N. 266 SENTENZA 7 - 22 luglio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ambiente - Caccia - Norme della Regione Lombardia - Piano di  cattura
  dei richiami vivi per la stagione venatoria 2009/2010  -  Omissione
  di qualsiasi riferimento alla sussistenza delle  condizioni  e  dei
  presupposti   richiesti   dalla    disciplina    comunitaria    per
  l'ammissibilita' della deroga al divieto  di  cattura  di  richiami
  vivi - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Lombardia 6 agosto 2009, n. 19. 
- Costituzione, art. 117, primo comma, in relazione all'art. 9  della
  direttiva  79/409/CEE,  riprodotto  nell'art.  9  della   direttiva
  2009/147/CEE; (Costituzione, art. 117,  secondo  comma,  lett.  s);
  legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 4). 
Ambiente - Caccia - Norme della Regione  Toscana  per  la  protezione
  della fauna selvatica omeoterma  e  per  il  prelievo  venatorio  -
  Autorizzazione alla gestione degli  impianti  di  cattura  ed  alla
  cattura, per l'anno  2009,  di  uccelli  selvatici  da  richiamo  -
  Violazione dell'obbligo di una  motivazione  puntuale  ed  espressa
  circa la sussistenza delle condizioni e dei  presupposti  richiesti
  dalla disciplina comunitaria per l'ammissibilita' della  deroga  al
  divieto  di  cattura  di  esemplari  selvatici   -   Illegittimita'
  costituzionale. 
- Legge della Regione Toscana 17 settembre 2009, n. 53, art. 2. 
- Costituzione, art. 117, primo comma, in relazione all'art. 9  della
  direttiva  79/409/CEE,  riprodotto  nell'art.  9  della   direttiva
  2009/147/CEE; (Costituzione, art. 117,  secondo  comma,  lett.  s);
  legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 4). 
(GU n.30 del 28-7-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria
  Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe
  FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                               Sentenza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale della legge della  Regione
Lombardia 6 agosto 2009, n. 19 [Approvazione del piano di cattura dei
richiami vivi per la stagione  venatoria  2009/2010  ai  sensi  della
legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 (Legge quadro sulla cattura dei
richiami vivi)], e dell'art. 2 della legge della Regione  Toscana  17
settembre 2009, n. 53 [Disciplina  dell'attivita'  di  cattura  degli
uccelli selvatici da richiamo per l'anno 2009 ai sensi  dell'articolo
4 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della
fauna  selvatica  omeoterma  e  per   il   prelievo   venatorio),   e
dell'articolo  34  della  legge  regionale  12  gennaio  1994,  n.  3
(Recepimento della legge 11 febbraio  1992,  n.  157  «Norme  per  la
protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
venatorio»)], promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri  con
i ricorsi rispettivamente notificati il 12-19 ottobre 2009 e il 20-24
novembre 2009, depositati in cancelleria il 21 ottobre 2009 ed il  26
novembre 2009 ed iscritti ai nn. 94 e 102 del registro ricorsi 2009. 
    Visti gli atti di costituzione delle Regioni Lombardia e Toscana; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'8  giugno  2010  il   Giudice
relatore Maria Rita Saulle; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il  Presidente
del Consiglio dei ministri e  gli  avvocati  Marcello  Cardi  per  la
Regione Lombardia, Silvia Fantappie' e  Lucia  Bora  per  la  Regione
Toscana. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 12 ottobre 2009  e  depositato  il
successivo 21 ottobre, il Presidente del Consiglio  dei  ministri  ha
impugnato la legge della Regione  Lombardia  6  agosto  2009,  n.  19
[Approvazione del piano di cattura dei richiami vivi per la  stagione
venatoria 2009/2010 ai sensi della legge regionale 5  febbraio  2007,
n. 3 (Legge quadro sulla cattura dei richiami vivi)],  per  contrasto
con  l'art.  117,  primo  e  secondo   comma,   lettera   s),   della
Costituzione. 
