N. 328 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 gennaio 1999
N. 328 Ordinanza emessa il 14 gennaio 1999 dalla Corte dei conti sezione giurisdizionale per la regione Emilia-Romagna sul ricorso proposto da D'Ambrosio Pierina contro il Ministero delle finanze ed altri Pensioni - Somme liquidate sui trattamenti pensionistici in conseguenza della sentenza della Corte costituzionale n. 1/1991 - Esclusione degli interessi e della rivalutazione monetaria - Ingiustificata deroga al principio della rivalutazione automatica dei crediti di pensione affermato dalla giurisprudenza in base all'art. 429 c.p.p. - Disparita' di trattamento dei pensionati in dipendenza della celerita' delle amministrazioni nella corresponsione delle somme in questione - Incidenza sul diritto di azione. (Legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 26, comma 4). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.23 del 9-6-1999 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente sentenza parziale ed ordinanza sul ricorso iscritto al n. 2464/168311/C del registro di segreteria, proposto dalla sig.ra D'Ambrosio Pierina, nata il 26 febbraio 1917, domiciliata in Bologna, via Vizzani n. 76, avverso l'Amministrazione del tesoro per la declaratoria del diritto alla riliquidazione della pensione in godimento ai sensi dell'art. 3 del decreto-legge 16 settembre 1987, n. 379, convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1987 n. 468. Uditi nella pubblica udienza del 14 gennaio 1999, con l'assistenza del segretario sig.ra Elisabetta Bergami, il consigliere relatore, dott. Francesco Maria Pagliara, e il dott. Lorenzo De Lorenzis in rappresentanza dell'Amministrazione del tesoro. Visti gli atti della causa; Ritenuto in fatto Con il ricorso in esame la sig.ra D'Ambrosio, vedova del dott. Funaro Alfredo, gia' dipendente del Ministero delle finanze, collocato a riposo con la qualifica di dirigente generale dal 15 gennaio 1973 e deceduto il 13 novembre 1980, ha chiesto la riliquidazione della pensione di riversibilita' in godimento, con rivalutazione monetaria e interessi legali, ai sensi dell'art. 3 del decreto-legge 16 settembre 1987, n. 379, convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1987, n. 468, in applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1991, che ha dichiarato incostituzionale il precitato art. 3 nella parte in cui non disponeva a favore dei dirigenti statali collocati a riposo anteriormente al 1 gennaio 1979 la riliquidazione, a decorrere dal 1 marzo 1990, della pensione sulla base degli stipendi derivanti dall'applicazione del decreto-legge 27 settembre 1982, n. 681, convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 1982, n. 869, della legge 17 aprile 1984, n. 79, del decreto-legge 11 gennaio 1985, n. 2, convertito con modificazioni dalla legge 8 marzo 1985, n. 72, del decreto-legge 10 maggio 1986, n. 154 convertito con modificazioni dalla legge 11 luglio 1986, n. 341. Con memoria depositata in data 17 ottobre 1997 la ricorrente ha poi affermato di avere avuto riliquidata la pensione in applicazione della sentenza n. 1/1991 della Corte costituzionale e di avere gia' riscosso i relativi arretrati, per cui, dovendo ritenersi cessata per questa parte la materia del contendere, ha chiesto la prosecuzione del giudizio per quanto riguarda il riconoscimento del diritto alla rivalutazione monetaria automatica nonche' alla corresponsione degli interessi legali sulle differenze tra ratei dovuti e corrisposti a decorrere dalle relative scadenze al saldo. Il Ministero delle finanze si e' costituito in giudizio con memoria presentata il 23 dicembre 1997, nella quale ha precisato di aver applicato la sentenza della Corte costituzionale n. 1/1991 comunicando alla competente Direzione provinciale del tesoro di Bologna (nota n. 22767 del 3 aprile 1993), ai fini della riliquidazione della pensione di riversibilita' a favore della sig.ra D'Ambrosio, l'importo della pensione teorica diretta di annue lorde lire 41.411.100 che sarebbe spettata al dante causa alla data del 1 marzo 1990, sulla base dello stipendio pensionabile annuo lordo di dirigente generale; per quanto, concerne, poi, la richiesta relativa alla corresponsione di rivalutazione monetaria e interessi legali, ha fatto presente che l'Amministrazione, a seguito della deliberazione n. 75/1997 della sezione del controllo di questa Corte dei conti, ha richiesto apposito parere al Ministero del tesoro, Ragioneria generale dello Stato in merito all'applicazione immediata della stessa. Nell'odierna pubblica udienza il dott. Lorenzo De Lorenzis