N. 772 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 settembre 1997
N. 772 Ordinanza emessa l'8 settembre 1997 dal pretore di Bologna sul ricorso proposto da L'Taaief Amor B. Ammor contro il Ministero del lavoro e della previdenza sociale Lavoro (Collocamento al) - Lavoratori extracomunitari legalmente residenti in Italia per ragioni di lavoro - Possibilita' di iscrizione nelle liste di collocamento obbligatorio di cui alla legge n. 482 del 1968 - Mancata previsione - Violazione dell'obbligo all'osservanza delle norme di diritto internazionale, anche per quanto concerne la condizione giuridica dello straniero - Lesione dei diritti inviolabili dell'uomo - Incidenza sul diritto di eguaglianza e sul diritto al lavoro - Richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 1990. (Legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 1 e seguenti; Convenzione organizzazione internazionale del lavoro 24 giugno 1975, n. 143, ratif./esec. con legge 10 aprile 1981, n. 185). (Cost., artt. 2, 3, 4 e 10, primo e secondo comma).(GU n.46 del 12-11-1997 )
IL PRETORE Ha pronunziato la seguente ordinanza di rimessione di questione di legittimita' costituzionale alla Corte costituzionale, nella causa r.g.l. n. 4711/96 promossa da L'Taief Amor B. Ammor (avv. M. Vaggi), contro il Ministero del lavoro e della previdenza sociale (Avvocatura dello Stato). Svolgimento del processo 1. - L'Taief Amor B. Ammor, cittadino tunisino residente in Italia, venne riconosciuto il 10 ottobre 1996 invalido civile nella misura del 40% dalla Commissione medica periferica del Ministero del tesoro. Sulla base di tale accertamento egli presento' il 21 novembre 1996 domanda all'Ufficio di Bologna del Ministero del lavoro per essere iscritto nelle liste dei lavoratori invalidi, agli effetti del collocamento al lavoro di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482. La richiesta fu respinta e fu comunicato al lavoratore che la legge non prevede la iscrizione negli elenchi per il collocamento obbligatorio dei cittadini extracomunitari, anche se muniti di regolare permesso di soggiorno in Italia per ragioni di lavoro. Dopo il rifiuto il ricorrente ha sostenuto con ricorso del 12 dicembre 1996 di aver diritto alla iscrizione nell'elenco dei lavoratori invalidi civili ai fini del collocamento al lavoro, in quanto riconosciuto e dichiarato invalido civile, agli effetti dell'ordinamento italiano. Le domande sono quelle di cui alle conclusioni che si trascrivono: "Si chiede che il signor pretore di Bologna in funzione di giudice del lavoro, con sua sentenza, voglia dichiarare e accertare il diritto del ricorrente ad essere iscritto negli elenchi degli invalidi civili di cui alla legge n. 482/1968; ordinare conseguentemente al Ministero del lavoro e all'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione di Bologna di dare luogo all'iscrizione del ricorrente nelle predette liste; condannare il Ministero del lavoro, in persona del Ministro pro-tempore, al pagamento in favore del ricorrente del risarcimento del danno patito dal ricorrente, da determinarsi in via equitativa, nella misura che ci si riserva da indicare al termine del processo". 2. - il Ministero ha eccepito innanzitutto la carenza di giurisdizione del giudice ordinario nella controversia; ha contestato nel merito sotto diversi profili il fondamento delle domande. Motivi della decisione La questione della giurisdizione. 4.1. - La questione sara' decisa con il merito. In via di delibazione, ai soli fini della prosecuzione del giudizio, si ritiene che sussista la giurisdizione del giudice ordinario, per le sommarie considerazioni che si espongono. 4.2. - In questo processo viene fatto valere nei confronti della pubblica amministazione il diritto del lavoratore straniero residente legalmente in Italia ad essere iscritto nell'elenco di cui all'art. 19 della legge n. 482/1968, in quanto invalido civile. Il diritto viene basato innanzitutto sull'art. 1 della legge 30 dicembre 1986, n. 943, e su alcune norme della legge 5 febbraio 1992, n. 104. 