  concerto  con  il   Ministro
dell'economia e delle finanze in data 4 novembre 2014 n. 815, con  il
quale vengono individuati i criteri  di  ripartizione  del  Fondo  di
Finanziamento Ordinario (FFO) delle Universita' per l'anno 2014; 
    della nota tecnica «Costo standard  unitario  di  formazione  per
studente in corso» (Decreto ministeriale n. 893 del 9 dicembre 2014),
pubblicata  nell'area  riservata  del  sito  www.ateneo.cineca.it   e
conosciuta in data 23 dicembre 2014; 
    di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale; 
quanto al ricorso n. 3448 del 2015: 
    del    decreto    emanato    dal    Ministro     dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca in data  4  novembre  2014  n.  815,
pubblicato sul sito del MIUR in data 17 dicembre 2014, con  il  quale
vengono individuati i criteri di riparto del Fondo  di  Finanziamento
Ordinario (FFO) delle Universita' per l'anno 2014; 
    di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale. 
    Visti i ricorsi e i relativi allegati; 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  del   Ministero
dell'istruzione, dell'universita'  e  della  ricerca,  del  Ministero
dell'economia e  delle  finanze,  dell'Universita'  degli  Studi  «G.
D'Annunzio»  -  Chieti-Pescara  dell'Universita'   degli   studi   di
Camerino; 
    Vista la relazione del Ministero dell'economia e delle finanze  -
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato; 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; 
    Visto l'art. 79, comma 1, cod. proc. amm.; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatrice nell'udienza pubblica del  giorno  8  ottobre  2015  la
dott.ssa Emanuela Loria  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    Con il primo dei due ricorsi  in  epigrafe,  l'Universita'  degli
Studi di  Macerata,  ritenendosi  fortemente  penalizzata  dal  nuovo
sistema di ripartizione del fondo di  finanziamento  ordinario  (FFO)
per le Universita', applicato per la prima volta  nell'anno  2014,  e
ispirato al costo standard per studente in  corso,  ha  impugnato  il
decreto emanato  dal  Ministro  dell'istruzione,  dell'universita'  e
della ricerca di concerto  con  il  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze in data 9 dicembre 2014  n.  893,  pubblicato  sul  sito  del
M.I.U.R. in data 17 dicembre 2014 e il decreto emanato  dal  Ministro
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca di concerto con  il
Ministro dell'economia e delle finanze in data  4  novembre  2014  n.
815, con il quale vengono individuati i criteri di  ripartizione  del
Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) delle Universita'  per  l'anno
2014. 
    Con  il  secondo  dei  due  ricorsi  in  epigrafe,  la   medesima
Universita' degli Studi ha impugnato il decreto emanato dal  Ministro
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca in data 4  novembre
2014 n. 815, pubblicato sul sito del M.I.U.R.  in  data  17  dicembre
2014, con il quale vengono individuati i criteri di riparto del Fondo
di Finanziamento Ordinario (FFO) delle Universita' per l'anno 2014. 
    L'Avvocatura generale dello Stato si e' costituita in entrambi  i
giudizi, depositando la nota in data 15  luglio  2015  del  Ministero
dell'economia e delle finanze - con la quale si compiega la relazione
del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato n.  36915  del
29 aprile 2015. 
    Poiche'  i  ricorsi  sono  connessi,  per  evidenti  motivi   sia
soggettivi che oggettivi, il Collegio  ritiene  di  poterli  trattare
congiuntamente e quindi ne dispone la riunione ai sensi dell'art.  70
c.p.a. 
    L'Universita' degli Studi di Macerata sostiene, con il primo  dei
due ricorsi, di non opporsi al fatto  che  sia  stato  introdotto  un
nuovo  meccanismo  di  ripartizione  del   fondo   di   finanziamento
ordinario,  ma  ritiene  che  il  meccanismo,  per  come   e'   stato
strutturato  e  introdotto,  sia  illegittimo  e  generera'   effetti
paradossali e perversi che irragionevolmente  penalizzeranno  proprio
l'Ateneo maceratese (insieme ad altri Atenei), con  una  decurtazione
di 1,4 milioni di euro per l'anno  2014  che  tendera'  ad  aumentare
negli anni successivi sino a comportare nel 2018 una perdita pari  al
23% della propria attuale quota di  finanziamento  (-7,4  milioni  di
euro)   che   potrebbe   condurre   ad   un   rischio   di   chiusura
dell'Universita' nel volgere di pochi anni. Sottolinea, inoltre, come
si tratti di una struttura di comprovata efficienza sia in termini di
contenimento delle spese sia in termini di «performance». 
