N. 5 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 27 gennaio 1997
N. 5 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 27 gennaio 1997 (della regione Veneto) Lavoro (Igiene del) - Lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento fino a sette mesi dopo il parto - Misure di prevenzione contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti (fisici, chimici, biologici, ecc.) o da altre condizioni (processi industriali impiegati, ecc.) che rendano il lavoro faticoso od insalubre - Disciplina adottata con decreto legislativo - Possibilita', quando la modifica dell'ambiente o dell'orario di lavoro non sia utilmente praticabile, che l'ispettorato del lavoro, previa informazione scritta del datore di lavoro, disponga la interdizione dal lavoro dell'interessata - Lamentata riattribuzione all'ispettorato del lavoro di un provvedimento rientrante tra i compiti in materia di prevenzione, igiene e controllo sullo stato di salute dei lavoratori trasferiti globalmente dagli artt. 14 e 21, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, in applicazione degli artt. 17 e 27 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, alle regioni e per esse alle UU.SS.LL. - Conseguente denunciata violazione della competenza delle regioni in materia di assistenza sanitaria - Ri'chiamo alla sentenza n. 58/1993. (D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 645, art. 5, comma 2). (Cost., art. 117).(GU n.8 del 19-2-1997 )
Ricorso in via principale della regione Veneto, in persona del presidente della Giunta regionale, rappresentato e difeso come da mandato in calce, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 83 del 14 gennaio 1997, dagli avv.ti Giorgio Berti del foro di Milano, Romano Morra del Dip. affari legali della regione e Fabio Lorenzoni, con domicilio eletto presso quest'utimo in Roma, via del Viminale 43, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 2, del d.lgs. 25 novembre 1996 n. 645 pubblicato il 21 dicembre 1996, relativo al recepimento della dir. 92/85 CEE, concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpera e in periodo di allattamento. F a t t o Il presente ricorso e' diretto a contestare la legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 2, del d.lgs. 25 novembre 1996 n. 465 nella parte in cui stabilisce l'obbligo del datore di lavoro di dare informazione scritta all'Ispettorato provinciale del lavoro competente per territorio in merito all'applicazione delle misure previste dall'art. 3 e dall'art. 5 della legge 30 dicembre 1971 n. 1204 in materia di tutela delel lavoratirici madri. La disposizione impugnata presenta chiaramente carattere di tutela sanitaria. In quanto tale, essa deve essere applicata attraverso l'esercizio delle funzioni che in materia sanitaria, e segnatamente della tutela della salute in generale e specificatamente negli ambienti di lavoro, sono state attribuite alle regioni dell'art. 117 Cost. e dalla legislazione statale di attuazione del decentramento regionale, in particolare degli artt. 17 e 27, primo comma, lett. c) d.P.R. 24 luglio 1997 n. 616 e, a seguito di tali legislazioni, della legge 23 dicembre 1978 n. 833 (artt. 11, 14, e 21). Con queste disposizioni di trasferimento riguardanti appunto la tutela della salute dei lavoratori, si e' operato il distacco di tale forma di tutela delle funzioni genericamente svolte dell'amministrazione statale del lavoro e in modo specifico dagli Ispettorati del lavoro (spec. art. 21 u.c.). La tutela della salute negli ambienti di lavoro e' stata fatta cosi' rientrare nella competenza legislativa regionale in materia sanitaria, come trovasi confermato indirettamente dall'art. 28, quarto e quinto comma, della stessa legge n. 833/1978, che ha dato vita all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, chiamato appunto a svolgere funzioni prima rientranti tra quelle degli Ispettorati del lavoro. Tuttavia il Ministro del lavoro e gli Ispettorati hanno continuato a imporre la permanenza nel loro ambito delle competenze in materia di igiene e sicurezza dal lavoro. Disattesa da parte del Ministero del lavoro e' rimasta anche la sentenza della Corte