4.3. - Poiche' il diritto dei lavoratori appartenenti alle categorie protette dalla legge n. 482/1968, e successive modificazioni ad essere iscritti negli elenchi previsti dall'art. 19 di tale legge viene riconosciuto essere un diritto soggettivo, la sua tutela anche nei confronti della pubblica amministrazione spetta alla giurisdizione ordinaria. 4.4. - Uguale tutela compete percio' anche alla pretesa dello stesso diritto fatta valere in questo processo dal cittadino extracomunitario legalmente residente nel territorio della Repubblica per prestarvi lavoro. L'oggetto e la ragione della domanda principale riguardano l'accertamento ed il riconoscimento del diritto alla iscrizione negli elenchi, in quanto si afferma che il ricorrente ha i requisiti previsti dalla legge. Del resto il Ministro del lavoro e la sua difesa hanno negato e contestato in radice la esistenza del diritto affermato e preteso dal ricorrente. Poiche' in questo giudizio non si fa questione dei modi e dei parametri della applicazione delle norme da parte della pubblica amministrazione incaricata della tenuta degli elenchi e del successivo collocamento al lavoro, si ha anche in tale maniera la conferma della ragione per affermare la giurisdizione del giudice ordinario sulle domande proposte. Le norme da applicare. 5. - La domanda principale e' stata basata sull'art. 1 della legge 30 dicembre 1986, n. 943 del seguente tenore: "1. - La Repubblica italiana, in attuazione della convenzione dell'Oil n. 143 del 24 giugno 1975, ratificata con la legge 10 aprile 1981, n. 158, garantisce a tutti i lavoratori extracomunitari legalmente residenti nel suo territorio e alle loro famiglie parita' di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani. La Repubblica italiana garantisce inoltre i diritti relativi all'uso dei servizi sociali e sanitari, a norma dell'art. 5 del d.-l. 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, al mantenimento dell'identita' culturale, alla scuola e alla disponibilita' dell'abitazione, nell'ambito delle norme che ne disciplinano l'esercizio". 5.1. - La difesa del ricorrente ha sostenuto che la applicazione anche ai lavoratori extracomunitari legalmente residenti in Italia delle norme sul collocamento obbligatorio dei lavoratori, le quali hanno tuttora la disciplina generale nella legge n. 482/1968, ha trovato una ulteriore e significativa conferma nella legge 5 febbraio 1992, n. 104, intitolata "legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate". L'art. 3, quarto comma, di tale legge dispone che essa si applica "anche agli stranieri e agli apolidi residenti, domiciliati o aventi stabile dimora nel territorio nazionale" ... "nei limiti e nelle condizioni previste dalla vigente legislazione o da accordi internazionali". La difesa del ricorrente ha rinvenuto un ulteriore argomento a favore delle proprie tesi nell'art. 19 della legge n. 104, che ha esteso l'applicazione delle "disposizioni di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482 .... anche a coloro che sono affetti da minorazione psichica ...". 5.2. - La difesa del Ministero del lavoro ha costato radicalmente tali deduzioni e argomentazioni. In particolare ha affermato che ne' l'art. 1 della legge n. 943/1968, ne' le disposizioni richiamate alla legge n. 104/1992 menzionano o consentono di ritenere che sia stata introdotta nel nostro ordinamento la applicazione delle disposizioni della legge n. 482/1968 sul collocamento obbligatorio anche ai lavoratori extracomunitari. Ha rilevato che le disposizioni della legge n. 943/1986, il cui titolo e': "Norme in materia di collocamento e di trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigazioni clandestine", disciplinano minuziosamente negli articoli successivi all'art. 1 l'ingresso nel territorio ed il collocamento ordinario al lavoro dei lavoratori extracomunitari. In tutta la legge non e' contenuto invece alcun precetto sul collocamento dei lavoratori extracomunitari invalidi, ne' alcuna menzione o rinvio in proposito alla legge n. 482/1968, a partire dalla fondamentale questione della possibilita' della iscrizione di tali lavoratori negli elenchi di cui all'art. 19 di tale legge. La interpretazione delle norme e la questione della loro legittimita' costituzionale. 