    1.2 - Con il primo motivo di ricorso, il  ricorrente  censura  la
citata legge regionale  n.  19  del  2009  per  aver  autorizzato  la
gestione  degli  impianti  per  la  cattura  delle  specie   indicate
nell'allegato «A» della medesima legge «in assenza dei presupposti  e
delle  condizioni  poste»  dall'art.  9  della  direttiva  79/409/CEE
(Direttiva del Consiglio concernente la conservazione  degli  uccelli
selvatici). In particolare, il ricorrente osserva che la citata norma
comunitaria subordina la «possibilita' di autorizzare  in  deroga  la
cattura di determinate specie di uccelli in  piccole  quantita'  alla
comprovata assenza di altre soluzioni soddisfacenti, al  rispetto  di
condizioni  rigidamente  controllate  e  all'impiego   di   modalita'
selettive in modo che le catture vengano effettuate solo nella misura
in cui siano strettamente necessarie a soddisfare  le  richieste  del
mondo venatorio». 
    Sotto tale profilo, dunque, risulterebbe integrata la  violazione
dell'art. 117, primo comma, Cost., non avendo  la  Regione  Lombardia
rispettato le misure dettate  dalla  direttiva  citata,  cosi'  come,
peraltro, precisa  sempre  il  ricorrente,  sarebbe  confermato  «dal
parere negativo dell'ISPRA del 9 giugno 2009». 
    1.3 - In secondo luogo, la legge regionale  impugnata  violerebbe
anche il principio stabilito dall'art.  4  della  legge  11  febbraio
1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma
e per il prelievo  venatorio),  in  base  al  quale,  ad  avviso  del
ricorrente,  la  potesta'  legislativa  regionale  in   ordine   alla
autorizzazione del piano di cattura dei richiami vivi dovrebbe essere
«esercitata  non  solo  nel  rispetto  dei  principi  stabiliti   dal
legislatore comunitario [...], ma anche dei  principi  stabiliti  dal
legislatore statale  [...],  che  richiede  espressamente  il  parere
favorevole dell'ISPRA». Pertanto, posto che la suddetta  disposizione
statale integrerebbe, sempre secondo  il  ricorrente,  una  «esigenza
unitaria  per  cio'  che   concerne   la   tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema, ponendo un limite a interventi regionali che possono
pregiudicare gli equilibri ambientali», la legge regionale  impugnata
violerebbe anche l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    2. - Con memoria depositata in  data  24  novembre  2009,  si  e'
costituita in giudizio la Regione Lombardia chiedendo che il  ricorso
sia dichiarato manifestamente inammissibile o, comunque, infondato. 
    2.1 - Dopo aver  ricostruito  il  quadro  normativo  comunitario,
statale e regionale, di riferimento, la resistente evidenzia  che  la
finalita' della disciplina censurata  e'  «quella  di  assicurare  il
rifornimento  dei  richiami  vivi  ai   cacciatori   che   esercitano
l'attivita'  venatoria  nella   forma   dell'appostamento   fisso   e
temporaneo», in attuazione dell'art. 4 della legge n. 157 del 1992  e
dell'art. 7 della legge della Regione Lombardia 16 agosto 1993, n. 26
(Norme per la protezione  della  fauna  selvatica  e  per  la  tutela
dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria). 
    Cio' premesso, in ordine al primo motivo del ricorso,  la  difesa
regionale deduce che l'art. 9 della direttiva 79/409/CEE  ammette  la
possibilita' di derogare al divieto di  cattura  dei  richiami  vivi,
«sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti», al  fine  di
consentire «in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo
la cattura, la detenzione o altri impieghi  misurati  di  determinati
uccelli in piccole quantita'» (art. 1, paragrafo 1, lettera c,  della
direttiva 79/409/CEE). 
    Il secondo comma dello stesso art. 9 della direttiva, prosegue la
Regione  Lombardia,  dispone  che  le   predette   deroghe   dovranno
menzionare: le specie coinvolte, i mezzi, gli impianti e i metodi  di
cattura o di uccisione autorizzata, le condizioni  di  rischio  e  le
circostanze di tempo e di luogo in cui dette deroghe  possono  essere
applicate, l'autorita'  abilitata  a  dichiarare  che  le  condizioni
stabilite sono soddisfatte e  a  decidere  quali  mezzi,  impianti  e
metodi possano essere utilizzati,  entro  quali  limiti  e  da  quali
persone, nonche', infine, i controlli da effettuarsi. 
