N. 772 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 settembre 1997

                                N. 772
  Ordinanza emessa l'8 settembre  1997  dal  pretore  di  Bologna  sul
 ricorso  proposto  da  L'Taaief Amor B. Ammor contro il Ministero del
 lavoro e della previdenza sociale
 Lavoro (Collocamento  al)  -  Lavoratori  extracomunitari  legalmente
    residenti  in  Italia  per  ragioni  di  lavoro  - Possibilita' di
    iscrizione nelle liste di collocamento obbligatorio  di  cui  alla
    legge   n.   482  del  1968  -  Mancata  previsione  -  Violazione
    dell'obbligo all'osservanza delle norme di diritto internazionale,
    anche per quanto concerne la condizione giuridica dello  straniero
    -  Lesione  dei  diritti  inviolabili  dell'uomo  -  Incidenza sul
    diritto di eguaglianza e sul diritto al  lavoro  -  Richiamo  alla
    sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 1990.
 (Legge  30  dicembre  1986,  n.  943,  art. 1 e seguenti; Convenzione
    organizzazione internazionale del lavoro 24 giugno 1975,  n.  143,
    ratif./esec. con legge 10 aprile 1981, n. 185).
 (Cost., artt. 2, 3, 4 e 10, primo e secondo comma).
(GU n.46 del 12-11-1997 )
                              IL PRETORE
   Ha  pronunziato la seguente ordinanza di rimessione di questione di
 legittimita' costituzionale alla Corte  costituzionale,  nella  causa
 r.g.l.  n. 4711/96 promossa da L'Taief Amor B. Ammor (avv. M. Vaggi),
 contro il Ministero del lavoro e della previdenza sociale (Avvocatura
 dello Stato).
                        Svolgimento del processo
   1. - L'Taief Amor B. Ammor, cittadino tunisino residente in Italia,
 venne  riconosciuto  il  10 ottobre 1996 invalido civile nella misura
 del 40% dalla Commissione medica periferica del Ministero del tesoro.
   Sulla base di tale accertamento egli presento' il 21 novembre  1996
 domanda  all'Ufficio  di  Bologna del Ministero del lavoro per essere
 iscritto nelle  liste  dei  lavoratori  invalidi,  agli  effetti  del
 collocamento al lavoro di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482.
   La richiesta fu respinta e fu comunicato al lavoratore che la legge
 non   prevede   la  iscrizione  negli  elenchi  per  il  collocamento
 obbligatorio  dei  cittadini  extracomunitari,  anche  se  muniti  di
 regolare permesso di soggiorno in Italia per ragioni di lavoro.
   Dopo  il  rifiuto  il  ricorrente  ha  sostenuto con ricorso del 12
 dicembre  1996  di  aver  diritto  alla  iscrizione  nell'elenco  dei
 lavoratori  invalidi  civili  ai  fini del collocamento al lavoro, in
 quanto  riconosciuto  e  dichiarato  invalido  civile,  agli  effetti
 dell'ordinamento italiano.
   Le  domande sono quelle di cui alle conclusioni che si trascrivono:
 "Si chiede che il signor pretore di Bologna in  funzione  di  giudice
 del  lavoro,  con  sua  sentenza,  voglia  dichiarare  e accertare il
 diritto  del  ricorrente  ad  essere  iscritto  negli  elenchi  degli
 invalidi   civili   di   cui   alla   legge   n.  482/1968;  ordinare
 conseguentemente al Ministero del lavoro  e  all'Ufficio  provinciale
 del  lavoro  e  della  massima  occupazione  di Bologna di dare luogo
 all'iscrizione del ricorrente nelle  predette  liste;  condannare  il
 Ministero  del  lavoro,  in  persona  del  Ministro  pro-tempore,  al
 pagamento in favore del ricorrente del risarcimento del danno  patito
 dal  ricorrente,  da determinarsi in via equitativa, nella misura che
 ci si riserva da indicare al termine del processo".
   2.  -  il  Ministero  ha  eccepito  innanzitutto  la   carenza   di
 giurisdizione del giudice ordinario nella controversia; ha contestato
 nel merito sotto diversi profili il fondamento delle domande.
                         Motivi della decisione
   La questione della giurisdizione.
   4.1. - La questione sara' decisa con il merito.