6. - Sono state succintamente riportate le principali contrastanti tesi delle parti sulla interpretazione del sistema normativo in materia. Il pretore non ritiene di dover esporre analiticamente in questa ordinanza i molti aspetti del problema di interpretazione, in quanto l'esame compiuto delle norme sul lavoro dei cittadini extracomunitari immigrati in Italia (tra l'altro attualmente il tema e' di fronte al Parlamento) fa ravvisare la necessita' (ed il dovere per il giudice) di sollevare di ufficio la questione della legittimita' costituzionale delle norme che secondo la tesi della difesa del Ministero del lavoro non consentirebbero l'accoglimento delle domande proposte in questo processo. La rilevanza delle questioni. 7.1. - La difesa del Ministero del lavoro ritiene che non sia superabile sotto il profilo interpretativo l'argomento per cui nessuna delle norme della legge n. 943/1986 - dopo la affermazione del pari trattamento giuridico ed economico anche dei lavoratori extracomunitari contenuta nell'art. 1 - disciplini in qualche modo la possibilita' della iscrizione di tali lavoratori negli elenchi previsti dalla legge n. 482/1968 e del loro collocamento obbligatorio, mentre sono molte le disposizioni che regolano il collocamento ordinario degli stessi. Nel contrasto tra gli opposti criteri nella interpretazione delle norme si nota come la proposta della difesa del ricorrente corrisponda alla tendenza in atto da tempo nel nostro paese volta ad estendere i diritti dei cittadini e dei lavoratori italiani anche ai lavoratori stranieri immigrati e legalmente residenti in Italia. La interpretazione sostenuta dal Ministero del lavoro e dalla sua difesa insiste invece sulla mancanza di ogni specifica norma che consenta la iscrizione di lavoratori extracomunitari negli elenchi previsti dalla legge n. 482/1968, ed il loro successivo avviamento al lavoro obbligatorio ai sensi della stessa legge. 7.2. - Allo stato del processo si ritiene applicabile la tesi interpretativa del Ministero del lavoro, che condurrebbe a giudicare non fondate in diritto le domande proposte e a repingerle. Si giunge a tale conclusione con l'osservare, innanzitutto, che il diritto "vivente" nella materia e' costituito dalle direttive e dalle prassi del Ministero del lavoro e dei suoi uffici periferici, che costituiscono la amministrazione cui e' affidata la concreta applicazione del collocamento obbligatorio di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482. Sarebbe certamente improduttiva di effetti concreti nei confronti della amministrazione una diversa interpretazione giudiziaria. Come si ricava dagli atti le direttive in materia del Ministero del lavoro a tutti gli uffici periferici sono nel senso della non applicazione delle norme della legge n. 482/1968 ai lavoratori extracomunitari immigrati, anche se legalmente residenti in Italia. La prassi - salvo alcuni sporadici ed isolati casi conosciuti da questo giudice - e' nello stesso senso. Anche nell'esperienza giudiziaria, salvo la isolata sentenza menzionata dalla difesa del ricorrente, non constano altri precedenti favorevoli alle domande proposte. Su tali elementi si basa la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale che s'intende proporre d'ufficio alla Corte costituzionale, anche per ottenere una decisione che risolva gli aspetti costituzionali del problema, che sta assumendo sempre maggiore importanza nel quadro della notevole e crescente immigrazione in Italia di lavoratori extracomunitari. Le ragioni della decisione. Le norme esistenti. 8.1. - la legge 10 aprile 1981, n. 158, ha ratificato la Convenzione internazionale adottata dalla Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) il 24 giugno 1975, distinta con il n. 143, che ha per titolo ed oggetto le "migrazioni in condizioni abusive" e la "promozione delle parita' di opportunita' e di trattamento dei lavoratori migranti". 