ha chiesto che venga dichiarata cessata la materia del contendere. Considerato in diritto Sulla base di quanto riportato in narrativa, rileva la sezione che in ordine alla riliquidazione della pensione di riversibilita' della ricorrente, in applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 1/1991, l'Amministrazione resistente ha gia' adottato un provvedimento completamente satisfattivo delle richieste formulate dalla parte privata. Ne consegue che, sia pure limitatamente alla sorte capitale, deve dichiararsi la cessazione della materia del contendere. Per cio' che attiene agli accessori del credito principale, la loro cognizione appartiene alla giurisdizione di questa Corte dei conti ex artt. 13, r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 e 60, r.d. 3 marzo 1938, n. 680, ancorche' la relativa domanda sia stata proposta autonomamente, ovvero in assenza di ogni contestazione sul trattamento definitivo di pensione liquidato all'interessato (cfr. Corte dei conti - sezione III, pensioni civili n. 61541 del 4 marzo 1988; Cass., ss.uu., 1 febbraio 1990, n. 646). Cio' premesso, antecedentemente all'entrata in vigore della legge 23 dicembre 1998, n. 448, contenente "misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo", questa sezione non avrebbe potuto che richiamare l'indirizzo seguito dalla giurisprudenza di questa Corte in materia di rivalutazione monetaria e interessi sui crediti pensionistici (cfr. ss.rr. 27 gennaio 1987, n. 525/A; Sezione III, pensioni civili 4 marzo 1988, n. 61541 citata, 6 dicembre 1988, n. 62532, 2 maggio 1990, n. 63736), indirizzo al quale questa sezione si e' conformata in precedenti sentenze e che puo' sintetizzarsi nei seguenti principi: i crediti di pensione dei pubblici dipendenti sono soggetti al principio della rivalutazione automatica di cui all'art. 429 c.p.c., e l'amministrazione erogatrice del trattamento di quiescenza deve, in caso di ritardato pagamento, corrispondere d'ufficio rivalutazione e interessi, trattandosi non gia' di meri accessori del diritto, ma di elementi che realizzano, in unione col credito originario, il tantundem della prestazione pensionistica, il cui valore deve essere identico a quello originario, quali che siano i tempi dell'adempimento; gli oneri anzidetti vanno comunque calcolati a prescindere dalla ragione del ritardo, essendo completamente svincolati da ogni presupposto di colpa dell'amministrazione liquidatrice e concernendo il mancato pagamento, alle singole scadenze, delle somme effettivamente dovute al pensionato; essi spettano a decorrere da ciascuna scadenza debitoria, effettuandosi il calcolo degli interessi sulle somme rivalutate. Peraltro, prima dell'odierna camera di consiglio, il legislatore e' intervenuto in materia di accessori del credito pensionistico con una disposizione di carattere generale la quale, di per se', conferma l'esistenza nel nostro ordinamento del generale diritto ad interessi e rivalutazione monetaria per tutti i crediti diversi da quelli specificamente contemplati dal legislatore. Dispone infatti il comma 4 dell'art. 26 della citata legge n. 448/1998 che: "le somme corrisposte al personale del comparto ministeri per effetto dell'inquadramento definitivo nelle qualifiche funzionali ai sensi dell'art. 4, ottavo comma, della legge 11 luglio 1980 n. 312, e le somme liquidate sui trattamenti pensionistici in conseguenza dell'applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1991 non danno luogo ad interessi ne' a rivalutazione monetaria". Questa sezione, pertanto, non puo' non applicare siffatta disposizione legislativa, intervenuta prima dell'odierna decisione, ma e' indotta a meditare sulla compatibilita' della disposizione medesima derogatoria del piu' generale principio sopra indicato con l'ordinamento generale e, soprattutto, con i principi affermati negli artt. 3 e 24 della Costituzione. Invero appaiono del tutto incomprensibili i motivi per i quali il legislatore sia addivenuto al convincimento di dover operare la suddetta deroga proprio nei confronti di un ristrettissimo numero di appartenenti ad una categoria, quale quella dei titolari di trattamento pensionistico ordinario rideterminato a seguito del ritardo, in alcuni casi ultradecennale, con il quale l'amministrazione ha provveduto alla riliquidazione della retribuzione spettante in attivita' di servizio (art. 4, quarto comma, legge n. 312 del 1980) ovvero quella, come nella fattispecie, dei dirigenti, o loro aventi causa, ai quali e' stata tardivamente applicata la sentenza n. 1 del 1991 della Corte costituzionale. Peraltro la