    Orbene, la difesa della resistente evidenzia che l'art. 1,  comma
2, della legge regionale n. 3 del  2007  «prevede  che  il  Consiglio
regionale approvi con legge, «sentito  l'Istituto  nazionale  per  la
fauna selvatica (INFS)» (ora ISPRA), entro il mese di giugno di  ogni
anno, il piano con cui e' individuato il numero massimo  di  impianti
da abilitare per provincia e il numero massimo dei richiami  vivi  da
catturare per singola specie consentita e complessivamente  per  ogni
provincia». Detto piano annuale, prosegue  la  resistente,  e'  stato
adottato, con la legge impugnata, in considerazione della  comprovata
insufficienza (desunta dai dati forniti dalle singole  province)  del
patrimonio  di  richiami  vivi  appartenenti  alle  specie  in   essa
individuate   in   possesso   dei   cacciatori   lombardi    rispetto
all'ammontare potenzialmente consentito in base alle previsioni della
legge regionale n. 26 del 1993. 
    La Regione Lombardia deduce, infatti, di non disporre allo  stato
di un sistema alternativo alla cattura, nonostante  l'amministrazione
regionale - in ottemperanza a quanto previsto dal comma 6 dell'art. 1
della legge regionale n. 3 del  2007 -  abbia  da  tempo  attivato  e
finanziato un programma finalizzato  all'incremento  dell'allevamento
delle specie di uccelli utilizzabili come richiami vivi, poiche'  gli
allevatori  non  avrebbero  garantito  la  copertura  del  fabbisogno
complessivo. 
    Quanto all'individuazione delle specie utilizzate allo  scopo  di
richiamo, la difesa regionale sottolinea che, in quanto  appartenenti
a specie cacciabili, esse sarebbero soggette ad un prelievo ben  piu'
consistente attraverso l'esercizio venatorio,  sicche',  anche  sotto
tale  profilo,  non  vi  sarebbe  alcun  contrasto  della  disciplina
impugnata con le  esigenze  di  conservazione  delle  diverse  specie
coinvolte dettate dalla direttiva 79/409/CEE. 
    In conformita' con le precedenti  argomentazioni,  la  resistente
ritiene  che  la  potesta'  legislativa  della  Regione  riconosciuta
dall'art. 4,  comma  3,  della  legge  n.  157  del  1992  sia  stato
esercitato nel rispetto di tutte le condizioni e presupposti previsti
dalla citata normativa comunitaria. 
    2.2 - Con riferimento al secondo motivo di  censura,  la  Regione
Lombardia  deduce  che,  contrariamente  a  quanto  prospettato   dal
ricorrente,  il  parere  dell'ISPRA  avrebbe  un  indubbio  carattere
obbligatorio, ma non anche vincolante. Osserva al riguardo la  difesa
regionale che l'art.  7,  comma  1,  della  legge  n.  157  del  1992
qualifica detto  istituto  come  «organo  scientifico  e  tecnico  di
ricerca e consulenza  per  lo  Stato,  le  Regioni  e  le  Province»,
cosicche' la funzione istituzionale ad esso  spettante  non  potrebbe
«essere quella di sostituirsi  alle  amministrazioni  nel  compimento
delle proprie scelte in materia di caccia, ma quello  di  supportarle
sotto il profilo squisitamente tecnico». 
    Peraltro, nonostante la natura non  vincolante  del  parere  reso
dall'ISPRA sul piano di cattura oggetto  della  legge  impugnata,  la
Regione  Lombardia  evidenzia  di  averne   comunque   tenuto   conto
nell'esercizio dell'attivita'  legislativa  impugnata,  riducendo  di
oltre quarantamila unita' la stima del fabbisogno  di  richiami  vivi
rispetto a quella originariamente effettuata. 
    Sulla base di tali osservazioni,  secondo  la  difesa  regionale,
sarebbe quindi infondata la dedotta violazione dell'art. 117, secondo
comma, lettera s), Cost., in relazione all'art.  4,  comma  3,  della
legge n. 157 del 1992. 
    3. - Con memoria depositata in data 17  maggio  2009,  la  difesa
regionale ha integralmente ribadito  le  argomentazioni  gia'  svolte
nell'atto  di  costituzione  a  sostegno  della  inammissibilita'  e,
comunque, della infondatezza delle questioni proposte con il ricorso. 