    In primo luogo, la  ricorrente  rappresenta  che  il  sistema  di
ripartizione del FFO per studente individuato dai  decreti  impugnati
e' viziato da incostituzionalita' delle norme di legge che  lo  hanno
introdotto. 
    La legge n. 240/2010 ha delegato il Governo a delineare i  tratti
essenziali del modello del costo standard, ma il  successivo  decreto
legislativo delegato n. 49/2012 non ha chiarito in alcun modo  i  due
elementi qualificanti del sistema, ossia la  percentuale  di  FFO  da
attribuirsi  in  base  al  nuovo   criterio   e   le   modalita'   di
quantificazione del costo standard per studente. In particolare,  non
ha in alcun modo stabilito se dovesse farsi riferimento ad  un  costo
standard unico per tutti gli Atenei oppure invece a un costo standard
specifico per ogni singola Universita'. 
    Il decreto legislativo citato ha demandato interamente al livello
amministrativo la definizione di tali elementi, nonostante  la  legge
delega imponesse  al  legislatore  delegato  di  definire  con  fonte
primaria gli elementi qualificanti del costo standard -  violando  in
tal modo l'art. 76 della Costituzione - e nonostante  il  sistema  di
finanziamento delle Universita' rientri nell'ambito della riserva  di
legge relativa posta dagli articoli 31 e 33 della Costituzione. 
    I  decreti  ministeriali  impugnati   con   il   ricorso   hanno,
conseguentemente,  definito  il  sistema  di  finanziamento  in  modo
illegittimo, in primo luogo, per illegittimita' costituzionale  delle
disposizioni da cui derivano e quindi per vizi propri sia procedurali
che sostanziali. 
    Il Collegio ritiene che le questioni  poste  superino,  in  primo
luogo, lo scrutinio di «rilevanza nel giudizio a quo»: i  decreti  di
cui si  chiede  l'annullamento  sono  di  diretta  derivazione  delle
disposizioni del decreto legislativo n.  49/2012  per  cui  non  puo'
essere  evitato  il  sindacato  sui  profili   di   costituzionalita'
sottoposti dalla ricorrente. 
    In secondo  luogo,  il  Collegio  ritiene  che  la  questione  di
costituzionalita' abbia  anche  il  requisito  della  «non  manifesta
infondatezza» sotto vari profili. 
    1. La legge n. 240/2010 prevedeva, all'art. 5 comma 1, lett. C) e
all'art. 4 lett. f), la delega al Governo  nell'ambito  dei  seguenti
principi e criteri direttivi: 
    «introduzione del  costo  standard  unitario  di  formazione  per
studente in corso, calcolato secondo indici commisurati alle  diverse
tipologie dei corsi di studio e  ai  differenti  contesti  economici,
territoriali e  infrastrutturali  in  cui  opera  l'universita',  cui
collegare l'attribuzione all'universita'  di  una  percentuale  della
parte di fondo di finanziamento  ordinario  non  assegnata  ai  sensi
dell'art. 2 del decreto-legge 10 novembre 2008 n. 180»; 
    «individuazione degli indici da utilizzare per la quantificazione
del costo standard unitario di  formazione  per  studente  in  corso,
sentita l'ANVUR». 
    Dalla lettura della disposizione si rileva che  contrariamente  a
quanto richiesto dall'art. 76 Cost., i principi e i criteri direttivi
a cui il Legislatore delegato si sarebbe  dovuto  attenere  non  sono
indicati nella disposizione  citata  ma  e'  definito  solo  l'ambito
oggettivo della delega: «introduzione del costo standard, definizione
di indici e percentuali». 
    Sotto tale profilo la legge delega appare eccessivamente generica
e lascia un margine eccessivamente ampio al Legislatore delegato, non
avendo  tratteggiato  come  richiesto  dalla  norma   costituzionale,
«principi e criteri direttivi». 
    E' quindi, sotto un primo aspetto,  la  legge  delega,  nei  suoi
articoli 5, comma 1, lett. c)  e  4  lett.  f),  ad  essere  sospetta
d'incostituzionalita' per contrasto con l'art. 76 Cost. 
    2. Ove tale  profilo  non  venga  ritenuto  fondato,  appare,  in
subordine,   manifesta    l'illegittimita'    costituzionale    delle
disposizioni del decreto legislativo delegato, che hanno  attuato  la
delega. 