   In  via  di  delibazione,  ai  soli  fini  della  prosecuzione  del
 giudizio, si  ritiene  che  sussista  la  giurisdizione  del  giudice
 ordinario, per le sommarie considerazioni che si espongono.
   4.2.  -  In  questo processo viene fatto valere nei confronti della
 pubblica amministazione il diritto del lavoratore straniero residente
 legalmente in Italia ad essere iscritto nell'elenco di  cui  all'art.
 19  della  legge  n.  482/1968, in quanto invalido civile. Il diritto
 viene basato innanzitutto sull'art. 1 della legge 30  dicembre  1986,
 n. 943, e su alcune norme della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
   4.3.   -  Poiche'  il  diritto  dei  lavoratori  appartenenti  alle
 categorie  protette   dalla   legge   n.   482/1968,   e   successive
 modificazioni  ad essere iscritti negli elenchi previsti dall'art. 19
 di tale legge viene riconosciuto essere un diritto soggettivo, la sua
 tutela anche nei confronti della pubblica amministrazione spetta alla
 giurisdizione ordinaria.
   4.4. - Uguale tutela  compete  percio'  anche  alla  pretesa  dello
 stesso   diritto  fatta  valere  in  questo  processo  dal  cittadino
 extracomunitario legalmente residente nel territorio della Repubblica
 per prestarvi lavoro.
   L'oggetto  e  la  ragione  della  domanda   principale   riguardano
 l'accertamento ed il riconoscimento del diritto alla iscrizione negli
 elenchi,  in  quanto  si  afferma  che  il  ricorrente ha i requisiti
 previsti dalla legge. Del resto il  Ministro  del  lavoro  e  la  sua
 difesa  hanno  negato e contestato in radice la esistenza del diritto
 affermato e preteso dal ricorrente.
   Poiche' in questo giudizio non si  fa  questione  dei  modi  e  dei
 parametri  della  applicazione  delle  norme  da parte della pubblica
 amministrazione  incaricata  della  tenuta  degli   elenchi   e   del
 successivo  collocamento  al  lavoro,  si ha anche in tale maniera la
 conferma della ragione per affermare  la  giurisdizione  del  giudice
 ordinario sulle domande proposte.
   Le norme da applicare.
   5. - La domanda principale  e' stata basata sull'art. 1 della legge
 30  dicembre  1986,  n.  943 del seguente tenore: "1. - La Repubblica
 italiana, in attuazione della convenzione  dell'Oil  n.  143  del  24
 giugno  1975,  ratificata  con  la  legge  10  aprile  1981,  n. 158,
 garantisce a tutti i lavoratori extracomunitari legalmente  residenti
 nel  suo  territorio  e  alle  loro famiglie parita' di trattamento e
 piena uguaglianza di diritti  rispetto  ai  lavoratori  italiani.  La
 Repubblica italiana garantisce inoltre i diritti relativi all'uso dei
 servizi sociali e sanitari, a norma dell'art. 5 del d.-l. 30 dicembre
 1979,  n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio
 1980, n. 33, al mantenimento dell'identita' culturale, alla scuola  e
 alla  disponibilita'  dell'abitazione, nell'ambito delle norme che ne
 disciplinano l'esercizio".
   5.1. - La difesa del ricorrente ha sostenuto  che  la  applicazione
 anche  ai  lavoratori  extracomunitari legalmente residenti in Italia
 delle norme sul collocamento obbligatorio dei  lavoratori,  le  quali
 hanno  tuttora  la  disciplina  generale  nella legge n. 482/1968, ha
 trovato una ulteriore e significativa conferma nella legge 5 febbraio
 1992,   n.   104,   intitolata   "legge-quadro   per    l'assistenza,
 l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate".
   L'art.  3,  quarto comma, di tale legge dispone che essa si applica
 "anche agli stranieri e agli apolidi residenti, domiciliati o  aventi
 stabile  dimora  nel  territorio  nazionale"  ... "nei limiti e nelle
 condizioni  previste  dalla  vigente  legislazione   o   da   accordi
 internazionali".
   La  difesa  del  ricorrente  ha  rinvenuto un ulteriore argomento a
 favore delle proprie tesi nell'art. 19 della legge  n.  104,  che  ha
 esteso  l'applicazione delle "disposizioni di cui alla legge 2 aprile
 1968, n. 482 .... anche a coloro  che  sono  affetti  da  minorazione
 psichica ...".