8.2. - L'art. 10 di tale Convenzione, cui l'art. 2 della legge n. 158/1981 ha inteso dare "piena e intera esecuzione", cosi' dispone: "Ogni stato membro per il quale la convenzione sia in vigore s'impegna a formulare e ad attuare una politica nazionale diretta a promuovere e garnatire, con metodi adatti alle circostanze ed agli usi nazionali, la parita' di opportunita' e di trattamento in materia di occupazione e di professione, di sicurezza sociale, di diritti sindacali e culturali, nonche' di liberta' individuali e collettive per le persone che, in quanto lavoratori migranti o familiari degli stessi, si trovino legalmente sul suo territorio". Il successivo art. 12, ai fini della applicazione della convenzione, impegna gli Stati membri a varie iniziative e a programmi specificamente indicati, tra i quali si rileva la seguente: "d) abrogare qualsiasi disposizione legislativa e modificare qualsiasi disposizione o prassi amministrativa incompatibile con la politica" indicata dall'art. 10. 8.3. - La legge 30 dicembre 1968, n. 943, costituisce una specifica applicazione dell'obbligo per la Repubblica italiana di dare attuazione alla citata convenzione e di adempiere agli obblighi assunti, come e' detto nell'art. 1. 8.4. - La comparazione tra l'art. 10 della Convenzione e la prima frase dell'art. 1 della legge n. 943/1986 ("La Repubblica italiana ... garnatisce a tutti i lavoratori extracomunitari legalmente residenti nel suo territorio ... parita' di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani") consente di constatare che esistono delle differenze nella formulazione delle due norme, entrambe vigenti nell'ordinamento italiano. Nell'art. 1 della legge n. 943/1986, viene affermata per i lavoratori immigrati e legalmente residenti nel territorio dello Stato "parita' di trattamento e piena uguaglianza di diritti" rispetto ai lavoratori italiani. In tale norma non si fa menzione della "parita' di opportunita' ... in materia di occupazione ..." che invece e' parte dell'art. 10 della Convenzione, e che si aggiunge alla "parita' di trattamento" e alle altre ipotesi menzionate. 8.5. - Nella interpretazione dell'art. 1 della legge e delle disposizioni del Ministero del lavoro e nelle prassi amministrative degli uffici si ritiene che la "parita' di trattamento" e la "piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani" riguardino soltanto le condizioni del rapporto di lavoro instaurato (il c.d. "trattamento" in senso stretto) e non tutti i diritti spettanti ai lavoratori italiani. 8.6. - In effetti nell'esame delle altre norme della legge n. 943/1986 si constata che negli artt. 5 e seguenti, sotto il titolo "programmazione dell'occupazione dei lavoratori subordinati extracomunitari in Italia", sono previste le deleghe conferite al Ministro del lavoro per la regolamentazione delle domande di avviamento al lavoro presentate dai cittadini extracomunitari legalmente residenti in Italia, per la "tenuta delle speciali liste di collocamento dei lavoratori extracomunitari", ecc. 8.7. - L'art. 5, comma 2, prevede che "trascorsi ventiquattro mesi dal primo avviamento al lavoro del lavoratore extracomunitario in Italia, questi, se disoccupato o se in cerca di nuova occupazione, e' iscritto nelle liste di collocamento predisposte per i lavoratori italiani". 9. - L'esame delle norme mette in evidenza come la legge n. 943/1986 costituisca da un lato un articolato sistema diretto a dare attuazione alle prescrizioni della Convenzione n. 143 dell'Oil; dall'altro come in essa manchi ogni disposizione sulla iscrizione dei lavoratori extracomunitari nelle liste del collocamento riservato ai lavoratori delle categorie protette, e percio' sulla possibilita' che gli stessi lavoratori vengano avviati al lavoro secondo le norme generali della legge n. 482/1968. Appare evidente la differenza tra la norma dell'art. 10 della Convenzione OIL n. 143 del 24 giugno 1975, (divenuta legge italiana con la ratifica della legge 10 aprile 1981 n. 