costituzionale 8 febbraio 1993 n. 58, che si e' pronunziata sul punto, nel ricorso per conflitto di attribuzioni sollevato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri avverso una deliberazione della regione Umbria. La Corte ha dichiarato la spettanza alla regione - e per essa alla U.L.S.S. - delle competenze gia' svolte dagli Ispettorati del lavoro in materia di controlli di carattere sanitario previsti dalla legge n. 1204, in virtu' della legge di riforma sanitaria. Il quadro delel competenze, cosi' delineato, non e' certo mutato a seguito del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502, di riordino della disciplina in materia sanitaria che, semmai, nel prevedere l'istituzione nell'ambito delle aziende sanitarie ad opera delle regioni del Dipartimento di prevenzione, ha riconfermato il quadro normativo risultante dalla riforma attuata con il d.P.R. n. 616 e la legge n. 833. Le norme del successivo decreto legislativo n. 626/1994, di recepimento delle direttive comunitarie in materia di igiene e sicurezza del lavoro, hanno individuato, senza possibilita' di equivoci, nei servizi di prevenzione, igiene e sicurezza del lavoro delle aziende sanitarie gli organi cui spettano le funzioni amministrative in materia, ed affidato invece agli ispettorati del lavoro competenze meramente residuali. Anche il decreto legislativo n. 758/1994, che ha riformato l'apparato sanzionatorio in materia di lavoro appare particolarmente significativo nello stesso senso, infatti, mentre da un lato appaiono depenalizzati una serie di reati che investono vari aspetti del rapporto di lavoro (orario, riposo settimanale e domenicale, lavoro straordinario, libretto di lavoro, assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, minimi inderogabili, ecc.) prevedendosi per essi una sanzione amministrativa pecuniaria la cui irrogazione viene attribuita alla competenza dell'Ispettorato, dall'altro viene escluso la depenalizzazione delle misure sanzionatorie in materia di igiene e sicurezza del lavoro, trattandosi di illeciti che coinvolgono la tutela dell'incolumita' fisica e della salute dei lavoratori ed anzi il sistema ne viene inasprito. Risulta poi prevista e disciplinata una inedita procedura amministrativa che viene ad inserirsi, sospendendolo, nel procedimento penale, la quale e' affidata alla competenza degli organi di vigilanza che vengono testualmente e quindi inequivocabilmente individuati, dall'art. 19, primo comma, lett. b), nel personale dei servizi di prevenzione igiene e sicurezza del lavoro delle ULSS. In conclusione, il decrto legislativo n. 645/1996, con la norma di cui all'art. 5, comma 2, illegittimamente sottrae alla competenza costituzionale riservata alle regioni - e per esse alle aziende sanitarie - l'attivita' amministrativa di tutela della salute delle lavoratrici madri, attribuendola all'esclusiva competenza dello Stato che la esercita tramite gli Ispettori del lavoro, vale a dire soggetti che non sono piu' autorizzati a svolgere compiti in materia di sanita'. Inoltre, la violazione delle norme di attribuzione delle competenze in materia sanitaria, con conseguente rilevante alterazione delle specifiche attribuzioni dei competenti soggetti pubblici, e' tanto piu' grave in quanto si traduce in una pesante riduzione della tutela del "bene" salute della lavoratrice madre cui, anche rispetto ad altri beni costituzionalmente tutelati, deve essere accordata assoluta prevalenza come acquisito per pacifica e consolidata giurisprudenza costituzionale. Il presidente della regione Vento, per la Conferenza Stato-regioni, aveva rappresentato agli organi dello Stato, in data 10 dicembre 1996, la decisa opposizione delle regioni al decreto legislativo in argomento, e aveva espressamente denunciato come questo decreto contenesse normative che contravvenivano alla competenza regionale senza che le regioni fossero state preventivamente consultate sui testi prima della presentazione dei testi stessi al Governo. Era stata ugualemente rappresentata l'illegittimita' costituzionale dello schema normativo per la parte compresa nella disposizione qui contestata. D i r i t t o Violazione dell'art. 