    Infatti, il decreto delegato, anche nella ampiezza della  delega,
era tenuto a riempire di contenuti gli spazi lasciati dalla legge  di
delegazione, stabilendo in via diretta al proprio interno  (e  quindi
con  norma  primaria)  quali  dovessero  essere  gli  indici  e   gli
indicatori per la  quantificazione  del  costo  standard,  introdotto
dalla legge n. 240/2010, e quale dovesse  essere  l  percentuale  del
fondo di finanziamento da parametrare a tale criterio. 
    Il decreto delegato ha dato attuazione alla delega legislativa in
due distinti articoli: art. 8 «Costo standard unitario di  formazione
per  studente  in  corso»  e  art.  10  «Programmazione   finanziaria
triennale del Ministero». 
    In particolare all'art. 8, dopo avere definito il costo  standard
unitario per studente in corso, ha previsto che esso sia  determinato
«tenuto conto della tipologia di corso  di  studi,  delle  dimensioni
dell'ateneo e  dei  differenti  contesti  economici,  territoriali  e
infrastrutturali in cui opera l'universita'». Inoltre, a seguito  del
parere del Servizio Studi della Camera dei Deputati (che poneva  seri
dubbi in ordine al rispetto del criterio di delega), l'art. 8 prevede
quali siano le «voci di costo» da considerare per  la  determinazione
del costo standard: attivita' didattiche e di ricerca, in termini  di
dotazione  di  personale  docente  e   ricercatore   destinato   alla
formazione  dello  studente,  servizi  didattici,   organizzativi   e
strumentali,   compresa   la   dotazione   di    personale    tecnico
amministrativo,  finalizzati  ad  assicurare  adeguati   servizi   di
supporto alla formazione dello studente, dotazione  infrastrutturale,
di funzionamento e di gestione delle strutture didattiche, di ricerca
e di servizio dei diversi  ambiti  disciplinari,  ulteriori  voci  di
costo  finalizzate  a  qualificare  gli  standard  di  riferimento  e
commisurate alla tipologia degli ambiti disciplinari. 
    Come appare all'evidenza, si tratta di «voci di costo» e  non  di
«indicatori di costo», ossia in altre parole il decreto  delegato  ha
stabilito «cosa misurare» per pervenire al  costo  standard,  ma  non
«come misurare» le voci di costo. Inoltre,  l'ultima  voce  di  costo
appare eccessivamente generica  ed  e'  costruita  come  un  criterio
residuale in cui puo'  farsi  rientrare  qualsiasi  «voce  di  costo»
presente nei bilanci degli Atenei. 
    D'altronde, la scelta fondamentale di «come» costruire  il  costo
standard (e quindi in definitiva di come distribuire le risorse  alle
Universita') e' stata rimessa dall'art. 10 del decreto legislativo n.
49/2012 ad atti amministrativi, neppure aventi natura  regolamentare,
ed e' in  concreto  avvenuta  con  il  decreto  interministeriale  n.
893/2014 che  ha  disciplinato  in  modo  integrale  e  specifico  la
modalita' di distribuzione delle risorse. 
    Si e' dunque prodotto non solo un abbassamento del livello  della
fonte normativa, ma una delegificazione non prevista da alcuna  norma
di rango primario in un  ambito  che  investe,  sia  pure  attraverso
l'enunciazione di algoritmi e formule matematiche,  scelte  altamente
politiche in termini di  sviluppo  del  sistema  universitario  e  di
redistribuzione delle risorse economiche al suo interno. 
    Va poi considerato che l'art. 10 del decreto delegato prevede che
sia sempre il decreto interministeriale a  stabilire  le  percentuali
del FFO da ripartire in relazione al costo standard per studente,  la
qual cosa lascia all'amministrazione una  scelta  altamente  politica
poiche', se la percentuale del FFO da distribuire in  base  al  costo
standard e'  bassa,  l'incidenza  sulla  vita  delle  Universita'  e'
minima, ma se la percentuale tende ad  essere  alta  l'influenza  del
costo standard sullo svolgimento  e  l'efficienza  delle  Universita'
diviene determinante. Il  decreto  delegato  non  fissa  neanche  una
forbice o un «range» di riferimento ma lascia completamente la scelta
al decreto interministeriale, il che appare in contrasto con  il  sia
pur ampio criterio della  legge  delega  sopra  descritto  e  con  la
determinazione dei principi e criteri direttivi richiesti dalla norma
costituzionale dell'art. 76 Cost. 