158) e l'art. 1 della legge n. 943/1986 e la intera legge. La Convenzione prevede "la parita' di opportunita' e di trattamento in materia di occupazione ecc. ..." dei lavoratori migranti che si trovino legalmente nel territorio, come programma impegnativo per gli Stati; l'art. 1 della legge n. 943/1986 garantisce ai lavoratori immigrati "parita' di tratamento" e piena "uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani". Di fatto l'interpretazione data a tale norma e alla legge nel suo complesso non consente tuttora ai lavoatori emigrati e legalmente residenti in Italia di poter ottenere la iscrizione alle liste del collocamento delle categorie protette, alle stesse condizioni dei lavoratori italiani. Pertanto la legge e' alla origine di una disuguaglianza tra lavoratori italiani ed extracomunitari per quanto attiene alla occupazione; disparita' che si ha ragione di ritenere contraria agli impegni assunti dall'Italia con la sottoscrizione della Convenzione n. 143, contraria alla legge "interposta" di ratifica della Convenzione e a criteri di razionalita', pur nella gradualita' spettante e riservata al Governo e al Parlamento italiani nel dare attuazione agli obblighi e alle previsioni della convennione, secondo i criteri che essi riterranno opportuni. Questa e' la questione che si intende sottoporre alla Corte costituzionale, per i profili che si espongono, che la rendono seriamente controversa. Le questioni di legittimita' ritenute non manifestamente infondate. 10. - Il primo aspetto sotto il quale va compiuta la delibazione della questione concerne la norma dell'art. 10, primo comma, della Costituzione, che cosi' prescrive: "L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute". Tale norma, con la quale e' definito come le norme del diritto internazionale generale acquistino efficacia nel nostro ordinamento, secondo la lettera della disposizione, secondo la dottrina prevalente e secondo la giurisprudenza anche costituzionale, non riguarda il diritto internazionale speciale o convenzionale. Non e' stato introdotto nel nostro ordinamento costituzionale il principio dell'automatico inserimento dei trattati stipulati tra le norme italiane; ogni accordo internazionale concluso dall'Italia richiede un atto che gli conferisca efficacia nel diritto interno. Si sostiene invece che la regola pacta sunt servanda che costituisce un principio del diritto internazionale generale ed il fondamento dello stesso diritto internazionale convenzionale, comporti non gia' un'automatica attuazione dei trattati internazionali nel diritto interno, (che e' stata esclusa dalla norma dell'art. 10, primo comma), ma l'obbligo della osservanza delle convenzioni che siano state rese esecutive nello Stato. Tale obbligo, in quanto fatto proprio dalla norma costituzionale richiamata, attribuirebbe valore di principio e una certa garanzia costituzionale alle norme di ratifica dei trattati rispetto alla legislazione interna di attuazione degli stessi. Per questo ordine di considerazioni si ipotizza che la norma dell'art. 10, primo comma, della Costituzione attribuisca preminenza, cioe' efficacia sovraordinata, alla legge di attuazione della convenzione internazionale che questa introduca cosi' come e' nell'ordinamento interno, rispetto ad ulteriori e specifiche determinazioni legislative del contenuto di concreta applicazione della convenzione, che non corrispondano alla convenzione gia' entrata a far parte dell'ordinamento italiano, in tutto o in parte. Naturalmente il compito di valutare e di decidere se sussista tale rapporto tra tali norme, o complessi di norme, ritenute contrastanti o non compiutamente coincidenti, spetta in primo luogo al giudizio della Corte costituzionale. Per queste ragioni si giudica del tutto plausibile la questione e percio' doveroso rimettere la sospetta legittimita' della legge n. 483/1986 per l'ipotizzabile contrasto delle norme della legge n. 943/1986, rispetto all'art. 10 della Convenzione OIL 143, resa esecutiva in Italia dalla legge n. 185/1981. 