117 della Costituzione in relazione agli artt. 17 e 27, primo comma, lett. c), del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 e artt. 14 e 21, della legge 23 dicembre 1978 n. 833. L'operazione di trasferimento delle funzioni amministrative in materia sanitaria ha conferito autonomia normativa e amministrativa alla tutela sanitaria negli ambiti di lavoro, aggregando la relativa disciplina all'organizzazine che provvede alla sanita' e sottraendola quindi all'ambito delle strutture amministrative preposte alla tutela delle prestazioni di lavoro. La trasformazione organizzativa ha accompagnato cioe' una diversa caratterizzazione della disciplina. Non e' insolito rilevare che il criterio organizzativo prescelto dal legislatore per trasferie funzioni alle regioni si sia dovuto valere di operazioni di separazione della disciplina materiale, e di misure di conformazione autonoma di materie che prima si intrecciavano o convivevano in uno stesso ambito amministrativo. Cio' e' avvenuto, ad esempio, in materia di lavori pubblici e di opere idrauliche, ed e' avvenuto poi in materia di tutela del lavoro, dove in precedenza l'organizzazione ministeriale preposta al lavoro comprendeva anche la tutela sanitaria del lavoratore. Oggi questa configurazione non e' piu' corrispondente alla situazione normativa determinata appunto dalle operazioni di trasferimento di funzioni alle regioni. Va invero osservato che lo stesso art. 1 del decreto legislativo n. 645 del 1996 richiama in modo esplicito la tutela della salute delle lavoratrici, gestanti, puerpera o in periodo di allattamento, e non si spiega quindi la sordita' dello stesso legislatore manifestata al successivo art. 5, comma 2, alle regole anche di competenza che attengono appunto alla sicurezza di tali lavoratrici. La Corte costituzionale con sentenza 8-16 febbraio 1993 ebbe ad affermare che "le competenze in materia di tutela delle lavoratrici madri, attribuite agli Ispettorati del lavoro dagli artt. 5 e 30 legge 30 dicembre 1971 n. 1204, devono intendersi trasferite alle regioni per effetto degli artt. 27, d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, e 21, legge 23 dicembre 1978 n. 833 che hanno attribuito invia generale alle regioni e per esse alle Unita' sanitarie locali i compiti prima svolti dall'Ispettorato del lavoro in materia di prevenzione, di igiene e di controllo sullo stato di salute dei lavoratori; pertanto non spetta allo Stato svolgere i controlli di carattere sanitario, previsti dalla legge 30 dicembre 1971 n. 1204, per la tutela delle lavoratrici madri". In tale occasione la Corte rilevo' che le funzioni amministrative in questione, pur avendo ad oggetto situazioni e fatti inerenti al rapporto di lavoro, non riguardano direttamente la disciplina di quest'ultimo, e non vi e' pertando alcuna ragione per considerare queste funzioni come se fossero escluse dal trasferimento di cui all'art. 27 d.P.R. n. 616, ovvero non comprese tra i compiti relativi alla protezione sanitaria materno-infantile, attribuita alla USL dall'art. 14, terzo comma, lett. d) e f), legge n. 833/1978 e, piu' in generale tra quei compiti in precedenza svolti dall'Ispettorato del lavoro in materia di prevenzione, di igiene e di controllo sullo stato di salute dei lavoratori, che l'art. 21, primo comma, della medesima legge attribuisce in modo globale alle USL. La disposizione impugnata (art. 5, comma 2, decreto legislativo n. 645/1996) non ha dunque alcuna giustificazione rispetto all'aspetto normativo e delle competenze determinato dalle citate disposizioni. Eppure questa illegittima disposizione, come gia' posto in evidenza nelle osservazioni presentate al Consiglio dei Ministri dalle regioni, contribuisce a produrre difficolta' alle donne lavoratrici, per il solo fatto di contribuire a mantenere o accrescere una confusione di competenze che si risolve di per se' in disagi gravissimi e in violazione sostanziale dei diritti ad esse riconosciuti.
Per tutte queste ragioni si chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale della disposizione di cui al comma 2 dell'art. 6 del d.lgs. 25 novembre 1996 n. 645. (firme illeggibili) 97C0072