    Il Collegio ritiene pertanto che  la  questione  di  legittimita'
costituzionale vada sollevata anche con riferimento agli articoli 8 e
10 del decreto legislativo n. 49/2012, per  violazione  dell'art.  76
Cost. 
    3. La non conformita' al testo  costituzionale  delle  norme  del
decreto delegato  sopra  indicate  concerne,  a  giudizio  di  questo
Collegio, anche la violazione  degli  articoli  33,  34  e  97  della
Costituzione, con particolare riferimento alle riserve di  legge  ivi
prescritte. 
    Secondo l'interpretazione che  la  giurisprudenza  costituzionale
(sentenza n. 383/1998) ha dato dei due articoli citati, la riserva di
legge scolpita, in particolare, nei commi 2 e  6  dell'art.  33  e  4
dell'art. 34, copre tutti i profili organizzativi  e  funzionali  del
sistema di istruzione, a cominciare dal  finanziamento,  per  cui  la
materia disciplinata  dagli  atti  ministeriali  e  interministeriali
impugnati avrebbe dovuto essere oggetto di fonte legislativa o avente
la medesima forza e valore. In particolare, la sentenza  n.  383  del
1998, per quanto concerne  lo  specifico  aspetto  dei  rapporti  tra
potesta' legislativa e potesta' normativa del Governo, pur ammettendo
l'eventualita'   che   un'attivita'   normativa   secondaria    possa
legittimamente essere chiamata dalla  legge  stessa  a  integrarne  e
svolgerne in concreto i contenuti sostanziali, tuttavia delimita tale
ambito nel senso che la riserva di legge non consente al  legislatore
di «istituire un potere ministeriale, svincolato da adeguati  criteri
di esercizio». Il potere dell'amministrazione, quindi  non  puo'  mai
dispiegarsi in modo «libero» ma deve sempre essere inserito in scelte
sostanziali predeterminate ed essere quindi esercitato entro limiti e
indirizzi ascrivibili al legislatore. 
    Nel caso oggetto di remissione, il decreto legislativo non appare
avere svolto, almeno  in  modo  idoneo  e  conforme  al  modello  del
rispetto della riserva di legge (sia pure  relativa)  come  delineato
dalla richiamata giurisprudenza,  tale  opera  di  delimitazione  dei
confini del potere conferito  all'amministrazione;  quest'ultima,  al
contrario, con i decreti impugnati ha effettuato scelte svincolate da
criteri di esercizio «forti» e di natura sostanziale che, come  sopra
si  e'  cercato  di  dimostrare,  risultano   carenti   nel   decreto
legislativo n. 49/2012. 
    La questione, come piu'  sopra  accennato,  si  palesa  rilevante
nella concreta fattispecie in quanto i  decreti  interministeriali  e
ministeriali  impugnati  determinano  i  criteri,  le  percentuali  e
quindi,   in   definitiva,   le   risorse   assegnate   al   bilancio
dell'Universita' ricorrente,  la  quale  da  tali  determinazioni  si
ritiene lesa  nelle  sue  prerogative,  nella  sua  organizzazione  e
finanche nella sua  stessa  sopravvivenza  negli  anni  accademici  a
venire. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza
Bis), visto l'art. 23 della legge  11  marzo  1953  n.  87,  dichiara
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale relativa: 
    agli articoli 5, comma 1, lett. c) e 4 lett. f)  della  legge  n.
240/2010 in riferimento all'art. 76 della Costituzione nei termini  e
per le ragioni sopraindicate; 
    agli articoli 8 e 10 del decreto legislativo n. 49  del  2012  in
riferimento agli articoli 76, 33, 34  e  97  della  Costituzione  nei
termini e per le ragioni sopraindicate. 
    Sospende il giudizio e dispone la trasmissione  degli  atti  alla
Corte  costituzionale;  dispone  che  la   presente   ordinanza   sia
notificata alle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia
comunicata ai presidenti della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica. 
    Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza. 
    Cosi' deciso, in Roma, nella camera di  consiglio  del  giorno  8
ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati: 
        Giuseppe Caruso, Presidente; 
        Ines Simona Immacolata Pisano, consigliere; 
        Emanuela Loria, Consigliere, estensore. 
 
                        Il Presidente: Caruso 
 
 
                                                   L'estensore: Loria