    4. - Con distinto  ricorso  notificato  il  20  novembre  2009  e
depositato il successivo 26 novembre, il Presidente del Consiglio dei
ministri ha impugnato, in riferimento all'art. 117, primo  e  secondo
comma, lettera s), della Costituzione, l'art.  2  della  legge  della
Regione Toscana 17 settembre 2009, n. 53  [Disciplina  dell'attivita'
di cattura degli uccelli selvatici da richiamo  per  l'anno  2009  ai
sensi dell'articolo 4 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per
la protezione della fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il  prelievo
venatorio), e dell'articolo 34 della legge regionale 12 gennaio 1994,
n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 «Norme per  la
protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
venatorio»)], nella parte in cui prevede che «le Province di  Arezzo,
Firenze, Lucca, Pisa, Pistoia e Siena sono autorizzate alla  gestione
degli impianti di cattura e alla cattura, per l'anno 2009, di uccelli
appartenenti alle specie: cesena,  merlo,  tordo  bottaccio  e  tordo
sassello  da  utilizzare  a  scopo  di  richiamo,  nei   quantitativi
suddivisi per provincia, per tipo e per  specie  cosi'  come  risulta
dall'allegato A alla presente legge». 
    4.1 - Il ricorrente premette che la legge  regionale  n.  53  del
2009 ha la finalita' di disciplinare la cattura di uccelli  selvatici
da richiamo prevista dall'art. 4 della legge n. 157 del 1992, nonche'
dall'art. 34, comma 6, della legge della Regione  Toscana  n.  3  del
1994. In tale quadro normativo, ad avviso del  ricorrente,  l'art.  2
della citata legge regionale n. 53 del 2009,  rubricato  «cattura  di
uccelli selvatici a fini  di  richiamo»,  si  porrebbe  in  contrasto
innanzitutto con l'art. 117, primo comma, Cost.  per  violazione  dei
vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario. 
    In  particolare,  l'autorizzazione  alla   cattura   dei   citati
esemplari appartenenti alla fauna selvatica da utilizzare a scopo  di
richiamo risulterebbe disposta in «assenza dei  presupposti  e  delle
condizioni poste dall'art. 9 della  direttiva  79/409/CEE  (Direttiva
del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici)»,
il quale ammette il  prelievo  in  deroga  di  piccole  quantita'  di
esemplari di  alcune  specie  appartenenti  alla  fauna  selvatica  a
condizione che  «non  vi  siano  altre  soluzioni  soddisfacenti».  A
sostegno di tale profilo di incostituzionalita' il ricorrente  deduce
che - cosi' come osservato nel parere sfavorevole del 14 agosto 2009,
rilasciato  dall'Istituto  superiore  per  la  protezione  e  ricerca
ambientale  (ISPRA)  alla  Regione  istante -  «i  dati  relativi  ai
richiami attualmente detenuti  in  Regione»  mostrerebbero  «come  la
riproduzione  in  cattivita'  non   solo   rappresenti   una   valida
alternativa alla cattura, ma costituisca anche la principale fonte di
approvvigionamento per i cacciatori». 
    4.2 - In secondo luogo, ad avviso del ricorrente,  con  la  norma
impugnata la Regione avrebbe approvato con legge il piano di  cattura
dei  richiami  vivi  in  assenza  del  prescritto  parere  favorevole
dell'ISPRA, cosi' come invece richiesto dall'art. 4, comma  3,  della
legge n. 157 del 1992. 
    Conseguentemente l'art. 2 della legge regionale n. 53 del 2009 si
porrebbe in contrasto con l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost.,  in  relazione  all'art.  4  della  legge  n.  157  del  1992,
contenente uno standard minimo ed uniforme di tutela dell'ambiente  e
dell'ecosistema inderogabile per il legislatore regionale. 
    5. - Con memoria depositata in  data  22  dicembre  2009,  si  e'
costituita in giudizio la Regione Toscana, chiedendo che le sollevate
questioni   di   legittimita'   costituzionale    siano    dichiarate
inammissibili o, comunque, infondate. 
    5.1 - In primo luogo,  la  resistente  osserva  che,  secondo  la
giurisprudenza della  Corte  di  giustizia  dell'Unione  europea,  la
possibilita' di derogare al regime limitativo della  caccia  prevista
dall'art.  9  della  direttiva  79/409/CEE  sarebbe  ammissibile   al
ricorrere  di  tre   condizioni:   innanzitutto   che   non   risulti
percorribile un'altra soluzione soddisfacente; in secondo luogo,  che
sussista uno dei motivi tassativamente elencati dal citato art. 9, n.