deroga investe anche coloro che avevano tempestivamente lamentato l'omessa applicazione nei loro confronti dei benefici di cui alla legge n. 468/1987 proponendo apposito ricorso in sede giurisdizionale. Solo le more del giudizio pensionsionistico hanno comportato che sia nel frattempo intervenuta la predetta sentenza n. 1 del 1991 cui hanno fatto seguito, a distanza di anni, i provvedimenti amministrativi satisfattivi delle pretese degli interessati solo per cio' che concerne la sorte capitale del credito vantato dagli stessi, nulla disponendo in merito ai relativi accessori. Nell'ulteriore mora processuale interviene la ripetuta disposizione che penalizza allo stesso modo sia quanti siano stati fino ad ora inerti di fronte alle omissioni dell'amministrazione ed ai ritardi della giustizia pensionistica, sia quanti si siano invece tempestivamente attivati per conseguire quanto ad essi dovuto, con conseguente violazione anche dell'art. 24 della Costituzione, venendosi cosi' a privare i ricorrenti della tutela loro offerta da questa norma dopo che il giudizio e' stato regolarmente introdotto e senza che possano essere accampati interessi o bisogni collettivi il cui soddisfacimento giustifichi la compressione di diritti costituzionalmente garantiti ai singoli. La norma derogatrice appare quindi palesamente irrazionale, anche nella considerazione che la ormai limitatissima entita' numerica dei soggetti cui essa si riferisce impedisce che i risultati che conseguirebbero dalla sua applicazione possano in alcun modo contribuire alla stabilizzazione ed allo sviluppo del Paese; peraltro appare non meno irrazionale la circostanza che i soggetti di cui trattasi vengano discriminati non gia' sulla base di comportamenti inerziali bensi' del casuale iter, piu' o meno rapido, della giustizia pensionistica. La disposizione appare poi violare macroscopicamente i principi di cui all'art. 3 della Costituzione, in quanto differenzia immotivatamente soggetti che si trovano nelle medesime situazioni e condizioni, andando ad incidere, per di piu', solo sugli ultimi ancora soggetti all'inerzia dell'amministrazione o dell'ordinamento giurisdizionale pensionistico, con salvezza di quanti hanno ottenuto tempestivamente sia il provvedimento di riconoscimento del diritto alla sorte capitale, sia la decisione in via giurisdizionale della spettanza, insieme alla stessa, anche degli accessori del credito vantato. Per quanto sopra esposto, quindi, le modifiche introdotte nell'ordinamento dalla disposizione richiamata appaiono rendere il sistema incompatibile con l'ordinamento generale e con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost. La questione di costituzionalita' del comma 4 dell'art. 26, della legge n. 448 del 23 dicembre 1998, appare a questo Collegio rilevante ai fini del decidere, atteso che la conferma della legittimita' dello stesso conduce necessariamente al rigetto in parte qua del ricorso in esame, mentre l'eventuale declaratoria di illegittimita' costituzionale consentirebbe l'accoglimento del gravame. Questa sezione ritiene, pertanto, di dover sollevare d'ufficio la questione, ritenendola non manifestamente infondata.
P. Q. M. Dichiara cessata la materia del contendere per quanto concerne la riliquidazione della pensione di riversibilita' della ricorrente sig.ra D'Ambrosio Pierina; Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1, della legge 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 febbraio 1953, n. 87; Dichiara non manifestamente infondata e rilevante ai fini del decidere la presente controversia la questione di legittimita' costituzionale - per violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione - del comma 4 dell'art. 26 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, nella parte in cui prevede che le somme corrisposte al personale del comparto ministeri per effetto dell'inquadramento definitivo nelle qualifiche funzionali ai sensi dell'art. 4, ottavo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312, e le somme liquidate sui trattamenti pensionistici in conseguenza dell'applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1991, non danno luogo ad interessi ne' rivalutazione monetaria; Dispone che, sospeso in parte qua il giudizio in corso, gli atti siano trasmessi alla Corte costituzionale per la risoluzione della predetta questione; Ordina che, a cura della segreteria della sezione, la presente sentenza parziale e ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Bologna, nella Camera di consiglio del 14 gennaio 1999. Il presidente: Coco L'estensore: Pagliara 99C0561