   5.2.  -  La difesa del Ministero del lavoro ha costato radicalmente
 tali deduzioni e argomentazioni. In particolare ha affermato che  ne'
 l'art. 1 della legge n. 943/1968, ne' le disposizioni richiamate alla
 legge  n.  104/1992 menzionano o consentono di ritenere che sia stata
 introdotta nel nostro ordinamento la applicazione delle  disposizioni
 della  legge  n.  482/1968  sul  collocamento  obbligatorio  anche ai
 lavoratori extracomunitari. Ha rilevato  che  le  disposizioni  della
 legge   n.   943/1986,  il  cui  titolo  e':  "Norme  in  materia  di
 collocamento  e  di  trattamento   dei   lavoratori   extracomunitari
 immigrati   e   contro   le  immigazioni  clandestine",  disciplinano
 minuziosamente negli articoli successivi all'art.  1  l'ingresso  nel
 territorio  ed  il  collocamento  ordinario  al lavoro dei lavoratori
 extracomunitari. In tutta la legge  non  e'  contenuto  invece  alcun
 precetto  sul  collocamento  dei lavoratori extracomunitari invalidi,
 ne'  alcuna menzione o rinvio in proposito alla legge n.  482/1968, a
 partire  dalla  fondamentale  questione  della   possibilita'   della
 iscrizione  di  tali  lavoratori negli elenchi di cui all'art.  19 di
 tale legge.  La interpretazione delle norme e la questione della loro
 legittimita' costituzionale.
   6. - Sono state succintamente riportate le principali  contrastanti
 tesi  delle  parti  sulla  interpretazione  del  sistema normativo in
 materia.
   Il pretore non ritiene di dover esporre  analiticamente  in  questa
 ordinanza  i molti aspetti del problema di interpretazione, in quanto
 l'esame compiuto delle norme sul lavoro dei cittadini extracomunitari
 immigrati in Italia (tra l'altro attualmente il tema e' di fronte  al
 Parlamento)  fa ravvisare la necessita' (ed il dovere per il giudice)
 di   sollevare   di   ufficio   la   questione   della   legittimita'
 costituzionale  delle  norme  che  secondo  la  tesi della difesa del
 Ministero del lavoro non consentirebbero l'accoglimento delle domande
 proposte in questo processo.
   La rilevanza delle questioni.
   7.1. - La difesa del Ministero  del  lavoro  ritiene  che  non  sia
 superabile  sotto  il  profilo  interpretativo  l'argomento  per  cui
 nessuna delle norme della legge n. 943/1986 -  dopo  la  affermazione
 del  pari  trattamento  giuridico  ed  economico anche dei lavoratori
 extracomunitari contenuta nell'art. 1 - disciplini in qualche modo la
 possibilita'  della  iscrizione  di  tali  lavoratori  negli  elenchi
 previsti   dalla   legge   n.   482/1968   e  del  loro  collocamento
 obbligatorio, mentre sono  molte  le  disposizioni  che  regolano  il
 collocamento ordinario degli stessi.
   Nel  contrasto  tra gli opposti criteri nella interpretazione delle
 norme  si  nota  come  la  proposta  della  difesa   del   ricorrente
 corrisponda  alla tendenza in atto da tempo nel nostro paese volta ad
 estendere i diritti dei cittadini e dei lavoratori italiani anche  ai
 lavoratori stranieri immigrati e legalmente residenti in Italia.
   La  interpretazione  sostenuta dal Ministero del lavoro e dalla sua
 difesa insiste invece sulla mancanza  di  ogni  specifica  norma  che
 consenta  la  iscrizione  di lavoratori extracomunitari negli elenchi
 previsti dalla legge n. 482/1968, ed il loro successivo avviamento al
 lavoro obbligatorio ai sensi della stessa legge.
   7.2. - Allo stato del  processo  si  ritiene  applicabile  la  tesi
 interpretativa  del Ministero del lavoro, che condurrebbe a giudicare
 non fondate in diritto le domande proposte e a repingerle.