1, lettere a), b) e c); in terzo luogo, che la  deroga  sia  adottata
con le prescritte formalita' indicate al n. 2 del medesimo  articolo.
Quanto al primo requisito, prosegue la Regione Toscana, il  preambolo
della legge regionale n. 53 del 2009  espliciterebbe  chiaramente  le
ragioni  giustificative  della   autorizzazione   in   deroga   delle
amministrazioni provinciali all'attivazione dei relativi impianti  di
cattura,  affermando  che  «la  disponibilita'   degli   uccelli   da
utilizzare come richiami vivi risulta essere largamente insufficiente
rispetto  al  fabbisogno  accertato,  in  rapporto  al   numero   dei
cacciatori e al quantitativo di richiami utilizzabile da ciascuno  di
essi» e che, «nonostante numerose iniziative inerenti l'attivita'  di
allevamento attuate da privati, allo stato attuale non  si  riesce  a
colmare il divario tra il suddetto  fabbisogno  e  la  disponibilita'
effettiva»,   con   il   conseguente   diffondersi   del    «fenomeno
dell'acquisizione illegale di uccelli da  richiamo  con  grave  danno
alle popolazioni delle specie di appartenenza». 
    5.2 - Con riferimento alla seconda condizione, la Regione Toscana
sottolinea che l'attivita' di cattura  dei  richiami  vivi  e'  stata
qualificata, in sede di  accordo  tra  Governo,  Regioni  e  Province
autonome, quale specifica fattispecie di  deroga  riconducibile  alla
lettera c) dell'art. 9 della citata direttiva. 
    5.3 - In terzo luogo, la resistente osserva che  l'art.  2  della
legge n. 53 del 2009 risulterebbe rispettoso  di  tutti  i  requisiti
prescritti dall'art. 9 della richiamata direttiva comunitaria, avendo
tale articolo menzionato: le specie (nei quantitativi  suddivisi  per
provincia e per tipo) che formano oggetto della deroga, le  autorita'
abilitate alla gestione degli impianti  di  cattura,  nonche'  quelle
deputate alla vigilanza e ai controlli sull'attivita' stessa. 
    5.4 - Pertanto, ad avviso della Regione Toscana, il primo  motivo
di ricorso dovrebbe essere respinto. 
    6. - Quanto al secondo  motivo,  la  resistente  osserva  che,  a
seguito  della  riforma  del  Titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione, la materia della  caccia -  pur  incontrando  i  limiti
derivanti, oltre che dall'ordinamento comunitario, anche dai principi
stabiliti dalla normativa  statale  in  base  all'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost. - rientrerebbe tra le  competenze  assegnate
alla potesta' legislativa residuale delle Regioni ai sensi  dell'art.
117, quarto comma, Cost. 
    Cio' premesso, prosegue la Regione, l'art. 4 della legge  n.  157
del 1992 prevedrebbe,  in  relazione  all'attivita'  di  cattura,  la
necessita' di acquisire il parere dal competente Istituto (ISPRA), ma
non  anche  che  la  potesta'  legislativa  regionale  sia  da   esso
vincolata. Inoltre, sempre  ad  avviso  della  resistente,  anche  la
circolare del 22 novembre 1996, n. 31502  (Applicazione  dell'art.  4
della legge 11 febbraio 1992, n. 157), adottata dal  Ministero  delle
risorse agricole alimentari e forestali, confermerebbe «l'esigenza di
considerare,  al  fine  della  determinazione  del  quantitativo   di
richiami necessario, anche le richieste provenienti  dai  cacciatori,
raccolte dalle province competenti». 