11. - Considerazioni analoghe, che ripetono e che interano la questione esposta e proposta nel paragafo che precede, si basano sulla norma dell'art. 10, secondo comma, della Costituzione. Tale norma dispone: "La condizione giuridica dello straniero e' regolata dalla legge in conformita' delle norme e dei trattati internazionali". Dalla norma si traggono alcune considerazioni. Il legislatore nel disciplinare la materia della condizione dello straniero dovra' necesariamente attenersi a quanto disposto in proposito dalle norme internazionali generali e dai trattati stipulati dall'Italia. La legge che regola la condizione giuridica dello straniero, che costituisce una fonte atipica in senso stretto, potra' essere validamente modificata o sostituita solo da leggi conformi alle norme internazionali generali e a quelle di fonte pattizia. In relazione a tale portata costituzionale della norma assume importanza il divario esistente gia' segnalato tra il contenuto della Cconvenzione OIL n. 143 ed il contenuto della legge n. 943/1986, come violazione della parita' delle opportunita' in materia di occupazione richiamata dalla norma, valutabile dalla Corte costituzionale. 12.1. - La questione viene proposta anche con riferimento all'art. 3 della Costituzione in relazione al canone della adeguata razionalita' e della ragionevolezza delle leggi. E' certo che il principio di uguaglianza dell'art. 3 della Costituzione si applica solo ai cittadini italiani, di norma. Peraltro si deve aver riguardo in proposito alle possibili estensioni della sua applicazione introdotte dalle convenzioni internazionali, che costituiscono una normativa di rango superiore o quanto meno diversa rispetto alle leggi ordinarie, e si deve porre attenzione al rapporto del principio di parita' con la tutela costituzionale dei "diritti inviolabili dell'uomo" di cui all'art. 2 della Costituzione. Il profilo della denuncia di costituzionalita' emerge in relazione al contenuto della legge n. 843/1996 in quanto questa, dopo aver dichiarato l'intento di dare attuazione alla Convenzione OIL n. 143, dopo aver garantito la parita' di diritti ai lavoratori extracomunitari legalmente residenti in Italia rispetto ai lavoratori cittadini italiani ed aver consentito la loro iscrizione nelle liste (sia pure speciali) del collocamento ordinario, contradittoriamente nega loro ogni possibilita' (anche se divenuti invalidi per ragione o a causa del lavoro prestato) di essere iscritti alle liste di collocamento di cui alla legge n. 482/1968 e di poter usufruire delle possibilita' di avviamento al lavoro previste da tale legge, attribuite alle categorie protette di lavoratori italiani. E' gia' stato esposto nei paragrafi precedenti come il fatto si ponga in contrasto con la Convenzione OIL n. 143, dopo il decorso di quasi due decenni dalla sua ratifica. Il fatto rappresenta anche una contraddizione intrinseca al sistema di norme sul lavoro dipendente dei cittadini extracomunitari legalmente ammessi e residenti in Italia, che ne inficia la razionalita' 12.2. - Valgano in proposito alcune sommarie considerazioni. La legge n. 943/1986 prevede e regola oramai da anni la iscrizione dei lavoratori extracomunitari al collocamento ordinario, sia pure in liste speciali. E' un dato di fatto che esistono centinaia di migliaia di cittadini extracomunitari legalmente residenti in Italia che operano come lavoratori dipendenti, regolarmente assicurati, e che, se disoccupati o alla ricerca di altra occupazione, vengono iscritti al collocamento ordinario. E' un dato di fatto - constatato quotidianamente nelle preture del lavoro e che potrebbe essere oggettivamente verificato in ipotesi dalla Corte costituzionale nella reale dimensione globale, verosimilmente di poche migliaia di casi - che a tali lavoratori stranieri occorrano infortuni sul lavoro, malattie professionali e no. Tali fatti menomano talvolta in maniera notevole le capacita' di impiego di tali lavoratori extracomunitari; li escludono o li rendono meno competitivi nel mercato del lavoro, che diventa sempre piu' liberalizzato