   Si giunge a tale conclusione con l'osservare, innanzitutto, che  il
 diritto "vivente" nella materia e' costituito dalle direttive e dalle
 prassi  del  Ministero  del  lavoro e dei suoi uffici periferici, che
 costituiscono  la  amministrazione  cui  e'  affidata   la   concreta
 applicazione del collocamento obbligatorio di cui alla legge 2 aprile
 1968, n. 482. Sarebbe certamente improduttiva di effetti concreti nei
 confronti   della   amministrazione   una   diversa   interpretazione
 giudiziaria.  Come si ricava dagli atti le direttive in  materia  del
 Ministero  del  lavoro  a  tutti gli uffici periferici sono nel senso
 della non  applicazione  delle  norme  della  legge  n.  482/1968  ai
 lavoratori  extracomunitari  immigrati, anche se legalmente residenti
 in Italia.
   La  prassi  -  salvo alcuni sporadici ed isolati casi conosciuti da
 questo giudice - e' nello stesso senso.
   Anche  nell'esperienza  giudiziaria,  salvo  la  isolata   sentenza
 menzionata dalla difesa del ricorrente, non constano altri precedenti
 favorevoli alle domande proposte.
   Su   tali   elementi  si  basa  la  rilevanza  della  questione  di
 legittimita' costituzionale che  s'intende  proporre  d'ufficio  alla
 Corte  costituzionale,  anche  per ottenere una decisione che risolva
 gli aspetti costituzionali del problema,  che  sta  assumendo  sempre
 maggiore   importanza   nel   quadro   della   notevole  e  crescente
 immigrazione in Italia di lavoratori extracomunitari.
   Le ragioni della decisione. Le norme esistenti.
   8.1.  -  la  legge  10  aprile  1981,  n.  158,  ha  ratificato  la
 Convenzione     internazionale    adottata    dalla    Organizzazione
 internazionale del lavoro (OIL) il 24 giugno 1975, distinta con il n.
 143, che ha per  titolo  ed  oggetto  le  "migrazioni  in  condizioni
 abusive"  e  la  "promozione  delle  parita'  di  opportunita'  e  di
 trattamento dei lavoratori migranti".
   8.2. - L'art. 10 di tale Convenzione, cui l'art. 2 della  legge  n.
 158/1981  ha  inteso dare "piena e intera esecuzione", cosi' dispone:
 "Ogni stato  membro  per  il  quale  la  convenzione  sia  in  vigore
 s'impegna  a  formulare e ad attuare una politica nazionale diretta a
 promuovere e garnatire, con metodi adatti alle  circostanze  ed  agli
 usi nazionali, la parita' di opportunita' e di trattamento in materia
 di  occupazione  e  di  professione, di sicurezza sociale, di diritti
 sindacali e culturali, nonche' di liberta' individuali  e  collettive
 per  le  persone che, in quanto lavoratori migranti o familiari degli
 stessi, si trovino legalmente sul suo  territorio".    Il  successivo
 art.  12,  ai  fini della applicazione della convenzione, impegna gli
 Stati  membri  a  varie  iniziative  e  a  programmi   specificamente
 indicati,  tra  i quali si rileva la seguente: "d) abrogare qualsiasi
 disposizione legislativa e modificare qualsiasi disposizione o prassi
 amministrativa incompatibile con la politica" indicata dall'art.  10.
   8.3. - La legge 30 dicembre 1968, n. 943, costituisce una specifica
 applicazione  dell'obbligo  per  la  Repubblica  italiana   di   dare
 attuazione  alla  citata  convenzione  e  di  adempiere agli obblighi
 assunti, come e' detto nell'art. 1.
   8.4. - La comparazione tra l'art. 10 della Convenzione e  la  prima
 frase  dell'art.  1  della legge n. 943/1986 ("La Repubblica italiana
 ...  garnatisce  a  tutti  i  lavoratori  extracomunitari  legalmente
 residenti  nel  suo  territorio  ...  parita'  di trattamento e piena
 uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani") consente  di
 constatare che esistono delle differenze nella formulazione delle due
 norme, entrambe vigenti nell'ordinamento italiano.