    6.1 -  Conseguentemente,  posto  che  la  disposizione  impugnata
sarebbe stata adottata  nel  rispetto  degli  indirizzi  statali  che
informano la materia, anche il secondo  motivo  di  ricorso  dovrebbe
essere respinto. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.  -  Con  due  distinti  ricorsi,  ritualmente   notificati   e
depositati, il Presidente del Consiglio dei ministri ha  impugnato  -
in riferimento all'art. 117, primo e secondo comma, lettera s), della
Costituzione -, rispettivamente, la legge della Regione  Lombardia  6
agosto 2009, n. 19 [Approvazione del piano di  cattura  dei  richiami
vivi per  la  stagione  venatoria  2009/2010  ai  sensi  della  legge
regionale 5 febbraio 2007, n.  3  (Legge  quadro  sulla  cattura  dei
richiami vivi)], e l'art. 2 della  legge  della  Regione  Toscana  17
settembre 2009, n. 53 [Disciplina  dell'attivita'  di  cattura  degli
uccelli selvatici da richiamo per l'anno 2009 ai sensi  dell'articolo
4 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della
fauna  selvatica  omeoterma  e  per   il   prelievo   venatorio),   e
dell'articolo  34  della  legge  regionale  12  gennaio  1994,  n.  3
(Recepimento della legge 11 febbraio  1992,  n.  157  «Norme  per  la
protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
venatorio»)]. 
    2. - Il ricorrente dubita, in  primo  luogo,  della  legittimita'
costituzionale delle norme impugnate, rispettivamente adottate  dalle
Regioni  Lombardia  e  Toscana,  poiche',   in   entrambi   i   casi,
l'autorizzazione alla gestione degli impianti di  cattura  di  alcune
specie appartenenti alla fauna selvatica a scopo di richiamo  sarebbe
stata rilasciata «in  assenza  dei  presupposti  e  delle  condizioni
poste»  dall'art.  9  della  direttiva  409/79/CEE   (Direttiva   del
Consiglio concernente la conservazione degli uccelli  selvatici),  in
violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. 
    3. - In secondo luogo,  il  ricorrente  lamenta,  in  riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera  s),  Cost.,  la  illegittimita'
costituzionale delle medesime norme in quanto, in  entrambi  i  casi,
l'adozione dei piani di cattura in parola sarebbe stata rilasciata in
mancanza del parere favorevole del competente Istituto superiore  per
la protezione e ricerca ambientale (ISPRA), che,  invece,  ad  avviso
del ricorrente, risulterebbe prescritto dall'art. 4  della  legge  n.
157  del  1992,  quale  standard  minimo  ed   uniforme   di   tutela
dell'ambiente  e  dell'ecosistema  inderogabile  per  il  legislatore
regionale. 
    4. -  Considerata  l'omogeneita'  delle  questioni  sollevate,  i
ricorsi  possono  essere  riuniti  per  essere  decisi  con  un'unica
sentenza. 
    5. - La questione di legittimita' costituzionale  concernente  la
violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. e' fondata. 
    6. - L'art. 9 della citata direttiva 79/409/CEE - oggi riprodotto
(senza alcuna modificazione di sostanza) nell'art. 9 della  direttiva
2009/147/CE  (Direttiva  del  Parlamento  europeo  e  del   Consiglio
concernente la conservazione degli uccelli selvatici) -  prevede  che
gli  Stati  membri,  «sempre  che  non  vi  siano   altre   soluzioni
soddisfacenti», possano derogare  alle  misure  di  protezione  poste
dalla medesima  direttiva  per  il  conseguimento  di  una  serie  di
interessi generali tassativamente indicati fra i  quali,  per  quanto
riguarda il presente giudizio, quello di  «consentire  in  condizioni
rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione
o altri impieghi misurati di uccelli in piccole quantita'». 
    La costante giurisprudenza di questa Corte ha gia'  chiarito  che
si tratta di «un potere di deroga esercitabile  in  via  eccezionale»
che  ammette  «l'abbattimento  o  la  cattura  di  uccelli  selvatici
appartenenti alle specie  protette  dalla  direttiva  medesima,  alle
condizioni ed ai fini di interesse generale indicati dall'art. 9.1, e
secondo le procedure e le modalita' di cui al punto  2  dello  stesso
art. 9» (sentenze n. 168 del 1999 e n. 250 del 2008). 
    Il  carattere  eccezionale  del  potere  in  questione  e'  stato
peraltro  ribadito  anche  dalla   giurisprudenza   comunitaria   (in
particolare, Corte di giustizia CE, 8 giugno 2006,  causa  C-118/94),
secondo la quale l'autorizzazione degli Stati membri  a  derogare  al
divieto generale di cacciare le specie protette e'  subordinata  alla
adozione di misure di deroga dotate di  una  motivazione  che  faccia
riferimento esplicito e adeguatamente circostanziato alla sussistenza
di tutte le condizioni prescritte dall'art. 9, paragrafi 1 e 2. 