e ad alta concorrenza. La legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha esteso la applicazione delle norme della legge-quadro per l'assistenza delle persone handicappate anche agli stranieri residenti legalmente nel nostro territorio. In questo senso va raccolta la segnalazione espressa ad altri fini dalla difesa del ricorrente sulla estensione ai cittadini straneri residenti legalmente in Italia della normativa protettiva: cio' indica l'orientamento della legislazione italiana verso la piu' ampia tutela e verso la parificazione dei diritti anche per quanto attiene alle opportunita' di lavoro delle categorie ritenute piu' deboli nel contesto attuale. In base a quanto si e' detto, quanto meno ove si considerino i lavoratori stanieri divenuti invalidi a causa o in occasione del lavoro prestato in Italia, appaiono eclatanti la aporia, la contraddizione segnalata e la palese disparita' di trattamento della normativa sul lavoro del cittadino extracomunitario per cio' che concerne la possibilita' del collocamento. A sostegno delle ipotesi formulate sulla irragionevolezza della normativa esistente, pur nell'ambito della discrezionalita' del legislatore di dare graduale ed adeguata attuazione agli impegni assunti con la ratifica della Convenzione OIL n. 143, si possono richiamare i valori e i principi dell'art. 2 della Costuzione e anche il criterio tratto dall'art. 3 della Costituzione dell'uguale trattamento per situazioni uguali, con riferimento agli obblighi1 di cui alle citate norme, e allo stesso art. 4 della Costituzione. 12.3. - Da ultimo si ricorda quanto e' avvenuto nella esperienza di giustizia costituzionale che ha riguardato la difficile applicazione agli invalidi psichici delle norme della legge n. 482/1968; in tale vicenda si trovano elementi per una utile comparizione con la questione che ora si propone. Il contrasto nella interpretazione delle norme della legge venne risolto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 50 del 2 febbraio 1990, dopo alcune precedenti decisioni interpretative di rigetto delle questioni di legittimita' sollevate; con tali sentenze era stato rimandato e richiesto al legislatore di superare le incertezze e le aporie esistenti nel sistema normativo, e che vennero considerate "prediche inutili", alla luce della esperienza storicamente vissuta. Solamente dopo la sentenza n. 50 del 2 febbraio 1990 e' stato introdotto nella legge 2 aprile 1992, n. 104, l'art. 19 che disciplina la materia della iscrizione degli invalidi psichici negli elenchi della legge n. 482/1968, ma non la estenzione delle possibilita' di applicazione della legge n. 482/1968 ai lavoratori extracomunitari. Il caso ricordato e' sintomatico delle persistenti difficolta' per il legislatore di introdurre una specifica disposizione aggiuntiva nel sistema della legge n. 482/1968, "in attesa dell'entrata in vigore della nuova disciplina del collocamento obbligatorio"; il caso indica anche uno dei possibili ed auspicabili esiti della controversia di legittimita' costituzionale sollevata.
P. Q. M. Il pretore rimette di ufficio alla Corte costituzionale la questione della legittimita' costituzionale delle norme dell'art. 1 e seguenti della legge 30 dicembre 1986, n. 943, emessa come attuazione della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 143 del 24 giugno 1975, ratificata con legge 10 aprile 1981, n. 185, in quanto non prevedono la possibilita' che siano iscritti nelle liste di collocamento di cui alla legge 18 aprile 1968, n. 482 i lavoratori extracomunitari legalmente residenti per ragioni di lavoro in Italia, con riferimento all'art. 10, primo e secondo comma, e agli artt. 2, 3 e 4 della Costituzione, per le ragioni esposte nella motivazione; Dispone la notificazione dell'ordinanza ai difensori delle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e la sua comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Sospende il processo e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Bologna, addi' 8 settembre 1997 Il pretore: Governatori 97C1239