   Nell'art.  1  della  legge  n.  943/1986,  viene  affermata  per  i
 lavoratori immigrati e  legalmente  residenti  nel  territorio  dello
 Stato  "parita'  di  trattamento  e  piena  uguaglianza  di  diritti"
 rispetto ai lavoratori italiani.  In tale norma non  si  fa  menzione
 della  "parita'  di opportunita' ...   in materia di occupazione ..."
 che invece e' parte  dell'art.    10  della  Convenzione,  e  che  si
 aggiunge   alla   "parita'  di  trattamento"  e  alle  altre  ipotesi
 menzionate.
   8.5. - Nella  interpretazione  dell'art.  1  della  legge  e  delle
 disposizioni  del  Ministero del lavoro e nelle prassi amministrative
 degli uffici si ritiene che la "parita' di trattamento" e  la  "piena
 uguaglianza  di  diritti  rispetto ai lavoratori italiani" riguardino
 soltanto  le  condizioni  del  rapporto di lavoro instaurato (il c.d.
 "trattamento" in senso stretto) e non tutti i  diritti  spettanti  ai
 lavoratori italiani.
   8.6.  -  In  effetti  nell'esame  delle  altre norme della legge n.
 943/1986 si constata che negli artt. 5 e seguenti,  sotto  il  titolo
 "programmazione    dell'occupazione    dei   lavoratori   subordinati
 extracomunitari in Italia", sono previste  le  deleghe  conferite  al
 Ministro   del  lavoro  per  la  regolamentazione  delle  domande  di
 avviamento  al  lavoro  presentate  dai   cittadini   extracomunitari
 legalmente  residenti  in Italia, per la "tenuta delle speciali liste
 di collocamento dei lavoratori extracomunitari", ecc.
   8.7. - L'art. 5, comma 2, prevede che "trascorsi ventiquattro  mesi
 dal  primo  avviamento  al  lavoro del lavoratore extracomunitario in
 Italia, questi, se disoccupato o se in cerca di nuova occupazione, e'
 iscritto nelle liste di collocamento  predisposte  per  i  lavoratori
 italiani".
   9.  -  L'esame  delle  norme  mette  in  evidenza  come la legge n.
 943/1986 costituisca da un lato un articolato sistema diretto a  dare
 attuazione  alle  prescrizioni  della  Convenzione  n.  143 dell'Oil;
 dall'altro come in essa manchi ogni disposizione sulla iscrizione dei
 lavoratori extracomunitari nelle liste del collocamento riservato  ai
 lavoratori delle categorie protette, e percio' sulla possibilita' che
 gli  stessi  lavoratori  vengano  avviati  al lavoro secondo le norme
 generali della legge n. 482/1968.
   Appare evidente la differenza  tra  la  norma  dell'art.  10  della
 Convenzione  OIL  n. 143 del 24 giugno 1975, (divenuta legge italiana
 con la ratifica della legge 10 aprile 1981 n. 158) e l'art.  1  della
 legge  n.  943/1986  e  la intera legge.   La Convenzione prevede "la
 parita' di opportunita' e di trattamento in  materia  di  occupazione
 ecc.  ..."  dei  lavoratori  migranti  che  si trovino legalmente nel
 territorio, come programma impegnativo per gli Stati; l'art. 1  della
 legge  n.  943/1986  garantisce  ai  lavoratori immigrati "parita' di
 tratamento" e piena "uguaglianza di diritti  rispetto  ai  lavoratori
 italiani".
   Di  fatto  l'interpretazione data a tale norma e alla legge nel suo
 complesso non consente tuttora ai  lavoatori  emigrati  e  legalmente
 residenti  in  Italia  di poter ottenere la iscrizione alle liste del
 collocamento delle categorie protette,  alle  stesse  condizioni  dei
 lavoratori italiani.
   Pertanto  la  legge  e'  alla  origine  di  una  disuguaglianza tra
 lavoratori  italiani  ed  extracomunitari  per  quanto  attiene  alla
 occupazione;  disparita' che si ha ragione di ritenere contraria agli
 impegni assunti dall'Italia con la sottoscrizione  della  Convenzione
 n.   143,   contraria  alla  legge  "interposta"  di  ratifica  della
 Convenzione e  a  criteri  di  razionalita',  pur  nella  gradualita'
 spettante  e  riservata  al Governo e al Parlamento italiani nel dare
 attuazione agli obblighi e alle previsioni della convennione, secondo
 i criteri che essi riterranno opportuni.
   Questa e'  la  questione  che  si  intende  sottoporre  alla  Corte
 costituzionale,  per  i  profili  che  si  espongono,  che la rendono
 seriamente controversa.
    Le   questioni   di   legittimita'   ritenute  non  manifestamente
 infondate.
   10. - Il primo aspetto sotto il quale va  compiuta  la  delibazione
 della  questione  concerne  la norma dell'art. 10, primo comma, della
 Costituzione, che cosi' prescrive: "L'ordinamento giuridico  italiano
 si  conforma  alle  norme  del  diritto  internazionale  generalmente
 riconosciute".  Tale norma, con la quale e' definito  come  le  norme
 del  diritto  internazionale generale acquistino efficacia nel nostro
 ordinamento,  secondo  la  lettera  della  disposizione,  secondo  la
 dottrina prevalente e secondo la giurisprudenza anche costituzionale,
 non  riguarda il diritto internazionale speciale o convenzionale. Non
 e'  stato  introdotto  nel  nostro  ordinamento   costituzionale   il
 principio  dell'automatico  inserimento dei trattati stipulati tra le
 norme italiane;  ogni  accordo  internazionale  concluso  dall'Italia
 richiede un atto che gli conferisca efficacia nel diritto interno.
   Si   sostiene   invece  che  la  regola  pacta  sunt  servanda  che
 costituisce un principio del diritto internazionale  generale  ed  il
 fondamento   dello   stesso   diritto  internazionale  convenzionale,
 comporti   non   gia'   un'automatica   attuazione    dei    trattati
 internazionali nel diritto interno, (che e' stata esclusa dalla norma
 dell'art.  10,  primo  comma),  ma  l'obbligo  della osservanza delle
 convenzioni che  siano  state  rese  esecutive  nello  Stato.    Tale
 obbligo,   in   quanto   fatto  proprio  dalla  norma  costituzionale
 richiamata, attribuirebbe valore di principio e  una  certa  garanzia
 costituzionale  alle  norme  di  ratifica  dei trattati rispetto alla
 legislazione interna di attuazione degli stessi.
   Per questo ordine  di  considerazioni  si  ipotizza  che  la  norma
 dell'art.      10,   primo   comma,  della  Costituzione  attribuisca
 preminenza, cioe' efficacia sovraordinata, alla legge  di  attuazione
 della  convenzione  internazionale che questa introduca cosi' come e'
 nell'ordinamento  interno,  rispetto  ad   ulteriori   e   specifiche
 determinazioni  legislative  del  contenuto  di concreta applicazione
 della  convenzione,  che  non  corrispondano  alla  convenzione  gia'
 entrata  a  far parte dell'ordinamento italiano, in tutto o in parte.
 Naturalmente il compito di valutare e di decidere  se  sussista  tale
 rapporto  tra tali norme, o complessi di norme, ritenute contrastanti
 o non compiutamente coincidenti, spetta in primo  luogo  al  giudizio
 della  Corte costituzionale.  Per queste ragioni si giudica del tutto
 plausibile la questione e  percio'  doveroso  rimettere  la  sospetta
 legittimita'  della  legge  n.  483/1986 per l'ipotizzabile contrasto
 delle norme della legge  n.  943/1986,  rispetto  all'art.  10  della
 Convenzione  OIL  143,  resa  esecutiva  in  Italia  dalla  legge  n.
 185/1981.
   11. - Considerazioni analoghe,  che  ripetono  e  che  interano  la
 questione  esposta  e  proposta  nel  paragafo che precede, si basano
 sulla norma dell'art. 10, secondo comma, della Costituzione.
   Tale norma dispone: "La condizione  giuridica  dello  straniero  e'
 regolata  dalla  legge  in  conformita'  delle  norme  e dei trattati
 internazionali".
   Dalla norma si traggono alcune considerazioni.  Il legislatore  nel
 disciplinare  la  materia  della  condizione  dello  straniero dovra'
 necesariamente attenersi a quanto disposto in proposito  dalle  norme
 internazionali generali e dai trattati stipulati dall'Italia.
   La  legge  che  regola la condizione giuridica dello straniero, che
 costituisce  una  fonte  atipica  in  senso  stretto,  potra'  essere
 validamente modificata o sostituita solo da leggi conformi alle norme
 internazionali generali e a quelle di fonte pattizia.  In relazione a
 tale  portata costituzionale della norma assume importanza il divario
 esistente gia' segnalato tra il contenuto della Cconvenzione  OIL  n.
 143  ed  il  contenuto della legge n. 943/1986, come violazione della
 parita' delle opportunita' in materia di occupazione richiamata dalla
 norma, valutabile dalla Corte costituzionale.
   12.1. - La questione viene proposta anche con riferimento  all'art.
 3   della   Costituzione   in  relazione  al  canone  della  adeguata
 razionalita' e della ragionevolezza delle leggi.
   E'  certo  che  il  principio  di  uguaglianza  dell'art.  3  della
 Costituzione  si  applica  solo  ai  cittadini  italiani,  di  norma.
 Peraltro si deve aver riguardo in proposito alle possibili estensioni
 della sua applicazione introdotte dalle  convenzioni  internazionali,
 che  costituiscono  una  normativa  di  rango superiore o quanto meno
 diversa rispetto alle leggi ordinarie, e si deve porre attenzione  al
 rapporto  del  principio  di parita' con la tutela costituzionale dei
 "diritti inviolabili dell'uomo" di cui all'art. 2 della Costituzione.
 Il profilo della denuncia di costituzionalita' emerge in relazione al
 contenuto della  legge  n.  843/1996  in  quanto  questa,  dopo  aver
 dichiarato  l'intento di dare attuazione alla Convenzione OIL n. 143,
 dopo  aver  garantito   la   parita'   di   diritti   ai   lavoratori
 extracomunitari legalmente residenti in Italia rispetto ai lavoratori
 cittadini  italiani ed aver consentito la loro iscrizione nelle liste
 (sia pure speciali) del collocamento  ordinario,  contradittoriamente
 nega loro ogni possibilita' (anche se divenuti invalidi per ragione o
 a  causa  del  lavoro  prestato)  di  essere  iscritti  alle liste di
 collocamento di cui alla legge n.   482/1968  e  di  poter  usufruire
 delle  possibilita'  di  avviamento al lavoro previste da tale legge,
 attribuite alle categorie protette di lavoratori italiani.   E'  gia'
 stato  esposto  nei  paragrafi  precedenti  come il fatto si ponga in
 contrasto con la Convenzione OIL n. 143, dopo il decorso di quasi due
 decenni  dalla  sua  ratifica.    Il  fatto  rappresenta  anche   una
 contraddizione  intrinseca  al sistema di norme sul lavoro dipendente
 dei cittadini  extracomunitari  legalmente  ammessi  e  residenti  in
 Italia, che ne inficia la razionalita'
   12.2. - Valgano in proposito alcune sommarie considerazioni.
   La  legge n. 943/1986 prevede e regola oramai da anni la iscrizione
 dei lavoratori extracomunitari al collocamento ordinario, sia pure in
 liste speciali.   E' un dato  di  fatto  che  esistono  centinaia  di
 migliaia  di cittadini extracomunitari legalmente residenti in Italia
 che operano come lavoratori dipendenti,  regolarmente  assicurati,  e
 che,  se  disoccupati  o  alla  ricerca di altra occupazione, vengono
 iscritti al collocamento ordinario.  E' un dato di fatto - constatato
 quotidianamente nelle  preture  del  lavoro  e  che  potrebbe  essere
 oggettivamente verificato in ipotesi dalla Corte costituzionale nella
 reale  dimensione globale, verosimilmente di poche migliaia di casi -
 che a tali  lavoratori  stranieri  occorrano  infortuni  sul  lavoro,
 malattie  professionali e no. Tali fatti menomano talvolta in maniera
 notevole le capacita' di impiego di tali lavoratori  extracomunitari;
 li  escludono  o  li rendono meno competitivi nel mercato del lavoro,
 che diventa sempre piu' liberalizzato e  ad  alta  concorrenza.    La
 legge  5 febbraio 1992, n. 104, ha esteso la applicazione delle norme
 della  legge-quadro per l'assistenza delle persone handicappate anche
 agli stranieri residenti legalmente nel nostro territorio.  In questo
 senso va raccolta la segnalazione espressa ad altri fini dalla difesa
 del ricorrente  sulla  estensione  ai  cittadini  straneri  residenti
 legalmente   in   Italia  della  normativa  protettiva:  cio'  indica
 l'orientamento della legislazione italiana verso la piu' ampia tutela
 e verso la parificazione dei diritti anche per  quanto  attiene  alle
 opportunita'  di  lavoro  delle  categorie  ritenute  piu' deboli nel
 contesto attuale.  In base a quanto si e' detto, quanto meno  ove  si
 considerino  i  lavoratori  stanieri  divenuti  invalidi a causa o in
 occasione del  lavoro  prestato  in  Italia,  appaiono  eclatanti  la
 aporia,  la  contraddizione  segnalata  e  la  palese  disparita'  di
 trattamento della normativa sul lavoro del cittadino extracomunitario
 per cio' che concerne la possibilita' del collocamento.   A  sostegno
 delle   ipotesi  formulate  sulla  irragionevolezza  della  normativa
 esistente, pur nell'ambito della discrezionalita' del legislatore  di
 dare  graduale  ed  adeguata  attuazione  agli impegni assunti con la
 ratifica della Convenzione OIL n. 143, si possono richiamare i valori
 e i principi dell'art. 2 della Costuzione e anche il criterio  tratto
 dall'art. 3 della Costituzione dell'uguale trattamento per situazioni
 uguali,  con  riferimento  agli obblighi1 di cui alle citate norme, e
 allo stesso art. 4 della Costituzione.
   12.3. - Da ultimo si ricorda quanto e' avvenuto nella esperienza di
 giustizia costituzionale che ha riguardato la difficile  applicazione
 agli  invalidi  psichici delle norme della legge n. 482/1968; in tale
 vicenda si  trovano  elementi  per  una  utile  comparizione  con  la
 questione  che  ora  si propone.   Il contrasto nella interpretazione
 delle norme della legge venne risolto dalla Corte costituzionale  con
 la  sentenza  n.  50  del  2  febbraio  1990,  dopo alcune precedenti
 decisioni interpretative di rigetto delle questioni  di  legittimita'
 sollevate;  con  tali  sentenze  era  stato  rimandato e richiesto al
 legislatore di superare le  incertezze  e  le  aporie  esistenti  nel
 sistema normativo, e che vennero considerate "prediche inutili", alla
 luce  della  esperienza  storicamente  vissuta.    Solamente  dopo la
 sentenza n. 50 del 2 febbraio 1990 e' stato introdotto nella legge  2
 aprile  1992,  n.  104,  l'art.  19  che  disciplina la materia della
 iscrizione degli invalidi  psichici  negli  elenchi  della  legge  n.
 482/1968,  ma  non  la  estenzione delle possibilita' di applicazione
 della legge n. 482/1968  ai  lavoratori  extracomunitari.    Il  caso
 ricordato   e'  sintomatico  delle  persistenti  difficolta'  per  il
 legislatore di introdurre una specifica disposizione  aggiuntiva  nel
 sistema  della  legge  n. 482/1968, "in attesa dell'entrata in vigore
 della nuova disciplina del collocamento obbligatorio"; il caso indica
 anche uno dei possibili ed auspicabili esiti  della  controversia  di
 legittimita' costituzionale sollevata.
                                P. Q. M.
   Il   pretore  rimette  di  ufficio  alla  Corte  costituzionale  la
 questione della legittimita' costituzionale delle norme dell'art. 1 e
 seguenti della legge 30 dicembre 1986, n. 943, emessa come attuazione
 della Convenzione dell'Organizzazione internazionale  del  lavoro  n.
 143  del 24 giugno 1975, ratificata con legge 10 aprile 1981, n. 185,
 in quanto non prevedono la  possibilita'  che  siano  iscritti  nelle
 liste  di  collocamento  di  cui  alla legge 18 aprile 1968, n. 482 i
 lavoratori extracomunitari legalmente residenti per ragioni di lavoro
 in Italia, con riferimento all'art. 10, primo e secondo comma, e agli
 artt.  2,  3  e  4  della  Costituzione, per le ragioni esposte nella
 motivazione;
   Dispone la notificazione dell'ordinanza ai difensori delle parti  e
 al  Presidente  del  Consiglio dei Ministri e la sua comunicazione ai
 Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
   Sospende il processo e ordina la trasmissione degli atti alla Corte
 costituzionale.
     Bologna, addi' 8 settembre 1997
                        Il pretore: Governatori
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