    Detti requisiti, infatti - precisa sempre la Corte  di  giustizia
della Comunita' europea (oggi Corte di giustizia dell'Unione europea)
- perseguono il duplice scopo di limitare  le  deroghe  allo  stretto
necessario e di permettere la vigilanza  degli  organi  comunitari  a
cio' preposti. 
    In particolare, il paragrafo 2 dell'art. 9 della citata direttiva
prevede che le deroghe debbano menzionare: a) le specie  che  formano
oggetto delle medesime; b) i  mezzi,  gli  impianti  o  i  metodi  di
cattura o di uccisione autorizzati; c) le condizioni di rischio e  le
circostanze di tempo e di luogo in cui esse possono essere applicate;
d) l'autorita' abilitata a dichiarare  che  le  condizioni  stabilite
sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti o metodi  possono
essere utilizzati, entro quali  limiti  e  da  quali  persone;  e)  i
controlli che saranno effettuati. 
    Alla luce di tali considerazioni, dunque, il rispetto del vincolo
comunitario derivante dall'art. 9 della  direttiva  79/409/CEE  (oggi
art. 9 della direttiva 2009/147/CE) impone l'osservanza  dell'obbligo
della puntuale ed espressa indicazione della sussistenza di tutte  le
condizioni in esso specificamente  indicate,  e  cio'  a  prescindere
dalla natura (amministrativa ovvero legislativa) del tipo di atto  in
concreto utilizzato per l'introduzione della  deroga  al  divieto  di
caccia e di cattura degli esemplari appartenenti alla fauna selvatica
stabilito agli articoli da 5 a 8 della medesima direttiva. 
    7. - Ebbene, tale onere non risulta rispettato  in  alcuno  degli
atti legislativi impugnati. In particolare, quanto alla  legge  della
Regione  Lombardia  n.  19  del  2009,  deve  rilevarsi  la  completa
omissione  di  qualsiasi  cenno  in  ordine  alla  sussistenza  delle
condizioni  e  dei  presupposti  richiesti  dalla  direttiva.  Quanto
all'art. 2 della legge della Regione Toscana n. 53 del 2009,  invece,
la motivazione, seppure formalmente  esistente,  risulta  fondata  su
petizioni di principio prive di  alcun  riferimento  alle  condizioni
concrete che avrebbero potuto, in  ipotesi,  giustificare  la  deroga
adottata. 
    Inoltre, il mancato assolvimento di  tale  onere  risulta  ancora
piu'  evidente  se  si  considerano  le  puntuali  obiezioni   svolte
dall'ISPRA (nel parere datato 14 agosto 2009), secondo  il  quale  «i
dati relativi ai richiami attualmente detenuti» dalla Regione Toscana
avrebbero mostrato «come la  riproduzione  in  cattivita'»  non  solo
rappresentasse «una valida alternativa alla cattura», ma  costituisse
anche «la principale fonte di approvvigionamento per i cacciatori». 
    8. - Pertanto, in accoglimento dei  ricorsi  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  deve  essere  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale di entrambe le disposizioni regionali  impugnate,  per
violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 9
della direttiva  79/409/CEE  -  oggi  riprodotto  nell'art.  9  della
direttiva 2009/147/CE. 
    9. - Rimane assorbita ogni ulteriore censura. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Riuniti i giudizi, 
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  della   legge   della
Regione Lombardia 6 agosto 2009, n. 19  [Approvazione  del  piano  di
cattura dei richiami vivi per  la  stagione  venatoria  2009/2010  ai
sensi della legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 (Legge quadro sulla
cattura dei richiami vivi)]; 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2 della  legge
della  Regione  Toscana  17  settembre  2009,   n.   53   [Disciplina
dell'attivita' di cattura degli uccelli  selvatici  da  richiamo  per
l'anno 2009 ai sensi dell'articolo 4 della legge 11 febbraio 1992, n.
157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il
prelievo venatorio), e dell'articolo  34  della  legge  regionale  12
gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n.  157
«Norme per la protezione della fauna selvatica  omeoterma  e  per  il
prelievo venatorio»)]. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                        Il redattore: Saulle 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 22 luglio 2010 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola